Archivi giornalieri: 25 luglio 2013

Immigrazione

Immigrazione: quasi 1 milione gli asiatici in Italia,1/3 sono cinesi

Quasi un milione gli immigrati asiatici regolari in Italia, un numero che è cresciuto di quasi nove volte nell’arco di un ventennio: erano, infatti, appena 100 
mila agli inizi degli anni ’90, sono diventati 942.443 nel 2012.

Lo ha rilevato uno studio sull’immigrazione asiatica in Italia realizzato dal Centro Studi e Ricerche Idos/Immigrazione Dossier Statistico che ha dato così il via  alla nuova serie della rivista ”Affari sociali internazionali” dedicata al tema delle immigrazioni in Italia. 

Gli immigrati asiatici sono un quarto (25,9%) di tutti gli stranieri non comunitari che soggiornano nel nostro paese. I paesi di provenienza che registrano maggiori presenza sono: Cina
(29,5%), Filippine (16,2%), India (15,4%), Bangladesh (11,3%), Sri Lanka (10%, Pakistan (9,6%). Si tratta di una presenza con forte componente femminile impegnata nel lavoro di cura; i ricongiungimenti familiari sono certamente tra gli aspetti che legano l’Italia e le migrazioni asiatiche. 

Le regioni che in cui sono insediate le collettività asiatiche più numerose sono la Lombardia 29,1%), il Lazio (14,7%), l’Emilia Romagna (11,3%), il Veneto (11,1%).  Nel 2011 sono stati 7.346 i cittadini asiatici che hanno presentato richiesta di asilo in Italia.

Povertà

Un genovese su quattro a rischio povertà

A Genova e provincia un cittadino su quattro è a rischio povertà. È uno dei dati più allarmanti emerso dal rapporto “Genova e la crisi: 2008 – 2013” presentato ieri presso la Camera del Lavoro. Il dossier analizza in profondità gli effetti della crisi che investe i gennovesi, ma non solo: per la prima volta il report registra una contrazione nelle presenze degli immigrati stranieri residenti che nel 2012 “perdono” 7mila unità rispetto all’anno precedente.

Dall’inizio della crisi (2008) la provincia ha bruciato un miliardo di euro dei 22 che compongono il valore complessivo della ricchezza del capoluogo, confermando la pesante recessione ancora in atto. Una crisi che determina nuove diseguaglianze sociali provocando l’aumento delle aree di povertà con oltre 200mila persone a rischio indigenza.

Circa la metà di queste (103mila) vivono in famiglie che non superano i 950 euro mensili, 60mila sono in una situazione di grave deprivazione materiale (non riescono a pagare affitti, mutui o spese mediche), 42mila risultano senza alcun reddito. Si tratta di un vero e proprio allarme sociale che mal si sposa con la timida ripresa prevista per il 2014 che, alla luce dei dati economici, appare molto teorica. 

L’allarme sui settori economici arriva dal turismo e dal  fronte portuale creando pesanti ripercussioni sull’occupazione. “Elaborando i dati degli Osservatori Provinciali sui Servizi per l’Impiego e sommando alle persone in cerca di occupazione i neet (not education employment training) ossia i giovani che non studiano e non lavorano, gli scoraggiati e i lavoratori con ammortizzatori sociali senza possibilità di ritorno al precedente lavoro, i disoccupati risultano essere 61mila con un tasso di disoccupazione reale del 14 per cento”.

Infine il report si sofferma sugli ammortizzatori sociali: nel 2012 sono stati circa 8mila i lavoratori che ne hanno usufruito, mentre nei primi 5 mesi del 2013, si assiste all’amara novità sulla deroga che a causa della contrazione dei contributi nazionali ha già subito una contrazione del 41,7 per cento.

Per il segretario generale della Camera del Lavoro Metropolitana, “non c’è più tempo da perdere per mettere in moto tutta una serie di condizioni cha abbiano come obiettivo, prima di tutto, la creazione di posti di lavoro. Vanno naturalmente trovate subito le risorse per rifinanziare gli ammortizzatori in deroga per almeno tutto il 2013, vera e propria emergenza economica che rischia di tradursi quanto prima in emergenza sociale. Ma il tutto non può prescindere da una politica nazionale e locale che rimetta il lavoro al centro dell’agenda politica”.

