L’IMPORTANZA
DELLA LIMBA
NELLE SCUOLE
di FRANCESCO CASULA
S’omine morit
imparande. Recita così
un famoso e antico
adagio sardo. A
significare che
l’educazione e l’apprendimento non
hanno limiti e confini temporali nella
vita dell’individuo: iniziano con la
nascita e terminano con la dipartita.
Sul presupposto di questo
apoftegma, carico di saggezza antica
ma pregnante anche di moderna
attualità, sono nate le Università
della Terza Età. Una di queste,
quella di San Gavino,
autorevolmente presieduta dal
professor Salvatore Manno, sabato 4
novembre (ore 17, Aula magna del
Liceo Scientifico), inaugurerà il
nuovo anno accademico. Nella
“Lectio magistralis” introduttiva che
terrò quel giorno, parlerò delle
motivazioni – didattiche, culturali,
educative – che pongono con
urgenza la necessità
dell’introduzione del Sardo nella
scuola. Pedagogisti come linguisti e
glottologi, psicologi come
psicoanalisti, ritengono che la
presenza della lingua materna nel
curriculum scolastico si configuri
non come un fatto increscioso da
correggere ma come elemento
indispensabile di arricchimento, che
non “disturba” anzi favorisce lo
sviluppo comunicativo degli
studenti perché agisce
positivamente nelle psicodinamiche
dello sviluppo. In particolare essa
serve per allargare le competenze
degli studenti di riflessione e di
confronto con altri sistemi; per
accrescere il possesso di una
strumentalità cognitiva che faciliti
l’accesso ad altre lingue; per
prendere coscienza della propria
identità ed etno-storica e
linguistica, come giovane e studente
prima e come persona adulta poi;
per personalizzare l’esperienza
scolastica, attraverso il recupero
delle proprie radici; per combattere
l’insicurezza ambientale, ancorando
i giovani a un humus di valori alti
della civiltà sarda: la solidarietà e il
comunitarismo in primis. Ma lo
studio della lingua sarda va al di là
di questi pur importanti obiettivi: si
pone anche come strumento per
iniziare a risolvere i problemi dello
svantaggio culturale, e della stessa
dispersione e mortalità scolastica
come della precaria alfabetizzazione
di gran parte della popolazione,
evidente e diffusa a livello di
scolarità di base ma anche
superiore. Specie a livello
comunicativo e lessicale. Che oggi
risulta essere, in modo particolare
nei giovani e negli stessi studenti,
povero, banale, improprio, gergale.
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