Archivi giornalieri: 22 marzo 2014

Berlinguer

Quando l’Italia perse Berlinguer

 

 

 

di Rina Gagliardi, Liberazione 11 giugno 2004


Lo piansero non solo gli amici più cari e i compagni più affezionati, ma anche i critici più severi e gli avversari più risoluti, in una connessione sentimentale che ha diverse ragioni

Quando, l’11 giugno 1984, fu annunciata la morte di Enrico Berlinguer, l’Italia intera fu scossa da un’emozione enorme, del tutto inedita nei confronti di un politico che era poi il leader dell’opposizione e, soprattutto, era il “capo” dei comunisti italiani. Fu davvero lutto nazionale, come in Italia non era mai accaduto e come presumibilmente non accadrà mai più: l’omaggio di Sandro Pertini («Lo andrò a prendere e lo porterò con me, come un figlio») rappresentò alla perfezione questo sentimento collettivo, anzi corale. La percezione di una perdita che impoveriva il Paese e lasciava tutti un po’ più soli – non solo gli amici più cari e i compagni più affezionati, ma anche i critici più severi e gli avversari più risoluti.

Da dove nacque questo scatto di connessione sentimentale? C’era stata, certo, la drammaticità della morte – quel comizio interrotto, quegli interminabili minuti di sofferenza, quella lotta tenace, fino all’ultimo secondo possibile, per affermare la forza della parola. E c’erano stati quei quattro lunghi giorni di agonia. La figura del segretario del Pci guadagnava così una dimensione eroica, mitica, proprio nel momento della sua massima – e fatale – fragilità, consentendo a molti, all’Italia migliore, un’identificazione profonda. Se ne va un uomo giusto, fu il titolo del manifesto, scritto di pugno da Luigi Pintor, che riuscì a rendere evidente, più di chiunque altro, questa raggiunta dimensione “universale”. Eppure, tutto questo non basta a spiegare il clima di quelle giornate, l’intensità dei funerali, il riflesso politico di massa che, nel voto europeo che si tenne poco dopo, avrebbe consentito al Pci di diventare il primo partito d’Italia e di superare la Dc per la prima volta nella sua storia.

C’era dell’altro, in quella risposta, e si legava, più o meno consapevolmente alla politica, alle sorti del comunismo e della sinistra italiana. Negli anni ’80, dopo il vistoso fallimento della politica di unità nazionale e, in sostanza, della strategia del compromesso storico, Berlinguer aveva avviato una fase molto intensa di ricerca e di innovazione. Il tema attorno a cui ruotavano questa ricerca e questa innovazione era la diversità: la diversità dei comunisti. Per tanti fu occasione di ironia, se non di scherno esplicito. Ma era questa, in realtà, la sola leva che poteva consentire al Pci una ricollocazione strategica, un recupero delle proprie radici – operaie e di classe – una nuova proposta di sinistra che fosse capace di superare la dimensione “politicista”. Del resto, Berlinguer aveva capito la portata della sfida quando, nell’80, con un gesto inaudito di scavalcamento del sindacato riformista di Luciano Lama, si era presentato, da solo, davanti ai cancelli della Fiat. E quando, pochi mesi prima di morire, aveva tutto investito nella lotta sulla scala mobile, tagliata dal famigerato «decreto» craxiano di san Valentino, che aveva rotto l’unità sindacale. Il fatto è che la politica-politica, anche per un totus politicus come Berlinguer, sembrava aver esaurito i suoi spazi più significativi: se il rapporto organico con la Dc, con il partito del centro cattolico, aveva dato di sè prove pessime, l’alleanza di sinistra, con il nuovo Psi di Bettino Craxi, era ancor più impraticabile. Quasi come le prime formule, un po’ confuse, che Berlinguer si era inventato proprio all’inizio del decennio – il «governo degli onesti», il governo di alternativa democratica – destinate a cadere nel vuoto. Anche per questo, nel Berlinguer sofferente e innovativo dei suoi ultimi anni affiora un interesse inedito verso i movimenti e le nuove culture critiche, come l’ambientalismo e il femminismo.

La «diversità», appunto, era il dato politico – non solo morale – attorno al quale il Partito comunista avrebbe potuto non solo e non tanto “resistere” o conservare il suo patrimonio, ma rilanciare un’opzione trasformativa capace di fronteggiare il rampante “riformismo senza riforme” del nuovo Psi. Proprio qui, nel confronto diretto con Bettino Craxi, la diversità comunista poteva emergere quasi senza bisogno di essere spiegata.

