Archivio mensile:ottobre 2015
Il Fatto Quotidiano
Punto di partenza
Punto di partenza
Il Sinodo sulla famiglia
31 ottobre 2015
Molti commentatori, in questi giorni, hanno continuato a dibattere su chi abbia “vinto” il sinodo. Una discussione a suo modo legittima, che non riesce a cogliere, però, il significato profondo e la portata storica di un avvenimento che ha caratterizzato, negli ultimi due anni, la vita dell’intera Chiesa, non solo nelle discussioni dei circoli minori o dell’aula del Sinodo, ma in ogni singola diocesi e parrocchia.
È bene partire da questo aspetto, per così dire periferico, per capire fino in fondo cosa è accaduto. L’invio e la redazione dei questionari su «la vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo» hanno rappresentato, pur con tutti i limiti di un testo scritto, una indiscutibile grande novità. Mai nella storia recente della Chiesa si era avuta una così vasta partecipazione “dal basso” come in questi due anni. In ogni diocesi, seppur con sensibilità e modalità differenti, si è discusso e parlato di famiglia. E questo è avvenuto, paradossalmente, in uno dei momenti storici più difficili per l’istituzione familiare, proprio quando la famiglia sembra essere non solo maltrattata ma addirittura ignorata dal senso comune e dalle politiche pubbliche.
Un secondo aspetto da evidenziare riguarda, invece, lo spirito che ha soffiato all’interno della Chiesa. Uno spirito che potrebbe essere sintetizzato attraverso una delle icone evangeliche più importanti: quella del Buon samaritano. Il samaritano, infatti, è colui che vede la sofferenza dell’uomo moderno e non gira la testa dall’altra parte. Egli ci parla, senza che noi conosciamo una sola parola di ciò che dice, e testimonia al mondo l’amore di Cristo senza averne alcun guadagno. Rappresenta un cambiamento epocale nel modo di guardare alle sofferenze e ai bisogni delle persone.
Non più dall’alto di una cattedra si regolarizza una fattispecie, ma dal basso dello sguardo del samaritano si accoglie, si guarisce e infine si cerca di integrare all’interno della comunità ecclesiale. Un’integrazione che, dunque, non avviene per “imposizione” ma per “attrazione” e che dà vita a una pastorale dell’accoglienza e del prendersi cura.
Un ultimo aspetto da sottolineare si riferisce, infine, al metodo sinodale. Metodo e sinodo, infatti, sono due parole che non possono essere disgiunte e vanno lette una accanto all’altra. Se il sinodo, infatti, indica una “strada comune” da percorrere insieme, il metodo ci indirizza con discernimento verso la ricerca di quella strada. Ed è quel metodo, tratto dall’insegnamento del Vaticano ii, che ha illuminato il cammino della Chiesa sinodale. Di una Chiesa in cui ciascun membro è valorizzato quale pietra viva, scelta e preziosa; dove si pratica il discernimento comunitario, si rifugge dal clericalismo e si valorizza la vocazione missionaria.
Una delle più grandi eredità di questo sinodo consiste, dunque, nell’aver iniziato a tracciare una strada nuova. Un punto di partenza che potrà essere migliorato in molti modi diversi. Per esempio, dando ancora più spazio alle realtà laicali e al punto di vista delle donne. Un punto di partenza, però, dal quale non si può in alcun modo tornare indietro.
