Archivi giornalieri: 18 marzo 2014

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Diritti dei consumatori: recepita la nuova direttiva in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali e di contratti a distanza

 

 

il 18/03/2014

 
 
ConsumatoriAnna Costagliola
Nella Gazzetta Ufficiale n. 58 dell’11 marzo scorso è stato pubblicato il D.Lgs. 21/2014, di recepimento della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori. La direttiva unifica e sostituisce la direttiva 85/577/CEE sulla tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali e la direttiva 97/7/CE sulla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza. Essa inoltre apporta una modifica alla direttiva 93/13/CE sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori e alla direttiva 99/44/CE su alcuni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo.
Tale nuova direttiva è motivata innanzitutto dall’esigenza di semplificare e aggiornare le norme di cui 

alle due precedenti, per rimuovere le incoerenze e colmare le lacune indesiderate in tale normativa, sostituendole con un’unica direttiva con norme standard per gli aspetti comuni, consentendosi, al contempo, agli Stati membri di mantenere o adottare norme nazionali relative a taluni aspetti.
Il recepimento da parte del nostro ordinamento della direttiva 2011/83/UE realizza, pertanto, la completa armonizzazione delle informazioni e della disciplina del diritto di recesso nei contratti a distanza e nei contratti negoziati fuori dai locali commerciali (cd. vendite dirette). L’armonizzazione di tali aspetti, come sottolineato nella direttiva medesima, è necessario presupposto per promuovere un effettivo mercato interno dei consumatori, che raggiunga il giusto equilibrio tra un elevato livello di tutela dei consumatori e la competitività delle imprese, assicurando allo stesso tempo il rispetto del principio di sussidiarietà.
Le principali novità della disciplina sono la previsione di maggiori informazioni precontrattuali da fornire al consumatore non solo per i contratti a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali ma anche per le altre tipologie di contratti, nonché un termine più ampio e modalità semplificate per l’esercizio del diritto di recesso del consumatore nei contratti a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali.
Una delle novità di maggior rilievo rispetto alla precedente normativa è data proprio dalla previsione di un più ampio lasso di tempo per l’esercizio del diritto di recesso. Alla stregua della nuova normativa, infatti, il consumatore  dispone di un periodo  di  14 giorni (in luogo degli originari 10)  per  recedere  da  un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali  commerciali, senza dover fornire alcuna motivazione. In caso di omessa comunicazione al consumatore dell’informazione sull’esistenza del diritto di recesso, il periodo entro il quale questo può essere esercitato termina dopo l anno e 14 gg. dalla conclusione del contratto o della consegna del bene, mentre nel regime previgente il termine era di 60 gg. (per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali) e 90 gg. (per i contratti a distanza).
Inoltre, a differenza del regime previgente, viene introdotto un modello-tipo armonizzato di recesso, attraverso cui poter esercitare il relativo diritto. Ciò al fine di semplificare le modalità di esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore, ma soprattutto al fine di ridurre i costi per il professionista che vende a livello transfrontaliero.
Ulteriore rilevante novità in tema di recesso attiene alla possibilità riconosciuta al consumatore, in caso di ripensamento, di restituire il bene, anche se in parte deteriorato perchè sarà responsabile solo della diminuzione del valore del bene risultante da una manipolazione diversa da quella necessaria per stabilire la natura, le caratteristiche e il funzionamento del bene medesimo, e dunque non con la dovuta diligenza. Tale disposizione, incidendo unicamente sul valore del bene e non già sulla possibilità di esercitare il diritto di recesso, si configura come una disposizione più favorevole al consumatore rispetto a quella che inibiva l’esercizio del diritto di recesso in ipotesi di utilizzo non diligente del bene.
Sono infine previste alcune novità in materia di consegna dei beni e di passaggio del rischio nel caso di spedizione dei beni, che si applicano ai contratti di vendita e ai contratti di servizio. La competenza per la tutela amministrativa è affidata all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

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Libri sotto il cupolone

Libri sotto il cupolone

· La Santa Sede ospite d’onore al Salone di Torino ·

18 marzo 2014

  

Un cupolone fatto di libri accoglierà i visitatori dello stand della Santa Sede, ospite d’onore al prossimo Salone Internazionale del Libro di Torino (8-12 maggio). Sui banconi alla base della struttura — che ricalca il progetto per la nuova basilica di San Pietro di Bramante, di cui si celebra quest’anno il cinquecentenario della morte — potranno vedere da vicino alcuni dei gioielli custoditi dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, come un disegno di Sandro Botticelli che illustra l’Inferno di Dante, o un’Iliade in greco con testo latino a fronte.

