Archivi giornalieri: 15 giugno 2022

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Vigili del Fuoco e Corpo Forestale: calcolo quota retributiva pensione

Vigili del Fuoco e Corpo Forestale: calcolo quota retributiva pensione

L’Istituto, con la circolare INPS 14 giugno 2022, n. 68, fornisce nuove istruzioni riguardo all’applicazione dell’articolo 54 del d.p.r. 1092/1973 con riferimento al calcolo della quota retributiva delle pensioni liquidate ai sensi dell’articolo 1, comma 12, della legge 335/1995, per il personale operativo del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco e del disciolto Corpo Forestale dello Stato.

Con le circolari INPS 14 luglio 2021, n. 107 e 29 dicembre 2021, n. 199, l’Istituto ha già illustrato i criteri di calcolo della quota retributiva delle pensioni spettanti al personale del comparto difesa e ad alcune figure a esso equiparate.

A seguito del nuovo assetto giurisprudenziale definito dalle sentenze della Corte dei Conti, è stato precisato che per coloro che sono cessati dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e con un’anzianità al 31 dicembre 1995 inferiore a 18 anni, la quota di pensione retributiva deve essere calcolata con il riconoscimento dell’aliquota di rendimento del 2,44% per il numero degli anni di anzianità contributiva maturati fino a quella data.

La disciplina pensionistica prevista per il personale militare, all’articolo 61 del d.p.r. 1092/1973, estende l’applicabilità della normativa al personale operativo del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco e del disciolto Corpo Forestale dello Stato, con il conseguente riconoscimento dell’aliquota di rendimento annua del 2,44% anche per i soggetti appartenenti a questi comparti con un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995.

Nella circolare sono contenute, inoltre, le indicazioni per la gestione del contenzioso giurisdizionale e dei ricorsi amministrativi.

“INPS Notizie”: attivo il nuovo servizio per Alexa e Google Assistant

“INPS Notizie”: attivo il nuovo servizio per Alexa e Google Assistant

Con il messaggio 14 giugno 2022, n. 2408 si comunica che è attivo “INPS Notizie“, il nuovo servizio informativo che permette di consultare le news e i comunicati stampa dell’Istituto tramite gli assistenti vocali Alexa e Google Assistant.

Questo servizio rientra tra le attività di innovazione previste nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), finalizzate a rendere disponibili le informazioni e i servizi dell’Istituto in logica multicanale.

Il messaggio fornisce le istruzioni per attivare e utilizzare il servizio. Una volta attivata, la funzionalità “INPS Notizie” permetterà di ascoltare le news e i comunicati in ordine cronologico (la prima notizia sarà quella più recente), effettuare una ricerca per testo, filtrare le notizie e i comunicati per data.

Quadro RR per artigiani, commercianti e autonomi: chiarimenti

Quadro RR per artigiani, commercianti e autonomi: chiarimenti

Con la circolare INPS 9 giugno 2022, n. 66 l’Istituto ha fornito le indicazioni sulla modalità di compilazione del Quadro RR per gli artigiani, i commercianti e i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata.

Con il messaggio 14 giugno 2022, n. 2413 l’INPS torna sull’argomento segnalando che in un paragrafo della circolare è stato riportato un valore errato anziché l’aliquota corretta. La frase è stata pertanto corretta come segue: “Determinata la base imponibile, verrà calcolato il contributo dovuto applicando l’aliquota (24% e/o 25,98%) a seconda se il soggetto sia coperto o meno da altra previdenza obbligatoria”.

Indennità una tantum per lavoratori dipendenti: istruzioni contabili

Indennità una tantum per lavoratori dipendenti: istruzioni contabili

Il messaggio 13 giugno 2022, n. 2397 fornisce le istruzioni per la corretta gestione del bonus una tantum di 200 euro, previsto dal decreto Aiuti, spettante ai lavoratori subordinati.

datori di lavoro, in mancanza di dichiarazione contraria da parte dei dipendenti, devono erogare il bonus insieme alla retribuzione del mese di luglio, e poi compenseranno il relativo importo in Uniemens . Il bonus spetta a ciascun lavoratore subordinato una sola volta, anche in presenza di più rapporti di lavoro.

Possono accedere all’indennità di 200 euro, ricorrendone i presupposti previsti dalla legge, tutti i lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati, a prescindere dalla circostanza che assumano o meno la natura di imprenditore.

