Archivi giornalieri: 5 marzo 2014

Primo piano

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“Voluntary disclosure”

Regolarizzazione spontanea di capitali e investimenti: modello e istruzioni per la richiesta di adesione alla procedura di collaborazione volontaria (bozze)

Banche dati ipotecaria e catastale

Modalità di consultazione telematica gratuita, per gli immobili dei quali il richiedente è proprietario o titolare di altri diritti reali di godimento (provvedimento) – pdf

Medotologie di controllo

Aggiornamento delle 97 metodologie precedenti e pubblicazione di una nuova riguardante l’attività di “Recapito di corrispondenza non indirizzata e volantinaggio”

Trasferimenti immobili

Modifiche alla tassazione applicabile, ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale (circolare) – pdf

Expo 2015

Esenzione Iva per i partecipanti all’Expo 2015 di Milano: risoluzioni e modelli in inglese e francese

Studi di settore

Programma delle revisioni degli studi di settore applicabili a partire dal periodo di imposta 2014 (provvedimento) – pdf

Bonifici esteri – Comunicato Mef

Stop alla ritenuta automatica del 20% sui flussi finanziari dall’estero (comunicato Ministero Economia e Finanze) – pdf

Bonifici esteri – Provvedimento

Modifiche al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 18 dicembre 2013 (provvedimento) – pdf

Transazioni finanziarie

Imposta sulle transazioni finanziarie: adempimenti dichiarativi, modalità di versamento e di rimborso, modello FTT (scheda informativa)

Specifiche tecniche

Dichiarazioni 2014, pronte le specifiche tecniche. Approvate le istruzioni per la trasmissione dei dati (comunicato) – pdf

Mediazione tributaria

Mediazione tributaria: chiarimenti e istruzioni operative dopo le modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2014 (circolare n. 1/E) – pdf

Permessi lavorativi Legge 104

La norma originaria e principale in materia di permessi lavorativi retribuiti è la Legge quadro sull’handicap (Legge 5 febbraio 1992, n. 104) che all’articolo 33 prevede agevolazioni lavorative per i familiari che assistono persone con handicap e per gli stessi lavoratori con disabilità e che consistono in tre giorni di permesso mensile o, in alcuni casi, in due ore di permesso giornaliero.

Principalmente ad occuparsi dei permessi lavorativi previsti dall’articolo 33 della Legge 104/1992, sono stati gli enti previdenziali (INPS e INPDAP, solo per citare i principali) emanando circolari ora applicative ora esplicative. Non sempre le indicazioni fornite dai diversi enti sono fra loro omogenee.

Le condizioni e la documentazione necessaria per accedere ai permessi lavorativi sono diverse a seconda che a richiederli siano i genitori, i familiari o gli stessi lavoratori con handicap grave. Inoltre vi sono molti aspetti applicativi che si diversificano a seconda delle situazioni.

Nel nostro sito pubblichiamo schede specifiche per ciascun aspetto, oltre alla modulistica disponibile e alle disposizioni dei singoli enti previdenziali, che di seguito riassumiamo.

I permessi per i genitori e i familiari

I permessi per i lavoratori con handicap

Retribuzione e ferie

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 consente di ricercare e consultare le varie serie della Gazzetta Ufficiale, sia in formato “testuale” che in formato grafico “PDF”, …<!–

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Newsletter

Archivio delle Newsletter con l’elenco dei provvedimenti di maggior interesse pubblicati nelle varie serie della Gazzetta Ufficiale

Notizie
28/02/2014  PROROGA DEI TERMINI ( L. 27 febbraio 2014, n. 15) Leggi la notizia 27/02/2014  UFFICI GIUDIZIARI NUOVA ORGANIZZAZIONE ( D.lgs. 19 febbraio 2014, n.14) Leggi la notizia 26/02/2014  FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI ( L. 21 febbraio 2014, n. 13) Leggi la notizia 21/02/2014  DESTINAZIONE ITALIA ( L. 21 febbraio 2014, n. 9) Leggi la notizia

Sicurezza del lavoro

Sicurezza sul lavoro e contratto di lavoro temporaneo
04/03/2014

In caso di assunzione di un lavoratore con contratto di lavoro temporaneo, l’azienda non è tenuta a comunicare alla Direzione territoriale del lavoro l’avvenuta effettuazione dei rischi, redatta a norma della vigente normativa in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Lo ha affermato il Ministero del lavoro, con Interpello n. 5 del 30 gennaio 2014, nel quale tuttavia si rammenta che permane l’obbligo per le aziende di dimostrare, in sede di ispezione ministeriale, che la valutazione dei rischi è stata effettuata, esibendo il documento di valutazione rischi (DVR). Ne consegue che il divieto di assumere personale con contratto di lavoro temporaneo in mancanza di valutazione dei rischi, stabilito dall’art.20, comma 5, del D.Lgs. 276/2003, si applica nei casi di aziende che non esibiscano prova di avere effettuato tale valutazione.


I Provvedimenti del Governo

I Provvedimenti del Governo

In questa sezione sono elencati i provvedimenti approvati dal Consiglio dei Ministri del governo in carica, presentati in ordine cronologico a partire dai più recenti. Il modulo che precede l’elenco consente la ricerca in archivio dei provvedimenti aventi contenuto normativo (v.glossario).

I testi dei provvedimenti vengono pubblicati quando hanno assunto carattere definitivo. Per conoscere lo stato dell’iter parlamentare dei provvedimenti deliberati dal Governo si può consultare la tabella messa a disposizione dal Dipartimento per i Rapporti con il Parlamento.

