Archivio mensile:gennaio 2021

Quota 100

Riforma Pensioni 2021, cosa accade con la crisi di Governo? Cosa sostituirà Quota 100 nel 2022?
 

Con la crisi di governo si ferma il dibattito sulla riforma delle pensioni

 
 

Con la crisi di governo si è fermato anche il dibattito su Quota 100 e la riforma delle pensioni da portare a termine entro la fine del 2021, considerando la fine del triennio di sperimentazione delle pensioni anticipate Quota 100.

Nel 2019 era entrata in vigore la riforma pensioni Quota 100, che permette di andare in pensione a 62 anni di età e 38 anni di contributi, mentre il 2021 sarà l’ultimo anno con questa possibilità. Dal prossimo anno non ci saranno pensioni anticipate con Quota 100, con esponenti del precedente governo che avevano smentito il rinnovo di Quota 100, iniziando a parlare di possibili nuove riforme pensionistiche.

Lato politico ci sono state delle prese di posizioni della Cgil e del leader della Lega, Matteo Salvini, a favore di un sistema “simile” a Quota 100, con alcune proposte portate avanti nelle ultime settimane.

Alternative a Quota 100

Finora ci sono state diverse idee lanciate mezzo stampa per la sostituzione di Quota 100. Alcune riguardano il potenziamento di misure pensionistiche che sono già nel sistema, come Opzione Donna e Ape Social, una soluzione che potrebbe non convincere la maggior parte degli elettori, che ha apprezzato Quota 100, per l’abbassamento dell’età pensionabile da 67 anni a 62 anni. La Legge Fornero tornerà in vigore dal 2022 se non verranno approvate nuove riforme pensionistiche, facendo tornare centrale il dibattito sulle pensioni, considerando che la maggioranza della popolazione non ha buoni giudizi su quella riforma votata dal governo Monti.

Ape Social

La resa strutturale della riforma Ape Social è una delle proposte che è arrivata negli ultimi mesi, che vada ad allargare la platea dei lavori “gravosi” per l’anticipo pensionistico. Con questa riforma sarebbe possibile andare in pensione a 63 anni di età, ma con una penalizzazione per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni di età, previsti dalla legge Fornero.

Opzione Donna

Un’altra delle riforme che sono attualmente disponibili e che potrebbero diventare strutturali è quella di Opzione Donna, molto apprezzata ed utilizzata negli ultimi anni, con anche l’istituzione di alcune associazione, come il CODS (Comitato Opzione Donna Social), che con Orietta Armiliato chiede da anni la resa strutturale.

Con Opzione Donna le lavoratrici possono andare in pensione a 58 anni (59 anni per le autonome) e 35 anni di contributi, ma a fronte di una penalizzazione, dovuta alla trasformazione dei contributi dal regime retributivo a contributivo.

Quota 41 per tutti

Una delle riforme delle quali si è parlato di più è Quota 41 per tutti, citata anche da Salvini e dai sindacati. Attualmente è in vigore Quota 41 precoci, che consente di andare in pensione con 41 anni di contributi per chi ha 12 mesi di contributi registrati prima dei 19 anni.

Quota 41 per tutti darebbe la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica. Questa misura è considerata più costosa di Quota 100, motivo per il quale è difficile una sua approvazione senza l’introduzione di una percentuale di penalizzazione per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni previsti dalla Legge Fornero.

Quota 102

Quota 102 è una riforma delle pensioni della quale si è parlato in sostituzione di Quota 100. Consentirebbe di andare in pensione a 64 anni di età con 38 anni di contributi. Un innalzamento dell’età pensionabile rispetto a quella attuale di Quota 100. Una sorta di compromesso rispetto alla legge Fornero, che prevederebbe uno scaglione di 5 anni per chi si troverà senza Quota 100 dal 2022.

San Giovanni Bosco

 

San Giovanni Bosco


San Giovanni Bosco

autore Mario Caffaro Rore anno 1941 titolo Ritratto di Don Bosco
Nome: San Giovanni Bosco
Titolo: Sacerdote
Nascita: 16 agosto 1815, Castelnuovo d’Asti
Morte: 31 gennaio 1888, Torino
Ricorrenza: 31 gennaio
Tipologia: Commemorazione

Questo nome popolarissimo e tanto venerato ricorda un’istituzione grandiosa e benefica che da anni assiste ed educa cristianamente la gioventù, raccolta in centinaia di case sparse in tutto il mondo.

Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 ai Becchi, frazione di Murialdo presso Castelnuovo d’Asti, da una povera famiglia di agricoltori. Sua mamma, Margherita, era una santa donna tutta dedita al lavoro ed ai suoi doveri di cristiana: infondere nei suoi figliuoli il santo timore di Dio. Del babbo non potè gustare il sorriso e la carezza, perchè se ne volò al cielo quando Giovanni era ancora in tenerissima età.

Fin da fanciullo ebbe il dono di attirare a sè le anime dei fanciulli con i suoi giochi di prestigio e con la sua pietà, che gli cattivava l’animo di tutti.

A prezzo di privazioni di ogni genere, in mezzo alle contrarietà degli stessi familiari, riuscì a compiere gli studi ecclesiastici e nel 1 841 fu ordinato sacerdote. Da questo punto comincia la sua missione speciale: « l’educazione dei giovani ».

Lo aveva difatti profondamente colpito il fatto di vedere per le vie di Torino tanti giovanetti malvestiti, male educati, abbandonati, esposti ad ogni pericolo per l’anima e per il corpo, molti già precocemente viziosi e destinati alla galera… Il cuore del giovane sacerdote sanguina: prega e pensa: e la Vergine Benedetta, che lo aveva scelto, gli ispira l’istituzione degli Oratori.

Dopo mille difficoltà e persecuzioni, gli riuscì di comperare a Valdocco (allora fuori Torino) un po’ di terreno con una casa ed una tettoia a cui aggiunse una cappella; ebbe così un luogo stabile e sicuro dove poter radunare i suoi « birichini ».

Non aveva un centesimo : unica sua risorsa una fede illimitata nella Divina Provvidenza.

In pochissimo tempo i poveri giovani ricoverati diventarono più numerosi; l’opera cresceva e bisognava pensare al futuro. La benedizione di Dio era visibile. E Don Bosco fonda una nuova congregazione religiosa, la Pia Società di S. Francesco di Sales, detta comunemente dei Salesiani, composta di sacerdoti e laici, che poco alla volta aprirono oratori festivi, collegi per studenti, ospizi per artigiani, scuole diurne e serali, missioni fra gli infedeli in tutte le parti del mondo.

Per le fanciulle delle stesse condizioni, D. Bosco istituì le Suore di Maria Ausiliatrice, le quali, come i Salesiani, sono sparse in tutto il mondo, ed affiancano l’opera dei sacerdoti.

Per il popolo D. Bosco scrisse libretti pieni di sapienza celeste, dal titolo « Letture cattoliche » in contrapposizione a quelle protestanti.

Fino all’ultimo la sua vita fu spesa a vantaggio del prossimo, con sacrificio continuo, eroico. Il Signore lo chiamò a sè il 31 gennaio 1888 e fu canonizzato da Pio XI nella Pasqua del 1934.

PRATICA. Aiutiamo in qualche modo le opere per l’educazione della gioventù.

PREGHIERA. O Dio, che suscitasti il beato confessore Giovanni per l’insegnamento cristiano e per trattenere la gioventù nella via della verità., e per suo mezzo radunasti una nuova famiglia nella Chiesa. concedici che a suo esempio e intercessione, infiammati di zelo per la tua gloria e la salute delle anime, possiamo nel cielo essere partecipi del suo gaudio.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Torino san Giovànni Bosco, Confessore, Fondatore della Società Salesiana e dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, insigne per lo zelo delle anime e la propagazione della fede, ascritto dal Papa Pio undecimo nei fasti dei Santi.

Imposta sui servizi digitali

Imposta sui servizi digitali: regole dichiarazione e modello digital tax

La dichiarazione per l’imposta sui servizi digitali o digital tax, va presentata entro il 30 aprile 2021; versamenti entro il 16 marzo.

Dopo la pubblicazione del provvedimento con il quale l’Agenzia delle entrate ha individuato le regole applicative per l’imposta sui servizi digitali, con un ulteriore provvedimento, è stato approvato il modello di dichiarazione annuale Digital tax.