«Il bello artistico e letterario — ha detto Ernesto Ferrero, il direttore editoriale del Salone, durante la presentazione dell’iniziativa che si è svolta martedì 18 marzo nella Sala stampa della Santa Sede — non è un di più, un lusso dei giorni festivi, un optional gradevole di cui si può anche fare a meno: è un luogo di apprendimento e affinamento della sensibilità, di collegamento tra umano e divino, tra i limiti del qui e ora e qualcosa che lo può trascendere, diventando un patrimonio di tutti. Questo mi sembra il significato profondo della cupola di San Pietro fatta di libri che impressionerà quanti visiteranno lo stand».

Ancora una volta, etica ed estetica appaiono inscindibilmente connessi ha ribadito Ferrero; sulla stessa linea, gli interventi di Rolando Picchioni, presidente della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, e di don Giuseppe Costa, direttore della Libreria editrice vaticana, che al Salone esporrà oltre 3.600 titoli.

«All’ingresso della biblioteca di Ramesse ii c’era una scritta» ha detto il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, durante il suo intervento, citando la testimonianza di Ecateo di Abdera, uno storico greco del iv secolo prima dell’era cristiana che visitò l’Egitto; «il senso dei caratteri geroglifici che Ecateo dovette farsi tradurre da chi l’accompagnava era psuchès iatrèion, clinica dell’anima».

Emanuele Macaluso dà il voto ai leader

INTERVISTA

“Matteo Renzi? E’ una caricatura”
Emanuele Macaluso dà il voto ai leader

Lo storico dirigente del Pci e giornalista compie 90 anni e racconta i vertici della sinistra, da Togliatti in poi. E sul presidente del Consiglio dice: “E’ il prevalere dell’immagine mediatica sul progetto. Ma dopo di lui cosa c’è?”

di Marco Damilano

Matteo Renzi? E' una caricatura 
Emanuele Macaluso dà il voto ai leader
Il primo giorno di primavera, il 21 marzo, saranno novanta, Emanuele Macaluso li festeggerà al Senato con l’amico di sempre, Giorgio Napolitano. Dirigente del Pci, capo della destra interna (i miglioristi), disciplinato ma libertario, fedele al partito ma con il gusto dell’anti-conformismo e dell’autonomia di pensiero, polemista fulminante, nella casa romana di Testaccio Em.Ma. ripercorre decenni di vita politica. Memoria di ferro, giudizi sferzanti: «Matteo Renzi? Vuole dare il cioccolatino a tutti, ma farà il botto». E previsioni: «Napolitano se ne andrà e questo Parlamento dovrà eleggere il suo successore: lì ti voglio».

L’infanzia a Caltanissetta, la famiglia operaia, l’Istituto minerario, il ricovero per tubercolosi, l’amicizia con Leonardo Sciascia, l’adesione al Pci nel 1941 («a convincermi fu un ragazzo più grande di me, Gino Giannone, mi venne a trovare nel sanatorio, tranne i miei genitori nessuno lo faceva, e mi disse: se vuoi fare una battaglia vera l’unica organizzazione è il Pci. Non conoscevo né Gramsci né Togliatti, divenni comunista per ribellione»), la Cgil («Con trentasei sindacalisti uccisi, la lotta alla mafia allora non si faceva a chiacchiere, dopo la strage di Portella della Ginestra del 1947 toccò a me il primo comizio, avevo 23 anni»). Infine, l’arrivo a Botteghe Oscure: «Nel 1956, in mezzo ai fatti di Ungheria, passai dalla Cgil al Pci. Mi trovai tra due fuochi, tra Giuseppe Di Vittorio e Palmiro Togliatti. Leggendo anni dopo i verbali della direzione in cui ci fu il loro durissimo scontro sull’invasione sovietica ho scoperto che nella stessa riunione Di Vittorio protestò perché ero stato spostato dal sindacato al partito. Nel ’62 entrai nella segreteria».

Da chi era composta?
«Togliatti, Longo, Berlinguer, Amendola, Pajetta, Alicata, Natta e Ingrao. E poi c’ero io, il più giovane della compagnia».

Uno squadrone. Tipo l’Inter di Herrera.
«Longo era il numero due, Berlinguer era il responsabile dell’ufficio di segreteria, la gestione interna toccava a lui. Nasce lì il mio rapporto forte con Enrico, per quattro anni non c’è stato giorno in cui non siamo stati insieme, il nostro rapporto di amicizia e di fiducia andava oltre la politica. Raccontò solo a me e alla famiglia di aver subito un attentato in Bulgaria nel 1973. E anche quando fui in dissenso con lui mi chiese di fare il direttore dell’“Unità”. Napolitano era il presidente dei deputati, Gerardo Chiaromonte il capogruppo del Senato, anche loro avevano contrastato la sua ultima svolta. C’era un modo di concepire la lotta politica interna al partito che non è paragonabile a oggi».

