Archivi giornalieri: 21 ottobre 2022

Il clima inospitale nelle città con sindaci anti-immigrazione Stranieri

Il clima inospitale nelle città con sindaci anti-immigrazione Stranieri

Una ricerca rivela che nei comuni italiani dove governa una coalizione di partiti anti-immigrazione scatta un “effetto inospitalità” che influenza sulla scelta degli stranieri di rimanere in quei territori. Anche in assenza di politiche discriminatorie si genera un clima meno accogliente.

 

Nei comuni italiani dove viene eletto un sindaco sostenuto da una coalizione composta anche da partiti anti-immigrazione scatta un “effetto inospitalità“, che influenza la scelta dei cittadini stranieri di vivere in quei territori.

È questo, in estrema sintesi, uno dei risultati più rilevanti dello studio “Atti o parole? L’influenza locale dei partiti anti-immigrati sui flussi degli stranieri”, condotto dai ricercatori Augusto Cerqua e Federico Zampollo e pubblicato sulla rivista European Journal of Political Economy.

È sufficiente la propaganda

La ricerca prende in considerazione oltre 2mila elezioni amministrative avvenute in Italia dal 2000 al 2018 in 1.652 comuni, pari a circa il 21% del totale del paese.

2.669 elezioni comunali considerate nello studio, avvenute dal 2000 al 2018.

Su queste tornate elettorali sono stati individuati i partiti politici anti-immigrazione sulla base delle valutazioni del chapel hill expert survey (Ches), un’organizzazione internazionale di esperti che stima il posizionamento dei partiti su ideologie e questioni politiche in tutto il mondo.

Successivamente Cerqua e Zampollo hanno analizzato le elezioni comunali in cui questi partiti – che negli anni più recenti sono stati rappresentati principalmente da Lega e Fratelli d’Italia – hanno contribuito all’elezione del sindaco. 

In questo modo è stato rilevato che la presenza di un’amministrazione comunale guidata da partiti anti-immigrazione ha un impatto reale sulla decisione di vivere o lasciare quel territorio da parte di cittadini stranieri.

Questo, tuttavia, avviene solo negli anni più recenti, dal 2014 al 2018, ossia a partire dalla cosiddetta “crisi europea dei migranti”. Il periodo in cui è esplosa la propaganda anti-immigrazione e il tema è diventato uno dei più discussi e divisivi nelle agende politiche e nel dibattito pubblico.

Tuttavia, la “freddezza” di alcuni territori nei confronti della popolazione straniera non sarebbe dovuta ad atti amministrativi o politiche locali discriminatorie, quanto alla percezione degli stranieri di un ambiente reso meno ospitale dalla propaganda anti-immigrazione.

Questo risultato non sembra essere dovuto all’attuazione di politiche locali che favoriscono direttamente la popolazione autoctona, quanto piuttosto alla percezione da parte degli stranieri di un ambiente meno ospitale, generata da una più marcata strumentalizzazione politica della questione, che porta allo sviluppo di un clima generalmente inospitale nei comuni guidati da una coalizione anti-immigrati.

D’altro canto abbiamo già raccontato di quanto gli italiani sovrastimino la presenza di stranieri nel nostro paese.

31% la quota di stranieri sulla popolazione totale nella percezione degli italiani, secondo uno studio di Ipsos del 2019. In realtà gli stranieri rappresentano meno del 9% della popolazione.

La propaganda anti-immigrazione, insomma, contribuisce a costruire una percezione distorta della realtà. Negli ultimi anni questo è accaduto anche nei singoli territori del paese, come si afferma anche nello studio su citato.

La diffusione dei centri di accoglienza

La costruzione di questo clima d’odio si riscontra anche quando parliamo di richiedenti asilo e rifugiati, che rappresentano una parte ultra-minoritaria degli stranieri in Italia. 

Infatti, nonostante media e cittadini tendano spesso a confondere il cittadino straniero con il richiedente asilo, nel 2021 le richieste di asilo erano poco più di 56mila, a fronte di 5,2 milioni di stranieri residenti nel paese.

56.388 domande di asilo inoltrate nel 2021 in Italia.

