Archivi giornalieri: 17 ottobre 2022

Pensioni, Meloni ipotizza ‘Opzione Uomo’ con uscita anticipata ma assegno tagliato

Pensioni, Meloni ipotizza ‘Opzione Uomo’ con uscita anticipata ma assegno tagliato

Pensioni, Meloni ipotizza 'OpzioneUomo' con uscita anticipata ma assegno tagliato.
Pensioni, Meloni ipotizza ‘OpzioneUomo’ con uscita anticipata ma assegno tagliato.

Fratelli d’Italia ipotizza una via d’uscita a 58 o 59 anni di età con 35 di contributi, ma si prevede un taglio del 30% dell’assegno

Dal prossimo mese di gennaio, archiviate le possibilità di uscita anticipata Quota 100 e Quota 102, per andare in pensione saranno necessari i requisiti richiesti dalla legge Fornero: i lavoratori italiani dovranno cioè aver raggiunto i 67 anni di età anagrafica (con almeno 20 anni di contributi versati), oppure aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne).

Da Fratelli d’Italia l’ipotesi “Opzione Uomo”

Con l’obiettivo di superare la Fornero, magari anche in forma stabile, Fratelli d’Italia starebbe studiando una proposta denominata “Opzione Uomo” per alcune analogie con la già esistente Opzione Donna.

 

L’idea del partito di Giorgia Meloni sarebbe quello di permettere agli italiani di ritirarsi dal lavoro già al raggiungimento dei 58 o 59 anni di età anagrafica, con un minimo di 35 anni di contributi previdenziali versati ma anche con il ricalcolo dell’assegno pensionistico, che verrebbe effettuato interamente con il sistema contributivo.

In questo modo il centrodestra avrebbe realizzato le promesse della campagna elettorale di una maggiore flessibilità in uscita, con una formula che dai primi conteggi parrebbe meno onerosa della Quota 41 sostenuta dalla Lega. La minore onerosità sarebbe però di fatto in carico ai lavoratori, in quanto chi dovesse usufruire di Opzione Uomo si troverebbe con un assegno decurtato di circa il 30%, a causa sia dell’uscita anticipata che del ricalcolo con il sistema contributivo.

 

Pensione anticipata e Quota 41

Sia Opzione Donna che Ape sociale, misure che permettono un’uscita anticipata dal lavoro, scadranno il prossimo 31 dicembre, ma Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia hanno dichiarato di volerle prorogare, anzi di volerle rendere addirittura strutturali. L’idea di Giorgia Meloni sarebbe quindi quella di estendere questo tipo di soluzione anche agli uomini.

Mentre Fratelli d’Italia studia l’ipotesi Opzione Uomo, la Lega continua a sostenere Quota 41, secondo la quale i lavoratori potrebbero andare in pensione dopo 41 anni di contribuzione, indipendentemente dall’età anagrafica.

Su Quota 41 c’è però discordanza nei conteggi: questa misura è ritenuta molto costosa dall’INPS, che ha previsto un esborso di 18 miliardi in tre anni; la Lega ha invece preventivato un costo di 4 miliardi il primo anno e di 5 miliardi all’anno per gli anni successivi.

 

Più ottimista ancora è la CGIL, convinta che, come già accaduto per Quota 100 e per Quota 102, non tutti gli aventi diritto ne farebbero richiesta.

Il tavolo con i sindacati

Giorgia Meloni ha comunque promesso che prima di prendere decisioni verranno consultate le organizzazioni sindacali. Il confronto dovrà quindi avvenire sia sul tema degli anni di lavoro, con i sindacati che chiedono di cancellare lo scalone Fornero, che porterà l’età di accesso alla pensione dai 64 di Quota 102 ai 67; ma anche sull’importo degli assegni, in quanto Opzione Uomo taglierebbe gli assegni dal 13 al 31%, sia per il ricalcolo contributivo degli anni retributivi precedenti al 1996 che per l’uscita anticipata.

 

Decreto Aiuti-bis: incremento pensioni per tre mesi e tredicesima

Decreto Aiuti-bis: incremento pensioni per tre mesi e tredicesima

Aumentano gli importi delle pensioni di ottobre, novembre e dicembre 2022, inclusa la tredicesima. Il decreto Aiuti-bis ha infatti previsto, in attesa dell’applicazione della percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per il 2022 con decorrenza 1° gennaio 2023, con riferimento al trattamento pensionistico lordo complessivo in pagamento per ottobre, novembre e dicembre 2022, inclusa la tredicesima, il riconoscimento in via transitoria di un incremento di due punti percentuali.

Con la circolare INPS 13 ottobre 2022, n. 114 l’Istituto fornisce le istruzioni per il calcolo dell’incremento e le modalità di pagamento, specificando i trattamenti pensionistici interessati, quelli esclusi e la rilevanza ai fini delle prestazioni collegate al reddito.