Nel computo della soglia di reddito da rispettare per la legittima spettanza vanno inclusi tutti i redditi di qualsiasi natura con la sola eccezione dei seguenti:

  • rendita casa di abitazione e relative pertinenze;
  • trattamenti di fine rapporto;
  • emolumenti arretrati sottoposti a tassazione separata;
  • ANF, assegni familiari e assegno unico universale;
  • assegni di guerra, indennizzi da vaccinazione o trasfusione;
  • indennità di accompagnamento.

Il bonus una tantum da 200 euro è fiscalmente esente.

L’indennità da 200 euro una tantum è prevista per i disoccupati e i cassintegrati a zero ore che risultino tali nel mese di giugno. In entrambi i casi sarà l’INPS a erogare il contributo nel mese di luglio.

Il bonus spetta a tutti i lavoratori dipendenti, con esclusione dei rapporti di lavoro domestico, purché venga rispettato il limite della retribuzione mensile, imponibile ai fini previdenziali, pari a 2.692 euro.

L’erogazione dell’indennità una tantum genera un credito che il datore di lavoro può compensare in sede di denuncia contributiva mensile.

Collaborazione con l’ex datore di lavoro dopo quota 100. E’ possibile?

Collaborazione con l’ex datore di lavoro dopo quota 100. E’ possibile?

Il lavoratore dipendente che va in pensione anticipata con quota 100 deve rispettare alcuni limiti ben precisi

Quanti soldi per le pensioni nel 2023? Il post Quota 102 è in salita

In redazione è arrivato un importante quesito su quota 100.

Un lavoratore dipendente è andato da poco in pensione con quota 100. Sta valutando la possibilità di collaborare con un’impresa che opera nello stesso settore in cui lavorava da dipendente. La collaborazione sarebbe di tipo occasionale e potrebbe riguardare anche il suo ex datore di lavoro.

Ci sono dei paletti da rispettare, quota 100 è compatibile con le collaborazioni occasionali?

Quota 102

Grazie a quota 100, una volta maturati i requisiti entro lo scorso 31 dicembre 2021, è possibile andare in pensione in via anticipata.

Per beneficiare di quota 100, sono richiesti due specifici requisiti da maturare tra il 2019 ed il 31 dicembre 2021.

Nello specifico, il contribuente deve essere in possesso di:

  • un’età anagrafica non inferiore a 62 anni
  • un’anzianità contributiva non inferiore a 38 anni.

Grazie al meccanismo di cristallizzazione dei requisiti c’è ancora chi può andare in pensione con quota 100.

Incompatibilità di quota 102 con altri redditi

Per rispondere al quesito esposto in premessa, è necessario riprendere le indicazioni fornite dall’Inps con la circolare n° 117/2019.

Ma innanzitutto vediamo cosa dice la norma ossia l’art.14 del D.L. 4/2019.

In particolare, il legislatore prevede che:

La pensione di cui al comma 1 non e’ cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.

Da qui, nella circolare sopra citata, l’Inps ha ribadito che l’incompatibilità opera in relazione ai redditi da lavoro autonomo percepiti nel periodo compreso tra la data di decorrenza del trattamento pensionistico e la data di compimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia.

I redditi da lavoro autonomo e d’impresa rilevano al lordo delle ritenute erariali ed al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti all’INPS.

Rilevano ai fini dell’incumulabilità della pensione quota 100:

  • compensi percepiti per l’esercizio di arti;
  • redditi di impresa connessi ad attività di lavoro, nonché
  • le partecipazioni agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione nei casi in cui l’apporto è costituito dalla prestazione di lavoro (cfr. il messaggio n. 59 del 12 marzo 1997);
  • diritti d’autore.

La risposta al lettore

In base a quanto detto finora, il lavoro autonomo occasionale è compatibile con la pensione quota 100. La compatibilità opera nei limiti di 5.000 euro lordi annui. Dunque dalle collaborazioni occasionali complessivamente avviate dal pensionato non possono derivare introiti superiori a 5.000 euro.

Ai fini della verifica del superamento di detto limite di importo, rileva il reddito annuo derivante dallo svolgimento di lavoro autonomo occasionale, compreso, pertanto:

  • quello riconducibile all’attività svolta nei mesi dell’anno precedenti la decorrenza della pensione e/o successivi
  • al compimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia.

