Archivi giornalieri: 12 ottobre 2022

La sclerosi laterale amiotrofica – i diritti, la comunicazione non verbale e le procedure negoziali.

La sclerosi laterale amiotrofica – i diritti, la comunicazione non verbale e le procedure negoziali.

Alla luce anche delle recenti vicende che hanno visto una signora malata di SLA impossibilitata ad autenticare all’anagrafe la firma del proprio figlio minorenne per il rinnovo del documento d’identità, analizziamo quali sono gli interventi possibili in tema di procedure negoziali ed atti notarili per le persone con Sclerosi Laterale Amiotrofica.

GLI ATTI NOTARILI E L’ESPRESSIONE DELLA VOLONTA’.

Partiamo da un caposaldo fondamentale: la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, del 13 dicembre 2006 e ratificata dall’Italia con la  Legge 3 marzo 2009 n. 18, riconosce espressamente “l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte”.

La Convenzione, all’art. 4 impone agli Stati Membri l’adozione di quelle misure che garantiscano “l’accessibilità alla comunicazione”, così riconoscendo che “comunicare è un diritto” della persona malata con disabilità e non una eventualità al diritto alla salute ed alla cura senza dimenticare che l’art. 21 prevede che gli Stati che l’hanno ratificata provvedono  “accettare e facilitare nelle attività ufficiali il ricorso da parte delle persone con disabilità (omissis) alle comunicazioni aumentative ed alternative e ad ogni altro mezzo, modalità e sistema accessibile di comunicazione di loro scelta”.

Orbene la problematica in tema di atti notarili e testamenti pubblici era già stata sollevata nel 2015 da parte del Consiglio Nazionale del Notariato il quale, in collaborazione con l’Associazione Italiana Sclerosi Amiotrofica, aveva proposto di rendere più semplice la partecipazione dei soggetti affetti da SLA alla contrattazione giuridica, attraverso una interpretazione evolutiva della legge notarile che riconoscesse  la “comunicazione non verbale” e rendesse possibile l’espressione da parte del malato delle proprie volontà negoziali, senza intermediari.

Ciò si rendeva possibile attraverso una interpretazione estensiva della Legge Notarile la quale già prevedeva, per i soggetti non in grado di comunicare autonomamente, diversi rimedi tra cui l’intervento di un interprete in grado di rendere comprensibile il linguaggio a segni e gesti della parte.

Da tutto ciò, è nata l’interpretazione che ha condotto a ritenere superata la presenza di un interprete per questi malati, proprio perché era superata la difficoltà di comunicare direttamente con il notaio, grazie all’aiuto di un’apparecchiatura.

Tutto nasce da una serie di interpretazioni giuridiche emesse nel corso del tempo partendo ovviamente da quanto prevede la legge in tema di testamento che può essere, nelle forme ordinarie olografo ( art. 602 c.c.) oppure per atti di notaio; in questo ultimo caso esso può essere pubblico (art. 603 c.c. ) o segreto ( art. 604 e 605 c.c.)

La prima pronuncia, che ha aperto la strada ad una valutazione piena e sistematica, è stata quella del Tribunale di Varese che in tema di espressione dei propri desideri e delle proprie volontà ha ammesso la possibilità di dettare il testamento all’amministratore di sostegno avvalendosi del comunicatore oculare, non potendosi ammettere che un individuo perdesse la facoltà di testare a causa della propria malattia, trattandosi di una discriminazione fondata sulla disabilità, chiosando infine che “per i pazienti affetti da SLA, peraltro, deve ritenersi sussistente un vero e proprio diritto alla comunicazione non verbale, mediante l’utilizzo di un comunicatore a puntamento oculare”.Trib. Varese, Ufficio Vol. Giur., decreto 12 marzo 2012 Giudice tutelare, G. Buffone)

Da questa prima pronuncia, innovativa e responsabile, ne sono discese altre ( Tribunale di Milano sez. Ix Civile Ufficio del Giudice Tutelare decreto del 24 febbraio 2015) per finire a quella più innovativa, interpretando esattamente quanto già espresso in seno al Consiglio Nazionale del Notariato, disapplicando paradossalmente quanto previsto dalla legge notarile.