Il Pci è stato un partito o una religione?
«Anni fa ebbi un bellissimo scambio con Montanelli. Il Pci è stato una Chiesa, mi scrisse, e anche tu sei stato un chierico. In parte era vero, più che una chiesa la consideravo una comunità, una mezza chiesa, in cui si facevano i conti sul piano politico e sui comportamenti privati».

Aveva trasgredito qualche precetto?
«Da giovane ero stato in carcere, condannato a sei mesi e mezzo per adulterio con la mia compagna Lina che era già sposata e con cui ho avuto i miei due figli. Una storia che non finì li. Anni dopo, ero deputato regionale, ebbi uno scontro violentissimo con la Dc sulla giunta Milazzo. I carabinieri dei servizi fecero un’inchiesta sulla mia famiglia, scoprirono che avevo registrato i miei bambini all’anagrafe come “figli di Emanuele Macaluso e di donna che non vuole essere riconosciuta”, allora non c’era il divorzio. Mi volevano condannare per alterazione dello stato civile, da otto a dodici anni di carcere, un giovane magistrato, Emanuele Curti Giardina, mi mise in guardia. Mi salvai perché la Cassazione con una sentenza che fece epoca annullò il reato. La Dc voleva liquidarmi con questi metodi. Quando sento parlare con nostalgia della Prima Repubblica ricordo che c’era una guerra politica che si svolgeva con armi proprie e armi improprie».

Nel Pci come fu presa la sua irregolarità?
«Nel primo caso fui accusato di avere una condotta non confacente, mi vietarono di partecipare al primo corso politico di formazione nazionale del Pci. Nel secondo, invece, fui difeso. Andai latitante a Modena, in Emilia, a casa di un contadino, Giorgio Amendola mi portò dall’avvocato Battaglia».

Nel Pci erano tutti con le carte in regola?
«Macchè! Togliatti fu costretto a chiedere al partito una commissione per decidere sulla sua convivenza con Nilde Jotti, Longo aveva lasciato Teresa Noce, quasi tutti i dirigenti erano nella stessa situazione, tranne Amendola che era molto intransigente. E il mio maestro Girolamo Li Causi: lui era stato mollato dalla moglie che si era messa con Riccardo Lombardi. Pertini s’indignava con me: “Come fai a essere amico di Lombardi che si è messo con la moglie di Li Causi mentre lui era in carcere?”. Io replicavo che Li Causi riteneva la cosa chiusa e aveva trovato al suo posto una ragazza bellissima… Ma nessuno nel gruppo dirigente faceva una battaglia aperta contro questo moralismo. Era lo specchio di un partito che era una comunità, una famiglia».

Cinquant’anni fa fu lei a organizzare i grandiosi funerali di Togliatti. Il Pd di Renzi dovrebbe celebrare il capo del Pci?
«Dovrebbero celebrarlo tutti quelli che difendono la Costituzione. Dovrebbe saperlo il professor Gustavo Zagrebelsky: non si può alzare quella bandiera e poi sputare su Togliatti. Senza Togliatti quella Costituzione non ci sarebbe stata».

Ci sarebbe stato il Pci?
«Sì, ci sarebbe stato un partito comunista in Italia, come in tutti i Paesi europei, ma che comunismo sarebbe stato? Con la svolta di Salerno Togliatti salvò l’Italia. Cambiò tutto: dalle occupazioni delle terre contro la legge alla lotta per l’applicazione della legge, dal ribellismo alla politica. Togliatti ha costruito una sinistra che pensa al governo».

I suoi eredi lo hanno esaudito…
«Eh, già… tranne il povero Occhetto sono tutti andati al governo, tutti ministri: D’Alema, Veltroni, Fassino, Livia Turco, Bassolino, Bersani, Mussi… ma senza un progetto, senza un orizzonte politico. La crisi della sinistra nasce da qui: quando il Pci era all’opposizione aveva un progetto di governo, quando il Pds-Ds-Pd è andato al governo non ha avuto più un progetto, una direzione. Togliatti voleva andare democraticamente e gradualmente verso il socialismo, sarà stato sbagliato, ma ora verso cosa si va? Verso niente! L’obiettivo di stare al governo è scisso totalmente da un’idea di società».

Quando è finito il Pci?
«Nel 1984, dopo la morte di Berlinguer, il Pci alle elezioni europee diventò il primo partito, io ero in tv a commentare, allora la Rai faceva sedere gli ospiti politici in ordine di grandezza, spostai la sedia e mi misi prima del dc Giovanni Galloni, feci io il sorpasso… Però è vero che in quel momento il Pci cominciò a declinare. Cambiò il gruppo dirigente, Natta promosse gli elementi più anti-socialisti della nuova generazione, i riformisti furono esclusi. Anche se fummo Napolitano, io e altri, nell’86, a inserire nelle tesi del congresso di Firenze la frase sul Pci “parte integrante della sinistra europea”».

