Archivi giornalieri: 2 giugno 2022
LA STAMPA
Ecco alcune tappe sulla storia della Festa della Repubblica
Ecco alcune tappe sulla storia della Festa della Repubblica
Oggi, 2 giugno, tutta l’Italia celebra la Festa della Repubblica, una delle giornate più importanti della nostra storia e della nostra Nazione, ricca di iniziative e cerimonie ufficiali. La Festa della Repubblica commemora il giorno in cui i cittadini italiani hanno votato l’abolizione della monarchia e l’istituzione della Repubblica Italiana che abbiamo ricordato oggi, attraverso il referendum istituzionale che si tenne proprio il 2 giugno del 1946.
Tutto ebbe inizio dopo la caduta del regime fascista, sostenuto da Casa Savoia per più di 20 anni. Casa Savoia era una dinastia reale fondata nel 1003, che gradualmente crebbe, da famiglia al potere a regno imponente con dominio assoluto. Dopo la caduta e la fine della seconda guerra mondiale, il 2 e 3 giugno 1946 fu indetto un referendum a suffragio universale per l’abolizione della monarchia. Il suffragio universale è il principio secondo il quale tutti i cittadini, di norma al raggiungimento della maggiore età, possono esercitare il diritto di voto e partecipare alle elezioni politiche e amministrative, e ad altre consultazioni pubbliche (come i referendum), senza alcuna restrizione.
E fu così che, dopo 85 anni di monarchia, un referendum ha portato a 12.717.923 voti “a favore” (54%) e 10.719.284 voti “contrari” (45%). I risultati furono chiari: gli italiani inaugurarono un nuovo capitolo di libertà, come dichiarato dalla Corte di Cassazione, ed esiliarono i membri maschi della famiglia reale, i Savoia, che si trasferirono per la maggior parte in Svizzera. Il Paese adottò una nuova costituzione l’ 1 gennaio 1948, rendendo l’Italia una Repubblica parlamentare unitaria con il divieto permanente alla monarchia di governare di nuovo il Paese.
Mai più monarchia
La Costituzione ora vieta una monarchia e la famiglia Casa Savoia ha formalmente rinunciato alla pretesa al trono come una delle condizioni per il diritto al ritorno dall’esilio, nel 2002. Umberto rifiutò il diritto di tornare in patria, morendo a Ginevra nel 1983. Cosa è successo agli altri? Il principe Vittorio Emanuele, sua moglie e suo figlio sono tornati in Italia nel 2003, dopo che il partito dell’ex primo ministro Silvio Berlusconi ha ribaltato il loro esilio. Ma non furono proprio accolti a braccia aperte, anche perché Vittorio Emanuele, non molto tempo prima aveva difeso le leggi razziali di Mussolini definendole “non così cattive”. Dopo le numerosissime proteste, nel 2021, Emanuele Filiberto di Savoia (pronipote del re) si è scusato con la comunità ebraica del Paese per il ruolo svolto dal suo antenato nelle leggi razziali del dittatore Mussolini e nell’Olocausto.
Nella storia, la Festa della Repubblica ha cambiato data per 24 anni
Nel 1977, si pensava che il gran numero di giorni festivi in Italia avesse un impatto negativo sull’economia già in difficoltà. Quindi, per evitare di compromettere gli affari, la Festa della Repubblica è stata spostata alla prima domenica di giugno. La prima domenica di giugno aveva già avuto una lunga storia come festa nazionale d’Italia. Infatti prima che l’Italia diventasse una Repubblica, questa festa era conosciuta come la Festa dello Statuto Albertino; si commemorava la costituzione del 1848, che era vista come la fondazione del Regno d’Italia. Nel 2001, con la legge numero 336 del 20 novembre 2000, la festività del 2 giugno è stata reintrodotta.
Come si celebra la Festa della Repubblica?
Le celebrazioni per la Festa della Repubblica coinvolgono ogni anno le Forze Armate, le Forze di Polizia, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, il Corpo Nazionale della Croce Rossa Italiana ed alcune delegazioni militari di ONU, NATO ed Unione Europea. Il protocollo della celebrazione prevede che il Presidente Mattarella deponga una corona di fiori sulla Tomba del Milite Ignoto all’Altare della Patria a Roma. Segue la grande parata militare lungo Via dei Fori Imperiali. È tradizione che i membri del governo italiano e i Presidenti di entrambe le Camere del Parlamento abbiano una coccarda italiana tricolore appuntata sulla giacca durante la cerimonia. Il momento clou della giornata è il cavalcavia delle Frecce Tricolori; quando nove aerei dell’Aeronautica Militare italiana volano sopra la parata rilasciando striature di fumo verde, bianco e rosso nel cielo.
Il tradizionale protocollo prevede che i festeggiamenti proseguano anche nel pomeriggio
con l’apertura al pubblico dei Giardini del Palazzo del Quirinale; con i concerti delle bande dell’Esercito Italiano, della Marina Militare Italiana, dell’Aeronautica Militare Italiana; di Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria e Corpo Forestale dello Stato. Al Palazzo del Quirinale si svolge la rappresentazione del Cambio della Guardia con il Reggimento Corazzieri e la Fanfara del IV Reggimento Carabinieri a cavallo in piena divisa. Le cerimonie ufficiali si svolgono in tutto il Paese, nelle Regioni e nei Comuni; in tutto il mondo, le Ambasciate italiane organizzano cerimonie alle quali sono invitati i Capi di Stato del Paese ospitante.
Un giorno molto importante per tutti gli italiani che celebrano un patrimonio di valori condivisi; la libertà, la democrazia e lo stato di diritto che assicura la salvaguardia e il rispetto dei diritti e delle libertà dell’essere umano; insieme alla garanzia dello Stato sociale. Mai come in questo periodo storico questi festeggiamenti assumono un’importanza cruciale per la nostra società.
Guarda anche – Procida Capitale Italiana della Cultura 2022
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Brigata Sassari
Avvenire
La Gazzetta dello Sport
Granatieri di Sardegna
Granatieri di Sardegna
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Brigata fanteria “Granatieri di Sardegna” |
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Scudetto della Brigata |
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Descrizione generale | |
Attiva | 1659 – attuale |
Nazione | Regno di Sardegna Italia Italia |
Servizio | Armata Sarda Regio Esercito Esercito Italiano |
Tipo | fanteria pesante |
Patrono | San Martino |
Battaglie/guerre | Prima, seconda e terza guerra di indipendenza, prima e seconda guerra mondiale |
Decorazioni | 3 Croci di cavaliere dell’Ordine militare d’Italia e 13 medaglie al valor militare |
Parte di | |
VIII Comando Militare Territoriale | |
Reparti dipendenti | |
1946
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Simboli | |
fregio e alamari di specialità | |
Voci su unità militari presenti su Wikipedia |
I “Granatieri di Sardegna” è un corpo militare dell’Esercito italiano, inquadrato nella Brigata meccanizzata “Granatieri di Sardegna” una grande unità di stanza a Roma.
Alle Bandiere dei reggimenti della specialità sono state conferite complessivamente 3 croci di Cavaliere dell’Ordine militare d’Italia e 13 Medaglie al valor militare (4 d’oro, 7 d’argento e 2 di bronzo).
Fino al 2004, anno in cui venne sospesa la leva militare, l’altezza minima per accedere al corpo dei Granatieri di Sardegna era 190 cm, requisito che è stato ridotto a 180 cm (185 cm per gli Ufficiali) per necessità strettamente connesse all’ergonomia nell’uso dei mezzi militari da combattimento.