Da anni monitoriamo il sistema dell’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati in Italia, anche attraverso la piattaforma interattiva Centri d’Italia, lanciata con ActionAid Italia lo scorso febbraio.

Attraverso questo monitoraggio possiamo analizzare i territori comunali all’interno dei quali sorgono centri di accoglienza, rilevando che se nel 2018 in Italia i comuni interessati da centri erano il 38,5% del totale, questa percentuale è scesa al 25% a fine 2020.

Il calo di comuni coinvolti nell’accoglienza è certamente dovuto a una riduzione generale delle presenze di richiedenti asilo e rifugiati, ma anche probabilmente al clima di ostilità che talvolta si genera nelle comunità quando istituzioni sovracomunali (come la prefettura, nei casi di centri di accoglienza straordinaria) propongono l’apertura di un nuovo centro.

Le strutture per richiedenti asilo e rifugiati.

Esplora il sistema di accoglienza. Scarica i dati.

 
Le strutture per richiedenti asilo e rifugiati.

Esplora il sistema di accoglienza. Scarica i dati.

 

In questo senso, le notizie di proteste da parte di abitanti e partiti anti-immigrazione sono state numerose negli ultimi anni.

Eppure i comuni, attraverso il sistema di accoglienza e integrazione (Sai), potrebbero ospitare centri di accoglienza orientati all’inclusione sociale e all’orientamento lavorativo, con evidenti vantaggi sia sulle migliori condizioni di vita dei migranti presenti sul territorio che sulla percezione del fenomeno migratorio da parte delle comunità ospitanti.

Al contrario, come è stato evidenziato anche dalla ricerca di Cerqua e Zampollo, spesso si preferisce la propaganda alle politiche pubbliche, con l’effetto di generare una percezione distorta della realtà e quindi un contesto generalizzato di inospitalità.

Foto: Kilarov Zaneit – licenza

 

FAQ – Bando Diritto allo Studio 2022/2023

Al via una nuova edizione del premio “Donatella Colasanti e Rosaria Lopez”

Al via una nuova edizione del premio “Donatella Colasanti e Rosaria Lopez”

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Premio Colasanti-Lopez-conferenza-stampa

Il premio “Donatella Colasanti e Rosaria Lopez”, istituito nel 2019 dalla Regione Lazio giunto alla sua nuova edizione: la presentazione all’interno della Festa del Cinema di Roma

18/10/2022

Videoclip, spot, cortometraggi. Disegni, dipinti, fotografie, fumetti. Prodotti musicali di qualsiasi genere musicale. Questo il ventaglio delle forme di espressività che farà da filo conduttore al premio “Donatella Colasanti e Rosaria Lopez”, istituito nel 2019 dalla Regione Lazio giunto alla sua nuova edizione in memoria delle due ragazze vittime di un brutale episodio di violenza avvenuto a San Felice Circeo il 29 settembre 1975.

Una iniziativa nata per stimolare nelle scuole un dibattito sul tema della violenza di genere e del consenso, sollecitando una riflessione tra i giovani utile a diffondere una rivoluzione culturale basata sulla convivenza fra uomini e donne, sulla parità e il reciproco riconoscimento. Perché è la migliore prevenzione possibile contro la violenza.

Il premio si rivolge alle scuole statali e paritarie di secondo grado e agli Istituti di formazione professionale con sede legale o operativa nel Lazio.

I destinatari dell’avviso sono gli studenti e le studentesse che frequentano le istituzioni scolastiche e formative del Lazio.

Gli studenti potranno lavorare a quattro categorie di progetti:

1.  Elaborati scritti (racconti, poesie, saggi) 

2.  Materiale audiovisivo (videoclip, spot, cortometraggi)

3.  Creazioni artistiche (disegni, dipinti, fotografie, fumetti)

4.  Prodotti musicali di qualsiasi genere musicale (ad esempio, rap, rock, pop, classica)

La scuola o l’istituto che avrà ricevuto il maggior punteggio per la categoria di riferimento riceverà un riconoscimento finale, consistente in un voucher di 5 mila euro per l’acquisto di materiale a supporto della didattica.