 

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documenti 1-10 di 16
Data Fonte Argomento
28/02/2014 Presidenza DECRETO LEGISLATIVO: Attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
28/02/2014 Presidenza DECRETO LEGISLATIVO: Attuazione della direttiva 2011/24/UE concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, nonché della direttiva 2012/52/UE comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro.
28/02/2014 Presidenza DECRETO LEGISLATIVO: Attuazione della direttiva 2010/64/UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali.
28/02/2014 Presidenza DISEGNO DI LEGGE: Disposizioni di carattere finanziario finalizzate a garantire la funzionalità di enti locali, la realizzazione di misure in tema di infrastrutture, trasporti ed opere pubbliche, nonché a consentire interventi in favore di popolazioni colpite da calamità naturali.
28/02/2014 Presidenza DECRETO LEGISLATIVO: Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento).
28/02/2014 Presidenza DECRETO-LEGGE: Disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonchè misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche.
28/02/2014 Presidenza DECRETO LEGISLATIVO: Attuazione della direttiva 2011/16/UE relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE.
28/02/2014 Presidenza DECRETO LEGISLATIVO: Attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI.
28/02/2014 Presidenza DECRETO LEGISLATIVO: Attuazione della direttiva 2011/76/UE, che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di alcune infrastrutture.
28/02/2014 Presidenza DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: Nomina dei Sottosegretari di Stato.

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· Papa Francesco intervistato dal direttore del «Corriere della Sera»

Sono un uomo normale e mi piace fare il prete

 

· Papa Francesco intervistato dal direttore del «Corriere della Sera» ·

05 marzo 2014

 
 

Nella disciplina morale la questione non è quella di cambiare la dottrina ma di andare in profondità

Un anno è trascorso da quel semplice «Buonasera» che commosse il mondo. L’arco di dodici mesi così intensi — non solo per la vita della Chiesa — fatica a contenere la grande messe di novità e i tanti segni profondi dell’innovazione pastorale di Francesco. Siamo in una saletta di Santa Marta. Una sola finestra dà su un piccolo cortile interno che schiude un minuscolo angolo di cielo azzurro. La giornata è bellissima, primaverile, tiepida. Il Papa sbuca all’improvviso, quasi di scatto, da una porta e ha un viso disteso, sorridente. Guarda divertito i troppi registratori che l’ansia senile di un giornalista ha posto su un tavolino. «Funzionano? Sì? Bene». Il bilancio di un anno? No, i bilanci non gli piacciono. «Li faccio solo ogni quindici giorni, con il mio confessore».

Lei, Santo Padre, ogni tanto telefona a chi le chiede aiuto. E qualche volta non le credono.

Sì, è capitato. Quando uno chiama è perché ha voglia di parlare, una domanda da fare, un consiglio da chiedere. Da prete a Buenos Aires era più semplice. E per me resta un’abitudine. Un servizio. Lo sento dentro. Certo, ora non è tanto facile farlo vista la quantità di gente che mi scrive.

E c’è un contatto, un incontro che ricorda con particolare affetto?

Una signora vedova, di ottant’anni, che aveva perso il figlio. Mi scrisse. E adesso le faccio una chiamatina ogni mese. Lei è felice. Io faccio il prete. Mi piace.

I rapporti con il suo predecessore. Ha mai chiesto qualche consiglio a Benedetto XVI?

Sì. Il Papa emerito non è una statua in un museo. È una istituzione. Non eravamo abituati. Sessanta o settant’anni fa, il vescovo emerito non esisteva. Venne dopo il Concilio. Oggi è un’istituzione. La stessa cosa deve accadere per il Papa emerito. Benedetto è il primo e forse ce ne saranno altri. Non lo sappiamo. Lui è discreto, umile, non vuole disturbare. Ne abbiamo parlato e abbiamo deciso insieme che sarebbe stato meglio che vedesse gente, uscisse e partecipasse alla vita della Chiesa. Una volta è venuto qui per la benedizione della statua di San Michele Arcangelo, poi a pranzo a Santa Marta e, dopo Natale, gli ho rivolto l’invito a partecipare al Concistoro e lui ha accettato. La sua saggezza è un dono di Dio. Qualcuno avrebbe voluto che si ritirasse in una abbazia benedettina lontano dal Vaticano. Io ho pensato ai nonni che con la loro sapienza, i loro consigli danno forza alla famiglia e non meritano di finire in una casa di riposo.

Il suo modo di governare la Chiesa a noi è sembrato questo: lei ascolta tutti e decide da solo. Un po’ come il generale dei gesuiti. Il Papa è un uomo solo?

Sì e no. Capisco quello che vuol dirmi. Il Papa non è solo nel suo lavoro perché è accompagnato e consigliato da tanti. E sarebbe un uomo solo se decidesse senza sentire o facendo finta di sentire. Però c’è un momento, quando si tratta di decidere, di mettere una firma, nel quale è solo con il suo senso di responsabilità.

Lei ha innovato, criticato alcuni atteggiamenti del clero, scosso la Curia. Con qualche resistenza, qualche opposizione. La Chiesa è già cambiata come avrebbe voluto un anno fa?

Io nel marzo scorso non avevo alcun progetto di cambiamento della Chiesa. Non mi aspettavo questo trasferimento di diocesi, diciamo così. Ho cominciato a governare cercando di mettere in pratica quello che era emerso nel dibattito tra cardinali nelle varie congregazioni. Nel mio modo di agire aspetto che il Signore mi dia l’ispirazione. Le faccio un esempio. Si era parlato della cura spirituale delle persone che lavorano nella Curia, e si sono cominciati a fare dei ritiri spirituali. Si doveva dare più importanza agli Esercizi Spirituali annuali: tutti hanno diritto a trascorrere cinque giorni in silenzio e meditazione, mentre prima nella Curia si ascoltavano tre prediche al giorno e poi alcuni continuavano a lavorare.

La tenerezza e la misericordia sono l’essenza del suo messaggio pastorale…

E del Vangelo. È il centro del Vangelo. Altrimenti non si capisce Gesù Cristo, la tenerezza del Padre che lo manda ad ascoltarci, a guarirci, a salvarci.

Ma è stato compreso questo messaggio? Lei ha detto che la francescomania non durerà a lungo. C’è qualcosa nella sua immagine pubblica che non le piace?

Mi piace stare tra la gente, insieme a chi soffre, andare nelle parrocchie. Non mi piacciono le interpretazioni ideologiche, una certa mitologia di Papa Francesco. Quando si dice per esempio che esce di notte dal Vaticano per andare a dar da mangiare ai barboni in via Ottaviano. Non mi è mai venuto in mente. Sigmund Freud diceva, se non sbaglio, che in ogni idealizzazione c’è un’aggressione. Dipingere il Papa come una sorta di superman, una specie di star, mi pare offensivo. Il Papa è un uomo che ride, piange, dorme tranquillo e ha amici come tutti. Una persona normale.

