Archivi giornalieri: 14 gennaio 2021

TFS

 Le norme sul Tfs sono cambiate di recente e prevedono il pagamento del trattamento, per i dipendenti pubblici, da un minimo di 105 giorni a un massimo di 24 mesi, con l’aggiunta di ulteriori 90 giorni.

Per chi percepisce la pensione con quota 100, il Tfs è liquidato nella data in cui l’interessato avrebbe percepito il trattamento a seguito della pensione di vecchiaia o anticipata ordinaria: in queste ipotesi, dunque, la liquidazione può avvenire anche dopo 60 mesi e 90 giorni.

Inoltre, il Tfs, se supera i 50mila euro, è erogato in più rate annuali. Grazie al recente decreto in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, il Tfs può essere anticipato, però, sin dal momento del pensionamento, attraverso un prestito bancario a tasso agevolato, sino a un massimo di 45mila euro.

 

Ma nell’ipotesi di Tfs e pensione anticipata, quando viene pagata la liquidazione? La risposta dipende sia dalla tipologia di trattamento percepita (pensione anticipata ordinaria, pensione anticipata quota 100), sia dal raggiungimento dei limiti di servizio, sia dalla volontarietà o meno della cessazione dal servizio, che da ulteriori eventualità.

Ad ogni modo, grazie alle nuove previsioni normative, più tardi è pagata la liquidazione, più è detassata, sino a un massimo del 7,5%.

Ma procediamo per ordine e vediamo con quali tempistiche deve essere liquidato il trattamento, con particolare riguardo ai dipendenti statali che raggiungono la pensione anticipata.

Tfs: che cos’è e come si calcola

Il Tfs, trattamento di fine servizio, meglio noto come buonuscita, è, in pratica, la liquidazione spettante ai dipendenti pubblici assicurati presso l’ex Inpdap (ora gestiti dall’Inps), assunti a tempo indeterminato prima del 31 dicembre 2000.

A differenza del Tfr (il trattamento di fine rapporto, spettante alla generalità dei lavoratori dipendenti), che è pari al 6,91% dell’imponibile annuo, il Tfs è rapportato all’ultima retribuzione percepita dal dipendente: nel dettaglio, è pari a un dodicesimo dell’80% della retribuzione annuale lorda alla cessazione dal servizio, compresa la tredicesima, moltiplicata per il numero di anni utili.

Tra gli anni utili possono essere inclusi anche i periodi riscattati ai fini del servizio, compresi gli anni di laurea.

 

Per calcolare l’importo del Tfr spettante, è possibile reperire online, nel sito dell’Inps, il prospetto di liquidazione del Tfr.

Tfs a rate

Il Tfs, se supera i 50mila euro, non è erogato in un’unica soluzione, ma a rate:

  • in 2 rate annuali, se l’importo è entro i 100mila euro;
  • in 3 rate annuali, se si supera tale soglia.

Ad esempio, se il Tfs è pari a 120mila euro, le rate previste sono tre, in quanto l’importo lordo supera i 100mila euro; la prima rata sarà pari a 50mila euro lordi, così la seconda, mentre la terza rata sarà pari alla cifra rimanente, cioè a 25.300 euro lordi.

In merito alle tempistiche di pagamento, la seconda e la terza rata vengono erogate, rispettivamente, dopo 1 anno e 2 anni dalla liquidazione della prima rata, salvo il caso in cui non si richieda un anticipo tramite prestito bancario, pari a 45mila euro.

Tfs e pensione anticipata: pagamento

Ma quando viene pagata la prima rata del Tfs, se il dipendente pubblico raggiunge i requisiti per la pensione anticipata?

 

Nel caso della pensione anticipata, si ritiene che le tempistiche di pagamento siano pari a 12 mesi (più 90 giorni) nell’ipotesi in cui la cessazione dal servizio avvenga d’ufficio, o a 24 mesi (più 90 giorni) nel caso in cui avvenga volontariamente.

Se si percepisce la pensione anticipata con opzione quota 100, il Tfs è pagato nella data prevista per la liquidazione dello stesso, in caso di richiesta della pensione anticipata o di vecchiaia ordinaria.

