Archivi giornalieri: 9 luglio 2013

Itamicontas

 

Itamicontas

 

Biblioteca di Flumini, 11 giugno 2013 ore 17.00

 

FRANCESCO CASULA RICORDA IL COMPAESANO MICHELE COLUMBU

 

L’Associazione culturale Ita mi contas per l’11 luglio prossimo (ore 17, Biblioteca di Flumini, Via Mar Ligure, 3)  organizza un Incontro per ricordare l’ollolaese Michele Columbu, a un anno esatto dalla sua scomparsa a Capitana, dove risiedeva da decenni.

 

Dopo l’introduzione del Dott. Paolo Maccioni – vice presidente di Ita mi contas – terrà la relazione il professor Francesco Casula che rievocherà la figura del leader sardista, (è stato Segretario nazionale e Presidente del PSD’Az) del parlamentare sia italiano che europeo, ma soprattutto dell’intellettuale e dello  scrittore e affabulatore ironico, raffinato e colto.

 

 

 

MICHELE COLUMBU

 

Il leader sardista, il parlamentare, l’intellettuale, lo scrittore e l’affabulatore ironico (1914-2012)

 

Michele Columbu nasce a Ollolai l’8 febbraio 1914. Dopo gli studi medi e superiori a Nuoro, frequenta l’Università di Cagliari dove si laurea in Lettere classiche. Insegna nelle scuole medie, sempre a Nuoro. Partecipa alla seconda guerra mondiale come ufficiale di cavalleria sul fronte russo.

 

Nel 1948, Emilio Lussu opera una scissione all’interno del Partito sardo d’azione, dando vita al Partito socialista sardo. Michele Columbu, sardista e “lussiano” –è  lui stesso a scriverlo – dal punto di vista della politica sociale e anche per la simpatia, l’onestà che sentivo dell’uomo, la totale partecipazione alle proprie idee, l’estrema sincerità, ma in disaccordo per quanto atteneva alla politica delle alleanze e di collaborazione con i partiti esterni, non segue Lussu nella scissione, ma amareggiato e a disagio perciò che era successo, abbandona la Sardegna e si reca a Milano dove insegnerà nelle scuole medie,– con una breve parentesi a Monza – fino al 1964.

 

Rientrato in Sardegna – è ancora lui a ricordarlo –- nel 1964-65 fa il professore a Cagliari e il Sindaco di Ollolai. Nel 1964 infatti presenta nel suo paese una lista civica sconfiggendo i democristiani. Ecco come racconta la sua doppia “professione”: Insegnando a Cagliari andavo a Ollolai alla fine della settimana…domenica facevo Consiglio…non c’erano assegni né gettone di presenza…io mi sentivo chiamare da tutte le parti «amministratore». Non potevo riparare un selciato, in dissesto e pericoloso, perché non c’era un centesimo nel comune…. E poi ci sono i disoccupati cinquanta capifamiglia e i pastori colpiti da una grande nevicata. Manda Espressi e Telegrammi agli Assessori regionali. Neppure gli rispondono. Così concepisce e attua la marcia che passerà alla storia: da Cagliari a Ollolai, a Sassari, percorrendo a piedi 500 km lungo tutta la Sardegna per chiedere lavoro e sviluppo delle zone interne e montane e per esprimere la protesta della Sardegna interna contro le condizioni di arretratezza in cui era lasciata non solo dal Governo centrale ma anche da quello regionale

 

L’iniziativa travalicherà il Tirreno: il 13 Aprile ne darà notizia il telegiornale delle Venti. Arriveranno attestati di solidarietà da tutta l’Isola, specie dal mondo agropastorale. Si svilupperà una vera e propria protesta di massa contro il fallimento dell’Autonomia. A Columbu il PCI proporrà la candidatura ma rifiuterà per dedicarsi all’organizzazione dei pastori e alla crescita del suo Partito.