Nostalgia per la sua Argentina?

La verità è che io non ho nostalgia. Vorrei andare a trovare mia sorella, che è ammalata, l’ultima di noi cinque. Mi piacerebbe vederla, ma questo non giustifica un viaggio in Argentina: la chiamo per telefono e questo basta. Non penso di andare prima del 2016, perché in America Latina sono già stato a Rio. Adesso devo andare in Terra Santa, in Asia, poi in Africa.

Ha appena rinnovato il passaporto argentino. Lei è pur sempre un capo di Stato.

L’ho rinnovato perché scadeva.

Le sono dispiaciute quelle accuse di marxismo, soprattutto americane, dopo la pubblicazione dell’«Evangelii gaudium»?

Per nulla. Non ho mai condiviso l’ideologia marxista, perché non è vera, ma ho conosciuto tante brave persone che professavano il marxismo.

Gli scandali che hanno turbato la vita della Chiesa sono fortunatamente alle spalle. Le è stato rivolto, sul delicato tema degli abusi sui minori, un appello pubblicato dal Foglio e firmato tra gli altri dai filosofi Besançon e Scruton perché lei faccia sentire alta la sua voce contro i fanatismi e la cattiva coscienza del mondo secolarizzato che rispetta poco l’infanzia.

Voglio dire due cose. I casi di abusi sono tremendi perché lasciano ferite profondissime. Benedetto XVI è stato molto coraggioso e ha aperto una strada. La Chiesa su questa strada ha fatto tanto. Forse più di tutti. Le statistiche sul fenomeno della violenza dei bambini sono impressionanti, ma mostrano anche con chiarezza che la grande maggioranza degli abusi avviene in ambiente familiare e di vicinato. La Chiesa cattolica è forse l’unica istituzione pubblica ad essersi mossa con trasparenza e responsabilità. Nessun altro ha fatto di più. Eppure la Chiesa è la sola ad essere attaccata.

Santo Padre, lei dice «i poveri ci evangelizzano». L’attenzione alla povertà, la più forte impronta del suo messaggio pastorale, è scambiata da alcuni osservatori come una professione di pauperismo. Il Vangelo non condanna il benessere. E Zaccheo era ricco e caritatevole.

Il Vangelo condanna il culto del benessere. Il pauperismo è una delle interpretazioni critiche. Nel medioevo c’erano molte correnti pauperistiche. San Francesco ha avuto la genialità di collocare il tema della povertà nel cammino evangelico. Gesù dice che non si possono servire due signori, Dio e la Ricchezza. E quando veniamo giudicati nel giudizio finale (Matteo, 25) conta la nostra vicinanza con la povertà. La povertà allontana dall’idolatria, apre le porte alla Provvidenza. Zaccheo devolve metà della sua ricchezza ai poveri. E a chi tiene i granai pieni del proprio egoismo il Signore, alla fine, presenta il conto. Quello che penso della povertà l’ho espresso bene nella Evangelii gaudium.

Lei ha indicato nella globalizzazione, soprattutto finanziaria, alcuni dei mali che aggrediscono l’umanità. Ma la globalizzazione ha strappato dall’indigenza milioni di persone. Ha dato speranza, un sentimento raro da non confondere con l’ottimismo.

È vero, la globalizzazione ha salvato dalla povertà molte persone, ma ne ha condannate tante altre a morire di fame, perché con questo sistema economico diventa selettiva. La globalizzazione a cui pensa la Chiesa assomiglia non a una sfera, nella quale ogni punto è equidistante dal centro e in cui quindi si perde la peculiarità dei popoli, ma a un poliedro, con le sue diverse facce, per cui ogni popolo conserva la propria cultura, lingua, religione, identità. L’attuale globalizzazione “sferica” economica, e soprattutto finanziaria, produce un pensiero unico, un pensiero debole. Al centro non vi è più la persona umana, solo il denaro.

Il tema della famiglia è centrale nell’attività del Consiglio degli otto cardinali. Dall’esortazione «Familiaris consortio» di Giovanni Paolo II molte cose sono cambiate. Due sinodi sono in programma. Si aspettano grandi novità. Lei ha detto dei divorziati: non vanno condannati, vanno aiutati.

È un lungo cammino che la Chiesa deve compiere. Un processo voluto dal Signore. Tre mesi dopo la mia elezione mi sono stati sottoposti i temi per il Sinodo, si è proposto di discutere su quale fosse l’apporto di Gesù all’uomo contemporaneo. Ma alla fine con passaggi graduali — che per me sono stati segni della volontà di Dio — si è scelto di discutere della famiglia che attraversa una crisi molto seria. È difficile formarla. I giovani si sposano poco. Vi sono molte famiglie separate nelle quali il progetto di vita comune è fallito. I figli soffrono molto. Noi dobbiamo dare una risposta. Ma per questo bisogna riflettere molto in profondità. È quello che il Concistoro e il Sinodo stanno facendo. Bisogna evitare di restare alla superficie. La tentazione di risolvere ogni problema con la casistica è un errore, una semplificazione di cose profonde, come facevano i farisei, una teologia molto superficiale. È alla luce della riflessione profonda che si potranno affrontare seriamente le situazioni particolari, anche quelle dei divorziati, con profondità pastorale.

Perché la relazione del cardinale Walter Kasper all’ultimo Concistoro (un abisso tra dottrina sul matrimonio e la famiglia e la vita reale di molti cristiani ) ha così diviso i porporati? Come pensa che la Chiesa possa percorrere questi due anni di faticoso cammino arrivando a un largo e sereno consenso? Se la dottrina è salda, perché è necessario il dibattito?

