Misericordia da vivere

 

 

· ​I lavori del sinodo ·

10 ottobre 2015

 
 

 

Un treno in corsa che non si ferma. È l’immagine usata da un padre sinodale per descrivere il rischio di passare accanto a tante realtà umane senza mettere in atto la necessaria misericordia. Un tema, quello della misericordia, al quale da più parti si è fatto riferimento, nella quinta e nella sesta congregazione generale, svoltesi rispettivamente nel pomeriggio di venerdì 9 e nella mattina di sabato 10 ottobre, alla presenza di Papa Francesco.

Durante la congregazione di sabato, i 253 padri sinodali presenti, sotto la presidenza del cardinale Napier, hanno terminato la seconda parte dell’Instrumentum laboris e hanno iniziato la terza sul tema: «La missione della famiglia oggi». Tra gli intervenuti, i cardinali Parolin, Montenegro, Ryłko, Thottunkal, Blázquez Pérez e gli arcivescovi Gómez, Pontier, Takami. Alla recita dell’Ora terza, l’arcivescovo Ioannis Spiteris ha tenuto l’omelia, mettendo in guardia dal rischio di considerare la santità come il primato del sacrificio, del culto esterno, invece di viverla come l’obbedienza amorosa a Dio testimoniata dal comandamento dell’amore vicendevole.

Nella successiva discussione è tornato a più riprese il riferimento alla misericordia. Che va considerata un’opera di salvezza e non di perdizione, perché in essa è racchiusa la giustizia più grande. Da qui l’invito alla Chiesa perché non finisca prigioniera di un’immagine stereotipata che la rappresenta come “comunità del no”. È significativo, è stato fatto notare, che Gesù non abbia definito il termine misericordia, ma l’abbia mostrata concretamente con la sua stessa vita. D’altra parte, si è anche insistito sulla necessità di non contrapporre misericordia e giustizia, misericordia e verità. E qui il riferimento diretto è stato alla questione dell’indissolubità del matrimonio e alle aperture pastorali nei riguardi dei divorziati risposati civilmente. La Chiesa, è stato detto, non può lasciarsi condizionare né da sentimenti di falsa compassione per le persone, né da errati modelli di pensiero, anche se diffusi nella società.

Dalle molte esperienze presentate durante gli interventi è emerso il quadro della situazione delle famiglie nei vari continenti, con le loro attese, le loro difficoltà e le loro potenzialità. In particolare, è stato messo l’accento sul bisogno di maggiore spiritualità, di preghiera e di interiorità. Una possibile risposta alla crisi familiare potrebbe venire proprio dalla parola di Dio, perché davanti a essa la famiglia scopre pienamente il senso del matrimonio. Per questo, i coniugi devono imparare a lasciarsi illuminare dalla luce del Vangelo senza farsi influenzare dalle ideologie del momento. Proprio per non venire omologata ai modelli imperanti, è stato ribadito che la famiglia è al centro delle attenzioni pastorali della Chiesa. La quale, nel rispetto dei ruoli, sollecita i governi per i gravi ritardi delle politiche familiari, anche nei sistemi sociali considerati più avanzati. In particolare, essa richiama l’attenzione pubblica sulla necessità di una più equa amministrazione dei beni comuni e dell’ambiente. Invita poi a riflettere più seriamente sulla fretta di certi adattamenti normativi che riguardano la specificità dei legami personali e sociali.

La discussione sulla terza parte dell’Instrumentum laboris è stata preceduta dalla testimonianza di Penelope e Ishwarlal Bajaj, coppia indù-cristiana della diocesi di Mumbai in India, i quali hanno sottolineato come la libertà religiosa abbia aperto la strada alla fecondità del loro matrimonio. Quindi il cardinale Napier ha ricordato come in questa fase del dibattito l’attenzione verrà concentrata sul rapporto tra famiglia ed evangelizzazione, famiglia e formazione e famiglia e accompagnamento ecclesiale.

Nel corso degli interventi di venerdì pomeriggio, 9 ottobre, durante la quinta congregazione generale, svoltasi alla presenza di Papa Francesco e sotto la presidenza del cardinale Damasceno Assis, il confronto si è concentrato sulla famiglia considerata come una scuola, una forza missionaria, una vocazione, ma anche come l’espressione più compiuta di solidarietà tra i membri che la compongono. Alla presenza di 249 padri sinodali, sono stati pronunciati 23 interventi programmati e 18 liberi. A prendere la parola, tra gli altri, i cardinali Tauran, Tagle, Müller, Poli, Sistach, Nichols, gli arcivescovi Chimoio, Smith, Paglia, il vescovo Solmi, e i religiosi Nicolás Pachón e Janson.

