Archivi giornalieri: 5 gennaio 2021

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Incentivi per il rientro dei cervelli: novità della Legge di Bilancio 2021

Incentivi per il rientro dei cervelli: novità della Legge di Bilancio 2021
Si amplia il beneficio fiscale degli incentivi per il rientro dei cervelli. Ecco le novità contenute nella Legge di Bilancio 2021.
 

Incentivi per il rientro dei cervelli a maglie larghe nella Legge di Bilancio 2021 (Legge 178/2020), al co. 50 amplia l’ambito di applicazione del regime fiscale agevolato previsto per i lavoratori impatriati. In che modo? Ebbene, la misura per il rientro dei cervelli è stata estesa:

  • anche ai lavoratori già iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), che sono ritornati in Italia prima del 2020;
  • e che, al 31 dicembre 2019, risultano beneficiari del regime di favore ordinario i quali, altrimenti, sarebbero stati esclusi.

Tuttavia, la norma prevede delle condizioni minime d’accesso al regime agevolato, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito senza l’applicazione di sanzioni. Vediamo quindi in dettaglio tutte le novità previste dalla Manovra 2021.

Rientro dei cervelli: la normativa

La normativa sul regime speciale per lavoratori rimpatriati, meglio nota come rientro dei cervelli, è stata introdotta dall’art. 16 del D. Lgs. 147/2015, poi modificata dall’art. 5 del Decreto Crescita (Dl 34/2019).

L’agevolazione fiscale prevede in sostanza che:

“i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato (…), concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare”.

Tale agevolazione si applica al ricorrere delle seguenti condizioni:

  • i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
  • l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano.

Novità Decreto Crescita

Successivamente, il “Decreto Crescita” ha previsto l’estensione per ulteriori 5 anni del beneficio ai:

  • soggetti che trasferiscono la residenza in Italia a partire dal 2020;
  • lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo;
  • lavoratori che diventino proprietari di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento.

Incentivi per il rientro dei cervelli

In entrambi i casi, i redditi negli ulteriori 5 periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare.

Diversamente, per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, i redditi negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 10% del loro ammontare.

Condizioni e requisiti

Innanzitutto, stabilisce l’art. 1, co. 50 della Legge di Bilancio 2021, l’allungamento a 5 anni esteso dalla manovra ai lavoratori altamente qualificati rientrati prima del 2020, è sottoposto a determinate condizioni. Difatti, il lavoratore:

  • deve essere proprietario, o deve esserlo diventato, di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al rientro o nei 12 mesi precedenti;
  • ovvero ne deve essere divenuto proprietario entro 18 mesi dalla data di esercizio dell’opzione.

In particolare, il regime agevolato previsto dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 è applicabile previo versamento di un importo pari al 5% o al 10% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia.

Versamento al 10%

Un importo pari al 10% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione. Ciò vale se il soggetto al momento dell’esercizio dell’opzione ha almeno un figlio minorenne, anche in affido preadottivo, o è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, ovvero ne diviene proprietario entro 18 mesi dalla data di esercizio dell’opzione di cui al presente comma, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito senza l’applicazione di sanzioni. L’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà;

Versamento al 5%

Un importo pari al 5% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione. Ciò vale se il soggetto al momento dell’esercizio dell’opzione ha almeno tre figli minorenni, anche in affido preadottivo, e diventa o è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei 12 mesi precedenti al trasferimento, ovvero ne diviene proprietario entro 18 mesi dalla data di esercizio dell’opzione. L’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.

Modalità di esercizio

Infine, si specifica che la definizione delle modalità di esercizio dell’opzione sono demandate ad un futuro provvedimento dell’Agenzia delle Entrate. Quest’ultimo deve essere emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione e, dunque, dalla stessa Legge di Bilancio 2021.

1.

Obbligo del vaccino anti-covid

Obbligo del vaccino anti-covid nei rapporti di lavoro: l’azienda può imporlo?

Il dibattito sull’obbligo del vaccino anti-covid nei rapporti di lavoro è entrato nel vivo. Si può obbligare il lavoratore a vaccinarsi?
 

In queste ultime settimane, insieme alle confortanti notizie relative alla creazione del vaccino anti-covid e alla prossima distribuzione in buona parte del globo, tema dominante è la discussione sull’eventualità di introdurre un obbligo del vaccino nei rapporti di lavoro. Non deve stupire che, anche per il vaccino covid-19, vi sia chi è favorevole e chi è contrario, come già accaduto in passato per altri vaccini.