Indice
- 1Storia
- 2Campagne di guerra
- 3Missioni
- 4Onorificenze
- 5Comandanti
- 5.1Brigata “guardie” (1831-50)
- 5.2Brigata “granatieri” (1850-52)
- 5.3Brigata “granatieri di Sardegna” (1852-71)
- 5.4Brigata “granatieri di Sardegna” (1881-1926)
- 5.5Brigata “granatieri di Sardegna” (xxi) (1926-34)
- 5.6Divisione di fanteria “granatieri di Sardegna” (21^) (1934-43)
- 5.7Divisione granatieri (1944)
- 5.8Divisione di fanteria “granatieri di Sardegna” (1948-76)
- 5.9Brigata meccanizzata “granatieri di Sardegna” (1976)
- 6Note
- 7Bibliografia
- 8Voci correlate
- 9Altri progetti
- 10Collegamenti esterni
Storia[modifica | modifica wikitesto]
«Sappiate che avete a che fare con i granatieri, i quali non si arrendono mai!» |
(Filippo del Carretto, Comandante del 3° battaglione Granatieri) |
«Di noi tremò la nostra vecchia gloria. Tre secoli di fede e una vittoria.» |
(Gabriele d’Annunzio) |
I granatieri derivano dall’antico Reggimento delle guardie reali del Regno di Sardegna creato nel 1659 dal duca Carlo Emanuele II di Savoia che proseguendo e affermando le riforme militari iniziate da Emanuele Filiberto, volle la costituzione di un esercito permanente di pace, come nucleo dell’esercito di guerra.[1] Il primo reggimento di tale esercito fu il reggimento di “Guardia” o delle “Guardie”, costituito il 18 aprile 1659, al quale risalgono le origini dei granatieri italiani.[2] Il reggimento ebbe uniforme rossa, sulla quale vennero in seguito applicati gli alamari bianchi, distintivi attuali dei granatieri. Nel 1664 il reggimento di guardia fu dichiarato il primo e il più anziano della fanteria d’ordinanza ed ebbe speciali privilegi, che conservò sino al 1852, tra cui quello di montare la guardia al palazzo del principe.[2]
L’appellativo “granatieri” deriva dal fatto che, nel 1685, in relazione all’invenzione di piccole granate a mano atte al lancio individuale a breve distanza e a imitazione dell’esercito francese, il Duca Vittorio Amedeo II di Savoia istituì la specialità dei soldati “granatieri”, addestrati e destinati a lanciare tali granate, precedendo le colonne d’attacco, assegnando ad ogni compagnia del reggimento sei soldati incaricati di lanciare allo scoperto le granate.[2]
Nel 1685 venne assegnata una compagnia per reggimento e nel 1696 una compagnia per ogni battaglione di fanteria d’ordinanza. Per ottenere che le granate venissero lanciate alla maggiore distanza possibile, furono scelti come granatieri uomini più forti e più alti della media, requisito mantenuto per tradizione, anche quando cadde l’uso del lancio delle granate a mano. Durante le campagne del 1796 del Piemonte contro la Repubblica Francese, furono formati battaglioni granatieri, riunendo le compagnie dei vecchi reggimenti, e vari reggimenti (cinque nel 1796), riunendo i battaglioni a due a due.[2] All’atto della ricostituzione delle forze militari piemontesi, che tra il 1798 e il 1814 erano state variamente sciolte e incorporate in quelle francesi, il re Vittorio Emanuele I ricostituì, tra l’estate 1813 e l’inizio del 1815, il Reggimento delle “Guardie”, assumendone il comando.[2]
Dopo la campagna del 1815 contro la Francia il reggimento divenne “Brigata Guardie”, in quanto destinato a formare una brigata di due reggimenti nell’eventualità di guerra. Nel gennaio 1816 la brigata guardie assorbì tutti i granatieri dell’esercito sardo; il sovrano estese a tutti i suoi componenti il titolo onorifico di “granatieri” e la brigata assunse la denominazione di “brigata Granatieri Guardie”. Nel gennaio 1831, a seguito del riordino dell’Arma di fanteria definito poi dall’ordinamento del 25 ottobre 1831, le brigate di fanteria furono costituite permanentemente su due reggimenti, la brigata “Granatieri Guardie” non venne sdoppiata e all’unico reggimento di cui era costituita denominato “Reggimento granatieri”, venne aggregato il reggimento “Cacciatori Guardie”; i due reggimenti costituirono la Brigata “Guardie”. Il reggimento “Cacciatori Guardie” era stato costituito il 13 luglio 1744 dal patrizio sardo don Bernardino Antonio Genovese, duca di San Pietro, e incorporato nell’esercito piemontese col nome di “Reggimento di Sardegna”, che durante il periodo napoleonico era rimasto l’unico a disposizione di casa Savoia, perché è stato l’unico a sfuggire allo scioglimento, grazie alla sua dislocazione in Sardegna.
Risorgimento[modifica | modifica wikitesto]
I granatieri presero parte alle campagne risorgimentali. Nel corso della Prima guerra di indipendenza, per la campagna del 1848 la brigata fu costituita su due reggimenti nei quali furono ripartite le compagnie del Reggimento Cacciatori e dopo tale campagna il 14 ottobre 1848 con la costituzione della “Brigata Guardie” su tre Reggimenti, agli esistenti Reggimento Cacciatori e al Reggimento Granatieri (1°) venne aggiunto un secondo Reggimento Granatieri, cui si aggiunse nel marzo 1850 un terzo Reggimento Granatieri che prese il nome di 3º Reggimento “Granatieri Guardie”, formato da due Battaglioni di riserva, che ebbe vita breve essendo stato soppresso due mesi dopo a seguito dello scioglimento dei Battaglioni di riserva.
Con decreto 20 aprile 1850, la Brigata Guardie tornò ad essere articolata su due Reggimenti Granatieri prendendo il nome di Brigata Granatieri la Brigata prese il nome di Brigata Granatieri, composta dal 1º e 2º Reggimento Granatieri, conservando la precedenza sulle altre Brigate di fanteria, con il Reggimento “Cacciatori Guardie” che venne staccato diventando autonomo con il nome di “Cacciatori di Sardegna”, che però venne sciolto definitivamente nel 1852 cedendo le sue dieci compagnie, cinque e cinque, nei due Reggimenti Granatieri che, da allora e per perpetuare il ricordo del disciolto Reggimento, presero il nome Reggimenti “Granatieri di Sardegna” e analogamente la Brigata Granatieri prese il nome di Brigata “Granatieri di Sardegna”.
i Granatieri presero parte alla Seconda guerra di indipendenza e il 29 agosto 1859, avvenuta l’annessione della Lombardia, fu decretata la formazione della brigata “Granatieri di Lombardia” (reggimenti 3° e 4°). Dopo l’annessione delle provincie meridionali fu formata, il 24 gennaio 1861, la Brigata “Granatieri di Napoli” (reggimenti 5° e 6°). Con l’ordinamento 29 giugno 1862 fu costituita la brigata “Granatieri di Toscana” (reggimenti 7° e 8°). Nel 1866 furono creati, per poco tempo, i reggimenti 9º e 10º granatieri. Le brigate “Granatieri di Lombardia”, “Granatieri di Napoli” e “Granatieri di Toscana” sono poi divenute rispettivamente le Brigate “Lombardia” (73º e 74º reggimento), “Napoli” (75º e 76º reggimento) e “Toscana” (77° e 78°). Successivamente in tempi più recenti venne costituita la Brigata “Granatieri di Savoia” costituita da 11º e 12º Reggimento Granatieri. Nel 1866 i granatieri presero parte alla Terza guerra di indipendenza. Nel 1871 tutte le brigate di granatieri furono trasformate in brigate di fanteria di linea, a eccezione della brigata “Granatieri di Sardegna”, la quale seguì, da quel momento, l’evoluzione organica delle unità di fanteria di linea. Sciolta il 25 ottobre 1871, unitamente alle altre brigate permanenti, la brigata venne ricostituita il 2 gennaio 1881 riunendo ancora il 1° e 2º Reggimento Granatieri.
Nel 1902 re Vittorio Emanuele III fece trasferire i due reggimenti Granatieri a Roma, lasciando le sedi di Parma e Piacenza. L’adozione della divisa grigio verde, pochi anni dopo, causò la perdita degli alamari che rimasero solo sull’alta uniforme da parata (essi comunque vengono riprodotti, stilizzati, sulle mostrine). I Granatieri parteciparono alla guerra italo-turca, che avrebbe portato alla conquista di Cirenaica e Tripolitania, e nel 1912 con due battaglioni della brigata Granatieri venne costituito per pochi mesi il Reggimento “Granatieri di Libia”.