La dichiarazione, anno solare 2020, deve essere presentata entro il 30 aprile 2021. La dichiarazione serve per dichiarare i ricavi ottenuti prestando servizi digitali; con la stessa dichiarazione si può richiedere il rimborso dell’imposta versata in eccesso o il riporto del credito all’anno successivo.

Imposta sui servizi digitali: cos’è e come funziona

La Legge n°145/2018, Legge di bilancio 2019,  ha istituito, l’imposta sui servizi digitali, c.d. digital tax. L’imposta è stata oggetto di profonde modifiche con la successiva Legge di bilancio 2020. Con effetti dal 1° gennaio 2020. Primo anno di effettiva entrata in vigore dell’imposta.

L’imposta colpisce le imprese che prestano servizi digitali e che presentano per l’anno precedente:

  1. un ammontare complessivo di ricavi, ovunque realizzati, non inferiore a 750.000.000 euro;
  2. un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali prestati in Italia non inferiore a 5.500.000 euro.

Detto ciò, è importante capire quali sono i servizi digitali oggetto di tassazione.

Quali sono i servizi tassati con la digital tax

Nello specifico, i servizi tassati sono quelli di:

  • veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
  • messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
  • trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.

Attenzione: i ricavi dei suddetti servizi sono assunti al lordo dei costi e al netto dell’Iva e di altre imposte indirette.

Il comma 40 delle Legge istitutiva della imposta sul digitale dispone che

un ricavo si considera tassabile in un determinato periodo d’imposta se l’utente di un servizio tassabile è localizzato nel territorio dello Stato in detto periodo.

Ad esempio, l’utente si considera localizzato in Italia se la pubblicità figura sul dispositivo dell’utente nel momento in cui il dispositivo è utilizzato nel territorio nello Stato, nell’anno solare, per accedere ad una interfaccia digitale. La localizzazione viene determinata sulla base dell’indirizzo IP del dispositivo.

La  legge di bilancio 2019 ha demandato a uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia la definizione delle modalità attuative dell’imposta.

Ad ogni modo, l’Agenzia delle entrate ha fornito le prime istruzioni operative  con il provvedimento del 15 gennaio 2021.

I servizi esclusi dalla Digital tax

Il provvedimento sopra citato ha individuato nello specifico anche i servizi digitali non soggetti alla digital tax.

In particolare, non sono tassate:

  • la fornitura diretta di beni e servizi, nell’ambito di un servizio di intermediazione digitale;
  • la fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi, quando il fornitore non svolge funzioni di intermediario;
  • la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale, in termini di ricavi realizzati, è quello della fornitura agli utenti dell’interfaccia, da parte del soggetto che gestisce l’interfaccia stessa, di contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento;
  • lo svolgimento delle attività di organizzazione e gestione di piattaforme telematiche per lo scambio dell’energia elettrica, del gas, dei certificati. ambientali e dei carburanti, nonché la trasmissione dei relativi dati ivi raccolti e ogni altra attività connessa.

Ulteriori servizi esclusi dalla digital tax

Ancora, non è oggetto di imposta il servizio di messa a disposizione di un’interfaccia digitale utilizzata per gestire:

  1. i sistemi dei regolamenti interbancari previsti dal testo unico (d. lgs 385/93), o di regolamento o di consegna di strumenti finanziari;
  2. piattaforme di negoziazione o i sistemi di negoziazione degli internalizzatori sistematici;
  3. attività di consultazione di investimenti partecipativi e, se facilitano la concessione di prestiti, i servizi di intermediazione nel finanziamento partecipativo;
  4. sedi di negoziazione all’ingrosso;
  5. le controparti centrali;
  6. i depositari centrali;
  7. gli altri sistemi di collegamento la cui attività è soggetta ad autorizzazione e l’esecuzione delle prestazioni dei servizi soggetta alla sorveglianza di un’autorità di regolamentazione al fine di assicurare la sicurezza, la qualità e la trasparenza delle transazioni riguardanti strumenti finanziari, prodotti di risparmio o altre attività finanziarie.

Modello digital tax: gli adempimenti

La tassazione è pari al 3% sull’ammontare dei ricavi conseguiti nell’anno solare. Il versamento della digital tax in F24 (mancano ancora i codici tributo) è da effettuarsi entro il 16 febbraio dell’anno successivo a quello per il quale deve essere effettuato il versamento.