Alla conferenza di presentazione, che si è svolta durante la Festa del Cinema di Roma, moderata dalla giornalista Roberta Serdoz, hanno partecipato: Eleonora Mattia (Presidente IX Commissione Lavoro, formazione, politiche giovanili, pari opportunità, istruzione, diritto allo studio Regione Lazio); Giovanna Pugliese (Delegata Cinema del Presidente della Regione Lazio); Michela Cicculli (Presidente della Commissione Pari Opportunità di Roma Capitale); l’attrice Lidia Vitale, madrina della manifestazione, il fratello di Donatella, Roberto Colasanti, Gaia Bitocchi del Liceo Democrito di Roma, vincitrice categoria canzone nella scorsa edizione del Premio e alcuni rappresentanti delle scuole vincitrici e partecipanti della scorsa edizione.

“Un orgoglio la presentazione della nuova edizione del premio dedicato a Donatella Colasanti e Rosaria Lopez. Da cinque anni, grazie ad un emendamento alla legge di bilancio, che mi vede prima firmataria, la Regione Lazio ha deciso di investire su questo tema e di farlo con i ragazzi e le ragazze. Ha deciso di portare questa terribile storia in tutte le scuole del Lazio perché vogliamo tenere viva la memoria, il ricordo di Donatella e Rosaria e del loro grande sacrificio. Solo, infatti, grazie alla battaglia processuale di Donatella che la violenza sessuale non è più un reato contro la morale ma contro la persona. Donatella, che si finse morta, è l’icona della sopravvissuta. Loro sono la storia. Una storia che purtroppo si ripete ogni qualvolta siamo obbligate a sentire frasi del tipo “Se l’è cercata”, “Come era vestita?” Una storia che non ci stancheremo mai di cancellare e riscrivere nel modo giusto, ripetendo fino allo sfinimento che lo stupro ha un solo colpevole e una sola causa: lo stupratore. Con questo premio la Regione Lazio riafferma il ruolo della scuola nella sfida, che è prima di tutto culturale, contro quei pregiudizi e quel modello di pensiero che colpevolizza la donna e permette, nel silenzio generale, che la violenza si diffonda ed entri nelle nostre vite, fino agli esiti più tragici”, così dichiara Eleonora Mattia, Presidente della IX Commissione Pari opportunità del Consiglio regionale del Lazio.

“Dallo scorso anno abbiamo istituito come Regione Lazio insieme alla consigliera Eleonora Mattia, il premio in memoria di Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, rivolto alle scuole superiori per sostenere progetti di sensibilizzazione contro la violenza di genere. Quanto accaduto quasi 50 anni fa al Circeo ha segnato un momento cruciale nella storia della cronaca nera del nostro Paese per la brutalità dei carnefici e per la casualità delle vittime, e allo stesso tempo rappresenta un episodio che deve essere ricordato perché la violenza contro le donne ancora oggi è un fenomeno troppo sottovalutato. Noi invece vogliamo non solo ricordare le vittime, ma lavorare, soprattutto con le giovani generazioni, per diffondere concetti come l’importanza della parità fra generi e anche fra ceti sociali diversi, diventando protagonisti di un cambiamento culturale e sociale che non giustifichi mai la violenza di genere e la combatta con ogni mezzo possibile”, così Giovanna Pugliese delegata della Regione Lazio al Cinema.

Per presentare i progetti c’è tempo fino alle ore 12:00 del 28 febbraio 2023

Maggiori informazioni qui e su LazioInnova

 

PNRR: Lombardi, 2 mln per rafforzare cyber security Regione Lazio

PNRR: Lombardi, 2 mln per rafforzare cyber security Regione Lazio

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cyber-security

Risorse fondamentali per potenziare l’aggiornamento delle competenze del nostro personale e delle nostre strutture. La Regione Lazio partecipa all’ Avviso Pubblico dell’ Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale

20/10/2022

La Regione Lazio partecipa all’Avviso Pubblico dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale con tre progetti dal valore complessivo di circa due milioni di euro per il rafforzamento della sicurezza informatica dei propri sistemi a valere sui fondi PNRR, Missione 1 – Componente 1 – Investimento 1.5 “Cybersecurity” .

