Archivi giornalieri: 11 ottobre 2013

Notizie dal Ministero del Lavoro

 

Consulta la lista completa di tutti gli articoli inseriti negli ultimi 10 giorni

Percorso logico: Home PageDocumentazione ›› Circolari Enti ›› Ministero del Lavoro – Interpelli

Vi trovate nella sezione: Documentazione ›› Circolari Enti ›› Ministero del Lavoro – Interpelli

 

Vedi articoli per pagina      ordina per    modo

Lavoro intermittente per operatori spettacoli teatrali
Il ministero risponde ai Consulenti del lavoro con interpello n.7/13.
Letto: 363  volte    

 

Detassazione 2012 validità degli accordi aziendali e collettivi
Ministero risponde ai Consulenti del Lavoro con interpello n.8/13.
Letto: 999  volte    

 

Bilateralità, definita dal ministero la portata del termine “consolidati sistemi di bilateralità”
Costituiti prima del 18.7.12 e già operanti in precedenza.
Letto: 448  volte    

 

Debiti soci non bloccano emissione DURC
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Interpello n. 02/2013.
Letto: 1036  volte    

 

Mobilità con cumulo dell’agevolazione entro i 12 mesi
Ministero risponde a interpello 40/12 dei Consulenti del lavoro.
Letto: 847  volte    

 

Aziende in concordato preventivo, possibile ottenere il DURC
Ministero risponde a interpello 41/12 dei Consulenti del lavoro.
Letto: 399  volte    

 

Stagionali a tempo determinato senza aggiuntivo dell’1,4 %
Ministero risponde a interpello 42/12.
Letto: 757  volte    

 

Sicurezza, chi ha già il DVR potrà non utilizzare la procedura standardizzata
Con interpello 7/12 il ministero lavoro anticipa l’uscita del decreto.
Letto: 1178  volte    

 

Tempo determinato per stagionali: possibile ridurre l’intervallo a 20/30 anche ante legge 92/12
Ministero risponde a interpello n.37/12.
Letto: 827  volte    

 

Mobilità, requisito dimensionale per imprese commerciali
Il ministero risponde con interpello n. 29/12.
Letto: 755  volte    

 

<< Prev    Next >>

Cgil, Cisl e Uil: fermiamo le stragi nel Mediterraneo

 

In segno di cordoglio e solidarietà verso i familiari delle oltre 300 vittime del naufragio di Lampedusa, CGIL CISL e UIL, hanno indetto per oggi 11 ottobre 2013, una giornata di mobilitazione, sostenuta anche dall’ARCI, volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità ed urgenza di una diversa politica in materia di immigrazione ed asilo.

Gli obiettivi sono quelli di dare risposte concrete al dramma dei rifugiati, attraverso corridoi umanitari ed un efficace sistema di accoglienza, anche attraverso il sostegno dell’Unione europea.

Bisogna inoltre riformare la legislazione su immigrazione ed asilo e, nel contempo, contrastare con ogni mezzo la tratta degli esseri umani.

Oltre 70 città hanno già aderito all’appello di mobilitazione, con sit-in, fiaccolate e volantinaggi nei territori. Tra cui: Roma, Napoli, Milano, Torino, Alessandria, Venezia, Padova, Vicenza, Genova, Savona, Imperia, La Spezia, Brescia, Monza, Verbania, Lecco, Como, Cremona, Pavia, Sondrio, Valcamonica, Mantova, Varese, Novara, Trento, Bolzano, Trieste, Parma, Rimini, Ravenna, Faenza, Lugo, Cervia, Prato, Perugia, Terni, Ancona, L’Aquila, Lanciano, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Pesaro, Arezzo, Firenze, Livorno, Siena, Pistoia, Grosseto, Pisa, Massa, Lucca, Bari, Foggia, Taranto, Brindisi, Lecce, Salerno, Avellino, Castel Volturno, Benevento, Riace, Matera, Pescara, Martinsicuro, Palermo, Ragusa, Catania; Messina,Caltanissetta, Siracusa, Caltagirone, Agrigento, Enna, Trapani, Cagliari.

CGIL, CISL e UIL non resteranno in silenzio di fronte al ripetersi di queste tragedie. Il mondo del lavoro si mobilita perché all’indignazione e al dolore possa seguire la ricerca di soluzioni concrete.

