Archivi giornalieri: 8 ottobre 2015

Nato pronta a intervenire

 

 Possibile dispiegamento di forze in Turchia di fronte ai raid di Mosca ·

08 ottobre 2015

 
 

Navi russe lanciano missili dal Mar Caspio verso la Siria

La Nato «ha visto una problematica escalation di azioni militari russe in Siria» ed «è pronta a difendere tutti gli alleati, compresa la Turchia». Per questo l’Alleanza atlantica è disposta «a dispiegare le forze in Turchia se necessario». Usa parole forti il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, rispondendo oggi a Bruxelles alle domande dei giornalisti in apertura della riunione dei ministri della Difesa dell’Alleanza.

In Siria, ha ribadito Stoltenberg, «non c’è soluzione militare» ed è «necessaria la transizione politica». Poi l’accusa: «La Russia non mira all’Is ma agli altri gruppi e sostiene il regime del presidente Assad» e questo «non è un contributo costruttivo alla pace nel lungo termine». La Nato, ha concluso il segretario, «sta rispondendo, attuando il più grande rafforzamento della difesa collettiva dalla fine della guerra fredda».

La tensione resta quindi altissima. La Russia si dice pronta a coordinare i raid aerei in Siria con quelli delle forze della coalizione occidentale a guida statunitense e invita a unire gli sforzi, arrivando persino a esortare tutti i protagonisti a unirsi per sconfiggere i jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is). L’Amministrazione di Washington resta tuttavia sulle sue posizioni: con i russi per il momento si può solo cercare il coordinamento nei rispettivi raid aerei per evitare incidenti. E ieri, alcune navi russe nel Mar Caspio hanno sparato 26 missili contro obiettivi siriani.

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Voucher

Inps, voucher servizi infanzia

La dipendente perde il diritto al voucher di maternità a partire dal giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro: lo chiarisce l‘INPS, che con il messaggio 5805/2015 fornisce precisazioni sull’assegno destinato a servizi per l’infanzia, fruibile al posto del congedo parentale. Si tratta di un sussidio di 600 euro al mese per baby sitting o asilo nido (pubblico o privato accreditato), introdotto dalla Riforma del Lavoro 2012 (articolo 4, comma 24, legge 92/2012).

Il voucher è legato al rapporto di lavoro attivo: viene riconosciuto dal giorno di presentazione della domanda e fino al giorno della cessazione del rapporto di lavoro.

Esempio: presentazione domanda 12 gennaio 2015, cessazione rapporto 12 marzo 2015 – alla madre lavoratrice saranno riconosciuti due mesi di beneficio, dal 13 gennaio al 12 marzo.

Se il rapporto di lavoro subisce modifiche, ad esempio con passaggio da tempo pieno a parziale, il voucher per i giorni successivi alla trasformazione saranno riconosciuti in modo proporzionale al nuovo orario di lavoro. Il mese è interamente riconosciuto per le frazioni inferiori a 15 giorni, se superiori ricade nel calcolo del part-time.

Esempio: madre lavoratrice con sei mesi di assegno, domanda 12 gennaio 2015 e modifica del rapporto di lavoro a part-time dal 28 aprile 2015: l’assegno pieno copre i giorni dal 13 gennaio al 28 aprile, ossia 3 mesi e 16 giorni, arrotondati a 4 mesi di beneficio intero più 2 mesi di assegno riproporzionato in ragione della percentuale di part-time. Se invece una lavoratrice a cui siano stati riconosciuti cinque mesi di beneficio, presenta domanda il 12 gennaio 2015 e la modifica da part-time a full-time è il 27 aprile, passano tre mesi e 15 giorni, e in questo caso sono solo due i mesi di beneficio intero, e tre quelli proporzionato al part-time.

Pmi.it

Europa più solidale con i cristiani

 

 

 Il cardinale Koch a Saint-Maurice parla delle persecuzioni ·

08 ottobre 2015

 
 

 

La persecuzione dei cristiani è un fatto di scottante attualità e non un semplice ricordo del passato. Al punto che la religione più perseguitata nel mondo è quella cristiana.