Tfs e pensione anticipata: liquidazione del trattamento

Attualmente, in base alla normativa che regolamenta le tempistiche di erogazione del Tfs per i dipendenti pubblici, il trattamento deve essere riconosciuto:

  • dopo 12 mesi (più 90 giorni), in caso di conseguimento dei seguenti trattamenti:
    • pensione di vecchiaia;
    • pensione anticipata ordinaria (nel caso di raggiungimento dei limiti di servizio);
  • dopo 24 mesi (più 90 giorni), in caso di dimissioni volontarie senza diritto a pensione, o di dimissioni volontarie per raggiungimento dei requisiti della pensione anticipata.
  • per i beneficiari della Quota 100, a seconda della data prevista per la liquidazione della pensione di vecchiaia o anticipata ordinaria, si potrà arrivare anche a una liquidazione successiva ai 60 mesi e 90 giorni.
 

Anticipo del Tfs

Come funzionerà, invece, l’anticipo del Tfs? I dipendenti pubblici pensionati, a breve, potranno richiedere l’anticipo della liquidazione sino a un massimo di 45mila euro, a tasso agevolato. Perché la possibilità diventi operativa, dovrà essere stipulata un’apposita convenzione ed emanato un Dpcm.

In base a quanto disposto dalla norma, però, il prestito dovrebbe riguardare soltanto coloro che percepiscono la pensione anticipata ordinaria, la quota 100 e la pensione di vecchiaia. resterebbero fuori dal provvedimento i dipendenti beneficiari degli altri trattamenti di pensione, come opzione donna e la totalizzazione.

 

 

TFR TFS

Differenza tra TFR e TFS: cosa sono, a chi spettano e come si calcolano

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Il TFR (Trattamento di fine rapporto) e il TFS (Trattamento di fine servizio) anche se simili per nome e funzione sono differenti. Entrambi spettano alla fine del rapporto di lavoro. Ecco tutte le differenze e gli importi.

Differenza tra TFR e TFS: cosa sono, a chi spettano e come si calcolano

 

Qual è la differenza tra TFR e TFS? TFS e TFS sono rispettivamente il Trattamento di fine rapporto e di fine servizio, che viene erogato al dipendente alla fine del rapporto lavorativo, a prescindere dalla causa.

Si tratta di una somma che viene calcolata in base a diversi fattori che tengono conto degli anni di servizio svolto e della retribuzione annua; tuttavia ad essi si applicano dei correttivi e delle percentuali che li differenziano tra loro.

Il Trattamento di fine servizio è destinato ai dipendenti pubblici, quello di fine rapporto, invece, può essere corrisposto sia in favore del settore pubblico che privato. Vediamo dunque in cosa si differenziano.

Cos’è il TFR?

 

Per TFR si intende il Trattamento di fine rapporto che spetta a tutti i lavoratori dipendenti assunti sia a tempo indeterminato (a partire dal 2001) sia a tempo determinato (a partire dal 2000).

Il Trattamento di fine rapporto riguarda indistintamente i lavoratori del settore pubblico, ma solo se rientranti nel pubblico impiego contrattualizzato, e quelli del settore privato.

Si tratta di una somma di denaro che viene erogata alla fine del rapporto lavorativo, a prescindere dalla causa, quindi sia dimissioni che licenziamento da parte dell’azienda. In altre parole si tratta di un’indennità di liquidazione con natura contributiva.

Cos’è il TFS?

Concetto simile ma non uguale è il TFS, cioè il Trattamento di fine servizio. Anche questa è un’indennità in denaro corrisposta alla cessazione del lavoro, ma si riferisce unicamente ai dipendenti pubblici. In pratica, coloro che non hanno diritto al TFR sono assoggettati al Trattamento di fine servizio.

 

A differenza del TFR, il TFS oltre ad avere natura retributiva ha anche natura previdenziale e si calcola sull’ultima retribuzione percepita.