Nel rispetto di tali limiti, quota 100 è compatibile con il lavoro autonomo occasionale.

 

I cambi di gruppo parlamentare a maggio 2022Valzer parlamentare

I cambi di gruppo parlamentare a maggio 2022Valzer parlamentare

L’avvicinarsi della fine della legislatura e l’inizio delle manovre elettorali ha determinato nuovi riposizionamenti in seno alle camere. Da segnalare in particolare la nascita di un nuovo gruppo al senato e alcuni spostamenti verso Forza Italia.

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Dopo le fibrillazioni dei primi mesi dell’anno dovute alle elezioni per il presidente della repubblica, il parlamento ha ripreso la propria attività dovendo affrontare questioni tutt’altro che secondarie. Tra queste, l’esplosione del conflitto militare in Ucraina che ha avuto un impatto anche sul nostro paese sia dal punto di vista umanitario che economico. E, parallelamente, la necessità di portare a compimento le riforme legate al piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) rispettando le tempistiche previste.

In un contesto così complesso non si è comunque arrestato il fenomeno dei cambi di gruppo in parlamento. Nei primi 5 mesi dell’anno infatti si sono registrati 55 riposizionamenti che hanno visto protagonisti 34 tra deputati e senatori. Una dinamica certamente influenzata dalle operazioni che hanno portato alla conferma di Sergio Mattarella al Quirinale. Ma, almeno in parte, anche dal fatto che ormai la legislatura sta volgendo al termine.

34 i parlamentari che hanno cambiato gruppo nel primo trimestre del 2022.

Con l’avvicinarsi delle elezioni infatti, la decisione di cambiare gruppo o meno può anche essere motivata da una valutazione sulle possibilità di candidatura e rielezione.

I cambi di gruppo dal 2018 a oggi

Il fenomeno dei cambi di gruppo, pur se con intensità diversa, ha caratterizzato tutta la legislatura fin dal suo inizio nel marzo del 2018. Infatti evoluzioni nella composizione dei gruppi di camera e senato sono avvenute con cadenza quasi mensile. Alcuni passaggi politici particolarmente rilevanti però hanno impresso una significativa accelerazione al fenomeno. Ad esempio i due cambi di governo hanno comportato dei significativi stravolgimenti nella geografia parlamentare. Un altro momento molto importante è stato la recente elezione del presidente della repubblica che ha portato al rinnovo del mandato di Sergio Mattarella.

Tra dicembre 2021 e gennaio 2022 infatti si sono conteggiati 31 cambi di appartenenza. Una volta superato questo scoglio la frequenza dei cambi di gruppo è tornata ad attenuarsi anche se il fenomeno non si è mai del tutto arrestato. In totale quindi i cambi di gruppo sono arrivati a 332, di cui 55 avvenuti nei primi 5 mesi dell’anno in corso. Alla camera i deputati coinvolti sono stati 146 per un totale di 198 cambi di gruppo. A palazzo Madama invece i riposizionamenti totali sono stati 134 e hanno visto protagonisti 73 senatori.

 
 
DA SAPERE

Nel grafico sono riportati i cambi di gruppo avvenuti mese per mese nel corso della XVIII legislatura. I dati relativi al senato sono aggiornati alla data del 19 maggio 2022.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 7 Giugno 2022)

 

Si tratta certamente di numeri molto consistenti ma comunque ancora lontani dai valori relativi al quinquennio 2013-2018. In questo periodo infatti i cambi di gruppo sono stati 569 e hanno coinvolto 348 parlamentari, oltre un terzo degli esponenti presenti a palazzo Madama e Montecitorio. Più contenuti invece i valori riguardanti la XVI legislatura. Tra il 2008 e il 2013 infatti i deputati e i senatori che cambiarono gruppo furono 180 per un totale di 261 riposizionamenti.

 
 

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 7 Giugno 2022)

 

La disparità tra il numero di cambi di gruppo complessivi e quello dei parlamentari coinvolti è dovuta al fatto che un esponente politico può anche cambiare più di un gruppo durante la legislatura.

Come sono cambiati i gruppi parlamentari nella XVIII legislatura

Analizzando l’evoluzione dei gruppi della camera e del senato, possiamo osservare che ci sono in particolare 4 formazioni che, dal 2018 a oggi, si sono indebolite di cui 3 in maniera rilevante. Si tratta del Movimento 5 stelle, che ha perso 100 esponenti dall’inizio della legislatura, di Forza Italia (-36) e del Partito democratico (-29). A queste si aggiunge Liberi e uguali che, tra nuovi ingressi e abbandoni, si è ridotto di un’unità rispetto all’inizio della legislatura.