Rifugiati cristiani a Erbil in Iraq (Reuters)

E se comunemente quando si parla di martiri si pensa subito ai primi secoli dell’era cristiana, se si considerano le statistiche in nessun altro secolo come in quello appena trascorso vi è stato un numero così elevato di donne e uomini uccisi in odio alla fede. Lo ha sottolineato il cardinale Kurt Koch, inviato speciale di Papa Francesco alle celebrazioni conclusive per i 1500 anni della fondazione dell’abbazia di Saint-Maurice, in Svizzera.

Presiedendo l’incontro ecumenico accanto alla tomba di san Maurice e dei suoi compagni martiri, il presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha ricordato che quando il regime sovietico si frantumò e cadde la cortina di ferro molti ritennero che i cristiani non sarebbero stati più perseguitati e che fosse giunto «il tempo del riconoscimento universale dei diritti dell’uomo, in particolare della libertà religiosa, considerata come il diritto umano più fondamentale». Purtroppo, è la considerazione del porporato, questo errore di valutazione «estremamente ingenuo» ben presto sarebbe stato corretto dai resoconti delle atrocità commesse dall’organizzazione terrorista del cosiddetto Stato islamico. «Questi fenomeni — ha sottolineato il porporato — hanno anche fatto capire che alla fine del secondo e all’inizio del terzo millennio», il cristianesimo è diventato di nuovo una religione di martiri.

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I senza nome

 

 

· ​Messa a Santa Marta ·

08 ottobre 2015

 
 

 

 

Gli accorati «perché» rivolti insistentemente a Dio dagli uomini ritornano anche, nero su bianco, nelle tante lettere che Francesco riceve ogni giorno. Lo ha confidato egli stesso, condividendo i sentimenti di una giovane madre di famiglia di fronte al dramma del tumore, e di un’anziana donna che piange il figlio assassinato dalla mafia. Hanno scritto al Papa chiedendo perché i malvagi sembrano essere felici mentre ai giusti le cose vanno sempre nel verso sbagliato. È proprio a questi forti interrogativi che il Pontefice ha risposto celebrando giovedì mattina, 8 ottobre, nella cappella della Casa Santa Marta. E assicurando che Dio non abbandona mai chi si affida a Lui.

«Il povero Lazzaro e il ricco epulone» (miniatura dell’VIII secolo)

Per questa riflessione ha preso le mosse dalle parole del salmo 1 — «Beato l’uomo che confida nel Signore» — che è appunto «come una risposta alle lamentele di tanta gente, a tanti perché che noi diciamo a Dio». E quei «tanti perché» sono espressi proprio nel passo biblico tratto dal libro di Malachia (3, 13-20), proposto dalla liturgia odierna.

«Il Signore — ha affermato Francesco — si lamenta con questa gente, anche Lui si lamenta, e dice così: “Duri sono i vostri discorsi contro di me”». E, ancora, «dice il Signore, voi andate dicendo: “Che cosa abbiamo detto contro di te?”. Avete affermato: “È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall’aver osservato i suoi comandamenti o dall’aver camminato in lutto davanti al Signore? Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti”».

«Quante volte — ha rilanciato il Papa — noi vediamo questa realtà in gente cattiva; gente che fa del male e che sembra che nella vita le vada bene: sono felici, hanno tutto quello che vogliono, non manca loro niente». Di qui la domanda: «Perché Signore?». Sì, ha affermato il Papa, «è uno dei tanti perché: perché a questo che è uno sfacciato, al quale non importa niente di Dio né degli altri, una persona ingiusta pure cattiva, va bene tutto nella vita, ha tutto quello che vuole e noi che vogliamo fare del bene abbiamo tanti problemi?».

A questo proposito, il Papa ha confidato di aver ricevuto proprio ieri «una lettera di una mamma coraggiosa»: quarant’anni, tre figli, il marito e, in casa, il dramma di un tumore, «di quelli brutti». La donna ha scritto a Francesco per chiedergli: «Ma perché mi accade questo?». Inoltre, ha aggiunto il Papa, «alcune settimane fa», in «un’altra lettera, un’anziana, che è rimasta sola perché il figlio è stato assassinato dalla mafia», gli ha domandato un altro «perché?». Aggiungendo: «Io prego». E, ancora, «un altro perché» in un’altra lettera: «Io educo i miei figli, vado avanti con una famiglia che ama Dio: perché?».