Immigrazione

Immigrazione: ok Strasburgo su controllo frontiere Eurosur

 

Dal prossimo 2 dicembre può partire Eurosur, il sistema di coordinamento europeo di sorveglianza della frontiera esterna sul Mediterraneo. E’ l’effetto dell’approvazione da parte della plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo (479 si’, 101 no, 20 astenuti) delle regole di funzionamento della rete che coordina tutti i mezzi (immagini satellitari, dati radar, avvistamenti, ecc.) dei diversi paesi membri per combattere l’immigrazione clandestina.

Su questa approvazione il Sil Cgil sottolinea che “costituisce un ulteriore importante strumento per l’Unione Europea che si colloca in un’ottica di contrasto all’immigrazione irregolare”.

Per il sindacato di polizia della Cgil adesso va “aumentata la sicurezza interna con l’obiettivo di supportare gli operatori intensificando la lotta ai reati quali la tratta di essere umani. Essa costituisce infatti un primo passo per un più efficace scambio di informazioni tra autorità e stati membri”.

“Per le frontiere terrestri e marittime oggi sottoposte a crescenti flussi monitorabili principalmente attraverso la ricognizione con immagini satellitari – ha proseguito – scambio di dati, radar e avvistamenti devono consentirci di intervenire in maniera sempre più tempestiva ed efficace a salvaguardia
delle vite umane”.

Cig

Lavoro: Cgil, mancato stanziamento Cig in deroga allarmante

 

“La notizia del mancato stanziamento dei 330 milioni per gli ammortizzatori in deroga è allarmante, considerato che quelle risorse non avrebbero coperto tutte le domande riferibili al 2013″. E’ quanto afferma il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino, in merito al mancato rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga nella ”manovrina” approvata dal Cdm, sottolineando che “nella legge di stabilità il governo dovrà mettere in sicurezza sia le somme del 2013 che per tutto il 2014”.

Secondo la dirigente sindacale, “ci saranno migliaia di famiglie in una situazione di disagio economico”. “Per questo -dice- certe affermazioni fatte nelle ultime ore, dichiarazioni che mettono in discussione la necessità stessa degli ammortizzatori in deroga,appaiono un pò improvvide alla luce di una realtà drammatica che vede lavoratori che hanno diritto agli ammortizzatori ma che non percepiscono le mensilità per le procedure farraginose anche da dieci mesi”. Lavoratori, prosegue Sorrentino, “il cui destino è segnato non tanto dal fatto che le imprese a cui appartengono non debbano essere tenute in vita ma perché afferiscono a settori non coperti dagli ammortizzatori ordinari”.

Per questo, secondo il segretario confederale Cgil, “sarebbe opportuno, come ripetiamo da anni, una vera riforma universale degli ammortizzatori che superi la deroga”. “Seppur con tanti limiti appare impossibile ipotizzare, così come circola da più parti, che la deroga possa esaurirsi già nel 2014”, avverte.

Per Sorrentino, infine, “se proprio si voleva evitare di rincorrere cifre, il governo doveva ascoltare sindacati e Regioni sull”effettivo fabbisogno e stanziare tutta la cifra stimata per il 2013″.

Immigrazione

Immigrazione: Cgil, bene voto su reato clandestinità, ora aboli

re Bossi-Fini

 

“L’approvazione da parte della Commissione giustizia del Senato dell’emendamento che chiede l’abolizione del reato di clandestinità è un segnale importante che deve ora essere confermato dal Parlamento. La vera svolta si avrà però con la cancellazione della legge Bossi- Fini e con una nuova legge sull’immigrazione”. Lo ha detto il segretario nazionale della Cgil, Vera Lamonica, nel corso del suo intervento al direttivo del sindacato siciliano convocato in via straordinaria, dopo l’ultima tragedia del mare, per discutere di interventi e richieste alle istituzioni in tema di immigrazione.

Lamonica ha espresso un giudizio positivo anche per l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri delle misure sul permesso di soggiorno di lunga durata, osservando che “il nostro Paese deve comunque dotarsi di una legge organica sul diritto d’asilo, che ad oggi manca, un vuoto inammissibile”. Dalla Cgil anche la richiesta di “un piano strutturale di accoglienza con il coinvolgimento di enti locali, parti sociali e associazioni, un piano di solidarietà e apertura improntato al rispetto dei diritti e della dignità umana , che abbia anche l’obiettivo di non lasciare sole le comunità locali che accolgono i migranti”.

