Archivio mensile:marzo 2014
Malattie professionali
Malattie professionali “queste sconosciute”
1° aprile, presentazione della ricerca promossa dai patronati Acli, Inas, Inca e Ital
Salute e lavoro: atteggiamenti e consapevolezza dei cittadini italiani e stranieri, è il titolo della ricerca che sarà presentata il 1° aprile a Roma, presso Roma Eventi Fontana di Trevi, in Piazza della Pilotta, 4, dalle ore 9.30 alle 13.00.
Lo studio, realizzato da Ispo per conto del Centro Patronati (Ce.Pa.), ha lo scopo di mettere in evidenza la scarsa conoscenza delle malattie professionali tra i lavoratori e le lavoratrici che hanno a malapena idea di cosa sia una patologia da lavoro e, ancora meno, conoscono i diritti che spettano a chi ne è colpito.
L’indagine è stata condotta con interviste telefoniche ad un campione significativo di italiani, stranieri, operai e impiegati. Ne emerge un quadro scoraggiante: la scarsa consapevolezza aumenta i rischi di un “male di lavoro” che non fa scalpore quanto un infortunio, ma che può arrivare ad uccidere anche a distanza di anni dalla effettiva esposizione.
Alla presentazione interverranno tra gli altri Luigi Bobba, sottosegretario al ministero del lavoro, Pier Paolo Baretta, sottosegretario al Ministero dell’Economia e il direttore generale dell’Inail, Giuseppe Lucibello.
Amianto
Amianto: lavorava su aerei, riconosciuti benefici previdenza
Il Tribunale di Brindisi ha riconosciuto a una persona che dal 1982 al 2009 ha lavorato presso l’aeroporto di Brindisi i benefici previdenziali da esposizione all’amianto. L’uomo ha svolto mansioni di assistente tecnico di bordo addetto alle emergenze e nella fase di terra di addetto ai controlli degli aerei. Il giudice ha accolto il ricorso presentato dal legale dell’ex lavoratore, nei confronti dell’Inps che aveva rigettato la richiesta delle maggiorazioni contributive da esposizione all’amianto avanzata dallo stesso.
L’iter giudiziario per l’uomo che dal 2001 al 2009 ha lavorato prima alle dipendenze della Ati Spa, poi per Alitalia, è iniziato nell’aprile del 2004 quando l’istanza fu rigettata dall’Inail e poi dall’Inps. Ha poi presentato ricorso. Secondo i difensori dell’Ente previdenziale “senza un idoneo accertamento e certificazione il lavoratore non può provare in giudizio di essere stato esposto negli ambienti lavorativi, per più di 10 anni, a una concentrazione di polveri di amianto in misura superiore ai limiti di legge”. Il legale del ricorrente ha invece segnalato che “nel registro nazionale dei mesoteliomi pubblicato dall’Inail, emergono notizie circa la pregressa utilizzazione dell’asbesto in aerei civili e militari”. “Le segnalazioni – si legge nella nota del Registro nazionale dei mesoteliomi – riguardano materiali da attrito usati nei freni, l’uso di cartoni negli stipetti per la conservazione dei cibi caldi, l’uso di tele durante la saldatura di parti metalliche, l’uso di guarnizioni”.
La povertà e l’abitare – Caritas –
Rapporto Caritas
Crisi, Caritas: i separati e i divorziati sono i nuovi poveri (da la Repubblica – 30.03.2014)
Allarmanti i dati del ‘Rapporto 2014 ‘: dopo la rottura dei rapporti coniugali, il 66% di chi chiede aiuto dichiara di non riuscire a provvedere all’acquisto dei beni di prima necessità. Sono perlopiù italiani, divisi equamente tra uomini e donne
ROMA – La difficile situazione sociale determinata dalla crisi economica è resa più pesante in Italia da “gravi e crescenti difficoltà derivanti purtroppo dalla rottura dei rapporti coniugali, sia a livello occupazionale sia abitativo”. La denuncia del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, al Consiglio episcopale permanente di lunedì scorso ha trovato conferma nei dati allarmanti del ‘Rapporto 2014′ della Caritas italiana sulla povertà e l’esclusione sociale intitolato ‘False partenze’, presentato oggi a Cagliari in occasione del convegno nazionale delle Caritas diocesane. Infatti, il 66,1% dei separati che si rivolgono alla Caritas dichiara di non riuscire a provvedere all’acquisto dei beni di prima necessità. Prima della separazione erano solo il 23,7 per cento.