Il Tribunale di Venezia (Sezione Seconda, n. 967/2017 dell’11/04/2017) in sintesi ha ritenuto non  necessaria la nomina giudiziale di un interprete per consentire a coloro che si esprimono tramite puntatore oculare e sintetizzatore vocale di partecipare ad atti pubblici notarili.

Si legge nel provvedimento che la legge notarile all’interno del art. 56 e 57, prevede l’intervento di un interprete per decodificare il linguaggio a segni e gesti necessario per comunicare per chi non può parlare.

La ratio, continua il Giudice veneziano, è di consentire loro di manifestare il proprio consenso tramite un soggetto che ha studiato ed appreso il linguaggio dei segni e dei gesti.

Per coloro invece che hanno patologie che impediscono sia la parola che l’espressione a segni e gesti, ma che comunicano con un puntatore oculare che traduce gli impulsi in parole scritte a video, l’interprete non è necessario; occorrerà invece verificare l’attendibilità dello strumento e l’accuratezza del sensore ma da un punto di vista tecnico e non giuridico.

Con questa pronuncia pertanto si è aperta la strada alla non necessaria presenza dell’interprete negli atti pubblici tradizionali ma ovviamente permane la necessaria presenza di due testimoni che, in qualche modo, suppliscono alla mancanza di sottoscrizione come prevede l’art. 603 c.c.

Ma si è aperta la strada anche alla possibilità della formazione dell’atto pubblico informatico.

In questo caso la sottoscrizione viene apposta tramite un dispositivo di firma digitale e l’apposizione di un PIN che può essere composto sia con una tastiera tradizionale che con un puntatore oculare.

L’atto informatico si perfeziona in modo assolutamente identico rendendo superflua la presenza dei testimoni.

Su questo ultimo tema ed ovviamente prendendo spunto da quanto puntualizzato dal Tribunale di Venezia il Consiglio Notarile di Milano, ha commentato che ciò spiana ulteriormente la strada per l’abbattimento delle barriere burocratiche affinché le persone affette da SLA, o con patologie simili, possano esercitare il loro diritto di comunicare grazie all’uso della tecnologia dell’eye-tracking per la firma digitale.

Evidenzia inoltre il Consiglio Notarile di Milano, che non è pensabile che si debba passare sempre dal notaio per esercitare un proprio diritto. Se le persone disabili hanno diritto alla stessa deburocratizzazione di ogni cittadino, il diritto alla firma, per chi non riesce ad apporre una sottoscrizione autografa, deve essere garantito per ogni tipo di documento attraverso la firma digitale che oggi ha (o dovrebbe avere, se non si trovassero ostacoli nella pubblica amministrazione) lo stesso valore della firma autografa.

Quanto puntualizzato dal Consiglio notarile di Milano introduce quanto successo ad una Sig.ra malata di SLA e pone ancora una volta l’accento sulla possibilità di utilizzo della firma digitale nelle pubbliche amministrazioni per determinate vicende burocratiche.

IL CASO: L’AUTENTICA DELLA FIRMA.

E qui entriamo nel caso specifico di cui accennavamo in premessa, per cui, si, sono possibili soluzioni ma utilizzando gli strumenti tecnologici a disposizione, queste potrebbero essere senza dubbio essere più semplici e soprattutto, meno dispendiose.

Il figlio minore di una signora malata di SLA doveva rinnovare un documento che necessitava la firma di entrambi i genitori.

La signora malata dal 2019, ha visto in soli tre anni un aggravamento della malattia molto celere; ella non è più in grado di muoversi, è bloccata in un letto e si esprime grazie al puntatore oculare.

Questo ovviamente non le impedisce di continuare ad occuparsi dei suoi figli, sia pure con tutte le limitazioni della malattia.