“Si tratta di risorse fondamentali per potenziare l’aggiornamento delle competenze del nostro personale e delle nostre strutture affinché possano affrontare le sfide sempre maggiori della cyber security, settore che non a caso abbiamo individuato come uno degli ambiti strategici d’intervento della nuova Agenda Digitale regionale 2022-2026”, dichiara Roberta Lombardi, Assessora alla Transizione Ecologica e Trasformazione Digitale.

Tra le azioni previste dai tre progetti proposti dalla Regione Lazio, figurano: la realizzazione di un piano di miglioramento della consapevolezza dei rischi per la sicurezza (security awareness), personalizzato in funzione delle differenze e peculiarità dei ruoli, dell’organizzazione e delle funzioni specifiche rivolto a tutti i dipendenti dell’Amministrazione Regionale; l’evoluzione delle soluzioni di monitoraggio e difesa contro le minacce cyber attualmente impiegate in Regione Lazio con l’incremento di soluzioni di intelligenza artificiale; un progetto per l’evoluzione della postura di sicurezza dell’infrastruttura ICT e del Sistema Informativo di Regione Lazio basato sul Framework Nazionale per la Cybersecurity e la Data Protection.

 

Comunità Energetiche Rinnovabili

Meno inquini, più risparmi

Le fonti energetiche rinnovabili sono prodotte da elementi naturali e non sono soggette a esaurimento.
Le energie rinnovabili offrono vantaggi per la salute dell’ambiente e dell’uomo.

Al contrario di quelle fossili, che rilasciano emissioni di CO2 nell’atmosfera e altri gas climalteranti, contribuendo ad accelerare il processo di riscaldamento globale, le fonti rinnovabili sono sostenibili e permettono di produrre elettricità in maniera pulita.

La normativa italiana definisce energie rinnovabili:

Cos’è una CER?

La transizione verso modi di produzione e consumo di energia più sostenibili è diventata una delle grandi sfide di oggi.
Cogliendo le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, molte persone in tutto il mondo si stanno già unendo, partecipando ad azioni dirette che mirano alla costruzione di una società più sostenibile ed equa.

Attraverso la Comunità Energetica Rinnovabile, infatti, ogni cittadino, unendosi con altre persone o altri soggetti giuridici (aziende, Enti locali, scuole, parrocchie ecc.), può rendersi attivo protagonista nella gestione dei flussi energetici e può beneficiare non solo di una relativa autonomia, ma anche di vantaggi economici.
Tutte diverse e uniche, adattate su misura al territorio e ai bisogni dei suoi membri, le CER hanno un obiettivo comune: fornire energia rinnovabile a prezzi accessibili ai propri membri, combattendo così la povertà energetica, invece di dare la priorità al profitto economico come una società energetica tradizionale.

Chi può far parte di una CER?

Tutti. Famiglie, esercizi commerciali, imprese, comuni, ecc.
Chiunque può prendere parte a questa associazione.
Chi possiede già un impianto, chi è intenzionato a costruirlo e chi, invece, non ne ha la possibilità per mancanza di spazi adatti. L’unico requisito richiesto è la volontà di prendere parte attivamente alla transizione energetica del nostro Paese, riducendo allo stesso tempi i propri costi in bolletta.

Come si realizza una CER?

 

AIUTIAMO IL PIANETA RISPARMIANDO

DIVENTA AMBASCIATORE DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA

Tutti possono partecipare.
Se sei

UN ENTE

UNA SCUOLA

UN’IMPRESA

UN CITTADINO

puoi diventare protagonista anche tu:

  • Fai conoscere le CER nel tuo condominio o nel tuo quartiere (coinvolgi vicini, parrocchie, scuole, palestre, comuni, Municipi, ecc.)>> scarica l’opuscolo e il flyer informativi
  • Partecipa a uno dei nostri incontri di formazione per diventare Ambasciatore ufficiale della Transizione Ecologica e ricevere il kit completo su come far nascere una CER>>lascia i tuoi recapiti per essere aggiornato sulle date
  • Lascia i tuoi recapiti per essere sempre aggiornato sulle CER>>compila il form
  • Se sei riuscito a trovare un gruppo di almeno 10 persone interessate a diventare Ambasciatori della Transizione Ecologica, candidati a ospitare un incontro di formazione>>compila il form
Le parole chiave della Comunità Energetica Rinnovabile
 
I Vantaggi della Comunità Energetica
 
Perché far parte di una CER?
 