Altre conseguenze della separazione: aumenta il ricorso ai servizi socio-assistenziali del territorio come anche la crescita di disturbi psicosomatici (66,7% accusa un più alto numero di sintomi rispetto alla pre-separazione. Inoltre, la separazione incide negativamente nel rapporto padri-figli: il 68% dei padri (46,3% delle donne) intervistati riconosce un cambiamento importante a seguito della separazione; tra i padri che riconoscono un cambiamento il 58,2% denuncia un peggioramento nella qualità dei rapporti (le madri al contrario riconoscono per lo più un miglioramento).
Tra i separati/divorziati che si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas la gran parte è di nazionalità italiana (85,3%); in termini di genere c’è una leggera prevalenza delle donne (53,5%), rispetto agli uomini (46,5%) anche se si può parlare quasi di un’equa divisione. Il 42,9% è coinvolto in separazioni legali, il 28,1% in separazioni di fatto e il 22,8% in procedimenti di divorzio. Dei procedimenti di divorzio quasi la totalità risulta ormai anche conclusa. Considerando i tempi di separazione, il 34% vive uno di questi stati da meno di un anno, il 20% da meno di due anni, il 20,2% da un tempo che va dai due ai cinque anni, il 25,8% da oltre 5 anni.
Rispetto al totale degli intervistati, i due terzi (66,5%) ha figli minorenni; su questi ovviamente grava un peso materiale e sociale più pesante, sia in termini di cura che di mantenimento. Per quanto riguarda l’età si tratta in particolare di persone nella fascia d’età centrale (45-54 anni) e di giovani adulti (35-44 anni). Per quanto riguarda il livello di istruzione, prevale la licenza media inferiore (34,9%) seguita dal diploma di scuola media superiore (28,6%), dalla licenza elementare (14,5%) e dall’attestato professionale (10%). Le motivazioni che hanno spinto gli utenti a chiedere aiuto sono legate a bisogni di tipo materiale e immateriale: le difficoltà economiche (21,7%), il disagio abitativo (15%), l’impossibilità di accedere ai beni di prima necessità (cibo e vestiario) (12,1%); il bisogno di ascolto (13,1%) e l’assistenza psicologica (12,3%).
Gli occupati rappresentano meno di un terzo dei separati e divorziati intervistati mentre coloro che sono in cerca di un’occupazione (disoccupati e inoccupati) sono quasi la metà ( 46,1%). La grave situazione sul fronte dell’occupazione è l’elemento che maggiormente condiziona il post separazione. Fino ad oggi a ricoprire tale situazioni di svantaggio sono state in primo luogo le donne collocate in posizioni occupazionali subalterne, a volte anche per scelta personale per quella che potremmo definire la divisione del lavoro all’interno del matrimonio. Rispetto alle interviste realizzate non emerge un particolare svantaggio delle donne; i livelli di disoccupazione, infatti, risultano alti sia per i maschi (45,1%) che per le femmine (41,4%). Anche la dimensione abitativa evidenzia delle situazioni di gravi criticità vissute sia sul piano della sistemazione che su quello del grado di affaticamento rispetto agli oneri di spesa fissi (mutuo, affitto, pagamento delle utenze di luce, gas).
Rispetto al pre separazione, quando il 43,7% degli intervistati viveva in abitazioni di proprietà e il 42% in affitto, la situazione nel post separazione risulta decisamente alterata. Dichiara di aver cambiato abitazione l’87,7% degli uomini contro il 53,1% delle donne. Infine nella rilevazione condotta sui servizi Caritas/Cfc si evince che la separazione influisce negativamente sul rapporto tra padri e figli; il 68% degli ex mariti intervistati riconosce un cambiamento importante a seguito della separazione (a fronte di un cambiamento percepito solo dal 46,3% delle donne). E tra loro il 58,1% denuncia un peggioramento nella qualità dei rapporti (le madri al contrario riconosco per lo più un miglioramento). Gli elementi che rendono particolarmente insoddisfatti i padri nel rapporto con i figli sono: la frequenza di incontro, gli spazi di vita e i luoghi di incontro, il tempo da dedicare alla relazione, la possibilità di partecipare a momenti importanti quali compleanni, ricorrenze, feste.