Un gruppo di gangster si è impadronito del Partito socialista italiano. Questo fatto è destinato a modificare in profondità la politica italiana: così Enrico Berlinguer aveva introdotto, nel ’79, una riunione della Direzione del Pci, circondato dal gelo non solo dei “miglioristi” notoriamente filosocialisti. Ma questo era il succo del suo giudizio sul craxismo e sul leader del Psi, «un uomo che pensa solo al potere per il potere», come aveva detto in più d’un’intervista. Del resto, tra Craxi e Berlinguer la differenza era abissale, anche sul piano personale. A cominciare dal fisico: lui, minuto, affaticato, fragile, l’altro, alto e grande, un vero e proprio armadio. Quelle rare volte che s’incontrarono, non riuscirono a imbastire uno straccio di conversazione normale: Berlinguer, come è noto, centellinava le parole, Craxi usava esprimersi con lenta solennità retorica, e poi improvvisamente taceva. Così, tra un silenzio e l’altro, e penosi tentativi di battute, i «vertici di sinistra» ebbero tutti un risultato fallimentare. Ma come negare a Berlinguer, oggi, la preveggenza della questione morale come questione cruciale dell’Italia di finesecolo?

Non è detto che il Berlinguer degli anni della svolta sarebbe davvero approdato ad una organica strategia di sinistra. Quel che si può dire, è che di questo possibile esito c’erano molti segnali, insieme, certo, alla percezione di una difficoltà straordinaria, e, soprattutto, di una sconfitta imminente. In questo senso, la morte di Enrico Berlinguer è stata fino in fondo una morte politica. Un atto estremo, fino al sacrificio di sè, di passione politica. Anche per questo, l’Italia intera capì di aver perduto una figura straordinaria. Un politico “antico” che avrebbe potuto “proteggerla” dal rischio, galoppante, della degenerazione, dell’omologazione, della modernizzazione senza modernità.

 

Documento fornito da Valerio Spositi.

Berlinguer, il fascino della diversità

 

#Berlinguer, il fascino della diversità

#Berlinguer, il fascino della diversità

in EB.ITEnrico Berlinguer 12 febbraio 2014

 

Quello che segue è il testo del discorso che il fondatore di www.enricoberlinguer.it, Pierpaolo Farina, avrebbe dovuto tenere ieri, a conclusione del convegno “Berlinguer, la serietà della politica”, tenutosi alla Camera dei Deputati. Per mancanza di tempo, il suo intervento è stato tagliato. Lo ripubblichiamo qui di seguito.

Mi sento sempre abbastanza inadeguato a parlare di Enrico Berlinguer, vista la mia età, però ho accettato perché mi è piaciuto il titolo del convegno: “la serietà della politica”. Devo però dire che considero “la serietà” solo una delle qualità che hanno concorso negli anni a crearne quel fascino che tutt’oggi porta anche chi non ha vissuto la sua stagione politica a rifarsi al suo esempio.

Il fascino di Enrico Berlinguer, ancora oggi, secondo me, è la diversità. Ha colto il punto, secondo me, Vittorio Foa, quando dipingeva Berlinguer come in violento contrasto con l’immagine consueta dell’uomo politico. E se riflettete alle quattro “virtù” della politica degli ultimi 30 anni (il cinismo, la corruzione, l’ambizione e l’arroganza), ci si rende subito conto del perché di Enrico Berlinguer se ne parli tutt’oggi: egli infatti non era né cinico, né corrotto, né ambizioso e tanto meno era arrogante. A tal proposito, scrisse Enzo Biagi dopo la sua morte che era l’unico politico che aveva incontrato ad aver mantenuto le promesse. Luigi Pintor si spinse più in là dicendo che fece di un ideale un modo d’essere.

Ecco, Enrico Berlinguer lottava per un ideale: ha dedicato fino all’ultimo respiro della sua vita a difendere i diritti di chi non aveva diritti, nel vero senso letterale della parola, quando a Padova si ostinò ad andare fino in fondo al comizio, nonostante l’ictus che l’aveva colpito. Un altro si sarebbe fermato e avrebbe interrotto: lui no, andò fino in fondo e pagò con la vita. E la commozione per un tale gesto di generosità si sono riversati in quel mare di bandiere rosse dei più grandi funerali della storia d’Italia.

