Archivio mensile:aprile 2019

Pensioni

tredicesima quota 100 13ma

OPZIONE RITA PER I LAVORATORI DELLA SCUOLA

A proposito di pensione anticipata, come devono comportarsi i lavoratori della scuola? Questi ultimi, come spiega TecnicadellaScuola.it, possono fare riferimento ad una opzione alternativa denominata RITA, ovvero rendita integrativa per la pensione anticipata. Ma cos’è e come funziona? La pensione anticipata RITA è uno strumento di cui possono beneficiare tutti coloro che hanno aderito al Fondo di previdenza complementare come il Fondo Espero per i dipendenti della scuola. A tal fine, per andare in pensione occorre aver maturato almeno 5 anni di permanenza nel fondo ed aver accumulato 20 anni di contributi INPS. In tal modo, piuttosto che attingere al fondo accumulato per la pensione integrativa, il lavoratore usa il capitale accumulato nel tempo come una rendita anticipata, in attesa di maturare i requisiti per il classico pensionamento. Uno dei vantaggi di questa opzione è che si potrà godere di agevolazioni fiscali e può essere richiesta anche insieme all’Ape volontaria o all’Ape sociale anche se in generale viene usata da chi non ha i requisiti per usufruire delle altre uscite anticipate. Chi decide di sceglierla avrà due opzioni: riscattare anticipatamente l’intero capitale maturato con i fondi della previdenza complementare oppure liquidare solo una parte di essa. (Aggiornamento di Emanuela Longo)

PROF. LEONARDI “IL TESORETTO NON VERRÀ RIUTILIZZATO”

La minor adesione rispetto al previsto a “Quota 100”, la riforma delle pensioni voluta dalla Lega, avrebbe creato un interessante tesoretto nelle casse dello stato, ma gli stessi soldi non verranno destinati ad altre misure correttive. A spiegarlo è il professor Marco Leonardi, dell’Università degli studi di Milano, che attraverso la propria pagina Facebook, scrive: «Non c’é nessun tesoretto, anche se quota 100 non tira, i risparmi non potrebbero comunque essere riallocati a nuova spesa. Questo perché la norma prevede che se hai i requisiti per la quota 100 oggi hai anche un privilegio unico (a spese altrui) di poter andare in pensione con quota 100 o più tardi, per esempio tra tre anni. Quindi non c’é nessun avanzo, la copertura finanziaria deve rimanere per tutta la platea, anche per chi non utilizza quota 100 ora». In parole ancor più povere, il tesoretto rimane fermo dov’è nel momento in cui qualche lavoratore avente diritto a “Quota 100” decida di usufruire della misura. Nelle ultime settimane si era parlato di altre misure pensionistiche, come ad esempio quota 41, l’opzione donna o la nona salvaguardia, ma il tesoretto di cui sopra (la cifra precisa non è stata comunicata ma si parla di diversi milioni di euro), non sarà appunto destinato alle misure correttive appena elencate. «E come opzione donna – aggiunge e ribadisce il prof Leonardi – si può estendere il beneficio a nuove platee, anche noi lo abbiamo fatto, ma non si possono recuperare gli stanziamenti perché chi ha maturato il diritto può sempre esercitarlo e quindi la copertura va mantenuta». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

RIFORMA DELLE PENSIONI E IL RATING DELL’ITALIA

Standard and Poor’s ha parlato anche della riforma delle pensioni nel documento in cui ha lasciato invariato a BBB il rating dell’Italia con outlook negativo. Il governo si aspetta che una riduzione dell’età di pensionamento, nel contesto del rovesciamento della Legge Fornero, farà crescere l’occupazione, invece S&P ritiene «che l’impatto sarà probabilmente basso». E quindi «senza ulteriori riforme che eliminino gli impedimenti strutturali nel contesto imprenditoriale, come la burocrazia, il potenziale di crescita economico dell’Italia resterà limitato». Dalle perplessità di S&P su Quota 100 all’analisi della Uil sulle pensioni di cittadinanza. Uno studio ha documentato che con due pensioni di pari importo lordo – la prima frutto di contributi e la seconda “nuova” e puramente assistenziale – generano trattamenti netti differenti. La prima è più bassa, nonostante sia frutto di più versamenti, ma grava l’imposta sul reddito. L’altra è esentasse, da qui l’irritazione delle associazioni dei pensionati.

RIFORMA PENSIONI QUOTA 100: PIÙ UOMINI CHE DONNE

Sono diverse le indagini condotte su Quota 100, che garantisce la possibilità di anticipare l’età pensionabile, in alternativa alle tradizionali modalità previste dalla Legge Fornero. Secondo, ad esempio, uno studio statistico del Sole 24 Ore su nuovi pensionamenti con Quota 100, la maggioranza dei beneficiari sono del Nord, sebbene di origini meridionali. Dall’analisi dei dati svolta dal quotidiano economico si giunge ad altre due conclusioni: la Lombardia è al primo posto tra le regioni per erogazioni, mentre a farne richiesta sono più uomini che donne. Un dato di non poco conto, visto che dimostra l’asimmetria di genere che caratterizza il mercato del lavoro italiano. Se invece ci si concentra sul quantum percepito mediamente dai soggetti che posseggono i requisiti richiesti dalla legge per godere della pensione, risulta dai dati dell’Inps che il 45 per cento percepirà un importo lordo tra 1000 e 1500 euro, mentre il 34 per cento circa una somma superiore alla precedente fino ad un lordo di tremila euro.

Quota 100

Pensione quota 100: decorrenza trattamento per dipendenti pubblici cessati dal servizio

Quanto devono attendere per la decorrenza della pensione i lavoratori cessati dal servizio delle pubbliche amministrazioni con la quota 100?

di , pubblicato il alle ore 07:55
pensioni-quota-100

Gentile dottoressa Del Pidio,

espongo nuovamente, stante l’uscita di ulteriori “provvedimenti”, la mia situazione, tutto sommato simile a quella di cui al seguente link: https://www.investireoggi.it/fisco/pensione-quota-100-da-ape-volontario-da-quando-la-decorrenz/

Sono ex insegnante ed ho cessato il servizio nel 2017 per dimissioni volontarie.

In possesso dei 2 requisiti previsti per “Quota 100” al 31/12/2018, ho presentato domanda di pensione Quota 100 con decorrenza 1/4/19, in quanto l’art14 c6 del DL convertito in Legge (“tenuto conto della specificità del rapporto di impiego nella pubblica amministrazione e dell’esigenza di garantire la continuità e il buon andamento dell’azione amministrativa” ), che posticipa la decorrenza al 1/8/19, non può riferirsi ad un caso come il mio, da tempo disoccupato e dunque non attualmente in servizio.

Il Messaggio INPS 1551-16/4/19 afferma invece (Quesito/Chiarimento 1.11) che per la decorrenza pensionistica dei dipendenti pubblici cessati prima di presentare domanda di pensione “Quota 100” occorre fare riferimento all’ultima attività lavorativa svolta (e fa pure riferimento alla circolare applicativa INPS 11-29/1/19), dunque che per un caso come il mio la pensione Quota 100 decorrerebbe dal 1/8/19.

Ciononostante, stante che l’unico motivo più volte dichiarato dai membri del Governo, ed infatti chiaramente addotto dal legislatore nel DL, per questa discriminazione tra dipendenti pubblici e privati, è in sostanza quello di evitare il blocco dei pubblici servizi, e che il pensionamento di un ex-dipendente ora disoccupato NON influisce in alcun modo sulla “continuità dell’azione amministrativa”, il messaggio in questione, come pure la circolare cui fa riferimento, mi appaiono immotivati rispetto alla “ratio” della legge.

