Archivio mensile:novembre 2011

Un Paese … in bilico!

 

Torino non sa che fine farà Mirafiori, la Toscana perde la siderugia, il manifatturiero delle Marche ridotto all’osso. Se scricchiolano pilastri un tempo solidissimi, figuriamoci come se la passano zone storicamente meno produttive come Calabria e Sicilia. Un’istantanea della crisi, in vista dell’assemblea straordinaria convocata dalla Cgil per sabato 3 dicembre, tratta da uno speciale di RadioArticolo1.

Iniziamo dal Nord, Piemonte. Qui la cassa integrazione colpisce 140mila persone. Ben che vada, possono sperare nella deroga, che però inizia a traballare perché le risorse del governo e della Regione non sono infinite. L’incognita maggiore riguarda ovviamente la Fiat. Al momento non dà prospettive credibili di ripresa piena nemmeno Mirafiori, dove quest’anno le settimane effettive di lavoro sono state pochissime. “Da alcuni mesi – racconta la coordinatrice del patronato Inca, Lalla Spione – le domande di disoccupazione e di mobilità aumentano in maniera esponenziale, sono diventate migliaia. Sicuramente c’è un bisogno sempre più diffuso di sostegno e questo crea molte tensioni, a volte anche all’interno dei nostri uffici”.

Rischia grosso la siderurgia in Toscana, a partire dal polo di Piombino. “È un problema grave per l’intera comunità che però non nasce in Toscana – spiega il segretario della Cgil Alessio Gramolati -, ma dal fatto che per anni l’Italia non ha avuto una strategia politica e industriale mentre gli altri ce l’avevano. C’è anche chi ha saputo reagire – aggiunge il dirigente sindacale – grazie a un buon rapporto sul piano della cooperazione con i  lavoratori. Le vicende Gucci, Laica e Pignone dimostrano che c’è spazio per reagire alla crisi con il coraggio degli investimenti”. Ma la lista delle industrie in crisi, putroppo, è lunga e comprende nomi illustri come Breda, Finmeccanica e Selex

Nelle Marche spiccano le difficoltà di Fincantieri e Merloni. Anche il manifatturiero, da sempre la spina dorsale dell’economia regionale, è lontanissimo dai volumi pre-crisi. Un caso per tutti, quello della Best di Montefano, un piccolo comune del maceratese.

Sergio Genco, segretario generale della Cgil Calabria, riferisce di livelli di povertà e disoccupazione mai raggiunti nella sua terra. “La situazione sociale è allarmante e per di più la giunta Scopelliti ha quasi azzerato la sanità pubblica a favore dell’aspetto privato, aggravando i problemi”. Insomma, problemi anche per il pubblico impiego. Il sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza, descrive una città dove la disoccupazione giovanile raggiuge livelli record e “i ragazzi se ne vanno, anche quelli che si laureano nelle università calabresi, perché qui non si trova nemmeno un lavoro precario”.

La Puglia è forse il luogo del Sud che se la passa un po’ meglio, anche se i livelli del 2008 sono ancora un miraggio. Ne risente soprattutto l’edilizia, che raccoglie i due terzi della perdita di occupazione. Nella regione sono aumentati gli occupati, come certifica Bankitalia, ma si assiste pure a storie che sembrano d’altri tempi. Come quella della Tecnova, azienda di proprietà spagnola che si occupa di fotovoltaico i cui lavoratori, quasi tutti senegalesi, erano costretti a lavorare 12 ore al giorno per due euro l’ora. Una brutta vicenda finita nel mirino della magistratura con l’accusa di sfruttamento al limite della schiavitù.

Ancora più a Sud, in si vive una situazione drammatica. Dal 2008 c’è una continua emorragia di posti di lavoro. Non si vede una gru, una betoniera, un cantiere aperto”. Il settore edile nell’isola ha perso 17mila posti in un anno.

L’Italia è senza lavoro

NEWS

In prossimità dell’assemblea Cgil del 3 dicembre

“Il lavoro in genere ha e avrà un peso determinante per traguardare l’uscita dalla crisi con un modello di sviluppo che sia davvero socialmente sostenibile. Il tema della quantità e della qualità dell’occupazione è una delle due dimensioni fondamentali, insieme all’innovazione che ci dirà se il nostro paese ha una prospettiva. Per questo giovani e donne sono, nel lavoro, – dice Serena Sorrentino, segretaria confederale Cgil – tra quei soggetti sociali che meritano un’attenzione particolare poiché i giovani rappresentano il futuro e le donne, sia demograficamente che per competenze, un soggetto che può moltiplicare l’effetto positivo se presente nel mondo del lavoro colmando i differenziali che sono caratteristici della partecipazione delle donne al mercato del lavoro”.