Che effetto le fa vedere che il processo di adesione al Pse è stato concluso da Renzi?
«Alcuni amici mi dicono che Occhetto è incazzatissimo perché rivendica di essere lui tra i fondatori del Pse. Forse avete ragione, ho risposto, ma se non me ne sono accorto io, figuriamoci gli altri!».

Chi è Renzi nella storia della sinistra? Un intruso? Un invasore? O il risultato più compiuto della svolta dell’89, la Bolognina?
«Quando nel 2007 è nato il Pd con la Margherita dissi che eravamo al capolinea. Il Pd è stata un’operazione rovesciata rispetto alla storia complessa della sinistra europea. E ora Renzi è l’espressione più radicale dei tratti distintivi della Seconda Repubblica: il prevalere dell’immagine mediatica e della comunicazione sul progetto. Mi sono stropicciato gli occhi quando ho visto Renzi baciarsi e abbracciarsi con Landini dopo averlo fatto con i finanzieri della City. Mi è venuto in mente Alcide De Gasperi che governava con il sindacato e con la Confindustria, l’interclassismo…».

Gli fa un complimento enorme!
«Ma no! Quello di Renzi è una caricatura, è l’interclassismo del cioccolatino: uno a Landini e uno a Squinzi. Arrivato a novant’anni, confesso, ho un’angoscia: se fallisce Renzi dopo di lui cosa c’è?».

Angoscia condivisa. Cosa si risponde?
«Che non c’è niente. La mia preoccupazione è che Renzi andrà a fare il botto, come si dice in Sicilia. Fa un grande gioco, sta con Landini e con Squinzi, con Berlusconi e con Alfano e con la sinistra del Pd. Ritiene che il suo carisma gli consentirà una manovra a maglie così larghe da portargli rapidamente i risultati. Perché appena dovesse mostrarsi una difficoltà lui andrà alle elezioni. Dirà: non mi fanno fare le cose, con questi non posso lavorare, andiamo al voto. Per questo ha cominciato con la legge elettorale».

Su cui si sono già aperte le prime crepe…
«Renzi si sta già accorgendo che le cose sono più complicate. Il voto sulle quote rosa sull’Italicum è stato un segnale. Ma il punto nodale della legge elettorale è la preferenza. La preferenza è la rivoluzione che rompe il berlusconismo, il grillismo. E anche il renzismo».

Rino Formica scrive che è in corso un golpe della coppia Br (Berlusconi-Renzi) per stravolgere la Costituzione e sostituire Napolitano al Quirinale. Fantapolitica?
«Formica non dice mai fantasie. Quando denuncia l’abolizione di organi costituzionali con l’articolo 138 fa una critica intelligente, ha ragione. Vogliono abolire il Senato? E allora perché non anche la Camera? E perché non sottrarre, almeno in linea teorica, la sovranità popolare?».

Lei è uno dei più cari amici di Napolitano: firmerà questa legge elettorale?
«Come ha detto lui, la valuterà con attenzione».

Cosa è cambiato per Napolitano con Renzi al governo?
«Dopo la crisi del berlusconismo il presidente ha puntato su Mario Monti per ristabilire il rapporto con l’Europa. Ma con le elezioni Monti ha fatto la coglionata più colossale che la storia politica repubblicana ricordi, invece di fare l’uomo delle istituzioni è andato a fare un partitino con alcuni residuati bellici. Poi c’è stata la rielezione, con Bersani e Berlusconi che andarono a chiedere in ginocchio al presidente di restare. Lui aveva già organizzato il suo ufficio in Senato, la sua casa nel quartiere Monti, aveva perfino scelto i suoi collaboratori. E invece è stato costretto a restare e ha scelto Enrico Letta per la guida del governo. Letta si è dimostrato un po’ lento, ma è una delle poche personalità che ha il senso della complessità del governo. E dopo le primarie è scattata l’opposizione vera, non era quella di Berlusconi ma di Renzi. La crisi è stata decisa dalla guerriglia nel Pd. Napolitano ha preso atto delle dimissioni obbligate di Letta, non poteva fare altro. Con Monti e Letta c’erano governi originati da una crisi in cui il presidente era stato obbligato ad avere un ruolo. Con Renzi non è più così. Cambia la ragione sociale per cui rimane al suo posto».