L’incremento è corrisposto d’ufficio direttamente ai beneficiari sulle mensilità ottobre, novembre, dicembre e sulla tredicesima. L’importo sarà identificato da una specifica voce nel cedolino denominata “Incremento D.L. Aiuti bis”.

Il Pnrr e le difficoltà degli enti locali #OpenPNRR

Il Pnrr e le difficoltà degli enti locali #OpenPNRR

Uno dei principali obiettivi del Pnrr è quello di ridurre i divari territoriali. Ma, tra carenze di personale negli enti locali e ritardi, la distanza rischia invece di acuirsi ancora di più.

 

Con le dimissioni del governo Draghi e le conseguenti elezioni svoltesi lo scorso 25 settembre, il processo di attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) potrebbe subire dei rallentamenti. A maggior ragione se il nuovo esecutivo vorrà provare a ridiscutere con Bruxelles alcuni aspetti del piano.

Questo, a cascata, potrebbe comportare delle difficoltà ancora maggiori per quegli enti locali che oggi sono chiamati a dare attuazione ad alcuni degli investimenti del piano. Abbiamo già raccontato infatti come siano proprio i comuni, specie quelli del meridione, ad essere più in difficoltà non solo nel portare avanti i progetti ma anche nel presentare delle proposte ammissibili ai finanziamenti. Tra i casi eclatanti più recenti in questo senso c’è quello del comune di Palermo, che non è stato in grado di presentare proposte nell’ambito dei bandi dedicati alla realizzazione di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti.

€ 40 mld le risorse complessive del Pnrr affidate alla diretta gestione di comuni e città metropolitane (fonte: Anci).

I motivi di queste difficoltà possono essere molteplici ma una delle cause principali è la carenza di personale e di competenze adeguate in queste realtà. Mancanze che sono da imputare a disparità e ritardi che caratterizzano storicamente i territori del mezzogiorno e ai quali lo stato non è mai riuscito a porre rimedio in modo efficace.

Se tali lacune non saranno colmate, non solo i progetti ammessi a finanziamento in questi territori rischiano di non concludersi nei tempi previsti. Ma si rischia anche che il Pnrr, anziché ridurli, contribuisca ad acuire i divari tra quei territori che già oggi sono più efficienti e il resto del paese.

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La difficoltà degli enti locali nel presentare progetti

In questo quadro si inserisce poi il modello adottato per la selezione dei progetti da finanziare. Un modello che privilegia la competizione tra territori anziché l’adozione di politiche perequative. La quantità di passaggi burocratici a cui adempiere e la complessità della documentazione da fornire infatti, in alcuni casi può anche scoraggiare gli enti locali meno efficienti. Che rinunciano perfino all’invio delle candidature.

Mettere in competizione gli enti locali ha allontanato il Pnrr dal rispetto del criterio perequativo che avrebbe dovuto orientare la distribuzione territoriale delle risorse disponibili per andare incontro all’obiettivo di riequilibrio territoriale.

La conseguenza di questa dinamica è che gli enti locali che rischiano di rimanere esclusi dal riparto dei fondi del Pnrr sono proprio quelli che ne avrebbero maggiormente bisogno. Parliamo generalmente di piccoli centri che si trovano nel mezzogiorno o nelle aree interne del paese. Ma anche di città maggiori, che talvolta sono incappate nelle stesse difficoltà. Per evitare che ciò avvenga è stata introdotta la clausola che imponeva ai ministeri e agli altri soggetti responsabili di destinare almeno il 40% delle risorse al mezzogiorno. Abbiamo raccontato però che in moltissimi casi tale quota non è stata rispettata. Questo perché spesso dai territori non è stato presentato un numero sufficiente di domande.

E poiché mancano nel Pnrr meccanismi di salvaguardia della quota, quando questo si verifica sta alla singola organizzazione titolare decidere come procedere. Molti ministeri in questi casi hanno semplicemente deciso di far scorrere le graduatorie, scendendo sotto la soglia del 40%.

Da notare peraltro che una relazione pubblicata recentemente dall’associazione nazionale comuni italiani (Anci) sottolinea come le risorse del Pnrr non possano essere utilizzate per colmare le lacune di personale. Per ovviare a questi problemi il governo ha varato una serie di iniziative per supportare gli enti locali. Tuttavia questi accorgimenti, almeno sinora, non sembrano essere stati in grado di risolvere le criticità.

Il rischio di ritardi

Le difficoltà inoltre non si esauriscono neanche nei casi in cui gli enti locali riescano a intercettare i fondi. In particolare si sollevano dubbi sulla loro capacità di portare le opere a compimento entro i tempi previsti. Si tratta di un elemento fondamentale per non rischiare di perdere i fondi europei. Su questo aspetto è un rapporto dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno (Svimez) a fornire una panoramica preoccupante, soprattutto per il sud del paese.