«Questi “perché”», ha affermato il Pontefice, in realtà ce li poniamo tutti. E in particolare ci domandiamo «perché i malvagi sembrano essere tanto felici?». A questi interrogativi viene in soccorso la parola di Dio. Nel passo di Malachia, ha ricordato il Papa, si legge appunto: «Il Signore porse l’orecchio e li ascoltò». Infatti «il Signore ascolta i nostri perché, sempre». E, ancora, si legge nel passo odierno di Malachia: «Un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome. Essi diverranno la mia proprietà particolare nel giorno che io preparo». Dunque, ha proseguito Francesco, «la memoria di Dio per i giusti, per quelli che in questo momento soffrono, che non riescono a spiegarsi la propria situazione». Sì, «la memoria di Dio per quelli che, benché dicano “perché? perché? perché?”, confidano nel Signore».

Ed è proprio l’atteggiamento delineato dal salmo 1: «Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia. La sua legge medita giorno e notte. È come albero piantato lungo corsi di acqua, che dà frutto al suo tempo».

«Adesso — ha spiegato il Papa — non vediamo i frutti di questa gente che soffre, di questa gente che porta la croce» proprio «come quel Venerdì Santo e quel Sabato Santo non si vedevano i frutti del Figlio di Dio crocifisso, delle sue sofferenze». E «tutto quello che farà, riuscirà bene» recita il salmo 1.

Cosa dice, invece, lo stesso salmo «sui malvagi, su quelli che noi pensiamo vada tutto bene?». Francesco ha riletto quei versi: «Non così, non così malvagi, ma come pula che il vento disperde; poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina». Insomma «tu stai bene oggi, hai tutto, non ti importa di Dio, non ti importa degli altri, sfrutti gli altri: sei un ingiusto, soltanto pensi a te stesso, non agli altri».

Ma, ha suggerito il Papa, «c’è una cosa che Gesù ha detto e mi viene sempre in mente: “Dimmi qual è il tuo nome?”». Sì, questa gente non sa neppure come si chiama, «non ha nome». E ha ricordato la parabola del povero Lazzaro «che non aveva da mangiare e i cani leccavano le sue ferite». Mentre «l’uomo ricco, che faceva i banchetti, se la spassava senza guardare ai bisogni degli altri». Ed «è curioso, ha notato il Papa, che «di quell’uomo non si dice il nome» ma «è soltanto un aggettivo: è un ricco». Infatti «nel libro della memoria di Dio dei malvagi non c’è nome: è un malvagio, è un truffatore, è uno sfruttatore». Sono persone che «non hanno nome, soltanto hanno aggettivi». Invece, ha rimarcato il Pontefice, «tutti quelli che cercano di andare sulla strada del Signore saranno con suo Figlio, che ha il nome: Gesù Salvatore. Ma un nome difficile da capire, anche inspiegabile per la prova della croce e per tutto quello che Lui ha sofferto per noi».

In conclusione Francesco ha inviato a ripensare proprio alle parole del salmo 1: «Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, ma nella legge del Signore trova la sua gioia». E così, «benché ci siano sofferenze, spera nel Signore». Proprio «come abbiamo pregato nell’orazione colletta, chiede al Signore di aggiungere quello che la sua coscienza “non osa sperare”». Sì, «anche quello chiede: che il Signore gli dia più speranza».