Fdi e Lega si sono rafforzate in parlamento grazie ai cambi di gruppo.

Analizzando il dato relativo agli abbandoni, possiamo osservare che dopo il M5s il secondo gruppo che ne ha subiti di più è stato il misto (90). Questo gruppo allo stesso tempo però è anche quello che ha accolto il maggior numero di nuovi parlamentari dall’inizio della legislatura. Gli ingressi infatti sono stati 150, per un saldo positivo di 60 nuovi aderenti complessivi tra camera e senato. Il motivo di un ricambio così significativo è dovuto alle particolari caratteristiche del gruppo misto, che accoglie tutti quei parlamentari che scelgono di non aderire ad altri gruppi.

I gruppi rappresentano la proiezione dei partiti all’interno del parlamento. Ogni parlamentare deve aderire ad un gruppo ma può scegliere a quale senza vincoli. E può anche cambiare liberamente nel corso della legislatura. Se non aderisce a nessun altro gruppo, viene inserito d’ufficio nel misto. Vai a “Che cosa sono i gruppi parlamentari”

Gli altri gruppi con saldi positivi tra entrati e fuoriusciti sono Italia viva (+45), Coraggio Italia (+20), Costituzione, ambiente, lavoro (+13), Fratelli d’Italia (+9) e Lega (+7). Fdi e Lega però erano gli unici gruppi già presenti all’inizio della legislatura. Gli altri invece si sono costituiti in seguito. È quindi fisiologico che abbiano un saldo positivo tra parlamentari persi e acquisiti. Interessante notare da questo punto di vista che sia Iv che Ci, nonostante si siano costituiti nel corso del quinquennio registrino comunque degli abbandoni al loro interno: rispettivamente 8 e 7. Indice del fatto che, evidentemente, alcuni tra gli esponenti che vi avevano aderito hanno ritenuto che questi progetti non sono effettivamente decollati fuori dalle aule parlamentari.

I cambi di gruppo nel dettaglio

Il cambio di gruppo non è necessariamente un un evento singolo nel percorso di un parlamentare. In parecchi in effetti hanno cambiato più volte gruppo nel corso di questa legislatura.

75 i parlamentari che hanno cambiato più di un gruppo nel corso della XVIII legislatura.

Al primo posto in questa particolare classifica troviamo il senatore Giovanni Marilotti, autore di ben 5 passaggi. Ci sono poi 12 esponenti con 4 cambi di gruppo ciascuno. Si tratta di:

Molti degli esponenti appena citati sono confluiti infine nel gruppo del senato Costituzione, ambiente, lavoro – Alternativa – Pc – Idv (Cal). La vicenda di questa formazione è molto interessante. Come abbiamo già raccontato in un precedente approfondimento infatti questo gruppo si era già costituito nel gennaio scorso durante le operazioni per l’elezione del presidente della repubblica. In quell’occasione però il gruppo si è sciolto dopo solamente un giorno e i senatori che vi avevano aderito erano tornati sui loro passi.

Questa formazione però è stata nuovamente reintrodotta, seppure con una denominazione leggermente diversa, lo scorso 9 maggio. Di conseguenza, tutti coloro che vi avevano aderito la prima volta hanno effettuato un nuovo cambio di gruppo per rientrarvi. A questi poi se ne sono aggiunti anche altri successivamente. Tra gli esponenti più noti di questa formazione vi sono l’ex ministra Barbara Lezzi e l’ex presidente della commissione affari esteri Vito Petrocelli (sostituito nel ruolo per le sue posizioni filorusse) che, dopo aver abbandonato il Movimento 5 stelle, ha deciso di aderire a questo nuovo raggruppamento. Possiamo osservare che, salvo il caso dell’ex leghista Rosellina Sbrana, tutti gli altri componenti del gruppo avevano iniziato la legislatura nel M5s.

Molti parlamentari sono passati a Fi, forse sperando in una rielezione.