 

Chiamato qualche tempo dopo al Centro regionale della programmazione come esperto dei problemi del mondo agropastorale, lascia quando nel 1972 fu eletto deputato come indipendente  nelle liste del PCI, in rappresentanza del Partito sardo d’azione, di cui diventerà segretario prima e presidente poi. Nel 1984 venne eletto parlamentare europeo nella lista Federalismo Europa dei Popoli, formata da un accordo tra il Psd’az e l’Union Valdôtaine.

 

 Ha scritto numerosi racconti (Guri e Nurilò: paesi di montagna, La strega di GurìLa via della tanca); saggi di carattere politico (Il fischio del pastore; Lettera su Orgosolo; Contro i petrolieri; Sardità e milizia politica di Emilio Lussu; Lotte sociali, Antifascismo e autonomia in Sardegna; I veri sardi; L’autonomia vista da Milano; I veri sardisti); la raccolta di racconti L’aurora è lontana (1968) e il romanzo Senza un perché (1992), che entrerà fra i finalisti del Premio nazionale letterario Giuseppe Dessì.

 

Columbu scrive prevalentemente in italiano ma anche in lingua sarda, che padroneggia magistralmente e di cui conosce perfettamente le varianti fondamentali e persino molte varietà locali di singoli paesi. In lingua sarda ha scritto –fra gli altri- due piccoli saggi (Istados e nassiones e In chirca de una limba) e  Sardos malos a creschere, un Omaggio a Michelangelo Pira.

 

Al di là dei contenuti e della lingua utilizzata, quello che emerge dalle opere di Columbu, che amava ironicamente definirsi un pastore per pura combinazione laureato, è uno scrittore raffinato e colto, con un linguaggio carico di deflagrazioni umoristiche e dalle grandi capacità allusive, impregnato di immagini ardite, di metafore, di parabole, di simboli e di proverbi.

Muore a Cagliari il 10 luglio 2012. 

 

Presentazione del testo [tratto da Senza un perché, di Michele Columbu, AM&D Edizioni, Cagliari 1992, pagine 13-16].

Il romanzo consta di trentatre capitoli con il primo che funge da prologo. Narra la vicenda di tre personaggi, il pastore Zigàr, il terribile Zigàr, il suo giovane aiutante Miél e il vagabondo Marco, figlio dell’arcobaleno, l’intellettuale. Insieme a loro Zio Ame, un vecchio che racconta storie incredibili e che indicherà la strada del tesoro; Braus un porcaro che ha paura del bosco; Chirielle di Orthule, un avaro, che sfrutta i poveri e non li paga; Rosa l’indovina, che vede e predice a Zigar una montagna d’oro – che appare nel capitolo che si riporta – e tanti altri minori.

 

I tre protagonisti, Zigàr, Miél e Marco, in un singolare viaggio, caricati sull’asino Nuovoloso  coperte, prosciutti, formaggi, galletta in abbondanza, una grossa zucca di acquavite, due lampade a carburo, gli attrezzi da lavoro, muovono alla ricerca di improbabili tesori perduti, negli spazi infiniti di un immaginario e mitico continente, indefinito ma comunque mediterraneo. Fanno da sfondo alla favolosa caccia al tesoro – de un’aschisorju, in lingua sarda – anfratti e cavernette naturali, crepacci e dirupi, cespugli inaccessibili, rocce e sorgenti, aspri sentieri, costoni e burroni, fitti boschi, con i suoi odori e con i suoi colori, ammantati di incantesimi maligni, animali fantastici dal soffio mortale (come il cortone), montagne di aspra e selvaggia bellezza, altopiani sconfinati e valli di bianco e quasi etereo calcare, con nomi inusuali e fantastici: Garuele, Moscamakè, Moscamè, Marolanche, Tralignos, Mirisones, Checotha Gatharin, Buscabusa, Tragatraga. Che danno vita a descrizioni incantate, con veri e propri lacerti lirici: Cento usignoli invisibili si erano dati convegno in quel luogo fresco e invitante. E si scambiavano proposte di veri solfeggi. Rigogliosi ciuffi di giunchi e di menta ospitavano sciami di farfalline azzurre; sugli alti cardi fioriti brillavano cantaridi verdi e giallo oro.