Oltre al versamento annuale, è necessario anche presentare apposita dichiarazione. La dichiarazione annuale deve tenere conto di tutti i servizi digitali prestati.  La dichiarazione dell’anno N va presentata entro il 31 marzo dell’anno N+1.

I non residenti che non dispongono di conto corrente presso sportelli bancari o postali situati in Italia e che non possono eseguire il pagamento tramite modello F24, possono effettuare il versamento con bonifico in “EURO” a favore del Bilancio dello Stato al Capo 8 – Capitolo 1006 (codice IBAN IT43W0100003245348008100600), indicando quale causale del bonifico: il codice fiscale, il codice tributo e l’anno di riferimento.

Scadenze per l’anno 2020

Il D.L. 3/2021, oltre a prorogare la sospensione dell’attività di riscossione, ha anche prorogato i termini entro cui eseguire gli adempimenti della digital tax per l’anno 2020. Nello specifico: la “tassa sul digitale” dovrà essere versata entro il 16 marzo 2021 (anziché il 16 febbraio) e la dichiarazione dovrà essere presentata entro il 30 aprile 2021 in luogo del 31 marzo.

La dichiarazione può essere trasmessa a partire dal 22 febbraio 2021.

La dichiarazione annuale

Con apposito provvedimento del 25 gennaio, l’Agenzia delle entrate ha pubblicato il modello digital tax (dichiarazione annuale). Il modello si compone di sole tre pagine e può essere trasmesso direttamente dai soggetti abilitati a Entratel o Fisconline, ovvero tramite gli intermediari abilitati.

La trasmissione dei dati dovrà avvenire utilizzando le specifiche tecniche allegate allo stesso provvedimento. La dichiarazione serve per dichiarare i ricavi ottenuti prestando servizi digitali tassati con l’imposta sui servizi digitali. Con la stessa dichiarazione si può richiedere il rimborso dell’imposta versata in eccesso o il riporto del credito all’anno successivo.

Anche per la dichiarazione annuale per la tassazione del digitale valgono le regole ordinarie previste in materia di dichiarazione correttiva nei termini, integrativa e tardiva. Ad esempio per l’anno solare 2020, è considerata tardiva la dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza del 30 aprile 2021.

Quota 100

Ultima chiamata dell’INPS per andare in pensione con Quota 100, ma a chi conviene veramente? 

Accedere alla tanto desiderata pensione, a 67 anni è forse biologicamente tardi. D’altronde la vita media (e meno male) si è allungata, ma la diretta conseguenza è la messa in crisi della sostenibilità del sistema pensionistico. Purtroppo ci siamo, è l’ultima chiamata dell’INPS per andare in pensione con Quota 100, ma a chi conviene veramente?

ProiezionidiBorsa TV

 

Proiezionidiborsa, in pochi minuti di lettura, cercherà di spiegare perché la deroga per andare in pensione anticipatamente, con Quota 100, è arrivata al capolinea. Inoltre si affronterà il tema della vera convenienza dell’opzione a seconda della preferenza del fattore tempo piuttosto che importo dell’assegno.

Le raccomandazioni di Bruxelles e i richiami alla sostenibilità, spingono a pensare ad una riforma

Ormai è chiaro e Bruxelles si è espressa: i Recovery Fund dovranno essere la scintilla che avvia le riforme. Infatti, i Piani di Ripresa e Resilienza dovranno essere indirizzati agli investimenti per riaccendere l’economia ma in concomitanza con le riforme strutturali. Quest’ultime consentiranno un efficientamento della macchina pubblica. Ovviamente quella più attesa, oltre alla riforma del Fisco, è quella previdenziale.

Il reset del sistema previdenza è atteso da diverso tempo. Il Parlamento europeo lo ha evidenziato più volte nelle raccomandazioni, sostenendo la tesi dell’elevata spesa per le pensioni che mina la tenuta nel tempo dell’intero meccanismo. In pratica con le entrate attuali non si potranno reggere le uscite.

