Archivi giornalieri: 27 gennaio 2021

Indice PA

Indice PA: cos’è e come si usa l’indice Pubbliche Amministrazioni (IPA)

Cos’è e come come si fa una ricerca nell’indice delle Pubbliche Amministrazioni, più comunemente conosciuto come indice PA o IPA

L’indice delle Pubbliche Amministrazioni, più comunemente conosciuto come indice PA o IPA è un servizio online utile sia per gli enti che per cittadini per rintracciare i domicili digitali delle pubbliche amministrazioni. L’IPA risulta molto utile quindi per ricercare le PEC della PA, i vari recapiti e altre info utili. Inoltre si usa per conoscere il codice univoco IPA in caso di fattura elettronica verso la Pubblica Amministrazione.

Questo strumento è quindi principalmente una directory all’interno della quale sono elencate in maniera semplice e chiara, i domicili digitali delle pubbliche amministrazioni (PEC) e i relativi codici univoci per la fatturazione elettronica.

Ovviamente tutte le informazioni di cui si necessita, sono di dominio pubblico e in Open Data, dunque, disponibili a chiunque ne abbia bisogno. Ecco i dettagli.

Indice PA: ricerca e organizzazione dei contenuti

Tutti i contenuti presenti sull’indice IPA, sono organizzati tre categorie denominate “Informazioni”:

  • sull’Ente,
  • sulle Unità Organizzative,
  • e infine sulle Aree Organizzative Omogenee.

Qui si potranno trovare tutti i contatti necessari e tutte le informazioni utili per procedere con le pratiche. I dati presenti sull’Indice IPA, sono sempre aggiornati e di conseguenza, sempre corretti.

L’aggiornamento di questi ultimi, avviene ogni sei mesi e a farlo sono le stesse Pubbliche Amministrazioni che ne hanno la responsabilità. Ogni aggiornamento viene datato, in modo tale che possa essere garantita la piena trasparenza a chiunque ne abbia bisogno e non solo ai cittadini.

I contenuti presenti nell’indice in questione, sono suddivisi anche in base al menù infatti, ci sono diverse caselle disponibili. Una è per gli enti, una per consultare i dati e un’altra per i documenti presenti sulla piattaforma.

Nella prima ci sono tutti i dati utili agli enti che hanno la necessità di accreditarsi all’indice PA, la seconda è invece utile per dare tutte le informazioni pubblicamente attraverso diversi sistemi tra cui: LDAP, Web Services e Open Data, come detto in precedenza. L’ultima invece è utile per acquisire tutti i documenti e le varie linee guida per l’utilizzo dell’indice PA.

Ricerca Codice IPA: come trovare dati e codici

Per poter trovare i dati di cui si necessita ed anche un codice IPA o un domicilio digitale, nella schermata home è possibile utilizzare una barra di ricerca. Questa, una volta digitato ciò che si cerca, condurrà a ciò che effettivamente si vuol trovare. Per farlo, basta scegliere tre parole presenti nel nome dell’ente o in qualsiasi altro documento e cliccare su cerca.

Le azioni dunque sono queste:

  1. cliccare nella barra di ricerca;
  2. digitare tre parole presenti all’interno del documento o dell’ente;
  3. cliccare su cerca.

Dopo aver effettuato queste azioni, sarà poi possibile usufruire dell’elenco codici IPA e di tutte le informazioni di cui si necessita. La barra di ricerca però non è l’unica possibilità per trovare ciò che si cerca, ci sono infatti anche verso il basso della home page, delle icone che categorizzano tutte le tipologie di ricerche.

Qui si potrà dunque fare la ricerca per PEC, Codice fiscale, Social Network, ordine alfabetico e tanto altro ancora.

Indice pubbliche amministrazioni (IPA): cosa avviene dopo la ricerca

Dopo aver effettuato la ricerca di documenti, domicili o altre informazioni importanti nell’indice delle Pubbliche Amministrazioni e aver cliccato su cerca, comparirà un elenco con tutti i risultati ottenuti.