Povertà
Caritas: mappa di un “universo di disagio”
Un ”universo di disagio” bussa alle porte della Caritas. E a oltre cinque anni dallo scoppio della crisi economica, si evidenziano alcune ”importanti dinamiche di povertà”: lo segnala il nuovo Rapporto Caritas 2014 su povertà ed esclusione sociale in Italia, dal titolo ”False partenze”, che apre una finestra sul fenomeno della povertà in Italia secondo l’esperienza di ascolto, osservazione e animazione svolta dalla 220 Caritas diocesane presenti sul territorio nazionale.
I dati relativi al biennio 2012-2013 segnalano situazioni in cui aumenta la richiesta di aiuto. E’ confermata la crescente presenza degli italiani, che in alcuni casi raggiungono e superano la maggioranza assoluta delle presenze nei Centri di Ascolto; ceto medio e gruppi sociali tradizionalmente estranei al disagio sociale sono sempre più coinvolti dalla vulnerabilità economica.
Più elevata la presenza di problemi occupazionali tra gli immigrati rispetto agli italiani (49,5 contro il 43,8%). E’ da notare, mette in evidenza il Rapporto Caritas, come i problemi familiari siano più diffusi tra gli italiani (13,1% rispetto al 5,7% degli stranieri), mentre la situazione appare rovesciata per quanto riguarda i problemi abitativi, più diffusi nella componente straniera dell’utenza (17,2 contro il 14,6%).
Una fetta cospicua di utenti richiede beni e servizi materiali (34,0%). Vi sono poi le persone che richiedono al CdA l’attivazione e il coinvolgimento di soggetti ed enti terzi (26,8%) o che richiedono al CdA orientamento a servizi o informazioni su misure/prestazioni socio-assistenziali disponibili nel territorio (10,3%). Un aiuto economico, conclude il Rapporto Caritas, è richiesto in modo esplicito da una minoranza di persone (10,7%).
A livello complessivo si conferma la presenza di una quota maggioritaria di stranieri (61,8%) rispetto agli italiani (38,2%). La quota di italiani è più forte nel Sud (59,7%). Si tratta in prevalenza di donne (54,4%), di coniugati (50,2), disoccupati (61,3%), con domicilio (81,6%). Hanno figli il 72,1%. Sono separati o divorziati il 15,4%. Il 6,4% è analfabeta o completamente privo di titolo di studio.
Nel corso del 2013, il problema-bisogno più frequente degli utenti dei CdA Caritas è stato quello della povertà economica (59,2% del totale degli utenti), seguito dai problemi di lavoro (47,3%) e dai problemi abitativi (16,2%). Tra gli italiani l’incidenza della povertà’ economica è molto più pronunciata rispetto a quanto accade tra gli stranieri (65,4% contro il 55,3%).
Un’ultima parte del Rapporto si sofferma sulle tendenze degli attuali assetti di welfare, evidenziando nodi critici e possibili proposte di miglioramento. Appare positivo, ad esempio, il rifinanziamento del Fondo nazionale per l’autosufficienza, così come l’introduzione del nuovo Isee, il rinnovato ”termometro” nazionale necessario per determinare i livelli di accesso a varie tipologie di prestazioni sociali e assistenziali. Tuttavia, la reale operatività di entrambi i provvedimenti non sarà immediata.
”Aspetti di criticità”, sottolinea il Rapporto Caritas, ”sono ravvisabili nel carattere sperimentale e provvisorio di molte delle recenti novità legislative”. Da un lato, segnala il Rapporto ”False partenze”, ”se è oggettivo riconoscere che la legge di stabilità 2014 ha impegnato un ammontare di risorse mai visto in questi ultimi anni per la lotta alla povertà, dall’altro lato assistiamo a percorsi di implementazione definiti ancora una volta nei termini di ”sperimentazione” (si pensi alla nuova Carta Acquisti), senza una prospettiva normativa definita e di copertura economica chiara di eventuali ulteriori misure in questo ambito”.
Il rischio, conclude il Rapporto Caritas, ”è quello di avviare grandi cantieri territoriali che non trovano esito legislativo, generando più un sentimento di amarezza nei confronti di un’opera incompiuta, che la sedimentazione di competenze e strumenti efficaci di contrasto alla povertà”.