Fino a quando resterà?
«Resta al Quirinale perché vuole che si faccia la riforma elettorale. Ma ritengo che manterrà fede a quello che ha detto in Parlamento al momento della rielezione. Approvata la legge elettorale Napolitano farà un ragionamento, ricorderà che a tutto pensava tranne che a un secondo mandato, che ha cercato di sanare una situazione di crisi e di paralisi istituzionale, che c’era un tempo di diciotto mesi per fare le riforme. Se ne andrà prima. E questo Parlamento dovrà eleggere il suo successore: lì ti voglio».

Di Amendola, citando Sciascia, lei ha scritto: «Contraddisse, e si contraddì». Si può dire anche di lei?
«La contraddizione è nella persona. Chi ritiene di essere sempre stato coerente lo considero un ipocrita. E io mi sono contraddetto più volte».

13 marzo 2014© RIPRODUZIONE RISERVATA
7 commenti
Gilles Lettinazio
4 giorni fa
Le ideologie sono come la fede,chi ne è pervaso non si fa mai delle domande,ma crede ciecamente senza mai porsi domande, secoli fa si difendevano a costo della propria vita,oggigiorno a scapito dell’ intelligenza,della coerenza e della logica, parlare criticare a priori senza prove concrete a sostegno delle proprie tesi ,è sinonimo di mediocre senso di obiettività.
Francesco Scoccia
1 giorno fa
Penso che sccusare di ideologismo uno come Macaluso armandosi di una specie di popperismo disperato sia l’ultimo esercizio di chi non ha onestà intellettuale
Vito Ruggiero
5 giorni fa
Signor Emanuele Maccaluso, ho letto la sua biografia, ha fatto tante cose , ha anche partecipato al primo governo non democristiano della Sicilia. Ma che ha fatto contro la mafia, oltre ai libri , di  concreto cosa ha fatto per il popolo italiano? Come può liquidare con questa ironia  gli sforzi di Renzi per dare una svolta a questo paese martoriato dai debiti che la sua generazione ha accumulato grazie anche ai lauti stipendi suoi  alla CGIL , al Governo Regionale della Sicilia  e da Deputato della Repubblica? Perché non si gode la lauta pensione e lascia perdere la politica con la quale ha vissuto bene per 90 anni?
Enzo Madonia
5 giorni fa
Caro Macaluso … ma soprattutto prima di lui cosa c’era? Il bello deve ancora venire! La capacità degli altri mette in luce l’incapacità di molti. #lasvoltabuona
Riziero Ferrazza
5 giorni fa
Caro Macaluso,

a Renzi,ma sopratutto alla sinistra Italiana,o meglio a ciò’ che ne resta,manca un “Progetto di Paese”;faccio una domanda,quale progetto ha Renzi per il Paese,e quale questo PD?Nessuno,infatti si procede a tentoni,a tagliuzzare un po’ qua’ è un po’ la’,senza capire e pensare a dove si vuole andare.Questo succede perché’ in questi ultimi 30 anni,ben prima che Berlusconi comparisse sulla scena politica,il Paese si è’ adagiato sullo status quo’,con Sindacati vetusti con una visione da fine ottocento,con un’imprenditoria che prima di spendere un cent,vuol guadagnare subito,e sopratutto con la distruzione della scuola(intesa tutta,fino all’università’),che non si è’ mai collegata con il mondo della produzione.Comunque sono d’accordo  con il tuo commento finale,cosa c’è’ dopo Renzi?
VillariClaudio
5 giorni fa
La sinistra italiana (e non solo quella italiana) emerge quando si tratta di affrontare i grandi problemi della libertà, della democrazia, della lotta patriottica contro la dittatura e  per l’emancipazione sociale. In queste circostanze gli uomini che la dirigono lo fanno sulla scorta di una cultura di eccezione, di un carisma conquistato sul campo e perfino rischiando la vita. Poi, superata la fase storica  del dramma sociale e politico durante il quale questa élite  ha dato il suo migliore contributo, nella fase successiva della perdita del potere contrattuale dei lavoratori, dell’imborghesimento del proletariato e della dissipazione del patrimonio di cultura in ogni settore della vita civile, vengono fuori le figure insignificanti, dagli Occhetto  ai Renzi. I quali, di fatto, si assumono  il compito di svuotare la sinistra di ogni prospettiva politica di sinistra, fino al tradimento.
Bartolomeo Giove
5 giorni fa
“La crisi della sinistra nasce da qui. L’obiettivo di andare al governo è totalmente scisso da un’idea di società” .Quindi tutti i politici di sinistra che sono andati al Governo hanno sempre sbagliato l’obiettivo della idea di società di Macaluso? Sarei curioso di sapere se l’idea di società di Macaluso si avvicina di più a quella di Fidel Castro oppure di Chavez. Spero proprio che non abbia niente a che fare con Stalin. Il riferimento di Macaluso  a Togliatti il quale ha costruito una sinistra per andare  al Governo senza un progetto od un orizzonte politico mi lascia davvero perplesso.Forse Macaluso non recepisce che gli Italiani i voti per governare alla sinistra della sua visione di società non glieli avrebbero dati mai.Si deduce che Macaluso opta per due strade ,la prima è che la sinistra non dovrebbe governare mai,oppure  dovrebbe prendere il potere con una rivoluzione.
 