Il cardinale Kasper ha fatto una bellissima e profonda presentazione, che sarà presto pubblicata in tedesco, e ha affrontato cinque punti, il quinto era quello dei secondi matrimoni. Mi sarei preoccupato se nel Concistoro non vi fosse stata una discussione intensa, non sarebbe servito a nulla. I cardinali sapevano che potevano dire quello che volevano, e hanno presentato molti punti di vista distinti, che arricchiscono. I confronti fraterni e aperti fanno crescere il pensiero teologico e pastorale. Di questo non ho timore, anzi lo cerco.

In un recente passato era abituale l’appello ai cosiddetti “valori non negoziabili” soprattutto in bioetica e nella morale sessuale. Lei non ha ripreso questa formula. I principi dottrinali e morali non sono cambiati. Questa scelta vuol forse indicare uno stile meno precettivo e più rispettoso della coscienza personale?

Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili. I valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra. Per cui non capisco in che senso vi possano esser valori negoziabili. Quello che dovevo dire sul tema della vita, l’ho scritto nell’esortazione Evangelii gaudium.

Molti Paesi regolano le unioni civili. È una strada che la Chiesa può comprendere? Ma fino a che punto?

Il matrimonio è fra un uomo e una donna. Gli Stati laici vogliono giustificare le unioni civili per regolare diverse situazioni di convivenza, spinti dall’esigenza di regolare aspetti economici fra le persone, come ad esempio assicurare l’assistenza sanitaria. Si tratta di patti di convivenza di varia natura, di cui non saprei elencare le diverse forme. Bisogna vedere i diversi casi e valutarli nella loro varietà.

Come verrà promosso il ruolo della donna nella Chiesa?

Anche qui la casistica non aiuta. È vero che la donna può e deve essere più presente nei luoghi di decisione della Chiesa. Ma questa io la chiamerei una promozione di tipo funzionale. Solo così non si fa tanta strada. Bisogna piuttosto pensare che la Chiesa ha l’articolo femminile “la”: è femminile dalle origini. Il grande teologo Urs von Balthasar lavorò molto su questo tema: il principio mariano guida la Chiesa accanto a quello petrino. La Vergine Maria è più importante di qualsiasi vescovo e di qualsiasi apostolo. L’approfondimento teologale è in corso. Il cardinale Ryłko, con il Consiglio dei Laici, sta lavorando in questa direzione con molte donne esperte di varie materie.

A mezzo secolo dall’«Humanae vitae» di Paolo VI, la Chiesa può riprendere il tema del controllo delle nascite? Il cardinale Martini, suo confratello, riteneva che fosse ormai venuto il momento.

Tutto dipende da come viene interpretata l’Humanae vitae. Lo stesso Paolo VI, alla fine, raccomandava ai confessori molta misericordia, attenzione alle situazioni concrete. Ma la sua genialità fu profetica, ebbe il coraggio di schierarsi contro la maggioranza, di difendere la disciplina morale, di esercitare un freno culturale, di opporsi al neo-malthusianesimo presente e futuro. La questione non è quella di cambiare la dottrina, ma di andare in profondità e far sì che la pastorale tenga conto delle situazioni e di ciò che per le persone è possibile fare. Anche di questo si parlerà nel cammino del Sinodo.

La scienza evolve e ridisegna i confini della vita. Ha senso prolungare artificialmente la vita in stato vegetativo? Il testamento biologico può essere una soluzione?

Io non sono uno specialista negli argomenti bioetici. E temo che ogni mia frase possa essere equivocata. La dottrina tradizionale della Chiesa dice che nessuno è obbligato a usare mezzi straordinari quando si sa che è in una fase terminale. Nella mia pastorale, in questi casi, ho sempre consigliato le cure palliative. In casi più specifici è bene ricorrere, se necessario, al consiglio degli specialisti.

Il prossimo viaggio in Terra Santa porterà a un accordo di intercomunione con gli ortodossi che Paolo VI, cinquant’anni fa, era arrivato quasi a firmare con Atenagora?

Siamo tutti impazienti di ottenere risultati “chiusi”. Ma la strada dell’unità con gli ortodossi vuol dire soprattutto camminare e lavorare insieme. A Buenos Aires, nei corsi di catechesi, venivano diversi ortodossi. Io trascorrevo il Natale e il 6 gennaio insieme ai loro vescovi, che a volte chiedevano anche consiglio ai nostri uffici diocesani. Non so se sia vero l’episodio che si racconta di Atenagora che avrebbe proposto a Paolo VI che loro camminassero insieme e mandassero tutti i teologi su un’isola a discutere fra loro. È una battuta, ma importante è che camminiamo insieme. La teologia ortodossa è molto ricca. E credo che loro abbiano in questo momento grandi teologi. La loro visione della Chiesa e della sinodalità è meravigliosa.

Fra qualche anno la più grande potenza mondiale sarà la Cina con la quale il Vaticano non ha rapporti. Matteo Ricci era gesuita come lei.

Siamo vicini alla Cina. Io ho mandato una lettera al presidente Xi Jinping quando è stato eletto, tre giorni dopo di me. E lui mi ha risposto. Dei rapporti ci sono. È un popolo grande al quale voglio bene.

Perché Santo Padre non parla mai d’Europa? Che cosa non la convince del disegno europeo?

Lei ricorda il giorno in cui ho parlato dell’Asia? Che cosa ho detto? [qui il cronista si avventura in qualche spiegazione raccogliendo vaghi ricordi per poi accorgersi di essere caduto in un simpatico trabocchetto]. Io non ho parlato né dell’Asia, né dell’Africa, né dell’Europa. Solo dell’America Latina quando sono stato in Brasile e quando ho dovuto ricevere la Commissione per l’America Latina. Non c’è stata ancora l’occasione di parlare d’Europa. Verrà.

Che libro sta leggendo in questi giorni?

Pietro e Maddalena di Damiano Marzotto sulla dimensione femminile della Chiesa. Un bellissimo libro.

E non riesce a vedere qualche bel film, un’altra delle sue passioni? «La grande bellezza» ha vinto l’Oscar. La vedrà?

Non lo so. L’ultimo film che ho visto è stato La vita è bella di Benigni. E prima avevo rivisto La strada di Fellini. Un capolavoro. Mi piaceva anche Wajda…

San Francesco ebbe una giovinezza spensierata. Le chiedo: si è mai innamorato?

