Archivi giornalieri: 2 ottobre 2013

Immigrazione

Immigrazione – L’impatto della crisi sulle condizioni di vita e di lavoro

Ricerca Associazione B.Trentin – Isf – Ires e Inca

 

Presentata oggi la ricerca dell’Associazione B.Trentin, Isf, Ires e Inca su “L’impatto della crisi sulle condizioni di vita e di lavoro degli immigrati”.

Lo studio ha analizzato gli effetti della crisi sia su un piano lavorativo che su quello legato alla vita sociale e ai processi di integrazione e per farlo ha intervistato, grazie alla collaborazione degli uffici Inca territoriali, oltre 1.000 immigrati.

Partendo dai dati Istat relativi alla media delle forze di lavoro presenti in Italia nel 2012, i lavoratori immigrati rappresentano il 10,2% del totale degli occupati concentrati in alcuni settori quali i servizi collettivi alla persone, le costruzioni , il turismo, l’agricoltura, l’industria e i trasporti. La survey ha stimato che nell’area di “sofferenza occupazionale”, ossia quella fetta di popolazione in età da lavoro (15-64 anni) di cui fanno parte i disoccupati, gli scoraggiati e gli occupati in Cig, sono presenti oltre 527mila immigrarti e 3.800mila italiani. Rispetto al 2011 i primi sono cresciuti del 10,6% e i secondi del 21,4%9.

Nell’area definita di “disagio occupazionale” e cioè la platea di lavoratori under 65 che hanno un’occupazione a termine o sono in part ime involontario, gli immigrati sono oltre 706mila, gli italiani oltre 3.400mila. Per quanto riguarda la retribuzione media di un dipendente immigrato e uno italiano la differenza è pari al -326%.
Per l’85% di intervistati la depressione ha determinato un repentino abbassamento delle retribuzioni (31,5%) e una forte diminuzione delle giornate di lavoro (25.5%), condizioni di lavoro più rischiose (19,1%) e orari più lunghi (12,8%).
Chiaramente la crisi ha determinato dei cambiamenti nel modo di vivere: riduzione dei consumi (76,3%), richiesta di prestiti (14%), accettazione di qualsiasi tipo di lavoro (23,5%), accettazione di più lavori contemporaneamente (12,7%), ma ancora più pesante è stata la ricaduta che ha avuto sul cambiamento del progetto migratorio: impossibilità ad inviare le rimesse alla famiglia (16,8%), mancati ricongiungimenti familiari (11,9%). E, infine quasi 1 immigrato su 2 pensa di over affrontare una nuova migrazione.

Morena Piccinini, presidente dell’Inca, nel suo intervento si è soffermata sulla sofferenza e il disagio vissuti da questi lavoratori,  così ben ritratto nella ricerca, che rappresenta uno spaccato reale di coloro che si rivolgono all’Inca ogni giorno. “Finora – ha precisato – le politiche sull’immigrazione sono state ispirate ad una concezione che rispondeva ad una idea di forza lavoro di riserva, cioè necessaria per far fronte ad attività che gli italiani non vogliono più fare.  Perciò si tratta di una condizione di inferiorità vissuta in special modo nelle piccole aziende, dove sono più basse le retribuzioni, dove i meccanismi lavorativi sono più pesanti”.

“E’, dunque necessario – ha detto Piccinini – contrastare questi fenomeni che hanno determinato non solo un problema sociale, ma anche politico e culturale; un’inversione di tendenza è urgente perché la sofferenza occupazionale si lega a una grande sofferenza sociale. Questi diritti perduti – ha proseguito la presidente dell’Inca – sono stati oggetto di cause giudiziarie sollecitate dal nostro patronato sulle quali è intervenuta più volte la Corte Costituzionale che ha accolto le nostre ragioni -, a conferma del buon lavoro svolto finora. Ma il ritardo nel riconoscimento di questi diritti pesa enormemente su questi lavoratori e lavoratrici”. “E’ quindi indispensabile una parificazione dei diritti, una costruzione di una nuova gerarchia di valori. Per quanto riguarda infine – ha continuato Piccinini – la problematica delle “doppie” migrazioni è necessario che il nostro Paese cambi atteggiamento. E’ infatti necessario garantire al più presto  il riconoscimento dei diritti acquisiti in Italia anche a tutti quei lavoratori provenienti, ad esempio, dall’area del Maghreb con i quali il nostro Paese non ha mai sottoscritto convenzioni di sicurezza sociale”.