Il TFS comprende diverse tipologie di erogazione:

  • buonauscita per i lavoratori civili e militari dello Stato.
  • indennità premio di servizio, corrisposta nei confronti dei lavoratori degli enti locali e del settore sanitario;
  • indennità di anzianità in misura pari ad un mezzo per ogni anno di servizio.

TFR e TFS, le differenze di calcolo

I lavoratori a cui sono destinati non sono l’unica differenza tra le due tipologie di Trattamento, anche il calcolo avviene in maniera differente. Il Trattamento di fine servizio infatti ha anche carattere previdenziale oltre che retributivo; il Trattamento di fine rapporto invece è una quota di salario rivalutato alla fine del contratto di lavoro.

Scendiamo nei dettagli. Per ottenere il TFS bisogna calcolare un dodicesimo dell’80% della retribuzione lorda annua (comprensiva della tredicesima) e moltiplicarlo per il numero degli anni utili. Facciamo un esempio pratico su uno stipendio lordo annuo di 25.000 euro:

L’80% di 25.000 è 20.000

Ora calcoliamo 1/12 di 20.000 che é 2.083

Adesso moltiplichiamo 2.083 x 20 anni =41660

Questa è la somma che verrà liquidata.

Il Trattamento di fine servizio può essere consegnato in un’unica soluzione se non supera i 90.000 euro, in due rate se non supera i 150.000 euro e in tre rate da 150.000 euro in su.

Procediamo adesso al calcolo del TFR. Questo va calcolato sommando le retribuzioni lorde dell’anno, comprensive anche di tredicesima o quattordicesima dove previsto, e poi dividere il tutto per 13,5. Dal risultato che si ottiene deve essere sottratta il contributo Inps dello 0.5% e poi rivalutare il risultato con la variazione Istat che cambia di anno in anno.

 

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RIFORMA PENSIONI

RIFORMA PENSIONI/ Flessibilità, la strada più equa per il post-Quota 100

Pubblicazione: 14.01.2021 – Guido Canavesi

Occorre garantire più certezza e uguaglianza nel sistema previdenziale rispetto a quello che è stato fatto negli ultimi anni e con la Legge di bilancio

 
 
 

Curati della Fondazione della Sussidiarietà, tra ottobre e dicembre dello scorso anno, Il Sussidiario ha pubblicato sei interviste a giuristi esperti del diritto della previdenza sociale e un articolo del prof. Matteo Bonzini, medico del lavoro, tutte riguardanti temi d’attualità come: pensione “quota 100”, l’innalzamento dell’età pensionabile, la sua relazione con la salute, il conflitto intergenerazionale. Non è usuale che a parlare di questi temi siano dei giuristi, perché si pensa, a torto, che si tratti di problemi di prevalente rilievo finanziario, perciò riservati agli economisti o ai sociologi.

 

Provando a sintetizzare quanto emerso dalle interviste, la valutazione sulla pensione “quota 100” – provvedimento a carattere temporaneo entrato per ora nell’ultimo anno di vita – è in genere negativa almeno sotto tre profili. È innanzitutto fallito l’obiettivo di incentivare il ricambio generazionale: lo dicono i dati, peraltro a conferma di quanto pronosticato da molti dei primi commentatori. Con il lockdown, anzi, lo strumento rischia di cambiare pelle, diventando un ammortizzatore sociale atto a ridurre la disoccupazione, soprattutto per lavoratori economicamente e socialmente fragili.

 

Ciò non toglie, ma le opinioni al riguardo sono più articolate, che “quota 100” avvantaggi i lavoratori con carriere lavorative continue – anche se con un buon numero di anni in regime misto di calcolo della pensione – e neppure distingua tra questi in base a effettive condizioni di gravosità del lavoro. Il tutto a spese dei giovani, riproponendo il tema della sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale, in realtà aggirato dal Governo finanziando la misura con le entrate fiscali.

Si tratta, infine, di una delle tante ipotesi di pensionamento anticipato in deroga alla disciplina ordinaria della legge Fornero, la cui moltiplicazione accresce il tasso di diseguaglianza tra i lavoratori, ma non offre alcuna risposta organica e di lungo periodo al problema reale della mancanza di flessibilità dell’età pensionabile.