Di mezzo c’è infatti, sempre e comunque, il diritto alla salute di ciascun individuo, ma non solo. Rilevano anche delicati aspetti legati al rapporto di lavoro tra azienda e lavoratore, ed è proprio l’argomento su cui vogliamo soffermarci di seguito.

Può il datore di lavoro consigliare caldamente il vaccino al dipendente e spronarlo a farlo, prospettando – in caso di suo rifiuto – il licenziamento? L’azienda può imporre l’obbligo di vaccinarsi ai dipendenti? Cerchiamo di capirlo, anche se il dibattito è aperto e la risposta non è scontata.

Obbligo del vaccino e no-vax: il contesto di riferimento

Prima di vedere più da vicino la questione dell’obbligo vaccinale con riferimento ai rapporti di lavoro, spendiamo qualche parola sul dibattito tra favorevoli e contrari.

Come accennato, il sì al vaccino anti covid non è un fatto scontato. Come per altri vaccini del passato, si moltiplicano infatti i gruppi No Vax, ovvero coloro che manifestano la loro contrarietà alla vaccinazione; gli stessi fanno una campagna tesa a convincere le persone che, per tutelare la propria salute, è meglio non fare il vaccino. Il loro principale mezzo di diffusione sono i vari social network.

Vero è che i vaccini anti-covid sono invenzione recentissima e, secondo alcuni, non ancora suffragati da un numero sufficiente di test e verifiche, idonei ad individuare eventuali effetti collaterali e/o controindicazioni. Tanto che non sarebbe opportuno parlare, già ora, di obbligo del vaccino.

D’altronde i No Vax sostengono che i vaccini in generale costituiscono dei medicinali pericolosi per la salute o che nascondono possibili effetti collaterali, di cui per convenienza non se ne dà notizia. Chi invece sostiene l’utilità del vaccino e dell’obbligo del vaccino, afferma che farlo contribuirebbe a raggiungere la cosiddetta ‘immunità di gregge’; la quale farebbe uscire definitivamente dal tunnel.

I dati forniti dall’eurobarometro alla Commissione europea sono significativi e delineano con chiarezza il quadro della popolazione. Nella penisola:

  • circa la metà della popolazione italiana ritiene che i vaccini possano produrre dei gravi effetti collaterali (46%);
  • mentre un terzo che possa invece indebolire il sistema immunitario (32%);
  • ben il 34% della popolazione pensa che dire sì all’obbligo del vaccino potrebbe causare nuove patologie.

Insomma, numeri che fanno riflettere e che fanno capire quanto il dibattito sia ancora lontano dalla conclusione.

Obbligo del vaccino anti-covid nei rapporti di lavoro: è possibile il licenziamento nella PA?

Se chi si sottoporrà al vaccino covid, indipendentemente da un obbligo di vaccino, ovviamente non rischierà nulla, sul piano del rapporto di lavoro, è piuttosto chi intende non farlo, che potrebbe subire delle ripercussioni sul piano professionale.

Proprio in questi giorni si è ipotizzato l’obbligo del vaccino per i lavoratori del settore pubblico. La Ministra per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone ha subito escluso la possibilità, definendo ‘assurdo’ il metodo coercitivo nei confronti degli impiegati pubblici.

In verità, si è parlato anche di una sorta di ‘patentino di immunità’, ovvero un’idea che è stata lanciata inizialmente da alcune compagnie aeree: si tratterebbe di “passaporto vaccinale”, un patentino, una app per distinguere chi ha fatto il vaccino covid e chi no, indipendentemente dal suo status di lavoratore.

Per questa via, il dibattito sull’obbligo del vaccino sarebbe superato, ma c’è chi delinea problemi di incostituzionalità, perchè la popolazione sarebbe divisa tra vaccinati e non, con la differenza che chi non si vaccina, non potrebbe avere accesso ad alcune attività tipiche della vita di relazione, come ad es. andare al cinema o prendere un aereo.

Obbligo vaccinale nella PA: il pensiero di Ichino

Per quanto riguarda il lavoro del settore pubblico, il noto giurista Pietro Ichino ha recentemente spiegato che la tesi del licenziamento per chi si oppone all’obbligo del vaccino, non è azzardata.

