Archivi giornalieri: 6 ottobre 2015

Osservatore Romano

 

La misericordia 
prima di tutto

 

· Messa a Santa Marta ·

06 ottobre 2015

 
 

 

Non capire e non accettare la misericordia di Dio è il rischio da cui ha messo in guardia Francesco, invitando a non avere la testardaggine e la rigidità di considerare più importante la propria predica, i propri pensieri e «tutto quell’elenco di comandamenti che devo fare osservare». È, appunto, un invito a obbedire alla volontà di Dio, lasciando agire la sua misericordia e non a sfidarla, quello rivolto da Papa nella messa celebrata martedì mattina, 6 ottobre, nella cappella della Casa Santa Marta.

«Il Padre misericordioso»

«Alcuni giorni fa, il giorno della festa degli angeli custodi, abbiamo riflettuto sulla docilità a Dio, la docilità allo Spirito Santo, come strada di santità e di vita cristiana», ha ricordato Francesco all’inizio dell’omelia. Poi, ha proseguito, «in questi tre giorni — ieri, oggi e domani — la liturgia ci fa riflettere sopra il contrario, cioè la resistenza alla volontà di Dio: non fare quello che Dio vuole, non essere docile».

E «il personaggio che fa la resistenza è il profeta Giona» ha detto il Pontefice, facendo notare che egli «davvero era un testardo». Le letture bibliche sono tratte proprio dal libro che porta il suo nome. Giona, ha spiegato il Papa, «aveva le sue idee, le proprie idee, e non c’era nessuno — neppure Dio! — che gliele facesse cambiare». Nella «liturgia di ieri ci raccontava quando il Signore lo mandò a Ninive a predicare per la conversione di Ninive, e lui se ne andò dalla parte opposta, verso la Spagna». Poi ecco «il naufragio e tutta quella storia che noi sappiamo» (1, 1-2,1.11).

«Dopo quella esperienza» ha affermato il Pontefice rileggendo il passo liturgico (3. 1-10), Giona «impara che deve obbedire al Signore: “Alzati, va’ a Ninive, la grande città”». Giona «obbedisce, va e predica, predica tanto bene: la grazia di Dio è tanto con lui che la città si converte, fa penitenza, cambia vita». Davvero «fa il miracolo, perché in questo caso lui ha lasciato da parte la sua testardaggine e ha obbedito alla volontà di Dio, e ha fatto quello che il Signore gli aveva comandato».

«Nel terzo capitolo, quello che la liturgia ci proporrà domani» (4, 1-11), ha proseguito il Papa, «Ninive si converte e davanti a questa conversione Giona, quest’uomo non docile allo Spirito di Dio, si arrabbia». La Scrittura dice proprio che «Giona provò grande dispiacere e fu sdegnato», arrivando persino a rimproverare il Signore: «Non era forse questo che dicevo quando ero nel mio paese? Per questo motivo mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore e che ti ravvedi riguardo al male minacciato».

Dunque, ha riepilogato Francesco, «il primo capitolo è la resistenza alla missione che il Signore gli affida: “Va’ e predica, perché si convertano”. E lui resiste». Poi «il secondo capitolo è l’obbedienza, e quando si obbedisce si fanno miracoli». Ecco, allora, l’obbedienza di Giona alla volontà di Dio e la conversione di Ninive.

Infine «il terzo capitolo: c’è la resistenza alla misericordia di Dio». Giona si rivolge al Signore, come a dire: «Io ho fatto tutto il lavoro di predicare, io ho fatto il mio mestiere bene, e tu li perdoni?». Il suo cuore, ha fatto notare Francesco, ha «quella durezza che non lascia entrare la misericordia di Dio: è più importante la mia predica, sono più importanti i miei pensieri, è più importante tutto quell’elenco di comandamenti che devo fare osservare — tutto, tutto, tutto — che la misericordia di Dio».

E «questo dramma — ha affermato il Pontefice — lo ha vissuto anche Gesù con i dottori della legge che non capivano perché lui non lasciò lapidare quella donna adultera» e perché «andava a cena con i pubblicani e i peccatori». Il punto è che «non capivano la misericordia». E così Giona dice: «tu sei misericordioso e pietoso», però «non accetta».