Vera Lamonica, segretaria confederale Cgil, nel concludere il dibattito, ha sottolineato come sia compito del sindacato “dare una risposta alla solitudine delle persone, una solitudine derivante esclusivamente dal disagio e dalla sofferenza. Una inefficiente integrazione, infatti,  ha determinato un interpretazione restrittiva dei diritti sul lavoro, ma è stata anche il pretesto per abbassare in modo generale le tutele di tutti i lavoratori anche italiani, determinando così  una svalutazione del lavoro”.

Disabili

Rai: Cgil, grande risultato ritiro circolare su lavoratori disabili

 

”Un grande risultato, frutto dell’impegno e della pressione messa in campo in queste settimane dalla Cgil”. Così la responsabile dell’ufficio Politiche per la disabilità, Nina Daita, commenta la notizia del recepimento da parte della Rai della richiesta del sindacato di ritirare la circolare aziendale che suggeriva di formalizzare, per un periodo di sei mesi meno un giorno, i contratti a tempo determinato del personale, evitando così l’ampliamento della base occupazionale.

Secondo il sindacato si intendeva ”per questa via, aggirare quanto previsto dalla legge Fornero per l’inserimento e l’integrazione lavorativa di persone disabili”.

Secondo la dirigente sindacale ”rivedendo la propria posizione nei confronti di quella che abbiamo definito essere una ”circolare vergogna”, si ristabilisce un principio di civiltà, ovvero impedire surrettiziamente la discriminazione di soggetti deboli quali sono i disabili. Non poteva infatti la Rai, azienda di servizio pubblico, aggirare una linea di comportamento etico”, osserva.

”E di questo diamo atto all’azienda che, grazie anche al lavoro fatto dal sindacato, ha giustamente rivisto la sua posizione, impedendo così una ingiustificabile e letteralmente immorale lesione dei diritti dei lavoratori più deboli e fragili”, conclude Daita.

Immigrazione

Immigrazione – L’impatto della crisi sulle condizioni di vita e di lavoro

Ricerca Associazione B.Trentin – Isf – Ires e Inca

 

Presentata oggi la ricerca dell’Associazione B.Trentin, Isf, Ires e Inca su “L’impatto della crisi sulle condizioni di vita e di lavoro degli immigrati”.

Lo studio ha analizzato gli effetti della crisi sia su un piano lavorativo che su quello legato alla vita sociale e ai processi di integrazione e per farlo ha intervistato, grazie alla collaborazione degli uffici Inca territoriali, oltre 1.000 immigrati.

Partendo dai dati Istat relativi alla media delle forze di lavoro presenti in Italia nel 2012, i lavoratori immigrati rappresentano il 10,2% del totale degli occupati concentrati in alcuni settori quali i servizi collettivi alla persone, le costruzioni , il turismo, l’agricoltura, l’industria e i trasporti. La survey ha stimato che nell’area di “sofferenza occupazionale”, ossia quella fetta di popolazione in età da lavoro (15-64 anni) di cui fanno parte i disoccupati, gli scoraggiati e gli occupati in Cig, sono presenti oltre 527mila immigrarti e 3.800mila italiani. Rispetto al 2011 i primi sono cresciuti del 10,6% e i secondi del 21,4%9.

Nell’area definita di “disagio occupazionale” e cioè la platea di lavoratori under 65 che hanno un’occupazione a termine o sono in part ime involontario, gli immigrati sono oltre 706mila, gli italiani oltre 3.400mila. Per quanto riguarda la retribuzione media di un dipendente immigrato e uno italiano la differenza è pari al -326%.
Per l’85% di intervistati la depressione ha determinato un repentino abbassamento delle retribuzioni (31,5%) e una forte diminuzione delle giornate di lavoro (25.5%), condizioni di lavoro più rischiose (19,1%) e orari più lunghi (12,8%).
Chiaramente la crisi ha determinato dei cambiamenti nel modo di vivere: riduzione dei consumi (76,3%), richiesta di prestiti (14%), accettazione di qualsiasi tipo di lavoro (23,5%), accettazione di più lavori contemporaneamente (12,7%), ma ancora più pesante è stata la ricaduta che ha avuto sul cambiamento del progetto migratorio: impossibilità ad inviare le rimesse alla famiglia (16,8%), mancati ricongiungimenti familiari (11,9%). E, infine quasi 1 immigrato su 2 pensa di over affrontare una nuova migrazione.