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tfr irpef

.L’IRPEF SUGLI ARRETRATI DI LAVORO DIPENDENTE E SUL TFR L’imposta dovuta su arretrati di lavoro dipendente e trattamento di fine rapporto è calcolata in via preventiva dal datore di lavoro attraverso il sistema della “tassazione separata”. È poi l’Agenzia delle Entrate ad effettuare il calcolo definitivo dell’imposta dovuta tenendo conto dei redditi posseduti dal contribuente negli anni precedenti. L’IMPOSTA SUGLI ARRETRATI DA LAVORO DIPENDENTE Occorre anzitutto calcolare il reddito complessivo medio posseduto nei due anni precedenti a quello in cui sono percepiti gli arretrati; per far questo è necessario sommare i redditi complessivi dei due anni precedenti e dividere il risultato per 2. Sul reddito ottenuto si calcola l’Irpef in base alle aliquote in vigore e, quindi, la percentuale d’imposta (incidenza media) sul reddito medio. Tale percentuale sarà l’aliquota da applicare alle somme percepite. Se in uno dei due anni precedenti il lavoratore non ha avuto alcun reddito, il calcolo si effettua sul 50% del reddito dell’unico anno. Se in tutti e due gli anni precedenti non vi è stato reddito, si applica l’aliquota minima Irpef (23%). Il calcolo descritto viene comunque effettuato dal sostituto d’imposta. Sarà poi l’Agenzia delle Entrate a controllare e “riliquidare” l’imposta in maniera definitiva, verificando se il sistema di tassazione separata è per il contribuente più favorevole; in caso contrario, applicherà quello della tassazione ordinaria, restituendo al contribuente le somme pagate in eccesso già trattenute dal sostituto d’imposta. L’IRPEF SU TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO Anche l’imposta sul Tfr e sulle altre somme connesse alla cessazione del rapporto di lavoro è calcolata, in via provvisoria, dal datore di lavoro e, in maniera definitiva, dall’Agenzia delle Entrate. Per la tassazione si tiene conto dell’aliquota media dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione del Tfr. Per la tassazione del Tfr il datore di lavoro applica le aliquote in vigore dal 1º gennaio 2007. È prevista, però, la possibilità di determinare l’imposta dovuta, laddove risulti più conveniente, utilizzando le aliquote in vigore al 31 dicembre 2006. Questo per evitare che il regime fiscale introdotto dal 2007 determini un carico fiscale più gravoso rispetto a quello che si otterrebbe applicando le vecchie aliquote. La verifica del trattamento più favorevole è effettuata direttamente dal sostituto d’imposta e viene ripetuta dall’Agenzia delle Entrate nel momento in cui controlla e riliquida l’imposta, mettendo a confronto i risultati ottenuti dall’applicazione della tassazione separata con quelli della tassazione ordinaria. In base alla verifica, sarà applicata la tassazione più favorevole per il contribuente. Per le somme erogate da chi non riveste la carica di sostituto d’imposta e quindi non è obbligato a effettuare le ritenute alla fonte, è previsto il versamento dell’imposta in acconto nella misura del 20%; in questi casi, la verifica del trattamento più favorevole è effettuata, in sede di riliquidazione, unicamente dall’Agenzia delle Entrate. ATTENZIONE Le indicazioni dell’Annuario potrebbero subire modifiche per effetto di provvedimenti successivi; controllarle seguendo i comunicati stampa e il sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

TFR

Tassazione Tfr: calcolo aliquota e imponibile

Alessandra M., redazione Investireoggi.it
Aggiornato il 29 Novembre 2011, ore 10:16
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Breve guida alla tassazione separata del TFR, come si determina l’aliquota media applicabile alla base imponibile e come viene tassato il trattamento erogato mensilmente in busta paga

Mini guida alla tassazione del TFR, il trattamento di fine rapporto, anche alla luce delle ultime novità previste dalla legge di stabilità 2015 che prevede l’erogazione, a richiesta del lavoratore, ogni mese in busta paga di una quota della liquidazione.

 

Per la tassazione TFR 2015 potete consultare Tassazione TFR 2015: in busta paga e ordinario, ecco le aliquote

 

Accantonamento TFR: le possibili opzioni

 

Quello che viene comunemente denominato TFR, è l’acronimo del trattamento di fine rapporto, ossia la prestazione economica che compete al lavoratore subordinato all’atto della cessazione del rapporto di lavoro ( per qualsiasi motivo, sia esso licenziamento, dimissioni, o raggiungimento dell’età della pensione). Annualmente spetta al datore di lavoro ( l’azienda) accantonare il Tfr maturato dai propri lavoratori. Tuttavia il lavoratore può anche  decidere di conferire il trattamento di fine rapporto al fondo di previdenza complementare e in questo caso, sarà il datore di lavoro a effettuare i versamenti delle quote maturate e dell’eventuale contribuzione a proprio carico.