Il salmo 129 «che oggi abbiamo pregato — ha detto ancora Francesco — ci suggerisce di attendere il Signore “perché con il Signore è la misericordia, e grande è con lui la redenzione”». Dunque, ha rilanciato il Papa, «dove c’è il Signore, c’è la misericordia». E «sant’Ambrogio aggiungeva: “E dove c’è la rigidità ci sono i suoi ministri”», riferendosi alla «testardaggine che sfida la missione, che sfida la misericordia».

«Vicini all’inizio dell’anno della misericordia — ha esortato il Pontefice prima di riprendere la celebrazione — preghiamo il Signore che ci faccia capire com’è il suo cuore, cosa significa “misericordia”, cosa vuol dire quando lui dice: “Misericordia voglio, e non sacrificio”». E «per questo — ha concluso — nella preghiera colletta della messa abbiamo pregato tanto con quella frase tanto bella: “Effondi su di noi la tua misericordia”, perché soltanto si capisce la misericordia di Dio quando è stata versata su di noi, sui nostri peccati, sulle nostre miserie».

 

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Fmi

Fmi: disoccupazione euro alta, Italia sopra media

Il tasso di disoccupazione resta elevato, soprattutto fra i giovani, nell’area euro. E’ necessario andare avanti con le riforme strutturali e politiche attive per il mercato del lavoro. Lo afferma il Fmi, prevedendo per Eurolandia un tasso di disoccupazione dell’11% nel 2015 e del 10,5% il prossimo anno.

L’Italia e’ sopra la media dell’area euro, con il 12,2% nel 2015 e l’11,9% nel 2016. La Grecia e’ il paese dell’area euro con  la disoccupazione più elevata, 26,8% nel 2015 e 27,1% nel 2016 con un’economia che si contrarrà del 2,3% quest’anno e dell’1,3% il prossimo. Negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione si attesterà al 5,3% nel 2015 e al 4,9% nel 2016, in linea con l’obiettivo della piena occupazione della Fed.

ansa

Permessi facoltativi

Permessi facoltativi: applicazione dei riposi per allattamento

I quotidiani riposi per allattamento, diritto della lavoratrice madre nel primo anno di vita del figlio, sono permessi facoltativi da richiedere e non un obbligo automatico dell’impresa nei confronti della dipendente. Lo chiarisce il ministero del Lavoro rispondendo a un interpello, su questi permessi regolamentati dall’articolo 39 del Dlgs 151/2001 (testo unico a sostegno di maternità e paternità).

«Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore».

La corretta interpretazione del Ministero è che il diritto a fruire dei riposi ha carattere potestativo, cioè è un diritto della lavoratrice madre, a cui corrisponde dal lato del datore di lavoro una posizione giuridica passiva di soggezione e non di obbligo. In parole semplici, il datore di lavoro deve consentire alla madre la fruizione dei permessi per allattamento davanti a esplicita richiesta (non può opporsi). Ma non c’è alcun un obbligo, diversamente da quanto previsto per l’astensione di maternità.

La lavoratrice madre può scegliere se esercitare o meno il proprio diritto ai riposi per allattamento. Nell’ipotesi in cui chieda i permessi facoltativi e il datore di lavoro non ne consenta il godimento, scattano invece le sanzioni previste dall’articolo 46 del Testo Unico sulla maternità e paternità.

Se è la lavoratrice a non voler utilizzare i permessi, e quindi a non richiederli, allora non scatta nessuna sanzione. Questo principio si applica anche alla lavoratrice che in un primo momento ha chiesto i riposi facoltativi ma poi rinuncia ai permessi in un secondo tempo, in modo spontaneo e per proprie esigenze, anche sono parzialmente. In pratica, può scegliere di non usufruire di alcune giornate senza che scatti nessuna violazione e nessuna sanzione. Il ministero sottolinea infine che:

 «resta ferma la possibilità, da parte degli organi di vigilanza, di effettuare eventuali verifiche sulla spontaneità della rinuncia» a usufruire dei permessi allattamento, che deve quindi essere «giustificata da ragioni che rispondano in modo  inequivocabile ad un interesse della lavoratrice (come la frequenza di un corso di formazione, impossibilità di rientrare in casa in ragione di uno sciopero dei mezzi pubblici)».