Già solo per questo, quando si parla di Enrico Berlinguer bisognerebbe mostrare più rispetto, cosa che non ho visto e non vedo generalmente tra i tanti che si affannano a intestarsene la memoria o che tentano di infangarla per bassi obiettivi di politica spicciola di breve periodo. Mi viene in mente quel passo di Gramsci in Passato e Presente sui costruttori di soffitte:

“Si rimprovera al passato di non aver compiuto il compito del presente: come sarebbe più comodo se i genitori avessero già fatto il lavoro dei figli. Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente: chissà cosa avremmo fatto noi se i nostri genitori avessero fatto questo e quest’altro… ma essi non l’hanno fatto e, quindi, noi non abbiamo fatto nulla di più.”

Ecco, di fronte alla nullità del presente, perché mai dunque ci dovrebbe essere qualcuno stupito del fatto che nell’anno del signore 2014 ci siano più di 376mila persone, di cui il 40% sotto i 34 anni, facenti parte di una web-community con un tasso di crescita settimanale medio di 4000 utenti, e del fatto che le condivisioni sul solo facebook dei pensieri di Enrico superino ogni settimana il milione?

Ci si dovrebbe stupire di chi è stupito. E per replicare all’accusa più frequente, noi ragazzi di enricoberlinguer.it non siamo nostalgici, anzitutto perché non possiamo avere nostalgia di qualcosa che non abbiamo vissuto: semplicemente Enrico Berlinguer rappresenta, secondo noi, quello che un uomo politico dovrebbe essere.

Egli aveva infatti un profondo rispetto per i cittadini e le istituzioni, si preparava e studiava accuratamente sia quando andava in televisione sia quando parlava alle masse: lo faceva in modo chiaro e semplice, senza supponenza, toccando temi alti e complicati, senza lasciarsi invischiare in polemiche personali contro nessuno. Era uno che si presentava ai cittadini spiegando le sue ragioni, senza alcuna pretesa di insegnare alcunché.

Significativo è l’episodio di una settimana successivo alle politiche del ’79, quando Berlinguer va nella sezione Togliatti di Palermo, dove c’era stato un sensibile calo di consensi, armato di carta e penna per prendere appunti: “Sono qui per ascoltare, non per parlare. Per capire dove abbiamo sbagliato.

E a proposito di serietà, non era tipo da concedere battute estemporanee ai cronisti per strada, tanto che un disperato giornalista del New York Times una volta lo inseguì fino alla soglia di Botteghe Oscure e gli chiese: “Ma può dirci almeno quando è nato?”, e lui rispose facendogli notare che avrebbe trovato il dato anagrafico di suo interesse presso la biografia conservata agli uffici del partito.

Ecco, Enrico Berlinguer oggi viene preso ad esempio, anzitutto perché lui l’esempio lo dava. E poteva parlare di Questione Morale perché aveva la credibilità e l’intransigenza per farlo. Ecco perché poteva andare in televisione a dire in prima serata che un politico non al di sopra di ogni sospetto non può invocare il terzo grado di giudizio, ma deve avere il buon gusto di dimettersi e cambiare mestiere.

Oggi gli darebbero del giustizialista: ma Enrico Berlinguer era invece un uomo profondamente morale e aveva capito prima di tanti altri che se viene meno il rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni, allora quello che ci aspetta è il populismo, la rabbia e la violenza sociale, che già in passato nel nostro paese hanno portato a invocare improbabili “uomini della provvidenza.” che hanno fatto a pezzi le istituzioni e i cittadini stessi (quelli giudicati indesiderati, per lo meno)

Mi fanno alquanto ridere quelli che oggi si ricordano di Enrico Berlinguer per fare improbabili paragoni tra il compromesso storico come lo intendeva lui e le larghe intese (nemmeno più così tanto larghe) che viviamo oggi. E per brevità mi limito a far notare che, oltre ad essere un contesto storico diverso, il primo produsse una riforma epocale, quella del Servizio Sanitario Nazionale, le seconde non mi pare abbiano fatto qualcosa di altrettanto epocale, a parte sbattere 350mila cittadini per strada senza pensione e senza stipendio.

Non parliamo poi dell’idea distorta che alcuni si fanno dell’austerità, che come disse lui stesso “non è l’austerità come la intendono la DC e la Confindustria”, ma siamo nell’epoca della semplificazione, quindi per cercare di dimostrare improbabili complicità di Berlinguer coi poteri forti, va bene anche questo. Ne hanno parlato anche altri, fu il primo a porre al centro il problema dell’emancipazione femminile, del riscatto dei giovani, dell’impegno mondiale per la pace, oltre a discutere in maniera avveniristica sulla democrazia elettronica… io ho sempre trovato stupenda l’intervista a Ferdinando Adornato su l’Unità sul futuro, disse cose molto più intelligenti e profonde di quante non se ne leggano oggi.