Infatti, secondo il professore, rendere il vaccino obbligatorio contro il coronavirus “non solo si può, ma in molte situazioni è previsto”. L’articolo 2087 del codice civile lo permette, perché di fatto:

obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure suggerite da scienza ed esperienza, necessarie per garantire la sicurezza fisica e psichica delle persone che lavorano in azienda o presso una Pubblica Amministrazione.

Ichino inoltre sottolinea che “finché c’è un rischio apprezzabile di contagio”, l’art. 32 Costituzione sul diritto alla salute, non può essere violato dalla previsione di un obbligo del vaccino.

Insomma, la questione è aperta, e la discussione – anche dal punto di vista giuridico, e non soltanto politico – proseguirà nelle prossime settimane, in attesa dei prossimi passi del Governo in tema di vaccino covid.

Obbligo del vaccino covid: nel settore privato è possibile?

Ci si domanda contestualmente quali potrebbero essere le conseguenze per un dipendente del settore privato, in caso di opposizione all’obbligo del vaccino o comunque di suo rifiuto a riceverlo.

Ebbene, sono state date conclusioni non dissimili da quelle sopra viste per il settore pubblico. Infatti, qualche giorno fa Raffaele Guariniello, magistrato e giurista italiano, ha chiaramente parlato di possibilità di licenziamento dal proprio posto di lavoro in azienda.

“La legge prevede l’obbligo di allontanare il lavoratore e di adibirlo ad altra mansione, ma solo ove possibile”, ha ricordato il giudice; aggiungendo che, in questo periodo di smart working, “lo stato di emergenza non consente i licenziamenti, ma in futuro il problema potrebbe presentarsi”. Questo perché “qualcuno potrebbe lamentare la violazione della libertà personale di non sottoporsi al vaccino, ma per avere ragione dovrebbe prima cambiare la legge”. Parole sicuramente forti che e che alimenteranno il dibattito sull’obbligo del vaccino nei prossimi tempi.

Il punto ben inquadrato dai giuristi e che ha rilievo sia sul piano del lavoro pubblico, che sul piano del lavoro privato, è rappresentato dal fatto che, se è vero è che ogni individuo può decidere per sé cosa è meglio e cosa no, se si rientra in un contesto di collettività – come succede ovviamente in ufficio o in PA – la necessità primaria è quella della tutela della salute collettiva, ovvero delle altre persone.

In buona sostanza secondo la tesi dei giuristi, chiunque potrà dire no alla vaccinazione e all’obbligo del vaccino; ma se ciò metterà a rischio la salute di altri individui, lavoratori e non, il rifiuto rappresenterà un impedimento oggettivo alla continuazione del rapporto di lavoro. La ragione è semplice: la tutela dell’interesse personale alla prosecuzione del rapporto di lavoro pubblico o privato cede innanzi alla necessità di protezione della salute collettiva.

L’art. 32 della Costituzione e obbligo di vaccinazione

Nonostante quando detto sopra, la Costituzione italiana non impone ai cittadini di fare un vaccino: infatti nell’art. 32, insieme alla tutela della salute garantita dalla Repubblica sia per il singolo cittadino che per la collettività, con cure per gli indigenti, si trova scritto che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Attenzione però: il Professor Ichino, recentemente interpellato sul dibattito relativo all’obbligo del vaccino, fa notare che se la scelta di non curarsi determina un pericolo per la salute degli altri, a prevalere – nel bilanciamento tra le tutele – è la tutela di quest’ultima, ovvero della collettività. “Se sono un eremita sono liberissimo di non curarmi e non vaccinarmi. Se rischio di contagiare familiari, colleghi o vicini di posto in treno, no: lo Stato può vietarmi questo comportamento”, le parole usate dal giurista.

Quale potrebbe essere lo scenario dei prossimi mesi?

Come si può notare, il dibattito è tutt’altro che concluso. Mentre nel Governo si fa gradualmente largo il partito favorevole all’obbligo del vaccino, sarà fondamentale vedere come si evolverà la curva dei contagi e come sarà il comportamento delle persone in relazione al vaccino; ovvero se vi sarà una spontanea adesione di massa, oppure no.

Se gli avvertimenti e le raccomandazioni pro vaccinazione non saranno sufficienti, il rischio concreto è che tra qualche mese, con i vaccini ormai presenti in grandi quantità, il Governo potrebbe decidere per l’imposizione dell’obbligo del vaccino, ai comuni cittadini e, in particolare, ai lavoratori del settore pubblico e privato.