di Gualtiero Bassetti
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Osservatore Romano
Da patriarca
a sovrano
Mosè nell’arte occidentale
31 ottobre 2015
La figura biblica di Mosè occupa un rilievo centrale nell’ambito delle principali religioni monoteiste, sebbene la sua reale storicità resti ancora oggi oggetto di dibattito teologico da parte degli specialisti della disciplina. Il suo nome giunse grande fino ai posteri, dove artisti di tutti i tempi, da Michelangelo, Raffaello, Guido Reni, a Rembrandt e Chagall si ispirarono per le loro opere alla sacra storia del profeta rappresentandolo nelle diverse condizioni della sua missione, dove elementi ebraici si intrecciano iconograficamente a quelli cristiani. Lo scrive Luisa Nieddu da Parigi aggiungendo che una vasta e complessa esposizione, presso il Musée d’Art et d’histoire du Judaisme (Parigi) in corso fino al 21 febbraio 2016 celebra l’imponenza di questa grande figura biblica, guida dell’umanità, attraverso 150 opere, tra dipinti, disegni, incisioni, sculture, manoscritti, oggetti d’arte e documentari, attraverso i quali si ripercorrono le diverse rappresentazioni di Mosè nel mondo occidentale, dall’antichità fino al mondo contemporaneo.
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Rassegna Sindacale
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del 31/10/2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Santa Lucilla di Roma
I nome di Lucilla, evidentemente è il diminutivo di Lucia, che a sua volta deriva da « luce ». È dunque un nome già luminoso per se stesso. Lucia, voleva dire precisamente « nata all’alba », come Crepusca, significava « nata al tramonto ». Ma mentre il nome di Crepusca è completamente caduto nell’uso onomastico, quello di Lucia si è sempre più diffuso, forse proprio per quella luce che sembra diffondere sulle donne che lo portano volentieri.
E dopo il nome di Lucia, viene quello graziosissimo di Lucilla, attribuito a molte giovani romane « nate all’alba ».
Anche Santa Lucilla nacque all’alba dell’Era Cristiana, quando chi portava la luce della nuova fede veniva perseguitato da coloro che l’avrebbero voluta spegnere, convertendo il nome di Lucia in quello di Crepusca.
Su Santa Lucilla però non brilla che la luce del suo bellissimo nome. Di lei, Martire, non si sa nulla di preciso, o meglio si sa soltanto quello che la leggenda ha intessuto con fili luminosi, ma puramente fantastici.
Quasi certamente fu lo stesso nome di Lucilla a suggerire la leggenda. Perciò si narra d’un tribuno romano, di nome Nemesio, che avrebbe avuto una figlioletta nata cieca.
Egli avrebbe chiesto per la propria figlia, al Papa Santo Stefano, non la luce fisica degli occhi, ma quella soprannaturale dell’anima, cioè il Battesimo.
Padre e figlia si sarebbero fatti così cristiani. Anzi, il Papa avrebbe consacrato diacono il padre di Lucilla. Ma la luce della piccola cristiana avrebbe brillato poco in terra, e si sarebbe accesa invece in Cielo, dopo il martirio, subito, dal padre e dalla figlia, sotto l’Imperatore Valeriano.
Il Papa Santo Stefano avrebbe fatto sotterrare i due corpi decapitati del padre e della figlia in un luogo segreto, di dove il Papa Sisto II li avrebbe fatti esumare, il 31 ottobre, per dar loro una più degna sepoltura, lungo la via Appia.
La festa di oggi ricorderebbe dunque non il martirio di Nemesio e di Lucilla, ma la traslazione delle loro reliquie.
Dalla via Appia, i corpi dei due Martiri furono poi nuovamente esumati da Gregorio IV e sepolti, con grande onore, nella diaconia di Santa Maria Nuova, insieme con altri Martiri romani.
Anche queste ripetute traslazioni sembrano avere un significato simbolico. La piccola Lucia, cioè Lucilla, nata cieca e illuminata dalla fede, sarebbe stata più volte riportata alla luce del mondo, perché la scintilla della sua santità segnasse l’itinerario trionfale del Cristianesimo: « nato all’alba », tenuto da prima nascosto, poi avviatosi lungo le vie consolari, e finalmente affermatosi sulla terra, con le sue Chiese, diventate tante fiaccole di carità, accese sul mondo pagano, ormai condannato al crepuscolo.