Ancora troppo cibo viene sprecato Ambiente

Ancora troppo cibo viene sprecato Ambiente

Lo spreco di cibo è un fenomeno di rilevanza globale, con forti conseguenze ambientali. In Italia si producono molti rifiuti di origine alimentare soprattutto a livello domestico, con un aumento significativo nell’ultimo decennio.

 

Lo spreco alimentare è un fenomeno di ampia portata a livello globale, che comporta significative conseguenze economiche, sociali e ambientali. In particolare, si tratta di una delle fonti principali di inquinamento – secondo l’Unep (United nations evironmental programme), tra l’8% e il 10% di tutte le emissioni di gas serra deriverebbero dal cibo scartato.

Sempre secondo le stime Onu, nel 2019 il 17% del cibo è andato sprecato (l’11% a livello domestico, ovvero dopo la distribuzione e la vendita). Quasi un miliardo di tonnellate di cibo in totale, a fronte di circa 690 milioni di persone che soffrono la fame e di circa 3 miliardi che non possono permettersi una dieta sana. Per questo uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite consiste proprio nel dimezzamento dello spreco alimentare.

By 2030, halve per capita global food waste at the retail and consumer levels and reduce food losses along production and supply chains, including post-harvest losses.

Purtroppo la disponibilità di dati su questo aspetto è limitata e quindi è difficile analizzare il fenomeno da un punto di vista globale. Possiamo però restringere lo sguardo ai paesi dell’Unione europea e all’Italia. Nonostante il più elevato livello di benessere e la maggiore disponibilità di tecnologie per la gestione dei rifiuti, anche in Europa ad oggi lo spreco di cibo è un problema.

I rifiuti alimentari in Europa

La commissione europea si è impegnata per promuovere la riduzione dello spreco di cibo, come parte della generale transizione verso modalità di produzione e consumo maggiormente sostenibili. Si tratta di uno degli obiettivi della strategia Farm to fork.

Per quanto lo spreco di alimenti sia un fenomeno che accomuna tutti i paesi membri, non dappertutto manifesta la stessa entità. La situazione appare anzi fortemente diversificata da paese a paese, anche rispetto al contributo delle attività commerciali e delle singole famiglie.

 

In Belgio nel 2020 sono stati prodotti quasi 9 milioni di tonnellate di rifiuti di origine animale, vegetale e mista, ovvero 769 chili pro capite. Si tratta del primato europeo. Seguono a breve distanza i Paesi Bassi, con 692 kg pro capite, e vari altri paesi dell’Europa settentrionale, come la Danimarca (259) e l’Austria (245).

Mentre a registrare le cifre più basse è il Portogallo, con appena 31 kg pro capite. Seguono alcuni paesi della parte centrale, orientale e meridionale del continente. Il nostro paese si attesta al di sotto della media Ue (177 kg), con 142. Insieme a Finlandia, Cipro e Lettonia, è l’unico stato membro in cui si producono più rifiuti di origine animale e mista rispetto a quelli di origine vegetale.

È però importante sottolineare che i dati riportati sono riferiti a tutte le attività produttive e commerciali e non soltanto all’ambito domestico. Se guardiamo a quest’ultimo, la situazione cambia.

120 kg di rifiuti di origine vegetale, animale e mista pro capite prodotti a livello domestico in Italia (2020).

GRAFICO
DA SAPERE

I dati sono riferiti al quantitativo di rifiuti facenti parte delle categorie “rifiuti vegetali” e “rifiuti animali e misti”, in chilogrammi pro capite e sono riferiti esclusivamente ai consumi domestici. Si tratta di un’approssimazione in quanto non tutti i rifiuti contenuti in questa categoria sono edibili e viceversa non tutti i rifiuti edibili sono racchiusi in questa categoria. Non sono disponibili i dati irlandesi per il 2020.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 5 Ottobre 2022)

 

L’Italia è il sesto paese in Ue, dopo Danimarca, Austria, Germania, Paesi Bassi e Francia, per produzione di rifiuti alimentari a livello domestico (120). Ben al di sopra della media Ue di 83 kg pro capite.