Vorrei poi far notare ai presenti che nemmeno due settimane fa il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha proposto l’indicizzazione della paga oraria all’inflazione, in due parole la scala mobile, per la quale Enrico Berlinguer 30 anni fa è stato massacrato anche dentro al suo partito. Così, come oggetto di riflessione a certi sedicenti riformisti con le tasche altrui e le mani bucate degli ultimi 30 anni.

Nel paese del Gattopardo, Enrico Berlinguer ha provato a cambiare, senza strappi, prima il suo partito (e ci è riuscito), poi l’Italia, che non è riuscito a cambiare semplicemente per quelle “oscure trame” che gli hanno remato contro sia dentro che fuori il suo partito, di cui parlava Italo Calvino.

Chiudo, rispondendo a quelli che sostengono che Enrico Berlinguer sia stato in definitiva uno sconfitto e un perdente, che di solito si collocano laddove gli architetti predispongono le toilettes nei bar. A parte che i risultati raggiunti da lui, nessuno mai nella Sinistra italiana, ma se anche fosse, c’è una battaglia che Enrico Berlinguer ha sempre vinto: ed è la battaglia che ciascuno di noi ingaggia ogni mattina con il proprio specchio. Enrico Berlinguer quella battaglia non la perse MAI.

Io penso che 30 anni fa a Padova non sia morto solo un uomo politico, un padre, un fratello, un compagno: sono morti anche il sogno e la speranza di un’Italia diversa da quella che ci hanno lasciato quelli che l’hanno malgovernata e la malgovernano tuttora. Penso sia compito della mia generazione far sì che quel sogno di un’Italia diversa prima o poi si avveri.

Perché oggi più di ieri io sono convinto avesse ragione Enrico quando diceva che se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e l’ingiustizia.

Dal 27 marzo al cinema

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Quando c’era Berlinguer
di Walter Veltroni

 

Dal 27 marzo al cinema.

 

 

 

La voce di Berlinguer è di TONI SERVILLO
La voce di Pasolini è di SERGIO RUBINI
Musiche originali di DANILO REA
Orchestrazioni STEFANO FONZI
“Un Addio” è un brano originale di GINO PAOLI
Montaggio GABRIELE GALLO
Edizione GIANNI MONCIOTTI
Fotografia DAVIDE MANCA
Producer Palomar NICOLA SOFRI
Produttore Esecutivo LUIGI PINTO
Prodotto da CARLO DEGLI ESPOSTI

 

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  • In Aula. 

    Il Senato, martedì 25 marzo alle ore 15, inizierà la discussione dei provvedimenti sulle province e città metropolitane (ddl n.1212 connesso con il ddl n. 965), ove concluso l’esame in Commissione; il voto finale è previsto intorno alle ore 18 del giorno successivo. Il calendario della prossima settimana prevede l’esame del ddl n. 1401, sul rientro dei capitali detenuti all’estero, che sarà concluso nella seduta pomeridiana del 27 marzo o nella seduta antimeridiana del giorno successivo.

    (21 Marzo 2014)
  • Legge elettorale. 

    Il 17 marzo sono state assegnate alla Commissione Affari costituzionali, in sede referente, le “Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati”, proposte dall’A.S. 1385, approvate dall’altro ramo del Parlamento il 12 marzo 2014.

    (21 Marzo 2014)
  • Ministri in Commissione. 

    La prossima settimana, nelle Commissioni si svolgeranno le comunicazioni dei Ministri sulle linee programmatiche dei rispettivi dicasteri. Mercoledì 26 marzo, alle ore 8.30, la Commissione Lavoro ascolterà il Ministro del lavoro, Giuliano Poletti e la Commissione Lavori Pubblici, alle ore 13.30, audirà le comunicazioni del Ministro delle infrastrutture, Maurizio Lupi. Giovedì 27 marzo, alle ore 9.30, il Ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, interverrà in Commissione Agricoltura e le Commissioni Industria di Senato e Camera, in seduta congiunta, alle ore 13.30, ascolteranno il Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi. Infine, in Commissione Istruzione, alle ore 14, sarà la volta del Ministro dell’istruzione, Stefania Giannini.

    (21 Marzo 2014)
  • Intimidazioni nei confronti degli amministratori locali. 