Ci terrei molto ad un Suo parere sull’argomento, ed anche ad un Suo suggerimento se c’è qualcosa che in casi come il mio convenga fare (4 mesi di pensione in meno sono una cifra non indifferente …!). 

Leggo anche di un recentissimo pronunciamento della Corte Costituzionale che riconosce la non-illegittimità del pagamento a rate e differito del Trattamento di Fine Servizio per i dipendenti pubblici, che siano cessati per dimissioni o pensionamento anticipato, rispetto al trattamento praticamente immediato riservato ai dipendenti privati (lasciando tuttavia impregiudicata la situazione per chi invece arriva a pensionamento per anzianità) che non so se possa costituire un precedente a sfavore…

RingraziandoLa fin d’ora, invio i saluti più cordiali.

Decorrenza pensione quota 100

Da un punto di vista prettamente logico lei non ha torto: la finestra di attesa di 6 mesi per la decorrenza della pensione nel pubblico impiego era stata motivata per dare tempo di ricambiare il personale e dare continuità all’azione dell’amministrazione stessa. Cosa, appunto, ininfluente per i lavoratori cessati dal servizio. Cosa talmente logica che, prima della precisazione del messeggio 1551 del 16 aprile, io rispondevo a chi ex dipendente della pubblica amministrazione mi chiedeva i tempi di decorrenza che non doveva attendere i 6 mesi dalla maturazione dei requisiti ma soltanto 3, come i dipendenti privati.

Il messaggio 1551, invece, sovverte tutto chiarendo che si deve fare riferimento, per i lavoratori disoccupati, all’ultima occupazione: se era nella pubblica amministrazione si rientra nella finestra di attesa di 6 mesi per le decorrenza della pensione come chi è ancora in servizio (per i quali l’attesa è motivata dal preavviso da presentare all’amministrazione stessa).

Dal punto di vista legislativo, quindi, il lavoratore disoccupato che ha avuto come ultimo impiego un lavoro nel pubblico impiego l’attesa deve essere di 6 mesi per la decorrenza della pensione, anche se la cosa non ha alcuna motivazione “funzionale” (se non probabilmente quella di ritardare la decorrenza della pensione stessa di 3 mesi per un considerevole risparmio per le casse dello Stato).

Non ci sono, quindi, suggerimenti su cosa poter fare per accelerare la decorrenza della pensione visto che la normativa parla chiaro.

Su TFR, invece, non so davvero cosa dirle se non che i dipendenti delle pubbliche amministrazioni vivono questa ingiustizia ormai da tanto, troppo tempo.

Quota 100

Pensioni, Quota 100 e divieto di cumulo: chi rischia di dover restituire l’assegno

Intanto, sono quasi 123mila le domande: lo comunica l’Inps rendendo noto il dato aggiornato al 23 aprile

 

Quota 100 (62 anni di età e 38 anni di contributi), la misura di riforma in ambito pensionistico a trazione leghista, prevista dalla Legge di Bilancio per aver diritto all’uscita anticipato dal lavoro, ha ufficialmente debuttato il primo aprile per i dipendenti privati, mentre per quelli del pubblico impiego la prima data utile di decorrenza è fissata al 1° agosto.

Ovviamente bisogna fare i conti con qualche paletto da rispettare per non incorrere in spiacevoli sorprese: chi otterrà l’assegno dovrà fare molta attenzione al divieto di cumulo con redditi da attività da lavoro, perché rischia di dover restituire la pensione.

 

Ancora tanti i nodi da sciogliere. Proprio nelle scorse ore, per cercare di fare chiarezza, l’Inps ha pubblicato un nuovo messaggio contenente alcune domande e risposte sui punti più dubbi della misura ma altri restano aperti. Ad esempio si attendono delucidazioni ufficiali a proposito del rapporto fra indennità di disoccupazione (Naspi) e i requisiti di Quota 100.

LA QUESTIONE NASPI – Nel caso in cui un fruitore della Naspi si ritrovi a maturare i requisiti per la pensione in quota non è ancora stato ufficializzato se si produca la automatica decadenza dall’indennità di disoccupazione.

REDDITI E PENSIONE – Come riporta il Sole24Ore in un articolo di oggi a firma di Antonello Orlando : “Un’altra peculiarità di quota 100 consiste nella sua incumulabilità con i redditi di lavoro dipendente e autonomo fino all’età della pensione di vecchiaia, temperata dal possibile cumulo con il lavoro autonomo occasionale nella soglia massima annuale di 5mila euro lordi. La norma si riferisce nello specifico a queste tre categorie reddituali del nostro ordinamento, lasciando fuori da possibili interferenze – almeno sulla carta – redditi alternativi, come quelli di partecipazione, percepiti da un socio lavoratore di una società a responsabilità limitata di ambito commerciale.

PER CASSA O PER COMPETENZA – In realtà, si legge ancora sul quotidiano economico, la circolare Inps 11/2019 ha fornito una lettura più estensiva, vietando il cumulo con qualsiasi reddito collegato ad attività lavorativa, instillando alle persone interessate ulteriori dubbi su quali redditi siano realmente compatibili con quota 100. Inoltre, l’Istituto dovrà chiarire come sarà -a posteriori- verificata la cumulabilità, cioè se per cassa o per competenza.

SOGLIA DEI 5MILA EURO – Il mancato rispetto del divieto di cumulo non comporta la perdita definitiva della pensione, ma la revoca degli importi erogati nell’anno in cui si supera il limite dei 5mila euro di lavoro autonomo occasionale o si svolgono lavori che determinano redditi incompatibili con quota 100″.

I NUMERI DI QUOTA 100 – Intanto, vediamo nel dettaglio alcuni numeri della misura. Sono quasi 123mila, per la precisione 122.889, le domande presentate per andare in pensione con Quota 100. Lo comunica l’Inps in una nota riportando i dati aggiornati al 23 aprile.

Cgil: nel 2019 coinvolta neanche metà della platea prevista– Quota 100 “sarà una misura che nel 2019 coinvolgerà 128mila persone”, ben 162mila in meno rispetto alla platea di 290mila persone stimata dal Governo, dice Ezio Cigna, responsabile della previdenza pubblica della Cgil nazionale, secondo il quale “la differenza è ancora più marcata se si prende a riferimento la platea prevista nel triennio. In questo caso, infatti, si stima che ‘quota 100’ coinvolgerà solo un terzo delle persone previste dal Governo, 325 mila invece di 973 mila”.

Per il dirigente sindacale questo coinvolgimento molto più basso rispetto alla platea prevista dal Governo determinerà un avanzo importante di risorse.

Nel triennio per l’insieme delle misure previdenziali prese in esame non saranno utilizzati 7 miliardi e 200 milioni, dei 21 miliardi stanziati in Legge di Bilancio. Nel 2019, dei 3,968 miliardi stanziati dal Governo, non saranno utilizzati 1,6 miliardi, nel 2020 si prevede il mancato utilizzo di 2,9 miliardi e nel 2021 di 2,6 miliardi”.

San Leonida di Alessandria

San Leonida di Alessandria


San Leonida di Alessandria

Nome: San Leonida di Alessandria
Titolo: Martire, padre di Origene
Ricorrenza: 22 aprile

Questo nome venne già portato e illustrato dal valoroso re di Sparta, caduto alle Termopili, alla testa dei suoi eroici soldati.