In particolare, è seconda soltanto ai Paesi Bassi per produzione domestica di rifiuti alimentari di origine animale e mista (87 kg pro capite).

La produzione di rifiuti alimentari in Italia, un problema che fatica a migliorare

Rispetto al 2010, la data in cui Eurostat ha avviato questa rilevazione, in quasi tutti gli stati Ue la produzione di rifiuti di origine alimentare si è incrementata. La variazione più importante si è registrata in Danimarca e a Malta per quanto riguarda i rifiuti di origine animale e mista (rispettivamente + 414% e +392%) e in Grecia e Lettonia per quanto riguarda invece quelli di origine vegetale (+567% e +355%).

In Italia nel complesso si è registrato un lieve calo, dovuto soprattutto alla riduzione degli scarti di origine vegetale (-38,5%). Questo però solo se analizziamo i dati dal 2010, perché a partire dal 2012, l’anno in cui si è registrato il quantitativo di scarti alimentari più basso del decennio, il paese ha riportato un graduale aumento, soprattutto della componente animale e mista.

GRAFICO
DA SAPERE

I dati sono riferiti alla produzione, a livello nazionale, di rifiuti di origine vegetale, animale e mista, in tutte le attività produttive (Nace), più i consumi domestici. Si tratta di un’approssimazione in quanto non tutti i rifiuti contenuti in questa categoria sono edibili e viceversa non tutti i rifiuti edibili sono racchiusi in questa categoria

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 5 Ottobre 2022)

 

Dal 2012 il quantitativo di rifiuti di origine alimentare è andando gradualmente aumentando fino al 2020, fino a raggiungere 8,4 milioni di tonnellate. Un calo del 7% quindi se confrontiamo i dati del 2020 con quelli del 2010, ma un aumento del 48% se li confrontiamo con quelli del 2012.

Una cifra che cresce ulteriormente se restringiamo il campo ai rifiuti alimentari prodotti in ambito domestico, passati da circa 4 a oltre 7 milioni di tonnellate nel corso del decennio.

+71,9% i rifiuti di origine alimentare prodotti a livello domestico in Italia, tra il 2010 e il 2020.

L’aumento ha riguardato, in maniera particolare, gli scarti animali e misti, incrementati in questo lasso di tempo del 109%, passando da circa 2,5 a 5,2 milioni di tonnellate. Mentre per quanto concerne i rifiuti vegetali, è stato più contenuto, attestandosi al 16,5%.

 

Foto: Jasmin Sessler – licenza

 

Cosa sono le terre rare e perché sono controverse

Cosa sono le terre rare e perché sono controverse

Sono imprescindibili per la transizione ecologica e digitale, ma a oggi la loro estrazione ha un impatto ambientale molto pesante.

Definizione

Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi della tavola periodica (tra cui il lantanio, il cerio e lo scandio) che trovano un’ampia applicazione nei settori della tecnologia avanzata e delle energie rinnovabili.

Sono fondamentali ad esempio per creare magneti permanenti, fibre ottiche e batterie ricaricabili, cruciali nell’industria delle auto elettriche e ibride, ma anche per costruire le turbine eoliche e i pannelli solari. Costituiscono inoltre un elemento imprescindibile negli schermi di desktop e smartphone e sono insostituibili nella realizzazione di apparecchiature di medicina avanzata (tra gli altri, per le macchine chirurgiche e la risonanza magnetica). Addizionalmente, sono largamente utilizzate anche nell’industria della difesa, ad esempio per la realizzazione di radar.

Per queste ragioni le terre rare sono considerate essenziali per le transizioni ecologica, energetica e digitale. Per i prossimi decenni la banca mondiale prevede infatti un aumento esponenziale nella domanda di tali minerali.