Lo Stato “Non solo può, ma deve farlo. Ovviamente se è ragionevole. In questo momento non lo sarebbe, perché non è ancora possibile vaccinarsi. Ma, via via che la vaccinazione sarà ottenibile per le categorie a rischio diventerà ragionevole imporre questa misura, finché l’epidemia di Covid sarà in corso”, fa notare Ichino.

Concludendo, se è vero che il dibattito sul possibile obbligo del vaccino è tutt’altro che sopito, è altrettanto vero che, a ben vedere, né nella legge, né tantomeno in Costituzione, sono stati individuati fattori di ostacolo all’introduzione di una obbligata vaccinazione di massa. Non resta dunque che seguire gli sviluppi della vicenda, tenendo d’occhio la curva dei contagi e i comportamenti degli italiani.

Ponti lavorativi e giorni festivi del 2021: calendario

Ponti lavorativi e giorni festivi del 2021: calendario completo delle festività

Se con la testa sei già alle prossime vacanze ecco il calendario completo delle festività e dei ponti lavorativi per il 2021.
 

Terminato il 2020 e le festività di fine anno l’Epifania tutte le feste porta via… e ormai tutti sono rientrati o stanno per rientrare a lavoro, o ricominciano la propria attività in smart working. Per diminuire lo stress da rientro dalle ferie si pensa già al calendario delle festività e ponti lavorativi del 2021 così da poter organizzare le proprie vacanze (restrizioni covid permettendo) oppure brevi weekend per staccare la spina per qualche giorno dal proprio lavoro. Anche se il 2020 sarà ricordato per il covid-19 e il 2021 per il vaccino (speriamo) è bene pensare a giorni di relax per distogliere l’attenzione, soprattutto per chi non ha staccato dal lavoro.

Il 2021 ci riserva poche festività infrasettimanali e quindi di conseguenza pochi ponti di vacanza senza prendere giornate di ferie; pertanto gli amanti dei ponti lunghi dovranno rassegarsi! Quindi quest’anno non ci saranno ponti (o meglio ci saranno ma si dovranno attaccare alle ferie), la maggior parte delle festività nazionali civili e religiose, infatti ricadranno di sabato e domenica, qualcuna di mercoledì e solo una di lunedì (per allungare il weekend).

Ma vediamo qui di seguito il calendario completo delle festività e dei ponti lavorativi del 2021.

Ponti lavorativi 2021

Terminate le vacanze natalizie si pensa già a quale vacanza organizzare sbirciando il calendario in cerca di ponti lavorativi e giorni festivi del 2021. A differenza del 2020 in cui i ponti sono stati davvero pochissimi, quest’anno non ce ne saranno proprio! Gli unici ponti da considerare, anche se bisogna prendere le ferie per poterli “agganciare” sono:

  1. l’Epifania, questo perchè il 6 gennaio capita di mercoledì;
  2. 2 giugno 2021, Festa della Repubblica, sempre di mercoledì;
  3. 8 dicembre 2021, l’Immacolata concezione che capita anch’esso di mercoledì.

Gli unici Ponti per poter allungare il weekend senza dover prendere ferie sono:

  1. il 1 gennaio 2021 Capodanno che è stato un venerdì;
  2. il 1 novembre 2021, festa di Ogni Santi che capita di lunedì.

Le altre festività nazionali del 2021 ricadranno principalmente di sabato e di domenica, quindi di conseguenza sarà davvero complicato godere di ponti lunghi oppure di qualche altro giorno di ferie non pattuito dal contratto lavorativo.

Uniche eccezioni saranno le feste patronali, che cambiano di comune in comune e che non sono oggetto del presente articolo.

Leggi anche: Rientro al lavoro dopo le ferie: consigli utili per abbassare lo stress

Calendario festività 2021

Ecco il riepilogo dei giorni festivi (civili e religiose) del 2021:

  • 1 gennaio 2021 Capodanno o Primo dell’Anno (venerdì);
  • 6 gennaio 2021 Epifania o La Befana (mercoledì);
  • 14 febbraio 2021 Carnevale (domenica);
  • 28 marzo 2021 Le Palme o Domenica delle Palme (domenica);
  • 4 aprile 2021 Pasqua (domenica);
  • 5 aprile 2021 Lunedì dell’Angelo o Pasquetta (lunedì);
  • 25 aprile 2021 Anniversario della Liberazione (domenica);
  • 1 maggio 2021 Festa dei Lavoratori o Festa del Lavoro (sabato);
  • 2 giugno 2021 Festa della Repubblica (mercoledì);
  • 15 agosto 2021 Ferragosto o Assunzione (domenica);
  • 1 novembre 2021 Ognissanti o Tutti i Santi (lunedì);
  • 2 novembre 2021 Giorno dei Morti (martedì);
  • 8 dicembre 2021 Immacolata Concezione (mercoledì);
  • 25 dicembre 2021 Natale (sabato);
  • 26 dicembre 2021 Santo Stefano (domenica);
  • 31 dicembre 2021 San Silvestro (venerdì).

Lotteria scontrini

Lotteria scontrini: arriva la proroga della partenza, si inizia fra qualche settimana

La lotteria degli scontrini, originariamente prevista dal primo gennaio, è rinviata a data da destinarsi. Ecco perchè e come funziona.
 

Quando inizia la Lotteria degli scontrini? Ne avevamo parlato nei giorni scorsi, e la novità era ormai pronta per essere varata con l’inizio del mese di gennaio 2021, invece è arrivato il rinvio, ovvero la proroga della data inizialmente prevista per l’avvio della lotteria, mirata ad avere rapporti più trasparenti tra chi vende e chi compra e a combattere l’evasione fiscale.

Vediamo allora un po’ più da vicino cosa è cambiato negli ultimi tempi e ricapitoliamo quali sono i tratti distintivi della nuova lotteria scontrini.

Lotteria scontrini: quando inizia?

Come appena accennato, la lotteria scontrini non ha subito uno stop, bensì un rinvio. Non è più il primo gennaio la data di inizio, ma sarà uno specifico provvedimento a doppia firma dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia Monopoli e Dogane a chiarire la data del varo ufficiale dell’estrazione a sorte, confermata nell’ultima legge di Bilancio.

In particolare, è stato il decreto Milleproroghe a stabilire la proroga, che quindi sposta la lotteria scontrini a data da destinarsi.

Tuttavia, già si sa che il provvedimento che fisserà la nuova data di avvio, non potrà essere redatto e ufficializzato dopo il primo febbraio 2021. Ciò che è già chiaro è, invece, l’insieme di regole da seguire per partecipare alle estrazioni periodiche. Le vedremo tra poco.

Perchè è stata istituita l’estrazione a sorte? Le ragioni dell’ultimo rinvio

In buona sostanza, si tratta di un rinvio di massimo un mese rispetto alla data originaria di avvio. La lotteria scontrini non è però frutto di un’idea recentissima. Infatti, nata come strumento per promuovere e diffondere l’uso della moneta elettronica e combattere l’evasione fiscale – e già prevista dalla Legge di Bilancio 2017 (articolo 1, commi da 540 a 544, legge n. 232 dell’11 dicembre 2016) – la sua partenza ha subito più d’una battuta d’arresto, anche per motivi legati alla pandemia Covid.

Infatti, a causa di quest’ultima, l’avvio della lotteria degli scontrini è stato spostato dal decreto Rilancio di qualche mese fa, dalla data iniziale prevista del primo luglio 2020 al primo gennaio 2021, per poi aversi – come detto – un ulteriore slittamento di qualche settimana.

L’ultimo rinvio, in particolare, è stato dovuto a ragioni di natura organizzativa. E’ da ritenersi collegato ad alcuni aspetti tecnici inerenti l’adeguamento dei registratori di cassa degli esercenti. Coloro che vorranno partecipare dovranno dunque attendere al massimo il primo febbraio 2021.

La lotteria anti-evasione diventa insomma un mezzo efficace per lo stimolo ai pagamenti tracciabili, o almeno questo è nelle intenzioni dei fautori. Infatti, accanto al bonus bancomat o cashback, la legge di Bilancio cancella i premi previsti per le transazioni in contanti, aderendo alle indicazioni di cui al Piano Italia Cashless.

Come funziona la nuova lotteria?

Il meccanismo del premio certamente sarà di stimolo alle transazioni elettroniche. Infatti, una volta entrata a regime, la lotteria degli scontrini permetterà di distribuire ben 901 premi all’anno, da 25.000 euro fino a 5 milioni di euro (1 annuale, 120 mensili e 780 settimanali). Potranno partecipare sia acquirenti, che venditori. Di seguito poi l’Agenzia delle dogane e dei Monopoli sia adopererà per il pagamento dei premi soltanto con bonifico bancario o postale. Ciò al fine di rendere tracciabile ogni aspetto della procedura.