I riposi per allattamento sono di un’ora ciascuno, sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro, comportano il diritto della donna a uscire dall’azienda. I due riposi sono cumulabili, quindi la lavoratrice può uscire due ore prima. Se il bambino va all’asilo nido o in un’altra struttura per l’infanzia, istituita dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze, i due riposi sono di mezz’ora ciascuno. Se infine l’orario di lavoro è inferiore sei ore al giorno, è previsto un solo riposo di un’ora.

Pmi.it su interpello 23/2015 ministero del Lavoro

Migrantes

Migrantes: aumentano gli italiani all’estero nel 2014,+7,6%

Nel 2014 gli espatri sono stati 101.297, con una crescita del 7,6% rispetto al 2013 (94.126). A fare le valige sono stati in prevalenza uomini (56,0%), non sposati (59,1%), tra i 18 e i 34 anni (35,8%). Sono partiti soprattutto dal Nord Italia e la meta preferita è stata la Germania (14.270); a seguire il Regno Unito (13.425). E’ quanto emerge dal Rapporto Italiani nel mondo 2015 della Fondazione Migrantes, presentato oggi a Roma.

In generale, al primo gennaio 2015 sono in tutto 4.636.647 gli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), il 3,3% in più rispetto all’anno precedente. Il 51,4% è  
di origine meridionale, con un primato della Sicilia (713.483).

Negli ultimi anni però si è registrata “una marcata dinamicità delle regioni settentrionali”, tanto che tra i connazionali espatriati nel 2014, la maggior parte proviene dalla Lombardia (18.425). Seguono Sicilia (8.765), Veneto (8.720), Lazio (7.981) e Piemonte (7.414).

Negli ultimi anni – si legge nel Rapporto – il fenomeno dell’emigrazione per ragioni lavorative, tra i laureati, è tendenzialmente in crescita. E il titolo di studio posseduto risulta più efficace, nella ricerca di lavoro, per chi si è trasferito all’estero. In aumento anche i liceali che trascorrono un anno di studio all’estero.

Tra le mete preferite dagli italiani nel 2014, oltre a Germania e Regno Unito, ci sono Svizzera (11.092 espatri), Francia (9.020) e Argentina (7.225).  La maggior parte dei cittadini italiani iscritti all’Aire risiede in Europa (53,9%) e in America (40,3%). Al primo gennaio 2015 le donne sono 2.227.964, il 48,1% (+75.158 rispetto al 2014) del totale, i minori 706.683 (15,2%). Gli over 65 sono 922.545 (19,9%).

ansa

Pensioni

Le donne discriminate anche sulle pensioni

Discriminazioni e disuguaglianze di genere che si riflettono anche nel forte divario pensionistico tra uomini e donne: in Italia nel 2014 mediamente le pensioni degli uomini sono risultate del 40% circa più alte rispetto a quelle donne.

Inapplicata “l’opzione donna” – ovvero la possibilità per le lavoratrici di andare in pensione dai 57 anni in poi, ma con l’assegno calcolato con il sistema contributivo – in vigore dal 2004 e finanziata a tutto il 2015. Norma che penalizza pesantemente le donne che vi fanno ricorso ma che, dopo la legge Fornero, è stata per molte l’unica via d’uscita. E non si applica perché l’Inps ne ha dato un’interpretazione sbagliata. Da allora è iniziato un balletto senza fine. Non sarebbe l’ora di dare una risposta definitiva? L’effettiva parità di genere è dunque molto lontana e per raggiungerla mancano la volontà politica e una visione d’insieme, che permettano l’elaborazione di politiche mirate per creare lavoro, investimenti, servizi e tutele sociali.

Complessivamente, ritardi, lentezze, indifferenze, approcci sbagliati, mancanza di un quadro organico di interventi, continuano a peggiorare la condizione delle donne nel nostro Paese nell’intero arco di vita, fino alla pensione. La disoccupazione femminile è al 46,5%, al Sud le donne tra i 15 e i 34 anni occupate sono solo una su cinque, il gap salariale è al 30%. E sono sempre più elevate le percentuali di lavoratrici con part time involontari.