L’utilizzo crescente di terre rare comporta tuttavia dei problemi. In primo luogo le terre rare, pur essendo presenti in moltissimi siti diffusi globalmente, si presentano in natura in quantità estremamente ridotte e poco concentrate, legate con altri minerali all’interno di composti. Estrarle è un processo lungo e difficoltoso, variabile anche a seconda del materiale e dello specifico sito. Ma soprattutto è un processo altamente inquinante, come evidenzia la conferenza delle nazioni unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad).

L’estrazione è un processo lungo, complesso e inquinante.

Per prima cosa, riporta Unctad, il minerale deve essere separato dalla ganga (il materiale inerte a cui si trova associato), tramite una serie di tecniche a seconda del materiale stesso. Questa fase genera molti rifiuti e va effettuata in prossimità della miniera, per evitare la contaminazione dei territori e per ridurre i costi di trasporto. Successivamente, il materiale ricavato, che ancora non è una terra rara in purezza ma un ossido, va estratto dal concentrato – è questa la fase di estrazione vera e propria. Infine, ha luogo un’ulteriore raffinazione per ottenere i metalli puri dagli ossidi.

Dati

A oggi il principale produttore di terre rare a livello globale è la Cina. Secondo i dati forniti dall’agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena), nel 2020 il paese asiatico da solo produceva 140mila tonnellate metriche di terre rare, il 33% in più rispetto al 2016, quando ne produceva 105mila. Al secondo posto si trovano gli Stati Uniti, la cui produzione, decisamente inferiore rispetto a quella cinese, è però aumentata del 171% tra il 2018 (quando ne produceva 14mila) e il 2020 (38mila).

Altri importanti produttori sono il Myanmar, con 30mila tonnellate metriche nel 2020, e l’Australia (17.000). Seguono Madagascar (8.000), India (3mila), Russia (2.700), Thailandia (2.000), Vietnam e Brasile (entrambi con 1.000) e Burundi (500). Tutti gli altri stati insieme arrivano ad appena 100 tonnellate.

243.300 t la produzione globale di terre rare nel 2020, secondo Irena.
 

Oltre alla produzione, la Cina si profila come l’attore globale più importante anche in quanto a disponibilità di riserve. Parliamo di un quantitativo pari a 44 milioni di tonnellate, cioè il 38% delle riserve globali (che in totale, secondo Irena, ammontano a circa 115,8 miliardi di tonnellate).

Seguono il Vietnam con 22 milioni di tonnellate (19% del totale globale), il Brasile (21 milioni, 18,1%), la Russia (12 milioni, 10,4%), l’India (6,9 milioni, 6%) e l’Australia (4,1 milioni, 6%). Mentre gli Stati Uniti, secondi a livello globale per la produzione, detengono appena l’1,3% delle riserve, al pari della Groenlandia.

Analisi

Le terre rare sono imprescindibili, nel medio termine, per raggiungere gli obiettivi della transizione ecologica. Ciononostante, presentano numerose problematiche. La loro estrazione è onerosa e inquinante. Risulta particolarmente dannosa anche per la qualità della vita e la salute delle persone che vivono in prossimità delle miniere e costituisce quindi un rischio anche a livello sociale. Ragioni queste che hanno generato una campagna di sensibilizzazione nel comune spagnolo di Campo de Montiel sui pericoli per le persone e per l’ambiente. Un progetto che ha prevenuto con successo l’apertura di una miniera di terre rare nella zona.

A questo si aggiunge il fatto che il processo produce molti rifiuti, che necessitano di un trattamento specifico. Oltre agli effetti nocivi sull’ambiente circostante, con un impatto particolarmente forte sulla biodiversità. Il che comporta che l’utilizzo delle terre rare dovrà essere accompagnato dal riciclo e dal riuso – come riporta uno studio del 2018, appena l’1% di tali materiali viene riciclato – e da una particolare attenzione al benessere ambientale, animale e umano.