Il primo simbolo è quello che ritrae due edifici, qui si troveranno tutti i riferimenti degli enti pubblici o di quelli di cui si è fatta ricerca. Ci sarà ovviamente anche una scheda descrittiva con tutte le informazioni necessarie.

Tra queste, è possibile trovare i domicili digitali, le PEC, i codici fiscali l’area operativa e tanto altro ancora, proprio come detto in precedenza.

Codici univoci IPA per la Fatturazione Elettronica PA

C’è poi la sezione relativa alla fatturazione elettronica, dove ci sono i codici univoci di ogni ufficio che appartiene all’ente; anche questo sarà certamente corretto in quanto aggiornato semestralmente dallo stesso ente. Si potranno trovare poi tutti gli indirizzi fisici ed altre informazioni messe a disposizione.

Nella voce servizi infine, ci saranno tutti i contatti necessari per usufruire degli stessi, con tutte le spiegazioni chiare per proseguire. C’è anche l’assistenza dedicata alla PEC, in modo tale da inviare correttamente tutte le comunicazioni.

Altra informazione molto importante infine, è relativa all’URL del sito ufficiale degli enti, qui infatti si potrà visitare la pagina indicata e trovare maggiori informazioni relative all’ente.

Non resta altro quindi, che collegarsi e utilizzare indice PA per migliorare e velocizzare i processi di comunicazione, ma soprattutto, per scoprire le giuste informazioni di ogni ente.

Regime forfettario 2021

Regime forfettario 2021: requisiti, adempimenti e percentuali di tassazione

Le regole di accesso e le percentuali di tassazione rimangono invariate rispetto allo scorso anno. Vediamo come funziona il regime fiscale.

Il regime forfettario 2021 non è stato oggetto di modifiche con l’ultima Legge di bilancio, di conseguenza anche per l’anno in corso valgono i requisiti e le cause di esclusione del 2020. Il regime fiscale forfetario è considerato il regime fiscale naturale per le partite iva. Si affianca al regime ordinario e a quello semplificato. Il passaggio dal semplificato all’ordinario o viceversa è sempre ammesso. Anche senza rispettare il vincolo triennale di permanenza.

Questo perchè anche il semplificato è considerato quale regime naturale. Per operare in regime forfettario è necessario avere una soglia ricavi compensi non superiore a 65.000 euro. E’ inoltre necessario non aver sostenuto spese per lavoro di terzi non superiore a 20.000 euro. Requisiti che devono essere verificati nell’anno precedente a quello di accesso al regime di favore.

Per chi apre la partita iva direttamente in regime a forfait, i requisiti devono essere verificati sulla base di una valutazione prospettica. Se il contribuente ritiene di non superare le soglie citate può operare a nel forfettario. Ad ogni modo, se nel corso d’anno vengono meno i requisiti di accesso, l’uscita dal regime avverrà con effetto dall’anno successivo.

Regime forfettario 2021: requisiti di accesso

La Legge di bilancio 2021 non ha modificato i requisiti e le cause di esclusione del regime forfettario. Difatti, anche per il 2021 sono operative le regole valevoli per il 2020. Regole che da ultimo sono state modificate dalla Legge n°160/2019, Legge di bilancio 2020, che ha ripristinato il limite relativo ai compensi pagati al personale o a terzi anche per lavoro accessorio.

Ad oggi, possono accedere al regime forfettario, i contribuenti che:

  • oltre a non avere superato il limite di ricavi/compensi di 65.00 euro,
  • hanno sostenuto spese non superiori ad euro 20.000 lordi per lavoro accessorio, per lavoro dipendente e per compensi erogati ai collaboratori.

Si considerano anche i compensi erogati a soggetti  assunti per l’esecuzione di specifici progetti. Comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati e le spese per prestazioni di lavoro prestato dall’imprenditore o dai suoi familiari.

Cause di esclusione

Oltre ai requisiti di accesso il legislatore ha fissato anche delle cause esclusione. Il riferimento è a quelle condizioni oggettive o soggettive che sono incompatibili con il regime forfettario.

Infatti, non possono accedere al regime forfettario (Fonte portale Agenzia delle entrate), comma 57 della Legge 190/2014:

  1. le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
  2. non residenti, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente realizzato;
  3. i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi.