Morena Piccinini, presidente dell’Inca, nel suo intervento si è soffermata sulla sofferenza e il disagio vissuti da questi lavoratori,  così ben ritratto nella ricerca, che rappresenta uno spaccato reale di coloro che si rivolgono all’Inca ogni giorno. “Finora – ha precisato – le politiche sull’immigrazione sono state ispirate ad una concezione che rispondeva ad una idea di forza lavoro di riserva, cioè necessaria per far fronte ad attività che gli italiani non vogliono più fare.  Perciò si tratta di una condizione di inferiorità vissuta in special modo nelle piccole aziende, dove sono più basse le retribuzioni, dove i meccanismi lavorativi sono più pesanti”.

“E’, dunque necessario – ha detto Piccinini – contrastare questi fenomeni che hanno determinato non solo un problema sociale, ma anche politico e culturale; un’inversione di tendenza è urgente perché la sofferenza occupazionale si lega a una grande sofferenza sociale. Questi diritti perduti – ha proseguito la presidente dell’Inca – sono stati oggetto di cause giudiziarie sollecitate dal nostro patronato sulle quali è intervenuta più volte la Corte Costituzionale che ha accolto le nostre ragioni -, a conferma del buon lavoro svolto finora. Ma il ritardo nel riconoscimento di questi diritti pesa enormemente su questi lavoratori e lavoratrici”. “E’ quindi indispensabile una parificazione dei diritti, una costruzione di una nuova gerarchia di valori. Per quanto riguarda infine – ha continuato Piccinini – la problematica delle “doppie” migrazioni è necessario che il nostro Paese cambi atteggiamento. E’ infatti necessario garantire al più presto  il riconoscimento dei diritti acquisiti in Italia anche a tutti quei lavoratori provenienti, ad esempio, dall’area del Maghreb con i quali il nostro Paese non ha mai sottoscritto convenzioni di sicurezza sociale”.

Vera Lamonica, segretaria confederale Cgil, nel concludere il dibattito, ha sottolineato come sia compito del sindacato “dare una risposta alla solitudine delle persone, una solitudine derivante esclusivamente dal disagio e dalla sofferenza. Una inefficiente integrazione, infatti,  ha determinato un interpretazione restrittiva dei diritti sul lavoro, ma è stata anche il pretesto per abbassare in modo generale le tutele di tutti i lavoratori anche italiani, determinando così  una svalutazione del lavoro”.

Iniziativa Pace

Richieste dei sindacati al Fmi e domani iniziativa per la pace a Perugia

 

Con una lettera inviata al premier Enrico Letta, al ministro Saccomanni e al Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, Cgil, Cisl e Uil hanno inoltrato la Dichiarazione delle Global Unions (Confederazione Internazionale dei Sindacati, Comitato Consultivo Sindacale presso l’Ocse, Federazioni Mondiali di categoria) in vista della riunione annuale della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale dell’11-13 ottobre prossimi a Washington.

Intanto domani a Perugia anche la Cgil, (rappresentata da Sergio Bassoli dell’area internazionale), parteciperà all’iniziativa lanciata da Tavola della Pace, Rete italiana per il Disarmo, e campagna Sbilanciamoci per raccogliere tutte le iniziative, tutte le indicazioni e tutte le riflessioni che il mondo della pace e del disarmo oggi è in grado di compiere. Per capire pienamente quali possono essere le strade future da percorrere e in quali iniziative sia più sensato mettere le energie.

