Archivi giornalieri: 17 ottobre 2013

Deserto undustriale

Svimez- Nel Sud, deserto industriale

 

Dal Rapporto Svimez, presentato oggi a Roma  è emerso che continua la desertificazione industriale del Sud a dispetto delle politiche Ue per le regioni svantaggiate che in Italia non riescono dar frutto. Se Germania e Spagna dal 2001 al 2007 hanno fatto crescere il valore aggiunto industriale delle loro regioni svantaggiate del 40 e 10%, in Italia il valore aggiunto industriale del Sud è rimasto al 2007. Poi la crisi: il valore aggiunto manifatturiero è sceso dall’11,2% del 2007 al 9,2% del 2012, la produzione è scesa del 25%, i posti di lavoro del 24% gli investimenti del 45%.

Negli ultimi 4 anni dal 2007 al 2011, al Sud – sempre secondo Svimez – si  verificato un aumento della pressione fiscale soprattutto per effetto dei piani di rientro sanitario. A pesare Irap e addizionale Irpef: la pressione fiscale derivante dai tributi regionali è aumentata dal 3,9% del 2011 al 4,6% del 2012. A fronte di ciò è invece diminuita la spesa pubblica sia corrente sia in conto capitale.

Escludendo la spesa degli enti previdenziali, la spesa pro capite al Sud nel 2011 è risultata pari al 92% del del Centro-Nord. ”Non hanno quindi consistenza le affermazioni secondo cui il volume di spesa pubblica del Mezzogiorno sarebbe elevato. Anzi: guardando alle regioni a statuto ordinario, emerge che le spese correnti sono diminuite al Sud del 2,1% medio annuo dal 2007, mentre nel Centro-Nord dell’1,2%”.

Il Sud rischia di non agganciare la ripresa nel 2014 con un Pil che resta inchiodato allo 0,1% a fonte di un +0,7% nazionale e un +0,9% del Centro-Nord – secondo la stima dello Svimez – è dal 2007 che il tasso di crescita del Pil meridionale risulta negativo. Nel 2012 il Pil del Sud è calato
del 3,2%, oltre un punto percentuale rispetto al Centro Nord dove è diminuito del 2,1%. Nel 2013 il calo sarà del -2,5% a fronte di un calo del Pil nazionale dell’1,8% e nel Centro-Nord dell’1,6%. 

Dei 3 milioni 337mila Neet registrati nel 2012, 2 milioni sono donne e 1 milione e 850mila si trovano al Sud. Anche se nel 2012 il 55% dei Neet italiani è al Sud, dal 2007 al 2012 nel Centro-Nord i Neet sono cresciuti del 38,5%, cinque volte più del Sud (7%). Inoltre fra gli inattivi al Sud i diplomati sono il 33,7% e i laureati il 27,3%

Dall’indagine si evince anche che peggiora il processo di transizione scuola-lavoro: i giovani residenti al Centro-Nord lasciano la scuola un anno dopo i loro coetanei meridionali, ma entrano nel mercato del lavoro sei anni prima di loro. In relazione ai tipi di contratto, la flessibilità sembra funzionare più per trovare posti di lavoro precari e poco formativi piuttosto che favorire il recupero del gap esperienziale.

Povertà

Oggi, giornata mondiale lotta alla povertà

 

“La lotta alla povertà parte dalla giustizia sociale. Parte da politiche che favoriscono la dignità delle persone, senza eccezioni né discriminazioni. Parte dai diritti che stanno a fondamento di ogni società che voglia dirsi civile: il lavoro, la casa, l’istruzione, l’assistenza sanitaria”: è quanto afferma don Luigi Ciotti, presidente del Gruppo Abele e di Libera, in occasione della Giornata mondiale della lotta alla povertà, che si celebra oggi.

Il Gruppo Abele promuove Miseria Ladra, campagna nazionale contro tutte le forme di povertà sostenuta da Libera, un “cantiere aperto” che ha già trovato l’appoggio di oltre duecento associazioni e realtà del sociale. Per chiamare alla mobilitazione su un problema che oggi tocca più tragicamente e in misura crescente alcune fasce sociali, ma domani potrebbe riguardare una fascia più ampia della popolazione generale.

Accanto alla povertà immateriale, ricorda don Ciotti, “non bisogna dimenticare quelle immateriali: la povertà di senso, la povertà culturale, la povertà politica. Il risanamento economico non può prescindere da un profondo rinnovamento etico, da un superamento degli egoismi, dal riconoscimento dei legami sociali. Avremo vinto la povertà non solo quando saremo liberi dal bisogno, ma quando avremo scoperto che la libertà, come la speranza, sono beni collettivi, che tocca a ciascuno di noi promuovere e diffondere”.