Disabili

Cgil, azienda aggira norma assunzione disabili

“I vertici della Rai hanno stilato una ”comunicazione interna”, inviata a tutte le reti del servizio pubblico lo scorso 8 aprile, perché valutino una riduzione temporale dei singoli contratti a tempo determinato  “sino a 6 mesi meno un giorno”. Il motivo? Evitare ”immotivatamente” l’ampliamento della base occupazionale, come previsto dalla legge Fornero, e sulla quale le aziende, in questo caso la Rai, devono calcolare il numero di assunzioni obbligatorie da effettuare per legge. Un modo cioè per aggirare quanto previsto dalla legge per l’inserimento e l’integrazione lavorativa di persone disabili”. E’ quanto si legge in una nota della Cgil.

“Un fatto dalla gravità inaudita”, osserva la responsabile dell’Ufficio politiche per la disabilità della Cgil, Nina Daita, che aggiunge: “Lo è ancor di più perché questa ”circolare vergogna”, che abbiamo potuto visionare, proviene da un’azienda di servizio pubblico che dovrebbe muoversi e agire secondo una logica etica. Non dovrebbe la Rai attuare modalità di comportamento letteralmente scandalose, per aggirare la legge e allo stesso tempo discriminare in maniera subdola e surrettizia soggetti deboli quali sono i disabili”.

La circolare, conclude Daita, “come richiesto anche dalla Slc Cgil nei giorni scorsi, va ritirata immediatamente e va con forza impedito che si applichino provvedimenti che ledano i diritti dei lavoratori, in particolare di coloro che sono portatori di disagi e fragilità”.

IRES

Ires Cgil – Emilia Romagna, area disagio occupazionale

Sono 64.000 i posti di lavoro perduti dal 2008 al 2012, un’area di “disagio occupazionale” di 280.000 persone: la crisi mette a rischio la coesione sociale in Emilia Romagna. L’allarme è stato lanciato ieri in conferenza stampa dal segretario Cgil regionale Vincenzo Colla, a commento dei dati dell’Osservatorio su economia e lavoro in regione presentati dall’Ires Cgil emiliano.

Uno degli aspetti salienti emersi riguarda le conseguenze della riforma Fornero, che non ha prodotto la annunciata crescita dei volumi di avviamenti al lavoro, al contrario: “nel 2012 – rileva l’Ires – si registra il saldo peggiore dopo 5 anni in cui si manteneva un maggiore equilibrio tra avviamenti e cessazioni. Non si è avverata una trasformazione dei contratti a tempo determinato, crollano i collaboratori a progetto ed il lavoro intermittente. Aumentano i licenziamenti individuali di circa 12.500 unità rispetto all’anno precedente, tutti spiegati dal “giustificato motivo oggettivo”, persone che non confluiscono nelle liste di mobilità. Si è sviluppata una fragilità contrattuale della base occupazionale che, insieme all’incremento dei licenziamenti, porta a stimare il numero delle persone con “disagio occupazionale” a circa 280.000 unità in Emilia-Romagna, che calcolato sulla popolazione attiva rappresenterebbe il 9,7%”.

 “Una bolla intollerabile che rischia di esplodere – ha commentato Colla -, con effetti di scavalcamento delle rappresentanze politiche, istituzionali e anche sindacali, per sfociare in modalità inedite di autorappresentazione, che possono mettere a repentaglio la coesione sociale.”

In merito alle scelte da mettere in campo, il segretario della Cgil regionale indica innanzitutto la necessità di investire al meglio le risorse dei Fondi europei destinati all’occupazione e allo sviluppo (nell’insieme 1,2 miliardi all’Emilia Romagna nei prossimi sei anni) e sollecita la società regionale, politica e istituzioni, ad una rinnovata capacità progettuale di sistema, per andare oltre l’emergenza, in una regione che è sempre stata all’avanguardia ma oggi mostra tutti i segni della crisi e fatica ad avere lo sguardo lungo di fronte a grandi temi come la salute e lo stato sociale, o a questioni strategiche come la mobilità e i trasporti.

Congedi parentali

Congedi parentali decisi in azienda

Il Ministero del lavoro in risposta ad un interpello di Cgil, Cisl e Uil per sapere se sia possibile per la contrattazione collettiva di secondo livello, intervenire a disciplinare le modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ha precisato rispondendo affermativamente che la delega in materia compete ad ogni livello di contrattazione (nazionale, territoriale, aziendale).