“Le misure per favorire l’occupazione femminile – prosegue Sorrentino – contenute nel maxiemendamento presentato dallo scorso governo che prevede la diffusione dei contratti di inserimento, la possibilità di ricorrere al part-time senza obbligatorietà di dichiarazione all’ufficio provinciale del lavoro e l’apprendistato per tre anni senza obbligo di conversione del contratto sono in realtà tutte misure che vanno verso l’indebolimento del lavoro femminile e non verso la sua promozione né tantomeno verso quei fattori quali i servizi e la parificazione salariale e di progressione di carriera che oggi potrebbero rafforzare la presenza delle donne al lavoro. Per la Cgil tutto ciò è una priorità della propria agenda che ribadiremo il 3 dicembre e che sarà oggetto di confronto con il nuovo governo”.

“Eloquenti – dice la segretaria confederale – sono i dati sulla forbice di disparità di reddito (anno 2009, in Emilia-Romagna il reddito familiare disponibile era pari a 21.014 euro mentre in Campania raggiungeva i 12.432 secondo l’Istat); quelli sulla sofferenza economica (tra le donne occupate dichiara di avere difficoltà ad arrivare a fine mese il 6,6 per cento nel Centro-Nord e il 16,9 nel Sud, percentuali che salgono proporzionalmente in entrambe le aree per la condizione di disoccupazione e inattività secondo i dati Ires 2009)”.

“Se non riprende una strategia di sviluppo che punta alla buona occupazione, non avremo mai quella crescita che tanto si auspica per risollevare l’economia, – conclude la Sorrentino – perché il circuito virtuoso reddito-consumi-servizi che con l’immissione di donne nel mercato del lavoro produce un effetto moltiplicatore, si innesca solo se ripartono gli investimenti pubblici e privati. Il presidente Monti nel suo discorso di insediamento ha parlato di una questione meridionale e di una questione settentrionale che vanno affrontate nell’ottica di una maggiore coesione e in tal senso avere un ministero dedicato è certamente un passo avanti. Però se tutto si dovesse risolvere con una rimodulazione delle risorse che ci sono, si commetterebbe l’errore degli ultimi anni”.

rassegna sindacale.it

Le malattie professionali dei lavoratori edili: i dati di una indagine congiunta Inca – Fillea

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Nel corso di un  convegno pubblico, svoltosi recentemente a Roma,  sono stati presentati i risultati dell’indagine condotta dalla Fillea del Lazio in collaborazione con la consulenza medico legale dell’Inca Nazionale in tema di emersione delle patologie professionali del settore edile.

Per questo studio ci si è avvalsi di una metodologia d’indagine che come Inca Nazionale utilizziamo da oltre un decennio.L’indagine ha interessato anche l’area tecnico-amministrativa ed i dati, stante la trasversalità del settore, saranno oggetto di una specifica trattazione.

Dai dati rilevati si è accertato che ogni 4,5 secondi, un lavoratore della UE-27 è coinvolto in un incidente che lo costringe a casa per almeno tre giorni e che ogni anno avvengono più di 7 milioni di incidenti (con tre giorni di assenza o più).

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che ogni anno 159.500 lavoratori dell’Unione Europea  a 27 muoiano a causa di malattie professionali, se a questo numero si aggiungono le 5.580 persone che, secondo Eurostat, muoiono sempre nell’Unione Europea a causa di infortunio sul lavoro arriviamo a definire che ogni tre minuti e mezzo qualcuno nell’Unione Europea muore a causa del lavoro.

Analizando il contesto italiano, i morti per infortunio sul lavoro rappresentano una quota minoritaria di quanti ogni anno muoiono a causa del lavoro. Secondo una stima ISPESL, ogni anno sono oltre 6.000 i lavoratori morti per un tumore dovuto alle esposizioni lavorative.
A questi dati occorre aggiungere gli oltre 40.000 lavoratori che ogni anno divengono degli invalidi permanenti  e che per questo spesso devono affrontare gravi problemi a livello occupazionale.