Oggi, in occasione della Giornata mondiale, Libera e Gruppo Abele, insieme a Roma Social Pride, Action e Roma Capitale Sociale, commemorano alle 18 le vittime della miseria intorno alla lapide posta nell’ottobre 2000 sul sagrati della Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma.

Giovani sicilia

Cgil, in Sicilia inutilizzati 100 milioni di euro per misure a favore giovani

 

Ci sono 100 milioni a disposizione della Regione siciliana per interventi a favore dei giovani che restano tutt’oggi inutilizzati. Sono i quasi 70 milioni del ”Piano giovani” che andrebbero destinati ad assegni per stagisti, apprendisti e praticanti e ad incentivi alle imprese che assumono e di 45 milioni del programma ”Sicilia Futuro” riservato a laureati, ricercatori e dottorandi dei quali sono stati spesi solo 15 milioni. Ad accendere i riflettori sull’argomento è la Cgil Sicilia, che ha chiesto un incontro alla commissione Lavoro dell’Assemblea regionale siciliana per avere chiarimenti su questi provvedimenti e chiederne l’attuazione.

”E’ inconcepibile – scrivono Andrea Gattuso, responsabile del dipartimento Politiche giovanili della Cgil, e Ferruccio Donato della segreteria regionale – il blocco di misure finanziate a fronte della disastrosa situazione occupazionale dei giovani siciliani, con un tasso di disoccupazione di oltre il 50% e oltre 300.000 giovani neet, quanti quelli di tutta la Francia. Le misure non sarebbero la soluzione di tutti i problemi – aggiungono -, ma certamente sarebbero una boccata di ossigeno per più di 10 mila giovani”.

La Cgil rileva che ”ci sono inutilizzati circa 12 milioni a favore di praticanti e giovani professionisti, 33 milioni per finanziare 8.000 tirocini nelle imprese siciliane, 10,6 milioni destinati a progetti di apprendistato di 3 livello, 14,5 milioni per la creazione di 150 nuove imprese. In tutto 69,74 milioni. Gattuso e Donato rilevano, infine, che ”nei prossimi mesi sono attesi in Sicilia altri ingenti finanziamenti sulle politiche attive a favore dei giovani: oltre 140 milioni per il periodo 2013-2016 per le assunzioni di giovani dal Decreto 76/2013, un”altra ventina per finanziare tirocini formativi sempre dallo stesso decreto, mentre è già attivo il bando per i neet (circa 3 milioni di euro). E’ dunque necessario – concludono i due esponenti della Cgil – un serio monitoraggio per evitare che questi soldi vadano dispersi e perché siano spesi in maniera efficace ed efficiente a favore dei giovani siciliani”.

Immigrazione

Immigrazione: Kyenge, cittadinanza è strumento integrazione

 

”La cittadinanza deve essere vista come primo strumento d’integrazione, soprattutto per i giovani che nascono o arrivano giovanissimi e crescono nei nostri paesi”. Così il ministro per l’integrazione Cecile Kyenge, a margine del suo intervento al comitato dei ministri del Consiglio d’Europa. Serve anche un cambiamento nell’approccio all’immigrazione, che deve passare dalla
sicurezza all’accoglienza, ”molto più conveniente sia dal punto di vista economico che umano”.

“Mi preoccupo dell’integrazione dei migranti perché sono convinta che solo un’integrazione riuscita permetterà di gestire il fenomeno migratorio in maniera ordinata e umana”, ha spiegato a Strasburgo la Kyenge. Nel suo intervento, lungamente applaudito – cosa che “succede di rado” hanno fatto presente fonti del Consiglio d’Europa – ha quindi sottolineato che oggi ”ci troviamo senza alcun dubbio in un momento di mutamento particolare non solo della società italiana ma anche europea, che non è stato ancora pienamente percepito da tutti i settori delle nostre comunità né dalle autorità”.

E proprio sulla questione della cittadinanza agli immigrati, il ministro ha fatto presente che vorrebbe la collaborazione del Consiglio d’Europa, e anche quello degli altri paesi membri per arrivare ad avere criteri comuni.

Giovani

Cgil, garanzia giovani sia opportunità e non operazione di facciata

 

La Cgil ha consegnato al ministro Giovannini un documento con le proprie indicazioni con l’obiettivo che questa misura si riveli una vera opportunità e che non si trasformi in una operazione di facciata”. Lo informa una nota del sindacato di corso d’Italia dopo il primo incontro, ieri tra sindacati e Ministero del Lavoro, sull’attuazione del programma europeo ”Garanzia Giovani”, un piano di contrasto alla disoccupazione giovanile per il quale sono state stanziate apposite risorse del bilancio europeo e che dovrebbe essere attivato dal prossimo mese di gennaio.