Il ministero innanzitutto fa presente che, “a differenza di quanto previsto da altre discipline e, in particolare, a differenza del dlgs n. 66/2003 in materia di lavoro in cui è richiesto il livello nazionale della contrattazione, il dlgs n. 151/2001 (Testo Unico maternità) all’art. 32 (fa semplicemente riferimento alla contrattazione di settore”.

“Stante l’assenza di un esplicito riferimento al livello nazionale della contrattazione, – prosegue il Ministero – non vi sono motivi ostativi a una interpretazione in virtù della quale i contratti collettivi abilitati a disciplinare le modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa possono essere anche i contratti collettivi di secondo livello”.

INAIL

Inail – Convenzioni alberghiere per soggiorni climatici agli assicurati

L’imposta di soggiorno a carico degli infortunati e dei tecnopatici che fruiscono dei soggiorni climatici, deve essere rimborsata dall’Inail. Lo ha precisato l’Istituto assicuratore con nota del 17 luglio c.a.

L’imposta, detta anche “tassa di soggiorno”, è applicata (non in tutti i Comuni del territorio italiano) a carico di persone che alloggiano nelle località turistiche o “citta d’arte”.

Ai lavoratori infortunati e tecnopatici che possono usufruire, previa autorizzazione del medico dell’Inail, di soggiorni climatici presso strutture alberghiere convenzionate, l’Istituto deve rimborsare sia le spese di viaggio che quelle di soggiorno al lavoratore ed all’ eventuale accompagnatore .

L’Inail, con la recente nota, ha dato istruzioni alle proprie sedi di provvedere al rimborso dell’imposta eventualmente pagata sia dall’assicurato che dall’accompagnatore; ciò in linea con il principio generale della Convenzione con le strutture alberghiere, che è quello di esonerare il lavoratore dal pagamento di tasse ed imposte di ogni genere.

Agricoltura

Inail – Infortuni settore agricoltura

La Direzione Generale Inail, con la nota del 15 luglio c.a., ha ridefinito l’ambito di applicazione della tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro in agricoltura per quanto riguarda le attività considerate più propriamente “imprenditoriali” e quelle svolte unicamente per il soddisfacimento di esigenze personali o familiari.

Circa le attività imprenditoriali  l’Inail conferma l’orientamento della giurisprudenza in base al quale la tutela assicurativa è esclusa allorché gli infortuni si verificano durante le attività più propriamente organizzative. A titolo di esempio lo stesso Istituto riporta una recente sentenza che ha escluso il riconoscimento dell’infortunio accaduto ad un coltivatore diretto “mentre trasportava documentazione presso l’ufficio di un commercialista, al di fuori quindi del contesto produttivo”. Diverso è, invece,  il caso di un eventuale spostamento finalizzato alla consegna di beni necessari per la produzione, ove quindi ricorre “l’occasione di lavoro”.

Premesso ciò, la tutela assicurativa deve estendersi – afferma l’Inail – anche alle attività diverse da quelle strettamente agricole, purché si tratti di lavori complementari od accessori, connessione che si realizza anche durante gli spostamenti finalizzati ad acquistare beni direttamente necessari per la produzione.

In  merito  alla  tutela  degli  infortuni  avvenuti  durante  attività  dirette  al  soddisfacimento  di  esigenze personali e familiari l’Istituto afferma che, il discrimine rilevante ai fini della indennizzabilità,  è rappresentato tra attività di produzione – che rientra nell’ambito della tutela – e attività di trasformazione dei prodotti che, se destinata ad uso personale, non può ritenersi tutelata. Anche su questo aspetto è importante la sottolineatura che l’Inail fa, allorché esclude dalla tutela, i casi di infortuni occorsi in attività finalizzate unicamente al soddisfacimento personale. In sostanza l’attività agricola è tutelata indipendentemente dalla destinazione finale   dei   prodotti;   laddove   però   inequivocabilmente   l’infortunio   avviene   durante   “lavorazioni”   (es: macellazione ) finalizzati ad uso domestico l’evento non è, per l’Inail, indennizzabile.

Disoccupazione

Disoccupazione giovanile: un problema mondiale

”Corriamo il rischio per la crisi di avere una intera generazione che non ha avuto lavoro”: è il grido d’allarme lanciato da Papa Francesco, in Brasile per la Gmg. 