La Grande guerra e l’impresa di Fiume[modifica | modifica wikitesto]
Nella prima guerra mondiale i Granatieri furono in prima linea tra Monfalcone e il Sabotino, Oslavia, il Monte Cengio e il Monte San Michele, nonché sul Passo dello Stelvio. Nel 1918 partecipano alla battaglia di Vittorio Veneto. Nel corso del conflitto la Brigata Granatieri fu tra quelle che subirono le perdite in combattimento più pesanti: 12.202 uomini tra morti e dispersi e 14.110 feriti in poco più di 20 mesi trascorsi in prima linea. Le bandiere di guerra di entrambi i Reggimenti della Brigata furono decorate con la croce di Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia, una medaglia d’oro ed una d’argento al valor militare. Ingente anche il numero di decorazioni individuali: 10 medaglie d’oro, 572 d’argento e 658 di bronzo al valor militare[3]. Al termine della Grande Guerra (con la battaglia di Vittorio Veneto) i Granatieri di Sardegna furono destinati al presidio di Fiume. Ma in seguito a problemi con la minoranza croata furono allontanati dalla città il 25 agosto 1919. Acquartieratisi a Ronchi dei Legionari, sette ufficiali inviarono a Gabriele D’Annunzio la lettera da cui scaturì l’Impresa di Fiume:
«Sono i Granatieri di Sardegna che Vi parlano. È Fiume che per le loro bocche vi parla. Quando, nella notte del 25 agosto, i granatieri lasciarono Fiume, Voi, che pur ne sarete stato ragguagliato, non potete immaginare quale fremito di entusiasmo patriottico abbia invaso il cuore del popolo tutto di Fiume… Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i morti per l’unità d’Italia: Fiume o morte! e manterremo, perché i granatieri hanno una fede sola e una parola sola. L’Italia non è compiuta. In un ultimo sforzo la compiremo.» |
(Dalla lettera inviata a D’Annunzio da alcuni ufficiali dei Granatieri di Sardegna) |
Periodo tra le due guerre[modifica | modifica wikitesto]
In esecuzione della legge 11 marzo 1926 sull’ordinamento del Regio Esercito, che prevedeva la costituzione delle Brigate su tre reggimenti, nella brigata venne inquadrato anche il 3º Reggimento “Granatieri” ricostituito il 1º dicembre 1926, formato con i terzi battaglioni dei reggimenti preesistenti, e la brigata prese il nome di XXI Brigata di fanteria. Nel 1935 il I Battaglione del 3º Reggimento prese parte alla Guerra di Etiopia. Il 12 ottobre 1936 venne costituita a Littoria (l’odierna Latina) la 65ª Divisione fanteria “Granatieri di Savoia”, che inquadrava la Brigata “Granatieri di Savoia”, su 10º Reggimento granatieri ed 11º Reggimento granatieri, un Battaglione mitraglieri d’Africa ed il 60º Reggimento artiglieria “Granatieri di Savoia”; nel novembre dello stesso anno venne inviata in Africa Orientale Italiana, ad Addis Abeba. I reparti della divisione vennero impiegati in operazioni anti-guerriglia e di rastrellamento nello Scioa, nella regione del Nilo Azzurro, a Debra Sina, a Sendafè e ad Addis Alem. Il 23 agosto 1937 il I Battaglione del 10º Reggimento granatieri venne assegnato al Corpo di Spedizione Internazionale per il presidio delle legazioni internazionali a Shanghai durante la seconda guerra sino-giapponese e fece rientro in Patria il 28 dicembre 1938.[4][5]
Nell’autunno 1939 quando vennero costituite le Divisioni di fanteria articolate su due reggimenti di fanteria, il 1° e il 2º Reggimento “Granatieri di Sardegna” vennero assegnati, insieme al 13º Reggimento artiglieria, alla 21ª Divisione fanteria “Granatieri di Sardegna”, mentre il 3º Reggimento “Granatieri Guardie” venne staccato da essa, restando dislocato in Albania alla cui invasione aveva preso parte e sarebbe stato poi impiegato durante la seconda guerra mondiale sul fronte greco-albanese, dove si sarebbe distinto per dedizione ed eroismo.
La seconda guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]
All’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale la 21ª Divisione fanteria “Granatieri di Sardegna” venne trasferita sul fronte occidentale inquadrata nella 7ª Armata con compiti di riserva, stabilendo la sede del Comando a Subbio nell’astigiano, ma non venne impiegata nelle operazioni contro la Francia a causa del rapido concludersi delle operazioni con l’armistizio di Villa Incisa.
il 20 aprile 1941 la 65ª Divisione fanteria “Granatieri di Savoia” che aveva operato in Africa Orientale Italiana venne considerata sciolta per eventi bellici.L’8 maggio 1941, in seguito all’invasione della Jugoslavia da parte delle truppe dell’Asse la Grande Unità venne trasferita in Slovenia nella zona di Lubiana–Kočevje con il compito di presidiarne parte del territorio. Nel mese di settembre 1942, la Divisione venne trasferita in Croazia, per iniziare nella seconda metà di novembre il rimpatrio, prendendo sede a Roma.
Alla data dell’8 settembre 1943 la Divisione faceva parte del Corpo d’Armata Motocorazzato adibito alla difesa della capitale ed era schierata nella zona sud di Roma a presidio dei capisaldi predisposti in corrispondenza delle vie di accesso alla Capitale, lungo un semicerchio dell’estensione di circa trenta chilometri, dalla Via Boccea alla Via Collatina e in seguito alla proclamazione dell’armistizio tutti i reparti della Divisione presero parte agli scontri del 9 e 10 settembre a sud di Roma contro i tedeschi a cavallo della Via Ostiense agli ordini del generale Gioacchino Solinas, contendendo le posizioni presidiate per due giorni: presso Porta San Paolo poi al Campidoglio difeso dalla IV Compagnia Reclute del 1º Reggimento, comandata del Capitano Alberto Alessandrini, che si rivelerà l’ultimo baluardo della difesa di Roma, i Granatieri e le altre truppe giunte in rinforzo (carabinieri, bersaglieri, polizia Africa italiana, cavalleria, carristi, paracadutisti) ebbero il forte sostegno della popolazione romana armata. Questo episodio, per l’unione assolutamente inedita tra esercito e popolo, è stato considerato il preludio di quella che divenne la Resistenza italiana.
Il 10 settembre, in seguito al trasferimento di Vittorio Emanuele III assieme alle più alte cariche governative e militari ed alla successiva resa voluta dagli Alti comandi romani, la Divisione, rimasta priva di ordini, si sbandò, così come la quasi totalità dell’Esercito Regio, sciogliendosi. Sempre a seguito dell’armistizio, il Raggruppamento Granatieri in Corsica si batté con successo nelle operazioni intraprese dai comandi e dalle truppe italiane in quell’isola per scacciarne i tedeschi a Zonza, Quenza, Levie e Porto Vecchio e nei combattimenti ingaggiati per ostacolare lo spostamento dei reparti corazzati tedeschi che, lasciata la Sardegna, raggiungevano Bastia per imbarcarsi alla volta di Livorno. in ottobre il raggruppamento fu trasferito nel nord della Sardegna e successivamente a Iglesias.
Il 3º Reggimento Granatieri alla data dell’armistizio era dislocato in un’ampia zona della Grecia, con comando nella zona di Atene, attivo in servizi di vigilanza, di presidio e costieri. Su decisione degli alti Comandi fu decisa la resa, a seguito della quale tutti i militari vennero deportati nel campo di prigionia di Wietzendorf, in Germania. Il 15 maggio 1944 la Divisione venne ricostituita in Sardegna, quale Divisione Granatieri, per trasformazione del Raggruppamento Granatieri, formata da 1º e 2º Reggimento Granatieri, dal 32° e 132º Reggimento fanteria carrista, dal 553º e 548º Reggimento Artiglieria (quest’ultimo sostituito il successivo 14 luglio dal 507º Reggimento, formato per trasformazione del 7º Reggimento di C.A.), dalla 205ª compagnia mista del genio e da elementi dei servizi. Nella prima decade di agosto i due reggimenti granatieri inviati sul continente passarono alle dipendenze del Gruppo di Combattimento “Friuli”. Con il personale della divisione, sciolta in data 31 agosto dello stesso 1944, vennero formati il 1º e 2º Reggimento Guardie mentre aliquote di personale qualificato furono cedute alla Divisione “Cremona”.
Dal febbraio 1944 hanno costituito l’ultima guardia alla residenza del re Vittorio Emanuele III di Savoia presso Ravello[6].
Divisione fanteria “Granatieri di Sardegna”[modifica | modifica wikitesto]
Nel dopoguerra la grande unità viene ricostituita il 1º aprile 1948 a Roma quale Divisione di fanteria “Granatieri di Sardegna” con il 1º Reggimento Granatieri, unico reggimento granatieri, il 17º Reggimento Fanteria “Acqui”, il 13º Reggimento Artiglieria da Campagna.
All’inizio delle ricostituzione l’organico della Divisione Fanteria “Granatieri di Sardegna” con sede a Civitavecchia in provincia di Roma era il seguente:
- Comando Unità Servizi
- 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna”
- 17º Reggimento fanteria “Acqui”
- 45º Reggimento fanteria “Reggio”
- Gruppo Esplorante Divisionale “8° Lancieri”
- 13º Reggimento artiglieria da campagna
- 8ª Compagnia Genio Artieri
- 8ª Compagnia Genio Collegamenti
All’organico iniziale nel 1951 si aggiunse un reggimento di artiglieria da campagna la 8ª Compagnia Genio Artieri elevata a livello di battaglione Genio pionieri e il gruppo esplorante divisionale elevato a livello reggimentale, mentre la 8ª Compagnia Genio Collegamenti divenne 8ª Compagnia Trasmissioni.