 

“La caccia – scrive Giuseppe Corongiu in una bella recensione – si trasforma ben presto in una inchiesta shakespeariana che rivela gli eterni dubbi sull’esistenza umana. Il tesoro è custodito da mostri che possono arrecare all’umanità il Sommo Bene o il Sommo Male. Ma qual’é il vero bene per l’uomo? Un miracolo che smetta di farlo soffrire ma allo stesso tempo intorpidisca la sua coscienza? Che gli tolga ogni desiderio? Columbu come Sartre spiega che l’uomo ha dentro di sé il bene e il male in un abbraccio inestricabile. La panacea che potrà sbrogliare questa matassa forse non è una ricetta consigliabile”. 

 

Giudizio critico

Secondo Natalino Piras “Senza un perché è romanzo di viaggio e appartiene per questo a uno dei più classici filoni della narrativa: Gulliver, Robinson Crusoe, Tristram Shandy ma anche Ulysses, La Commedia, Il Morgante ma anche e soprattutto Don Chisciotte […].

E così, come per i classici romanzi di viaggio (pensate a un classico dei classici: l’Odissea) è importante l’epilogo. Ma più importanti per il lettore, sono le avventure e le traversie, il sole e il buio, la notte e il giorno, lungo l’arco che collega l’inizio a quello che in gergo si chiama l’agnizione, lo svelamento, la fine totale (prima di riprendere) o provvisoria.

 

Tutto questo per dire quanto sia abile narratore Michele Columbu, della sua capacità riconosciuta, acquisita a uno specifico della letteratura, di trasporre in scrittura la fabula, la trama favolistica de sos contos”.

 

[Natalino Piras, Michele affabulator maximus, Ichnusa, rivista della Sardegna, anno 11, n.23, Nuova serie, Marzo 1992-Febbraio 1993].

 

Mentre sulla “scrittura” di Columbu, Antonangelo Liori osserva “Lo stile si colloca a metà strada tra il comte philosofique tanto caro a Italo Calvino e il Don Chisciotte di Miguel Cervantes.La scrittura è semplice, essenziale, senza fronzoli, priva di neologismi e termini stranieri. Si procede avanti spediti nella narrazione mitica, interrotta ogni tanto da un sussulto di ironia. Ogni incanto viene scosso da un’immagine grottesca che fa ridere, sorridere e al tempo stesso sussultare”.

 

[Antonangelo Liori, “Senza un perché”, una fiaba surreale di Michele Columbu, L’Unione Sarda, 27-8-1992].

ANALIZZARE

Qualche critico – penso ad Antonangelo Liori e a Giuseppe Corongiu – ha avanzato l’ipotesi che i tre personaggi principali al centro del’universo narrativo di Senza un perché :Zigàr, mandriano esistenzialista metà cow boy e metà filosofo; Miel l’eterno adolescente, compagno di Zigàr, curioso di ciò che accade, avido di conoscenza e pronto a seguire il suo amico in capo al mondo; Marco, personaggio complesso e composito, spuntato dall’arcobaleno e depositario della sapienza millenaria dell’umanità, siano tre uomini distinti ma nel contempo rappresentino le tre facce dell’Autore, ovvero la manifestazione, l’epifania trivalente della sua ricca, poliedrica e multiforme personalità. Così Zigàr sarebbe Michele Columbu uomo politico, incarnante i sudati territori contadini; Marco, Columbu intellettuale, espressione delle cittadelle culturali e Miél, Columbu eterno adolescente, sempre disincantato e curioso, anzi, caratterizzato da un’insaziabile curiosità.

 

Il romanzo, in un intreccio prima cadenzato poi rapido e avvincente, è scritto in una lingua italiana nitida e rarefatta ma con forti cadenze sarde quando viene utilizzata da qualche personaggio (come per esempio Zigàr), che Columbu sa mutuare  – sia pure con grande originalità – dalla cultura tradizionale sarda e dalla oralità.

 

Da esso – come del resto anche dagli altri scritti di Columbu – emerge soprattutto il suo distacco e la sua saggezza, il suo moderato ottimismo, mai vacuo però e anzi temperato da un alone di scetticismo e di dubbio; l’occhio sorridente e arguto, mai cattivo né arcigno, che spesso si fa ustorio ma che preferisce sempre l’ironia all’indignazione e all’invettiva; lo sberleffo satirico all’aggressione verbale; la canzonatura e il motteggio – quasi sottovoce – allo sbraitare e alzare la voce con berci e urla. Egli è evidentemente convinto che la messa in ridicolo frusti e tagli più netto e con più energia del “serioso”o dello sparare a mitraglia. In una favola impastata di inganni e sortilegi, misteri e sogni. In cui si alternano, di volta in volta, la malinconia, l’amarezza e la nostalgia, la speranza e la dolcezza. Ma in cui a prevalere è la saggezza e un altissimo senso della moralità, ben riassunti ed esemplificati da questi due aforismi:Tristi e senza speranza  vivono gli oppressi che hanno dimenticato persino la leggenda della propria libertà e Un uomo, in qualunque luogo passi, ha il dovere di lasciare un segno di solidarietà e di amicizia.

 

 

 

Lavori atipici

“Accessor”: progetto Ue/patronato Inca Gran Bretagna sui lavoratori atipici

Un progetto estremamente interessante perché tocca una delle problematiche più sentite al momento, ovvero l’accesso alla prestazioni previdenziali ed assistenziali da parte dei lavoratori dei contratti atipici. Stiamo parlando di “Accessor”  il terzo progetto promosso dal patronato Inca e dalle sedi Inca dei Paese Europei,  supportato dalla Commissione Ue.

Terzo progetto, dopo Tesse (coordinato dall’Inca Belgio) ed  Esopo (coordinato dall’Inca Francia), che “si sviluppa in varie fasi di ricerca e approfondimento sulle diverse tipologie dei contratti atipici con il coinvolgimento di 7 Paesi in cui l’Inca è presente con i propri uffici (Belgio, Francia, Germania, Svezia, Regno Unito e Italia)  ed i partner sindacali di questi  Paesi.” spiega Marisa Pompei, responsabile Inca Regno Unito che coordina il progetto Accessor, intervistata dall’agenzia Italian network. 

“Una volta approfondito l’aspetto contrattuale della tipicità del lavoro, verrà messo a confronto con l’accesso alle prestazioni previdenziali ed assistenziali (appunto “accessor “) con particolare attenzione ai regolamenti europei e come ciò si applichi ai lavoratori o lavoratrici atipici”

Afferma l’esponente del Patronato Inca “Allo stato attuale, l’atipicità dei contratti è un dato comune un po’ a tutti i Paesi Ue. Direi quasi che l’economia impone, per certi versi, l’utilizzo di contratti che non solo non sono più a tempo indeterminato ma che permettono alle aziende di potersi liberare di quello che loro considerano il costo del lavoro dove, come e quando ritengano più opportuno. E’ una pratica  molto utilizzata e sulla quale il sindacato si è espresso più volte in maniera negativa ma è una pratica con la quale dobbiamo convivere . Quindi, pur convivendo con questo tipo di fenomeno vogliamo sapere quali sono le conseguenze dirette sulla vita delle persone.”

Ci sono Paesi migliori o peggiori in quest’ottica? Per la sindacalista dei diritti individuali “Uno degli aspetti più sconcertanti dell’unificazione europea è che molte condizioni si ripropongono in parecchi Paesi. Il lavoro atipico c’è dappertutto anche nei Paesi a con un welfare state avanzato. Oggi assistiamo purtroppo a riduzioni di intervento nei confronti dei lavoratori e lavoratrici, per cui  non possiamo fare una classifica e se proprio vogliamo provare a dare un giudizio, direi che preferirei essere una lavoratrice atipica in Svezia piuttosto che in Italia! “….

…”La Commissione Europea – prosegue Marisa Pompei – è sempre molto attenta e ben disposta alle proposte che vengono dall’Inca Cgil. C’è da dire che l’Inca nazionale offre un sostegno anche qualitativo  importante. Per cui è chiaro che senza il sostegno dell’Inca nazionale – che ci accompagna passo dopo passo nella realizzazione dei progetti – sarebbe difficile anche ottenere quel riconoscimento dovuto da parte della stessa Commissione”. L’intera video intervista su http://www.italiannetwork.it/news.aspx?ln=it&id=14579)

Pensioni

Non sacrifichiamo le pensioni …

Dopo il decreto sull’occupazione è tempo di dedicarsi alle pensioni. Così Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei deputati in un articolo pubblicato sull’Unità di oggi.

La nostra – continua Damiano – non è una richiesta anticipata, ma l’espressione di una preoccupazione: che il governo collochi questa tematica all’ultimo posto nella lista delle priorità.

Il presidente del consiglio ha chiaramente dichiarato che tra le priorità dell’esecutivo c’era la soluzione del problema dei cosiddetti “esodati” e l’introduzione di un criterio di flessibilità nel sistema previdenziale – prosegue Damiano -e le nostre proposte sono l risposta e la soluzione a queste problematiche.

Le nostre correzioni alla precedente riforma Fornero sono note:

-ampliare la platea degli attuali 130.000 salvaguardati (finora l’Inps ha liquidato le prime 12.000 pensioni);

-consentire coni 62 anni e 35 anni di contributi e una penalizzazione dell’8% (che scompare a 66 anni) di poter andare in pensione;

-riconoscere l’assegno previdenziale anche a chi ha maturato 41  anni di contributi, indipendentemente dall’età senza penalizzazioni.

Su questi temi la nostra battaglia continua e per questo chiediamo con forza al governo di far seguire alle parole i fatti rendendo finalmente giustizia a centinaia di migliaia di lavoratori.

Inail

Rivalutazione assegno incollocabilità Inail

Il decreto del 17 maggio scorso pubblicato sul sito del ministero del lavoro stabilisce che dal  1° luglio l’importo mensile dell’assegno di incollocabilità  passa a 253,04 euro.

L’assegno di incollocabilità è la prestazione erogata dall’Inail a coloro che, a seguito di infortunio o malattia professionale, abbiamo riportato una riduzione della capacità lavorativa  non inferiore al 34% e che per tali conseguenze non sono più in condizioni di poter svolgere un’attività di lavoro, né essere destinatari del beneficio dell’assunzione obbligatoria /ex lege n. 68/99).

L’assegno che è soggetto a rivalutazione sulla base dell’indice Istat ha ottenuto per il periodo tra il 2011 e il 2013 un incremento pari al 3.02%.

Crisi

Crisi: le imprese investano sui giovani …

Per sbloccare la situazione e ridare fiducia alle famiglie bisogna investire sui giovani. E’ quanto sottolinea il ministro del lavoro, Enrico Giovannini. ”Le imprese capiscano – ha detto il ministro durante un incontro organizzato da Manpower – che prendere un giovane, anche in stage o a tempo determinato, è un investimento sul clima di fiducia delle famiglie, che può sbloccare la situazione facendo riprendere i consumi. Si tratta di un investimento sul futuro e anche sul futuro a breve termine”.

Secondo il titolare del Welfare bisogna  ”mettere il carro davanti ai buoi, perché se si aspetta il ciclo normale per cui la crescita si traduce successivamente in occupazione non si finisce più…

I giovani che non lavorano e non studiano, i cosiddetti ”Neet”, costano  ogni anno all’Italia 25 miliardi di euro, pari all’1,8% del Pil.  ”In Italia stiamo sprecando talento e questo spreco di capitale umano – ha ribadito – in tutta Europa costa 155 miliardi di euro ogni anno in termini di mancata utilizzazione delle risorse umane”…

ansa

Giovani CGIL

iovani Cgil, contrattazione inclusiva come strumento per riunire

Affermare una contrattazione inclusiva come strumento per riunificare il mondo del lavoro. Un passo importante per la Cgil e, allo stesso tempo, un deciso salto di qualita” della sua azione sindacale per superare una linea difensiva sulla precarieta” e assumere dentro la contrattazione la rappresentanza di tutte le figure presenti nel mercato del lavoro.

E’ la responsabile delle politiche giovanili della Cgil, Ilaria Lani, a spiegare, nel corso della sua relazione all”assemblea nazionale dei giovani della Cgil, il nuovo percorso sui temi della contrattazione assunto dalla Confederazione.

Una scelta strategica per ”guardare con attenzione alle tante facce della precarietà e costruire innanzitutto battaglie contrattuali”, ha affermato Lani dal palco dell”assemblea nazionale che ha chiuso ieri la quarta festa nazionale dei giovani della Cgil. ”In questi anni – ha aggiunto – abbiamo sentito parlare di mercato del lavoro duale, forse è una semplificazione, ma non c’è dubbio che il nostro mercato del lavoro è incredibilmente segmentato e diseguale”. Aspetti di un mercato del lavoro che la Cgil vuole affrontare proprio attraverso la contrattazione inclusiva.

”C’è una fetta crescente di lavoratori e lavoratrici fuori dal contratto collettivo, a cui non parliamo con la nostra azione quotidiana, e che conoscono solo la ricattabilità della contrattazione individuale. Questo aspetto ha oggettivamente indebolito la nostra rappresentanza e la stessa contrattazione”, spiega la responsabile giovani Cgil.

La precarietà ”non si cancella per decreto, ha oramai modificato la struttura produttiva e di mercato di interi settori. Occorre costruire percorsi che accompagnino la regolarizzazione e la regolamentazione di questi segmenti e solo la contrattazione può entrare nel merito e mettere mano alle dinamiche dell’organizzazione del lavoro”. E poi, conclude – ”includere significa ricomporre, garantire parità di trattamento, estendere diritti, ma anche riconoscere le differenti condizioni. Pensiamo per esempio alla domanda di tutela dei tanti professionisti che lavorano su commesse strutturalmente discontinue e che non chiedono certo di essere stabilizzati ma di avere diritti e un equo compenso”.

Per Susanna Camusso  la sollecitazione a “uno sforzo straordinario” in vista dell’appuntamento congressuale in calendario per il 2014: “Deve essere aperto, non una conta tra gruppi dirigenti. Non possiamo essere un’organizzazione che poco riesce a parlare con i giovani disoccupati e con i giovani precari. Ne ha invece uno straordinario bisogno”. Camusso torna sulle differenze di genere (“le carriere si diversificano nel primo anno di lavoro, tra giovani donne e uomini”) e sottolinea come i temi lavoro-partecipazione-democrazia debbano essere considerati sempre insieme.

Precarietà e disoccupazione, però, “oggi non sono nemmeno più sinonimo di giovani”. E allora “torniamo a dire che il Piano del lavoro non è trovare qualche posto oggi. È l’idea di ripartire dall’origine del problema. Non si scappa dal fatto che il nostro paese ha una quantità di lavoro insufficiente rispetto alla domanda, e questo è nato prima della crisi quando si è smesso di investire”. Altre priorità: “Lo straordinario bisogno di far crescere l’istruzione, non di diminuirla”; la richiesta di una redistribuzione del reddito che, oltre alle questioni fiscali, porti alla contrattazione.

È proprio qui, nella contrattazione, che però convivono ancora “contraddizioni” in seno al sindacato, come per esempio il fatto che a volte “le categorie più forti hanno ignorato quelle più deboli”. Insomma, non esiste “un’ondata magica che butta fuori chi c’è nel lavoro per fare spazio ai giovani”. Il problema è che “manca l’equilibrio tra le due generazioni”. C’è dunque da affrontare il tema della solidarietà, “della resistenza di altre categorie in un momento in cui le risorse sono limitate”. In ciò il congresso è l’occasione “per provare a misurarsi con gli iscritti e le iscritte” e allo stesso tempo “essere aperto ai contributi esterni, proprio per rispondere a chi – conclude rivolgendosi alla platea – si sente in quella terra di nessuno”.