Anche il Leonida cristiano fu un valorosissimo combattente che suggellò con il martirio la propria vita e la propria fede. Per di più ebbe la ventura di essere padre di uno degli scrittori cristiani più fervorosi e più arditi. Perciò San Leonida è comunemente designato come « padre di Origene ».

Oriundo anch’egli della Grecia. Leonida era maestro di retorica ad Alessandria e padre di sette figli. Al maggiore, Origene ebbe cura di dare un’educazione filosofica e letteraria vastissima, insieme con la conoscenza profonda della Sacra Scrittura. che il giovane imparò addirittura a memoria.

Presto, il padre-maestro dovette però frenare l’accesa curiosità del giovane, che voleva sapere tutto di tutto, con una precocità impressionante. Si disse poi che il padre, ammirato da quel fervore spirituale, baciasse, quando dormiva, il petto del figlio, dove s’era acceso il fuoco della sapienza divina.

Ma venne il tempo della prova. Sotto l’Impero di Settimio Severo, nel 204, ripresero in Egitto le persecuzioni contro i cristiani. lì Governatore Leto rastrellò il deserto della Tebaide, dove vivevano gli anacoreti rinsecchiti dal digiuno e riarsi dal sole.

Il giovane Origene desiderò di morire Martire. Soltanto la madre, nascondendogli i vestiti, poté impedirgli di presentarsi al Governatore per proclamarsi arditamente cristiano. Non c’era bisogno di simili ostentazioni. Bisognava attendere docilmente e fermamente la persecuzione, senza provocarla, come faceva il padre Leonida, il quale, infine, chiamato dinanzi al Governatore, confessò senza arroganza e senza titubanza di essere cristiano. Fu incarcerato, e durante la prigionia gli pervenne una lettera del figlio, che lo incitava a mantenersi fedele a Dio. « State attento, caro padre – diceva la lettera – di non mutare risoluzione a causa di noi, vostri figli ».

Leonida, non potendo ormai baciare il petto del figlio, baciò la lettera di esortazione. Non ne aveva bisogno, ma lo riempì ugualmente di letizia. Il pensiero della famiglia non turbò così le ultime ore del Martire. Porse sorridendo la testa alla spada, acquistandosi la corona di gloria.

Dopo la sua morte, vennero confiscati i beni della vedova. I sette orfani furono gettati in mezzo a una strada, e si sarebbero ridotti randagi e mendici se una signora di Alessandria non li avesse raccolti e mantenuti.

Il giovane Origene, orgoglioso di essere figlio di un Martire, divenne poi scrittore talmente importante, fecondo e celebre, da legare il nome del padre al proprio. Infatti, il Santo viene distinto comunemente con il nome di Leonida e con l’attributo di « padre di Origene ».

MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Alessandria il natale di san Leonida Martire, che patì sotto Sevèro.

Quota 100

 

In pensione con quota 100 o con Ape sociale: cosa conviene?

Quale scelta è più conveniente tra quota 100 e ape sociale a parità di tempi di accesso? Vediamo pro e contro.

di , pubblicato il alle ore 12:45
pensione

Compio 63 anni a giugno e 40 anni di servizio a Novembre 2019, lavoro come educatrice di asilo nido, pertanto a Giugno potrei fare la domanda per uscire con l’APE-social.

Le mie domande sono:

  • conviene fare la domanda per quota 100?
  • oppure attendere giugno per l’APE -social?

Curiosità se vado con l’Ape social andrei in pensione al compimento dei 41 e 10 + la finestra dei 3 mesi oppure ai 67 anni, cioè con l’anzianità come se fossi ancora in servizio oppure con l’età dopo i 3 e 7 mesi di APE Social.

 

La distinzione è chiaro, comporterebbe anche un diverso tempo per l’erogazione della buonuscita.

Pensione quota 100 o Ape sociale?

Le espongo cosa offrono le due misure e quale è la mia opinione, poi, ovviamente, la scelta su quale strada scegliere per il suo pensionamento resta a lei.

Con l’Ape sociale avrebbe una pensione erogata per 12 mensilità l’anno per un’importo pari alla pensione spettante se l’importo è inferiore a 1500 euro al mese o  per un massimo di 1500 euro se la pensione spettante è superiore a tale importo, fino al compimento dei 67 anni (età per accedere alla pensione di vecchiaia).

Con la quota 100 percepirebbe, invece, fin da subito, la pensione spettante senza alcuna penalizzazione per 13 mensilità ma avrebbe il divieto di cumulo tra redditi da pensione e redditi da lavoro fino al compimento dei 67 anni.

Se non ha intenzione di continuare a lavorare dopo la pensione la scelta più saggia, a mio avviso, è la quota 100 che le permetterebbe di avere fin da subito la pensione su 13 mensilità e nell’importo spettante (se superiore ai 1500 euro).  L’Ape sociale era una soluzione comoda per chi, in mancanza dei requisiti di accesso alla quota 100, avesse voluto accedere alla pensione anticipata, ma con 40 anni di contributi io non mi porrei neanche il dubbio di quale delle due misure scegliere.

Quando andare in pensione

 

Quando andare in pensione: ecco come fare il calcolo

16 Aprile 2019 | Autore:
 

> Diritto e Fisco Pubblicato il 16 Aprile 2019

 
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Riforma pensioni, pensione anticipata, di vecchiaia, di anzianità, Ape, totalizzazione, cumulo quota 100, quota 41: come calcolare quando uscire dal lavoro.

 

Quando vado in pensione? La possibilità di uscire dal lavoro è un argomento del quale si discute sempre più spesso, a causa, da una parte, del continuo inasprirsi dei requisiti per la pensione, legati all’aumento della speranza di vita e, dall’altra parte, delle novità annunciate dal governo sulla riforma delle pensioni. Agli attuali trattamenti, difatti, si dovrebbero aggiungere delle nuove pensioni dai requisiti più leggeri, come la pensione anticipata quota 100 e quota 41; potrebbero inoltre essere prorogate alcune prestazioni agevolate, come l’Ape sociale, o l’opzione Donna. Ma è possibile conoscere con certezza la data della pensione? In realtà, non esiste una risposta valida per tutti che consenta di sapere quando andare in pensione. La data del pensionamento, difatti, dipende da molti fattori: età, anzianità contributiva, riconoscimento dell’invalidità o inabilità, gestione previdenziale alla quale si è iscritti, presenza di maggiorazioni contributive, di periodi riscattati… Inoltre, non esistendo una sola tipologia di pensione, è possibile fare delle scelte diverse: sommare, o meno, i contributi presenti in fondi differenti, utilizzando cumulo, totalizzazione, oppure ricongiunzione; pensionarsi al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata, oppure attendere l’età per la pensione di vecchiaia; uscire dal lavoro a 63 anni con l’Ape e, dal 2019, con la quota 100, la quota 41 o 42. Facciamo allora il punto della situazione e cerchiamo di capire quando andare in pensione: ecco come fare il calcolo e che cosa potrebbe cambiare con la riforma pensioni.

Come si calcolano i requisiti per la pensione?

A seconda del tipo di pensione (anticipata, di vecchiaia, etc.) la legge prevede differenti requisiti, che possono riguardare sia l’età che gli anni di contributi.