Inoltre, come citato in un famoso report di Mercer, l’Italia risulta ultima come sostenibilità nel futuro. Ciò in virtù della crisi demografica, dell’invecchiamento della popolazione e dell’alta disoccupazione. Il tutto equivale a dire, in parole semplici, che i pensionati aumentano e i lavoratori che li mantengono diminuiscono, tra l’altro, guadagnando sempre dimeno. Quindi quali le soluzioni? L’innalzamento dell’età (Fornero docet) e revisione dell’importo delle pensioni. È palese il perché Quota 100 non potrà essere rinnovata.

Ultima chiamata dell’INPS per andare in pensione con Quota 100, ma a chi conviene veramente?

Dunque, chi ha i requisiti deve ascoltare gli squilli di tromba dell’ultima chiamata dell’INPS e godere della pensione a 62 anni e 38 di contributi. Meglio chiarire subito, tale pensione non è compatibile con alcuna forma di reddito da lavoro dipendente o autonomo. Pertanto, potranno integrare i contributi. Infatti il limite di questo sistema si presenta nell’importo dell’assegno che potrebbe essere inferiore a quello della pensione anticipata o a quello della pensione di vecchiaia. Si considerano, in tal senso i mancati versamenti per gli anni in più di lavoro.

Per l’accesso alla pensione anticipata servono 42 anni e 10 mesi se uomo, e 41 e 10 mesi se donna di contributi, indipendentemente dall’età. Chiaramente la differenza con i 38 anni di Quota 100 è lampante. Quattro anni di contributi possono modificare l’importo della pensione. Perciò, possiamo sicuramente segnalare la convenienza all’ingresso in Quota 100 a chi ha da poco compiuto 62 anni e 38 di contributi. Parimenti si segnala lo scemare della stessa più ci si avvicina all’età per la quiescenza ordinaria.

Ergo, bisogna valutare l’ultima chiamata dell’INPS per andare in pensione con Quota 100, ma a chi conviene veramente?

Bollo auto 2021

Bollo auto 2021: scadenza, esenzioni, calcolo e bonus cashback. Il quadro

Per il bollo auto 2021 sono previste varie agevolazioni, sconti, esenzioni e vale anche per esso il bonus cashback di Stato. I dettagli.

Tutti gli automobilisti ben sanno che tra gli obblighi da rispettare per il mantenimento del proprio mezzo e per poter circolare regolarmente sulla rete viaria italiana, c’è anche quello del pagamento annuale del bollo auto, ossia la tassa automobilistica gestita, dal 1999, dalle Regioni e dalle Province Autonome di Bolzano e Trento – e dall’Agenzia delle Entrate nel caso di Friuli Venezia Giulia e Sardegna.

Per quest’anno sono previste alcune novità, tra esse l’inserimento del versamento del bollo auto tra gli acquisti che danno diritto al noto bonus cashback. La possibilità concreta è quindi di incassare uno rimborso del 10%, ossia un non esiguo sconto per l’automobilista. Ma non c’è solo questo da tenere presente. Vediamo più da vicino il quadro della situazione.

Bollo auto: il contesto di riferimento

Il versamento di questo tributo – detto in passato anche ‘tassa sulla circolazione’ – vale per tutti possessori di un’auto, indicati dal Pubblico Registro Automobilistico (PRA).

Ci si potrebbe domandare perchè in Italia si paga il bollo auto, ebbene il motivo è presto detto. Detto tributo è versato per il semplice fatto che si è proprietari (o meglio, possessori) del mezzo a motore con assicurazione auto, proprio come si paga l’imposta sulla propria abitazione perché si è intestatari dell’immobile. E ciò indipendentemente dal fatto che il mezzo a motore sia utilizzato o meno nel corso dell’anno.

L’importo da pagare allo Stato è legato alla potenza del mezzo espressa in Kilowatt e al suo impatto ambientale (Euro 1,2,3,4,5,6). Ciascuna regione italiana ha specifici parametri di riferimento, pertanto l’ammontare del tributo da versare, varia da regione a regione.

L’interessato può controllare quanto dovrà pagare allo Stato ed entro quando, servendosi dello strumento di calcolo online dell’ACI o dall’Agenzia delle Entrate. Il bollo auto può essere saldato presso:

  • un’agenzia di pratiche automobilistiche:
  • le poste;
  • una filiale di banca;
  • le tabaccherie Lottomatica;
  • una delegazione ACI.