Secondo il sindacato “i nodi da sciogliere sono molteplici: innanzitutto il ruolo dei servizi pubblici all’impiego che, a nostro avviso e secondo la raccomandazione Ue, è insostituibile per accompagnare il giovane e offrirgli un percorso personalizzato di orientamento e inserimento. Ricordiamo che l’Italia è fanalino di coda per le risorse destinate ai centri per l’impiego: il numero di operatori in Italia è di 1 ogni 245 disoccupati, in Germania di 1 ogni 22. Inoltre, prosegue la nota della Cgil, “è necessario che il programma ”Garanzia Giovani” offra standard adeguati in tutto il territorio nazionale, innovando e integrando gli strumenti già presenti”.

“A questo proposito -aggiunge ancora la Cgil nella nota- riteniamo necessario qualificare l’utilizzo dei tirocini e dei corsi di formazione, strumenti che molto spesso non arricchiscono il bagaglio formativo dei giovani e si trasformano in vere e proprie truffe. Chiediamo infine di individuare misure mirate per una platea estremamente ampia e differenziata, affinché si riesca ad intervenire laddove è più alto il rischio di marginalità sociale”. “Ci auguriamo -conclude la nota- che il confronto prosegua e siano chiariti in tempi rapidi questi aspetti, affinchè il programma diventi una vera opportunità per i giovani e contemporaneamente possa contribuire a rilanciare tutto il sistema delle politiche attive per il lavoro”.

Pensioni

Pensioni: Gnecchi (Pd), intervento Ue non penalizzi le donne

 

“L’esperienza del 2009, quando la Commissione Europea aprì una procedura di infrazione contro l’Italia in difesa delle donne auspicando migliori retribuzioni e migliori pensioni, fu utilizzata dal governo Berlusconi per innalzare l’età della pensione delle donne nella P.a. Ci auguriamo che questo intervento della Ue serva a portare anche per gli uomini a 41 gli anni di contribuzione per il pensionamento anticipato e non si trasformi in una ulteriore penalizzazione delle donne”.

Così Marialuisa Gnecchi, capogruppo Pd nella commissione Lavoro, dopo la notizia che la Commissione europea è in procinto di aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia a causa della norma che fissa una differenza tra uomini e donne negli di anni di contributi che devono essere versati per ottenere il pensionamento anticipato.

Pensioni

Pensioni: Ue, Italia in mirino per differenze uomo-donna

 

La Commissione europea è in procinto di aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia a causa della norma che fissa una differenza tra uomini e donne negli di anni di contributi che devono essere versati per ottenere il pensionamento anticipato. Secondo quanto appreso dall’ANSA, oggi sarà decisa la messa in mora di Roma.

Nel mirino della Commissione sono finite le disposizioni contenute nella legge 214 del 2011 in base alle quali gli anni minimi di contribuzione – validi sia per il settore pubblico che per quello privato – per ottenere la pensione prima di arrivare all’età massima sono stati fissati in 41 e 3 mesi per le donne e 42 e 3 mesi per gli uomini. 

Secondo i servizi che fanno capo al commissario Ue alla giustizia Viviane Reding – titolare del dossier – la norma italiana (che dovrebbe entrare in vigore a partire dal gennaio prossimo) è in contrasto con l’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che stabilisce la parità di trattamento tra uomini e donne. E va anche al di là dei margini di manovra lasciati ai Paesi dalla direttiva varata dall’Ue nel 2006.

Già in passato, per l’esattezza nel 2010, la Commissione Ue era scesa in campo contro l’Italia, dopo la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di giustizia Ue, intimando l’equiparazione dell’età pensionabile tra uomini e donne nell’ambito della Pubblica amministrazione. Una questione che venne poi risolta dal governo attraverso la riforma che portò anche per le donne, a partire dal 2012, l’età pensionabile a 65 anni.

Ora, in seguito a una denuncia presentata a Bruxelles, l’attenzione della Commissione si è focalizzata sulla differenza esistente tra gli anni minimi di contribuzione. La decisione di messa in mora dell’Italia rappresenta il primo passo della procedura d’infrazione e viene seguita, a stretto giro, dall’invio al governo di una lettera in cui vengono dettagliate le contestazioni e chieste delucidazioni entro un ragionevole lasso di tempo (in genere un paio di mesi).