 

Calcolo TFR: gli step da seguire

 

La retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto è costituita da tutti gli elementi retributivi del rapporto di lavoro minimo contrattuale come:

 

    • scatti di anzianità,

 

 

    • maggiorazione turni,

 

 

    • straordinario fisso ripetitivo,

 

 

    • premi presenza,

 

 

    • valori convenzionali mensa,

 

 

    • indennità per disagiata sede,

 

 

    • provvigioni,

 

 

    • premi e partecipazioni,

 

 

  • altre somme riconosciute e corrisposte a titolo non occasionale.

 

Per calcolare quanto TFR spetta all’atto della cessazione del rapporto lavorativo occorre effettuare un “semplice” calcolo. La quota spettante corrisponde solitamente ad una mensilità all’anno e il calcolo si ottiene dividendo la retribuzione lorda per 13,5 e sottraendo la contribuzione dovuta all’Inps nella misura dello 0,5%.

 

 Tassazione separata TFR: ecco di cosa si tratta

 

L’importo così calcolato viene definito lordo, in quanto maturato inglobando anche le tasse dovute. Dal punto di vista prettamente fiscale, l”erogazione del Tfr è assoggettata a tassazione separata e il carico tributario varia in base al numero degli anni e frazioni di anni di anzianità di servizio. In base all’attuale normativa le quote di TFR che sono maturate a partire dall’1 gennaio 2001 sono imponibili solo per la quota capitale , senza quindi considerare le rivalutazioni annuali.  In generale l’obbligo per il datore di lavoro di effettuare la ritenuta ai fini fiscali sorge al momento in cui il tfr viene erogato al lavoratore ( stesso discorso per le indennità equipollenti come l’indennità di buonuscita). In ogni caso la data del 1° gennaio 2001 fa da spartiacque, considerando che le somme maturate prima di tale data sono disciplinate in un particolare modo, mentre quelle maturate dopo sono disciplinate differentemente.

 

Si distingue così:

 

    • per le quote maturate sino al 31.12.2000 la tassazione è interamente effettata da parte del datore di lavoro,

 

 

  • per le quote maturate dopo il 1.1.2001 sono soggette a ritenuta parziale da parte del datore di lavoro, in quanto sarà poi l’Amministrazione finanziaria ad effettuare il calcolo corretto dell’imposta dovuta.

 

 

Aliquota tassazione TFR: ecco come si determina

 

Dopo aver determinato la base imponibile totale del TFR occorre determinare l’aliquota media che sarà applicabile alla stessa. L’imposta calcolata infatti non è applicata a titolo definitivo poiché viene successivamente riliquidata da parte dell’Agenzia delle Entrate, in base all’aliquota media di tassazione dei 5 anni precedenti a quello in cui maturato il diritto all’erogazione del Tfr.

 

Casi particolari e riduzioni

 

Per i rapporti di lavoro con durata inferiore ai due anni e per i TFR che hanno un reddito di riferimento non superiore ai 30 mila euro, con diritto che sorge a partire dal 1° aprile 2008 sono previste detrazioni particolari. Inoltre  ai sensi dell’art. 1 del D.M. 20.03.2008 emanato in attuazione della legge n. 244 del 2007 viene applicata una particolare riduzione a partire dall’indennità e trattamenti corrisposti dopo il 1° aprile 2008, sull’importo totale da versare all’erario.

 

Tali riduzioni sono pari a :

 

    • 70 euro qualora il reddito di riferimento non supera i 7.500 euro;

 

 

    • 50 euro più 20 euro x( 28 mila euro – reddito di riferimento)/ 20.400 euro se l’ammontare del reddito di riferimento è comunque superiore a 7500 euro ma non a 28 mila euro;

 

 

  • 50 euro x ( 30 mila euro – reddito di riferimento) /20.500 euro, se il reddito di riferimento è superiore a 28 mila euro ma non a 30 mila euro.

 

Successivamente a tali operazioni gli uffici dell’agenzia delle entrate riliquidano l’imposta dovuta in base all’aliquota media di tassazione dei 5 anni anteriori alla cessazione del rapporto di lavoro, e nel caso in cui l’importo dovuto sia superiore, è direttamente il Fisco a chiedere al contribuente di versare la maggiore imposta.