Ad aprile però, il figlio minore ha dovuto rinnovare la carta d’identità e nel Comune dove vive la famiglia, vicino Torino, all’ufficio dell’Anagrafe si sono rifiutati di rinnovargliela, perché – per legge – i genitori devono essere presenti e firmare entrambi per poter rinnovare il documento.

Il marito della donna pertanto si è rivolto ad alcuni notai per ottenere una procura notarile che lo autorizzasse ad ottenere il documento facendo le veci della moglie ma i professionisti interpellati hanno risposto che non era una strada percorribile in quanto l’autentica di firma può avere o meno una natura negoziale ma al di là della sua tipologia, un requisito indispensabile è che questa sia ricevuta alla presenza di un Notaio.

Il notaio deve verificare l’identità personale dei comparenti e il documento deve indicare espressamente che la firma è stata apposta alla presenza del notaio.

Si tratta di un aspetto estremamente rilevante ed importante in quanto potrebbe accadere che il notaio già conosca i soggetti di cui autentica la firma.

La conoscenza pregressa non rileva, il notaio non può ricevere un’autentica di firma in assenza delle persone la cui firma va ad autenticare.

Il tema in questo particolare caso è complesso poiché con il puntatore oculare, come abbiamo visto, si esprime la volontà negoziale tramite la “comunicazione non verbale”; la firma invece è un caso diverso.

A quel punto l’uomo si è rivolto a dei legali i quali hanno provato a contattare altri notai per cercare di trovare una soluzione giuridica alla problematica ma constatata l’impossibilità a trovare soluzioni alternative, hanno deciso di adire il Tribunale di Torino affinché i giudici nominassero il marito della donna suo amministratore di sostegno.

La risposta del Tribunale, ad ogni modo, è stata molto celere in quanto, in quarantotto ore è stato pronunciato il provvedimento con cui veniva nominato il marito amministratore di sostegno della donna.

Il Tribunale ha anche stabilito che nel caso in cui la donna in futuro non fosse in grado di esprimere il proprio volere a causa delle cure, potrà intervenire il marito e prendere decisioni al suo posto, previo il consenso dei medici.

Il tema della possibilità di utilizzare la firma digitale tramite un proprio “pin” utilizzando il dispositivo oculare non solo per la stipula di atti pubblici ma anche per richiedere o autenticare firme necessarie alla pubblica amministrazione, è molto attuale e soprattutto è una strada assolutamente percorribile.

Le barriere burocratiche che limitano in tutto e per tutto la possibilità di “accomodamenti ragionevoli” andrebbero superate, anche e soprattutto alla luce dei recenti progressi tecnologici che danno la possibilità di eliminare queste forme di discriminazione indiretta.

 

Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex
 

Cos’è il tasso di disoccupazione

Cos’è il tasso di disoccupazione

Questo indicatore è il rapporto tra chi è in cerca di occupazione e la forza lavoro

Definizione

Il tasso di disoccupazione misura lo scompenso tra i lavoratori e le aziende. Contrariamente a quanto si potrebbe intuire, nel mercato del lavoro i primi offrono lavoro e i secondi lo domandano. Questo indice misura quindi lo squilibrio dell’offerta rispetto alla domanda, che è presente nel momento in cui ci sono delle persone che non hanno un’occupazione.

Con la parola “disoccupati” si intende coloro che hanno un’età compresa tra 15 e 64 anni e sono in cerca di un lavoro nelle quattro settimane che precedono quella di riferimento e sarebbero disponibili a lavorare entro le due successive. Non si includono quindi gli inattivi, ovvero chi non è in cerca di occupazione.

Questo indicatore è importante per fotografare lo stato del mercato del lavoro ma è anche uno degli elementi importanti per valutare lo stato di salute di un’economia.

Dati

Nel dettaglio, il tasso di disoccupazione è il rapporto percentuale tra la popolazione di più di 15 anni che è alla ricerca di un lavoro e la forza lavoro totale, misurata sommando gli occupati e i disoccupati.