27° 2011 numero newsletter.doc

Lingua Sarda

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del 26novembre 2011

COSE DELL’ISOLA

LINGUA SARDA

INTERRATA

DALLA REGIONE

di FRANCESCO CASULA

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L’attuale maggioranza al

Consiglio regionale, alla

base del suo

programma, aveva come

elementi fondamentali

l’Identità e la Lingua sarda. Che il

Presidente Cappellacci, alla fine del

2009, al Congresso sardista aveva

ribadito con forza sostenendo:

«Abbiamo programmaticamente

privilegiato i temi della lingua,

cultura ed eredità culturale dei sardi

come “fattori di distintività” in

quanto essi conferiscono

un’importanza decisiva alle

tematiche per il radicamento del

senso d’appartenenza. Mi piace

ricordare, in questo senso, come nel

recente Programma Regionale di

Sviluppo, abbiamo inserito per la

prima volta la Lingua sarda come

fattore di sviluppo… per poter

definire l’impegno di adeguate

risorse, sostenendo economicamente

i nuovi scenari organizzativi e le

modifiche legislative necessarie,

realizzando l’obiettivo dell’ingresso

non più subalterno e residuale della

lingua sarda nelle scuole all’interno

dell’orario curricolare, previa

formazione degli insegnanti e con la

creazione di nuova occupazione».

Chiacchiere.

Ecco i dati del Bilancio 2011 sugli

investimenti culturali

dell’Assessorato della Pubblica

Istruzione: 94 milioni di euro

(Servizio istruzione); 61 milioni

(Servizio formazione superiore e

Università); 47 milioni 880 mila

(Spettacolo, sport, editoria e cinema);

26 milioni 776 mila (Beni culturali); 11

milioni 705 mila (Biblioteca e beni

librari); 1 milione 10 mila (Affari

generali); 2 milioni 788 mila (Lingua e

cultura sarda): a questa cifra va

sottratto Il contributo Statale della

legge 482/99 pari a euro 1.500.000

più gli importi per Sa Die de Sa

sardigna e a interventi di natura

culturale (non linguistica) pari a euro

350.000, per un totale di euro

1.850.000 e tocca aggiungere 50.000

arrivati con il collegato. Pertanto se

sottraiamo a 2.788.000 la somma di

1.850.000 otteniamo la cifra di

988.000 euro che è quanto la

Regione spende in un anno per la sua

politica linguistica. Rispetto a

245.159.000 euro di totale disponibile

dell’Assessorato, 988.000 rappresenta

lo 0, 40% del totale della cultura in

Sardegna. C’è di più: nella prossima

finanziaria vogliono “tagliare ” su

quello 0,40. E, per interrare

definitivamente qualsiasi politica

linguistica, è stato rimosso dal suo

incarico Giuseppe Corongiu, direttore

del Servizio lingua e cultura sarda.

Che evidentemente dava fastidio ai

becchini del Sardo.

truncare. myblog. it

Ciao Lucio!

Addio a Lucio Magri
Fu tra i fondatori del “manifesto”

 
Lucio Magri è morto ieri, a 79 anni. Fu tra gli animatori del gruppo di dirigenti comunisti dissidenti che diede vita nel 1969 alla rivista del “manifesto” e due anni dopo al nostro quotidiano.
Politico lucido e colto come pochi, con un fortissimo fascino personale, ha lasciato un segno importante nella storia della sinistra italiana

Eternit Belgio – Risarcimento famiglia vittima

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Per la prima volta in Belgio, il Tribunale correzionale di Bruxelles ha oggi condannato la società Eternit a risarcire, con 250mila, euro la famiglia di una vittima dell’amianto nel Paese. La decisione dei giudici belgi  giunge a pochi mesi dalla sentenza italiana, attesa a partire dal 13 febbraio, che concluderà il più grande processo per amianto d’Europa.

Nel caso belga la vittima è una donna, Francoise Jonckheere, abitante a Japelle-op-den-Bos, cittadina situata nel Nord del Belgio, morta nel 2000 per un cancro alla pleura, un mesotelioma, causato dall’amianto. Era stata la signora Francoise, insieme ai suoi figli, ad attaccare in giustizia Eternit in quanto il cancro della pleura ha colpito gran parte della sua famiglia. Prima il marito, che per anni aveva lavorato da Enernit, e’ morto della malattia. Poi è deceduta Francoise e due dei suoi figli, sempre per cancro alla pleura.

Il Tribunale correzionale di Bruxelles ha riconosciuto Eternit colpevole in quanto ha continuato ad utilizzare dell’amianto quando era già stato riconosciuto che il prodotto è cancerogeno. Uno dei figli sopravvissuti, Eric Jonckheere, dopo la lettura della sentenza, ha auspicato che le altre vittime, o i familiari, seguano il loro esempio.

In Italia, la Procura di Torino procede per migliaia di persone morte o ammalate a causa dell’amianto lavorato in quattro stabilimenti italiani della multinazionale: Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). I fatti contestati vanno dal 1952 al 2008. 