Svimez ha analizzato la banca dati delle opere pubbliche relative a interventi infrastrutturali realizzati dai comuni (escluse le città metropolitane) nel periodo compreso tra il 2012 e il 2021. Concentrandosi in particolare sulla realizzazione delle opere per infrastrutture sociali. Non solo perché è il settore in cui è stato realizzato il maggior numero di interventi (circa il 49,6% del totale) ma anche perché si tratta di un ambito di fondamentale importanza per raggiungere gli obiettivi di coesione territoriale previsti dal Pnrr.

Secondo Svimez, molti giorni di ritardo si accumulano durante l’esecuzione delle opere.

Considerando un dato medio nazionale di 1.007 giorni per il completamento di un’opera in questo ambito, dalla relazione di Svimez emerge una enorme differenza nei tempi di realizzazione tra il nord e il sud del paese. I comuni del mezzogiorno infatti impiegano mediamente circa 450 giorni in più per portare a compimento la realizzazione delle infrastrutture sociali. Il report evidenzia inoltre come oltre 300 giorni di ritardo si accumulino nella fase di cantierizzazione (esecuzione). Se già a livello di progettazione si incontrano delle difficoltà quindi, non è improbabile che queste possano addirittura aggravarsi nel momento della messa in opera dei cantieri.

Se non si riuscissero a trovare soluzioni rapide per rendere più efficiente la macchina amministrativa necessaria all’affidamento dell’appalto, all’apertura del cantiere e alla realizzazione dei lavori, i tempi estremamente stretti per portare a conclusione le opere nel rispetto del termine ultimo di rendicontazione fissato per il 31 agosto 2026.

Considerando questi dati, Svimez si spinge ad osservare che i cantieri al sud dovrebbero essere avviati al massimo entro fine ottobre 2022. Un obiettivo che sembra abbastanza difficile da raggiungere dato che, come vedremo, molti bandi per l’assegnazione delle risorse sono ancora in corso. I tempi per le restanti macro-aree sono un po’ più diluiti: maggio 2023 per il centro e l’estate 2024 per le aree settentrionali.

A questo proposito occorre ricordare che le norme relative all’attuazione del Pnrr prevedono la possibilità per il governo di esercitare dei “poteri sostitutivi” in casi di gravi ritardi nella realizzazione delle opere. Ciò significherebbe sostanzialmente il commissariamento dei cantieri. Un’eventualità che andando avanti nella fase di “messa a terra” dei progetti potrebbe riproporsi spesso.

I bandi per gli enti locali già chiusi e quelli ancora in corso

Vediamo adesso qual è lo stato dell’arte dei bandi riservati in particolare agli enti locali (comuni e città metropolitane). In primo luogo possiamo osservare che si sono già chiusi i bandi relativi a 20 investimenti contenuti nel Pnrr. Da questo punto di vista l’intervento più consistente è quello dedicato agli asili nido e alle scuole dell’infanzia (4,6 miliardi) di competenza del ministero dell’istruzione. Seguono i bandi per i progetti legati alla rigenerazione urbana (3,3 miliardi) e quelli rivolti alle città metropolitane per i piani urbani integrati (2,7 miliardi), entrambi di competenza del ministero dell’interno.

GRAFICO
DA SAPERE

L’importo indicato è quello complessivo della misura di riferimento del Pnrr, non sempre sono state messe a bando contemporaneamente tutte le risorse disponibili. Questo dato però non è fornito da Anci. Gli investimenti del Pnrr dedicati all’inclusione sociale sono molteplici. Con le informazioni disponibili non è possibile ricondurre i bandi scaduti alle relative misure. Di conseguenza non è possibile conoscere l’importo dell’investimento.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Anci
(ultimo aggiornamento: mercoledì 21 Settembre 2022)

 

Secondo la relazione dell’Anci invece sono complessivamente 49 i bandi ancora aperti a cui possono partecipare comuni e città metropolitane. Suddividendo tali bandi in base al tema, al primo posto troviamo la transizione ecologica con 12 misure. Seguono digitalizzazioneinclusione sociale e infrastrutture ciascuno con 8 bandi ancora in corso.