Quelle radici profonde nascoste nelle fiabe

Quelle radici profonde 
nascoste nelle fiabe

 

· A colloquio con Claudio Villa, disegnatore delle copertine di «Tex Willer» ·

 

Claudio Villa firma da anni le copertine di «Tex», la testata più amata e venduta dell’universo bonelliano, scrive Roberto Genovesi presentando il disegnatore che sta per intervistare, “un tratto pulito ma evocativo il suo che ricorda il segno di Alex Raymond, creatore di Flash Gordon. 

Con il maestro americano condivide anche qualcosa di più intimo e personale. Raymond era cattolico e lo è anche Villa. Cattolico al punto, dice la leggenda, da rifiutare le copertine di Dylan Dog, altro pezzo da novanta della scuderia di Via Buonarroti”. Non è una leggenda metropolitana, conferma Villa «non me la sentivo di partecipare in modo convinto alla piega che stava prendendo il personaggio. Non rimpiango nulla, anche se quella scelta mi è costata. Nel tempo si è tutto ricomposto e oggi disegno le copertine di Dylan Dog per una serie di storie speciali». Da apprendista cristiano, quale mi ritengo, mi sento un bambino che ha tanta voglia di condividere la bellezza che qualcuno ha messo sulla sua strada. La strada è tutt’altro che agevole: più scavi, più la roccia si fa dura e si fa più fatica. E scopri le tue miserie, insieme alla misericordia che le accoglie. Sei così felice che non puoi fare a meno di dirlo a tutti… Non posso fingere di essere quel che non sono. Se la fede fa parte di te, la porti in ogni cosa che fai. Diventa tutto naturale: le scelte che fai, il come disegni una cosa. È nella vita che fai che si vede quello in cui credi. Ne sono convinto. E lo trasmetti anche quando non te ne rendi conto. Io penso che niente succeda per caso e che questa, e non un’altra, era la mia strada. Di certo ho sempre considerato un gran dono quella specie di magia che fa uscire, da un semplice segno a matita, un personaggio che vive. E se diventa piacevole leggere Tex forse è anche perché chi lo legge si ritrova a casa in un posto dove quelli che consideriamo valori importanti sono portati a spasso per le praterie dell’Arizona”.

Crimea sempre russa parola di Vladimir Putin

Crimea sempre russa parola di Vladimir Putin

 

· Il presidente accoglie la penisola nella Federazione nonostante le sanzioni e l’annuncio della sospensione di Mosca dal g8 ·

18 marzo 2014

   

«La Crimea è sempre stata una parte inscindibile della Russia». Lo ha detto oggi il presidente russo, Vladimir Putin, intervenendo al Parlamento riunito in sessione congiunta, aggiungendo «noi vogliamo un’Ucraina forte, stabile, pacifica, non vogliamo la sua scissione né ci servono altri territori».

Il presidente russo durante il discorso al Parlamento (LaPresse/Ap)

Il leader del Cremlino ha poi ribadito che il referendum di domenica in Crimea si è svolto secondo procedure democratiche e nel rispetto del diritto internazionale, citando lo statuto dell’Onu e il precedente del Kosovo. Putin ha detto «non vogliamo dividere l’Ucraina, non ci serve», e ha sottolineato che quello avvenuto a Kiev è stato un «colpo di Stato»: le attuali autorità non sono legittime, ha commentato. Il presidente questa mattina ha firmato con i dirigenti della Crimea e di Sebastopoli — città a statuto speciale — l’accordo per il loro ingresso come nuovi soggetti nella Federazione russa. L’intesa deve essere ratificata con una legge dal Parlamento.

Non si è fatta attendere la reazione occidentale. La partecipazione della Russia al g8 è stata sospesa. Lo ha affermato oggi il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius. «Per quanto riguarda il g8 come gruppo politico per il dialogo congiunto di tutti i grandi Paesi, abbiamo deciso di sospendere la partecipazione della Russia, ci sarà un incontro di sette Paesi» ha detto Fabius aggiungendo però che l’invito rivolto per il 6 giugno a Putin in occasione delle celebrazioni per il settantesimo anniversario dello sbarco in Normandia rimane in vigore.