Quello della disoccupazione giovanile è un problema mondiale che con la crisi economica globale ha raggiunto cifre preoccupanti: secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) sulle tendenze globali dell’occupazione giovanile (Global Employment Trends for Youth 2013), circa 73,4 milioni di giovani – pari a un tasso di disoccupazione del 12,6% – saranno senza lavoro quest’anno nel mondo, con un aumento di 3,5 milioni dal 2007. Un numero impressionante, che, malgrado alcune differenze tra regioni, continua a crescere. E il tasso di disoccupazione dovrebbe raggiungere – secondo l’Ilo – il 12,8% entro il 2018.

In Grecia e Spagna, più della metà dei giovani economicamente attivi è disoccupata. Inoltre, molti giovani hanno abbandonato la ricerca di un lavoro.
Il tasso più elevato di disoccupazione giovanile nel 2012 è stato registrato in Medio Oriente (28,3 %), mentre il più basso è stato registrato nell’Asia dell’Est (9,5%), e del Sud (9,3%).

Preoccupanti anche i dati dell’Italia. Secondo Eurostat, tra i paesi dell’eurozona, il tasso di disoccupazione giovanile italiano nel mese di maggio ha toccato il 38,5 per cento. Va peggio solo in Spagna e Portogallo dove il tasso di disoccupazione giovanile nel mese di maggio ha toccato rispettivamente il 56,5 per cento e il 42,1 per cento.

Amianto

Amianto: a processo ex manager Pirelli per omicidio colposo e lesioni colpose

Altri casi di morti o ammalati di forme tumorali dopo aver lavorato tra la fine degli anni ’70 e la fine degli anni ’80 negli stabilimenti milanesi della Pirelli di viale Sarca o via Ripamonti saranno al centro di un processo.
Salgono così a circa 43 quelli ora al vaglio del Tribunale di Milano.

Ai 24 per cui da mesi è in corso il dibattimento, ieri se ne sono aggiunti altri 19 (15 sono relativi a decessi) per cui il processo si aprirà davanti ad un’altra sezione il prossimo novembre. A deciderlo è stato il giudice per le indagini preliminari che ha rinviato a giudizio 11 persone, tra ex componenti del Cda dell’azienda che produce pneumatici ed ex amministratori, che si sono succeduti dal 1979 al 1988. Le accuse per loro sono omicidio colposo e lesioni colpose gravi. L’udienza è fissata al 26 novembre.

Nell’udienza di ieri si sono costituiti parte civile la Regione Lombardia, Asl, e i familiari delle vittime. Nel primo filone davanti alla sesta sezione in fase istruttoria la Regione si è ritirata come parte civile dopo il risarcimento patrimoniale del danno.
Un’ultima e terza tranche dell’inchiesta, che riguarda cinque ulteriori casi (due decessi e tre di malattia per cui si ipotizza il reato di lesioni colpose), è ancora in fase di udienza preliminare e verrà aggiornata il prossimo 30 settembre.

Secondo l’accusa si tratta nel complesso di persone che si sono ammalate o sono morte per mesotelioma pleurico per aver respirato ed essere venute a contatto con le polveri d’amianto, operai che svolgevano diverse mansioni e che sono stati a lavorare negli stabilimenti alcuni anni.

CIG

Cgil, in 6 mesi 530mila in cassa integrazione …

Poco meno di 550 milioni di ore di cassa integrazione registrate da inizio anno a giugno: un monte ore che colloca in cassa oltre 530 mila lavoratori a zero ore con un taglio del reddito per 2 miliardi e 100 milioni di euro, ovvero quasi 4 mila euro per ogni singolo lavoratore. Sono i numeri che emergono dal Rapporto di giugno dell’Osservatorio Cig della Cgil Nazionale.

Numeri che, osserva la segretaria confederale della Cgil, Elena Lattuada, ”guardati in prospettiva ci dicono che nel 2013 si sfonderà ancora una volta la soglia del miliardo di ore di cassa integrazione. Ore che andranno sommate alle 4,4 mld messe a segno negli ultimi cinque anni”.

“Bisogna intervenire sugli ammortizzatori per allargare la platea e mettere in campo misure che rilancino la domanda interna: solo per questa via potrà ripartire la produzione”, aggiunge Lattuada. Nel dettaglio, a giugno cala la cassa integrazione ordinaria sul mese precedente del -15,53%, per un totale di 27.730.264 di ore, ma sale se calcolata da inizio anno raggiungendo quota 194.028.241 di ore per un +16,44% sul primo semestre del 2012. In calo sul mese precedente anche la richiesta di ore per assa integrazione straordinaria (cigs) di un -6,85% per complessive ore 37.290.925. Ore che invece salgono vertiginosamente del 21,89% se calcolate sui primi sei mesi del 2013.