GRAFICO
DA SAPERE

Il grafico mostra il numero di bandi Pnrr, suddivisi in base al tema della misura di riferimento, per cui città metropolitane e comuni possono ancora presentare domanda. I temi delle misure sono un indicatore originale openpolis. In base alla metodologia adottata è stato assegnato un solo tema per ogni misura anche se alcune si prestano a molteplici categorizzazioni. Non tutti i bandi sono rivolti a tutti i comuni italiani. In alcuni casi sono riservati ad alcune aree specifiche. In altri possono presentare domanda anche altri enti come regioni, aziende sanitarie o realtà del terzo settore.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Anci
(ultimo aggiornamento: giovedì 22 Settembre 2022)

 

Per quanto riguarda invece le risorse da assegnare, notiamo che si parla di circa 58 miliardi di euro. Il dato così elevato è dovuto al fatto che Anci considera anche bandi per circa 9 miliardi che saranno gestiti centralmente dai ministeri della transizione ecologica e dell’agricoltura ma che vedranno i comuni come principali beneficiari. Inoltre, in alcuni casi, i bandi non si rivolgono solamente ai comuni ma anche ad altri soggetti come le regioni, le province e altre realtà territoriali. Fatta questa premessa, possiamo osservare che l’amministrazione titolare che assegnerà l’ammontare più consistente delle risorse con i bandi ancora in corso, è il ministero dell’interno con circa 12,9 miliardi di euro. Seguono il ministero della transizione ecologica (11,9 miliardi) e quello delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (11,3).

Ci sono poi anche altre risorse del Pnrr che vedranno comuni e città metropolitane come diretti beneficiari anche se non in qualità di soggetti attuatori. Questi però non sono stati inseriti nelle tabelle relative ai bandi in corso. Ciò perché tali investimenti riguardano sostanzialmente l’implementazione di una nuova struttura digitale della pubblica amministrazione che sarà gestita centralmente. Si tratta in particolare dei fondi per la piattaforma nazionale digitale dei dati (556 milioni) e per la digitalizzazione degli avvisi pubblici (245 milioni).

La proroga dei bandi, un segno delle difficoltà degli enti locali

Un ultimo elemento che emerge analizzando lo stato di implementazione dei bandi ancora in corso riguarda il fatto che molti di questi sono stati prorogati, anche più di una volta. Dalla relazione di Anci infatti emerge che in 5 casi i soggetti titolari sono stati costretti a rinviare la scadenza degli avvisi.

Molti bandi sono stati prorogati per mancanza di domande.

Il bando per la realizzazione di nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernamento di quelli esistenti avrebbe dovuto chiudersi il 14 febbraio ma la scadenza è stata rinviata di un mese. Allo stesso modo il bando per la forestazione urbana dedicato alle città metropolitane avrebbe dovuto concludersi a fine maggio ma la scadenza è stata prorogata due volte: prima al 14 giugno e successivamente al 21 dello stesso mese. Il 16 maggio inoltre avrebbe dovuto concludersi il bando per la realizzazione delle infrastrutture sociali nelle aree interne ma anche in questo caso la scadenza è stata prorogata di un mese. Addirittura 3 proroghe infine per il bando dedicato alla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie. L’avviso pubblico inizialmente prevedeva come scadenza il 24 gennaio. Successivamente prorogata prima al 28 febbraio, poi al 31 marzo e infine al 22 aprile.

Per quanto riguarda invece i bandi per il rafforzamento della mobilità ciclistica, Anci riporta che attualmente le procedure sono interrotte a causa di un “doppio passaggio del decreto di attribuzione delle risorse al Mims, al Mef e in conferenza unificata”.

le misure del Pnrr i cui bandi sono stati prorogati.

Anche tra i bandi che si sono già conclusi si registrano dei casi simili. Quello più eclatante è certamente legato al bando per gli asili nido e per le scuole dell’infanzia. La scadenza iniziale entro cui inviare le candidature infatti era stata fissata al 28 febbraio. Arrivati alla data in questione però, non erano state presentate domande sufficienti a esaurire i fondi stanziati. Per cui la scadenza è stata prorogata fino all’1 aprile. Si è reso poi necessario un ulteriore bando riservato alle regioni del mezzogiorno (con priorità rivolta a Basilicata, Molise e Sicilia) per distribuire gli ultimi 70 milioni di euro che rischiavano di rimanere inutilizzati.

Questi rinvii confermano le difficoltà degli enti locali nel presentare progetti in grado di intercettare le risorse. A vantaggio di territori che si trovano già in situazioni avanzate in tema di infrastrutture e servizi, ma che hanno le competenze necessarie per accedere ai bandi. Tale dinamica rischia di far diventare il Pnrr, se non ben gestito, da strumento per la riduzione delle disuguaglianze a causa del loro inasprimento.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: Anci

 

Abbiamo speso meno fondi Pnrr del previsto #OpenPNRR

Abbiamo speso meno fondi Pnrr del previsto #OpenPNRR

Nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza il governo ha riconosciuto che i soldi spesi per gli investimenti legati al Pnrr sono stati meno di quanto preventivato. Questo significa che alcuni progetti sono in ritardo.

 

Negli ultimi giorni ha destato molto scalpore uno scontro verbale avvenuto tra Mario Draghi, presidente del consiglio uscente, e Giorgia Meloni, che si prevede gli subentrerà nell’incarico. La leader di Fdi infatti ha sostenuto (salvo poi abbassare i toni successivamente) che i ritardi nell’attuazione del Pnrr fossero “evidenti”. Draghi ha replicato che, se così fosse, le istituzioni europee non avrebbero valutato positivamente l’operato del nostro paese fin qui.