Nel 1954 l’organico della Divisione Fanteria “Granatieri di Sardegna” era il seguente:
- Comando Unità Servizi
- 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna”
- 17º Reggimento addestramento volontari “Acqui” (All’epoca e fino al 1998 era un Reggimento di Fanteria solo da quella data è diventato RAV)
- 46º Reggimento fanteria “Reggio”
- Gruppo cavalleria blindata “Lancieri di Montebello”
- 13º Reggimento artiglieria da campagna
- 18º Reggimento artiglieria da campagna
- VIII Battaglione Genio Pionieri
- 8ª Compagnia trasmissioni
Nel 1959 in seguito allo scioglimento della Divisione corazzata “Pozzuolo del Friuli” venne acquisito il 1º Reggimento bersaglieri corazzato che viene poi ceduto nel 1963 alla Divisione corazzata “Centauro”, la 8ª Compagnia trasmissioni elevata a livello di battaglione e il 18º Reggimento artiglieria da campagna trasformato in reggimento di artiglieria contraerea e ceduto al Comando Artiglieria Controaerei di Padova. Sempre nel 1963 è entrato a far parte della Divisione Fanteria “Granatieri di Sardegna” il ricostituito 3º Reggimento fanteria corazzato articolato su LXVII Battaglione bersaglieri su VTT M113 e su XXXI Battaglione carri su carri medi M47 Patton e su una Compagnia Bersaglieri controcarri; tale reggimento ereditava le tradizioni e la bandiera di guerra del 3º Reggimento fanteria carrista sciolto nel 1943. La divisione perdeva anche il Reggimento “Lancieri di Montebello” (8º) che passava alla dipendenze dell’VIII Comando militare territoriale di Roma, mantenendo un Battaglione Esplorante Divisionale e il 46º Reggimento fanteria “Reggio” passato alle dipendenze del Comando militare territoriale della Sicilia, mentre la Divisione si trasformava in Divisione motorizzata e inquadrava anche una sezione aerei leggeri su velivoli L 21 A.
Il 1º ottobre 1964 venne costituito nella sede di Persano il XIV Squadrone esplorante “Cavalleggeri di Alessandria”, che venne inquadrato nell’organico della Divisione ed ereditava lo Stendardo e le tradizioni del 14º Reggimento “Cavalleggeri di Alessandria”, sciolto nel settembre 1943 in seguito alle vicende armistiziali.
Nel 1964 l’organico della Divisione fanteria motorizzata “Granatieri di Sardegna” era il seguente:
- Raggruppamento Servizi “Granatieri di Sardegna”
- 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna”
- 17º Reggimento addestramento volontari “Acqui” (All’epoca e fino al 1998 era un Reggimento di Fanteria solo da quella data è diventato RAV)
- 3º Reggimento fanteria corazzato
- Battaglione esplorante divisionale “Granatieri di Sardegna”
- XIV Squadrone esplorante “Cavalleggeri di Alessandria”
- Sezione Aerei Leggeri “Granatieri di Sardegna”
- 13º Reggimento artiglieria da campagna
- VIII Battaglione Genio Pionieri
- VIII Battaglione trasmissioni
L’8 maggio 1966 le decorazioni al Valor Militare delle Bandiere di Guerra del 2° e del 3º Reggimento Granatieri vennero appuntate al drappo del 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna”, l’unico ricostituito nel 1946, per riassumere nei simboli l’essenza unitaria dei tre secoli di tradizioni militari comuni dei Granatieri.
Alla vigilia della grande ristrutturazione dell’Esercito Italiano del 1975 l’organico della Divisione fanteria motorizzata “Granatieri di Sardegna” era il seguente:
- 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna”
- 17º Reggimento addestramento volontari “Acqui” (All’epoca e fino al 1998 era un Reggimento di Fanteria solo da quella data è diventato RAV)
- 3º Reggimento fanteria corazzato
- LXVII Battaglione Bersaglieri – su VTT M113
- XXXI Battaglione carri – di carri medi M47 Patton
- Compagnia bersaglieri controcarri
- XIV Squadrone esplorante “Cavalleggeri di Alessandria” (quadro)
- 13º Reggimento artiglieria da campagna
- I Gruppo obici campali – M114 da 155/23
- II Gruppo obici campali – M114 da 155/23
- III Gruppo obici campali – M114 da 155/23
- IV Gruppo obici campali (quadro)
- V Gruppo Controaerei Leggero (quadro)
- Sezione Aerei Leggeri “Granatieri di Sardegna” su velivoli L 21 A
- Sezione Elicotteri “Granatieri di Sardegna” su velivoli AB 47J
- Battaglione Genio Pionieri “Granatieri di Sardegna”
- Battaglione trasmissioni “Granatieri di Sardegna”
- Raggruppamento Servizi “Granatieri di Sardegna”
Brigata meccanizzata “Granatieri di Sardegna”[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1976 in conseguenza della profonda ristrutturazione dell’Esercito Italiano si è avuta una riorganizzazione dell’Esercito con l’abolizione del livello reggimentale e la costituzione di battaglioni autonomi in seno alle brigate: la Divisione “Granatieri di Sardegna” veniva sciolta, insieme al 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna”; nasceva invece la Brigata meccanizzata “Granatieri di Sardegna”, erede del 1º, del 2º e del 3º Reggimento “Granatieri di Sardegna”, articolata su tre battaglioni meccanizzati (1º “Assietta”, 2º “Cengio” e 3º “Guardie” (quest’ultimo, basato a Orvieto, che svolgeva funzione di Battaglione Addestramento Reclute di Granatieri), uno meccanizzato di Bersaglieri (1º “Lamarmora”), uno di carristi (6º Battaglione Carri “M.O. Scapuzzi”) e una compagnia controcarri “Granatieri di Sardegna”, reparti basati presso Borgata Aurelia a Civitavecchia e infine, il 13º Gruppo artiglieria da campagna “Magliana”, basato a Civitavecchia insieme con il Battaglione logistico “Granatieri di Sardegna” e una compagnia genio.
Dopo l’ulteriore riorganizzazione della fine anni Ottanta del secolo scorso, il 4 ottobre 1993 il Reparto Comando e Trasmissioni diviene Reparto Comando e Supporti Tattici nel quale confluisce la Compagnia Genio Guastatori.
Dal 21 dicembre 1995 riceve il 7º reggimento artiglieria da campagna semovente “Cremona” in vece del 13° che viene sciolto. Dal 15 maggio 1996 il 7° viene sostituito dal 33° “Acqui”. Successivamente, anche il Reggimento “Lancieri di Montebello” (8°) entra nell’organico della Brigata.
Oggi fanno parte della Brigata meccanizzata “Granatieri di Sardegna” il Reparto Comando e Supporti Tattici “Granatieri di Sardegna”, il 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna”, il 2º Battaglione “Granatieri di Sardegna” e l’8º Reggimento “Lancieri di Montebello”.