Ulteriori cause di esclusione dal forfettario

Sono altresì esclusi dal regime a forfait:

  1. gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari ovvero,
  2. che controllano direttamente o indirettamente S.R.L. o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte individualmente
  3. le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, fatta eccezione per chi inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni
  4. coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro.

Sul punto 7, non rileva la causa di esclusione laddove il rapporti di lavoro sia cessato nell’anno precedente a quello di accesso al regime.

Percentuali di tassazione regime forfettario

Il reddito di chi opera nel regime forfettario è determinato applicando al monte ricavi/compensi conseguito nel corso dell’anno un’imposta sostitutiva del 5% (per le nuove attività economiche) o del 15%.

In realtà, l’imposta sostituiva si applica al monte/ricavi compensi:

  • abbattuto a secondo delle percentuali previste dal legislatore in base al codice ATECO dell’attività svolta e
  • ulteriormente ridotto dei contributi previdenziali obbligatori per legge (oneri deducibili).

I forfettari non sono soggetti agli Indici di affidabilità fiscale (ISA).

Ad esempio, ipotizziamo che un avvocato in regime forfetario, nel 2020, ha conseguito compensi pari a 45.000 euro e pagato contributi previdenziali per € 7.000. Il reddito da tassare  sarà pari a: 45.000*78%(indice di redditività)= 35.100- 7.000 (contributi previdenziali)= € 28.100.

Attenzione: sui compensi percepiti, il forfettario non subisce alcuna ritenuta d’acconto. Nè la applica alle fatture pagate a terzi. Tuttavia, il forfettario è sostituto d’imposta per i redditi di lavoro dipendente e sui redditi ad essi assimilati. Per tali redditi applica la ritenuta Irpef e la versa allo Stato.

I contributi previdenziali in eccesso

Può accadere che i contributi previdenziali eccedano il reddito forfettario. In tali casi, la parte in eccesso può essere utilizzata a scomputo del reddito complessivo. Per intenderci, riprendendo l’esempio precedente,  se l’avvocato ha anche altri redditi, magari da locazione, se non ha optato per la cedolare secca, potrà scompare dal reddito di locazione i contributi previdenziali in eccesso.

Inoltre,

l’eventuale eccedenza dei contributi previdenziali e assistenziali versati da un contribuente che applica il regime forfetario e che sia fiscalmente a carico può essere dedotta, ai sensi dell’articolo 10, comma 2, del TUIR, dai familiari indicati nell’articolo 433 del codice civile (Circolare 10/E 2016).

Ad ogni modo, le tasse sono pagate alle stesse scadenze previste per l’irpef ossia saldo e 1° acconto entro il 30 giugno e 2° acconto entro il 30 novembre. A dire il vero, ogni anno il MEF interviene con proroghe delle scadenze di versamento. Alcune delle quali adottate proprio all’ultimo minuto.

Adempimenti contabili e dichiarativi

Operare in regime forfettario significa non avere alcun adempimento in materia di Iva. Almeno per quanto riguarda le operazioni poste in essere tra soggetti residenti in Italia. Infatti chi opera nel regime forfettario:

  • non addebitano l’Iva in fattura ai propri clienti né possono detrarre l’imposta assolta sugli acquisti;
  • sono esonerati dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’imposta e di presentazione della dichiarazione annuale Iva;
  • non sono tenuti a registrare le fatture emesse, i corrispettivi e gli acquisti.

I contributi forfettari devono rispettare gli obblighi di memorizzazione giornaliera e trasmissione telematica dei corrispettivi. Per le operazioni soggette ad obbligo di certificazione fiscale, DPR 696/1996. Tuttavia, emettendo fattura cartacea (elettronica se si vuole) per tutte le operazioni effettuate (sempre quelle per le quali vi è obbligo di certificazione) il forfettario può anche non dotarsi di registratore telematico.

Tuttavia tutto dipende dalla mole delle operazioni al dettaglio (ex art.22 del DPR 663/1972) che sono concluse durante l’anno. Ad ogni modo, se sono poche si può sempre ricorrere alla procedura “documento commerciale on line”.