    Venerdì 21 marzo, il il Presidente del Senato, Pietro Grasso, a seguito delle designazioni comunicate dai Gruppi parlamentari, ha nominato i componenti della Commissione d’inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali. (Vedi comunicato stampa)

    (21 Marzo 2014)
  • Bicameralismo: dossier sulle “Camere alte”. 

    Il Servizio Studi del Senato torna sul tema delle “Camere alte” negli altri Paesi. Dopo il dossier dedicato a Europa e Stati Uniti (numero 54, settembre 2013, formato pdf: 2,8 MB), è ora la volta dei Paesi extraeuropei. In particolare, il dossier n. 118 prende in esame 8 nazioni che adottano il sistema parlamentare bicamerale: Australia, Brasile, Canada, Giappone, India, Messico, Sud Africa e, con maggiore approfondimento rispetto al precedente documento, gli Stati Uniti d’America. E’ anche disponibile un “Testo a fronte” su “I Senati nelle Costituzioni di Belgio, Francia, Germania e Spagna“.

    (21 Marzo 2014)
  • Ufficio parlamentare di bilancio: selezionati i candidati per il Consiglio. 

    Il Comitato congiunto paritetico presieduto dai Presidenti delle Commissioni Bilancio di Senato e Camera ha terminato l’esame delle manifestazioni di interesse per la nomina a componente del Consiglio dell’Ufficio parlamentare di bilancio e ha definito l’elenco dei soggetti che risultano in possesso dei requisiti professionali ed oggettivi e che non incorrono nelle condizioni ostative stabiliti dal Protocollo per l’attuazione del Capo VII della legge 24 dicembre 2012, n. 243. Le Commissioni Bilancio delle due Camere si riuniranno separatamente giovedì 3 aprile, alle ore 14, per indicare 10 nominativi tra i 66 inclusi nell’elenco. (Leggi la notizia)

    (21 Marzo 2014)
  • Guida Senato-Tv. 

    I programmi di canale satellitare, webtv e canale YouTube del Senato sono disponibili all’indirizzo:http://www.senato.it/guidatv.

    (21 Marzo 2014)

Santa Lea

Santa Lea


Santa Lea

Nome: Santa Lea
Titolo: 

Ricorrenza: 22 marzo

Nel 384 a Roma morivano quasi contemporaneamente il patrizio Vezio Agorio Pretestato, console designato a prefetto dell’Urbe, e la matrona Lea, che, rimasta vedova in giovane età, aveva rifiutato le seconde nozze col ricco rappresentante della nobiltà romana per aderire alle prime comunità femminili cristiane, organizzate da S. Girolamo. Il vecchio asceta di Stridone, che, amareggiato dalle maligne insinuazioni di esercitare un ascendente non solo spirituale sulle virtuose matrone Marcella, Paola, Proba e Lea, aveva abbandonato Roma, e si era ritirato nei pressi di Betlem a condurvi vita solitaria, prese lo spunto dalla notizia della morte di Lea e del console per stendere in una delle sue numerose epistole alcune considerazioni.

Questa lettera rappresenta l’unico documento, ma di qual forza e suggestività, sulla vita della santa: « Dal coro degli Angeli ella è stata scortata nel seno di Abramo e, come Lazzaro, già povero, vede ora il ricco Console, già vestito di porpora, e che adesso, non adorno della palma ma avvolto nell’oscurità, domanda a Lea che gli faccia cadere una goccia dal suo dito mignolo». S. Girolamo amava i parallelismi e in questo caso il confronto gli venne facile: Vezio Agorio passa dagli splendori terreni alle tenebre dell’oblio, mentre Lea « la cui vita era considerata né più né meno che un fenomeno di pazzia, ecco che è del séguito di Cristo », nella gloria, per essere stata al suo séguito nella totale rinuncia al mondo.

Lea si era consacrata «tutta al Signore, – dice ancora S. Girolamo – diventando nel monastero madre superiora delle vergini, mutando le vesti delicate di un tempo nel ruvido sacco che logorò le sue membra, passando inoltre in preghiera intere notti, maestra di perfezione alle altre più con l’esempio che con le parole. Fu di una umiltà così profonda e così sincera che, dopo essere stata una grande dama, con molta servitù ai suoi ordini, si considerò poi come una serva. Spregevole la sua veste, grossolano il cibo, trascurava l’acconciatura del suo corpo; mentre poi adempiva a ogni dovere, rifuggiva dal fare anche la minima ostentazione delle opere buone per non riceverne la ricompensa in questa vita ». Questo « fenomeno di pazzia » o meglio questa scelta scomoda, che le fece preferire « il segreto ambito ristretto di una cella » agli agi della lussuosa dimora, che avrebbe potuto godere come futura «prima donna» di Roma, ha collocato questa matrona romana sul piedistallo di una gloria che non teme l’usura del tempo, la santità.