NEWSLETTER LAVORO n. 701 del 29 ottobre 2015
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Il blog di Pietro Spataro
giubberosse
Il blog di Pietro Spataro

Quando la politica non era carrierismo
Di fronte al disastro di Roma lascio la parola a lui, a Luigi Petroselli. Pubblico ampi stralci del discorso pronunciato dal sindaco al momento dell’insediamento, il 27 settembre 1979, nell’aula di Giulio Cesare in Campidoglio. Sono passati tanti anni, molto è cambiato. Però a rileggere oggi quelle parole (tra le quali ne spicca una: umiltà) si sente un brivido, si misura un’assenza. Non di un partito che è ormai nella storia, ma del senso della politica che quel partito incarnava: dalla parte dei più deboli, coraggiosa, pulita, lontana da quel “carrierismo” e dal “politicantismo” che oggi la sta uccidendo.
Signor presidente, colleghi consiglieri, il sentimento che, sopra ogni altro, ora prevale, è di umiltà. Non si succede a Giulio Carlo Argan, per il segno alto e ineguagliabile di serietà, di rigore intellettuale e morale che egli ha impresso nel governo di Roma senza grande umiltà. Sul valore dell’incontro di Argan con i comunisti come espressione di una esperienza complessiva della sinistra democratica italiana in questa fase storica, si è già detto e si dirà ancora. La sua opera nel Consiglio comunale continua e in ciò io vedo una delle principali garanzie, anche per il mio lavoro.
Dalle parole cortesi, oltre ogni misura, che egli ha benevolmente dedicato alla mia persona, una sopra le altre mi commuove, perchè va oltre le vicende contingenti di una successione, per prestigiosa che essa sia, allorché mi ha chiamato suo “amico carissimo”. I colleghi di consiglio ed anche i compagni di partito si incontrano, gli amici si scelgono. Questa scelta reciproca di amicizia non fa velo al dovere che io sento oggi di rendere omaggio, in qualità di sindaco di Roma, a Giulio Carlo Argan come ad un cittadino che ha già fatto onore, con la sua opera e con il suo esempio, alla sua città e al suo paese.
Umiltà perchè conosco il valore sperimentato dei colleghi della Giunta e di tutti voi colleghi, che sedete con me in questo Consiglio comunale. Umiltà infine di fronte al compito immane, di rappresentare, come primo cittadino, questa città che amiamo perchè rispettiamo, unica al mondo, per la sua storia che ha tanta parte nella civiltà umana e per la sua funzione di capitale e di centro della cattolicità. Ringrazio i colleghi della maggioranza per la fiducia che mi hanno accordato, ringrazio tutti i colleghi che con la loro opposizione hanno contribuito ad esaltare questo passaggio politico ed amministrativo come una prova della necessità della dialettica democratica.
Grande umiltà, signor presidente e colleghi consiglieri, ma non rassegnazione. Ho fiducia nel movimento operaio, popolare, democratico romano di cui sono espressione. Ho fiducia in questa città, sottoposta a prove durissime e a tentazioni ricorrenti e quotidiane di resa al peggio, alla prepotenza e ai veleni di quanti si adoperano di sfruttarla e di piegarla ai propri fini particolari ma insieme città straordinariamente viva e aperta al nuovo, straordinariamente democratica.
Questa è la capitale di Porta San Paolo e delle Ardeatine. è la capitale della Repubblica sorta con la Resistenza, è la capitale della grande risposta democratica alla sfida di via Fani e di via Caetani.
La mia grande speranza è che al lavoro mio e della Giunta municipale – della quale posso garantire la tenacia, la passione, l’assiduità – corrisponde, nel rispetto delle leggi e delle istituzioni, nella consapevolezza dei diritti e dei doveri, nella libera espressione di tutte le realtà politiche, sociali culturali, un rinnovato impegno civile e morale di tutti i cittadini.