Per quanto riguarda il calcolo dell’età, è necessario fare riferimento all’età pensionabile prevista per ciascun trattamento vigente ogni anno, in base agli incrementi periodici legati all’aumento della speranza di vita.

L’età pensionabile è rilevante per quasi tutte le prestazioni, esclusa la pensione anticipata ordinaria e la pensione di anzianità in totalizzazione, anche se cambia a seconda del tipo di trattamento (la pensione di vecchiaia richiede 67 anni dal 2019, la pensione di vecchiaia contributiva ne richiede 71…).

Il discorso è più complesso per il calcolo dei contributi, in quanto, generalmente, nell’estratto conto dell’Inps, la contribuzione è segnata in settimane, ma può essere indicata anche in mesi o in giorni, a seconda della gestione alla quale appartiene il dipendente.

Normalmente è necessario considerare i seguenti coefficienti di trasformazione, per capire quanti anni di contributi si possiedono:

  • 1 anno= 52 settimane;
  • 1 mese= 4,333 settimane;
  • 1 giornata= 0,19259 settimane.

I coefficienti sono differenti in alcune gestioni particolari, oppure nel passaggio dalla gestione Inps ordinaria ad un fondo diverso (ad esempio Enpals, gestione lavoratori agricoli…).

I periodi di contribuzione appartenenti a diverse gestioni possono essere sommati:

  • gratuitamente, nel caso in cui si richieda la totalizzazione dei contributi, il cumulo o il computo;
  • a titolo oneroso, se si chiede la ricongiunzione dei contributi presso un’unica gestione.

Se non ci si avvale di questi strumenti, i contributi di ogni gestione devono essere considerati separatamente, per verificare il diritto ad un’autonoma pensione, o a un’eventuale pensione supplementare o supplemento di pensione (per approfondire: pensione supplementare, supplemento della pensione, ricalcolo e ricostituzione della pensione).

Come si calcolano le quote?

In alcuni casi si richiede, per il diritto alla pensione, il raggiungimento di una determinata quota.

La quota è il risultato della somma dell’età pensionabile dell’interessato e degli anni di contributi posseduti: dal 2019 è operativa la pensione anticipata quota 100, che potrà essere raggiunta da tutti coloro la cui somma di età e contribuzione è almeno pari a 100 (con un minimo di 62 anni di età e 38 di contributi).

La quota 100 non è una novità assoluta, in quanto, prima che entrasse in vigore la legge Fornero, era possibile ottenere la pensione di anzianità (ora abolita e sostituita dalla pensione anticipata) con le quote.

Ad oggi sopravvivono alcune tipologie residuali di pensione di anzianità con le quote: si tratta delle pensioni degli addetti ai lavori usuranti, delle pensioni dei beneficiari delle salvaguardie e del cosiddetto salvacondotto.

Quando l’età o le annualità di contribuzione non corrispondono a una cifra esatta, per calcolare la quota i mesi devono essere trasformati in decimi:

  • ad esempio, se il lavoratore ha raggiunto 63 anni e 6 mesi di età, ai fini del calcolo della quota dovrà indicare 63,5.

Come si calcola l’aspettativa di vita?

A partire dal 2021, l’aspettativa di vita sarà calcolata considerando la media del biennio immediatamente precedente, confrontata con la media del biennio ancora anteriore; per il 2021, ad esempio, l’aspettativa di vita dovrebbe essere calcolata sulla base della media del biennio 2018-2019, confrontata con la media del biennio 2016-2017: l’eventuale aumento determinerebbe un incremento dei requisiti per la pensione legati all’aspettativa di vita sul biennio 2021-2022.

Nel caso invece in cui si riscontri una diminuzione della speranza di vita media, il decremento sarà scomputato nella verifica per il biennio successivo: non ci sarà quindi un calo dell’età pensionabile, ma solo un congelamento dei requisiti. L’adeguamento dell’età di pensionamento alla speranza di vita, in ogni caso, continuerà a essere verificato ogni due anni.

Qual è, invece, la situazione attuale? Ad oggi si applica ancora quanto disposto dalla riforma delle pensioni 2010, poi confermato dalla legge Fornero: la normativa prevede, in particolare, degli adeguamenti periodici alla speranza di vita, biennali dal 2019. Gli adeguamenti previsti nelle apposite tabelle possono essere però disattesi, sia nel caso in cui la speranza di vita media riscontrata sia maggiore rispetto alle proiezioni, sia nel caso in cui invece si registrino decrementi nell’aspettativa di vita media: in quest’ultima ipotesi, però, i requisiti previsti per la pensione non possono mai diminuire, ma vengono soltanto bloccati per un biennio.

Come si calcolano le maggiorazioni sulla pensione?

La maggiorazione dei contributi consiste nella possibilità di vedersi riconosciuti maggiori periodi di lavoro, ai fini della pensione: ne hanno diritto alcuni lavoratori appartenenti a categorie tutelate, come gli invalidi, oppure chi ha svolto particolari tipologie di servizio. In pratica, con le maggiorazioni dei contributi, o maggiorazioni convenzionali dell’anzianità contributiva, sono riconosciuti dei contributi aggiuntivi, come se il beneficiario avesse lavorato di più, rispetto al servizio effettivo prestato. In questo modo, il lavoratore può anticipare la pensione. Per approfondire: Maggiorazioni dei contributi.

Come si calcola la pensione?

Per quanto concerne il calcolo della pensione, ricordiamo che questo è:

  • retributivo (si basa sugli ultimi stipendi o retribuzioni) sino al 31 dicembre 2011, poi contributivo, per chi possiede più di 18 anni di contributi al 31/12/1995;
  • retributivo sino al 31 dicembre 1995, poi contributivo (il cosiddetto misto), per chi possiede meno di 18 anni di contributi al 31/12/1995;
  • interamente contributivo (si basa esclusivamente sulla contribuzione versata), per chi non ha contributi precedenti al 1996.

Coloro a cui spetta il calcolo interamente contributivo, o che optano per il computo nella gestione Separata, hanno diritto, a determinate condizioni, a requisiti più leggeri per accedere alla pensione anticipata (64 anni di età, con 20 anni di contributi e un assegno minimo pari a 2,8 volte l’assegno sociale) ed a quella di vecchiaia (771 anni di età, ma con soli 5 anni di contributi).

Per maggiori approfondimenti sul calcolo della pensione, vi invitiamo a leggere la nostra guida: come calcolare l’assegno di pensione.

Quando andare in pensione di vecchiaia?

Per ottenere la pensione di vecchiaia è necessario possedere un determinato requisito anagrafico, assieme ad almeno 20 anni di contributi (15 anni per chi rientra nella Deroga Amato o nell’Opzione Contributiva Dini); l’assegno di pensione, inoltre, non deve risultare inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale (cioè a circa 687 euro) se si rientra tra i soggetti al calcolo integralmente contributivo.

Vediamo, di seguito, i requisiti d’età necessari, anno per anno:

  • 2017: 66 anni e 7 mesi per gli uomini e le dipendenti pubbliche, 66 anni e 1 mese per le lavoratrici autonome, 65 anni e 7 mesi per le dipendenti;
  • 2018: 66 anni e 7 mesi per tutti;
  • 2019: 67 anni;
  • 2020: 67 anni;
  • 2021: 67 anni e 3 mesi;
  • 2022: 67 e 3 mesi;
  • 2023: 67 e 6 mesi;
  • 2024: 67 e 6mesi;
  • 2025: 67 e 9 mesi;
  • 2026: 67 e 9 mesi;
  • 2027: 68 anni;
  • 2028: 68 anni;
  • 2029: 68 e 2 mesi;
  • 2030: 68 e 2 mesi;

I requisiti, successivamente a tale data, aumenteranno sempre di 2 mesi ogni biennio, ma potrebbero variare nel caso in cui si rilevino incrementi o decrementi della speranza di vita diversi da quelli previsti originariamente.