I vincitori dei premi, avvisati tramite PEC o raccomandata a/r, saranno tenuti a recarsi entro 90 giorni dalla ricezione della comunicazione, nella locale sede dell’ufficio dei monopoli territorialmente competente, in base alla propria residenza o al proprio domicilio fiscale per le formalità del caso, ovvero identificazione e indicazione del metodo di pagamento.

Il meccanismo della lotteria scontrini comporta che su ogni acquisto, siano emessi dei biglietti virtuali. Possederli significa poter partecipare alle estrazioni dei citati premi. E’ chiaro che più alto è il numero dei biglietti di cui si dispone, maggiori sono le possibilità di vincita. La regola prevede che si tratti di un biglietto virtuale per ogni euro speso fino a un massimo di 1.000 biglietti virtuali per ciascun scontrino di importo pari o al di sopra dei mille euro.

Attenzione però, perchè le estrazioni si applicano esclusivamente agli acquisti di prodotti e servizi da parte di privati o consumatori finali. Si tratta insomma di coloro che non comprano nell’ambito delle attività di impresa, arte o professione.

Lotteria degli scontrini 2021: chi può partecipare al concorso?

Detto concorso a premi, assolutamente gratuito in quanto non prevede costi aggiuntivi di alcun tipo per i partecipanti, ha una pagina web di riferimento, ovvero un portale riservato a quanti vorranno partecipare alle estrazioni e già da dicembre nell’area pubblica del suddetto portale, è inclusa una specifica sezione, in cui è possibile ottenere il codice lotteria che serve per le estrazioni a premi. Secondo la procedura prevista, il citato codice dovrà essere reso noto all’esercente al momento degli acquisti. Ma sarà una libera scelta dell’interessato comunicarlo e quindi partecipare o meno al concorso in oggetto.

Come detto, la lotteria scontrini riguarda gli acquisti presso negozi fisici, compiuti senza uso di contanti, e quindi con  strumenti di pagamento elettronici. I partecipanti debbono avere alcuni requisiti essenziali, ovvero devono essere contribuenti:

  • maggiorenni,
  • residenti in Italia,
  • e devono appunto munirsi a priori di del codice lotteria sul portale predisposto dall’Agenzia delle dogane e monopoli. A seguito dell’acquisto di somma pari o al di sopra di un euro, il citato codice potrà essere abbinato allo scontrino emesso dal venditore.

Concludendo, sulla scorta delle istruzioni già impartite e consapevoli di quelle che sono le modalità di partecipazione alla lotteria scontrini, ribadiamo che gli interessati potranno concorrere entro il primo febbraio 2021. Restiamo dunque in attesa del prossimo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate e Dogane che stabilirà finalmente la data di avvio.

Coronavirus: le misure dell’INPS

Malattia

Il decreto Cura Italia, decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha disposto, ai fini del trattamento economico, l’equiparazione della quarantena alla malattia.

Gestione delle certificazioni di malattia

Ai lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia a carico dell’Istituto vengono riconosciute l’indennità economica, comprensiva di contribuzione figurativa, e l’eventuale integrazione retributiva dovuta dal datore di lavoro.

L’Istituto, nel messaggio 24 giugno 2020, n. 2584, fornisce le indicazioni sulla gestione delle certificazioni di malattia, prodotte dai lavoratori dipendenti privati, durante il periodo dell’emergenza Covid-19.

Il lavoratore, ai fini del riconoscimento della tutela, deve produrre il certificato di malattia attestante il periodo di quarantena, nel quale il medico dovrà indicare gli estremi del provvedimento emesso dall’operatore di sanità pubblica. Per i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, o in possesso del riconoscimento di disabilità o di una condizione di rischio per immunodepressione, l’intero periodo di assenza dal servizio debitamente certificato, fino al 31 luglio 2020, è equiparato a degenza ospedaliera. Il medico è tenuto a precisare, nelle note di diagnosi, l’indicazione dettagliata della situazione clinica del suo paziente.

Infine, in caso di malattia da Covid-19, il lavoratore deve farsi rilasciare il certificato di malattia dal proprio medico senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica.