Tutte le nostre forze saranno adoperate senza risparmio affinchè di questo appuntamento quotidiano di risanamento e di rinnovamento siano protagoniste le nuove generazioni. Sta ai giovani non rassegnarsi, reagire, combattere, dimostrare che la democrazia repubblicana ha in sé la forza di trasformare in meglio gli uomini, le istituzioni, la società. Sta a noi dimostrare che la città è anche dei giovani e per i giovani che aspirano a un lavoro dignitoso, a rapporti più liberi e più elevati tra gli uomini. Argan ci lascia l’esempio e il monito di un impegno multiforme e senza riserve nella lotta contro il terrorismo e la violenza criminale che insidia le basi della nostra Repubblica e attenta, con scelta deliberata e privilegiata, alla convivenza civile nella nostra città.
Partecipo sentimenti di rispettoso omaggio a tutte le autorità religiose e prima di esse al vescovo di Roma, il sommo pontefice Giovanni Paolo II. La sede della capitale e la sede del centro della cattolicità si intrecciano nel destino di Roma.
Consideriamo lo sviluppo di rapporti di autonomia, di reciproco rispetto e riconoscimento di valori, tra il mondo religioso e il mondo civile, tra Stato repubblicano e Chiesa, tra Chiesa di e istituzioni cittadine, come una conquista della democrazia repubblicana che sta anche a noi custodire e difendere. Nella nostra idea di Roma e per Roma c’è la convinzione profonda che tanto più sarà una città, cioè una comunità cittadina, fondata su valori di libertà, di tolleranza. di giustizia, di solidarietà umana, tanto meglio assolverà alla sua funzione di capitale dello Stato democratico, capace di unire e di unificare e tanto meglio la Chiesa cattolica potrà adempiere alla missione che essa si è assegnata e che le assegnano i sentimenti di tanti romani.
Tutta l’azione della coalizione di maggioranza che regge oggi le sorti del Campidoglio, con la sua identità e la sua autonomia, che non è autosufficienza ma consapevolezza del ruolo delle opposizioni, è ispirata dalla convinzione che oggi più che mai, di fronte alla crisi del Paese e alla crisi delle grandi aree metropolitane, la città è una sola. Solo se i mali di Roma saranno affrontati, solo se la parte più oppressa e più debole della società, dai poveri e dagli emarginati agli anziani, dalle borgate ai ghetti della periferia, avranno un peso nuovo su tutta la città, essa potrà essere risanata e rinnovata. Solo se sarà più giusta e più umana, potrà essere ordinata, potrà essere una città capace di custodire il suo passato e di preparare un futuro. Tutto ciò voglio confermare nel momento nel quale, come Sindaco, assumo l’impegno di essere non un sindaco di parte ma un sindaco di tutti i cittadini. di ogni cittadino. Consideriamo il decentramento e la partecipazione democratica il problema dei problemi come forma di una questione più generale che riguarda l’opera della Giunta come di tutto il Consiglio Comunale: governare avendo fiducia nel dialogo e nel confronto che sono premessa di scelte chiare, governare avendo fiducia nella gente
Vorrei infine ricordare, per esprimere tutta la mia gratitudine, i compagni della mia parte politica i quali, con il lavoro e le battaglie ideali, politiche, sociali di questi decenni hanno reso possibile questa mia nuova assunzione di responsabilità. In nessun momento come questo sento di essere al passaggio di un cammino che viene da molto lontano e che supera, coinvolgendola, la mìa persona: è il cammino del movimento operaio, dei comunisti, dei socialisti e di tutta la sinistra democratica italiana.
Non sembri ad alcuno che io voglia esaltare uno spirito di parte. Nel legittimo orgoglio di parte c’è anche limpido non solo il rispetto delle altre forze politiche ma il riconoscimento dei valori ideali che esse esprimono concorrendo a far vivere, a difendere, a rinnovare la democrazia italiana. No, non da soli ma come parte decisiva anche se non esclusiva del movimento operaio, socialista, stando dalla parte dei lavoratori e del popolo, abbiamo servito la città e il paese. La politica della quale tanto si parla in occasione di questa mia elezione noi l’abbiamo vissuta e la viviamo non come affarismo o politicantismo o carrierismo, ma come strumento per conoscere e trasformare se stessi e la società.