Una delle proposte emerse dalla discussione è stata quella di celebrare un presinodo per ogni continente vista la diversità di culture, tradizioni, politiche e geografiche. D’altra parte, è stato anche fatto notare che la famiglia si basa su elementi validi e valori condivisibili in altre tradizioni religiose. Per questo motivo, essa è un luogo privilegiato per sviluppare un fecondo dialogo. Oltretutto, nelle nostre società sempre più globalizzate, multiculturali e multireligiose, il contributo che la famiglia può offrire alla comprensione e all’integrazione è essenziale. Infatti, sono proprie le famiglie cristiane a entrare in contatto con persone di altre religioni e a offrire perciò la prima testimonianza dell’accoglienza della comunità cristiana. In questo contesto, non è mancato un pensiero alle famiglie costrette ad abbandonare le proprie case a causa delle violenze, alla ricerca di sicurezza e di migliori opportunità di vita.

In ogni caso è stato ribadito che la famiglia non è solo oggetto di evangelizzazione, ma è anche una scuola dove si imparano i valori su cui si deve fondare la società. In particolare, è una scuola di onestà, integrità, misericordia e giustizia. I riflessi di quanto avviene in essa si ripercuotono nella quotidianità. Dunque, se una famiglia è corrotta si corrompe anche la società.

Lo stesso vale per la capacità della famiglia di venire in soccorso degli altri che sono nella sofferenza. Per questo essa deve aprirsi all’esterno e curare le ferite delle altre famiglie. Un’apertura quanto mai necessaria: ed è questo che molti attendono dal sinodo, invocando una spinta decisiva per riconoscere la forza missionaria della famiglia.

È stato anche fatto notare come la Chiesa stessa sia una famiglia che dovrebbe avere gli stessi atteggiamenti nei confronti degli uomini e delle donne che hanno bisogno d’amore: divorziati, coppie di fatto, poligami e tutti quanti si sentono esclusi. I padri sinodali sono stati invitati a guardare con compassione chi ha fame di misericordia.

L’accento sulla formazione al matrimonio è stato posto da diversi padri. C’è stato anche chi ha invitato a istituire sei mesi di “noviziato” per le coppie che vogliono sposarsi in chiesa, proprio perché possano seguire un programma di accompagnamento in vista del loro progetto di vita comune. Esiste già un’esperienza simile in un parrocchia di Tokyo, dove i cristiani sposati accompagnano i fidanzati per sei mesi.

I padri sinodali avevano cominciato a riflettere sulla seconda parte dell’Instrumentum laboris già venerdì mattina, a chiusura della quarta congregazione generale. Undici gli interventi, tra i quali quelli dei cardinali Vingt-Trois, Rivera Carrera, Scherer e Wuerl, e degli arcivescovi Bessi Dogbo e Palma. Fra i temi affrontanti: il matrimonio indissolubile tra uomo e donna, come autentica vocazione della Chiesa, la famiglia come soggetto missionario, protagonista della nuova evangelizzazione e luogo privilegiato per fare esperienza dell’amore di Dio che salva, un segno concreto di salvezza e di speranza in un mondo segnato da tante zone d’ombra, crisi e contraddizioni. Nel corso degli interventi è stato sottolineato che quando si parla di vocazione, non sempre si è consapevoli che il matrimonio è una delle vie privilegiate di risposta alla chiamata universale alla santità; bisogna però fare in modo che questa consapevolezza cresca, perché gli sposi «non si possono accontentare di una vita mediocre».

A più riprese i padri sono tornati a ribadire da una parte il valore dell’indissolubilità del matrimonio, dall’altra l’importanza di avere sempre un atteggiamento di pazienza e di misericordia verso chi non condivide o non riesce a vivere in pieno quanto viene annunciato dalla Chiesa. Insomma, bisogna avere «coraggio, insistenza, speranza», ma soprattutto misericordia.

 
  •  
    Sinodo dei vescovi
 
          Condividere
 

– See more at: http://www.osservatoreromano.va/it/news/misericordia-da-vivere#sthash.TiezV74Q.dpuf

Misericordia da vivereultima modifica: 2015-10-11T21:24:13+02:00da vitegabry
Reposta per primo quest’articolo