TAV

Tav, solidarietà della Fillea ai sindacalisti minacciati

 

Solidarietà di tutta la Fillea nazionale “ai compagni e agli amici coinvolti e pieno sostegno al lavoro di magistratura e forze dell’ordine nell’arginare ogni deriva terroristica, violenta e antidemocratica” è quanto ha dichiarato ieri Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil commentando la notizia del ritrovamento delle buste indirizzate ai segretari dei sindacati degli edili piemontesi contenenti proiettili e scritte contro la Tav. Per Schiavella quanto sta accadendo nei cantieri della Tav “richiede nettezza nel giudizio e responsabilità nelle analisi, senza equivoci: siamo di fronte ad un sistematico esercizio di atti intimidatori e violenti, sia quando esercitati con azioni aggressive sia quando attraverso l’uso contundente e scellerato delle parole”.

E’ opportuno che tutti facciano la loro parte “a partire dalle istituzioni garantendo la sicurezza dei cantieri, l’incolumità dei lavoratori, ed il libero esercizio del confronto democratico fra le diverse opinioni” ed è altrettanto importante che “il vero movimento democratico e di popolo che si oppone all’opera isoli i violenti e faccia scudo esso per primo al primo diritto di ogni lavoratore: lavorare e lavorare in sicurezza e nel rispetto dei contratti”.

Presidenti Civ INAIL INPS

Eletti i nuovi presidenti Civ Inail e Inps

 

Il Consiglio di vigilanza dell’Inail, insediato ieri, ha eletto presidente il rappresentante della Cgil Francesco Rampi, già membro nella precedente consiliatura. Rampi succede nel mandato a Franco Lotito.

Continuità con le scelte operate dal consiglio uscente per dare concretezza di azione al nuovo modello organizzativo del Polo della salute e sicurezza. Governance coesa e capace di condivisione come risorsa essenziale per promuovere il cambiamento. Ricerca di un ”patto comune” a tutti i livelli istituzionali come strumento per superare le ristrettezze di bilancio e incidere nell”avvio di una nuova politica di interventi (a partire dalla rivalutazione degli indennizzi) a favore di tutti i lavoratori infortunati, in particolare quelli delle categorie economicamente più svantaggiate.

Questa in sintesi la dichiarazione di intenti con cui Francesco Rampi, presidente del nuovo Consiglio di indirizzo e di vigilanza dell’Inail, ha aperto il suo mandato.

Al Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (Civ) dell’Inps si è invece insediato Pietro Iocca (Cisl), in rappresentanza dei lavoratori dipendenti del settore pubblico.

Abbandono scolastico

Scuola: ogni abbandonano 700 mila ragazzi, 2 su 10

 

Ogni anno circa 700 mila ragazzi e ragazze, in pratica 2 su 10, non tornano tra i banchi di scuola o lo fanno in modo tanto precario da non avere alcuna possibilità di successo formativo. Sono i dati sulla dispersione scolastica analizzati da una ricerca che vede come capofila la onlus Intervita, con l’associazione Bruno Trentin della Cgil e la Fondazione Giovanni Agnelli. Uno studio che ha ricapitolato i numeri ma anche cercato possibili soluzioni.

Con il 17,6% di ragazzi che abbandonano gli studi l’Italia, secondo i dati Istat ed Eurostat, è in fondo alla classifica europea: un gap pesante con il resto dell’Europa, dove in media l’abbandono scolastico è del 14,1%. Nei paesi di pari sviluppo socio-economico la media è molto più bassa: in Germania è 10,5%, in Francia 11,6%, nel Regno Unito 13,5%. Il dato aumenta al Sud Italia, dove è al 22,3%, mentre al Centro-Nord di attesta intorno al 16%.

Infortuni

Infortuni: studio, il mestiere del postino è il “più” pericoloso

 

Quelli che viaggiano in motorino sono spesso vittime di incidenti stradali, più o meno gravi. E devono fare i conti anche con continue vibrazioni e rischi da sovraccarico biomeccanico legati alla movimentazione manuale dei carichi e ai movimenti ripetitivi, micidiali per la salute della colonna vertebrale. Quello di postino si rivela un mestiere decisamente ”pericoloso”.

Sono i risultati di uno studio che saranno presentati  nel corso di un convegno dal titolo ””Il piano mirato salute e sicurezza addetti ai recapiti postali: il motomezzo come luogo di lavoro”.