In effetti, alla fine di settembre la presidente della commissione europea Ursula Von Der Leyen ha annunciato l’ok all’invio al nostro paese della seconda rata di finanziamenti da 21 miliardi. Questo parere positivo da parte di Bruxelles è legato al raggiungimento delle 45 scadenze che il nostro paese doveva completare entro il primo semestre del 2022.

Qualche criticità tuttavia effettivamente c’è, come si legge anche in alcuni documenti ufficiali. Nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) recentemente approvata dal governo, emerge infatti che il nostro paese entro quest’anno spenderà molti meno fondi europei rispetto a quanto inizialmente stimato. Ciò significa che molti cantieri ancora non sono stati avviati e che l’Italia dovrà velocizzare di molto i tempi per riuscire a concludere tutti i progetti entro il 2026, come previsto dal Pnrr. Un obiettivo difficile, data anche la storica difficoltà del nostro paese a spendere i fondi europei.

€ 15 mld la stima delle risorse del Pnrr che saranno effettivamente spese dal nostro paese nel 2022.

Secondo il documento tali ritardi sono dovuti in parte all’impennata dei costi delle opere pubbliche. Ma in parte anche alle difficoltà nel portare a compimento le complesse procedure richieste dal Pnrr. Anche per questo motivo è fondamentale un monitoraggio puntuale e costantemente aggiornato sullo stato di avanzamento di bandi e progetti. Cosa che tuttavia a oggi non è ancora a regime.

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Cosa dice la Nadef a proposito di Pnrr

Nella Nadef si stima che dei circa 191,5 miliardi di euro che l’Ue ha assegnato al nostro paese, soltanto 20,5 circa saranno spesi entro la fine dell’anno in corso. Considerando l’intero percorso del Pnrr sin qui (quindi anche con i dati relativi al 2021) le spesa complessiva avrebbe dovuto ammontare a 33,7 miliardi di euro circa. Con riferimento specifico al 2022 invece, possiamo osservare che il Def prevedeva una spesa totale di circa 29,4 miliardi di euro, 14,4 in più rispetto a quelli riportati nella Nadef (15 miliardi).

– 13,2 mld € fondi Pnrr spesi in meno dall’Italia rispetto a quanto previsto.

Per recuperare il tempo perso il nostro paese dovrà quindi spendere molti più soldi nei prossimi anni. Nello specifico: 40,9 miliardi nel 2023, 46,5 miliardi nel 2024, 47,7 miliardi nel 2025 e 35,6 miliardi nel 2026. Il che dà un’idea delle difficoltà che attendono il prossimo governo.

Come si può notare anche dal grafico, si prevede di recuperare gran parte del ritardo accumulato già il prossimo anno. 

Le misure a sostegno delle amministrazioni in difficoltà

Come già detto nell’introduzione, i ritardi nella “messa a terra” dei progetti sono da attribuire anche alle difficoltà che le pubbliche amministrazioni coinvolte stanno incontrando nell’espletare tutte le pratiche necessarie per avere accesso ai fondi del Pnrr.

La concreta attuazione dei progetti del Pnrr si sta rivelando complessa. […] Lo svolgimento dei bandi richiede tempo e spinge inevitabilmente la spesa prevista per il 2022 verso gli anni 2023-2026.

Da questo punto di vista sono gli enti locali i soggetti a essere maggiormente in difficoltà. Per ovviare a questi problemi il governo ha predisposto una serie di iniziative. Tra cui l’assunzione temporanea di personale destinato a supportare direttamente o indirettamente le amministrazioni coinvolte. In particolare è stato disposto il reclutamento di 1.000 esperti a supporto degli enti locali e 2.800 assunzioni per rafforzare le pubbliche amministrazioni del sud.

Anche in questo caso però si rilevano delle criticità. Per quanto riguarda i mille esperti, il numero è talmente limitato (si parla di alcune decine per ogni regione) che appare difficile riuscire a soddisfare tutte le richieste.

I posti di “tecnico Pnrr” sono pochi e non appetibili.

Difficoltà inoltre si sono registrate anche per i tecnici destinati agli enti del sud. In base alla seconda relazione del governo per il parlamento sull’attuazione del Pnrr, emerge infatti che si sono registrati diversi casi di mancata accettazione della proposta di assunzione. Il motivo è probabilmente da individuare nel fatto che tali posizioni sono state giudicate non appetibili, perché a tempo determinato e mal pagate.

Di conseguenza il governo si è visto costretto a “dirottare” altri funzionari della pubblica amministrazione con competenze analoghe per coprire il fabbisogno di personale richiesto. Questo ha evidentemente contribuito ad acuire i ritardi.