In alcune regioni, è anche possibile il pagamento via web, ad esempio con Satispay, il sito aci.it, l’app IO, il sito poste.it e i servizi di home banking. Come si può notare, dunque, le alternative per il cittadino non mancano.

Quali sono le esenzioni e gli sconti per il 2021: il quadro

Non tutti i veicoli comportano di dover pagare il bollo auto citato. Infatti, la normativa in merito prevede delle esclusioni legate al soggetto che guida il mezzo o alla particolare categoria della vettura. Inoltre, vi sono esclusioni che riguardano l’intera penisola, mentre altre soltanto alcune regioni. Ecco di seguito quali sono i mezzi esenti nel 2021:

  • veicoli appartenenti a organizzazioni senza scopo di lucro;
  • mezzi appartenenti a soggetti disabili, ossia inclusi tra quelli con i requisiti previsti dalla legge n. 104 del 1992;
  • veicoli a ridotto impatto ambientale, esclusivamente se previsto dalla regione di riferimento;
  • auto storiche ultratrentennali (se ultraventennali si applica la riduzione del bollo pari al 50%);
  • veicoli elettrici (ma solo per i primi cinque anni dall’immatricolazione).

Ancora, anche per il 2021, ciascuna regione può – in via puramente discrezionale – disporre delle agevolazioni per il versamento del bollo auto, se si tratta di veicoli di di classe ambientale più elevata o di veicoli ibridi. Sempre l’ente locale può eventualmente disporre la sospensione del versamento annuale del bollo auto, in ragione dell’emergenza da pandemia. Tuttavia, l’interessato dovrà verificare se, nella propria Regione, vi sono norme in tal senso.

Quando scade il bollo auto 2021?

Un altro dato a cui prestare attenzione, anche quest’anno, è rappresentato dal fatto che la scadenza per il pagamento del bollo auto non deve intendersi identica per tutti. Infatti è variabile in base alla data di immatricolazione del mezzo.

In linea generale, la scadenza è prevista entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello dell’immatricolazione. Per fare un esempio pratico, se un mezzo a motore è stato immatricolato a gennaio, la scadenza è prevista per l’ultimo giorno di febbraio; oppure se un mezzo sarà immatricolato a luglio 2021, il pagamento dovrà avvenire entro il 31 agosto 2021.

Ma sono state previste delle proroghe, a causa dell’emergenza sanitaria. Infatti vale  il differimento di tutte le scadenze anche in materia di bollo auto, inizialmente fino al 31 dicembre 2020, e poi nuovamente differito al 31 gennaio 2021 dal Decreto Legge n. 3 del 2021, in materia tributaria. Pertanto, in via eccezionale, il termine ultimo per poter versare il bollo con scadenza al 31 dicembre 2020 è da ritenersi il 28 febbraio 2021.

Ciascuna amministrazione regionale ha però la possibilità di modificare il calendario delle scadenze. Pertanto, per capire se ci sono variazioni, l’interessato farà bene a controllare sulla pagina web della propria Regione o della locale sezione dell’Automobil Club d’Italia, per avere conferma sulla data. In Emilia-Romagna, per fare un esempio, chi deve ancora versare il bollo auto 2020 potrà farlo fino al 31 marzo 2021; in Veneto si ha possibilità di pagare entro il 30 giugno.

Attenzione però, perchè per quanto attiene alla prima immatricolazione, il bollo auto va versato entro lo stesso mese dell’acquisto del mezzo.

Cashback spese auto: come ottenere il rimborso fino a 15 euro per bollo

Lo abbiamo accennato sopra, lo ribadiamo qui: il pagamento del bollo auto fa parte del programma cashback di Stato. Pertanto, l’interessato che paga presso i negozi fisici con carta, bancomat o con Satispay, potrà ottenere un rimborso del 10% sul prezzo del versamento, fino ad un massimo di 15 euro.

Ma per poter contare su questo beneficio sarà altresì necessario installare l’app IO della Pubblica Amministrazione nel proprio smartphone.

Leggi anche: cashback spese auto

Per avere il cashback, il pagamento bollo auto dovrà essere fatto presso agenzie specializzate come uffici postali, tabaccherie o altri esercizi fisici che offrono il servizio. Per questa via, sarà possibile beneficiare di uno sconto del 10%, anche se l’importo totale su cui è quantificato il bonus vale fino a 150 euro di spesa. Non solo: anche il rifornimento di benzina è incluso tra le spese su cui applicare il cashback di Stato.