Campagne di guerra[modifica | modifica wikitesto]
- Guerra di Successione di Spagna (1701-1713)
- Guerra di Successione di Polonia (1733 -1738)
- Guerra di Successione d’Austria (1742-1748)
- Guerra delle Alpi (1792-1796)
- Guerre napoleoniche (1796-1815)
- 1796: Cosseria
- Prima guerra d’indipendenza (1848)
- 1848: Pastrengo, Santa Lucia, Goito, Custoza
- Campagna in Italia centrale e meridionale (1860-1970)
- 1860-1861: Perugia, Ancona, Mola di Gaeta
- 1861-1870: Brigantaggio, zone di Itri, Fondi e Sperlonga
- Terza guerra d’indipendenza (1866)
- 1866 Custoza
- Eritrea (1895-1897)
- Libia (1911-12)
- Prima guerra mondiale (1915-1918)
- 1915: Monfalcone (giugno-luglio), M. Sabotino, Oslavia (novembre)
- 1916: Oslavia (marzo), M. Cengio (giugno), M. S. Michele – Nad Logen (agosto), S.Grado di Merna
- 1917: Regione Fornaza (maggio-giugno), Stariokwa-Selo (agosto), Bertiolo-Flambro (ottobre)
- 1918: Capo Sile (gennaio), delta del Piave (luglio), battaglia di Vittorio Veneto
- Seconda guerra mondiale (1940-1943)
- 1940: Battaglia delle Alpi Occidentali
- 1941-1942: dal maggio 1941 al novembre 1942 assolve compiti di presidio in Jugoslavia
- 1942-1943: territorio nazionale
- Guerra di Liberazione (1943-1945)
- 1943: dal 8 al 10 settembre prende parte con tutte le unità dipendenti alla difesa di Roma
- 1944-1945: territorio nazionale
Missioni[modifica | modifica wikitesto]
- 1993: reparti della Brigata partecipano alla missione di pace “IBIS” in Somalia
- 1992-1997: “Vespri Siciliani“
- 1997: un reparto della Brigata partecipa alla missione “SFOR” in Bosnia-Erzegovina nella città di Sarajevo
- 2000: il 2º Reggimento “Granatieri di Sardegna” partecipa ad un’esercitazione NATO nella Repubblica di Bulgaria
- 2001: Missione “Joint Guardian”, nella Repubblica d’Albania (Ure-i-Limutit, Pukë)
- 2002: Missione “Joint Guardian”, nella Repubblica d’Albania (Durazzo, Comando COMM-ZW, fino al 17 giugno, e dal giorno successivo: NHQT)
- 2005: Missione in Kosovo
- 2008-2009: Libano, “Leonte V” (2ª Cp. del 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna”)
- 2010-2011: Kosovo, KFOR (1ª Cp. “Staffarda” del 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna”)
- 2010-2011: “Operazione Strade Sicure” (Italia) (33º Reggimento Artiglieria Terrestre (semovente) “Acqui”)
- 2013: Afghanistan, ISAF XXI (2ª Cp. del 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna”)
- 2013-2014: Libano, “Leonte XV” (Shama)
- 2015-2016: “Operazione strade sicure” (Italia) impegnati quali unità specializzate presso Ambasciate straniere e siti sensibili
- 2017-2018: “Operazione strade sicure” (Italia) impegnati quali unità specializzate presso Ambasciate straniere e siti sensibili
Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]
Al Corpo dei Granatieri[modifica | modifica wikitesto]
Ai Reggimenti e reparti del Corpo dei Granatieri sono state conferite nel corso della loro storia, complessivamente, le seguenti onorificenze[7]:
3 Croci di Cavaliere dell’Ordine militare d’Italia (tutte già dell’Ordine militare di Savoia)
4 Medaglie d’oro al valor militare
8 Medaglie d’argento al valor militare
3 Medaglie di bronzo al valor militare
1 Medaglia di bronzo al valore dell’Esercito
1 Medaglia d’oro di benemerenza per il terremoto calabro-siculo (1908)
Alla bandiera di Guerra della Brigata Meccanizzata “Granatieri di Sardegna”[modifica | modifica wikitesto]
1 Medaglia d’argento al valor militare
Individuali[modifica | modifica wikitesto]
3 Croci dell’Ordine militare d’Italia (tutte già dell’Ordine militare di Savoia, tutte le classi)
4 Medaglie d’oro al valor militare
7 Medaglie d’argento al valor militare
2 Medaglie di bronzo al valor militare
Comandanti[modifica | modifica wikitesto]
Brigata “guardie” (1831-50)[modifica | modifica wikitesto]
- Magg. Gen. Bonifacio Michele Negri di S.Front
- Magg. Gen. Federico Milliet D’Arvillars
- Magg. Gen. Carlo Biscaretti di Ruffia
Brigata “granatieri” (1850-52)[modifica | modifica wikitesto]
- Magg. Gen. Carlo Biscaretti di Ruffia
Brigata “granatieri di Sardegna” (1852-71)[modifica | modifica wikitesto]
- Magg. Gen. Marcello Gianotti
- Magg. Gen. Luigi Scozia di Calliano
- Magg. Gen. Carlo Camerana
- Magg. Gen. Alessandro Gozani di Treville
- Magg. Gen. Carlo Felice Nicolis di Robilant
- Magg. Gen. Vittorio Federici
Brigata “granatieri di Sardegna” (1881-1926)[modifica | modifica wikitesto]
- Magg. Gen. Francesco Chiron
- Magg. Gen. Giuseppe Accusani di Retorto
- Magg. Gen. Francesco Carenzi
- Magg. Gen. Pietro Morelli di Popolo
- Magg. Gen. Enrico Giardini
- Magg. Gen. Luigi Vacquer Paderi
- Magg. Gen. Vittorio Camerana
- Magg. Gen. Giulio Tassoni
- Magg. Gen. Giuseppe Amari
- Magg. Gen. Ettore Negri
- Gen. B. Renato Piola Caselli
Brigata “granatieri di Sardegna” (xxi) (1926-34)[modifica | modifica wikitesto]
- Gen. B. Adriano Alberti
- Gen. B. Mario Tonelli
- Gen. B. Enrico Baffigi
- Gen. B. Nicolò Giacchi
- Gen. B. Ferdinando Cona
- Gen. B. Giovanni Vecchi
- Gen. B. Carlo Melotti
- Col. (i.g.s.) Giunio Ruggiero
Divisione di fanteria “granatieri di Sardegna” (21^) (1934-43)[modifica | modifica wikitesto]
- Gen. D. Alfredo Guzzoni
- Gen. B. (i.g.s.) Carlo Geloso
- Gen.B. Giovanni Vecchi (ad interim)
- Gen. D. Ubaldo Soddu
- Gen. D. Ezio Rosi
- Gen. B. Umberto Spigo (ad interim)
- Gen. D. Taddeo Orlando (1º aprile 1940 – 15 novembre 1942)
- Gen. B. Adolfo De Rienzi (interinale 16-29 novembre 1942)
- Gen. D. Giunio Ruggiero (30 novembre 1942 – 3 agosto 1943)
- Gen. D. Gioacchino Solinas (4 agosto – 10 settembre 1943)
Divisione granatieri (1944)[modifica | modifica wikitesto]
- Gen. B. Gian Carlo Ticchioni
Divisione di fanteria “granatieri di Sardegna” (1948-76)[modifica | modifica wikitesto]
- Gen. D. Lorenzo Caratti
- Gen. B. Pietro Riccardi (ad interim)
- Gen. D. Alberto Roda
- Gen. D. Italo Giglio
- Gen. D. Giorgio Liuzzi
- Gen. D. Luigi Morosini
- Gen. D. Carlo Cigliana
- Gen. D. Bruno Lucini
- Gen. D. Luigi Lombardi
- Gen. D. Pietro Mellano
- Gen. D. Guido Vedovato
- Gen. D. Arturo Simonetti
- Gen. D. Giuseppe Guillet
- Gen. D. Raffaele Caccavale
- Gen. D. Domenico Reale
- Gen. D. G.Battista Calogero
- Gen. D. Crescenzo Mari
- Gen. D. Giuseppe Fenoglio
- Gen. D. Giovanni Buttiglione
- Gen. D. Ugo Scotto Lavina
- Gen. D. Ferdinando di Lauro
- Gen. D. Pietro Tolomeo
- Gen. D. Arnaldo Giacalone
- Gen. D. Antonino Anzà
- Gen. D. Luigi Salatiello
- Gen. D. Luigi Giannangeli
- Gen. D. Vittorio Santini
- Gen. D. Gianadelio Maletti
- Gen. D. Umberto Nardini
Brigata meccanizzata “granatieri di Sardegna” (1976)[modifica | modifica wikitesto]
- Gen. B. Massimo Tantillo
- Gen. B. Pietro Tagliarini
- Gen. B. Gianfranco Amisano
- Gen. B. Antonio Viesti
- Gen. B. Mauro Riva
- Gen. B. Mario Buscemi
- Gen. B. Roberto Altina
- Gen. B. Rolando Mosca Moschini
- Gen. B. Armando Jones
- Gen. B. Duilio Benvenuti
- Gen. B. Donato Berardi
- Gen. B. Renato Petean
- Gen. B. Michele Corrado
- Gen. B. Emilio Marzo
- Gen. B. Giorgio Ruggieri
- Gen. B. Antonello Falconi
- Brig. Gen. Giuseppe Maggi
- Brig. Gen. Domenico Rossi
- Brig. Gen. Umberto Caparro
- Brig. Gen. Giovanni Garassino
- Gen. B. Massimiliano Del Casale
- Gen. B. Antonio Venci
- Gen. B. Giovanni Armentani
- Gen. B. Filippo Ferrandu
- Gen. B. Cesare Marinelli
- Gen. B. Massimo Scala
- Gen. B. Maurizio Riccò
- Gen. B. Gaetano Lunardo
- Gen. B. Francesco Olla
- Gen. B. Paolo Raudino
- Gen. B. Diego Fulco
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ [1]
- ^ Salta a:a b c d e Treccani, su treccani.it. URL consultato il 14 dicembre 2017 (archiviato dall’url originale il 15 dicembre 2017).
- ^ Ministero della guerra – Comando del Corpo di Stato Maggiore – Ufficio Storico – Riassunti storici dei corpi e comandi nella guerra 1915-1918 – Brigate di Fanteria.
- ^ Copia archiviata (PDF), su granatieridisardegna.it. URL consultato il 29 novembre 2012 (archiviato dall’url originale il 30 aprile 2014)..
- ^ A. Vagnini, Il conflitto cino-giapponese a Shanghai. Le vicende del I battaglione Granatieri di Savoia, in Alessandro Vagnini – Sun Gyun Cho, La memoria della Cina in Italia, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2008.
