Archivi giornalieri: 29 luglio 2013

Disabili

Lavoro: 30 milioni in più al Fondo per l’inserimento dei disabili

Il fondo per il diritto al lavoro dei disabili potrebbe essere incrementato: è quanto prevede uno degli emendamenti presentati dal governo al decreto lavoro – Iva (dl 76/2013), la cui discussione riprende oggi in Senato. Circa 190 le proposte di modifica complessive, incluse quelle dell’esecutivo. Quella che riguarda i lavoratori disabili, in particolare, prevede l’incremento del fondo di 10 milioni di euro nel 2013 e 20 milioni nel 2014. 

Soddisfatta la senatrice del Pd Nicoletta Favero, componente della Commissione lavoro, che spiega: “Sulla disabilità avevamo presentato specifici emendamenti al decreto lavoro, che l’esecutivo ha sostanzialmente accolto incrementando il fondo per la disabilità di 30 milioni in due anni. Inoltre, abbiamo impegnato il governo a rimuovere gli ostacoli che impediscono il rispetto della quota di assunzione dei disabili nelle Pubbliche amministrazioni”. Il riferimento è, in questo caso, al parere del Dipartimento della Funzione pubblica del maggio scorso, che sollevava le amministrazioni dagli obblighi assunzionali in caso di eccedenze di organico. A tal proposito, “un ordine del giorno a mia prima firma, accolto dal governo in Commissione Lavoro, impegna l’esecutivo a superare questo parere, a garantire la piena attuazione della legge 69/99 e a prevedere misure mirate a promuovere l’incremento dell’occupazione stabile delle categorie protette”.

da Redattore sociale

Emigrati

Svimez, emigrati da Sud 1,3 mln in 10 anni

Tra il 2001 e il 2011 ha lasciato le Regioni del Mezzogiorno diretto al Centro-Nord oltre 1,3 milioni di persone, di cui 172 mila laureati. Mentre 180mila persone, di cui 20mila laureati, sono emigrate all’estero.

E’ quanto emerge dalle anticipazioni del Rapporto Svimez 2013 sull’economia del Mezzogiorno, nel quale si rileva che sono in continuo aumento i
laureati che lasciano le Regioni del Sud (dal 10,7% del totale del 2000 al 25% del 2011). Regioni nelle quali, tra l’altro, si concentra il 60% di chi, negli ultimi cinque anni, ha perso il lavoro per colpa della crisi, pur essendo presente appena il 27% degli occupati italiani, e nelle quali risiede oltre la metà dei cosiddetti ”neet” (giovani che non studiano, non lavorano e nemmeno cercano un lavoro).

Degli oltre 500mila posti persi tra il 2008 e il 2012, infatti, ”ben 301mila ” riguardano residenti nel Mezzogiorno. I disoccupati al Sud sono passati da 978 mila del 2011 a 1,281 milioni del 2012, per un tasso di disoccupazione che sale dal 13,6% al 17,2%, mentre Svimez stima un nuovo balzo della disoccupazione al 18,8% nel 2013 (valore più del doppio del 9,1% nel Centro-Nord) e al 19,1% nel 2014.

Nel quadro tracciato da Svimez si ricorda anche che negli ultimi cinque anni (dal 2007 al 2012) al Sud le famiglie povere sono aumentate del 30%, parti a 350mila nuovi nuclei, e, guardando al futuro, si lancia l’allarme ”desertificazione-spopolamento” per le aree del Meridione. Dal 2012 al 2065, infatti, è previsto un calo di 4,2 milioni di persone nel Sud, a fronte di un aumento di 4,5 nel Centro Nord. La popolazione del Mezzogiorno sul totale crollerà dal 34% di oggi al 27,3%. Di questi, il 53% di quelli che ”spariranno”, oltre 2 milioni, avrà meno di 44 anni, ”decimando ” le Regioni del Sud ”della componente più vitale, prolifica e produttiva ”.

Lavoratori in nero

Sono quasi 3 milioni i lavoratori in nero presenti in Italia

Con le loro prestazioni questi lavoratori, secondo un’analisi della Cgia di Mestre, “producono” 102,5 miliardi di Pil irregolare all’anno (pari al 6,5% del Pil nazionale), ”sottraendo” alle casse dello Stato 43,7 miliardi di euro di gettito.

La Regione più ”colpita” è la Calabria: l’incidenza del valore aggiunto da lavoro irregolare su quello regolare è pari al 18,6%. Quasi la metà del gettito potenzialmente evaso è in capo alle regioni del Sud.In generale è tutto il Sud a soffrire la presenza dell’economia sommersa: quasi la metà (19,2 miliardi su 43,7) del gettito potenzialmente evaso è in capo
alle regioni del Sud.

I numeri, riferiti al 2011 (ultimo anno disponibile), sono stati elaborati dalla Cgia che ha misurato il peso economico del lavoro sommerso in Italia. Una piaga che vede coinvolti milioni e milioni di persone: lavoratori dipendenti che fanno il secondo lavoro; cassaintegrati o pensionati che arrotondano le loro magre entrate, disoccupati che in attesa di rientrare ufficialmente nel mercato del lavoro sbarcano il lunario ”grazie” ai proventi di una attività irregolare.

”Con la crisi economica – spiega la Cgia – l’economia sommersa ha subito una forte impennata. In questi ultimi anni chi ha perso il lavoro non ha avuto alternative: per mandare avanti la famiglia ha dovuto ricorrere a piccoli lavoretti per portare a casa qualcosa. Una situazione che ha coinvolto molti lavoratori del Sud espulsi dai luoghi di lavoro”.

Dallo studio della Cgia emerge che la Regione più a ”rischio” è la Calabria che presenta 181.100 lavoratori in nero e un’ incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil pari al 18,6%. Questa situazione si traduce in 1.375 euro di imposte evase in capo ad ogni singolo residente della Regione Calabria. Segue la Basilicata che con appena 45.600 unità di lavoro irregolari ”produce” un Pil in ”nero” che pesa su quello ufficiale per il 14,7%: le tasse che mediamente vengono a mancare in Basilicata per ciascun residente sono pari a 1.174 euro all’anno. Al terzo posto della graduatoria c’è il Molise: con 27.000 irregolari e un peso dell’economia sommersa su quella ufficiale pari al 14,6%, le imposte non versate per residente sono pari a 1.282 euro all’anno.

”Con la presenza del sommerso – conclude lo studio – la 
profonda crisi che sta colpendo il Paese ha effetti economici e sociali meno pesanti di quanto non dicano le statistiche ufficiali. E’ evidente che chi pratica queste attività irregolari fa concorrenza sleale nei confronti degli operatori economici regolari che non possono o non vogliono evadere. Ma nel Mezzogiorno possiamo affermare che il sommerso costituisce un vero e proprio ammortizzatore sociale. Sia chiaro – prosegue – nessuno di noi vuole elogiare il lavoro nero spesso legato a doppio filo con forme inaccettabili di sfruttamento, precarietà e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, quando queste forme di irregolarità non sono legate ad attività riconducibili alle organizzazioni criminali o alle fattispecie appena elencate – conclude – costituiscono in questi momenti così difficili un paracadute per molti disoccupati o pensionati che non riescono ad arrivare alla fine del mese”.