Nel libro Il Gesuita, racconto di quando avevo una fidanzatina a 17 anni. E ne faccio cenno anche ne Il Cielo e la Terra, il volume che ho scritto con Abraham Skorka. In seminario una ragazza mi fece girare la testa per una settimana.

E come finì se non sono indiscreto?

Erano cose da giovani. Ne parlai con il mio confessore [un grande sorriso].

Grazie Padre Santo.

Grazie a lei.

di Ferruccio de Bortoli

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Europee, Ferrero: Tribunale di Napoli apre le porte all’azzeramento dell’europorcellum che impedisce rappresentanza minoranze

Rifondazione Ccomunista

“Il Tribunale di Napoli, – dichiara in una nota Paolo Ferrero, segretario nazionale Prc – riservandosi di decidere sul rinvio alla Corte di Giustizia europea riguardo alle pregiudiziali sollevate da Mario Brunetti, rappresentato dall’avv. Besostri, ha aperto la strada all’azzeramento dell’europorcellum, ideato da Veltroni e Berlusconi per escludere le minoranze dal parlamento europeo. Nel mirino

Legge elettorale, Ferrero: Vergognoso mercimonio perchè Renzi è considerato un bugiardo inaffidabile dai suoi alleati

Rifondazione Ccomunistadi Paolo Ferrero – Sulla legge elettorale è avvenuto un vergognoso mercimonio che dice della pochezza di Renzi e di quanto anche i suoi alleati lo considerino un bugiardo inaffidabile. Non solo la legge elettorale è la riedizione peggiorata del porcellum e quindi una pura presa in giro. Come se non bastasse la legge elettorale

«Renzusconum», l’idolatria della governabilità

Rifondazione Ccomunistadi Gianni Ferrara Legge elettorale. Con il progetto di Renzi e Berlusconi la sovranità sarà capovolta, diverrà sudditanza a un capo assoluto. E la tragedia della democrazia si rappresenterà con la farsa dell’elezione In un Paese civile, un evento senza pre­ce­denti nella sto­ria degli stati, come la decla­ra­to­ria di inco­sti­tu­zio­na­lità del sistema di ele­zione del Par­la­mento

Il ritorno della Guantanamo d’Italia

Rifondazione Ccomunistadi Alessandro Tricarico – il manifesto – Reportage. Chiuso per le condizioni estreme inflitte ai migranti, un tempo luogo d’integrazione nato sui terreni confiscati alla mafia, il Cie di Palazzo San Gervasio sta per risorgere con i milioni stanziati dal governo Monti Quello che fa più rab­bia è che da quando ha chiuso siamo stati costretti a

Welfare e reddito: c’è confusione tra Renzi e Cgil-Cisl

Rifondazione Ccomunistadi Giuseppe Allegri – il manifesto JobsAct. Il rischio di confondere il sussidio di disoccupazione e il sostegno al reddito emerge anche nelle dichiarazioni della segretaria Cgil Susanna Camusso. Bonanni (Cisl): «Prima che alla cancelliera Merkel questa legge la si doveva far vedere ai lavoratori e alle loro rappresentanze» Il gran par­lare intorno all’ipotesi di «Job­sAct» di Mat­teo Renzi con­ti­nua

Sei mesi per l’Europa mediterranea

Rifondazione CcomunistaAppello. -Lettera Aperta al presidente del Consiglio dei Ministri dal Forum Italo Tunisino per la cittadinanza Mediterranea e dalle Associazioni della Rete Italiana del Fsm che l’hanno condivisa Signor Pre­si­dente del Consiglio, abbiamo appreso, dalle sue recenti dichia­ra­zioni alla Camera dei depu­tati e alla recen­tis­sima dire­zione del Pd, che la desti­na­zione della prima mis­sione all’estero del Governo

Austerità ad ogni costo: l’Italia trasformata in Paese del Terzo Mondo

Rifondazione Ccomunistadal blog di Paolo Ferrero su ilfattoquotidiano.it – Austerità ad ogni costo: l’Italia trasformata in Paese del Terzo Mondo I dati resi noti stamani dall’Istat ci segnalano come le politiche di austerità praticate da Berlusconi, Monti e Letta stiano trasformando l’Italia in un paese del Terzo mondo. Da un lato i consumi delle famiglie sono

No Tav, Ferrero: Solidarietà a Grillo e a tutti i condannati per legittima occupazione baita Clarea

Rifondazione Ccomunistadi Paolo Ferrero – Voglio esprimere la piena solidarietà del Partito della Rifondazione Comunista a Beppe Grillo e a tutti gli attivisti del movimento NO TAV che sono stati condannati per aver violato i sigilli della baita della Clarea. La magistratura torinese continua ad accanirsi contro il movimento NO TAV dimostrando una solerzia degna di

Ucraina – Ferrero: Usa e Ue responsabili del disastro in corso. Si incontrino con Putin per fermare la guerra

Rifondazione Ccomunista

di Paolo Ferrero – Gli Usa e l’’Unione Europea sono i responsabili del disastro oggi in corso in Ucraina. Adesso minacciano di non andare al G8 in Russia. E’ il contrario di ciò che occorre fare. Obama e l’Unione Europea, invece di fare inutili minacce, devono subito sedersi ad un tavolo con Putin per cercare


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CORTE DI APPELLO MESSINA – Sentenza 03 febbraio 2014, n. 29COOPERATIVE, EDILIZIA

Lavoro – Contratti a tempo determinato – Illegittima apposizione del termine – Mancata prova del danno – Risarcimento

CORTE DI CASSAZIONE

SENTENZA

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 marzo 2014, n. 4969COOPERATIVE, EDILIZIA

Lavoro autonomo e lavoro subordinato – Società schermo – Contributi omessi – Elementi caratterizzanti la subordinazione

LEGISLAZIONE

DECRETO MINISTERIALE

MINISTERO FINANZE – Decreto ministeriale 20 febbraio 2014EDILIZIA

Commissione onnicomprensiva da riconoscere alle banche per gli oneri connessi con le operazioni di credito agevolato per il settore fondiario-edilizio, per l’anno 2014

PRASSI

INPS

MESSAGGIO

INPS – Messaggio 04 marzo 2014, n. 3048COOPERATIVE, EDILIZIA

Convenzione tra la Regione Puglia e l’INPS in attuazione del Piano Straordinario per i percettori degli ammortizzatori sociali in deroga e percettori di sostegno al reddito, adottato con Deliberazione di Giunta Regionale n. 249 del 19/02/2013. Erogazione di un sussidio speciale di sostegno al reddito. Variazioni al piano dei conti.