I forfettari sono però tenuti a:

  • numerare e conservare le fatture e le bollette doganali;
  • emettere fattura elettronica nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Si pensi all’avvocato in regime a forfait che fattura una prestazione rientrante nel c.d “gratuito patrocinio”.

Sulla base della ricostruzione fatta finora, non ci sono novità sui requisiti di accesso e sulle cause di esclusione dal regime forfettario 2021.

Smart working

Smart working: lavorare da casa non fa risparmiare. Ecco perchè

Lavorare da casa fa risparmiare? Smart working e DAD hanno comportato aumenti di spese e consumi domestici. L’analisi di SOStariffe.it.

L’anno appena passato è stato davvero diverso dagli altri, in negativo ovviamente. Ora che tutti siamo contenti di essercelo lasciato definitivamente alle spalle, possiamo fare qualche conto e qualche analisi, per capire se davvero l’uso esteso dello smart working, ossia del telelavoro da casa, è risultato conveniente per gli italiani, dal punto di vista del risparmio dei costi.

Un interessante studio di SOStariffe.it ci pone innanzi a risultati e stime che possono apparire, almeno in parte, sorprendenti e dai quali si potrebbe concludere che, in verità, lavorare da casa (ma anche studiare da casa), impone comunque dei non irrilevanti esborsi per le tasche dei destinatari.

Vediamo più da vicino.

Smart working: la digitalizzazione del lavoro comporta diverse spese

Didattica a distanza e smart working sono state alcune delle parole chiave del 2020: scuole di ogni ordine e grado e lavoratori sia del settore pubblico, sia di quello privato, hanno potuto sperimentare, rispettivamente, l’insegnamento e le interrogazioni a distanza e lo svolgimento di mansioni lavorative da remoto. Una decisa spinta ad una effettiva  digitalizzazione del mondo del lavoro e dell’istruzione, si potrebbe dire. Ma non solo.

Infatti, lavorare e studiare da casa comporta un oggettivo aumento dei costi per le utenze domestiche. Questo è quanto è emerso da un’indagine di SOStariffe.it, che ha mirato a chiarire il quadro delle spese in gioco per lavorare e studiare da casa durante tutto il 2020.

D’altronde, per preminenti esigenze di tutela del diritto alla salute, milioni di cittadini italiani sono stati costretti a cambiare le proprie abitudini. Ciò in attesa dei vaccini e dalla riduzione dei contagi da Covid. E chiaro che questa situazione ha comportato differenze rispetto al 2019, anche sul piano dei consumi e dei costi per le utenze domestiche. Stando più tempo in casa, usiamo di più i servizi come luce e riscaldamento: ecco perchè i costi salgono.

Leggi anche: Lavoro Agile: contratto, retribuzione, tutele e diritti del lavoro da casa

Costi domestici aumentati rispetto al 2019

Insomma, laddove si risparmia non prendendo il treno o il bus per raggiungere scuola o ufficio, si spende in forniture energetiche e bollette. Anche la connessione Internet illimitata, per motivi di lavoro o studio, ha rappresentato un ulteriore aggravio, nel corso del 2020.

In base ai risultati dello studio condotto da SOStariffe.it, ad esempio, l’aumento dei costi per smart working da casa, è incluso tra un minimo di 145 euro ed un massimo di 268 euro all’anno in più. Pertanto, chi riteneva di risparmiare qualcosa, lavorando e/o studiando da casa, deve ricredersi. DAD e smart-working comportano un costo non esiguo sul bilancio familiare.

Spese smart working 2020 in dettaglio: la stima degli aumenti

L’analisi citata è interessante, giacchè ha effettuato una stima delle maggiorazioni di spesa per le forniture di luce e gas, collegate al ricorso allo smart working ed alla didattica a distanza per tantissimi studenti. Non solo: ai costi appena menzionati, deve essere aggiunta la spesa per la connessione web da pc fisso o portatile.

In particolare, per ottenere una rappresentazione il più possibile fedele alla realtà, lo studio di Sostariffe ha preso in considerazione tre tipologie differenti di consumatori; per quantificare con precisione gli aumenti: single, coppia e famiglia con un figlio.