I primi a segnalare le difficoltà della categoria sono stati i sindacati. La Regione Toscana ha raccolto l’appello istituendo un gruppo di lavoro che ha coinvolto, oltre agli epidemiologi di Ispo, anche il Dipartimento di prevenzione della Usl di Livorno, di Prato, di Arezzo, di Siena e personale dell’Inail. Lo scopo era quello di monitorare la situazione per attivare procedure idonee alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Il dato più allarmante è quello che riguarda gli infortuni, la cui frequenza è doppia rispetto a quella a cui sono soggette altre categorie del settore terziario. Dal 2007 al 2009, in Toscana, sono accaduti 1.342 infortuni a postini in servizio con il motomezzo con un’assenza da lavoro fino a 3 giorni. L’incidenza è più significativa -circa il doppio- tra i postini più giovani, con meno di 35 anni. E per quanto riguarda la distinzione tra i sessi, sono le femmine ad avere un tasso di infortunio più elevato.

vedi anche sull’argomento “Quando il postino si ammala” su http://www.inca.it/Portals/0/INCAesperienze-04-2013bassa/index.html

Laureati in fuga!

Lavoro, 400mila laureati in fuga dall’Italia

 

E’ sempre più fuga dei cervelli: la mancanza di lavoro ha spinto 400mila laureati fuori dai nostri confini. “La disoccupazione record ha spinto oltre 400mila italiani laureati, titolari di diplomi universitari e dottorati di ricerca, a lasciare l’Italia e a vivere attualmente all’estero”. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti sui dati dell’Ocse, in occasione della diffusione dei dati Istat sull’occupazione ad agosto. 

“Il 7,9 per cento dei ‘cervelli’ italiani – sottolinea la Coldiretti – è già stato costretto ad emigrare all’estero anche per trovare migliori opportunità di lavoro che l’Italia non sembra essere in grado di offrire. La situazione – continua – potrebbe peggiorare a breve con ben il 59 per cento dei giovani studenti che si è dichiarato pronto ad espatriare perché non vede nel futuro prospettive occupazionali in Italia”, secondo l’analisi Coldiretti/Swg.

“Con la fuga dei giovani cervelli all’estero viene a meno il necessario ricambio generazionale e si mette a rischio la ripresa dell’Italia che – sottolinea la Coldiretti – è nelle mani di una classe dirigente impegnata nella politica, nell’economia e nella pubblica amministrazione che ha una età media di 58 anni, la più alta tra tutti i Paesi europei”.

Salute

Salute, la disoccupazione moltiplica i rischi

 

Nel giorno della diffusione dei dati Istat sull’occupazione – con una disoccupazione giovanile record ad agosto – arriva anche un monito sull’impatto della mancanza di lavoro per la salute degli italiani. “Un impatto pesante, psicologico ma anche a livello cardiovascolare e gastrointestinale. Si tratta di un fenomeno preoccupante, data la crescente disoccupazione e sottoccupazione, e che non può essere ignorato. Ormai esistono dati consolidati che indicano come il lavoro più pericoloso sia proprio il non lavoro”. Parola del presidente Simlii (Società italiana di medicina del lavoro e igiene industriale), che  spiega  come già “numerosi studi nei Paesi scandinavi hanno correlato una più alta mortalità con i periodi di non lavoro”.

“Ansia, depressione, insonnia, ma anche aumento clamoroso dei suicidi insidiano le persone che perdono o non trovano lavoro. Dunque ormai sappiamo che la salute di queste persone è più a rischio – sottolinea – e se ancora non abbiamo dati sull’effetto della disoccupazione per i giovani, ritengo che sarebbe opportuno indagare con ricerche mirate”.

Ieri si è celebrata in Italia la Giornata nazionale della medicina del lavoro: “La figura del medico del lavoro – dice il presidente – riveste un ruolo centrale nella società e nel mondo delle imprese, come specialista e consulente globale del datore di lavoro, impegnato quotidianamente a prevenire e contribuire a scongiurare infortuni e malattie professionali, ancora statisticamente troppo elevati in Italia. La presenza di un medico in azienda può dare un contributo insostituibile, intervenendo sul ‘fattore umano’ e contribuendo a promuovere la cultura della sicurezza a tutti i livelli”.