Quando andare in pensione di vecchiaia contributiva?

Chi ha diritto al calcolo interamente contributivo del trattamento, ha diritto alla pensione di vecchiaia con soli 5 anni di contributi e senza soglie di accesso, ma con i seguenti requisiti di età:

  • nel triennio 2016-2018, 70 anni e 7 mesi;
  • nel 2019-2020, 71 anni;
  • nel 2021-2022, 71 anni e 3 mesi.

I requisiti continueranno, poi, ad aumentare di 3 mesi ogni biennio, e di 2 mesi ogni biennio dal 2029, salvo variazioni di rilievo nella speranza di vita media.

Quando andare in pensione di vecchiaia anticipata?

La pensione di vecchiaia può essere ottenuta anche con 61 anni di età (56 anni per le donne) e 20 anni di contributi (15 per i beneficiari di deroga Amato) se si possiede un’invalidità pensionabile pari almeno all’80%. Questa possibilità vale solo per i dipendenti del settore privato. Per i non vedenti il requisito è anticipato di 5 anni. In ogni caso, dalla maturazione dei requisiti alla data di liquidazione della pensione deve trascorrere una finestra di 12 mesi.

Quando andare in pensione anticipata?

La pensione anticipata, introdotta a partire dal 2012 dal Decreto Salva-Italia, o Legge Fornero [1], al posto della pensione di anzianità, è un trattamento che può essere raggiunto con un determinato numero di anni di contributi, a prescindere dall’età. Un limite di età esiste per la sola pensione anticipata contributiva (alla quale può accedere a 63 anni di età solo chi è assoggettato al calcolo contributivo della pensione).

Il requisito contributivo previsto per la pensione anticipata ordinaria è più basso per i lavoratori precoci (cioè che possiedono almeno 12 mesi di contributi da lavoro accreditati prima del 19° anno di età) che appartengono a determinate categorie tutelate.

Ma procediamo per ordine e vediamo quali sono le condizioni previste per accedere alle diverse tipologie di pensione anticipata.

Quando andare in pensione anticipata ordinaria

I requisiti previsti per fruire dell’ordinaria pensione anticipata, nel 2018, sono:

  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne;
  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini.

Non sono più previste penalizzazioni della pensione legate all’età pensionabile. Il requisito è bloccato sino al 31 dicembre 2026, ma si applica una finestra di 3 mesi.

Quando andare in pensione anticipata contributiva?

I requisiti per la pensione anticipata sono diversi, invece, per chi non possiede contributi versati precedentemente al 1996, o per chi effettua il computo nella gestione Separata, ossia per i soggetti il cui calcolo dell’assegno è effettuato col solo sistema contributivo; per loro, i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata sono:

  • 64 anni d’età;
  • 20 anni di contributi;
  • pensione superiore all’assegno sociale di almeno 2,8 volte.

I lavoratori assoggettati al calcolo contributivo possono comunque optare per la pensione anticipata ordinaria con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi se donne).

Quando andare in pensione anticipata lavoratori precoci?

Per i lavoratori precoci appartenenti a determinate categorie tutelate è possibile ottenere la pensione anticipata con soli 41 anni di contributi.

In particolare, per ottenere la pensione anticipata con 41 anni di contributi non è sufficiente essere dei lavoratori precoci, ossia aver versato almeno 12 mesi di contributi da effettivo lavoro prima del 19° anno di età: oltre a questo, è necessario appartenere o alle categorie degli addetti ai lavori usuranti e notturni, come previste dal noto decreto del 2011 [2], o alle categorie beneficiarie dell’Ape sociale: disoccupati, caregiver, invalidi dal 74% e addetti ai lavori gravosi.

Gli addetti a lavori usuranti e turni notturni, per aver diritto alla pensione agevolata, devono essere stati adibiti a tali attività per almeno metà della vita lavorativa, o per almeno 7 anni negli ultimi 10; gli addetti ai lavori gravosi devono risultare occupati in tali mansioni per almeno 6 anni negli ultimi 7.

Si applica una finestra di 3 mesi.

Quando andare in pensione anticipata con salvacondotto?

La pensione anticipata può essere anche ottenuta con la cosiddetta eccezione del salvacondotto per nati sino al 31 dicembre 1952: in questo caso, è possibile andare in pensione se sono stati compiuti 60 anni entro il 31 dicembre 2012, e maturati almeno 35 anni di contributi e la quota 96, entro la stessa data, per gli uomini, o 20 anni di contributi, per le donne (l’agevolazione non è fruibile dai dipendenti pubblici, dai lavoratori agricoli, e dai non occupati al 28 dicembre 2011).

La pensione si ottiene a 64 anni e 7 mesi di età, sino al 31 dicembre 2018.

Quando andare in pensione di anzianità lavori usuranti?

Gli addetti ai lavori usuranti [2] e gli addetti ai turni notturni possono ottenere un particolare tipo di pensione di anzianità se sono stati adibiti a tali mansioni per almeno metà della vita lavorativa, o per almeno 7 anni negli ultimi 10.

Per ottenere la pensione di anzianità, è necessario che il lavoratore addetto a mansioni usuranti maturi i seguenti requisiti:

  • quota pari a 97,6, con:
    • almeno 61 anni e 7 mesi d’età;
    • almeno 35 anni di contributi.

Dalla maturazione dei requisiti alla liquidazione della pensione non è più necessario attendere la cosiddetta finestra, pari a 12 mesi per i dipendenti e a 18 mesi per gli autonomi, perché è stata abolita dalla Legge di bilancio 2017.

Se l’interessato possiede anche contributi da lavoro autonomo, i requisiti sono aumentati di un anno.

Hanno diritto alla pensione d’anzianità anche i lavoratori adibiti a turni notturni, ma le quote sono differenti a seconda del numero di notti lavorate nell’anno: vediamo i requisiti nel dettaglio.

Quando andare in pensione di anzianità addetti ai lavori notturni?

Chi ha lavorato per almeno 78 notti l’anno deve possedere, per accedere al pensionamento, i seguenti requisiti, che sono gli stessi validi per tutti gli addetti ai lavori usuranti:

  • quota 97,6, con un minimo di:
  • 61 anni e 7 mesi d’età;
  • 35 anni di contributi.

I requisiti, come già visto in merito agli addetti ai lavori usuranti, sono innalzati di un anno (quota 98,6 e 62 anni e 7 mesi di età) per chi possiede contribuzione mista da lavoro dipendente ed autonomo.

Chi ha lavorato per un numero di notti tra le 72 e le 78 l’anno deve possedere, invece, i seguenti requisiti:

  • quota 98,6, con un minimo di:
  • 62 anni e 7 mesi d’età;
  • 35 anni di contributi.

Se l’interessato possiede anche contributi da lavoro autonomo, la quota è innalzata a 99,6, con un minimo di 63 anni e 7 mesi di età.

Chi ha lavorato per un numero di notti tra le 64 e le 71 l’anno deve possedere i seguenti requisiti:

  • quota 99,6, con un minimo di:
  • 63 anni e 7 mesi d’età;
  • 35 anni di contributi.