 

 

Indennità equipollenti TFR: cosa sono

 

Parlando di trattamento di fine rapporto, si devono anche considerare le cosiddette indennità equipollenti al TFR che sono quelle indennità, comunque denominate (indennità di buonuscita, Tfs, indennità premio di servizio), commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente del settore pubblico (pubblico impiego) e corrisposte alla cessazione dei medesimi. Le indennità sono in genere imponibili per un importo che si determina riducendo l’ammontare netto per una somma pari a 309,87 euro per ogni anno in cui si è maturata tale tipo di indennità. Nel caso in cui il reddito inoltre non superi i 30 mila euro  per le indennità erogate dopo il 1° aprile 2008 viene applicata un’ulteriore riduzione ( 61,97 euro per ciascun anno). L’imposta è determinata applicando un’aliquota  definita in base alla formula:  ( indennità + somme versata a fondi di previdenza) x12 / numero di anni di anzianità effettiva

 

A tale somma viene tolta una detrazione calcolata  in base all’aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e l’aliquota del contributo versata dal fondo o cassa di previdenza.

 

 Anticipo TFR: linee generali

 

Il lavoratore con almento  8 anni di anzianità lavorativa può richiedere al proprio datore di lavoro un anticipo del trattamento di fine rapporto che non superi il  70% del TFR maturato. L’anticipo può essere richiesto una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e solo nel caso in cui sussistano particolari necessità come:

 

    • acquisto prima casa per se stessi o per i propri figli;

 

 

    • sostenimento di spese sanitarie per terapie mediche

 

 

  • interventi straordinari.

 

 

TFR in busta paga: la novità nella legge di Stabilità 2015

 

La legge di stabilità 2015 ha previsto che dal 1 marzo  marzo 2015 al 30 giugno 2018, i lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi i lavoratori domestici e quelli del settore agricolo), che abbiano un rapporto di lavoro  da almeno 6 mesi presso la stessa azienda, possano richiedere al medesimo datore di lavoro  di percepire la quota maturanda “tramite liquidazione diretta mensile della medesima quota maturanda come parte integrativa della retribuzione”.  In sostanza ciò significa che i dipendenti del settore privato, nel periodo compreso tra marzo 2015 e giugno 2018, possono chiedere il TFR maturato direttamente nella busta paga.

 

Approfondisci

 

Stabilità, TFR in busta paga su base volontaria dal 2015

 

Liquidazione Tfr in busta paga, ecco come cambierà

 

Tassazione TFR busta paga: conviene davvero?

 

 

Per quanto riguarda latassazione del TFR in busta paga, la legge di stabilità 2015 prevede che: “La predetta parte integrativa della retribuzione è assoggettata a tassazione ordinaria e non è imponibile ai fini previdenziali”.Cosa significa? Che se il TFR è inserito nella busta paga mensile, sarà soggetto a tassazione ordinaria e non a tassazione separata, come  è previsto attualmente se il TFR viene pagato alla cessazione del rapporto di lavoro. Conviene in termini economici?

 

 

 

 

 

A fare le prime valutazioni è la CGIA di Mestre che individua due casi limite di lavoratore che chiede il TFR in busta paga:

 

 

 

 

 

    • dipendente senza famigliari a carico: aggravio fiscale  tra i 236 euro all’anno (nel caso di un lavoratore con un reddito imponibile Irpef di 15.000 euro) fino a 623 euro (nel caso di un reddito da lavoro dipendente di 80.000 euro).

 

 

  •  dipendente con moglie e un figlio a carico: aggravio fiscale  tra i 362 euro (per un lavoratore con un reddito imponibile Irpef di 15.000 euro) e i 696 euro (nel caso di un reddito da lavoro dipendente di 80.000 euro).

 

Secondo i calcoli elaborati dall’Ufficio studi della CGIA, l’aggravio fiscale  rispetto all’erogazione della liquidazione al termine del rapporto di lavoro, oscillerebbe tra i 230 e i 700 euro circa e ci sarebbe l’incremento al crescere del livello di reddito del soggetto richiedente.