Un ultimo elemento interessante da notare riguarda il fatto che in questi mesi ci sono stati molti nuovi ingressi in Forza Italia. Parliamo di 6 esponenti acquisiti dai gruppi azzurri a fronte di un solo abbandono nel periodo considerato. Si tratta in particolare di Matteo Dall’OssoNicola AcunzoStefano BenigniMichela RostanSaverio De Bonis e Gelsomina Vono. Un dato in contrasto rispetto alla dinamica di lungo periodo che vede Fi come una delle principali vittime del fenomeno.

 
 
DA SAPERE

Il grafo riporta sono la destinazione iniziale e finale dei deputati e dei senatori che hanno cambiato gruppo nei primi 5 mesi del 2022. Non sono rappresentati eventuali cambi di gruppo intermedi.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 10 Giugno 2022)

 

Questa apparente inversione di tendenza (che sta caratterizzando anche, in misura minore, il Partito democratico) può essere forse spiegata con logiche di opportunità politica. Con il taglio dei parlamentari e l’avvicinarsi delle elezioni infatti, non deve stupire che i deputati e senatori cerchino la via che, a loro giudizio, possa garantirgli le più alte probabilità di rielezione.

Particolarmente rilevante da questo punto di vista il percorso dell’onorevole Michela Rostan. La vice presidente della commissione affari sociali infatti era stata eletta nella lista di Liberi e uguali. Inizialmente aveva aderito al misto prima di approdare al gruppo di Leu. Rostan è poi passata a Italia via, è successivamente rientrata nel misto prima di approdare finalmente a Forza Italia.

Foto: Facebook – Michela Rostan

Quirinale

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Presidenza dellaRepubblica

La condizione nelle carceri dopo l’emergenza Covid Europa

La condizione nelle carceri dopo l’emergenza Covid Europa

La pandemia è stata particolarmente dura per chi l’ha vissuta in stato di detenzione. Approfondiamo la situazione del dopo emergenza rispetto a 3 aspetti: affollamento, morti nelle carceri e percorsi di reinserimento, in Italia e in Europa.

 
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Gli oltre due anni trascorsi hanno segnato duramente la vita di tutti. Una condizione che, come abbiamo avuto modo di raccontare, è stata particolarmente difficile per chi ha vissuto questo periodo dentro le carceri.

Dopo la pandemia 3 questioni appaiono centrali nella condizione dei detenuti.

A distanza di alcuni mesi, quale sia la situazione nelle carceri italiane ed europee nella fase post pandemica è una domanda che rimane sottotraccia nel dibattito pubblico. Come purtroppo accade spesso su questo tema, le questioni legate alla vita dei detenuti riemergono solo in occasione di proteste o fatti di cronaca, come quelli avvenuti di recente nel carcere di Cremona.

Attraverso i dati disponibili, raccolti dalle istituzioni pubbliche e anche dalle associazioni attive sul tema, abbiamo provato ad approfondire meglio, concentrandoci su 3 aspetti. La questione del sovraffollamento, che sembra tornare centrale con la fine dell’emergenza. In secondo luogo, le morti in carcere, in particolare i casi di suicidio. Un problema da non sottovalutare visto l’impatto della crisi pandemica sulle condizioni dei carcerati e anche dal punto di vista della salute mentale.

Infine, il ruolo della formazione e del lavoro per favorire il reinserimento. E adempiere a quella che – come a volte si tende a dimenticare – dovrebbe essere la missione costituzionale degli istituti di pena.

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato

Dopo il Covid, torna a crescere l’affollamento delle carceri

Alla vigilia della pandemia, erano 10 gli stati Ue caratterizzati da sovraffollamento delle carceri. Tra questi, l’Italia spiccava come uno dei sistemi penitenziari europei più problematici. Il dato italiano era infatti il secondo peggiore in Ue, con circa 120 detenuti ogni 100 posti disponibili. Una quota superata negativamente solo da Cipro (134,6 su 100), mentre il paese con il minor numero di detenuti effettivi rispetto ai posti disponibili all’inizio del 2020 era la Germania (69 su 100).

10 gli stati Ue in cui il tasso di occupazione delle carceri superava il 100% alla vigilia dell’emergenza.

Il Covid ha dimostrato l’insostenibilità del sovraffollamento.