E mentre il vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è oggi a Varsavia per consultazioni sulla crisi (incontrerà il primo ministro polacco, Donald Tusk, il presidente Bronisław Komorowski, oltre al presidente dell’Estonia, Toomas Hendrik), il ministero degli Esteri ucraino ha chiesto alla comunità internazionale di non riconoscere la separatista Repubblica di Crimea e l’annessione di questa alla Russia.

INTERIOR Teniente coronel de la Guardia Civil

INTERIOR Teniente coronel de la Guardia Civil

El hijo de Tejero perderá un 30% de su sueldo tras ser destituido y hasta que tenga otro destino

  • El Boletín de la Guardia Civil publica hoy la destitución ‘por pérdida de confianza’

  • Al teniente coronel no se le abonarán los conceptos de destino y productividad

  • Previsiblemente hasta el verano no habrá plazas nuevas

  • En un periodo máximo de seis meses se le enviaría a otro destino forzoso

Antonio Tejero Díez en un acto en León.

El teniente coronel Antonio Tejero Díez, quien ayer fue destituido como jefe del Grupo de Reserva y Seguridad (GRS), del acuartelamiento de la Guardia Civil de Valdemoro, perderá aproximadamente un 30% de su sueldo durante los meses en los que no tenga destino, informaron fuentes del cuerpo.

El Boletín de la Guardia Civil publica en el día de hoy la destitución del teniente coronel “por pérdida de confianza”, después de que ayer se conociera que había organizado una comida en el citado cuartel, en días previos al 33 aniversario del 23-F, en la que participaron además de su padre, el teniente coronel Antonio Tejero Molina, principal cara del intento del golpe de estado, además de otros condenados por la asonada militar, como el ex capitán Jesús Muñecas Aguilar, actualmente reclamado por Argentina por delitos de torturas durante el franquismo.

Según las fuentes consultadas, la destitución del puesto que ocupaba Tejero Díez implica que pierda aproximadamente un 30% de su sueldo, porcentaje que le correspondía por los conceptos de destino y productividad.

Esa situación salarial se mantendrá hasta que no sea destinado a otro puesto. Según las fuentes consultadas, dos o tres veces al año salen destinos vacantes para el grado de teniente coronel, pero previsiblemente hasta el verano no habrá plazas nuevas. Cuando se convoquen, podrá optar a ellas y en un plazo de dos meses se resolvería si le concede alguna. En el caso de que no le concedieran ninguna de esas plazas, en un periodo máximo de seis meses se le enviaría a otro destino forzoso.

La spending review

Piano Cottarelli: 5 miliardi di risparmi in 8 mesi

Cottarelli, audizione 640 Lp
18 marzo 2014
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«Ho parlato di un risparmio massimo di 7 miliardi su base annua, se si fosse iniziato a gennaio. Sono già passati alcuni mesi, quindi il numero sarà più basso per il resto di quest’anno, per gli ultimi 8 mesi si arriva a 5 miliardi, ho detto in via prudenziale, poi dipende dalla sforzo che si farà». Lo ha chiarito il commissario alla spending review Carlo Cottarelli in commissione Bilancio al Senato, aggiungendo che «sono aggiuntivi rispetto alla Legge di stabilità».

L’AUDIZIONE DI COTTARELLI AL SENATO

Gli esuberi previsti per 85 mila statali è «una prima stima di massima indicata nel rapporto che va poi affinata nelle effettive riforme che devono essere chiarite nel 2014». Sarà tutto più chiaro «nella seconda fase di proposte che arriverà a settembre». Lo dice il commissario della spending review, Carlo Cottarelli, nel corso di una audizione in commissione Bilancio al Senato. Questo problema degli esuberi «potrebbe essere risolto anche riassorbendo in altre parti le persone che diventano un esubero in un settore, per questo nel rapporto si sottolinea l’importanza della mobilità nella pubblica amministrazione».

«Per alcune riforme, quelle che io chiamo sinergie, occorre partire subito in termine di definizione dei piani specifici anche se gli effetti si vedranno solo nel 2015. Nella mia agenda c’è la scadenza di metà settembre per la definizione dei piani strutturali», ha detto ancora Cottarelli. Un intervento sulle pensioni? «La scelta è politica», ha detto Cottarelli, aggiungendo: «Mi è stato chiesto se il sistema sanitario nazionale è ancora sostenibile. Credo di sì, non è necessario un cambiamento radicale, non c’è da rivedere interamente il sistema». Lo ha detto il commissario straordinario per la spending review, Carlo Cottarelli, nel corso di un’audizione in commissione Bilancio al Senato.

COTTARELLI: ENTRO SETTEMBRE PIANO SU POLIZIA
«Su quelle riforme che io chiamo sinergie, come le forze di polizia e le centrali di acquisto, occorre partire subito» e infatti «i piani strutturali» sono in agenda per settembre. Lo dice il commissario alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, nel corso di una audizione in commissione Bilancio al Senato. Gli effetti, però, «si avranno solo nel 2015», aggiunge.

