QUESTIONE SARDA
del 28/02/2012
di FRANCESCO CASULA
Un certo Onesicrito tra il
332 e il 336 a.c. aveva
visitato l’India al
seguito di Alessandro
Magno, riportandone
descrizioni alquanto fantasiose, che
misero a lungo fuori strada i geografi
dell’epoca. Partiti, sindacati e buona
parte degli studiosi e degli storici –
segnatamente quelli di impronta più
statalista – per decenni ci hanno
dato della “Questione sarda” una
descrizione alquanto “fantasiosa”, –
un po’ come Onesicrito aveva dato
dell’India – riducendola a semplice
frammento della “Questione
meridionale” e in essa affogandola.
C’è di più: è stata considerata
esclusivamente dal punto di vista
economico. La cartina di tornasole
di questa visione della “Questione
sarda” è rappresentata persino dallo
Statuto speciale di Autonomia della
Sardegna, tutto giocato proprio sul
crinale economicistico. Infatti
l’insieme degli aspetti etno-culturali
e linguistici è del tutto assente,
nonostante gli avvertimenti di Lussu
sulla necessità di sancire l’obbligo
dell’insegnamento della Lingua
sarda nelle scuole in quanto “essa è
un patrimonio millenario che
occorre conservare” e nonostante i
consigli di Giovanni Lilliu che
suggeriva ai Costituenti sardi di
rivendicare per la Sardegna
competenze primarie ed esclusive
almeno per quanto riguardava i
“Beni culturali”. È caduto nel vizio di
Onesicrito anche il presidente
Napolitano, quando nella sua
recente visita in Sardegna ha
affermato: “La maggiore
incompiutezza del processo di
unificazione d’Italia è il divario tra il
Nord e il Sud del Paese. Una
questione non solo economica e
sociale ma anche istituzionale,
assolutamente ineludibile”. Nessun
cenno invece alla Sardegna come
minoranza nazionale e linguistica.
Eppure dovrebbe saperlo: una Legge
della Repubblica di cui è Presidente,
la 482 del 15 dicembre 1999,
prevede, per la Sardegna, norme in
materia di tutela delle minoranze
linguistiche storiche dello Stato.
Mentre in occasione del convegno
Osce tenutosi nel maggio 2011 a
Bolzano proprio sul tema della
tutela delle minoranze linguistiche,
ha avuto ben altra sensibilità
sostenendo che “Mentre le nostre
società e le nostre Nazioni
divengono sempre più
interconnesse, la presenza di
minoranze nazionali all’interno dei
singoli Paesi costituisce una
ricchezza da tutelare, uno stimolo
culturale e un’opportunità di
ulteriore crescita economica”.
Perché due pesi e due misure?