La pandemia ha completamente sconvolto tale assetto, data l’incompatibilità tra una situazione di sovraffollamento e le politiche di contenimento del contagio. Ciò ha portato i diversi paesi europei ad adottare un mix di misure: talvolta deflattive, per ridurre il numero di detenuti tra i reati meno gravi, più spesso restrittive, come la sospensione dei colloqui e degli ingressi esterni di persone con cui i detenuti svolgevano attività lavorative, educative, formative e ricreative. Tali misure, come sottolineato dalle associazioni per la tutela dei diritti dei detenuti, sono state molto spesso di natura emergenziale, contribuendo al peggioramento della condizione di vita in carcere.

Con queste premesse [sovraffollamento, scarse condizioni igienico-sanitarie e scarsa areazione dei luoghi chiusi], e sapendo che il propagamento delle malattie infettive in carcere può essere molto veloce, i governi hanno messo in atto diversi tipi di misure volte a evitare l’ingresso del virus negli istituti e, più raramente, anche a diminuire il numero dei detenuti. Misure che purtroppo non hanno avuto un ampio respiro sistemico ma si sono limitate al contrasto emergenziale.

In Italia, una misura deflattiva è stata applicata nei casi di pene inferiori ai 18 mesi (anche come periodo residuo di una sentenza più lunga). Il decreto legge 18/2020 ha infatti previsto il trasferimento in strutture di assistenza e cura o direttamente presso l’abitazione del detenuto, con una serie di esclusioni, ad esempio per motivi disciplinari e di pericolosità sociale. In conseguenza di questa misura, il tasso di occupazione degli istituti penitenziari è diminuito rapidamente. Passando dai 120 detenuti ogni 100 posti rilevati a febbraio 2020 a 114 nel mese successivo, per poi scendere ulteriormente sotto quota 110.

106,9% il tasso di occupazione delle carceri italiane ad aprile 2020. Oltre 13 punti percentuali in meno rispetto a 2 mesi prima.

Su questa quota, compresa tra 105 e 108, si è attestata per tutti i mesi successivi, fino ad arrivare alla cifra attuale: i 107,7 detenuti ogni 100 posti rilevati alla fine dello scorso maggio.

Una riduzione del sovraffollamento che però non è esente da diverse criticità. In primo luogo, perché nel confronto europeo l’Italia resta – anche dopo le misure adottate – uno dei paesi dell’Unione in cui il problema rimane più cogente. Nell’ultimo rapporto annuale Space I – il documento prodotto dal consiglio d’Europa per confrontare la condizione carceraria nei diversi paesi – l’Italia compare ai primi posti in Ue per tasso di affollamento.

Con un tasso sicuramente più contenuto rispetto a prima dell’emergenza (105,5% a gennaio 2021, quasi 15 punti in meno della fase pre-pandemica), ma su cui non mancano segnali di crescita negli ultimi mesi.

Analizzando l’andamento in valori assoluti, infatti, si nota come dagli oltre 60mila detenuti del dicembre 2019 si sia scesi a 53mila l’anno successivo. In seguito il dato sembra essere tornato a crescere, seppur lentamente. Il 31 dicembre dell’anno scorso le persone in carcere (comprese quelle in semilibertà) erano 54.134. Sei mesi dopo sono oltre 600 in più. Erano infatti 54.771 il 31 maggio scorso, ovvero il 2,1% in più rispetto allo stesso mese del 2021 e il 2,7% in più del maggio 2020.

Variazioni ancora apparentemente limitate, ma che delineano una tendenza chiara, coerente con quanto segnalato dalle organizzazioni per i diritti dei detenuti.

Tali variazioni dovranno continuare ad essere monitorate, in primo luogo in relazione all’evoluzione dei contagi nei prossimi mesi. In generale, a prescindere dalla pandemia, perché il sovraffollamento è un indicatore importante per la qualità della vita negli istituti penitenziari.

La detenzione è già di per sé una condizione problematica e drammatica, tanto per l’esperienza della vita in carcere, quanto per le gravi difficoltà di reinserimento nella società una volta usciti. Il sovraffollamento in questo senso forza i detenuti a condividere uno spazio più ristretto, peggiorandone ulteriormente la qualità della vita.

I casi di suicidio e morti in carcere

Pochi dati mettono il luce il disagio delle carceri come quello dei suicidi, un dramma che coinvolge sia i detenuti che gli agenti di custodia. Nei suoi rapporti annuali, il consiglio d’Europa ha più volte classificato il nostro paese tra quelli dove l’incidenza del fenomeno dei suicidi risulta più elevata rispetto alla media. È stato così negli anni precedenti il Coronavirus (20182019), ma la tendenza si è purtroppo confermata nel corso dell’emergenza.