Tutte le indicazioni sono contenute nel messaggio 23 ottobre 2020, n.3871, con il quale l’Istituto fornisce istruzioni operative riguardanti il conguaglio delle somme anticipate dai datori di lavoro. Le istruzioni operative sono riferite alle prestazioni erogate ai lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia limitatamente all’importo anticipato per conto dell’Istituto.

Covid-19 e quarantena: chiarimenti sulla tutela della malattia

L’INPS, con il messaggio 9 ottobre 2020, n. 3653, fornisce indicazioni operative e chiarimenti per i lavoratori che hanno diritto alla tutela previdenziale della malattia.

Nell’attuale contesto emergenziale si sono attivate modalità alternative di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, come il lavoro agile o lo smart working. In questo ambito, relativamente alla quarantena e alla sorveglianza precauzionale, l’Istituto precisa che non è possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera nei casi in cui il lavoratore in quarantena o in sorveglianza precauzionale perché soggetto fragile continui a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa in modalità smart working presso il proprio domicilio. In questa circostanza, infatti, non ha luogo la sospensione dell’attività lavorativa con la relativa retribuzione.

In caso di malattia conclamata, invece, il lavoratore è temporaneamente incapace al lavoro, con diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno.

Detrazioni spese veterinarie

Detrazioni spese veterinarie: spese detraibili salgono da 500 a 550 euro
La soglia massima di spese detraibili per le spese veterinarie sale da 500 a 550 euro per effetto della Legge di Bilancio.
 

La Legge di bilancio 2021 alza da 500 a 550 euro il tetto delle spese veterinarie detraibili dall’Irpef al 19%, limitatamente alla parte che eccede 129,11 euro. In pratica, i contribuenti beneficeranno di un ulteriore risparmio d’imposta massimo di circa 9 euro.

Davvero una cifra irrisoria considerando che gli animali da compagnia oramai fanno parte di quasi tutti i nuclei familiari.

Ecco in chiaro tutte le novità contenute nella Manovra 2021.

Detrazioni fiscali per spese veterinarie: le novità della Legge di bilancio 2021

La Legge n. 178/2020, Legge di bilancio 2021, eleva il limite delle spese veterinarie detraibili dall’Irpef. In particolare, il comma 333, innalza la spesa detraibile da 500 a 550 euro. Rimane ferma la franchigia di € 129,11.

Ciò comporta che fino a tale importo non spetta alcuna detrazione. Se spendiamo oltre tale soglia, per la parte eccedente la stessa e fino a 550 euro, possiamo detrarre il 19%.

Detrazioni spese veterinarie: le spese detraibili

La detrazione Irpef per le spese veterinarie è prevista dall’art.15, comma 1, lett.c-bis del DPR 917/86, TUIR; in particolare è ammessa la detrazione delle spese veterinarie su un importo massimo di 500 euro.

La legge di bilancio 2020 aveva appunto innalzato tale limite da 387,34 a 500 euro. La Legge di bilancio 2021 innalza il tetto a 550 €.

Attenzione, la detrazione spetta sulla spesa che eccede euro 129,11. Lo stesso limite previsto per le spese sanitarie.

Dunque, se ad esempio spendo 300 euro per un intervento subito dal mio animale domestico potrò detrarre solo 32,47 € che riportati nel 730 saranno arrotondati a 32 euro.

Davvero una cifra irrisoria se si pensa che oramai cani gatti ecc sono entrati in pianta stabile nelle nostre famiglie. Le cifre spese annualmente per il loro mantenimento e per le cure veterinarie sono sempre più elevate.

Il suddetto limite di spesa è riferito alle spese veterinarie complessivamente sostenute dal soggetto che intende usufruire della detrazione, indipendentemente dal numero di animali posseduti (Circolare 14.06.2001 n. 55, risposta 1.4.2).

Devono essere comprese nell’importo anche le spese indicate nella Certificazione Unica (punti da 341 a 352) con il codice 29.

Spese veterinarie, come pagare

La detrazione spetta se la spesa è pagata con carta o altri strumenti di pagamento tracciabili:

  • al soggetto che ha sostenuto la spesa, anche se non proprietario dell’animale;
  • per le spese sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva (Circolare 14.06.2001 n. 55, risposta 1.4.1).

Di conseguenza, la detrazione non è ammessa per la cura di animali destinati all’allevamento, alla riproduzione o al consumo alimentare, Niente detrazione anche per la cura di animali di qualunque specie allevati o detenuti nell’esercizio di attività commerciali o agricole (DM n. 289 del 2001).