 

Su quest’ultimo problema, la comune critica allo stillicidio di ipotesi temporanee (ma con plurime proroghe) di pensionamento anticipato si accompagna a tre proposte di soluzione organica, in realtà tra loro complementari: il ritorno all’impianto originario della legge Dini del 1995, ossia a un’età flessibile di pensionamento, peraltro aggiornata nel minimo e nel massimo (60-70 o 63-71 anni); un deciso ricorso a politiche di invecchiamento attivo che considerino l’anziano come risorsa e al contempo consentano il ricambio generazionale; da ultimo ed eventualmente, la conservazione di limitate ipotesi di pensionamento anticipato calibrate su categorie specifiche di persone, particolarmente bisognose.

 

Oltre “quota 100”, la rigidità della legge Fornero, riconosciuta da tutti, non sta tanto nel meccanismo dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile, quanto nella sua generalizzazione. Questa, infatti, presuppone un’equazione tra aumento della speranza di vita e longevità (o permanenza di una condizione di buona salute), smentita dalla realtà, come ben evidenzia l’articolo del prof. Matteo Bonzini. Inoltre, l’adeguamento automatico alla speranza di vita, di per sé legittimo, finisce per non esserlo più, o almeno rischia di finire così, nel momento in cui risponde unicamente a un criterio di sostenibilità finanziaria. Il problema della sostenibilità, tuttavia, non è risolvibile operando solo internamente al sistema previdenziale, richiedendo la sviluppo di politiche per accrescere l’occupazione stabile e di politiche per la famiglia che favoriscano anche la ripresa del tasso di natalità.

 

Un panorama più articolato presentano le risposte sul conflitto generazionale, non tanto perché qualcuno ne neghi l’esistenza quanto perché se ne evidenziano molteplici profili. Così, la legittimità di interventi come la contribuzione di solidarietà o i tetti pensionistici è da qualcuno fondata su un dovere giuridico delle generazioni attuali verso le future in base al principio solidaristico contenuto sull’art. 2 Cost. Secondo altri, il sistema di calcolo contributivo escluderebbe quel conflitto, introdotto tuttavia dalla disciplina transitoria della legge n. 335 del 1995, mentre un’interessante prospettiva sposta l’attenzione sul profilo fiscale, rilevando che i futuri lavoratori o chi ha redditi da lavoro modesti beneficia della solidarietà finanziata anche da lavoratori con redditi non particolarmente elevati.

Con un range di valutazioni che va dal poco rilevante all’inutile, all’artificioso la distinzione tra previdenza e assistenza è un falso problema e, in senso giuridico, perfino inesistente, perché le forme di finanziamento della previdenza non sono stabilite in modo vincolante dalla Costituzione (art. 38, comma 4), ma lasciate alle scelte discrezionali del legislatore ordinario, per cui di principio non è impedita una totale fiscalizzazione.

La sostanziale coralità riscontrata nelle opzioni di fondo delle risposte è tanto più significativa per la diversità di storie accademiche e culturali degli intervistati. L’osservazione non è una nota di colore, perché evidenzia l’esistenza di problemi oggettivi e la necessità di soluzioni organiche. L’intervento più lineare e semplice è il ritorno all’origine della l. n. 335 del 1995, cioè alla flessibilità dell’età di pensionamento tra un minimo e un massimo, ovviamente aggiornati. Una soluzione che garantisce certezza e uguaglianza, senza creare sacche di privilegio e aspettative assistenziali di chi resta fuori. Perché questa è la dinamica perversa che producono i tanti piccoli interventi settoriali: creato il privilegio temporaneo se ne allargano i confini temporali e soggettivi, perché non è giusto che per un giorno, una settimana, un mese uno sia dentro e l’altro fuori. E ogni anno si ricomincia.

Stride, in confronto, la pochezza dei contenuti in materia della Legge di bilancio. Nulla più che l’ennesima proroga di alcune forme temporanee di pensionamento anticipato (Opzione donna, Ape sociale, isopensione).

Tfs

TFS dopo quota 100: dopo quanto tempo viene liquidato?