Le misure per far fronte all’aumento dei costi

Al di là delle difficoltà di carattere tecnico, la Nadef sottolinea che molti lavori non sono partiti o risultano in ritardo a causa dell’aumento del costo delle materie prime e dell’energia. Per questo motivo sono state introdotte una serie di misure volte a sostenere non solo la pubblica amministrazione ma anche le imprese coinvolte nella realizzazione dei progetti.

Tra queste si segnalano l’annullamento delle aliquote per l’elettricità e la diminuzione di quelle per il gas, i contributi straordinari per le imprese sotto forma di credito d’imposta e la riduzione delle accise e dell’Iva sui carburanti. È stato inoltre istituito un fondo per la realizzazione dei progetti che coinvolgono i comuni con più di 500mila abitanti ed è stato potenziato il fondo a sostegno della presentazione di proposte per gli importanti progetti comuni di interesse europeo (Ipcei).

Alcuni interventi di rilievo sono stati introdotti anche con il recente decreto aiuti ter. Tra le misure più significative ci sono l’istituzione del fondo per l’housing universitario finalizzato ad acquisire la disponibilità di nuovi posti letto per studenti. E l’estensione anche ai progetti finanziati con il Pnrr delle risorse contenute nel fondo per le opere indifferibili. Si dispone infine che le amministrazioni possano impiegare le risorse assegnate e non utilizzate per l’affidamento di appalti o per la concessione di contributi pubblici per far fronte ai maggiori oneri.

GRAFICO
DA SAPERE

Il grafico mostra come varia l’indebitamento netto della pubblica amministrazione nel 2022 a seguito dell’introduzione dei provvedimenti adottati dal governo per fronteggiare l’aumento del costo dell’energia e delle materie prime. I dati qui contenuti sono generali e non fanno riferimento esclusivamente alle misure mirate a dare attuazione al Pnrr.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Nadef
(ultimo aggiornamento: martedì 11 Ottobre 2022)

 
Le iniziative del governo per compensare l’aumento dei costi potrebbero non bastare.

Ulteriori interventi volti a mitigare l’aumento dei costi sono elencati all’interno della già citata relazione del governo per il parlamento. Si prevede innanzitutto l’introduzione di clausole per la revisione dei prezzi. Ad esempio, in caso di aumenti superiori al 5% del prezzo originario sono previste delle compensazioni fino all’80% dell’eccedenza. Per questa operazione possono essere recuperate le risorse assegnate nell’ambito degli stessi interventi ma non utilizzate. Solo nel caso in cui tali fondi non fossero sufficienti, le amministrazioni appaltanti possono fare ricorso alle risorse del fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche. La cui dotazione è incrementata di 1 miliardo di euro per il 2022 e 500 milioni per il 2023.

Per le procedure di affidamento delle opere pubbliche avviate tra il 18 maggio e il 31 dicembre 2022 le stazioni appaltanti possono compensare l’aumento dei prezzi anche con il fondo per l’avvio di opere indifferibili che ha una dotazione iniziale pari a 7,5 miliardi di euro a cui sono stati aggiunti altri 1,3 miliardi con il decreto aiuti bis. Sono stati stanziati poi ulteriori 150 milioni di euro per il fondo per l’adeguamento dei prezzi.

GRAFICO
DA SAPERE

Il grafico mostra l’ammontare complessivo delle risorse stanziate dal governo per supportare le pubbliche amministrazioni nella realizzazione dei progetti finanziati con i fondi del Pnrr. Nella maggior parte dei casi le risorse vanno a coprire più annualità fino al termine del piano nel 2026. Da notare che non si tratta di fondi europei ma di risorse nazionali che sono state stanziate per far fronte all’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime che sta rallentando la realizzazione delle opere finanziate.

FONTE: elaborazione openpolis su dati governo

 

Infine per 15 misure di competenza degli enti locali è previsto un aumento automatico delle risorse assegnate di una quantità compresa tra il 10% e il 25%. Non è detto però che tutte queste iniziative siano sufficienti a recuperare il ritardo accumulato. Per questo il prossimo sarà un anno fondamentale.

Perché è importante proseguire nel monitoraggio

Se finora i ritardi nella realizzazione dei progetti Pnrr non hanno inciso sull’erogazione dei fondi da parte dell’Ue, con il passare dei mesi le cose cambieranno. Ci stiamo avviando infatti verso una fase in cui si devono iniziare a raggiungere i target stabiliti nel Pnrr.

I target (obiettivi) sono scadenze di carattere quantitativo come l’avvio e la conclusione di cantieri. Vai a “Cosa sono le milestone e i target del Pnrr”

Per questo motivo sarà di fondamentale importanza che il governo metta a disposizione al più presto i dati in suo possesso sull’avanzamento dei progetti. Solo così infatti sarà possibile verificare il raggiungimento di determinati target. In primis quelli da completare entro l’anno, tra cui l’aumento del gettito fiscale o la creazione di 7.500 nuovi posti letto per gli studenti.