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

CIRCOLARE

MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Circolare 04 marzo 2014, n. 6COOPERATIVE, EDILIZIA

D.M. 15 gennaio 2014 – “Codice di comportamento ad uso degli ispettori del lavoro”.

MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Circolare 04 marzo 2014, n. 5COOPERATIVE, EDILIZIA

Art. 14, D.L. n. 145/2013 (conv. da L. n. 9/2014) – misure di contrasto al lavoro sommerso e irregolare – maxisanzione, revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale e sanzioni per violazione della disciplina in materia di durata media dell’orario di lavoro e di riposi giornalieri e settimanali.

Le proposte di legge di riforma elettorale

Temi dell’attività Parlamentare

Le proposte di legge di riforma elettorale
Il 30 gennaio 2014 l’Assemblea della Camera ha iniziato l’esame delle riforma elettorale nel testo base adottato dallla Commissione il 24 gennaio.
informazioni aggiornate a giovedì, 27 febbraio 2014
La sentenza 1/2014 e la relazione della Corte costituzionale
Il 4 dicembre 2013, a seguito della rimessione di questione di costituzionalità da parte della I sezione civile della Corte di Cassazione (ordinanza 12060/2013), la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità della legge n. 270 del 2005. La pronuncia è contenuta nella sentenza n. 1 del 2014, depositata il 13 gennaio.
In ordine all’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale, la Corte ha riconosciuto la plausibilità delle argomentazioni della Cassazione in ordine sia alla pregiudizialità delle questioni di legittimità costituzionale rispetto alla definizione del giudizio principale, sia alla rilevanza delle medesime.
Nell’affrontare il merito delle questioni sollevate dal giudice a quo, le censure della Corte si sono appuntate su due aspetti del sistema elettorale: il premio di maggioranza e le liste bloccate. Va precisato però che la sentenza specificamente esclude qualsiasi valutazione sui sistemi elettorali, maggioritari o proporzionali, in quanto non vi è “un modello di sistema elettorale imposto dalla Carta costituzionale” e vi è, pertanto, piena discrezionalità del legislatore nella scelta di singoli sistemi.
Nel vigente sistema elettorale proporzionale, il premio di maggioranza, come disciplinato per la Camera, secondo la Corte, “è foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa, in quanto consente ad una lista che abbia ottenuto un numero di voti anche relativamente esiguo di acquisire la maggioranza assoluta dei seggi. In tal modo si può verificare in concreto una distorsione fra voti espressi ed attribuzione di seggi che, pur essendo presente in qualsiasi sistema elettorale, nella specie assume una misura tale da comprometterne la compatibilità con il principio di eguaglianza del voto”.
Questo meccanismo, che si aggiunge alle previsioni in materia di soglie per l’accesso al sistema proporzionale di attribuzione dei seggi, pur finalizzato al “legittimo obiettivo di favorire la formazione di stabili maggioranze parlamentari e quindi di stabili governi” non solo compromette, ma addirittura, secondo la Corte, rovescia “la ratio della formula elettorale prescelta dallo stesso legislatore del 2005, che è quella di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare”. L’effetto che ne deriva è quello di “una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare,secondo l’art. 1, secondo comma, Cost.”. Questo effetto è incompatibile non solo con l’art. 1 Cost., ma anche con l’art. 67 Cost. che configura le Camere come “sedi esclusive della rappresentanza parlamentare” titolari di funzioni esclusivamente proprie, tra cui quella di revisione costituzionale.
In queste valutazioni la Corte inserisce la dirimente constatazione dell’assenza nella vigente legge elettorale di “una ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio”: questa mancanza determina “un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto” stabilito dall’art. 48, secondo comma, Cost.. Infatti, nei sistemi proporzionali, gli elettori hanno “la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare”. A questo proposito, la sentenza richiama la recente pronuncia del Tribunale costituzionale tedesco del 25 luglio 2012, che ha dichiarato per la seconda volta di illegittimità della disciplina elettorale, ricordando che il sistema vigente in Germania ha il «carattere fondamentale di un sistema elettorale proporzionale», mentre l’attribuzione dei ‘mandati in eccedenza’ senza compensazioni può snaturare tale carattere del sistema, in contrasto con il principio di uguaglianza del voto e di pari opportunità per i partiti politici.

In definitiva, secondo la Corte costituzionale, il legislatore nel perseguire discrezionalmente l’obiettivo di rilievo costituzionale della stabilità del governo del Paese e dell’efficienza dei processi decisionali in ambito parlamentare deve rispettare il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti, quali la sovranità popolare, l’uguaglianza anche del voto, la rappresentanza politica nazionale.
Per il Senato, l’attribuzione del premio è irragionevole per mancanza di una soglia minima di voti per conquistarlo “incidendo anche sull’eguaglianza del voto, in violazione degli artt. 1,secondo comma, 3, 48, secondo comma, e 67 Cost, già richiamati per le disposizioni relative alla Camera; inoltre, l’attribuzione su base regionale realizza “l’effetto che la maggioranza in seno all’assemblea del Senato sia il risultato casuale di una somma di premi regionali, che può finire per rovesciare il risultato ottenuto dalle liste o coalizioni di liste su base nazionale, favorendo la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto nell’insieme sostanzialmente omogenea”. Questo effetto, che rischia di compromettere il funzionamento della forma di governo parlamentare e l’esercizio della funzione legislativa delle Camere, risulta secondo la Corte lesivo degli stessi articoli della Costituzione sopra richiamati.
Quanto al meccanismo delle liste bloccate, la pronuncia evidenzia che, sia per la Camera che per il Senato, il voto dell’elettore ha ad oggetto una lista nella quale l’ordine dei candidati “è sostanzialmente deciso dai partiti”; inoltre, l’ampio numero dei candidati, in alcuni casi, è tale da renderli “difficilmente conoscibili dall’elettore stesso”. Se poi si tiene conto della possibilità di candidature multiple e della facoltà dell’eletto di optare per altre circoscrizioni sulla base delle indicazioni del partito, anche l’aspettativa dell’elettore che conti su un certo ordine di lista “può essere delusa”.
Queste caratteristiche della disciplina elettorale hanno l’effetto di escludere che l’elettore abbia margini di scelta, che invece “è totalmente rimessa ai partiti “, pur non essendo desumibili nel nostro ordinamento attribuzioni costituzionali ai medesimi partiti, i quali con la “presentazione di alternative elettorali” e con la “selezione dei candidati alle cariche elettive pubbliche” consentono di “raccordare il diritto, costituzionalmente riconosciuto ai cittadini, di associarsi in una pluralità di partiti con la rappresentanza politica”.
Secondo la Corte, questo sistema “ferisce la logica della rappresentanza” perché “alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini” e il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti non si costituisce correttamente e direttamente: la coartazione della libertà di scelta degli elettori contraddice “il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost.”.