A livello europeo, questo dato viene calcolato trimestralmente sottoponendo le famiglie a un’indagine campionaria, la rilevazione sulla forza lavoro (in inglese, labour force survey). Il target del questionario è la popolazione superiore ai 15 anni. Su questi dati, viene poi calcolato il valore annuale.

È una misurazione che può cambiare molto durante l’anno a seconda dei settori lavorativi. Per esempio, il turismo è un ambito in cui si lavora di più in certi periodi che in altri. È quindi un dato caratterizzato da stagionalità, che viene tenuta in considerazione nel momento in cui vengono effettuati i calcoli per ottenere il tasso di disoccupazione.

Sia in Italia che nel resto dell’Unione europea, il tasso di disoccupazione è andato calando dai picchi registrati all’inizio della serie storica. Nel dettaglio, nel 2013 si è raggiunto il massimo valore per l’Unione europea con 11,4% mentre in Italia nel 2014 si è arrivati al 12,7%. Si può notare però che in Italia i valori sono sempre stati più alti rispetto alla media dei 27 paesi comunitari, con delle differenze tra i due tassi che vanno da 0,8 punti percentuali nel 2013 fino ai 3,3 registrati nel 2018 e nel 2019.

Se si considerano gli stati membri dell’Unione, quelli che riportano le percentuali maggiori sono situati nell’Europa meridionale. Nel dettaglio, si tratta di Spagna (14,8%), Grecia (14,7%) e Italia (9,5%). I paesi in cui invece il tasso di disoccupazione è più basso sono Malta (3,4%), Polonia (3,4%) e Repubblica Ceca (2,8%).

Analisi

Secondo un’analisi di Eurostat, il tasso di disoccupazione ha un andamento che si lega al volume dei rendimenti di un’economia ma ci sono anche altre variabili che bisogna considerare, come ad esempio regolamentazioni particolari del mercato del lavoro e cambiamenti di natura demografica.

Un elemento che ha influenzato l’andamento della disoccupazione è la crisi dovuta alla pandemia da Covid-19. A livello europeo, questo dato era in calo dal 2013 raggiungendo il 6,7% nel 2019. Nel 2020 si è registrato il primo aumento da otto anni di continua riduzione, con un valore pari al 7,1%. Sempre secondo Eurostat, questi valori sono stati influenzati anche dalle limitazioni agli spostamenti, che hanno reso la ricerca di lavoro più difficoltosa e collocato delle persone al di fuori della forza lavoro, tra gli inattivi.

 

Beato Carlo Acutis

 

Beato Carlo Acutis


Nome: Beato Carlo Acutis
Titolo: Adolescente
Nascita: 3 maggio 1991, Londra, Inghilterra
Morte: 12 ottobre 2006, Monza, Monza e Brianza
Ricorrenza: 12 ottobre
Tipologia: Commemorazione
Protettore:del web
Carlo Acutis nacque a Londra il 3 maggio 1991 da Andrea Acutis e Antonia Salzano, milanesi provvisoriamente in città per lavoro. Carlo fin da piccolo manifesta un’indole particolarmente devota tanto che tornati in Italia a soli 7 anni chiese di poter ricevere la Prima Comunione.

Richiesta insolita ma che venne accolta dopo averla sottoposta a Monsignor Pasquale Macchi il quale diede il suo benestare dopo aver interrogato il ragazzo, ritenendolo idoneo. Carlo ricevette così l’Eucaristia il 16 giugno 1998, giovanissimo, e restò un punto fermo nella sua breve vita assieme alla messa quotidiana alla quale assisteva.

La sua esistenza si svolgeva come quella di tutti i ragazzi della sua età, ma sempre caratterizzata dalla sua voglia di aiutare gli altri e dalla sua gioia, diceva infatti “La tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio. La conversione non è altro che spostare lo sguardo dal basso verso l’alto. Basta un semplice movimento degli occhi”. La sua fede fu talmente coinvolgente da spingere il collaboratore domestico di casa, un bramino induista, a convertirsi al cristianesimo, colpito proprio da “la sua profonda fede, la sua carità e la sua purezza”.