 

Beato Giuseppe Puglisi

 

Beato Giuseppe Puglisi


Nome: Beato Giuseppe Puglisi
Titolo: Presbitero
Nome di battesimo: Giuseppe Puglisi
Nascita: 15 settembre 1937, Palermo
Morte: 15 settembre 1993, Palermo
Ricorrenza: 21 ottobre
Tipologia: Commemorazione
Don Giuseppe Puglisi nacque a Brancaccio un quartiere di Palermo il 15 settembre 1937 da Carmelo, calzolaio, e Giuseppa Fana, sarta.

Entrò nel seminario diocesano di Palermo nel 1953 e venne ordinato sacerdote dal cardinale Ernesto Ruffini nel 1960. Nel 1961 venne nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del SS.mo Salvatore nella borgata di Settecannoli sempre a Palermo, e dal 27 novembre 1964 operò anche nella vicina chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi a Romagnolo.

Dopo essere divenuto confessore delle suore basiliane Figlie di Santa Macrina nell’omonimo istituto iniziò anche la carriera di insegnante. Nel 1967 fu nominato cappellano presso l’istituto per orfani “Roosevelt” all’Addaura e vicario presso la parrocchia Maria Santissima Assunta a Valdesi. Nel 1969 fu nominato vicerettore del seminario arcivescovile minore. Nel settembre di quell’anno partecipò ad una missione nel paese di Montevago, colpito dal terremoto.

Seguì in particolare modo i giovani e si interessò delle problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città. Seguì con attenzione i lavori del Concilio Vaticano II e ne diffuse subito i documenti tra i fedeli, con speciale riguardo al rinnovamento della liturgia, al ruolo dei laici, ai valori dell’ecumenismo e delle chiese locali. Il suo desiderio fu sempre quello di incarnare l’annunzio di Gesu’ Cristo nel territorio.

Il primo ottobre 1970 venne nominato parroco di Godrano paese in provincia di Palermo a quei tempi segnato da una sanguinosa faida riuscendo a riconciliare le famiglie dilaniate dalla violenza con la forza del perdono.

Il 9 agosto 1978 fu nominato pro-rettore del seminario minore di Palermo e il 24 novembre dell’anno seguente fu scelto dall’arcivescovo Salvatore Pappalardo come direttore del Centro diocesano vocazioni. Il 24 ottobre 1980 fu nominato vice delegato regionale del Centro vocazioni e dal 5 febbraio 1986 divenne direttore del Centro regionale vocazioni e membro del Consiglio nazionale. Agli studenti e ai giovani del Centro diocesano vocazioni dedicò con passione lunghi anni realizzando, attraverso una serie di “campi scuola”, un percorso formativo esemplare dal punto di vista pedagogico e cristiano.

Promotore di numerosi movimenti tra cui: Presenza del Vangelo, Azione cattolica, Fuci, Equipes Notre Dame, Camminare insieme. Dal maggio del 1990 svolse il suo ministero sacerdotale anche presso la “Casa Madonna dell’Accoglienza” a Boccadifalco, dell’Opera pia Cardinale Ruffini, in favore di giovani donne e ragazze-madri in difficoltà.

Il 29 settembre 1990 venne nominato parroco a San Gaetano, a Brancaccio, e dall’ottobre del 1992 assunse anche l’incarico di direttore spirituale del corso propedeutico presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugurò a Brancaccio il centro “Padre Nostro”, che divenne il punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere.

Giuseppe fu sempre attivo nel suo quartiere per rivendicare i diritti civili della borgata, denunciando collusioni e malaffari e subendo minacce e intimidazioni. Venne ucciso dalla mafia in piazzale Anita Garibaldi 5, il giorno del compleanno, 15 settembre 1993. La salma fu tumulata presso il cimitero di Sant’Orsola, nella cappella di Sant’Euno e ad aprile 2013 la salma fu poi traslata nella cattedrale di Palermo.

La sua attività pastorale costituì il movente dell’omicidio, i cui esecutori e mandanti mafiosi furono arrestati e condannati con sentenze definitive fatto che spinse subito i fedeli al riconoscimento del martirio che avvenne nel dicembre del 98 ad opera del Cardinale Salvatore De Giorgi. Fu beatificato il 25 maggio 2013 al “Foro Italico Umberto I” di Palermo.