Concludendo, il piano cashback sarà attivo per un anno e mezzo, fino al 30 giugno 2022 – salvo proroghe.

Qual è l’importo del bollo auto

Per conoscere importo e scadenza del bollo auto 2021 è possibile usare il servizio messo a disposizione da ACI denominato Calcola il Bollo online. Il sistema permette di calcolare l’importo del bollo e fornisce l’importo esatto del pagamento da effettuare. Basta indicare la tipologia del veicolo interessato, il tipo di pagamento (rinnovo, prima immatricolazione, ecc.) ed inserire il numero di targa.

Si potrà quindi visualizzare una semplice tabella con i dettagli del veicolo, la scadenza del pagamento e l’importo del bollo.

Trovi il servizio online qui.

Come pagare il bollo auto 2021

Il pagamento del bollo auto può avvenire fisicamente presso:

  • le Delegazioni ACI
  • le Agenzie Sermetra
  • gli esercizi convenzionati Banca 5
  • Poste Italiane, mediante pagamento on-line allo sportello e attraverso gli altri canali messi a disposizione
  • i punti vendita Lottomatica
  • le altre Agenzie di pratiche auto autorizzate presenti sul territorio (Isaco, PTAvant, Stanet; Agenzia Italia Net Service)
  • Banche e altri Operatori aderenti all’iniziativa PSP tramite i canali da questi messi a disposizione (Home Banking, Sportelli Bancari, Punti vendita SisalPay, APP per smartphone e tablet, esercizi commerciali, ecc.)

Per usufruire del cashback, come descritto sopra, il bollo dovrà essere pagato presso questi punti usando le carte di pagamento abilitate.

Il pagamento del bollo online: PagoPa

Il pagamento può avvenire inoltre tramite pagoBollo on line (servizio online di ACI denominato Bollonet). A partire dal primo gennaio 2020 i pagamenti della tassa automobilistica online dovranno essere effettuati esclusivamente tramite il sistema PagoPa.

PagoPa è un circuito pubblico impiegato per far confluire presso la Pubblica Amministrazione i pagamenti online del bollo auto.

Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL): cos’è e come funziona

Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL): cos’è e come funziona

 

Cos’è e come funziona il Contratto Nazionale di Lavoro? Quanti contratti collettivi nazionali esistono e quali sono i più importanti e diffusi? Dove trovare i contratti collettivi nazionali? Tra le tante decisioni che deve prendere un datore di lavoro nella fase costitutiva della sua attività vi è anche quella di capire come inquadrare al meglio i propri lavoratori dipendenti. La scelta è da inquadrare a seguito dell’analisi di una serie di elementi che solitamente prende in considerazione il consulente del lavoro o il responsabile del personale. Questi dovrà quindi individuare il CCNL partendo dall’attività svolta e dal settore di inquadramento dell’azienda.

Ma cosa contiene il Contratto Collettivo? Quali sono le parti che possono stipularlo? Quali parametri vengono disciplinati al suo interno? E soprattutto, come vincola il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore?

Andiamo con ordine partendo dalla definizione di Contratto di lavoro nazionale.

Contratto collettivo nazionale di lavoro: definizione

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro ed è il macro contratto stipulato tra le organizzazioni che rappresentano i datori di lavoro, come ad esempio Confindustria o Confcommercio, e i rappresentanti dei lavoratori, ossia i sindacati. I CCNL sono atti che disciplinano i trattamenti economici e normativi minimi comuni per tutti i lavoratori del settore.

Queste parti, in linea generale, devono trovare un compromesso tra gli interessi del datore di lavoro e gli interessi e diritti dei lavoratori stessi. Lo scopo è quindi di individuare dei parametri validi per tutti i datori di lavoro di un determinato settore e i lavoratori inquadrati nello stesso livello.

Leggi anche: Sindacati: cosa sono, quali sono i loro compiti e come funzionano

Un primo motivo è quindi quello di garantire condizioni uguali a parità di inquadramento. Va da sé che il datore di lavoro viene da sempre considerata la parte “forte” nel rapporto di lavoro. Pertanto se avesse pieno potere decisionale in termini di inquadramento dei lavoratori, retribuzione, modalità di maturazione e fruizione delle ferie, il rapporto sarebbe decisamente sbilanciato.