Le parti civili ammesse dal Tribunale sono oltre seimila, principalmente ammalati (di asbestosi, tumori e altre patologie) o parenti di vittime.

ansa

Permessi e congedi per assistenza

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L’Istituto Statistico (Istat) ha chiesto al Ministero del lavoro se è possibile accordare i permessi in alternanza a più lavoratori, nel caso in cui la persona disabile si trasferisca di volta in volta, per determinati periodi, presso familiari diversi.

In considerazione  del dettato legislativo e della sentenza del Consiglio di stato n. 5078/08 il Ministero conferma l’impossibilità di riconoscere a più di un soggetto, nello stesso arco temporale, il diritto ad usufruire dei permessi per l’assistenza del familiare disabile. Tuttavia, nel caso in cui il disabile assuma il domicilio, di volta in volta, presso la residenza di diversi parenti entro il  2° grado, sarà necessario che ciascun avente diritto presenti, per il periodo di propria competenza, istanza per ottenere il riconoscimento dei permessi di cui all’articolo 33 della legge 104.

Riteniamo che sia possibile utilizzare la stessa procedura anche quando la persona disabile viva presso il proprio domicilio; nulla vieta infatti che familiari diversi, a turno, possano fruire dei permessi della legge 104 per assisterla, tanto più che la convivenza con il familiare disabile non é più un requisito obbligatorio.

Riguardo alla certificazione provvisoria le indicazioni avanzate dal Ministero, in questo caso, appaiono non  condivisibili. Il Ministero, dopo aver chiesto un preventivo parere all’Inps,  assume infatti una posizione che da un lato non tiene conto delle disposizioni di legge (n. 423/93), dall’altro lato  le interpreta in modo unilaterale con l’intento soprattutto di “fare cassa” e non di adoperarsi per la tutela dei diritti dei cittadini disabili.

Il Ministero Infatti mentre conferma la possibilità di fruire dei permessi per assistenza con una certificazione provvisoria valida sino alla conclusione del procedimento di accertamento; afferma pure che, nel caso in cui la Commissione Medica non riconosca la condizione di handicap grave, “le assenze eventualmente effettuate dal dipendente, in via provvisoria, a titolo di permessi ex L. n.104/92 saranno trasformate in assenze ad altro titolo.”

Si tratta quindi di un ribaltamento nella interpretazione della legge 423 del 1993 che riteniamo  assolutamente non condivisibile, poiché verrebbe inserito un limite all’efficacia temporale di tale certificazione che stravolgerebbe il dettato normativo che ha inteso sollevare il disabile e il suo nucleo famigliare dal disagio di una lunga attesa della visita presso la Commissione medica Asl e della consegna del verbale definitivo, indicando nella certificazione provvisoria la soluzione e considerandola valida sino all’accertamento definitivo. D’altra parte, i lunghi tempi di attesa per l’emissione dei verbali definitivi sono ancora oggi una realtà, anche in conseguenza della nuova procedura telematica voluta ed avviata dall’Inps senza la previsione di un periodo transitorio necessario alla piena applicazione della nuova procedura. Questo spiega l’attualità della certificazione provvisoria.

I tempi di consegna dei verbali definitivi sono ancora oggi superiori a 10 mesi (nel caso di accertamento di grave handicap), ed é quindi inaccettabile che si chieda al lavoratore la restituzione di quanto fruito, magari trasformado i giorni di assenza per legge 104 in assenze ad altro titolo

Amianto – Processo Pirelli, chieste condanne per 50 anni

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Imputati 18 dirigenti degli ex stabilimenti di Settimo Torinese, accusati di violazioni e omissioni riguardanti la salute dei dipendenti che avrebbero causato la morte di 23 operai e lesioni gravi per altri 13. A dicembre la parola al collegio difensivo. Gli inquirenti non escludono l’apertura di nuovi fascicoli d’indagine.

Condanne che sfiorano i 50 anni di reclusione complessivi per 17 dirigenti degli ex stabilimenti Pirelli di Settimo Torinese accusati di violazioni e omissioni riguardanti la salute dei dipendenti in materia di amianto. Assoluzione per il 18emo imputato, riguardo il quale non è chiaro il periodo in cui avrebbe esercitato responsabilità di gestione. Queste, dopo sei ore di requisitoria, le richieste del pubblico ministero, al termine processo – durato due anni – che ha visto imputati i manager responsabili del complesso produttivo o della società, il cui comportamento, secondo la Procura, avrebbe causato la morte di 23 operai e lesioni colpose gravi per altri 13 ex dipendenti, negli anni compresi tra il 1950 e il 1992. A determinare la maggior parte dei decessi sarebbero stati tumori polmonari e della vescica. Tre, invece, i casi riconducibili a mesoteliomi.
 