Esplode invece, a giugno, la cassa integrazione in deroga di un +57,78% per complessive 25.735.322 ore. Nei primi sei mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo dello scorso, la riduzione della cigd è stata del -25,36% per un totale di 128.423.486. “Numeri che ci segnalano una drammatica emergenza fatta di centinaia di migliaia di lavoratrici e di lavoratori che non stanno percependo alcun reddito, sebbene ne abbiano diritto”.

Ad essere coinvolti, da gennaio a giungo, in una qualche forma di ammortizzatore sociale circa 1.062.044 lavoratori. Se invece si considerano i lavoratori equivalenti a zero ore, pari a 26 settimane lavorative, si determina un”assenza completa dall’attività produttiva per 531.022 lavoratori, di cui 225 mila in cigs e 128 mila in cigd.

Continua così a calare il reddito per migliaia di cassintegrati: dai calcoli dell’Osservatorio cig, si rileva come i lavoratori parzialmente tutelati dalla cig abbiano perso nel loro reddito 2,1 miliardi di euro, pari a 3.950 euro netti per ogni singolo lavoratore coinvolto a zero ore).  

Salute e sicurezza

Cgil, Cisl, Uil: decreto “del fare” su salute e sicurezza

Le segreterie confederali di Cgil, Cisl e Uil in un messaggio sottolineano il miglioramento di alcune norme contenute nel cosiddetto “decreto del fare” riguardanti la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in fase, apportate in sede di conversione in legge.

Anche se – evidenziano – che alcuni punti scottanti rimangono ancora aperti in particolare per quanto riguarda: la norma che semplifica l’attestazione della valutazione del rischio per le piccole aziende; il parametro dei cinque uomini-giorno che rappresenta solo una forma intermedia che non risponde ad alcun valore aggiunto; le notifiche obbligatorie riguardanti i lavoratori esposti a particolari rischi e la problematica, tuttora presente, dei piani di sicurezza e coordinamento e dei piani operativi di sicurezza per le aziende in edilizia”.

“Valutiamo positivamente – prosegue il messaggio – il recupero della obbligatorietà dell’informazione degli infortuni mortali e gravi da parte dell’Inail. Nel nuovo testo, infatti  – si legge nel documento – l’Istituto assicuratore comunicherà per via telematica alle autorità P.S., alle Asl, alle Autorità portuali, marittime e consolari, alle direzioni territoriali del lavoro, etc. i dati relativi alle denunce di infortuni sul lavoro mortali e di quelli con prognosi superiori ai 30 giorni attraverso il Sinp (sistema informativo nazionale di prevenzione)”.

“Anche se – sottolinea la nota unitaria – a tutt’oggi questo sistema non è ancora istituto e attivo e per questo motivo le organizzazioni sindacali chiedono di identificare al più presto un’altra forma di trasmissione per diffondere le notizie direttamente ai destinatari in attesa del canale di comunicazione istituzionale”.

Cgil, Cisl e Uil chiedono infine “un’ulteriore assunzione di responsabilità a Parlamento e Governo per modificare il provvedimento affinché non si producano riduzioni ingiustificate di tutele per i lavoratori e le lavoratrici”.

Amianto

Amianto: prima sentenza Fibronit (Broni), 2 ex manager condannati a 4 anni

Arriva la prima sentenza, con le prime condanne, sul caso della Fibronit, ditta di Broni, che produceva nel Pavese manufatti in amianto. Due degli ex manager finiti alla sbarra per le morti provocate dalle ”fibre killer”, condannati a 4 anni per disastro doloso e omicidio colposo.

I due manager avevano ottenuto di essere giudicati con il rito abbreviato che prevede lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. I pm avevano chiesto per loro 7 anni di reclusione. I risarcimenti stabiliti per i familiari delle vittime dell”amianto della Fibronit variano dai 10 ai 20 mila euro. Mentre per le istituzioni l’eventuale risarcimento sarà stabilito in sede civile.

La Fibronit di Broni dava lavoro a mille operai e ora è nota per la lunga scia di morte che si è lasciata alle spalle. Ancora oggi in questo Comune del Pavese e nell’area intorno allo stabilimento si viaggia al ritmo di 52 decessi l’anno per mesotelioma (tumore provocato dall’asbesto) secondo le stime più prudenti.