Carlo era anche bravo in informatica tantochè è stato proclamato patrono del web, e così dopo aver assistito ad un incontro di presentazione del Piccolo Catechismo eucaristico decise di dare vita ad una mostra sui miracoli eucaristici, per testimoniare la vera presenza di Gesù nell’ostia. Dopo tre anni di ricerche in giro per l’Europa con in genitori la mostra era pronta e talmente ben fatta da essere richiesta dalle diocesi di tutto il mondo.

Il sogno di Carlo era di farsi sacerdote, ma purtroppo all’età di 15 anni fu stroncato da una leucemia fulminante, e dopo aver dedicato la sua vita “al suo amico Gesù” torna alla casa del Padre il 12 ottobre 2006. Venne sepolto ad Assisi e successivamente dal cimitero viene traslato nel Santuario della Spogliazione: attraverso una speciale procedura di imbalsamazione viene esposto alla visita dei pellegrini.

Dichiarato venerabile nel 2008 è stato beatificato il 10 ottobre 2020 dopo averne accertato almeno un miracolo, ovvero la guarigione di un ragazzo brasiliano avvenuta dopo averne toccato le reliquie.

La madre: «Vi racconto il suo miracolo»

Intervista realizzata da Stefano Lorenzetto alla madre di Carlo, Antonia Salzano, e pubblicata dal Corriere

Intercede. Salva. Guarisce. Converte. Appare. I devoti di quello che già viene chiamato il patrono di Internet, almeno 1 milione nei cinque continenti, vedono la sua presenza ovunque. L’ultimo segno, il 15 agosto. Scrivono i fan su Facebook: Questa notte, nella solennità della Santissima Vergine Maria Assunta, Carlo venuto a prendersi la sua cagnolina Briciola di quasi 17 anni. Ora corre e gioca anche lei nei meravigliosi giardini del Paradiso assieme agli altri animali di Carlo che l’hanno preceduta, i cani Poldo, Stellina e Chiara, i gatti Bambi e Cleopatra. Non le pare eccessivo che associno l’Assunzione alla morte di una bestiola? Sorride indulgente Antonia Salzano, mamma di Carlo Acutis, stroncato a 15 anni da una leucemia fulminante nel breve volgere di 72 ore.

Prima che ci lasciasse, gli dissi: se in cielo troverai i nostri amici a quattro zampe, compari con Billy, il cane della mia infanzia. Lui non lo conosceva. Un giorno zia Gioia, ignara del nostro accordo, mi telefonò: “Stanotte in sogno ho visto Carlo. Teneva fra le braccia Billy”.

Ma sono ben altri i segni per cui lo studente milanese, già venerabile dal 2018, verrà proclamato beato dalla Chiesa il 10 ottobre ad Assisi, ultima tappa prima di diventare santo. Quando il 23 gennaio 2019 si eseguì la ricognizione canonica sulle spoglie mortali del giovanissimo servo di Dio, la sua salma fu trovata intatta.

Io stavo lì, mio marito non volle vedere. Era ancora il nostro ragazzone, alto 1,82, solo la pelle un po’ più scura, con tutti i suoi capelli neri e ricci. E lo stesso peso, quello che si era predetto da solo. Pochi giorni dopo il funerale, all’alba fui svegliata da una voce: “Testamento”. Frugai in camera sua, pensavo di trovarvi uno scritto. Nulla. Accesi il pc, lo strumento che preferiva. Sul desktop c’era un filmato brevissimo che si era girato da solo ad Assisi tre mesi prima: “Quando peserò 70 chili, sono destinato a morire”. E guardava spensierato il cielo.

La vita di Carlo durò solo 5.641 giorni.

In realtà 5.640. Entrò in coma alle 14 dell’11 ottobre 2006, con il sorriso sulle labbra. Credevamo che si fosse addormentato. Alle 17 fu dichiarata la morte cerebrale, la mattina del 12 quella legale. Avremmo voluto donare i suoi organi, ma non fu possibile, ci dissero che erano compromessi dalla malattia. Un bel paradosso, perché il cuore, perfetto, ora sarò esposto in un ostensorio nella basilica papale di San Francesco ad Assisi.