Spese per chi lavora in smart working: differenze fra single, coppie e famiglie

Abbiamo dunque che gli aumenti causa DAD o smart working arrivano fino a 268 euro all’anno per le famiglie, ma non sono bassi neanche per i single: 145 euro per questi ultimi. Proprio i single, nonostante non abbiano altri redditi su cui contare oltre a quello proprio, sono stati penalizzati in modo non indifferente: infatti, hanno speso circa 1.116 euro di cui 719 euro per luce e gas e 397 euro per internet (spesa media annua luce e gas e spesa media internet).

Non è andata meglio alle famiglie – considerate come composte da due genitori ed un figlio. Infatti, hanno dovuto sostenere i costi maggiori. Si tratta infatti non solo dei citati 268 euro aggiuntivi per le spese dovute al lavoro agile, ma anche e soprattutto di ben  2.058 euro annui spesi per bollette varie.

Anche le coppie sono state gravate non poco. Hanno infatti dovuto sostenere costi di internet, luce e gas, per circa 1.484 euro all’anno, di cui 193 euro supplementari per smart-working.

Dette cifre chiaramente rappresentano una media elaborata sulla scorta dei consumi medi standard, individuati da SOStariffe.it., per i profili citati. Ma ci fanno intuire che il risparmio dei costi, in caso di DAD o smart working, in verità non vi è stato, anzi. Si può pacificamente parlare di maggiorazioni di consumi domestici, e dunque di nuovi costi.

Bonus spese per smart working

Appare quasi certo che il prossimo febbraio, salvo imprevisti, sarà introdotto un bonus smart working ad hoc; una sorta di agevolazione studiata per compensare i maggiori esborsi delle bollette; ed anche per far fronte alla rinuncia forzata agli straordinari ed ai buoni pasto. Questi ultimi non sono infatti previsti per il particolare regime di lavoro agile.

Questo bonus potrebbe essere inquadrato come una sorta di contributo una tantum, ma è ancora presto per capire quale sarà realmente la sua struttura. Certo è che, sulla scorta dei risultati dello studio di SOStariffe, per coprire pienamente i maggiori esborsi, il contributo in oggetto non dovrebbe essere inferiore a 145 euro.

Il dato di fondo resta che lo smart working è ormai una realtà sempre più concreta e che, con tutta probabilità, permarrà anche in tempi migliori, sebbene magari con modalità differenti da quelle attuali. Tuttavia, detto bonus difficilmente sarà esteso, almeno nella struttura in cui potrebbe arrivare a febbraio. Si tratterebbe insomma di un intervento straordinario.

Concludendo, ci si potrebbe altresì domandare come attutire le spese, autonomamente. Ed in attesa di un bonus ad hoc. Ebbene, poichè lo smart working durerà almeno fino al 31 marzo, salvo altre proroghe, è necessario attivarsi senza indugio, sfruttando le analisi delle varie proposte, offerte dai comparatori web. Per tale via, è possibile capire quali sono le tariffe luce e gas più convenienti. Sono utili anche le non poche app per smartphone che effettuano la stessa operazione, come ad es. quella di Sostariffe.

Contributi colf e badanti 2021

Contributi colf e badanti 2021: importi e scadenze in una circolare INPS

Rese note le fasce di retribuzione 2021 su cui calcolare gli importi contributivi da versare all’INPS in favore dei lavoratori domestici.

L’INPS ha reso noto, per l’anno 2021, gli importi contributivi da versare per chi ha alle proprie dipendenze un lavoratore domestico. Normalmente, le fasce di retribuzione su cui calcolare i contributi tengono conto annualmente dell’indice di variazione dei prezzi al consumo stimato dall’Istat per famiglie di operai ed impiegati (FOI).

Poiché, per il biennio 2019-2020, il predetto indice è risultato negativo (pari al -0,3%) e per effetto dell’art. 1, co. 287 della L. n. 208/2015 il valore medio dell’indice non può essere mai inferiore a 0, nulla cambia rispetto allo scorso anni. Quindi, per l’anno 2021, sono state confermate le fasce di retribuzione pubblicate con la Circolare n. 17 del 6 febbraio 2020, su cui calcolare i contributi dovuti per l’anno 2021 per i lavoratori domestici.