Papa Francesco

 Nell’incontro con i dipendenti delle acciaierie di Terni il Papa denuncia il fallimento di un’economia che idolatra il denaro ·

Se si vuole risolvere il gravissimo problema della disoccupazione, comune a tanti Paesi europei, è necessario cambiare l’attuale sistema economico che, fondato sull’idolatria del denaro, ha dimostrato di non essere capace di creare lavoro. Per questo Papa Francesco si rivolge ai «diversi soggetti politici, sociali ed economici» e li esorta «a favorire un’impostazione diversa, basata sulla giustizia e sulla solidarietà».

È quasi uno slogan quello ripetuto dal Pontefice questa mattina, giovedì 20 marzo, nell’aula Paolo vi, davanti a migliaia di lavoratori delle acciaierie di Terni e di altre realtà lavorative della regione: «Il lavoro è un bene di tutti». Ne fa una questione di dignità. E in proposito racconta del suo incontro con alcuni giovani disoccupati, i quali gli hanno confidato che sì, la solidarietà della gente consente alle loro famiglie di mangiare, ma quello di cui essi hanno bisogno è «la dignità di portare il pane a casa». Questo, dice Papa Francesco, «è il lavoro».

Poi torna a riproporre la questione della solidarietà, che rischia di sparire dal dizionario quasi fosse «una parolaccia». Ed esclama: «No! È importante la solidarietà. Ma questo sistema non le vuole molto bene, preferisce escludere questa solidarietà umana che assicura a tutti la possibilità di svolgere un’attività lavorativa dignitosa. Il lavoro è un bene di tutti, che deve essere disponibile per tutti».

Non si nasconde le difficoltà di oggi; però si dice convinto che la situazione debba essere «affrontata con gli strumenti della creatività e della solidarietà. La creatività di imprenditori e artigiani coraggiosi, che guardano al futuro con fiducia e speranza. E la solidarietà fra tutte le componenti della società, che rinunciano a qualcosa, adottano uno stile di vita più sobrio, per aiutare quanti si trovano in una condizione di necessità».

Il suo pensiero è soprattutto per i giovani, per il loro futuro. Un futuro che inizia nelle famiglie, dove i giovani comunque si formano. Ieri mattina, mercoledì 19 marzo, all’udienza generale in piazza San Pietro, riproponendo la figura di san Giuseppe come padre, educatore e custode di Gesù, non a caso ha raccomandato ai papà di accompagnare sempre i loro figli, di restare loro «sempre vicini, molto vicini», e di aiutarli a crescere «in età, sapienza e grazia» proprio così come ha fatto san Giuseppe con il figlio.

Rassegna della stampa sarda

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Rassegna Stampa del 22/03/2014 regione sardegna

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Politica
Il Governo impugna la Finanziaria ed è subito scontro duro fra i Poli
Sconto sulla benzina, il governo dice no
Sinistra Sarda e Cd, salta il gruppo unico
Maggioranza, la Sinistra in agitazione. Sulle commissioni è derby fra Pd e Sel
Schifani: «In lizza per europee e comunali»
“Il carcere mi ha segnato”
Attualità
Il film su Berlinguer, la sua Sassari si emoziona
La vita in città, 22 anni in cui divenneuomo
«Parlava la lingua dei lavoratori»
“Quando c’era Berlinguer”. Veltroni commuove Sassari
Autonomia/Regionalismo/Federalismo
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“Uscite” pubbliche regionali, ancora troppi guai nell’isola
Credito/Finanza
Sardaleasing, direzione trasferita da Sassari a Milano
“Il leasing nella pancia della Bper”
Agricoltura
Filiera suinicola. Incontro ad Oristano
Lingua Blu. Proposta di legge
Energia
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Cappellacci: “no alle trivelle”
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Le obiezioni del “fronte del no”
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Comuni in rivolta
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Lavoro
Sulla «131» a passo d’uomo contro E.On
«Recuperare il tempo perduto»
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Continua la protesta sulla strada Gadoni-Seulo
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I Giganti di Monte Prama oggi per le Giornate del Fai