- ^ Paolo Puntoni, Parla Vittorio Emanuele III, Bologna, Il Mulino, 1993, ISBN 9788815041319, p.205
- ^ Rispettivamente, alla Brigata meccanizzata “Granatieri di Sardegna”: 1 Medaglia d’argento al valor militare; al 1º Reggimento: 1 Croce di Cavaliere dell’Ordine militare d’Italia (già di Savoia), 2 Medaglie d’oro al valor militare, 3 Medaglie d’argento al valor militare, 1 Medaglia di bronzo al valor militare, 1 Medaglia d’argento di benemerenza per il terremoto calabro-siculo (1908); al 2* Reggimento (sciolto): 1 Croce di Cavaliere dell’Ordine militare d’Italia (già di Savoia), 1 Medaglia d’oro al valor militare, 3 Medaglie d’argento al valor militare, 1 Medaglia di bronzo al valor militare, 1 Medaglia di bronzo al valore dell’Esercito (al 2º Battaglione Granatieri Meccanizzato “Cengio”); al 3º Reggimento poi “Guardie” (sciolto): 1 Croce di Cavaliere dell’Ordine militare d’Italia (già di Savoia), 1 Medaglia d’oro al valor militare (come 3º Reggimento “Granatieri di Sardegna e d’Albania”). A queste si aggiungono: 1 Medaglia d’argento e 1 Medaglia di bronzo al valor militare concessi al 3º Reggimento “Granatieri di Lombardia” (poi reggimento di fanteria).
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Domenico Guerrini, La Brigata dei Granatieri di Sardegna, Tipografia Roux e Viarengo, Torino, 1902 [1]. Queste memorie storiche sono basate sul manoscritto originale di Vittorio Amedeo Vialardi di Verrone, maggior generale Comandante le Guardie dal 1820 al 1827.
- Gioacchino Solinas, I granatieri di Sardegna nella difesa di Roma, Gallizzi, Sassari, 1968.
- Renato Castagnoli, I Granatieri di Sardegna – tre secoli di storia, Stato Maggiore dell’Esercito – Reparto Affari Generali – Ufficio Risorse Organizzative e Comunicazione, Roma, 2003.
- Lanfranco Sanna, Il reggimento fanteria d’ordinanza “di Sardegna” (1744-1852), arsmilitaris
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
- Granatiere
- Granata (arma)
- Grande unità
- Regio Esercito
- Esercito Italiano
- Monte Cengio
- Difesa di Roma
- Corpo d’Armata Motocorazzato
- 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna”
- 2º Reggimento “Granatieri di Sardegna”
- 3º Reggimento “Granatieri Guardie”
- Museo storico dei granatieri di Sardegna
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Granatieri di Sardegna
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Brigata Meccanizzata “Granatieri di Sardegna” nel sito dell’Esercito Italiano, su esercito.difesa.it. URL consultato il 14 dicembre 2017 (archiviato dall’url originale il 4 luglio 2011).
- Sito della Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna, su granatieridisardegnapresidenza.it.
- Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna sul sito dell’Esercito, su esercito.difesa.it. URL consultato il 14 dicembre 2017 (archiviato dall’url originale il 20 novembre 2010).
- La poesia di Ermanno Eandi dedicata ai Granatieri di Sardegna, su eandiermanno.it.
Brigata Sassari, la leggenda dei “Dimonios” nacque da una rissa furiosa
Brigata Sassari, la leggenda dei “Dimonios” nacque da una rissa furiosa
Un piccolo gruppo di artiglieri sardi a Genova si ribellò a violenze e angherie. Un generale incredulo: «Una brigata di questa gente può vincere qualsiasi guerra»
Non sempre la storia è quella raccontata nei libri o registrata negli archivi. La storia infatti cammina anche seguendo percorsi che restano oscuri, dei quali si conoscono magari gli effetti e le conseguenze, ma non l’origine. Rimangono cioè nell’ombra uomini e donne che, con le loro vite e le loro scelte, hanno determinato eventi che hanno poi lasciato il segno. Questi protagonisti della storia, senza nome e senza volto, sono destinati a essere inghiottiti dall’oblio. Ma ci sono rari casi in cui ricordi remoti o testimonianze apparentemente insignificanti possono, dopo moltissimi anni, riaffiorare dalle nebbie del tempo e ricomporsi, annodando il filo sottile di vite sconosciute al grande rocchetto della storia.
È il caso della nascita della Brigata Sassari. Gli archivi dell’Esercito documentano la sua costituzione il primo marzo del 1915 con due reggimenti, uno a Sinnai e l’altro a Tempio. Ma non dicono nulla sul perché e sul come lo Stato maggiore dell’esercito del regno d’Italia decise di creare questa unità, composta solo da sardi, che diventò leggenda nella Grande guerra. Ma che fu anche un importante laboratorio politico perché, come scrisse Emilio Lussu, «fu il deposito rivoluzionario della Sardegna del dopoguerra». Nelle trincee – tra la sofferenza, la paura, la furia e l’odore acre della morte – maturò infatti tra i contadini e i pastori in divisa e i loro ufficiali una coscienza nuova della propria identità regionale, anzi nazionalregionale.
Le testimonianze. A fornire una versione molto credibile di come nacque la Brigata è oggi Daniele Lostia Falchi, detto Lelle, di Orotelli. Il suo racconto, che colma un vuoto storico, è il frutto di un lavoro lungo e paziente di ricucitura di testimonianze raccolte negli anni. Ed è un racconto ricco di passione e di emozioni perché è anche la storia di suo padre: Andrea Lostia di Orotelli, classe 1894, figlio di Giovanni Battista e di Antonietta Marteddu.
«All’origine della Brigata Sassari – dice Lelle Lostia – c’è la storia poco conosciuta di un gruppo di artiglieri sardi che, nel 1914, si ribellò alla boria e agli abusi dei commilitoni continentali. Tra di loro c’era anche mio padre».
«Era un uomo molto energico e deciso – continua Lostia –. Fu chiamato alle armi nel 1912, all’età di 18 anni, e destinato al reggimento di artiglieria Fortezza da Costa a Genova. Si distinse fin da recluta quando riuscì a far sparare il gigantesco cannone da 420 millimetri, allora in fase di collaudo. Per questo ottenne come riconoscimento una medaglia».
Ma Andrea Lostia era anche un uomo molto riservato e avaro di parole. Della sua esperienza militare parlò raramente in famiglia. Così il figlio Lelle conobbe la storia del padre attraverso il racconto delle persone che l’avevano conosciuto in quegli anni difficili e che con lui avevano condiviso molte esperienze.
«A Buenos Aires, per esempio, – dice Lelle Lostia –, incontrai anni fa un certo Gianmario Lunesu che mi raccontò come mio padre aveva aiutato lui e molti altri sardi a Genova, dove erano in attesa di imbarcarsi per l’Argentina, la terra promessa».
Ma fu soprattutto un certo Borianu Sanna di Bitti, ex commilitone di Andrea Lostia, a parlare di quella tremenda rissa che poi condizionerà la storia. «Lo incontrai quando aveva 82 anni – dice Lelle – e doveva essere uno dei pochi ex commilitoni di mio padre ancora in vita. Fu lui che mi disse: “Tutte le volte che ci trovavamo in fila per il rancio o per lavarci, noi sardi venivamo ributtati indietro a gomitate. I continentali si credevano superiori ed erano molto più numerosi di noi. Ma dal giorno che gli abbiamo dato quella batosta con tuo padre Andrea le cose sono cambiate e noi sardi passavamo avanti ai continentali nelle file».
«Ci fanno filare come bestie». In quel 1914 cominciavano a soffiare i primi venti di guerra. Il conflitto era imminente e nell’Esercito tutti i congedi erano stati sospesi. Nei reparti si respirava un’aria pesante e la tensione era altissima. Anche nel reggimento Fortezza da Costa di Genova.
«Mio padre era diventato attendente del capitano – continua il racconto di Lelle Lostia –. Una sera tornò in caserma e trovò i suoi amici sardi silenziosi e avviliti. Uno di loro gli disse: «E non bides, Andrì, chi no sunu piccande a truba, e non intendes cussu romanu a punzoso serradoso e brazzoso arzadoso abbochinande chi pro isse bi cherete totta sa Sardigna (non vedi Andrea che ci fanno filare come bestie, e non senti quel romano che a pugni serrati e a braccia alzate urla che per stendere lui ci vuole tutta la Sardegna)”. La risposta di mio padre fu come una frustata: E boisi itte sezzisi ispettanne a l’istrubbare a susu chin corazu e animu determinadu chenza los timere, poi li damus a bidere chi no bi cheret totta sa Sardigna pro los crepare e los isperdere? (e voi cosa state aspettando a saltargli addosso con coraggio e con determinazione senza temerli, poi gli facciamo vedere che non ci vuole tutta la Sardegna per dargli una lezione e farli scappare)».