Nel 2020, primo anno di pandemia, il dato nazionale non solo si è confermato tra i più elevati a livello Ue. Ha anche registrato un nuovo picco nella serie storica degli ultimi anni, superando i 60 suicidi annui. Una soglia superata in precedenza nel 2018 (61 suicidi anche in quell’anno), nel 2011 (63), nel 2001 (69) e nel 1993 (61).

57 suicidi in carcere avvenuti nel 2021 segnalano una situazione ancora preoccupante nelle carceri italiane, nella fase di uscita dall’emergenza Covid.

Se si confronta il numero di suicidi con la popolazione carceraria, negli ultimi anni il rapporto ha quasi sempre superato i 10 suicidi ogni 10mila detenuti mediamente presenti. Così nel 2018 (10,4 casi ogni 10mila detenuti), nel 2020 (11) e nello scorso anno.

10,6 suicidi in carcere ogni 10mila detenuti presenti nel 2021.

Prima del 2018, bisogna risalire di oltre 10 anni nella serie storica per trovare un dato che superasse tale soglia (erano stati 10,1 nel 2007).

3 su 4 gli anni a partire dal 2018 in cui il numero di suicidi in carcere ha superato la soglia di 10 ogni 10mila detenuti.

Una tendenza all’aumento che quindi risale a ben prima dell’insorgere del CoronavirusCome osservato da Antigone, già nel 2019 il tasso di suicidi tra le persone detenute (8,7 ogni 10mila in quell’anno) era circa 13 volte superiore a quello delle persone libere (0,67 ogni 10mila in base ai dati Oms).

Nella fase post Covid, sarà essenziale mantenere alta l’attenzione sul numero di casi di suicidio. Essi rappresentano – purtroppo – la punta dell’iceberg dei problemi esistenti nelle carceri. Problemi che rischiano di uscire rafforzati dopo l’emergenza, considerando anche il possibile impatto della pandemia sulla salute mentale, specie nei soggetti più fragili. I primi dati relativi al 2022, raccolti attraverso il monitoraggio indipendente delle fonti stampa svolto dall’associazione Ristretti orizzonti, indicano in 60 il totale dei morti in carcere quest’anno, di cui 29 suicidi al 4 giugno 2022.

L’importanza dei percorsi di reinserimento

La previsione costituzionale per cui le pene devono puntare alla rieducazione del condannato è risultata fortemente compromessa durante l’emergenza Covid.

Come rilevato da Antigone nel corso delle visite ai carceri italiani, nella maggior parte dei casi la pandemia ha posto un limite alla possibilità di formazione professionale e ai lavori di pubblica utilità.

Quasi ovunque la formazione professionale è ferma dall’inizio della pandemia. (…) Per quanto riguarda i lavori di Pubblica Utilità sembrerebbe che la pandemia abbia posto fine a gran parte delle convenzioni e attività.

I dati più recenti pubblicati dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria confermano tale tendenza. Tra il secondo semestre del 2019 e il primo del 2020 il numero di iscritti ai corsi professionali attivati in carcere è diminuito quasi del 70%, passando da oltre duemila a meno di 800 iscritti.

Nei mesi successivi il numero di iscritti ai corsi è tornato a crescere. Durante il secondo semestre del 2021 siamo tornati sopra la soglia di 2.000 iscritti, una cifra più simile a quanto rilevato nella fase pre-pandemica. Ma che è comunque abbastanza limitata: gli iscritti alla formazione professionale rappresentano infatti appena il 4% dei detenuti presenti.

4,21% i detenuti iscritti a corsi di formazione professionale attivati nel secondo semestre del 2021.

In parallelo, sono ancora pochi i detenuti che svolgono attività lavorative, esperienze che se ben organizzate possono costituire la premessa per un reinserimento effettivo nella società. Anche in questo caso il loro numero è in crescita rispetto alla fase pre-pandemica. In termini assoluti i “lavoranti”, come vengono definiti nelle statistiche ufficiali, sono 16.930, una cifra molto elevata se considerata nella serie storica. Tuttavia in percentuale parliamo di poco più di un terzo dei presenti nelle carceri italiane (35,5%), in gran parte alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria.