E se la mancanza di lavoro fa male alla salute, “l’eccessiva burocrazia insidia l’opera dei medici del lavoro. Sosteniamo da tempo che ci sia spazio in Italia per un’importante semplificazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro: una pletora di regolamentazioni a volte inutili, che espone al rischio di sanzioni anche solo per inadempienze formali”, rileva.

Disoccupazione

Disoccupazione record, tra i giovani sfonda 40%

 

Disoccupazione alta, al 12,2%, di nuovo al top dal 1977; a livelli da record storico per quella giovanile (15-24 anni) che per la prima volta sfonda anche la soglia del 40%, balzando al 40,1% ad agosto (dal 39,7%  di luglio): sono 667 mila gli under-25 in cerca di lavoro, pari all’11,1% dei ragazzi nella stessa fascia d’età.

Gli ultimi dati (provvisori) dell’Istat relativi al mese di agosto indicano un quadro “allarmante”, proprio nel giorno in cui il Clic Day si chiude con 5.500 domande di assunzioni agevolate per gli under 30: anche il numero dei disoccupati continua infatti a crescere e arriva così sui valori massimi, superando i 3,1 milioni (3 milioni 127 mila). Si mantiene ai minimi, invece, il tasso di occupazione, fermo ormai da cinque mesi al 55,8%, il livello più basso, in questo caso, da 36 anni.

Parallelamente il numero degli occupati resta sostanzialmente fermo rispetto a luglio mentre cala dell’1,5% su base annua: questo vuol dire una contrazione di 347 mila unità.

Parla di dati “pessimi” il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che però da un lato sottolinea la sostanziale tenuta sul fronte dei dati sull’occupazione e dall’altro considera che in una fase di possibile ripresa economica è “naturale” che il tasso di disoccupazione aumenti, in particolare tra i giovani, perché ci sono più persone, come i cosiddetti scoraggiati, che tornano sul mercato del lavoro.

Per sindacati e imprese l’andamento della disoccupazione è lo specchio dello stato del Paese, di fronte al quale l’appello alla responsabilità non può che farsi più forte. 

A livello europeo, infatti, il tasso generale di disoccupazione italiana (12,2%) è leggermente sopra la media della zona euro (al 12%), ma tra i giovani a fare peggio dell’Italia (40,1%), sempre ad agosto, è solo la Spagna con il 56%, che tuttavia sarebbe molto probabilmente superata dalla Grecia, per la quale manca il dato di agosto ma a giugno era al 61,5%. Nell’eurozona la disoccupazione giovanile ad agosto è al
23,7%; la più bassa in Germania (7,7%).

Ad esprimere preoccupazione è anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, rilevando che con oltre 3,1 milioni di disoccupati “abbiamo segnato un record storico dal dopoguerra per il nostro Paese”. La situazione è “drammatica”.

Dal fronte politico, parla di dati Istat “drammatici” invocando la necessità di risposte ai temi economico-sociali più urgenti, invece che aprire una crisi di governo, il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd).

A confermare le pesanti ricadute della crisi sull’occupazione è anche l’ultimo rapporto del Cnel sul mercato del lavoro: tra il 2008 e il 2012 i disoccupati ufficiali sono aumentati di oltre un milione di unità ma “l’area della difficoltà” registra un aumento di circa 2 milioni di persone: un fenomeno dalle “conseguenze sociali allarmanti”.

Per quanto riguarda, invece le comunicazioni obbligatorie del ministero del lavoro si legge che il 69,3% delle assunzioni effettuate nel secondo trimestre 2013, e’ stato formalizzato con contratti a termine (1.741.748 unita’ su oltre 2,5 milioni), il 15,4% con contratti a tempo indeterminato (386.142 unita’) e il 5,9% con contratti di collaborazione (149.259 unità),  i contratti di apprendistato sono stati appena 67.952, il 2,7% del totale.

Solo gli avviamenti con contratto a tempo determinato – sottolinea il ministero –  registrano un leggero incremento, su base annua, pari allo 0,2%, tutto imputabile all’aumento delle attivazioni femminili che crescono dell’1,8% su base tendenziale, pari a 15.908 nuovi contratti; di contro, gli avviamenti maschili, segnano un calo dell’1,5% pari a 12.870 rapporti di lavoro in meno.