LAVORO – FISCALE30/10/2015
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Nepal
Il Nepal ha un nuovo primo ministro
È Sharma Oli, leader del Partito Comunista, eletto per risolvere la crisi politica con l’India e avviare finalmente la ricostruzione dopo i recenti terremoti

PRAKASH MATHEMA/AFP/Getty Images
Domenica 11 ottobre il parlamento del Nepal ha eletto Khadga Prasad Sharma Olicome nuovo primo ministro: Sharma Oli, 63enne leader del Partito Comunista del Nepal, ha battuto nella votazione di domenica il primo ministro uscente Sushil Koirala con 338 voti contro 249, grazie al sostegno di molti partiti minori del parlamento nepalese. Sushil Koirala era stato eletto nel febbraio del 2014, ma la nuova costituzione del Nepal, entrata in vigore il 20 settembre e molto voluta da Koirala, imponeva anche nuove elezioni per il primo ministro: come ha raccontato il New York Times, Koirala ha cercato sostegno in parlamento per una rielezione, ma i molti problemi che sta affrontando il paese – dalle tensioni con l’India alla ricostruzione dopo i terremoti di qualche mese fa – hanno spinto molti partiti nepalesi a cercare una nuova guida per il governo del paese.
Uno dei primi problemi che dovrà affrontare Sharma Oli – che non ha ancora deciso la composizione del suo governo – sarà la gestione dei difficili rapporti del Nepal con l’India, che hanno un’origine piuttosto antica dovuta alla vicinanza geografica e ai rapporti commerciali tra i due paesi, ma che sono stati complicati negli ultimi tempi dal presunto appoggio dell’India ai Madhesi, un gruppo etnico del sud del paese che si sta opponendo all’attuazione della nuova Costituzione. Tra le riforme decise dalla nuova costituzione c’è anche lo spostamento di alcuni confini regionali interni, che secondo i Madhesi e altri gruppi etnici del paese è motivato dalla volontà di renderli politicamente meno rilevanti (il governo, in pratica, è accusato di fare qualcosa di simile algerrymandering). Per questa ragione da settimane i Madhesi stanno organizzando proteste piuttosto dure in tutto il sud del paese.
Le manifestazioni, durante le quali sono morte in tutto 45 persone, hanno portato in molti casi anche alla chiusura o al rallentamento del traffico lungo il confine con l’India e hanno complicato l’arrivo dall’India dei camion cisterna che riforniscono il paese di carburante. Come conseguenza, da diverse settimane i rifornimenti di auto private sono vietati nel paese e il carburante viene razionato. Secondo molti nepalesi, stando a quel che scrivono i giornali, il blocco dei rifornimenti è stato deciso dal governo indiano per favorire la protesta dei Madhesi, fare pressione sul governo nepalese e interferire nella politica interna del Nepal. Anche se l’India ha negato la cosa, l’elezione di Sharma Oli, da sempre su posizioni più dure sui rapporti con l’India rispetto al suo predecessore, è stata vista da molti come un segnale della volontà del parlamento affermare l’indipendenza politica del Nepal dall’India e di sostenere la nuova costituzione, che il governo indiano ha più volte criticato. Il primo ministro indiano Narendra Modi ha chiamato Sharma Oli per congratularsi della sua elezione: un gesto che secondo molti è anche un segnale di distensione tra i due paesi.