Se l’interessato possiede anche contributi da lavoro autonomo, la quota è innalzata a 100,6, con un minimo di 64 anni e 7 mesi di età.

Il lavoratore, in ogni caso, deve aver prestato servizio per almeno 6 ore in ciascuna notte; in caso contrario, il lavoro notturno viene valorizzato se si raggiungono almeno 3 ore di attività notturna svolte per l’intero anno.

La legge di Bilancio 2018 ha introdotto un bonus per chi svolge lavoro notturno per meno di 78 giorni all’anno ed è impiegato in cicli produttivi del settore industriale su turni di 12 ore (sulla base di accordi collettivi sottoscritti entro il 31 dicembre 2016). In questi casi, i giorni lavorativi effettivamente svolti devono essere moltiplicati per il coefficiente 1,5: questo dovrebbe comportare il perfezionamento dei requisiti pensionistici anticipatamente.

Quando andare in pensione con l’Ape?

L’Ape, o anticipo pensionistico, è uno strumento che consente di uscire dal lavoro a 63 anni di età, con 20 anni di contributi: grazie a un prestito bancario, si percepisce un assegno sino alla data di compimento del requisito d’età per la pensione di vecchiaia. La restituzione del prestito comporta però delle penalizzazioni sulla pensione. Per approfondimenti: Ape volontario.

L’Ape sociale, come l’Ape volontario, consente ugualmente consente di uscire dal lavoro a 63 anni di età, ma con 30 o 36 anni di contributi, a seconda della categoria di appartenenza: disoccupati, invalidi, caregivers, addetti ai lavori gravosi. L’assegno è riconosciuto direttamente dallo Stato e non si applicano penalizzazioni sulla pensione. L’Ape sociale è stato prorogato al 2019.

Per approfondimenti: Ape sociale.

Quando andare in pensione con la totalizzazione?

La totalizzazione consiste nella possibilità di sommare tutti i contributi accreditati in diverse gestioni pensionistiche, per perfezionare i requisiti richiesti per il conseguimento della pensione di vecchiaia, anticipata, di inabilità e indiretta.

Per ottenere la pensione di vecchiaia con la totalizzazione, è necessario possedere:

  • 66 anni di età ;
  • almeno 20 anni di contributi (complessivamente, tra tutte le casse in cui si possiede contribuzione);
  • gli eventuali ulteriori requisiti, diversi da quelli di età ed anzianità contributiva, previsti dai singoli ordinamenti per l’accesso alla pensione di vecchiaia;
  • aver cessato l’attività lavorativa dipendente (come avviene per la generalità delle pensioni dirette; in seguito, è possibile rioccuparsi).

La pensione di vecchiaia derivante dalla totalizzazione della contribuzione decorre dopo 18 mesi dal raggiungimento dei requisiti.

Per ottenere la pensione di anzianità in totalizzazione sono invece necessari 41 anni di contributi (dal 2019), indipendentemente dall’età.

Il trattamento di anzianità decorre dopo 21 mesi successivo a quello di raggiungimento dei requisiti.

La pensione in totalizzazione è calcolata secondo il sistema contributivo, e ogni gestione calcola separatamente la propria quota di pensione.

Se, però, in una delle gestioni previdenziali privatizzate si matura il diritto ad un’autonoma pensione di vecchiaia, il calcolo di quella quota non è contributivo, ma segue il sistema di calcolo proprio della gestione. Il più delle volte, le casse dei liberi professionisti prevedono, sino a un determinato anno, il calcolo reddituale della pensione (basato sui redditi migliori), poi il calcolo contributivo: è dunque questa sorta di calcolo misto che deve essere utilizzato, se presso il fondo si ottiene il diritto alla pensione di vecchiaia, senza bisogno di sommare i contributi di altre gestioni.

Quando andare in pensione con il cumulo?

Il cumulo dei contributi, istituito nel 2012 e poi esteso ad un’ulteriore platea di beneficiari, tra cui i liberi professionisti, dalla legge di Bilancio 2017, consiste nella possibilità di sommare gratuitamente i contributi presenti in casse differenti ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia, anticipata (con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), d’inabilità e ai superstiti.

A differenza della totalizzazione, nelle gestioni Inps non si applica il ricalcolo contributivo della prestazione.

Per approfondire: Cumulo dei contributi.

Quando andare in pensione con l’opzione Donna?

Risulta recentemente prorogata l’opzione Donna, una pensione agevolata dedicata alle sole lavoratrici, che possono anticipare notevolmente l’uscita dal lavoro in cambio del ricalcolo contributivo della prestazione.

Ad oggi, per potersi pensionare con opzione Donna devono essere rispettati precisi requisiti di età:

  • per le lavoratrici dipendenti, è necessario aver raggiunto 35 anni di contributi al 31 dicembre 2018, ed essere nate entro il 31 dicembre 1960; dalla data di maturazione dell’ultimo requisito alla liquidazione della pensione è prevista l’attesa di un periodo, detto finestra, pari a 12 mesi;
  • per le lavoratrici autonome, è necessario aver raggiunto 35 anni di contributi al 31 dicembre 2018, ed essere nate entro il 31 dicembre 1959; dalla data di maturazione dell’ultimo requisito alla liquidazione della pensione è prevista l’attesa di un periodo di finestra pari a 18 mesi.

In pratica, possono ottenere la pensione le dipendenti che hanno compiuto 58 anni e le autonome che hanno compiuto 59 anni entro il 31 dicembre 2018, se possiedono 35 anni di contributi entro la stessa data.

Quando andare in pensione come lavoratori agricoli?

I lavoratori agricoli, rispetto alla generalità dei lavoratori dipendenti, beneficiano di agevolazioni per il diritto alla pensione. In determinati casi, difatti, hanno diritto a delle maggiorazioni, e possono essere sufficienti 156 o 270 giornate per possedere un anno di contributi.

Per approfondire: Pensione lavoratori agricoli.

Quando andare in pensione come liberi professionisti?

Per gli iscritti alle casse professionali, i requisiti per la pensione sono differenti rispetto a quelli previsti per la generalità degli iscritti alle gestioni Inps. I liberi professionisti possono infatti ottenere, oltre alla pensione in regime di cumulo e totalizzazione (se possiedono versamenti in casse diverse), anche delle particolari pensioni di vecchiaia, anzianità e anticipata.

Per approfondire: Requisiti per la pensione dei liberi professionisti.

 

note

 

[1] D.L. 201/2011.

[2] D.lgs. 67/2011.

Il manifesto sardo

Castellina: Una sinistra forte per cambiare l’Europa

16 Aprile 2019

Luciana Castellina

[Argiris Panagopoulos]

L’intervista a Luciana Castellina del giornalista greco Argiris Panagopoulos è stata pubblicata nel quotidiano di SYRIZA “Avgi”, domenica 14 aprile 2019 con il titolo: “L’Europa è il terreno delle lotte che abbiamo di fronte” (red).

“È un mio grande onore essere candidata di SYRIZA alle elezioni europee, perché la presenza di Alexis Tsipras e del governo di sinistra è stato il punto principale per cambiare le politiche distruttive di austerità in Grecia e del tentativo di cambiare gli equilibri in Europa, con i governi progressisti della Spagna e del Portogallo”, ha detto ad “Avgi” Luciana Castellina, la storica dirigente di spicco della sinistra italiana ed europea, che è stata una dei protagonisti della lotta contro la dittatura sia dall’interno della Grecia che in Italia e in Europa.