La sentenza precisa che queste caratteristiche “rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)”.
La sentenza si sofferma sul carattere autoapplicativo della disciplina elettorale che risulta all’esito delle declaratorie di illegittimità: resta infatti un sistema proporzionale “depurato dell’attribuzione del premio di maggioranza; e le norme censurate riguardanti l’espressione del voto risultano integrate in modo da consentire un voto di preferenza” che assicura il rinnovo degli organi e del quale è impregiudicata la valutazione dell’opportunità e/o dell’efficacia.
La Corte non ha tuttavia scelto di indicare puntualmente le singole disposizioni di legge conseguentemente incostituzionali, ma si è limitata ad affrontare tre aspetti della disciplina di risulta. Il primo riguarda la disposizione che stabilisce che sono proclamati eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima «secondo l’ordine di presentazione»: essa non appare alla Corte incompatibile con l’introduzione del voto di preferenza, “dovendosi ritenere l’ordine di lista operante solo in assenza di espressione della preferenza”. Il secondo riguarda le disposizioni sulla redazione delle schede elettorali su cui devono essere riprodotti i contrassegni di tutte le liste regolarmente presentate nella circoscrizione: esse, secondo la Corte, non escludono che le schede siano integrate da uno spazio per l’espressione della preferenza. Il terzo aspetto riguarda il carattere unico della preferenza: tale carattere secondo la Corte risulta “in linea con quanto risultante dal referendum del 1991, ammesso con sentenza n. 47 del 1991, in relazione alle formule elettorali proporzionali”.
Comunque, il legislatore non solo potrà compiere “interventi normativi secondari, meramente tecnici ed applicativi” della sentenza per risolvere altri “simili eventuali inconvenienti” ma, “ ove lo ritenga, potrà correggere, modificare o integrare la disciplina residua”.
La pronuncia infine chiarisce la questione degli effetti della declaratoria di illegittimità sugli organi parlamentari in funzione, specificando che, sia in conseguenza della speciale retroattività delle dichiarazioni di illegittimità che colpiscono solo i rapporti pendenti e non quelli già chiusi, sia per il principio della continuità dello Stato, in particolare dei suoi organi costituzionali, essi si produrrano solo “in occasione di una nuova consultazione elettorale” e non toccheranno “gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto”.

Il 27 febbraio, il Presidente della Corte costituzionale, nel corso della relazione sulla giurisprudenza del 2013 e con riferimento alla sentenza n.1 del 2014, ha rilevato che “la legge elettorale deve prevedere un meccanismo di trasformazione dei voti in seggi che, pur assicurando la necessaria rappresentanza alle diverse articolazioni della società civile, miri a rendere possibile la formazione di governi stabili, fondati su maggioranze non fluttuanti”.

Ne consegue che, “in materia elettorale, pertanto, l’arco delle scelte del legislatore è molto ampio, a condizione che non venga irragionevolmente alterato il rapporto di proporzionalità, e quindi l’equilibrio tra rappresentanza e governabilità, realizzabile con plurimi strumenti, tutti costituzionalmente compatibili, a condizione che l’unao l’altra non subiscano riduzioni così drastiche da mettere in pericolo le condizioni minime di democraticità del sistema o della sua possibilità di funzionamento”.

Il Presidente della Consulta avverte che “si tratta –in questo e in tutti gli altri casi prospettabili –di un equilibrio dinamico, giacché la Costituzione non si limita a preservare l’essenza della proiezione rappresentativa, in una visione statica di mero rispecchiamento delle proporzioni tra i vari gruppi politici esistenti nella società civile, ma è protesa a rendere efficace ed attuabile l’indirizzo politico del Governo e della maggioranza parlamentare, vero motore del sistema, come emerge dagli artt. 92 ss. della stessa Costituzione”.

 

 

L’esame presso il Senato dei progetti di legge di riforma elettorale

L’8 agosto 2013, il Senato aveva deliberato all’unanimità l’urgenza dell’esame dei disegni di legge nn. 356, 396, 406, 432, 559, 674 e 685 in materia elettorale e lo stesso giorno la 1° Commissione Affari costituzionali ne aveva avviato l’esame.

