Immigrazione

Immigrazione – L’impatto della crisi sulle condizioni di vita e di lavoro

Ricerca Associazione B.Trentin – Isf – Ires e Inca

 

Presentata oggi la ricerca dell’Associazione B.Trentin, Isf, Ires e Inca su “L’impatto della crisi sulle condizioni di vita e di lavoro degli immigrati”.

Lo studio ha analizzato gli effetti della crisi sia su un piano lavorativo che su quello legato alla vita sociale e ai processi di integrazione e per farlo ha intervistato, grazie alla collaborazione degli uffici Inca territoriali, oltre 1.000 immigrati.

Partendo dai dati Istat relativi alla media delle forze di lavoro presenti in Italia nel 2012, i lavoratori immigrati rappresentano il 10,2% del totale degli occupati concentrati in alcuni settori quali i servizi collettivi alla persone, le costruzioni , il turismo, l’agricoltura, l’industria e i trasporti. La survey ha stimato che nell’area di “sofferenza occupazionale”, ossia quella fetta di popolazione in età da lavoro (15-64 anni) di cui fanno parte i disoccupati, gli scoraggiati e gli occupati in Cig, sono presenti oltre 527mila immigrarti e 3.800mila italiani. Rispetto al 2011 i primi sono cresciuti del 10,6% e i secondi del 21,4%9.

Nell’area definita di “disagio occupazionale” e cioè la platea di lavoratori under 65 che hanno un’occupazione a termine o sono in part ime involontario, gli immigrati sono oltre 706mila, gli italiani oltre 3.400mila. Per quanto riguarda la retribuzione media di un dipendente immigrato e uno italiano la differenza è pari al -326%.
Per l’85% di intervistati la depressione ha determinato un repentino abbassamento delle retribuzioni (31,5%) e una forte diminuzione delle giornate di lavoro (25.5%), condizioni di lavoro più rischiose (19,1%) e orari più lunghi (12,8%).
Chiaramente la crisi ha determinato dei cambiamenti nel modo di vivere: riduzione dei consumi (76,3%), richiesta di prestiti (14%), accettazione di qualsiasi tipo di lavoro (23,5%), accettazione di più lavori contemporaneamente (12,7%), ma ancora più pesante è stata la ricaduta che ha avuto sul cambiamento del progetto migratorio: impossibilità ad inviare le rimesse alla famiglia (16,8%), mancati ricongiungimenti familiari (11,9%). E, infine quasi 1 immigrato su 2 pensa di over affrontare una nuova migrazione.

Morena Piccinini, presidente dell’Inca, nel suo intervento si è soffermata sulla sofferenza e il disagio vissuti da questi lavoratori,  così ben ritratto nella ricerca, che rappresenta uno spaccato reale di coloro che si rivolgono all’Inca ogni giorno. “Finora – ha precisato – le politiche sull’immigrazione sono state ispirate ad una concezione che rispondeva ad una idea di forza lavoro di riserva, cioè necessaria per far fronte ad attività che gli italiani non vogliono più fare.  Perciò si tratta di una condizione di inferiorità vissuta in special modo nelle piccole aziende, dove sono più basse le retribuzioni, dove i meccanismi lavorativi sono più pesanti”.

“E’, dunque necessario – ha detto Piccinini – contrastare questi fenomeni che hanno determinato non solo un problema sociale, ma anche politico e culturale; un’inversione di tendenza è urgente perché la sofferenza occupazionale si lega a una grande sofferenza sociale. Questi diritti perduti – ha proseguito la presidente dell’Inca – sono stati oggetto di cause giudiziarie sollecitate dal nostro patronato sulle quali è intervenuta più volte la Corte Costituzionale che ha accolto le nostre ragioni -, a conferma del buon lavoro svolto finora. Ma il ritardo nel riconoscimento di questi diritti pesa enormemente su questi lavoratori e lavoratrici”. “E’ quindi indispensabile una parificazione dei diritti, una costruzione di una nuova gerarchia di valori. Per quanto riguarda infine – ha continuato Piccinini – la problematica delle “doppie” migrazioni è necessario che il nostro Paese cambi atteggiamento. E’ infatti necessario garantire al più presto  il riconoscimento dei diritti acquisiti in Italia anche a tutti quei lavoratori provenienti, ad esempio, dall’area del Maghreb con i quali il nostro Paese non ha mai sottoscritto convenzioni di sicurezza sociale”.

Vera Lamonica, segretaria confederale Cgil, nel concludere il dibattito, ha sottolineato come sia compito del sindacato “dare una risposta alla solitudine delle persone, una solitudine derivante esclusivamente dal disagio e dalla sofferenza. Una inefficiente integrazione, infatti,  ha determinato un interpretazione restrittiva dei diritti sul lavoro, ma è stata anche il pretesto per abbassare in modo generale le tutele di tutti i lavoratori anche italiani, determinando così  una svalutazione del lavoro”.

Immigrazioneultima modifica: 2013-10-02T20:25:57+02:00da vitegabry
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