 
 
 
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TFR

Per chi va in pensione con la quota 100 quanto si deve attendere per ricevere la prima rata del TFS spettante?

 

 Buon giorno Scusate se mi rivolgo a Voi per avere chiarimenti in merito alla mia liquidazione di TFS.
Non sono un dipendente della Scuola ma di Ente Locale ma credo che la normativa sia uguale.
Vi allego il certificato INPS del TFS rilasciatomi su mia richiesta.
Secondo voi è giusto che devo aspettare tanto e si può chiedere un acconto?
Grazie

Per chi accede alla quota 100 (come si evince dal certificato INPS del TFS che ha allegato) la liquidazione del TFS avviene 12 mesi dopo aver compiuto gli anni necessari al pensionamento di vecchiaia o 24 mesi dopo il teorico raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata.

Lei ha richiesto accesso alla pensione quota 100 con 41 anni di contributi e 62 anni e mezzo di età (nel rispetto dei 6 mesi di preavviso e della finestra di attesa di altrettanti mesi) con decorrenza 1 settembre 2019. In teoria, quindi, deve attendere il raggiungimento dei 42 anni  e 10 mesi di contributi a cui aggiungere 24 mesi di attesa.

 

Per quel che riguarda un eventuale acconto della cifra, o attende l’attuazione dell’anticipo del TFS con interessi agevolati (previsto dallo stesso decreto 4/2019) o chiede lo stesso anticipo alle banche con l’applicazione di interessi meno vantaggiosi.

 
 
 
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CONSULENZA FISCALE 12 MAG 2020 – 18:18
TFS dopo quota 100: dopo quanto tempo viene liquidato?
Di Patrizia Del Pidio

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TFR
Per chi va in pensione con la quota 100 quanto si deve attendere per ricevere la prima rata del TFS spettante?

Buon giorno Scusate se mi rivolgo a Voi per avere chiarimenti in merito alla mia liquidazione di TFS.
Non sono un dipendente della Scuola ma di Ente Locale ma credo che la normativa sia uguale.
Vi allego il certificato INPS del TFS rilasciatomi su mia richiesta.
Secondo voi è giusto che devo aspettare tanto e si può chiedere un acconto?
Grazie

Per chi accede alla quota 100 (come si evince dal certificato INPS del TFS che ha allegato) la liquidazione del TFS avviene 12 mesi dopo aver compiuto gli anni necessari al pensionamento di vecchiaia o 24 mesi dopo il teorico raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata.

Lei ha richiesto accesso alla pensione quota 100 con 41 anni di contributi e 62 anni e mezzo di età (nel rispetto dei 6 mesi di preavviso e della finestra di attesa di altrettanti mesi) con decorrenza 1 settembre 2019. In teoria, quindi, deve attendere il raggiungimento dei 42 anni e 10 mesi di contributi a cui aggiungere 24 mesi di attesa.

Per quel che riguarda un eventuale acconto della cifra, o attende l’attuazione dell’anticipo del TFS con interessi agevolati (previsto dallo stesso decreto 4/2019) o chiede lo stesso anticipo alle banche con l’applicazione di interessi meno vantaggiosi.

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Governo

L’art.92 della Costituzione disciplina la formazione del Governo con una formula semplice e concisa: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri“. 
Secondo tale formula sembrerebbe che la formazione del Governo non sia frutto di un vero e proprio procedimento. Invece, nella prassi, la sua formazione si compie mediante un complesso ed articolato processo, nel quale si può distinguere la fase delle consultazioni (fase preparatoria), da quella dell’incarico, fino a quella che caratterizza la nomina.
Prima di assumere le funzioni, il Presidente del Consiglio e i Ministri devono prestare giuramento ed ottenere la fiducia dei due rami del Parlamento come prescritto dagli articoli 93 e 94 della Costituzione.