-Come ha visto la proposta della sua partecipazione nella lista di SYRIZA per le elezioni europee?
Mi sono emozionata troppo, perché ho legami fraterni con i greci, la sinistra greca, la sua storia eroica e complicata, che guardo da vicino ancora prima che tu nascesti! Dico questo perché seguo cosa succede in Grecia dagli anni ’50. Mi sono commossa quando ho saputo che nella lista per il parlamento europeo di SYRIZA c’è anche Dimitris, il figlio di Nikos Ploumpidis, perché abbiamo lottato per salvarlo [dalla fucilazione], come avevamo fatto prima per salvare Nikos Belogiannis e i suoi compagni. Scrivevo per la Grecia dalle pagine del Paese Sera di Roma, la rivista teorica del PCI “Rinascita”, dopo al “Manifesto”, che abbiamo fondato con Rosana Rossanda, Lucio Magri, Luigi Pintor, Valentino Parlato e tanti altri eccezionali compagni appartenenti a quella che in Grecia era chiamata “la sinistra del rinnovamento”. .
Il mio rapporto con la Grecia e la sinistra greca era più che un rapporto giornalistico, perché era una passione e un amore continuo per il paese, la sua gente e tutti coloro che lottavano per portarlo avanti in tempi molto difficili. Non mi lega solo uno stretto rapporto umano con molti protagonisti della storia tumultuosa della sinistra greca, ma anche con le molte delle nostre comuni avventure politiche dalla ricerca difficile del rinnovamento, come si diceva in Grecia, del movimento comunista nel confronto tra il dogmatico KKE e gli “rinnovatori” del KKE Esoterikou, del PC Greco dell’Interno, tra il KKE Ex. e il KKE Es. Ho seguito molto da vicino la creazione di Synaspismos, della Coalizione di sinistra, e gli sforzi di questa sinistra pe guadagnare una solida base elettorale, poi ho visto con entusiasmo la creazione di SYRIZA. Ho partecipato alla maggior parte delle discussioni, plenarie e agli incontri che hanno segnato questo percorso della sinistra greca.
Non dimenticate che in Italia con il “Manifesto” e il Partito di Unità Proletaria per il Comunismo, il PdUP, stavamo andando oltre la logica comunista ufficiale e burocratica ed eravamo alla ricerca di qualcosa di nuovo.
Ci siamo incontrati in tempi difficili durante la giunta militare cercando di aprire un nuovo percorso per la sinistra greca, con Babis Drakopoulos, Mitsos Partsalidis, con la stampa della “Grecia Libera” a Roma. Ci siamo opposti all’invasione sovietica in Cecoslovacchia e abbiamo difeso un altro comunismo, perchè eravamo liberi di seguire un percorso diverso dalla “ufficialità” del Partito Comunista Italiano E tutto questo si faceva di pari passo con la lotta contro la dittatura. Sono orgogliosa perché la dittatura dei colonnelli mi ha arrestato. Non sono cose che si dimenticano. Molti italiani abbiamo dato l’anima nella lotta contro la dittatura dentro e fuori la Grecia. Oggi ho novant’anni, ma mi sento bene con me stessa, perché né io né i miei compagni non siamo mai rassegnati.

-Dalla lotta contro la dittatura alla “sinistra del rinnovamento” fino alla lista di SYRIZA
Sono molto onorata di partecipare alla lista elettorale di SYRIZA e di sostenere Alexis Tsipras, perché sono contraria a tutti quei cretini che dicevano che si doveva fare una cosa diversa.

-Ma come vede oggi il suo paese, l’Italia?
In Italia dobbiamo aprire nuove strade, perché ci troviamo in una situazione difficile con la destra che abbiamo. Salvini è qualcosa di molto brutto. Il Movimento Cinque Stelle è in una grande confusione e il Partito Democratico non è nella posizione di intervenire. Non riesce a fare nemmeno una autocritica. Direi “Viva la socialdemocrazia tedesca dell’SPD!”. Quelli almeno hanno discusso nel loro interno, il perché hanno perso così tanti voti e hanno riconosciuto che tutto è iniziato con la riforma del lavoro e dello stato sociale di Schroeder, che ha provocato un duro colpo al forte stato sociale e ai diritti dei lavoratori tedeschi. Il Partito Democratico non è in grado di fare una cosa simile e continua a vacillare.
La sinistra si sta preparando a fare una lista unitaria per le elezioni europee, per dimostrare che esiste. Purtroppo c’è una grande sfiducia nella politica che non aiuta l’emergere di una forte sinistra politica, anche se, come ben sai, l’Italia è una società vivace, non è ferma, ci sono molti movimenti, ci sono molte persone che stanno lottando, ma è molto difficile creare una proposta a livello politico soprattutto perché i giovani sono molto scettici. Ma dobbiamo provare. Abbiamo fatto una lista di candidati per le elezioni europee che riunisce tutto ciò che si trova politicamente a sinistra.

-Lei ha una grandissima esperienza all’interno delle istituzioni europee e un importante coinvolgimento negli eventi internazionali degli ultimi decenni. Lei è stata presidente della Commissione Cultura del Parlamento europeo, probabilmente ha ricoperto uno degli incarichi più alti raggiunti da una persona di sinistra all’interno dell’unica istituzione europea eletta. Come vede l’Europa di oggi?
Sono appena tornata da Bruxelles, dove alcuni greci hanno festeggiato la mia candidatura con SYRIZA. Abbiamo fatto un’iniziativa del gruppo della sinistra al Parlamento europeo, del gruppo GUE, con la partecipazione dei verdi e dei socialdemocratici. Qualcosa si muove. Non mi sembra che l’estrema destra riuscirà a ottenere i deputati che dice. Il gruppo socialista sarà decimato, anche se c’è un pezzo che cerca di un altro percorso. Non sono troppo pessimista.
In questo momento forse i grandi cambiamenti non sono quelli che possono essere fatti all’interno delle istituzioni, ma nella società. La sinistra e il centrosinistra hanno fatto troppi errori, perché non hanno cercato di creare un soggetto politico europeo. Se non hai un soggetto politico, non è possibile cambiare nulla a livello istituzionale. Non ci sono sindacati che si muovono come sindacati europei. Nei paesi europei ci sono problemi grandi e aperti. Prendiamo ad esempio il salario minimo e il reddito sociale. In ogni paese hanno discusso questi problemi, ma non c’è un’iniziativa comune a livello europeo. Una proposta europea comune su questi temi avrebbe dato loro forza e li avrebbe resi noti a tutti. I sindacati sono coinvolti nei loro problemi nazionali. I partiti sono presenti nel Parlamento europeo, abbiamo l’eurogruppo dei socialisti, della sinistra. Anche ora che inizia la campagna elettorale non siamo in grado di prendere iniziative comuni, pubblicazioni comuni ed un vero e proprio dialogo pubblico. In questo modo c’è la frammentazione della opinione pubblica e della sinistra. Questo permette di mettere uno contro l’altro. Non c’era solo Schaeuble a dire che i greci non lavorano e che sono pigri. Lo diceva sfortunatamente anche il lavoratore tedesco. Per noi del Sud Europa tutti i tedeschi sono nazisti. Cosa che non è vera. Dobbiamo essere in grado di superare gli stereotipi e costruire una società europea, una comunità di persone, di cittadini europei ed un soggetto politico comune della sinistra. In caso contrario, non saremo mai in grado di raggiungere una redistribuzione della ricchezza e un’Europa basata sulla solidarietà. Rischiamo di avere un’Europa brutta, competitiva, frammentata. Forse la più grande sfida per le elezioni europee è quella di costruire questo soggetto politico comune che non siamo riusciti a costruire finora. Questo sarà una garanzia per la democrazia in Europa. Ci dovrebbe essere un popolo veramente europeo con il suo partito di sinistra. Non possiamo rimanere con i governi che discutono e decidono tra di loro.