Non sono cambiati, invece gli esoneri previsti dall’art. 120 della L. n. 388/2000, con decorrenza 1° febbraio 2001 e quelli istituiti ai sensi dell’art. 1, co. 361 e 362, della L. n. 266/2005, con decorrenza 1° gennaio 2006.

Tutte le indicazioni sono state fornite dall’INPS con la Circolare n. 9 del 25 gennaio 2021.

Contributi colf e badanti 2021

Prima di illustrare quanto bisogna pagare di contributi, occorre capire quante ore a settimana lavora il collaboratore domestico. Infatti, se l’orario di lavoro del collaboratore non supera le 24 ore settimanali, il contributo orario fa riferimento a tre diverse fasce di retribuzione. Diversamente, se l’orario di lavoro è di almeno 24 ore settimanali, il contributo è fisso per tutte le ore retribuite.

Nel documento di prassi, l’INPS fa un distinguo tra fasce retributive che tengono conto del contributo addizionale e fasce retributive che non tengono conto del predetto contributo.

Per intenderci, il contributo addizionale è quel contributo, pari all’1,4%, che si applica alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali per chi ha un rapporto di lavoro a tempo determinato.

Contributi senza addizionale

Di seguito, quindi, si mostrano i valori dei contributi determinati senza contributo addizionale:

  • retribuzione oraria effettiva fino a 8,10 euro: contributo orario pari a 1,43 euro (0,36 euro a carico del lavoratore) comprensivo di quota CUAF; 1,44 euro (0,36 euro a carico del lavoratore) senza quota CUAF;
  • retribuzione oraria effettiva oltre 8,10 euro fino a 9,86 euro: contributo orario pari a 1,62 euro (0,41 euro a carico del lavoratore) comprensivo di quota CUAF; 1,63 euro (0,41 euro a carico del lavoratore) senza quota CUAF;
  • retribuzione oraria effettiva oltre 9,86 euro: contributo orario pari a 1,97 euro (0,49 euro a carico del lavoratore) comprensivo di quota CUAF; 1,98 euro (0,49 euro a carico del lavoratore) senza quota CUAF.

Se invece l’orario di lavoro è superiore a 24 ore settimanali, il contributo orario è fisso. Infatti, esso è pari a:

  • 1,04 euro, di cui lo 0,26 euro è a carico del lavoratore (comprensivo di quota CUAF);
  • 1,05 euro, di cui lo 0,26 euro è a carico del lavoratore (senza quota CUAF).

Quando si effettuano i pagamenti

Come anticipato, i contributi si pagano per trimestri solari. Si inizia con il mese di aprile, che corrisponde al primo trimestre “gennaio-febbraio-marzo” e si termina a gennaio dell’anno successivo, che riguarda il trimestre “ottobre-novembre-dicembre”. In altre parole, i contributi si pagano:

  • il mese successivo al trimestre di riferimento;
  • entro la prima decade del mese di riferimento.

Come pagare

I contributi possono essere pagati scegliendo una delle seguenti modalità:

  • bollettino MAV precompilato inviato dall’Inps;
  • circuito “Reti Amiche”;
  • online, utilizzando la modalità “Pagamento immediato pagoPA” con carta di credito o debito, con prepagata oppure con addebito in conto;
  • Contact Center, telefonando al numero gratuito 803.164.

Si ricorda che, qualunque sia la modalità scelta, utilizzando il codice fiscale del datore di lavoro ed il codice rapporto di lavoro, è proposto l’importo complessivo per il trimestre in scadenza, calcolato in base ai dati comunicati all’assunzione o successivamente variati con l’apposita comunicazione. I dati esposti (ore lavorate, retribuzione, settimane) e il conseguente importo, calcolato automaticamente, possono sempre essere modificati:

  • dichiarando i dati da sostituire all’operatore, se il pagamento avviene tramite Reti Amiche o Contact Center;
  • utilizzando la procedura a disposizione sul sito Internet per pagamenti online o per generare un nuovo MAV stampabile.