La dirigente sindacale ha aggiunto che la soluzione dei problemi legati all’immigrazione “è una prova per l’Europa e non solo politica ma prova di civiltà, di una civiltà che si apre senza ripiegare su stessa come se non fosse all’altezza della sfida. Un’Europa dell’accoglienza e della solidarietà – ha affermato – deve darsi strumenti normativi e dimostrare un impegno reale. A cominciare – ha specificato la sindacalista – dalla creazione di corridoi umanitari attraverso i quali i richiedenti asilo possano muoversi in condizioni di sicurezza”. Lamonica ha infine concluso sostenendo che “l’Italia deve continuare a chiedere all’Europa interventi, per come sta facendo, ma deve anche mettere le sue carte in regola per essere credibile e incisiva”.

LA POESIA IN LINGUA SARDA


 

Iglesias 11-10-2013, Teatro Electra, Piazza Pichi, ore 18:

 

L’Associazione culturale LOGOS organizza un Convegno sulla Poesia sarda e italiana. 

 

LA POESIA SARDA

di Francesco Casula

 

Premessa:La letteratura sarda

 

L’umore esistenziale del proprio essere sardo, –di cui parla Lilliu- come individui e come gruppo che, in ogni momento, nella felicità e nel dolore delle epoche vissute, ha reso i Sardi costantemente resistenti, antagonisti e ribelli, non nel senso di voler fermare, con l’attaccamento spasmodico alla tradizione, il movimento della vita e della loro storia, ma di sprigionarlo il movimento, attivandolo dinamicamente dalle catene imposte dal dominio esterno” pur in presenza di forti elementi di integrazione e di assimilazione, nella società, nell’economia e nella cultura continua a segnare profondamente, sia pure con gradazioni diverse, oggi come ieri, l’intera letteratura sarda che risulta così, autonoma, distinta e diversa dalle altre letterature. E dunque non una sezione o, peggio, un’appendice di quella italiana: magari gerarchicamente inferiore e comunque da confinare nella letteratura “dialettale”. Il sistema linguistico e letterario sardo infatti, come sistema altro rispetto a quello italiano, è sempre stato, come tale, indipendente e contiguo ai vari sistemi linguistici e letterari che storicamente si sono avvicendati nell’Isola, da quello latino a quello catalano e castigliano, e, per ultimo, a quello italiano, con tutte le interferenze e le complicazioni e le contaminazioni che una simile condizione storica comporta. Una situazione ricca e complessa, propria di una regione-nazione dell’Europa e del mediterraneo.

 

Nasce anche da qui l’esigenza di un’autonoma trattazione delle vicende letterarie sarde: ad iniziare da quelle scritte in Lingua sarda. Da considerare non “dialettali” ma autonome, nazionali sarde, vale a dire.

 

A questa stessa conclusione arriva, del resto, un valente critico letterario (e cinematografico) italiano come Goffredo Fofi, che nell’Introduzione a Bellas Mariposas di Sergio Atzeni (edito dalla Biblioteca dell’Identità-Unione sarda, pag.18-19) scrive:”Sardegna, Sicilia. Vengono spontanei paragoni che indicano la diversità che è poi quella dell’insularità e delle caratteristiche che, almeno fino a ieri, ne sono derivate, di isolamento e di orgoglio. E’ possibile fare una storia della letteratura siciliana o una storia della letteratura sarda, mentre, per restare in area centro-meridionale- non ha senso pensare a una storia della letteratura campana, o pugliese, o calabrese, o marchigiana, o laziale…

 

Il mare divide e costringe: La letteratura siciliana e la letteratura sarda possono essere studiate –nonostante la comunanza della lingua, con quella di altre regioni, almeno dopo l’Unità- come “Letterature nazionali”. Con un loro percorso, una loro ragione, loro caratteri e segni”.

 

Più o meno sulla stessa linea si muove Franco Brevini, considerato il maggior competente di poesia dialettale contemporanea, secondo il quale occorre riconoscere al sistema letterario sardo uno statuto particolare almeno per due motivi fondamentali:

 

1.Il sardo non può essere considerato un dialetto;

 

2. Difficilmente la Sardegna a causa della sua posizione decentrata e della sua peculiarissima storia, specifica e dissonante rispetto alla coeva storia  europea, segnata com’è dall’incontro con diverse culture, può essere integrata in un discorso di storia italiana.