Il sistema di protezione sociale, sempre più scarso e poco efficiente, concorre poi a peggiorare la precarietà e l’esclusione. Troppe lavoratrici madri pagano il prezzo di un welfare svuotato e di una rete di servizi inadeguata ai bisogni con costi troppo elevati.

L’articolo completo su rassegna.it

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San Bruno (Brunone)

 

 


San Bruno (Brunone)

Nome: San Bruno (Brunone)
Titolo: Sacerdote e monaco
Ricorrenza: 06 ottobre

S. Brunone nacque da nobile famiglia verso l’anno 1035 nella città di Colonia. Frequentò la scuola presso la chiesa di S. Cuniberto, facendo rapidi progressi nella scienza e nella pietà, tanto che S. Annone, vescovo della città, lo elesse canonico della sua chiesa. 

Terminò poi gli studi a Reims, dove ebbe fama di ottimo poeta, eccellentissimo filosofo e teologo, per cui i suoi contemporanei lo riguardavano come uno dei più illustri allievi della scuola di Reims. Quivi rimase molto tempo come insegnante e dimostrò la sua grande santità e il suo straordinario sapere. Non pochi dei suoi discepoli si resero celebri, fra i quali il Papa Urbano II. 

Verso il 1067 morì l’Arcivescovo di Reims, di cui egli era il più valido sostegno, ma gli successe a furia di subdoli maneggi Manasse I, il quale tenne un governo non buono, tanto che la S. Sede fu costretta a dimetterlo dalla cattedra episcopale. S. Brunone, suo cancelliere, non poteva soffrire gli abusi di cui. era testimonio e fu costretto ad essere uno dei principali accusatori. Il Legato Pontificio che depose Manasse fu così tocco dalla saggezza e virtù di Brunone, che ne fece un bell’elogio in una lettera al Papa, e lo proponeva come il più degno della prelatura. 

Mentre i superiori gli stavano preparando la carica, egli si ritirò in una casa di campagna, ove decise di abbandonare il mondo. Avendo poi comunicati i suoi desideri ad alcuni amici, stabilirono tutti assieme di abbandonare i beni transitori di questa vita e di abbracciare lo stato religioso. Si presentarono pertanto ad Ugo, vescovo di Grenoble, il quale li accolse affettuosamente, e dopo averne elogiato il desiderio, assegnò loro il deserto della Certosa, ove S. Brunone fondò l’ordine dei Certosini.

Passati appena sei anni dacché S. Brunone governava quella comunità, il Pontefice Urbano II, già suo discepolo a Reims, l’obbligava a portarsi a Roma. 

L’umile religioso non era mai stato sottoposto a tanta prova; il dover lasciar la solitudine era per lui il più penoso di tutti i sacrifici. Egli non trovò nella corte di Roma quelle dolcezze che aveva gustato nella solitudine, e di più temeva quelle distrazioni mondane, D’altronde il rapa gli era cosi affezionato che non poteva rimanere senza di lui, e lo incitava al accettare l’Arcivescovado di Reggio Calabria. Finalmente le istanze di Brunone furono così vive che il sommo pontefice gli permise di ritirarsi in un deserto della Calabria, confermando Landuino priore della Certosa. Il Santo, raccolti discepoli italiani, si ritirò in un deserto della diocesi di Squillace, riprendendo gli esercizi della vita solitaria con maggior gioia e fervore. In quella solitudine fu scoperto dal conte Ruggero che lo aiutò a costruire la nuova Certosa. 

S. Brunone ci lasciò, oltre alle lettere, i commenti sopra il Salterio, sopra le Epistole di S. Paolo ed una elegia in 14 versi sul disprezzo del mondo. Nel settembre del 1101 se ne volò al cielo per ricevere la ricompensa delle sue virtù e delle sue fatiche. 

PRATICA. « Provate e vedrete quanto sia dolce servire il Signore con tutto l’affetto dell’anima » (S. Brunone). 

PREGHIERA. O Signore, per intercessione di San Brunone confessore, concedici il perdono dei nostri peccati, e liberaci dai mali presenti e futuri.