Su aspetti specifici come lavoro e formazione, inoltre, molto dipende dall’organizzazione delle singole carceri. In questo senso, il rapporto di Antigone – effettuato a seguito delle visite negli istituti penitenziari – offre uno spaccato piuttosto differenziato della situazione sul territorio.

Dalle nostre visite nei diversi istituti penitenziari italiani, il quadro che emerge in materia di lavoro e formazione professionale è assai variegato. Da un lato, troviamo situazioni virtuose in cui i detenuti svolgono tutti un’attività lavorativa (che sia alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria o per datori di lavoro diversi dal carcere), e all’estremo opposto istituti in cui le poche attività lavorative presenti sono quelle cosiddette domestiche alle dipendenze dell’amministrazione, come le pulizie, la cucina e la spesa. Discorso più complesso è quello che riguarda la formazione professionale che appare essere davvero carente in linea generale.

In generale, al netto dei singoli casi più o meno virtuosi, i dati nel confronto europeo fanno emergere una tendenza del nostro paese a concepire il carcere più come luogo di espiazione che di rieducazione. In Italia lo staff dell’amministrazione penitenziaria dedicato esclusivamente alla custodia è superiore all’80%, contro una media dei paesi del consiglio d’Europa pari al 54,6%. In Francia è il 63,6%, in Spagna il 65%.

82,9% lo staff impiegato nelle istituzioni penali dedicato a mansioni unicamente di custodia, in Italia.

In parallelo, è inferiore rispetto ad altri paesi la quota di personale dedicata ad attività educative e di formazione professionale. Nelle prime l’Italia si attesta al 2%, un dato superiore a quello francese (0,4%), ma inferiore rispetto a quello spagnolo (5,4%) e alla media degli stati (3,3%). Nelle seconde, il dato italiano (0,1%) è leggermente più basso di quello francese (0,4) e distante dai valori raggiunti dalla Spagna (1,1%) e dalla media stati del consiglio d’Europa (4%).

Nell’uscita dalla pandemia, è anche dall’intervento su aspetti come questi e dal potenziamento delle attività formative e lavorative che passerà la sfida di un sistema penitenziario maggiormente rivolto al reinserimento.

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Foto: Unsplash Grant Durr – Licenza

 

Santa Germana Cousin

 

Santa Germana Cousin


Nome: Santa Germana Cousin
Titolo: Vergine
Nome di battesimo: Germana Cousin
Nascita: 1570, Frouzins, Tolosa
Morte: 15 giugno 1601, Pibrac, Francia
Ricorrenza: 15 giugno
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
 
Germana Nacque a Frouzins nel 1570 in un piccolo abitato non lontano da Tolosa in una famiglia di modesta condizione. Dalla nascita ebbe una deformazione congenita al braccio destro e fu sempre di costituzione molto gracile.

Sin da piccola si ammalò di scrofolosi, malattia che le deturpò il viso per tutta la vita. Rimase orfana di madre poco dopo la sua nascita. Il padre si risposò con una donna che si curò ben poco di lei. Essendo impensabile per lei accedere all’istruzione o avere prospettive di matrimonio, fu mandata a pascolare le pecore, restando a dormire con loro nell’ovile.

Iniziò a frequentare la chiesa del suo paese e divenne molto devota, andando a messa e recitando il rosario tutti i giorni. Alcuni la deridevano chiamandola bigotta. Prese quindi a parlare con i suoi compagni più poveri, pastori e fanciulli come lei, degli insegnamenti ricevuti al catechismo, raccogliendo intorno a sé molti ragazzi cui spesso portava da casa delle pagnotte di pane per sfamarli.

La tradizione devozionale racconta che un giorno d’inverno Germana, dopo aver riempito il grembiule di pane, si accingeva a portarlo ai poveri, quando i genitori se ne accorsero e la rimproverarono; ma quando il grembiule venne aperto, era pieno di fiori invece che di pane.

Morì sola, appena trentenne, nella stalla dove dormiva, il 15 giugno 1601.

fonte:wikipedia.org

MARTIROLOGIO ROMANO. A Pibrac, nella diocesi di Tolosa, santa Germàna Cousin Vergine. Addetta alla custodia del gregge, visse umile e povera, e passò allo Sposo dopo aver tollerato molti stenti con somma pazienza. Dopo la morte rispiendette per moltissimi miracoli, e dal Sommo Pontefice Pio nono fu ascritta nel numero delle sante Vergini.