 

 Da una analisi attenta della letteratura sarda potremmo vedere che dalle origini del volgare sardo fino ad oggi, non vi è stato periodo nel quale la lingua sarda non abbia avuto una produzione letteraria.

 

Del resto a riconoscere una Letteratura sarda è persino  un viaggiatore francese dell’800, il barone e deputato Eugene Roissard De Bellet che dopo un viaggio nell’Isola, in La Sardaigne à vol d’oiseau nel 1882 scriverà :”Si è diffusa una letteratura sarda, esattamente  come è avvenuto in Francia del provenzale, che si è conservato con una propria tradizione linguistica”

 

Certo, qualcuno potrebbe obiettare, che essa, rispetto ad altre lingue romanze, ha prodotto pochi frutti. E’ questa  -per esempio- la posizione dello stesso Gramsci, che dopo aver detto una sacrosanta verità “ il sardo non è un dialetto, ma una lingua a sé”, afferma che esso non ha prodotto “ una grande letteratura”.

 

In realtà Gramsci non conosce la letteratura sarda: e per molti versi, non poteva neppure conoscerla, dati i tempi e le condizioni storiche – e personali – in cui viveva e operava.

 

Ma anche dato e non concesso che la lingua sarda abbia prodotto poco, si poteva pensare che un cavallo per troppo tempo tenuto a freno, legato  imbrigliato e impastoiato potesse correre e correre velocemente? La lingua sarda, certo, deve crescere, e sta crescendo: ha soltanto bisogno che le vengano riconosciuti i suoi diritti, che le venga proprio riconosciuto il suo “status” di lingua, e dunque le opportunità per potersi esprimere, oralmente e per iscritto, come avviene per la lingua italiana.  

 

1. LA POESIA SARDA SCRITTA

Iniziamo dai “testi scritti. La Lingua sarda, dopo essere stata infatti lingua curiale e cancelleresca nei secoli XI e XII, lingua dei Condaghi e della Carta De Logu, con la perdita dell’indipendenza giudicale, viene infatti ridotta al rango di dialetto paesano, frammentata ed emarginata, cui si sovrapporranno prima i linguaggi italiani di Pisa e Genova e poi il catalano e il castigliano e infine di nuovo l’italiano.

 

Nonostante ciò e contrariamente a ciò che comunemente si dice e si pensa da parte degli stessi sardi, la letteratura in Sardo  – soprattutto nella poesia – che l’isola ha espresso nei secoli, oltreché variegata nei diversi generi, è ricca di opere e di autori anche quando superata la fase esaltante del medioevo, all’indomani della sconfitta del regno di Arborea, mancando un centro politico indipendente, le lingue dominanti (catalano, castigliano e infine italiano) assunsero via via il ruolo di lingue ufficiali accolte in toto dal ceto dirigente isolano. Pensiamo alla poesia sacra e religiosa di Antonio Canu, Girolamo Araolla o di Fra Antonio Maria da Esterzili. Alla poesia politico-sociale di Francesco Ignazio Mannu alla fine del ‘700 o a quella politico-satirica di Diego Mele. O alla poesia arrabbiata, “maledetta” di Peppino Mereu alla fine dell’800. E pensiamo alla poesia giocosa satirica e persino erotica di Efisio Luigi Pintor Sirigu. O al capolavoro di Sa Scomuniga de Predi Antiogu. O alla poesia più propriamente lirica: basti pensare a Montanaru.

 

A proposito della poesia satirica in particolare vorrei soffermarmi un po’ anche per smentire  un luogo comune: ovvero che la poesia in lingua sarda si esaurisca, o che comunque prevalentemente sia “arcadica”: che  “canti” cioè una Sardegna folclorica, “bella e galana” con un lessico ridondante, superfluo e retorico che mutua dalla tropicalità vegetale del secentismo – o se vogliamo del dannunzianesimo – la parola esuberante e frondosa.

 

Una Sardegna da cartolina insomma, che piace tanto ai turisti e ai nostalgici: con le pastorellerie e gli amori leggiadri e leziosi, con i bamboleggiamenti arcadici e melici, con i balli tondi e le serenate, le vendemmie e le tosature, la solitudine dei campi e le feste, i tenores e le launeddas, la fisarmonica e l’organetto.      

 

Sia ben chiaro: nella poesia sarda è presente anche questa Sardegna e – io aggiungo – non tutto, anche su questo versante è da buttare: ma sicuramente non si esaurisce in essa.