Nelle sedute successive, il dibattito, esteso anche al progetto di legge 1029, si era concentrato soprattutto sulle questioni: dell’opportunità di una riforma della legge elettorale in attesa delle riforme costituzionali; sull’individuazione degli aspetti problematici dell’attuale sistema elettorale (premio di maggioranza e, quindi, costituzione di maggioranze omogenee alla Camera e al Senato; rapporto tra elettori ed eletti); sulla validità e fattibilità di un ritorno al sistema elettorale previgente, la cosiddetta legge Mattarella. In questo contesto, veniva concordata la seguente ipotesi di lavoro. Si prevedeva, per la Camera dei deputati, l’attribuzione del 20 per cento dei seggi con metodo proporzionale, senza voto di preferenza, su liste circoscrizionali di candidati nelle 26 circoscrizioni attuali e dell’80 per cento dei seggi con metodo proporzionale in ambito circoscrizionale, su liste di candidati in collegi plurinominali collegate reciprocamente con le liste circoscrizionali. I collegi plurinominali sono tendenzialmente di ambito provinciale o sub-provinciale. Anche al Senato, ogni regione, salvo la Valle d’Aosta, il Molise e il Trentino-Alto Adige, sarebbe stata suddivisa in collegi plurinominali. In entrambe le Camere il premio di maggioranza (340 seggi alla Camera e 170 al Senato) sarebbe stato attribuito a livello nazionale alla lista o coalizione di liste circoscrizionali con il medesimo contrassegno che avrebbe ottenuto almeno il 40 per cento dei voti a livello nazionale. Al Senato, i seggi “incrementali” sarebbero stati distribuiti tra le regioni e, in ambito regionale, tra i collegi plurinominali, in base alle cifre elettorali in ordine decrescente. In questa ipotesi rientrava anche la previsione di norme sulla rappresentanza di genere e sulle soglie di sbarramento.

Successivamente venivano presentati due ordini del giorno: il primo, dei gruppi Partito democratico, Sel e Scelta civica, che prevedeva un secondo turno di votazioni per l’attribuzione del premio di maggioranza tra le due coalizioni con maggiori consensi, qualora nessuna di esse raggiungesse, al primo turno, la maggioranza assoluta o almeno il 40 o 45 per cento dei voti o dei seggi. Il secondo, della Lega Nord, proponeva il ritorno al sistema elettorale precedente al 2005 (legge Mattarella). In seguito, un terzo ordine del giorno veniva presentato dal gruppo Movimento 5 stelle, prevedendo che l’assegnazione dei seggi della Camera dei deputati avvenisse sulla base di circoscrizioni piccole, corrispondenti alle province e con la formula dei divisori (d’Hondt), senza recupero di resti a livello sovra circoscrizionale. Quanto al Senato, si proponeva che le candidature avvenissero sulla base di circoscrizioni subregionali corrispondenti alle province, con assegnazione di seggi in ambito regionale e una formula ispirata a quella della legge elettorale belga, fondata sul metodo dei divisori, ma corretto. Solo il primo ordine del gorno è stato messo in votazione, e non approvato (seduta pomeridiana del 12 novembre 2013).

Nella seduta del 4 dicembre, cioè nello stesso giorno in cui è stata resa nota la decisione della Corte costituzionale, veniva costituito un comitato ristretto, con il compito di riferire alla Commissione, entro il mese di gennaio, sulla possibilità di conseguire un consenso ampio su una proposta di riforma, con la conseguente predisposizione di un testo unificato. Venivano quindi accantonati gli altri ordini del giorno.

L’esame presso la Camera dei deputati

Il 5 dicembre 2013, cioè all’indomani della pronuncia della Consulta, la Conferenza dei presidenti di gruppo della Camera ha convenuto, sulla base della dichiarazione di urgenza deliberata presso la stessa Camera, all’unanimità, il 31 luglio 2013, di richiedere l’iscrizione all’ordine del giorno della I Commissione dei progetti di legge in tema di modifica della legge elettorale. Questa delibera era basata sull’obiettivo di attivare possibili intese con il Senato circa la priorità dell’esame dei provvedimenti tra le due Camere.

Quindi, il 10 dicembre, la I Commissione della Camera ha iniziato l’esame di diverse proposte di legge e di tre petizioni popolari in materia elettorale, con riserva di proseguirlo una volta definita la procedura delle intese con l’altro ramo del Parlamento. Per i contenuti di tali proposte di legge si veda il dossier del Servizio studi Modifiche alle norme per l’elezione della Camera e del Senato – A.C. 3 e abb. sotto indicato.

Il 12 dicembre, con un comunicato stampa congiunto, i Presidenti dei due rami del Parlamento hanno comunicato la raggiunta intesa sul passaggio della materia elettorale alla Camera e, allo stesso tempo, hanno convenuto sull’esigenza, ”anche ai fini di un’equilibrata condivisione dell’impegno riformatore, che il Senato abbia la priorità nell’esame dei progetti di legge di riforma costituzionale già presentati e preannunciati, in particolare quelli concernenti il superamento del bicameralismo paritario e per l’avvio di un più moderno ed efficiente bicameralismo differenziato”.

Il 9 gennaio 2014, l’Ufficio di Presidenza della I Commissione della Camera ha quindi concordato di svolgere un ciclo di audizioni di esperti da concludere entro il 17 gennaio e, nello stesso giorno, la Conferenza dei Presidenti di gruppo ha stabilito per il 27 gennaio l’inizio dell’esame della riforma in Assemblea.

Il 22 gennaio 2014 il relatore e Presidente della I Commissione ha presentato una proposta di testo unificato e il 24 gennaio la Commissione ha adottato come testo base per il seguito dell’esame la nuova proposta di testo unificato del relatore. Il 28 gennaio la Commissione ha quindi iniziato la discussione sul complesso degli emendamenti presentati il giorno precedente. Il 30 gennaio la Commissione ha dato mandato al relatore di riferire favorevolmente all’Assemblea che ha iniziato l’esame il giorno stesso.

Il sistema elettorale prefigurato dal testo base consiste in un sistema proporzionale, identico per Camera e Senato, con le seguenti caratteristiche:

  • soglie di sbarramento (12 per cento per le coalizioni, 5 per cento per le le liste coalizzate e 8 per cento per le liste non coalizzate)
  • suddivisione del territorio nazionale in circoscrizioni regionali, suddivise in collegi plurinominali cui è assegnato un numero di seggi da tre a sei
  • premio di maggioranza, fino al massimo di 340 seggi, assegnato alla coalizione o lista vincente che supera al primo turno il 35 per cento dei voti
  • turno di ballottaggio tra le prime due coalizioni o liste, qualora nessuna di esse raggiunga il 35 per cento dei voti, per l’ assegnazione di una quota di seggi pari a 327
  • liste brevi
  • attribuzione dei seggi a livello nazionale