Quand’ stato prelevato?

Durante la ricognizione del 2019. Con atto notarile abbiamo voluto donare il corpo al vescovo di Assisi. Era giusto che appartenesse alla Chiesa universale.

In che modo Carlo scoprì la fede?

Non certo per merito di noi genitori, lo scriva pure. In vita mia ero stata in chiesa solo tre volte: prima comunione, cresima, matrimonio. E quando conobbi il mio futuro marito, mentre studiava economia politica a Ginevra, non che la domenica andasse a messa.

Allora come spiega questa religiosità?

Un ruolo lo ebbe Beata, la bambinaia polacca, devota a papa Wojtyla. Ma c’era in lui una predisposizione naturale al sacro. A 3 anni e mezzo mi chiedeva di entrare nelle chiese per salutare Gesù. Nei parchi di Milano raccoglieva fiori da portare alla Madonna. Volle accostarsi all’eucaristia a 7 anni, anziché a 10. Lo lasciammo libero. Ci pareva una cosa bella, perciò chiedemmo una deroga. Per me fu una “Dio-incidenza”. Carlo mi salvò. Ero un’analfabeta della fede. Mi riavvicinai grazie a padre Ilio Carrai, il padre Pio di Bologna, altrimenti mi sarei sentita screditata nella mia autorità genitoriale. un percorso che dura tuttora. Spero almeno di finire in purgatorio.

Carlo fu precoce solo nella preghiera?

In tutto. Era un mostro di bravura. A 6 anni già padroneggiava il computer, girava per casa con il camice bianco e il badge “Scienziato informatico”. A 9 scriveva programmi elettronici grazie ai testi acquistati nella libreria del Politecnico.

Non era troppo piccolo per usare il pc?

I promotori della causa di beatificazione hanno analizzato in profondità la memoria del suo computer con le tecniche dell’indagine forense, senza riscontrare la minima traccia di attività sconvenienti. Sognava di adoperare il pc e il web per diffondere il Vangelo. Papa Francesco nella Christus vivit cita Carlo come esempio per i giovani. “Sapeva molto bene”, spiega, “che questi meccanismi della comunicazione, della pubblicità e delle reti sociali possono essere utilizzati per farci diventare soggetti addormentati”, ma lui ha saputo uscirne “per comunicare valori e bellezza”. Il suo sguardo spaziava ben oltre Internet. Alle mense dei poveri, quelle delle suore di Madre Teresa di Calcutta a Baggio e dei cappuccini in viale Piave, dove prestava servizio come volontario. La sera partiva da casa con recipienti pieni di cibo e bevande calde. Li portava ai clochard sotto l’Arco della Pace, per i quali con i risparmi delle sue mance comprava anche i sacchi a pelo. Lo accompagnava il nostro cameriere Rajesh Mohur, un bramino della casta sacerdotale indù, che si convertì al cattolicesimo vedendo come Carlo aiutava i diseredati.

Avrebbe mai detto che un giorno sarebbe salito all’onore degli altari?

Ero certa che fosse santo gi in vita. Fece guarire una signora da un tumore, supplicando la Madonna di Pompei.

Il miracolo riconosciuto dalla Chiesa?

No, solo uno dei tanti che nemmeno sono entrati nel processo di canonizzazione. Quello che lo far proclamare beato accadde in Brasile nel settimo anniversario della morte, il 12 ottobre 2013, a Campo Grande. Matheus, 6 anni, era nato con il pancreas biforcuto e non riusciva a digerire alimenti solidi. Padre Marcelo Tenrio invitò i parrocchiani a una novena e appoggi un pezzo di una maglia di Carlo sul piccolo paziente, che l’indomani cominci a mangiare. La Tac dimostrò che il suo pancreas era divenuto identico a quello degli individui sani, senza che i chirurghi lo avessero operato. Una guarigione istantanea, completa, duratura e inspiegabile alla luce delle attuali conoscenze mediche.