Uno sbilanciamento non solo nel contratto individuale, ma nel mercato del lavoro in generale; se il datore di lavoro applicasse condizioni salariali a sua discrezione, porterebbe ad una concorrenza sleale rispetto a chi dovesse applicare condizioni economiche differenti.

CCNL: cosa contiene e disciplina

Il CCNL è quindi la fonte che regolamenta il rapporto di lavoro tra datore di lavoro e lavoratore. Di norma è costituito da una parte normativa e una economica.

Nella parte normativa si indicano i criteri generali di gestione del rapporto di lavoro come:

  • la maturazione degli scatti,
  • delle ferie e permessi,
  • la durata del periodo di prova,
  • il preavviso (licenziamento e dimissioni).

ma anche la gestione delle assenze come malattia, maternità e infortunio.

Leggi anche: Differenza tra patronato, CAF e sindacato: ecco cosa c’è da sapere

Sempre nella stessa parte trova una sezione apposita l’inquadramento dei lavoratori in riferimento alla mansione e quindi il livello corrispondente. Nonché tutto ciò che concerne lo svolgimento del rapporto di lavoro diretto tra dator di lavoro e lavoratore.

Accanto ad una parte più teorica nei contratti collettivi di lavoro vi è una parte economica dedicata alla retribuzione dei lavoratori.

Ovviamente in virtù di quanto espresso in relazione alla funzione dei CCNL la parte economica prevede che ad ogni lavoratore inquadrato in un determinato livello corrisponda la stessa retribuzione.

Per mantenere inalterato il suo scopo di equità i contratti collettivi nazionali hanno una data di stipula ed una di scadenza, questo soprattutto in virtù della parte economica e prevederne un aggiornamento periodico.

È giusto precisare, però, che non sempre il rinnovo del contratto arriva a ridosso della scadenza proprio perché frutto di una contrattazione. Pertanto nel periodo di vacanza contrattuale si prevede sempre una quota di indennità economica a copertura del periodo senza CCNL valido.

Efficacia del CCNL nei confronti dei lavoratori

Come abbiamo già accennato il CCNL è una delle fonti cui fare riferimento nella gestione del rapporto di lavoro.

Andando con ordine e seguendo l’opportuna gerarchia, la prima fonte è la Costituzione, successivamente le leggi emanate a livello nazionale per poi approdare ai CCNL ed infine ai contratti individuali di lavoro.

Il significato della gerarchia sta nel rispettare ciò che una fonte di grado superiore disciplina e non derogarlo, quanto meno non in condizioni peggiori.

La Costituzione fa riferimento alle ferie come un diritto del lavoratore, a cui non può rinunciare, la Legge fa riferimento a, di norma, quattro settimane all’anno di ferie; bene, queste fonti non possono essere derogate dalle fonti di grado inferiore (CCNL e contratto individuale) in termini peggiorativi, quindi non possono decidere che al loro interno non vi siano periodi di ferie o che questi siano inferiori alle quattro settimane.

Il CCNL però può prevedere al suo interno una durata maggiore delle ferie, quindi può determinare delle modifiche qualora queste siano esclusivamente di carattere positivo e migliorare la condizione dei lavoratori.

Quali sono i CCNL più importanti e rappresentativi

Dall’esame dei contratti collettivi di lavoro è stato individuato che delineano le caratteristiche di un determinato settore. Tra i principali e più usati ci sono sicuramente quelli del commercio, della metalmeccanica che si differenzia a seconda che l’azienda abbia le caratteristiche dell’artigianato o dell’industria, ed anche quello dei pubblici esercizi, contratto tipico per bar, ristoranti e pizzerie.

Altri contratti collettivi presenti sono quelli legati ai settori dell’agricoltura, degli alimentari, del chimico farmaceutico, edilizia e trasporti, solo per citarne alcuni tra i più utilizzati.

Dove trovare i testi dei CCNL: cos’è il CNEL

L’archivio dei contratti collettivi di lavoro si trova presso il CNEL; presso Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro vengono depositati gli accordi di rinnovo e i nuovi contratti stipulati fra le parti.