 

In Sardegna è esistita ed esiste anche una poesia satirica, con un forte timbro sociale, tanto che si può tranquillamente affermare che il gusto del motteggio e della battuta scherzosa, dello sberleffo, della canzonatura e dell’ironia e, più ancora, della raffigurazione del mondo “sotto un profilo che ne metta in luce gli elementi paradossali e ridicoli, fa parte non solo del costume, ma dello stesso spirito isolano, grazie anche al forte potenziale umoristico della nostra cultura” (Michelangelo Pira, Il Meglio della grande poesia in lingua sarda, Cagliari, Edizioni Della Torre, 1979, p.145).

 

E si esprime soprattutto –  oltre che in sassarese – in sardo-camnpidanese. Quest’ultima  variante infatti –  a me pare  – è più congeniale e più adatta per comporre poesia satirica, comica e giocosa. Forse perché lo stesso dizionario di immagini, lo stesso lessico dei modi di dire e degli schemi figurativi possiede già al suo interno idee ed impressioni atteggiate dall’anima popolare nella forma del paradosso, della battuta, della satira.

 

E perciò non è una caso che in sardo-campidanese siano state scritte molte e belle poesie aventi la cifra giocosa e satirica: abbiamo già accennato a Pintor Sirigu e a sa Scomuniga e potremmo continuare con i poeti villacidresi (da Bernardu De Linas a Ignazio Cogotti e Salvator Angelo Spano) o cagliaritani (da Bacaredda a Gaetano Canelles, da Teresa Mundula Crespellani a Luciana Aresu e Franca Ferraris Cornaglia). Fino ai più recenti Benvenuto Lobina, Acquilino Cannas o Francesco Carlini. 

 

2. LA POESIA SARDA ORALE

Dicevo che la lingua sarda ha prodotto molto ma, ancora oggi, non conosciamo tale produzione: persino quella scritta. Immaginiamo quella orale. Per cui è urgente una grande operazione di scavo e di recupero del nostro patrimonio letterario e poetico, molto del quale è ancora inedito, numerosissimi testi sono ancora ignorati dagli stessi  critici o sepolti in biblioteche e in archivi privati e pubblici. E occorre tener conto non solo dei testi scritti ma anche di quelli orali – abbondantissimi – quando ne siano recuperate le testimonianze. Abbondantissimi in specie sul versante della poesia. Ad iniziare dalla poesia religiosa e da is Pregadorias. Tradizionalmente infatti la poesia non veniva scritta ma semplicemente recitata e, più spesso cantata e diffusa e tramandata oralmente. E non penso solo alla poesia degli improvvisatori ma anche a quella di poeti colti come Diego Mele le cui poesie per decenni circolano solo oralmente e solo un anno prima della morte accetta di dettarle al figlioccio, Pietro Meloni Satta. Perché si scrivevano poesie soprattutto in Sardo? Perché la Lingua materna, il dantesco “parlar materno”  è la prima lingua della poesia. E, aggiungo, della musica. Per il bambino, l’infante, che l’apprende direttamente dalla madre, appunto, essa è soprattutto senso, suoni, musica: lingua di vocali. Dunque corporale e fisica e insieme aerea, leggera e impalpabile. E le vocali sono per il poeta l’anima della lingua, sono il nesso fra la lingua e il canto; fra la poesia, i numeri della musica, il ritmo e il ballo. Tanto che, storicamente, i confini fra poesia e musica e danza, sono sempre stati labili e sfumati a tal punto che gli antichi poeti – gli aedi greci per esempio – non scrivevano poesie ma le cantavano, accompagnandosi con la lira: non a caso nasce il termine “lirica” e “aoidòs” in greco significa “cantore”.

 

Ma “cantano” anche Dante e Petrarca, Ariosto e Tasso e Leopardi. E i “cantadores” sardi, soprattutto gli improvvisatori. Di cui la Sardegna è stata copiosissima e ancora, in parte, lo è.   

 

Cantano con quella lingua materna che riassume la fisionomia, il timbro, l’energia inventiva, la cultura, la civiltà peculiare del nostro popolo. Una lingua – il Sardo – che è insieme memoria e universo di saperi e di suoni. Che sottende – talvolta in modo nascosto e subliminale – senso e insieme oltresenso, musica, ritmo e ballo. Segnatamente il ballo tondo: momento magico in cui l’intera comunità, tott’umpare, si pesat a ballare, si muove in cerchio. E con questo esprime una molteplicità di segni,significati, simboli e riti: l’armonia dell’universo, il movimento dell’acqua e del fuoco, il Nuraghe.