Le richieste variano, a seconda dei casi, da un anno e sei mesi e quattro anni e un mese. Nella prossima udienza, a dicembre, parleranno gli avvocati del collegio difensivo. Questo è il secondo processo contro gli impianti Pirelli di Settimo Torinese. In un precedente procedimento, infatti, concluso nel 2008, e in relazioni ad altri quattordici operai morti e dieci ammalati per contaminazione da asbesto vi sono state nove condanne e sei assoluzioni. In questo secondo dibattimento le famiglie delle vittime hanno ricevuto complessivamente risarcimenti per 3 milioni e 800 mila euro. Secondo i legali delle vittime, l’inchiesta della procura non si sarebbe fermata, ma sono in corso indagini su nuovi casi di malattie professionali che potrebbero portare all’apertura di nuovi fascicoli.

Amianto – In Italia fuori legge dal 1992 causa ancora 3mila morti l’anno

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Ancora 32 milioni di tonnellate da smaltire in tutto il Paese

Un killer che si nasconde in tubature, rotaie, rivestimenti di tetti e garage. E’ l’amianto, che miete circa 3.000 vittime ogni anno in Italia, 1.200 per mesotelioma, il tumore “marker” dell’esposizione a questo minerale. L’impiego dell’amianto e’ stato bandito dal nostro Paese da quasi 20 anni ma ne restano nell’ambiente 5 quintali per ogni cittadino, 32 milioni di tonnellate.

Il problema dello smaltimento è uno dei più attuali e preoccupa gli oncologi riuniti alla II Consensus Conference sul mesotelioma, al via oggi a Torino.

“Va assolutamente evitata la manipolazione di questo minerale, che deve essere rimosso da personale specializzato. Purtroppo il livello di rischio è ancora sotto percepito dalla popolazione mentre è scientificamente dimostrata la sua pericolosità e il suo potenziale cancerogeno, pari a quello del fumo. Il Piemonte detiene un triste primato (circa 200 nuovi malati l’anno) perchè qui aveva sede l’Eternit, la più importante fabbrica di manufatti in cemento-amianto che abbia mai operato sul territorio nazionale.

L’incontro di oggi non è rivolto solo a medici ma ospita anche le associazioni delle vittime, rappresentanti delle Istituzioni (Inail e ministero della Salute), giornalisti e giuristi. Il tema dei risarcimenti e della tutela dei diritti è di stretta attualità: il processo Eternit è tuttora in corso con oltre 6.000 parti civili coinvolte. “Siamo tutti esposti al rischio, ma certamente gli ex lavoratori degli stabilimenti che producevano o trattavano amianto rappresentano la fascia più vulnerabile.

Oggi i nostri sforzi sono tesi a capire quale sia la miglior sorveglianza possibile per queste persone – spiegano gli esperti – Ma è significativa anche l’esposizione familiare: nuovi casi riguardano anche mogli o figli entrati nel passato in contatto con questo minerale tramite gli indumenti dei lavoratori esposti”.

Il periodo di latenza del mesotelioma è di circa 20-40 anni, “per questo ci attendiamo un aumento dell’incidenza fino al 2015. Si tratta di una neoplasia molto complessa da trattare – aggiungono gli studiosi – con una mortalità dell’80%, ma fortunatamente oggi abbiamo a disposizione nuove tecniche diagnostiche e le cure sono più efficaci. In particolare la chemioterapia a base di un nuovo farmaco, il pemetrexed, ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza e i sintomi. La sfida quindi oggi e’ capire come controllare al meglio la malattia”.

Oltre al mesotelioma, l’amianto può causare anche tumori a polmone, laringe, ovaio, peritoneo, pericardio, tunica vaginale del testicolo, colon-retto, stomaco e faringe.

“Prima si consideravano a rischio solo i lavoratori dei settori più esposti, in cui era utilizzato come materia prima della lavorazione, ora invece si riscontrano i casi anche nella popolazione generale – dicono gli esperti – Per questo è indispensabile migliorare il livello di consapevolezza fra la popolazione e sensibilizzarla sulla rimozione delle fonti inquinanti, secondo criteri certificati e con procedure rigorose. Chi sospetti di essere a contatto con amianto può rivolgersi all’Asl o all’Arpa che dispongono di registri di aziende specializzate, iscritte all’albo e quindi autorizzate allo smaltimento”.

Adnkronos