-Lei parla di unificazione, di un popolo europeo, partiti europei in opposizione al rinascimento del nazionalismo?
Certamente. Il nazionalismo non è il futuro ma il passato. Vi faccio un esempio. L’unificazione italiana è stata trainata dal Regno di Piemonte, quello di Torino. Il Regno di Savoia è stato un pessimo stato che si è comportato male e occupò l’Italia meridionale, era reazionario. Ma nessuno ha chiesto di tornare ai Borboni, al Regno delle Due Sicilie. Era evidente che il nuovo Stato italiano era il terreno nel quale si doveva dare la nuova contrapposizione storica. La questione non è se l’Europa è buona o cattiva. È il terreno nel quale dobbiamo fare le nostre lotte. Solo lì possiamo davvero cambiare le cose. È pura follia pensare che le potrà cambiare lo stato nazionale. Ognuno di noi da solo affonderebbe nel Mediterraneo. Questa è la verità.
Solo se abbiamo un’idea collettiva e la forza per cambiare l’Europa possiamo sperare di essere in grado di recuperare una parte del potere e delle decisioni, del cambiamento complessivo delle sue istituzioni. Nonostante i suoi difetti l’Europa rimane la più grande democrazia che garantisce i maggiori diritti democratici, economici e sociali nel mondo, quelli che abbiamo conquistato perché abbiamo lottato, forse di più nel passato. Non c’è li hanno regalati per ridarli indietro.

-Ha vissuto in prima persona la grande crisi economica, inclusa quella greca. Come vede la situazione oggi?
Noi tutti, come persone e tutti i nostri governi, siamo colpevoli, perché non abbiamo dato alla Grecia la solidarietà che avrebbe dovuto avere. Dovevamo fare di più. La scelta di Tsipras è stata una scelta molto difficile e molto dura, ma ha fatto la scelta giusta. Cosa doveva fare? Uscire dall’euro, come diceva Juncker? Uscire dall’euro e dall’Europa? Sapete benissimo che in una settimana non avreste potuto comprare carburante per andare nelle vostre bellissime isole o medicine per gli ospedali..
Cosa avrebbe dovuto fare? Andare da Samaras e da Mitsotakis a dire “mi dispiace Samaras e Mitsotakis, riprendere il governo, perché io non c’è la faccio e continuate a distruggere il Paese e la sua gente! Fate quello che volete!”. Tsipras ha fatto la scelta giusta e ha cercato di alleggerire la gente colpita dalla crisi e dal peso delle misure negative imposteda icreditori miserabili. Tsipras e il suo governo hanno cercato e cercano di ridistribuire il peso della crisi, con una ridistribuzione della ricchezza, perché stanno cercando di proteggere i poveri e la classe media impoverita.
Credo che Tsipras abbia preso una decisione molto coraggiosa. Non dipendeva da lui, da SYRIZA o dalla sinistra, ma dagli altri europei, che si sono rivelati meschini. Per questo motivo abbiamo bisogno di un soggetto politico europeo veramente comune, che senta la propria la battaglia che ognuno si dà, senza lasciare nessuno da solo.
Eravamo insieme a festeggiare in piazza a Klathmonos le vittorie di SYRIZA, nel gennaio del 2015, la vittoria nel referendum e la vostra vittoria nelle elezioni del settembre 2015. Quelli che sono andati via da SYRIZA, Unità Popolare e Varoufakis, avrebbero voluto far cadere il governo e portare la Grecia fuori dall’UE e dall’eurozona. Queste cose dicevano allora e sono stati giudicati dal popolo greco che li ha fatti rimanere anche fuori del parlamento. Questo è stato un verdetto popolare politico. Nel mio ultimo libro “Amori comunisti”, descrivo la grande storia d’amore di due grandi combattenti dell’Esercito Repubblicano greco e grandi combattenti della sinistra, di Nikos e di Argirò Kokovli, che avevo conosciuti anni fa nella casa del mio amico Christos Papoutsakis.. Queste due persone coraggiose, che erano rifugiati politici nella ex Unione Sovietica avevano scelto di andare con il PC Greco dell’Interno, come Kostas Filinis, con il quale eravamo insieme nel Parlamento europeo, come Gianniw Banias e tanti altri bravi compagni che ci hanno lasciato. Erano traditori o guardavano più lontano? In Spagna, voteranno tra qualche giorno, in Grecia avrete le elezioni parlamentari in autunno, come in Portogallo. Nessuno cittadino democratico, progressista e di sinistra in questi tre paesi e in Europa dovrebbe trascurare che la nostra possibilità per cambiare l’Europa passa dalla vittoria dei loro partiti che sostengono questi tre governi progressisti. SYRIZA e la sinistra spagnola e portoghese fanno il loro dovere verso i loro lavoratori e verso i loro popoli. Cercano di trovare le migliori soluzioni. Il popolo greco, il suo governo e SYRIZA non devono mai più restare soli. Tutti noi ne abbiamo bisogno per cambiare l’Europa.

La nostra Luciana
La novantenne Luciana Castellina è diventata membro del PCI nel 1947, ed è stata tra i leader della sua organizzazione giovanile, la FGCI, avendo diretto per anni il suo settimanale, e si era appassionata di giornalismo. Fu arrestata nel 1948, nel 1950 e nel 1956, mentre nel 1963 fu imprigionata per due mesi. La giunta dei colonnelli ha arrestato ed espulso Luciana, la quale tra le altre cose, insieme a Furio Colombo avevano potuto diffondere all’estero le prime immagini dalla dittatura militare, che furono mandata in ondaa dalla RAI. Nel 1968 è stata espulsa dal PCI, insieme al gruppo del “Manifesto”, e nel 1976 fu eletta deputata con la lista unitaria di allora Democrazia Proletaria, per passare un paio di mesi dopo, nel Parlamento europeo. Nel 1983 `stata rieletta al parlamento italiano, ma un anno dopo ha scelto il Parlamento europeo, partecipando anche alla Direzione del PCI, dopo lo scioglimento del Partito di unità proletaria per il comunismo PdUP e il suo ritorno nel PCI. È stata eletta più volte al Parlamento italiano ed europeo. È stata presidente della Commissione Cultura del Parlamento europeo dal 1994 al 1997, protagonista alla creazione della Rifondazione Comunista, dirigendo per anni il suo settimanale “Liberazione”, tra i fondatori e dirigenti di Sinistra Ecologia Libertà, de L’altra Europa con Tsipras ed oggi di Sinistra Italiana, con un impegno straordinario nel campo del cinema e della cultura. Dal 2014 è presidente onorario dell’ARCI, la grande associazione culturale e sociale della sinistra, mentre proprio la settimana scorsa è stata premiata con L’Olivo d’Oro al Festival del Cinema Europeo per il suo ultimo libro: “Amori comunisti”, che parla di alcuni grandi amori tra attivisti del movimento comunista, tra i quali anche quello di Argyrò e Nikos Kokovlis.