Suo figlio come si ammalò?

Sembrava una banale influenza. Dopo alcuni giorni comparvero forte astenia e sangue nelle urine. Lui se ne uscì con una delle sue frasi: “Offro queste sofferenze per il Papa, per la Chiesa e per andare dritto in paradiso senza passare dal purgatorio”, ma in famiglia non vi demmo troppo peso. Chiamai il professor Vittorio Carnelli, che era stato il suo pediatra. Ci consigli l’immediato ricovero nella clinica De Marchi. E l avemmo la diagnosi infausta: leucemia mieloide acuta M3. Carlo ne fu informato dagli ematologi. Reagì con dolcezza e commentò: “Il Signore mi ha dato una bella sveglia”. Fu trasferito all’ospedale San Gerardo di Monza. Appena giuntovi, scosse la testa: “Da qui non esco vivo”.

Lei invocò un miracolo per suo figlio?

Sì, da Gesù, dalla Madonna e dal venerabile fra Cecilio Maria, al secolo Pietro Cortinovis, il cappuccino fondatore dell’Opera San Francesco per i poveri di Milano. Ma i piani di Dio erano altri. Quelli che avevo proposto a Carlo prima che spirasse: chiedi al Signore di manifestarci un segno della sua presenza.

E suo figlio che cosa le rispose?

“Non preoccuparti, mamma. Ti darò molti segni”. Nove giorni dopo la sua morte, a Tixtla, in Messico, un’ostia si arrossì di sangue. Una commissione composta anche da scienziati non credenti accertò che era del gruppo AB, lo stesso presente nella Sindone e nel miracolo di Lanciano, e che si trattava di cellule del cuore. A distanza di quattro anni, negli strati sottostanti alla coagulazione restava ancora presente del sangue fresco.

Suo figlio aveva allestito Segni, una mostra sui miracoli eucaristici.

Sì, sta girando tutti i santuari del mondo. Negli Stati Uniti l’hanno ospitata 10.000 parrocchie. Sono eventi soprannaturali come quello accaduto il 12 ottobre 2008, nel secondo anniversario della sua morte, a Soklka, in Polonia. Un’ostia caduta a terra durante la comunione, e conservata in cassaforte, una settimana dopo divenne un pezzo di carne di origine miocardica, gruppo sanguigno AB.

Ha avuto solo questi, di segni?

Anche altri. Carlo mi predisse che sarei diventata di nuovo madre, benché stessi per compiere 40 anni. E nel 2010, quando gi ne avevo 43, diedi alla luce due gemelli, Michele e Francesca.

Perché fu sepolto ad Assisi?

Abbiamo una casa in Umbria. Un cartello avvertiva che c’erano in vendita nuovi loculi nel cimitero comunale. Chiesi a Carlo che cosa ne pensasse. “Sarei felicissimo di finire qua”, rispose. Il suo corpo intatto stato poi traslato nel santuario della Spogliazione, dove ora i fedeli potranno venerarlo per sempre.

Che cosa le manca di più di suo figlio?

L’allegria. Appena morì, ricordo d’aver pensato: e ora chi mi far ridere? e chi mi aiuterò con il computer? Mi restano i suoi pensieri, detti e scritti: “Non io, ma Dio!”. “Da qualunque punto di vista la si guardi, la vita sempre fantastica”. “Tutti nascono originali, ma molti muoiono come fotocopie”.

L’ultimo rende bene l’idea dei social.

Così, gli uomini d’oggi sono ripiegati su sè stessi. La loro felicità fatta solo di like. Ma Carlo l’influencer di Dio.

Non vorrebbe che fosse ancora qui con lei, anziché avere un santo in cielo?

Ho fatto mia l’invocazione di Giobbe: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!”. I figli non ci appartengono, ci sono affidati. Sento Carlo più presente di quando era in vita. Vedo il bene che fa. Mi basta.