 

Quella lingua che è soprattutto espressione della nostra civiltà e della nostra storia dunque ma nel contempo, strumento per difendere e sviluppare la nostra identità e la nostra coscienza di popolo e di nazione. Una lingua, i cui lemmi che la compongono, infatti, prima di essere un suono sono stati oggetti, oggetti che hanno creato una civiltà, oggetti che hanno creato storia, lavoro, tradizioni, letteratura, cultura. E la cultura è data dal battesimo dell’oggetto.

 

Quella lingua che è ancora libera, popolana, vera, indipendente, ricca: istinto e fantasia, passione e sentimento. Come tutte le lingue native o ancestrali che dir si volgia. A fronte delle lingue ufficiali e imperiali, vieppiù fredde, commerciali e burocratiche, vieppiù liquide e gergali,invertebrate e povere, al limite dell’afasia: certo indossano cravatta e livrea ma rischiano di essere solo dei manichini.

 

Una lingua che –se insegnata con intelligenza nelle Scuole di ogni ordine e grado- potrebbe servire persino per migliorare e favorire, soprattutto a fronte del nuovo “analfabetismo di ritorno“, vieppiù trionfante, a livello comunicativo e lessicale, lo “status linguistico”. Che oggi risulta essere, in modo particolare nei giovani e negli stessi studenti, povero e banale. Tanto che qualche studioso sostiene la tesi dei giovani “semiparlanti”: che non conoscono più la lingua sarda  e parlano (e scrivono) un italiano frammentario, disorganizzato, improprio, gergale; la cui parola dice di sé solo le accezioni selezionate dal Piccolo Palazzi: senza metafore, senza natura,senza storia, senza vita.

 

Quella lingua che è soprattutto valore simbolico di autocoscienza storica e di forza unificante, il segno più evidente dell’appartenenza e delle radici che dominatori di ogni risma e zenia hanno cercato di recidere.

 

Ma nessun ripiegamento nostalgico o risentito verso il passato: ma il passato sepolto, nascosto, rimosso, censurato e falsificato, si tratta prima di tutto di ricostruirlo, di dissotterrarlo e di conoscerlo, perché diventi fatto nuovo che interroga l’esperienza del tempo attuale, per affrontare il presente nella sua drammatica attualità, per definire un orizzonte di senso, per situarci e per abitare, aperti al suo respiro, il mondo, lottando contro il tempo della dimenticanza e della smemoratezza.

 

Prima di concludere un cenno ai Premi di poesia in Lingua sarda. A mio parere essi hanno svolto e svolgono un ruolo fondamentale nella valorizzazione, arricchimento e diffusione della Lingua sarda. Ma c’è di più. Il  Professor Nicola Tanda, già ordinario di letteratura e filologia sarda presso l’Università di Sassari, nei giorni scorsi ha scritto: ”Oggi non è più un azzardo affermare che un contributo fondamentale al rafforzamento dell’identità sia venuto soprattutto dalla vera e propria riforma letteraria e civile della società sarda prodotta dai premi letterari in lingua sarda”.

 

Il grande critico Biagio Marin – che presiedette la Giuria che nel 1974 assegnò a Benvenuto Lobina il premio nazionale “Città di Lanciano” per la silloge poetica Terra, disisperada terra  –  va oltre sostenendo, a proposito della funzione della lingua sarda nella poesia che: “Solo la poesia ha la potenza di impedire la sua sia pur lenta sparizione”.  

 

Conclusione: Cos’è la poesia? Cosa cantano i poeti sardi?

It’est sa poesia?

It’est sa poesia?… Est sa lontana

bell’immagine bida e non toccada,

unu vanu disizu, una mirada,

unu ragiu ’e sole a sa fentana, 

 

Unu sonu improvisu de campana,

sas armonias d’una serenada

o sa oghe penosa e disperada

de su entu tirende a tramuntana. 

 

It’est sa poesia?… Su dolore,

sa gioia, su tribagliu, s’isperu,

sa oghe de su entu e de su mare.

 

Sa poesia est tottu, si s’amore

nos animat cudd’impetu sinceru,

e nos faghet cun s’anima cantare. (Montanaru)