Oltre alla gestione dei rapporti con l’India, Sharma Oli dovrà anche affrontare i grossi problemi legati alla ricostruzione del paese dopo i gravi terremoti del maggio edell’aprile scorso, che hanno ucciso in tutto più di 9.000 persone lasciandone diversi milioni bisognose di aiuti di diverso genere. La ricostruzione finora è stata lenta e complicata. Oltre alla scarsità di fondi, l’incertezza politica degli ultimi mesi – in cui si è discusso quasi esclusivamente della nuova costituzione – ha fatto sì che anche i fondi già stanziati e gli aiuti ricevuti da paesi stranieri non siano stati assegnati e spesi. L’agenzia per la ricostruzione (NRA) che avrebbe dovuto gestire e supervisionare i lavori in tutto il paese, ha raccontato il Guardian, esiste solo sulla carta: il suo direttore è stato nominato ma le leggi che avrebbero dovuto renderla operativa non sono mai state approvate dal parlamento e probabilmente non lo saranno per ancora diverse settimane, a causa della chiusura programmata del parlamento per alcune settimane in concomitanza con alcune festività nazionali.
Nelle aree più coinvolte maggiormente dai terremoti degli scorsi mesi migliaia di persone hanno superato la stagione dei monsoni vivendo in fragili baracche di lamiera e ora si preparano ad affrontare l’inverno senza case accoglienti o vestiti adatti al freddo. Il governo, per ora, ha distribuito solo una piccola parte degli aiuti che aveva promesso: abbastanza per superare l’emergenza dei primi mesi dopo il terremoto, ma non abbastanza per una vera ricostruzione. Ogni famiglia colpita dal terremoto ha ricevuto un piccolo sussidio in denaro e, in molti casi, tende e teli impermeabili per creare alloggi temporanei: il governo, che aveva promesso di sovvenzionare la costruzione delle nuove case, per ora è arrivato solo al punto di inviare nelle aree colpite dal terremoto gli ingegneri per la pianificazione delle opere di ricostruzione.
IL MATTINO
Congedo parentale a ore, la guida dei CdL
Con il D. lgs. numero 80/2015, “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”, in attuazione del Jobs Act è stata introdotta la possibilità di fruire del congedo parentale a ore anche in mancanza di una specifica previsione contrattuale.
Attualmente il congedo parentale su base oraria può essere fruito secondo le indicazioni del nuovo comma 1 ter aggiunto dal decreto all’art. 32 del Testo Unico, ovvero a partire dal 25 giugno 2015 (data di entrata in vigore del decreto) ed inizialmente solo fino al 31 dicembre 2015.
Leggi anche: Congedo parentale a ore, circolare esplicativa INPS
Successivamente il D. lgs. numero 148/2015 ha esteso tale previsione anche per gli anni successivi. La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, con un approfondimento del 29/10/2015, esamina i criteri di fruizione oraria del congedo, i criteri di computo e indennizzo, la cumulabilità, la contribuzione figurativa, le modalità di presentazione della domanda, i flussi delle denunce Uniemens ed i conguagli.
Fruizione del congedo parentale in modalità oraria
Il congedo parentale a ore era già stato previsto dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di Stabilità 2013), art. 1, comma 339. Tale disposizione aveva aggiunto all’art. 32 del D.lgs. 151/01 il comma 1 bis contenente una delega alla contrattazione collettiva, di qualunque livello, per la definizione delle modalità di fruizione, dei criteri di calcolo della base oraria, e dell’equiparazione di un certo monte ore alla singola giornata lavorativa.
Il D.lgs. 80/2015 ha aggiunto il comma 1 ter all’articolo 32 del T.U., introducendo la possibilità generale di fruire del congedo parentale a ore anche in mancanza di una specifica previsione contrattuale.
La validità delle nuove previsioni introdotte dal D.lgs. 80/2015 è limitata nel tempo: attualmente il congedo parentale su base oraria può essere fruito secondo le indicazioni del nuovo comma 1 ter dell’art. 32 T.U. inizialmente solo fino al 31 dicembre 2015 (e a partire dal 25 giugno 2015, data di entrata in vigore del decreto). Per completezza il decreto legislativo n.148/2015, art. 43 c.2, ha esteso tale previsione anche per gli anni successivi.
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Fonte: www.consulentidellavoro.it