Orgoglio e rabbia. Fu la scintilla che scatenò una rissa cruenta e furiosa nella quale un pugno di sardi diede una severa lezione a tutto il reggimento di artiglieria Fortezza da Costa. Un sergente maggiore finì addirittura in ospedale per una coltellata in pancia. Le autorità militari pensarono subito a una rivolta contro lo Stato, sospettando infiltrazioni angioine repubblicane tra i sardi. Andrea Lostia fu indicato come il capo di quella ribellione e arrestato. Poi, fu trasferito a Piacenza in attesa del processo.
«Di alcuni protagonisti di quella terribile rissa – dice Lelle Lostia – sono riuscito a conoscere i nomi: Giorgio Satta Puliga di Buddusò, Burianu Sanna di Bitti, Daniele Mulas di Fonni, Domenico Curreli ed Emanuele Soro di Olzai, Salvatore Nieddu di Nuoro e Giovanni Maria Masala di Nule. Mio padre escogitò uno stratagemma per non far sapere ai familiari che si trovava in carcere. Scriveva cioè una lettera per la madre a Orotelli e poi la infilava in una busta più grande indirizzata a Genova al suo amico Daniele Mulas, il quale sfilava la prima busta e la spediva ai Lostia a Orotelli. Ma due cugini di mio padre seppero per caso a Sarule, da un soldato in licenza, che mio padre era finito nei guai e non era più al reggimento. Mio zio agronomo e un suo cugino medico partirono allora per Genova dove seppero che mio padre era in carcere a Piacenza, in attesa di essere giudicato per ribellione contro le istituzioni».
I Lostia presentarono allora al comandante del reggimento le loro credenziali di appartenenti a una famiglia nobile e fedele alla casa reale, tanto che un loro zio, Giovanni Battista, nel 1808, era stato posto da re Vittorio Emanuele a capo della reale Governazione di Sassari e nominato anche comandante della Giurisprudenza.
Lo stupore degli ufficiali. Il colonnello, anche grazie alla testimonianza del capitano di cui Andrea Lostia era attendente, capì che non esisteva alcun complotto e non c’era stata una rivolta, ma solo una furiosa rissa tra sardi e continentali. Il suo rapporto convinse anche il generale che dispose l’immediata scarcerazione dell’artigliere Lostia.
«Mi fu raccontato – prosegue Lelle Lostia – che il generale, del quale non conosco però il nome, rimase profondamente colpito da quella rissa e si chiedeva come fosse stato possibile che un gruppo esiguo di sardi avesse potuto sbaragliare un intero reggimento. “Non è possibile, non è possibile” ripeteva incredulo. Dopo alcune ore convocò i suoi ufficiali e disse: “Se è vero, come è vero, che un gruppo di sardi riesce a sbaragliare un reggimento al completo, allora se riusciamo a formare una brigata di soli sardi potremmo vincere qualsiasi guerra”».
L’idea piacque allo Stato maggiore: erano nati i diavoli rossi, i Dimonios.
«Onestamente non posso essere più preciso e riferire date certe. E sfuggono alcuni nomi – conclude Lelle Lostia –. Ma questa è la storia come io l’ho appresa da una serie di testimonianze, alcune anche dirette. E con le mie parole voglio onorare la memoria di mio padre e il valore e la balentia dei sardi che hanno partecipato alla Grande guerra sugli altipiani del Carso».
IL FOGLIO
La costruzione di nuove scuole attraverso i fondi del Pnrr#OpenPNRR
La costruzione di nuove scuole attraverso i fondi del Pnrr#OpenPNRR
Sono 216 le nuove scuole che saranno costruite attraverso il piano previsto dal Pnrr. Un investimento innalzato dagli 800 milioni iniziali a oltre 1 miliardo di euro. Risorse che, insieme agli altri progetti sull’edilizia scolastica, dovranno fare fronte a necessità e carenze di lungo periodo.
Lunedì 30 Maggio 2022 | POTERE POLITICO
A maggio sono state pubblicate le graduatorie delle aree in cui saranno costruite le nuove scuole previste dal Pnrr. Parliamo di 216 istituti scolastici per un importo totale stanziato superiore al miliardo di euro.
Utena cifra superiore rispetto agli 800 milioni indicati nel Pnrr, in seguito a un aumento di fondi che consentirà di costruire 21 nuove scuole in più rispetto alle 195 inizialmente previs.
Un incremento deciso per far fronte alle tantissime richieste pervenute. In base alle informazioni pubblicate dal ministero, le domande arrivate alla scadenza dell’avviso, a febbraio di quest’anno, sono state 543. Arrivate in misura massiccia soprattutto dagli enti locali di Campania (95), Lombardia (61), Veneto (47), Emilia-Romagna (45) e Toscana (42).
Sono stati 362 gli interventi entrati in graduatoria, per un totale di quasi 2 miliardi di euro richiesti. Di questi, 216 hanno raggiunto un punteggio che consentirà l’accesso ai fondi. Tra quelli entrati in graduatoria, restano comunque fuori dal finanziamento del bando 146 interventi, per un totale di 776,6 milioni di euro.
€ 1,97 mld gli importi totali richiesti dagli enti nella graduatoria del bando “nuove scuole”.
Va specificato che non si tratta dell’unico intervento previsto dal Pnrr sull’edilizia scolastica: il più corposo è infatti rappresentato dai 3,9 miliardi destinati al piano di messa in sicurezza delle scuole. Perciò questo intervento, relativo al progetto nuove scuole, è chiamato a coprire solo una parte del fabbisogno esistente.
Basti pensare che mentre il piano “nuove scuole” interviene su 410mila metri quadri di patrimonio edilizio (le 195 scuole inizialmente stimate nel Pnrr), quello di messa in sicurezza riguarda la ristrutturazione di 2,4 milioni di metri quadri.
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Allo stesso tempo, la grande partecipazione al bando segnala quanto sia avvertito come centrale l’investimento sulle scuole italiane, a partire dal rinnovamento del patrimonio edilizio. E indica come lo stanziamento di risorse in questo ambito intervenga molto spesso su necessità e carenze esistenti da lungo periodo.
Vai alla pagina dedicata su OpenPNRR.
Approfondiamo meglio le previsioni del Pnrr sull’edilizia scolastica e, nello specifico, la destinazione delle risorse previste dal progetto delle nuove scuole, anche rispetto alla condizione del patrimonio esistente.
In cosa consiste il piano nuove scuole
Le linee di intervento previste dal Pnrr sull’edilizia scolastica sono numerose: dalla messa in sicurezza del patrimonio esistente alla costruzione di mense e palestre. Gran parte di queste, come approfondiremo nel corso dell’articolo, sono stanziate all’interno della quarta missione, dedicata a istruzione e ricerca.
Tuttavia, la quarta missione del piano nazionale di ripresa e resilienza, specificamente mirata al comparto educativo, non esaurisce tutti gli interventi in materia di edilizia scolastica. Vi è appunto il piano per la costruzione delle nuove scuole (più propriamente, il piano di sostituzione e riqualificazione energetica degli edifici scolastici). Questo è inserito nella missione 2, denominata “rivoluzione verde e transizione ecologica”.
-50% la riduzione del consumo di energia finale prevista per le nuove scuole dal Pnrr.
Su tale linea di intervento il Pnrr prevede la demolizione e ricostruzione delle scuole. A differenza del piano di messa in sicurezza e ristrutturazione, si tratta dei casi
(…) in cui gli interventi di adeguamento sismico o di miglioramento associati ad una consistente ristrutturazione finalizzata alla riduzione dei consumi energetici non sono tecnicamente ed economicamente convenienti.
Il piano per la costruzione di nuove scuole sarà probabilmente quello più innovativo tra tutti gli interventi previsti dal Pnrr per l’edilizia scolastica. Perché consentirà di creare degli ambienti educativi all’avanguardia, in termini di qualità edilizia, di rispetto per l’ambiente, di presenza di spazi verdi e connettività.
In questa direzione, sempre nel mese di maggio, sono state presentate le linee guida per le scuole del futuro. Tale documento, redatto da un apposito gruppo di esperti, sarà la base per le future progettazioni. Con l’obiettivo di costruire luoghi di apprendimento nuovi non solo nelle forme, ma concepiti come veri e propri laboratori didattici, aperti al territorio.
Gli interventi del piano per le nuove scuole
Attraverso i dati pubblicati nelle graduatorie, possiamo ricostruire dove saranno direzionati gli interventi. Oltre il 40% delle risorse, in base alla clausola prescritta dal Pnrr, andranno al mezzogiorno.