Spese veterinarie, cosa si può detrarre

Inoltre la detrazione è esclusa per le spese sostenute per i mangimi speciali per animali da compagnia, anche se prescritti dal veterinario. Poiché non sono considerati farmaci, ma prodotti appartenenti all’area alimentare (Circolare, Agenzia delle entrate, n°19/E 2020).

In sintesi, posso detrarre la spesa per farmaci con o senza prescrizione medica, esami di laboratorio e visite veterinarie. Anche per eventuali intervento chirurgici è ammessa la detrazione.

Per i farmaci veterinari non dovrebbe essere necessario pagare con strumenti tracciabili. Come avviene per quelli ad uso umano.

I farmaci non devono essere acquistati per forza  in farmacia. Infatti, è detraibile anche l’acquisto presso strutture diverse dalle farmacie, purché autorizzate dal Ministero della salute. Come avviene per la vendita di farmaci generici nei supermercati.

Attenzione, in Italia non è consentita la vendita on line di farmaci che richiedono la prescrizione medica.

Si veda a tal proposito la circolare, Agenzia delle entrate,  n° 19/E 2020.

LEGGI, NORMATIVA E PRASSI

Parità salariale di genere: le novità della Legge di Bilancio 2021

La Legge di Bilancio 2021 prevede un fondo con dotazione di 2 milioni di euro annui per il rafforzamento della parità salariale di genere.
 

La parità salariale di genere diventa sempre di più realtà. Infatti, con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2021 (Legge 178/2020), il Governo ha previsto la costituzione nello stato di previsione del Ministero del Lavoro di un fondo per finanziare misure a favore della parità salariale tra uomo e donna.

A tal fine, il legislatore ha destinato un importo complessivo pari a 2 milioni di euro all’anno da spendere dal 2022 in poi. Si ricorda, al riguardo, che la parità retributiva di genere è un principio fondamentale supportato dalla Costituzione della Repubblica italiana. In particolare, l’art. 37 della Costituzione prevede espressamente che “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”.

Sul punto, la Manovra 2021 stabilisce che le modalità di attuazione della parità salariale di genere è demandato a un decreto del Ministro del lavoro e delle Politiche Sociali, adottato di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Parità salariale di genere: la norma

La Legge di Bilancio 2021 (L. n. 178/2020) all’art. 1, co. 276 stabilisce espressamente che:

“nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito il Fondo per il sostegno della parità salariale di genere, con una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022, destinato alla copertura finanziaria, nei limiti della predetta dotazione, di interventi finalizzati al sostegno e al del valore sociale ed economico della parità salariale di genere e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro”.

Disuguaglianze di genere

L’obiettivo della predetta misura è quella di:

  • abbattere le disuguaglianze di genere che ad oggi si rinvengono in ambito socio-economico;
  • migliorare la partecipazione al mercato del lavoro.

Dunque, si tratta di una misura che s’inserisce nel quadro di iniziative previste dalla Legge di Bilancio 2021 che sono volte a migliorare la condizione della donna in Italia

Gap uomo-donna: le altre misure della Legge di Bilancio 2021

Per favorire l’inserimento lavorativo della donna nel mondo del lavoro e ridurre il cd. “gender gap”, la Legge di Bilancio 2021 ha istituito una serie di misure tra cui:

  • l’esonero contributivo in caso di assunzioni di donne lavoratrici effettuate nel biennio 2021-2022, riconosciuto nella misura del 100 % nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui;

Ma non solo: è stato implementato anche il Fondo per le politiche della famiglia di 50 milioni di euro. Tale importo può essere speso nel 2021 per attuare misure organizzative che favoriscano le madri che rientrano a lavoro dopo il parto.

Inoltre, sono state destinate risorse aggiuntive al Fondo di sostegno al venture capital, pari a 3 milioni di euro per l’anno 2021 per sostenere investimenti nel capitale per progetti di imprenditoria femminile a elevata innovazione.

Gender gap: Fondo pari opportunità e Fondo a sostegno dell’impresa femminile

Infine, per il biennio 2021/2022, è stato istituito altresì:

  • il Fondo pari opportunità della Presidenza del Consiglio volto a favorire percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà, per un importo pari a 1 milione di euro;
  • il Fondo a sostegno dell’impresa femminile, con una dotazione di 20 milioni di euro, destinato a promuovere e sostenere l’imprenditoria femminile.