La fase preparatoria

Questa fase consiste essenzialmente nelle consultazioni che il Presidente svolge, per prassi costituzionale, per individuare il potenziale Presidente del Consiglio in grado di formare un governo che possa ottenere la fiducia dalla maggioranza del Parlamento. Questo meccanismo viene attivato, ovviamente, ogni qualvolta si determini una crisi di governo per il venir meno del rapporto di fiducia o per le dimissioni del Governo in carica. L’ordine delle consultazioni non è disciplinato se non dal mero galateo costituzionale ed è stato soggetto a variazioni nel corso degli anni (in alcuni casi il Presidente della Repubblica ha omesso alcuni dei colloqui di prassi). In sostanza, questa fase può ritenersi realmente circoscritta a quelle consultazioni che potrebbero essere definite necessarie e, cioè, quelle riguardanti i Capi dei Gruppi parlamentari e dei rappresentanti delle coalizioni, con l’aggiunta dei Presidenti dei due rami del Parlamento, i quali devono essere comunque sentiti in occasione dello scioglimento delle Camere. A titolo esemplificativo può dirsi che l’elenco attuale delle personalità che il Presidente della Repubblica consulta comprende: i Presidenti delle camere; gli ex Presidenti della Repubblica, le delegazioni politiche.

L’incarico

Anche se non espressamente previsto dalla Costituzione, il conferimento dell’incarico può essere preceduto da un mandato esplorativo che si rende necessario quando le consultazioni non abbiano dato indicazioni significative. Al di fuori di questa ipotesi, il Presidente conferisce l’incarico direttamente alla personalità che, per indicazione dei gruppi di maggioranza, può costituire un governo ed ottenere la fiducia dal Parlamento. L’istituto del conferimento dell’incarico ha fondamentalmente una radice consuetudinaria, che risponde ad esigenze di ordine costituzionale. Nella risoluzione delle crisi si ritiene che il Capo dello Stato non sia giuridicamente libero nella scelta dell’incaricato, essendo vincolato al fine di individuare una personalità politica in grado di formare un governo che abbia la fiducia del Parlamento. L’incarico è conferito in forma esclusivamente orale, al termine di un colloquio tra il Presidente della Repubblica e la personalità prescelta. Del conferimento dell’incarico da’ notizia, con un comunicato alla stampa, alla radio e alla televisione, il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica. Una volta conferito l’incarico, il Presidente della Repubblica non può interferire nelle decisioni dell’incaricato, né può revocargli il mandato per motivi squisitamente politici

La nomina

L’incaricato, che di norma accetta con riserva, dopo un breve giro di consultazioni, si reca nuovamente dal capo dello Stato per sciogliere, positivamente o negativamente, la riserva. Subito dopo lo scioglimento della riserva si perviene alla firma e alla controfirma dei decreti di nomina del Capo dell’Esecutivo e dei Ministri. In sintesi il procedimento si conclude con l’emanazione di tre tipi di decreti del Presidente della Repubblica:

  • quello di nomina del Presidente del Consiglio (controfimato dal Presidente del Consiglio nominato, per attestare l’accettazione);
  • quello di nomina dei singoli ministri (controfimato dal Presidente del Consiglio);
  • quello di accettazione delle dimissioni del Governo uscente (controfirmato anch’esso dal Presidente del Consiglio nominato)

Il giuramento e la fiducia

Prima di assumere le funzioni, il Presidente del Consiglio e i Ministri devono prestare giuramento secondo la formula rituale indicata dall’art. 1, comma 3, della legge n. 400/88. Il giuramento rappresenta l’espressione del dovere di fedeltà che incombe in modo particolare su tutti i cittadini ed, in modo particolare, su coloro che svolgono funzioni pubbliche fondamentali (in base all’art. 54 della Costituzione). Entro dieci giorni dal decreto di nomina, il Governo è tenuto a presentarsi davanti a ciascuna Camera per ottenere il voto di fiducia, voto che deve essere motivato dai gruppi parlamentari ed avvenire per appello nominale, al fine di impegnare direttamente i parlamentari nella responsabilità di tale concessione di fronte all’elettorato. E’ bene precisare che il Presidente del Consiglio e i Ministri assumono le loro responsabilità sin dal giuramento e, quindi, prima della fiducia.

Formula rituale

“Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione”