Archivi giornalieri: 3 luglio 2013

Esodati

Terza salvaguardia per altri 10.130 lavoratori

Sulla Gazzetta ufficiale n. 123 del 28 maggio u.s., è stato pubblicato il decreto interministeriale 22 aprile 2013  che stabilisce in 10.130 l’ulteriore contingente di lavoratori salvaguardati, che possono cioè continuare ad andare in pensione sulla base dei requisiti previgenti alla legge n. 214/2012.

Ricordiamo brevemente che gli altri due contingenti di salvaguardati erano stati stabiliti prima con decreto interministeriale 1.6.12 (65mila lavoratori), poi con decreto interministeriale 8.10.12 (ulteriori 55mila).

Anche questa platea costituisce un blocco a sé stante di lavoratori salvaguardati. Infatti essi devono rispondere a requisiti ben precisi quali tipologia, condizioni e requisiti. Per quanto riguarda la tipologia i lavoratori devono essere:

a) in mobilità ordinaria o in mobilità in deroga in base ad accordi stipulati in sede governativa o non governativa entro il 31.12.2011 (2.560);
b) autorizzati alla prosecuzione volontaria dei contributi alla data del 4.12.2011 (1.590);
c) che hanno risolto il rapporto di lavoro in ragione di accordi sottoscritti anche ai sensi degli artt. 410,411 e 412ter del C.p.c. o accordi collettivi di incentivo all’esodo stipulati entro il 31.12.2011 (5.130);
d) autorizzati alla prosecuzione volontaria dei contributi alla data del 4.12.2011 e collocati in mobilità ordinaria alla predetta data in attesa di concludere la mobilità per versare volontariamente (850).

Ad ogni tipologia di soggetti qui sopra elencati corrispondono  condizioni e requisiti diversi.
Il decreto dispone, per tutte le categorie previste, la necessità di presentare la domanda entro il 25 settembre p.v. per essere ammessi alla salvaguardia.

Per essere assistiti nell’inoltro delle domande e/o per avere informazioni più particolareggiate i lavoratori e le lavoratrici interessati/e possono rivolgersi alle sedi dell’Inca dislocate su tutto il territorio nazionale.

INPS – POSTE

Inps – Decentramento pensioni del Fondo di Quiescenza Poste

L’Inps, a partire dal 1° luglio 2013, attua il decentramento delle pensioni del Fondo di Quiescenza Poste, gestite finora dal Polo specialistico di Roma EUR, presso le Direzioni Metropolitane e Provinciali dove si svolgono le attività relative al Fondo speciale delle Ferrovie dello Stato  S.p.A..

Il suddetto Polo svolgeva tutte le attività connesse alla gestione della posizione assicurativa degli iscritti, alla prima liquidazione delle pensioni dirette e indirette e alle ricostituzioni contributive.

Le Sedi territoriali Inps, invece, svolgevano tutte le attività gestionali non riconducibili alla specificità delle prestazioni ex Ipost.

Ora con la circolare n. 103 del 28.06. 2013 l’Istituto comunica il nuovo assetto organizzativo che prevede il decentramento delle attività di liquidazione e ricostituzione delle pensioni ex Ipost  presso le Direzioni Metropolitane e Provinciali,  laddove sono accentrate le attività relative al Fondo Speciale per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato S.p.A.

Il decentramento è operativo a partire dal 1° luglio 2013 e riguarderà le domande relative alla liquidazione  e  alla ricostituzione delle pensioni ex Ipost   presentate a partire dalla medesima data.

INPS

L’Inps modifica i termini per inoltrare la domanda di voucher baby sitting e di contributi per i servizi all’infanzia

Il bando uscito pochi giorni fa sul sito dell’Inps permette di avere un bonus maternità di 300 euro al mese per sei mesi, ma le procedure e le condizioni necessarie per averlo sono complesse.
La condizione base è di essere madri lavoratrici dipendenti e parasubordinate e di usufruire della nuova opportunità entro gli 11 mesi successivi al periodo di astensione obbligatoria. Possono richiederlo anche le madri il cui parto presunto sia fissato entro quattro mesi dalla scadenza del bando.

Va evidenziato che le graduatorie tengono conto delle condizioni reddituali Isee (indicazione situazione economica equivalente) e della precedenza cronologica nell’invio della domanda.
Non possono fare la richiesta le lavoratrici autonome, mentre quelle iscritte alla gestione separata hanno diritto alla metà del contributo, tre mesi anziché sei. Da ricordare che il bonus è alternativo al congedo parentale.

Come CePa (Centro patronati Inas Cisl, Inca Cgil, Ital Uil e Acli) siamo intervenuti più volte e con forza nei confronti della Direzione generale dell’Inps chiedendo l’attivazione della procedura patronati per la presentazione delle domande e rivendicando il rispetto della legge 152/2001, affinché le donne interessate potessero usufruire della consulenza e dell’assistenza del patronato.
Quello dell’Istituto è un comportamento grave, lesivo degli interessi delle lavoratrici che, in questi giorni, si trovano a doversi confrontare con procedure complesse: acquisire il Pin dispositivo ed inviare on line la domanda, in un preciso lasso di tempo. Non solo, ma a parità  di ISEE, viene favorita la lavoratrice che invia per prima la domanda.
Come CePa abbiamo stigmatizzato il comportamento scorretto dell’Istituto in una lettera inviata al Direttore generale.

Tenuto conto della situazione creatasi, per non far pagare alle lavoratrici il prezzo delle inefficienze dell’Istituto, possiamo assicurare loro la nostra consulenza, ma per quanto attiene  l’invio delle domande dovremo utilizzare il loro Pin dispositivo.

Da sottolineare che, in relazione  all’ultima circolare (n. 68) emanata dall’Istituto previdenziale, le domande per la richiesta di voucher baby sitting e/o contributi per servizi all’infanzia hanno potuto essere inviate solo dalle ore 12 di ieri, 2 luglio, per sopravvenuti problemi tecnici. L’invio delle domande proseguirà fino a giovedì 11 luglio p.v..

Immigrati

Immigrati: uscire dalla melma dei comportamenti razzisti …

Trova una parziale soluzione la questione dei lavoratori coinvolti nelle procedure di emersione e ‘‘bloccati’’ in un limbo burocratico qualora avessero cessato il rapporto di lavoro presso il datore di lavoro che aveva presentato domanda di emersione.

Il cosiddetto “Decreto Lavoro” ( D.L. 28 giugno 2013, n.76 ) ha ulteriormente normato all’art. 9 la situazione di cessazione del rapporto di lavoro presso il datore che aveva presentato domanda di emersione. Anche se questa non è ancora definita, al lavoratore in possesso del requisito di presenza al 31/12/2011 è rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione o per lavoro subordinato nel caso in cui si sia in presenza di una richiesta di assunzione.

E’ previsto inoltre che a fronte di un rigetto della dichiarazione di emersione per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, dimostrato l’avvenuto pagamento delle somme dovute per il rapporto di lavoro sanato, soddisfatto il requisito della presenza al 31/12/2011, anche in questo caso vengono annullati i i procedimenti penali e amministrativi a carico del lavoratore e gli si rilascia un permesso di soggiorno per attesa occupazione.

Molte situazioni possono così trovare uno sblocco e liberare i lavoratori dai vincoli burocratici con il rischio reale di dover ricorrere di nuovo al lavoro irregolare. Vi si aggiunge la possibilità per molti di rientrare temporaneamente nei paesi di origine senza il rischio di non poter rientrare in Italia.

Tuttavia i vincoli inseriti nel Decreto Legge non sono sempre facilmente superabili.  In particolare quando ci si trova con datori di lavoro, e sono molti i casi in questione, che si rifiutano di regolarizzare i dipendenti. In questi casi l’avvenuto versamento dei contributi è una condizione difficilmente riscontrabile e si rendono necessarie altre azioni per il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro.

Anche sulla presenza al 31/12/2011 era legittimo attendersi un ulteriore ammorbidimento in virtu’ della modesta quantità di domande di regolarizzazione ricevute.

Siamo ancora lontani dal considerare l’emersione dal lavoro irregolare una opportunità sia per il nostro vivere civile che per le entrate dello Stato. Questo nonostante sia dimostrato che il saldo positivo tra i tributi versati dagli stranieri e i servizi di welfare erogati, vicino ai due miliardi di euro, rappresenta una risorsa per il presente e futuro del nostro sistema di protezione sociale.

Colpisce, a questo proposito,  il dato reso pubblico dal Congressional Budget Office, un istituto di analisi a supporto dei processi decisionali del Congresso degli Stati Uniti. Il disegno di legge sulla immigrazione approvato al Senato e ora in discussione alla Camera ridurrà, se approvato, il deficit delle casse dello Stato di duecento miliardi di dollari nei primi dieci anni e settecento miliardi nei dieci anni successivi. Questo grazie alla regolarizzazione di 10,4 milioni di immigrati nel paese americano.

Colpisce la distanza con ciò che avviene nel nostro paese. La regolarizzazione e l’emersione dal lavoro nero sono strumenti per cogliere le occasioni di crescita e arricchimento per il nostro paese. Agli immigrati irregolari si limitano le opportunità di emersione e inserimento nella società civile e, nel contempo, a chi è regolare si nega l’accesso alle prestazioni assistenziali.

Sta accadendo con gli invalidi civili stranieri senza permesso da lungo soggiornanti ma con permesso non inferiore all’anno. Nonostante una recente sentenza della Corte Costituzionale abbia confermato il diritto alla prestazione, costoro si ritrovano con le risposte negative dell’INPS che non intende adeguarsi alla modifica della norma.

Da una parte non si colgono le opportunità economiche per lo Stato derivanti dalla emersione dal lavoro nero, dall’altra si negano le prestazioni, anche in evidenza di diritto.

E’ incomprensibile ciò che sta ancora avvenendo se raffrontato alle aperture alle diversità, non solo sul tema della immigrazione ma in generale sui diritti delle persone, che stanno maturando nei paesi del mondo occidentale. Abbiamo bisogno di uscire dalla melma dei comportamenti razzisti e discriminatori ereditati dalla politica degli ultimi 15 anni. Sono indispensabili interventi più significativi sul piano della cittadinanza, della emersione, della lotta al lavoro irregolare e interventi sulle procedure messe in atto da quella parte di Pubblica Amministrazione che resiste ad adeguarsi alla realtà di un paese già cambiato e destinato ad essere sempre più unione di differenze con uguali diritti tra le persone.

Claudio Piccinini, coordinatore area immigrazione Inca Cgil nazionale

Sanità

Sanità: con tagli e ticket a rischio il Servizio sanitario nazionale …

Tagli, ticket, cattiva organizzazione. E ancora. Riduzione del finanziamento, blocco delle assunzioni, difficoltà di accesso ai servizi: questi alcune delle criticità che attanagliano il Servizio sanitario nazionale, denunciate ieri dai sindacati Cigl, Cisl, Uil e Ugl, nel corso di un’audizione alla Camera di fronte alle commissioni riunite Bilancio e Affari sociali. Le audizioni si svolgono nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul sistema sanitario nazionale e obiettivi di finanza pubblica.

I sindacati confederali lanciano l’allarme: se non si cambia rotta nei prossimi anni è a rischio l’universalità del sistema. Per Stefano Cecconi della Cgil, è “urgente mettere in sicurezza il Ssn di fronte a una situazione che si sta creando, dovuta a ripetute riduzione del finanziamento”. Ad allarmare il sindacalista è anche il peso dei ticket: “L’aumento del ticket ha prodotto una situazione che sta portando all’esclusione dall’accesso ai servizi.

Uno scenario che se proiettato al 2014 porterebbe ad una insostenibilità della tenuta del sistema, che sta rendendo non conveniente l’acquisto di prestazioni, riducendo l’accesso a quello che dovrebbe essere un diritto universale”.

Immigrati

Immigrati: 19mila i morti nel Mediterraneo dal 1988 ….

”Nel corso del 2011, ogni giorno 5/6 migranti provenienti dall’Africa hanno perso la vita nel mare Mediterraneo, nel tentativo di raggiungere le coste dell’Italia e dell’Europa. Lunedì prossimo Papa Francesco si recherà nell’isola di Lampedusa e, tra l’altro, lancerà in mare una corona di fiori in memoria di quanti sono morti in quelle acque. Il pontefice farà, dunque, quel gesto che le autorità politiche e istituzionali italiane non hanno ritenuto opportuno fare”. A sottolinearlo in una nota è il senatore del Pd Luigi Manconi, presidente della Commissione speciale per la tutela dei diritti umani.

”Dal 1988 sono circa 19mila (più di due al giorno) le persone disperse o il cui corpo è stato ritrovato privo di vita – ricorda Manconi – Nel corso del 2011, le vittime sono state oltre duemila. Nel 2012 circa 500 . Nei primi mesi del 2013 poco meno di 200. E i mesi estivi annunciano altre tragedie”.

”Il mare Mediterraneo, nel corso degli ultimi venticinque anni, ha inghiottito migliaia di cadaveri: uomini, donne e bambini che, partendo dalle coste africane, cercavano un’opportunità di vita nel nostro continente. Queste – conclude il senatore democratico – le cifre crudeli, stimate per difetto, sulla base di dati parziali e di fonti internazionali, di un’autentica strage”.

Amianto

Amianto: Cgil, Cisl, Uil, mettere in opera il piano nazionale

Cgil Cisl e Uil chiedono al Governo Letta di rendere operativo il Piano Nazionale Amianto già predisposto e in gran parte anche finanziato dal precedente governo e che è rimasto bloccato alla conferenza Stato Regioni.

I segretari confederali Fabrizio Solari (Cgil), Luigi Sbarra (Cisl) e Paolo Carcassi (Uil) ribadiscono che il Piano nazionale amianto deve essere reso operativo perché sono molte le speranze che i tanti lavoratori e cittadini che sono stati esposti all’amianto, stimati in oltre un milione e mezzo di persone, attendono dalle attività di sorveglianza sanitaria, di ricerca e di cura delle malattie dovute all’amianto. Oggi in Italia continuano a morire per l’amianto oltre tremila persone ogni anno, tre volte di più delle vittime dovute agli incidenti sul lavoro.

”Anche il piano delle bonifiche deve essere operativo a partire dai 500 siti dichiarati di massima priorità dal ministero dell’Ambiente, in cui sono classificati soprattutto scuole e ospedali e altri siti di alta utilità pubblica. Infine – scrivono i tre dirigenti sindacali – bisogna utilizzare il decreto delle ristrutturazioni edilizie per favorire la bonifiche dell’amianto per le abitazioni private con la detrazione fiscale fino al 65% delle spese sostenute per la bonifica dell’amianto. L’operatività immediata del piano nazionale amianto – concludono – è dovuta sul piano sanitario e sul piano ambientale per la sicurezza delle persone, ed è capace anche di sviluppare un risultato sociale positivo sul piano dell’occupazione e dello sviluppo delle attività di bonifica”.

Il decreto del fare

Il decreto del fare «riduce le tutele del lavoro»

I sindacati bocciano le “semplificazioni” in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro decise dal governo del “decreto del fare”. In una nota congiunta, Cgil Cisl Uil stigmatizzano la decisione di procedere per decreto, perché “problematiche di questa rilevanza non devono essere affrontate con tali modalità”. È un percorso che conduce “a derive molto gravi e pericolose – rilevano le confederazioni – che rischiano di ridurre le tutele del lavoro su materie così delicate, in particolare in quei settori e contesti lavorativi a più alta esposizione ai rischi e già caratterizzati da un numero rilevante di infortuni gravi, mortali e di malattie professionali. Tutto questo a conferma della pratica del confondere interventi di semplificazione burocratica con l’alleggerimento delle tutele in materia di prevenzione: il governo dimostra di non porre la materia della salute e sicurezza sul lavoro in posizione prioritaria. I sindacati criticano poi “il rifiuto ad un confronto preventivo con le parti sociali”.

Quanto al merito, le confederazioni bocciano l’eliminazione prevista del DUVRI (il documento di valutazione dei rischi che le aziende devono elaborare), perché “le aziende si trovano a dover cambiare, ancora una volta, le modalità di adempimento”. Pollice verso anche per l’eliminazione di fatto delle Procedure Standardizzate, appena entrate in vigore per le piccole imprese definite “a basso rischio”. “Tale disposizione farebbe fare un passo indietro al nostro Paese – spiegano i sindacati -, in un comparto come quello delle Pmi, oltre a dover registrare la sanzione ricevuta dall’Europa proprio su questo punto”.

Cgil Cisl Uil non sono convinte neanche dalla sostanziale “semplificazione” del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) e del Piano Operativo di Sicurezza (POS), né dall’abolizione di una serie di notifiche all’organo di vigilanza, al momento a carico del datore di lavoro: superamento dei limiti di esposizione per gli agenti chimici pericolosi; eventi imprevedibili di esposizione ad agenti cancerogeni e misure adottate per ridurre le conseguenze; notifica preliminare prima dell’inizio dei lavori di rimozione o demolizione di materiali contenenti amianto; dispersione nell’ambiente di agenti biologici pericolosi e misure adottate per ridurre le conseguenze.

I sindacati dicono no, inoltre, all’abolizione dell’obbligo di comunicazione all’autorità giudiziaria, alle Asl e all’INAIL degli infortuni gravi e mortali (il decreto legge lo mantiene solo nei riguardi dell’Inail). “In tal modo – argomentano le confederazioni – le Autorità di pubblica sicurezza dovranno farsi carico di procurarsi le informazioni e questo, oltre ad allungare i tempi, prevederebbe un’azione specifica per ciascun dato. In caso, difatti, di mancata attivazione da parte delle Autorità, queste rimarrebbero all’oscuro del fenomeno infortunistico relativo alle lesioni od omicidio colposi, con evidenti conseguenze sul piano dell’eventuale accertamento di irregolarità”.

Netta opposizione, infine, agli interventi previsti di “semplificazione” relative all’informazione, alla formazione e alla sorveglianza sanitaria per tutte le prestazioni lavorative di breve durata (che, a differenza dell’agricoltura, non hanno alcuna regolazione specifica).

Nel periodo che manca allo scadere del tempo di vigenza del dl (21 agosto), i sindacati annunciano iniziative sul territorio e “interventi diretti sulle commissioni parlamentari, specificatamente coinvolte nei lavori sul testo, al fine di determinare la conclusione dell’iter legislativo con una eliminazione complessiva dei provvedimenti in tema”.

Imprese

Sei imprese su dieci sono irregolari …

 È quanto emerge dai controlli effettuati nel primo trimestre dal ministero del Lavoro (insieme agli enti impegnati nell’attività di vigilanza e alle forze dell’ordine) su un totale di 65.589 aziende. Lo riporta lo stesso dicastero, sottolineando l’aumento del 7% delle ispezioni nel confronto col medesimo periodo del 2012. 

Tra i risultati del primo trimestre, si rileva una diminuzione del lavoro nero (-8% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente), con l’accertamento di 21.866 lavoratori totalmente sommersi. Quanto all’incidenza del lavoro irregolare per settore, la maggiore concentrazione si conferma nell’edilizia (55% delle aziende ispezionate), in agricoltura (50%) e nel settore terziario e industriale (entrambi con il 46%).

Tra le varie tipologie di violazione, le forme di ”decentramento produttivo” irregolare, appalto e somministrazione illecita, raggiungono livelli che il ministero definisce “più preoccupanti”, con 4.900 violazioni (+96% degli illeciti rilevati rispetto all’analogo periodo dell’anno 2012). Segue l’utilizzo distorto di forme contrattuali, come le collaborazioni a progetto, partite Iva, associazioni in partecipazione, che interessano 5.227 lavoratori (+84%). 

”Uno sforzo straordinario nonostante la scarsità di risorse a disposizione”, ha sottolineato il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Enrico Giovannini, durante la presentazione dei risultati. Nel ribadire l’impegno per il raggiungimento degli obiettivi per l’anno 2013, circa 240.000 ispezioni concentrate verso forme di irregolarità nella gestione dei rapporti di lavoro, Giovannini ha ricordato le misure contenute
nel DL appena approvato, tra cui l’importanza attribuita alla tutela dei lavoratori sotto il profilo della regolarità
contrattuale e in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. A questo proposito, ha sottolineato, il decreto prevede che la rivalutazione del 9,6% delle sanzioni in caso di irregolarità sia in parte utilizzata per progetti e azioni rivolti alla sicurezza. 

Damiano

Damiano: e ora, correggere il sistema pensionistico

“Il fatto che i conti stiano migliorando – ha dichiarato Cesare Damiano, presidente commissione lavoro della Camera – favorisce la soluzione dei problemi economici e sociali più urgenti che, come sappiamo, richiedono risorse importanti. Non ci stanchiamo di ricordare al governo che la stessa attenzione che viene posta sui temi dell’occupazione, dell’iva e dell’Imu, deve essere posta anche al tema delle pensioni”. 

“C’è dunque bisogno di un’attenta regia – prosegue l’ex ministro del Lavoro – che distribuisca le risorse disponibili in modo equilibrato. Per correggere il sistema pensionistico occorre agire in due direzioni: la prima, deve realizzare l’obiettivo di ampliare la platea degli attuali 130mila salvaguardati (gli esodati, ndr)”.

“La seconda, è quella di introdurre nel sistema previdenziale un criterio di flessibilità che consenta di andare in pensione, a scelta del lavoratore, in un arco temporale compreso tra i 62 e i 70 anni, a condizione che si siano versati almeno 35 anni di contributi. Per chi anticipa la pensione prima dell’età di 66 anni, è prevista una penalizzazione”.