LE ANTICIPAZIONI
Tagli all’Arma, ai Comuni e alle Regioni e alla politica. Il piano preparato dal commissario alla Revisione della spesa Carlo COttarelli è molto di più dei tagli agli F35 annunciati due giorni fa da Matteo Renzi e dalla ministra della Difesa, Roberta Pinotti. Cottarelli avrebbe infatti individuato esuberi tra i dipendenti pubblici per 85mila unità al 2016. Il documento Cottarelli, pubblicato in esclusiva da Il Tempo, ha una linea molto prudenziale per cercare di recuperare quegli ottanta euro al mese in puiù in busta paga promessi da Renzi a coloro che percepiscono uno stipendio inferiore ai 1500 euro mensili.

Si tratta di «proposte per una revisione della spesa pubblica» nel triennio 2014-2016, che in teoria sfrutteranno «risparmi lordi massimi», spiega Cottarelli, per 7 miliardi su base annua. Nel documento, si legge che «2,2 miliardi vengono recuperati dall’efficientamento diretto (800 milioni da iniziative su beni e servizi, 200 dalla pubblicazione telematica degli appalti pubblici, 100 da consulenze e auto blu, 500 dagli stipendi dei dirigenti della pa, 100 da corsi di formazione, 100 dall’illuminazione pubblica, 400 da proposte varie); 200 milioni da riorganizzazioni (riforma province e spese enti pubblici); 400 da costi della politica (Comuni, Regioni e finanziamento ai partiti); 2 miliardi da trasferimenti a imprese e famiglie (un miliardo dai fondi statali alle aziende soprattutto autotrasporto, 400 milioni da quelli regionali, 200 da microstanziamenti, 100 dal trasporto pubblico locale e 300 da quello ferroviario) e 2,2 miliardi da spese settoriali (1,4 da pensioni, 300 milioni dalla sanità, 100 dalla difesa, 200 dall’allineamento della contribuzione delle donne, 200 da revisione delle pensioni di guerra)».

Fra i dubbi di Cottarelli c’è il fatto che «i risparmi di spesa indicati sono al lordo di possibili effetti sulle entrate; lo spazio effettivamente disponibile per ridurre il cuneo fiscale dipende dall’impatto sul quadro macroeconomico e dai relativi effetti sulle entrate». Fra le «criticità» di questo piano, infine, Cottarelli indica che «una parte rilevante dei risparmi di spesa andrebbero a riduzione del deficit non della tassazione, soprattutto nel 2015 e nel 2016». Infine, riporta sempre Il Tempo, «serviranno probabilmente soluzioni innovative per il personale in esubero come effetto delle riforme strutturali».

MADIA: INTERPRETAZIONE DISTORTA PIANO COTTARELLI SU STATALI
«In queste ore alcuni organi di informazione stanno alimentando un`interpretazione distorta del buon lavoro del commissario Cottarelli sulla revisione della spesa per il pubblico impiego; in particolare su pensionamenti, turnover ed eventuali esuberi. In questo modo il quadro che emerge risulta assolutamente infondato». È quanto precisato dal ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia.

CGIL, PIANO COTTARELLI ATTACCO A SISTEMA PUBBLICO
«È una profonda delusione quella che si prova scoprendo come le soluzioni salvifiche che si attendevano dal lavoro di Carlo Cottarelli siano in realtà l’ennesimo esercizio ragionieristico privo di visione». Con queste parole Rossana Dettori, Segretaria Generale della Fp-Cgil, commenta i contenuti della spending review presentata da Carlo Cottarelli. «Nemmeno l’ombra di una piano strategico per la Pa. La soluzione è sempre la stessa: blocco del turn-over, questa volta totale, anche se avvolto in un alone di mistero sulla durata e l’estensione, ed esuberi, questa volta 85mila, ma comunque in assenza di chiarezza sulla platea di riferimento. Non intravediamo la svolta buona». Dettori continua: «Speriamo che quella circolata in queste ore sia solo una bozza e che il lavoro del Commissario sia più dettagliato. È comunque strano, da sindacalista, non aver avuto un confronto su un’operazione tanto delicata. Servirebbe tanto a Cottarelli quanto al Governo Renzi, soprattutto per evitare di colpire ulteriormente settori già troppo indeboliti dalla crisi. Ad esempio servizi come quelli all’infanzia, tanto cari al nostro Presidente del Consiglio, rientreranno nel blocco totale del turn-over? Assistenza alla persona e sicurezza? Evidentemente serve maggiore chiarezza», conclude.

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