Sant’ Angela Merici

 

Sant’ Angela Merici


Nome: Sant’ Angela Merici
Titolo: Vergine, fondatrice
Nascita: 21 marzo 1474, Desenzano sul lago di Garda
Morte: 27 gennaio 1540, Brescia
Ricorrenza: 27 gennaio
Tipologia: Commemorazione

Nacque a Desenzano sul lago di Garda, nel 1474. Vigilata dai pii genitori, custodì diligentemente fin dai primi anni il giglio della verginità che propose di serbare intatto per tutta la vita. Aborriva ogni fasto muliebre, fino al punto di sfigurarsi il volto e recidersi la bella chioma, affine di piacere solo al celeste Sposo dei vergini.

Quando la morte le rapì gli amati genitori, fu accolta dallo zio, insieme con un suo fratellino. Quivi visse nel ritiro, nella penitenza, col cilicio e coi flagelli, nella preghiera quotidiana e notturna. Dietro consiglio del suo confessore, abbracciò la regola del terz’ordine francescano, e tornata alla natia Desenzano, il Signore le manifestò quanto voleva da lei.

Un giorno Angela stava pregando con il suo solito fervore, quando vide aprirsi i cieli, e da una lunga scala che dalla terra saliva sopra le nubi, vide scendere e salire Angeli e Vergini, mentre una musica soavissima si spandeva all’intorno. Udì allora una voce che la invitava a fondare una Compagnia di Vergini che lodassero Iddio e portassero anime al suo cuore.

Tenuta in gran concetto di santità, ovunque era chiamata a consolare, a comporre dissidi, a richiamare sulla via della virtù anime perdute.

Affamata del pane degli Angeli, si accostava spesso alla sacra Mensa, con sì infuocato amore da essere spesso rapita fuor dei sensi.

Intraprese poi con somma devozione un viaggio in Terra Santa. Approdata all’isola di Candia, divenne cieca; nel ritorno, alla stessa isola, miracolosamente riebbe la vista, sfuggì ai Saraceni, e da sicuro naufragio.

Desiderosa di venerare il Vicario di Cristo e di lucrare l’indulgenza del Santo Giubileo, venne a Roma e si portò a piedi dal Papa Clemente VII.

Ritornò a Brescia, e qui stabilitasi presso la chiesa di S. Afra, nel centro della città, diede inizio nel 1535 alla nuova congregazione detta delle Orsoline. Le diede una sicura disciplina e regola di vita santa e la pose sotto il patrocinio di S. Orsola. Molte furono le vocazioni, così che in breve tempo le Orsoline si diffusero in Italia ed in tutta Europa, poi oltre oceano. Loro scopo è l’educazione delle giovanette. Chi ne può misurare il bene?

Aveva ormai settant’anni quando cadde inferma; ricca di meriti se ne volò all’amplesso del suo celeste Sposo il 27 gennaio del 1540.

Il suo corpo rimase esposto per ben trenta giorni, finchè fu tumulato nella stessa chiesa di S. Afra. S’iniziò presso il suo sepolcro una sequela di portentosi miracoli, per cui i fedeli accorsero in folla a glorificarla e ad impetrar grazie. Fu canonizzata da Pio VII nell’anno 1807.

PRATICA. Le opere di misericordia spirituale e temporale distingueranno nel gran giorno del Giudizio Universale gli eletti dai reprobi.

PREGHIERA. O Signore, che per mezzo di Angela, hai fatto fiorire nella tua chiesa un nuovo giardino di sacre vergini, dacci per sua intercessione, di vivere santamente, affinché meritino di godere i gaudi eterni.

MARTIROLOGIO ROMANO. Sant’Angela Merici, vergine, che dapprima prese l’abito del Terz’Ordine di San Francesco e radunò delle giovani da formare alle opere di carità; quindi, istituì sotto il nome di sant’Orsola un Ordine femminile, cui affidò il compito di cercare la perfezione di vita nel mondo e di educare le adolescenti nelle vie del Signore; infine, a Brescia rese l’anima a Dio.