Queste informazioni dovrebbero essere contenute nel sistema informativo Regis. In base a quanto emerge dalla relazione del governo per il parlamento la piattaforma è stata completata solo di recente e le varie amministrazioni stanno procedendo all’invio della documentazione. Attualmente sarebbero registrati nel sistema circa 73.000 progetti. Tuttavia, come abbiamo già spiegato in questo articolo, le informazioni contenute su Regis non appaiono a oggi accessibili alla cittadinanza, mentre i dati pubblicati sul portale Italia domani risultano aggiornati al 31 dicembre scorso.

€ 65 mld il valore complessivo dei progetti in corso caricati sulla piattaforma Regis (ma tuttora non disponibili per il monitoraggio civico).

Nella relazione si legge che le tempistiche con cui questi dati saranno resi disponibili dipenderà dalla velocità con cui le amministrazioni coinvolte nella realizzazione dei diversi interventi invieranno le informazioni richieste. Questo conferma il fatto che ad oggi in Italia nessuno ha un quadro complessivo aggiornato e puntuale di quello che sta accadendo. Un’evidenza particolarmente grave e a cui è necessario porre rimedio al più presto, evitando che il cambio di governo causi ulteriori ritardi.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: palazzo Chigi – Licenza

 

In pensione con 38 anni di contributi con una misura flessibile perfetta

In pensione con 38 anni di contributi con una misura flessibile perfetta

I lavoratori che hanno maturato 38 anni di contributi versati negli anni 2019, 2020 e 2021 hanno potuto godere della Quota 100. Già al compimento dei 62 anni di età la Quota 100 ha permesso di lasciare il lavoro a quanti avevano maturato quella carriera contributiva. Chi invece li ha maturati nel 2022, ha potuto sfruttare la Quota 102. La misura che consentiva il pensionamento a partire dai 64 anni di età va in scadenza il 31 dicembre 2022 ma si parla di una sua possibile estensione. Ma il sistema, i lavoratori e i loro rappresentanti, chiedono flessibilità in uscita. In altri termini ok alle misure che consentono un pensionamento anticipato al raggiungimento di una determinata carriera contributiva. Ma dovrebbero essere meno rigide rispetto alle misure a cui sono stati abituati i lavoratori in questi ultimi anni. In termini pratici dovrebbero essere più flessibili.

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In pensione con 38 anni di contributi anche nei prossimi anni

Dal momento che sia Quota 100 che la Quota 102 garantivano il pensionamento quando la somma dei contributi e dell’età raggiungeva la quota prestabilita, molti si chiedono il perché non siano state inserite più combinazioni per completare la quota. Per esempio per la pensione in regime usuranti, quella che per esempio consente a determinate categorie di lavoratori di uscire già a 61 anni e 7 mesi di età con 35 anni di contributi versati, il raggiungimento della Quota 97,6 è determinato dalla somma di età e contributi. E sono valide anche le frazioni di anno. In quel caso si parla di pensione flessibile, perché valgono sia le frazioni di anno anagrafiche che le frazioni di anno contributive.

La quota 102 flessibile, ecco come sarebbe

In pensione con 38 anni di contributi potrebbe restare in vigore a 64 anni con la Quota 102. Molti vorrebbero una conferma di questa misura, ma dotandola di una flessibilità maggiore. Oggi con la Quota 102 che scade il prossimo 31 dicembre possono uscire dal lavoro coloro i quali completano 64 anni di età e 38 anni di contributi versati. Ma i 38 anni di contributi versati sono fissi e quindi aprono alla possibilità di uscire con questa contribuzione a chi ha compiuto 64, 65 o 66 anni di età. Aprire alla possibilità di andare in pensione a chi non ha ancora raggiunto i 64 anni potrebbe essere una soluzione. Per esempio, Quota 102 potrebbe essere completata anche a 63 anni una volta raggiunti i 39 anni di contributi versati. Darebbe comunque Quota 102, e potrebbe essere già una variazione sul tema.

Una misura con flessibilità perfetta

Una misura a quota pura, dovrebbe consentire a chiunque raggiunge la quota di poter andare in pensione a prescindere da come la questa viene raggiunta. E sicuramente con una misura flessibile di questo tipo potrebbero anche venire meno tutte le altre misure previdenziali alternative a quelle ordinarie che ha il sistema previdenziale oggi. Dal momento che la pensione anticipata ordinaria si centra più o meno a 43 anni di contributi versati senza limiti di età, è evidente che dovrebbe essere concessa la possibilità di uscire con Quota 102 a chi ha 59 anni di età e 43 anni di contributi versati. Tanto, questo lavoratore uscirebbe lo stesso con la pensione anticipata ordinaria.

