La riforma delle pensioni e la lotteria dei diritti

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Conferenza stampa Inca e Cgil

 
Ci sono voluti solo 15 giorni per scrivere e approvare la manovra sulle pensioni, targata Monti-Fornero, e dopo neppure due mesi Cgil e Inca fanno il primo bilancio sui danni che la stessa sta provocando e continuerà a provocare se non saranno apportati correttivi.

In una conferenza stampa, che si è svolta questa mattina, la Confederazione di corso d’Italia e il patronato della Cgil sono partiti dai casi concreti per far emergere le numerose incongruenze della legge n. 214/11 che sta generando un grado altissimo di sofferenza tra lavoratori e lavoratrici.

In particolare, si fa riferimento a tutti coloro, definiti con un pessimo neologismo “esodati”, che per effetto delle nuove norme sul pensionamento rischiano di trovarsi senza pensione, senza stipendio e senza alcun ammortizzatore sociale.

Si tratta di dipendenti di aziende che, avendo sottoscritto accordi dopo il 4 dicembre 2011 e non avendo risolto il proprio rapporto di lavoro entro la fine dell’anno scorso, si ritrovano a dover fare i conti con il brusco innalzamento dell’età pensionabile, imposto dalla legge Monti-Fornero.

“Non è dato sapere quanti potrebbero essere – spiega Vera Lamonica, segretaria confederale Cgil – perché la platea è molto ampia e va ben al di là di coloro che sono in mobilità. La stessa stima, fornita dall’Inps in un primo momento di 65 mila persone, è parziale perché fa riferimento ai soli accordi sulla mobilità”.

A spanne potrebbero essere anche diverse centinaia di migliaia di persone, avvertono i promotori della conferenza stampa.  Sul destino di questi lavoratori pesa l’incognita delle risorse stanziate dal governo per coprire i costi di una norma sui “derogati” che consentirebbe loro di accedere al pensionamento con le vecchie regole.

“Lo stanziamento è stato fatto sulla base della stima fornita dall’Istituto previdenziale, perciò è chiaro che senza risorse finanziarie aggiuntive – avverte Lamonica – sarà una vera e propria lotteria del diritto”.

Un vero e proprio gioco al massacro è anche la norma sulla ricongiunzione onerosa dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori; già introdotta dal precedente governo Berlusconi, che non è stata cancellata dall’attuale esecutivo. A tutti quei lavoratori che hanno versato i contributi obbligatori in Inps e in Indap si chiede di pagare cifre importanti, che oscillano dai 30-40 mila euro fino a 300 mila, per avere la possibilità di avere un’unica pensione.

Un’operazione che prima del 2010 era gratuita. Si tratta di lavoratori che hanno lavorato sia nel settore privato che in quello pubblico, costretti a pagare all’Inps una ricongiunzione che prima dell’entrata in vigore della legge n. 122/010 era possibile gratuitamente.

“Di fatto si chiede loro – spiega Morena Piccinini, presidente Inca – di pagare una seconda volta contributi che hanno versato per tutta una vita.  Lasciando loro l’unica alternativa di rinunciarvi e attendere per altri 6 o 7 anni l’ora del pensionamento”.

Nel concreto si tratta, per esempio, di persone alle quali è stata cambiata la ragione sociale dell’azienda per cui hanno lavorato per l’intera carriera. Si pensi per esempio agli insegnanti di scuole private, per i quali l’ente previdenziale di riferimento era l’Inps, poi passate agli istituti pubblici, e quindi, ai versamenti obbligatori verso l’Inpdap; o ai dipendenti di aziende municipalizzate, che hanno subito la stessa sorte.

La beffa della ricongiunzione onerosa è ancor più dolorosa se si considera che è stata concepita contro le donne durante il governo Berlusconi per scoraggiare la richiesta delle lavoratrici del pubblico impiego (alle quali era stato imposto l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni) di trasferimento gratuito dei contributi all’Inps, per poter andare in pensione prima, avvalendosi delle regole più favorevoli del settore privato.

“Una fuga, però, che non c’è mai stata”, chiarisce Maria Luisa Gnecchi, della commissione lavoro della Camera. Nonostante ciò la norma è stata confermata e per la sua abrogazione ora l’Inps presenta un conto salato di un miliardo e 470 mila euro allo Stato.

“Una cifra totalmente sballata – spiega Piccinini – considerando che nella legge del 2010 non era previsto alcun risparmio, trattandosi appunto semplicemente di una norma tesa soltanto a  disincentivare il ricorso al ricongiungimento gratuito da parte delle lavoratrici del pubblico impiego,  che non c’è stato”.  

La riforma delle pensioni e la lotteria dei dirittiultima modifica: 2012-02-24T19:16:27+01:00da vitegabry
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