E anticipare di qualche mese l’uscita a chi ha 42 anni di contributi versati e 60 anni di età, oppure a chi ha 61 anni di età e 41 anni di contributi dovrebbe essere garantito. Per questi ultimi si parla tanto di Quota 41 per tutti, ma a questo punto rendere flessibile la Quota 102 potrebbe riuscire a rendere meno necessaria la Quota 41 per tutti.

Lettura consigliata

Sant’ Ignazio di Antiochia

 

Sant’ Ignazio di Antiochia


Nome: Sant’ Ignazio di Antiochia
Titolo: Vescovo e martire
Nascita: 35, Antiochia, Turchia
Morte: 107, Roma
Ricorrenza: 17 ottobre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Memoria liturgica
Ignazio, soprannominato Teoforo (portatore di Dio), abbracciò la fede per opera degli apostoli è particolarmente di S. Giovanni, di cui fu discepolo prediletto.

Ricevuta la sacra ordinazione, si distinse per le sue rare doti apostoliche, per cui gli Apostoli lo consacrarono vescovo d’Antiochia. Fu pieno di Spirito Santo e la parola di lui era dai fedeli accolta quale oracolo del cielo. Zelantissimo pastore e padre di anime, ebbe molto da combattere contro la perfidia dei Giudei e il furore dei pagani; ma col digiuno, preghiera e soda dottrina che possedeva, riuscì a dissipare le tenebre dell’errore e dell’eresia.

Anelava al martirio e l’ora giunse quando infierì la persecuzione di Traiano, il quale conoscendo la fiorente Chiesa di Antiochia, venne col proposito di fare strage del pastore e del gregge. Chiamò pertanto a sè Ignazio e così lo apostrofò:
– Sei tu quel demonio che infrangi le mie leggi e spingi gli altri ad infrangerle?
– Nessuno diede mai questo nome ad un servo di Gesù Cristo, rispose Ignazio, ma sappi, o imperatore, che i demoni fuggono alla sua presenza.
– Tu dunque adori Gesù Cristo che Pilato fece crocifiggere?
– Di’ piuttosto che Gesù crocifisse il peccato per dare a coloro che credono in Lui il potere di trionfare sui demoni e sul peccato.

Impotente a vincere il fedele servo di Cristo, Traiano pronunciò l’ingiusta sentenza.
— Comandiamo che Ignazio, il quale si gloria di adorare il Crocifisso, venga legato, condotto a Roma e dato in pasto alle fiere, dopo aver servito come trastullo della plebe.

Il santo Vescovo ringraziò il tiranno e, legato, partì per Roma scortato da soldati che lo tormentarono in tutte le maniere.

Passando per le città d’Asia e della Grecia, edificò le varie comunità cristiane colla parola e coll’esempio d’invitto coraggio.

Durante questo viaggio scrisse sei lettere ai Cristiani di Efeso, di Magnesia, di Smime, di Traila, a S. Policarpo, incitando tutti a rimanere fermi nella fede e umilmente soggetti ai proprii vescovi, perchè solo per essi riceviamo dal Signore le grazie.

Scrisse anche una lettera ai Romani, dai quali temeva, per l’affetto che gli portavano, che gli impetrassero la liberazione, mentre egli null’altro bramava che il martirio. Infatti così scrive: « Sono frumento di Cristo e debbo essere macinato dai denti dei leoni; se questi divenissero mansueti e volessero risparmiarmi, io stesso li aizzerò: le mie catene gridino a voi di stringervi in un’incrollabile armonia di fede e di preghiera ».

Sant'Ignazio di Antiochia

autore: Cesare Fracanzano anno 600 titolo Martirio di Sant’Ignazio di Antiochia

Giunse a Roma l’anno 107 e, gettato nell’anfiteatro, le fiere lo sbranarono. Le sue reliquie furono portate ad Antiochia.

PRATICA. S. Ignazio ci insegna e ci raccomanda la filiale ubbidienza e il rispetto dovuto ai ministri di Dio, perchè il Signore ha detto: « Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me ».

PREGHIERA. Riguarda, o Signore, la nostra debolezza, e ci protegga dal cielo la potente intercessione del beato martire e vescovo Ignazio.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di sant’Ignazio, vescovo e martire, che, discepolo di san Giovanni Apostolo, resse per secondo dopo san Pietro la Chiesa di Antiochia. Condannato alle fiere sotto l’imperatore Traiano, fu portato a Roma e qui coronato da un glorioso martirio: durante il viaggio, mentre sperimentava la ferocia delle guardie, simile a quella dei leopardi, scrisse sette lettere a Chiese diverse, nelle quali esortava i fratelli a servire Dio in comunione con i vescovi e a non impedire che egli fosse immolato come vittima per Cristo.

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