La Campania, con 213 milioni di euro di finanziamento (quasi il 18% del totale) è la prima regione per importi finanziati dalla misura. I progetti qui previsti porteranno alla costruzione di 35 nuovi istituti scolastici. Segue l’Emilia Romagna, con 146 milioni di euro finanziati per 23 nuove scuole.
La Campania è la regione con più interventi finanziati per nuove scuole
Interventi finanziati nell’ambito del bando “nuove scuole”
FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’istruzione
(ultimo aggiornamento: venerdì 6 Maggio 2022)
I 216 interventi finanziati prevedono nella maggior parte dei casi (183, l’85% del totale) la demolizione con successiva ricostruzione nello stesso luogo. Solo il restante 15% (33 interventi) indica come modalità progettuale la demolizione e costruzione della nuova scuola in un’altra sede. Con quote comunque variabili tra le regioni: prevedono la ricostruzione delocalizzata 2/3 degli interventi in Liguria, 1/3 di quelli della Basilicata, nonché il 30% dei progetti emiliano-romagnoli.
In media l’85% degli interventi prevede la ricostruzione della scuola sul posto
Percentuale di progetti finanziati dal bando “nuove scuole” per tipo di intervento previsto
FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’istruzione
(ultimo aggiornamento: venerdì 6 Maggio 2022)
In 5 regioni (Molise, Piemonte, Sicilia, Trentino Alto Adige e Valle D’Aosta) tutti i progetti finanziati indicano la demolizione edilizia e la successiva ricostruzione nella stessa area.
Scendendo a livello locale, i maggiori fondi convergeranno verso le scuole di due territori campani. Il casertano, dove i finanziamenti ammontano complessivamente a 82 milioni di euro per 11 interventi, e il salernitano (47,66 milioni di euro per 11 interventi).
L’area provinciale di Caserta è quella con i maggiori finanziamenti per nuove scuole
Localizzazione degli interventi finanziati nell’ambito del bando “nuove scuole”
FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’istruzione
(ultimo aggiornamento: venerdì 6 Maggio 2022)
Seguono le aree metropolitane di Milano (44,8 milioni, 4 interventi), Roma (41,18 milioni, 9 interventi), Bari (40,15 per 6 progetti) e Napoli (37,77 milioni per 6 interventi).
La destinazione delle risorse verso i territori campani, e in particolare nel casertano, non deve stupire. Caserta è – insieme a Napoli – la provincia italiana con la quota più elevata di residenti in età scolastica. Il 14,1% della popolazione ha tra 6 e 18 anni, contro una media nazionale attorno al 12%.
E sebbene la quota di edifici vetusti risulti – come media provinciale – inferiore al dato nazionale (8,1% contro 17,8%), nei comuni casertani interessati dall’intervento in media solo il 5% delle scuole nel 2018 risultava progettato o successivamente adeguato alla normativa tecnica di costruzione antisismica.
Il comune di Castel Volturno, in provincia di Caserta, è quello che riceverà il finanziamento più consistente per la costruzione di nuove scuole, per un totale di 29,65 milioni di euro. Seguono la città metropolitana di Milano (24 milioni di euro), la provincia di Fermo (21,7), quella di Avellino (19,6).
Il comune di Castel Volturno (CE) riceverà quasi 30 milioni di euro dal bando “nuove scuole”
I 20 enti locali con più interventi finanziati nell’ambito del bando “nuove scuole”
FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’istruzione
(ultimo aggiornamento: venerdì 6 Maggio 2022)
Da notare come anche in questo caso emerga una ricorrenza rispetto al territorio casertano. Sono 3 gli enti locali più finanziati appartenenti a quest’area, ognuno dei quali ha ricevuto dei fondi per le scuole di competenza. Oltre al già citato comune di Castel Volturno, quello di Santa Maria a Vico (13,4 milioni) e l’ente provinciale di Caserta (11,5).
Cosa dice la grande partecipazione al bando
In totale sono state presentate 543 domande di finanziamento per il bando nuove scuole, come indicato dal ministero.
Sono 362 gli interventi entrati in graduatoria, per un ammontare di quasi 2 miliardi di euro richiesti. L’aumento dello stanziamento da 800 milioni a 1,19 miliardi consentirà di finanziarne 216. Non hanno quindi trovato finanziamento con questa linea di investimento 146 interventi per 776,6 milioni di euro, di cui 36 in Campania, 26 in Veneto, 17 in Calabria.
Campania, Veneto e Calabria sono le regioni con più interventi in graduatoria
Numero di interventi in graduatoria e finanziati nell’ambito del bando “nuove scuole”
FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’istruzione
(ultimo aggiornamento: venerdì 6 Maggio 2022)
La Campania, che come abbiamo visto è la regione dove convergeranno le maggiori risorse, è anche quella che aveva inviato più candidature. Nonché quella con più interventi in graduatoria ma non finanziati.
La grande partecipazione al bando perciò segnala quanto questa linea di finanziamento abbia incrociato esigenze e necessità dei territori. Ed è anche indice di come la questione della riqualificazione del patrimonio scolastico sia avvertita dagli enti locali. Una realtà che l’analisi dei dataset sull’edilizia scolastica pubblicati dal ministero dell’istruzione mostra chiaramente.
La condizione attuale delle scuole
I prossimi anni, anche in relazione all’impegno indicato dal Pnrr, vedranno una crescita degli interventi per l’edilizia scolastica statale.
Investimenti che riguardano un patrimonio di oltre 40mila gli edifici scolastici presenti. Prima della pandemia, in base ai dati relativi al 2018, quasi il 18% delle strutture era classificato come vetusto, per un totale di 7.161 edifici.
Sempre in quell’anno, quasi il 13% degli edifici (5.117) risulta progettato (o adeguato successivamente) alla normativa tecnica di costruzione antisismica. Quota che comunque sale attorno al 25% tra i comuni in zona sismica 1, quella considerata a maggior rischio. Circa 2.000 edifici, pari al 4,9% del totale, risultavano censiti in un’area soggetta a vincolo idrogeologico.
Si tratta di medie che però comprimono le differenze territoriali esistenti. A fronte di una percentuale del 17,8% di edifici vetusti, ad esempio, la quota raggiunge il 43,7% in Piemonte e il 37,5% in Liguria. Mentre si attesta al di sotto del 10% in Campania (5,97%) e Toscana (5,83%). Allo stesso modo, anche la quota di edifici in aree soggette a vincolo idrogeologico supera il 10% in Umbria (12%) e Liguria (10,95%).
Gli edifici vetusti prevalgono in Piemonte, quelli sottoposti a vincolo idrogeologico in Umbria
Percentuale di edifici scolastici statali per vetustà e per presenza di vincoli idrogeologici (2018)
Un edificio scolastico è classificato come vetusto quando ha più di 50 anni. Dati non disponibili per il Trentino Alto Adige.
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Miur
(ultimo aggiornamento: mercoledì 4 Marzo 2020)
Anche la quota di edifici con progettazione antisismica varia molto. Se si isolano solo i comuni in zona 1, ad esempio, quelli progettati o adeguati alla normativa sono quasi il 60% in Friuli-Venezia Giulia e quasi la metà in Abruzzo (49%). Quota che è più lontana dall’essere raggiunta in regioni come la Calabria e la Campania. Nei comuni calabresi e campani collocati in zona sismica 1, la percentuale di edifici scolastici con progettazione antisismica oscillava – in base ai dati 2018 – tra il 15 e il 20%.
Scendendo nell’analisi a livello locale, il quadro diventa ancora più frastagliato, come emerge a colpo d’occhio dalla mappa. La quota di edifici scolastici vetusti, ad esempio, supera il 50% del totale nei territori della provincia di Alessandria, del vercellese, del triestino, del biellese e dell’area di Asti.
La presenza di edifici scolastici vetusti in Italia
Percentuale di edifici scolastici classificati come vetusti (2018)
Un edificio scolastico è classificato come vetusto quando ha più di 50 anni. Dati non disponibili per il Trentino Alto Adige.
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Miur
(ultimo aggiornamento: mercoledì 4 Marzo 2020)
Rispetto alla collocazione delle scuole in zone a rischio idrogeologico, l’incidenza è maggiore nelle province di La Spezia (23,9%) e Siena (21,2%), dove supera un quinto degli edifici scolastici presenti. Seguono i territori di Massa-Carrara (17%), Cuneo (16,5%), Trieste e Rieti (entrambe al 15,2%).
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I dati appena visti indicano una forte variabilità della condizione scolastica tra le diverse aree del paese. La messa in sicurezza e riqualificazione di questo patrimonio è un presupposto della stessa offerta educativa presente sul territorio. Per questo – di fianco all’analisi deuovl bando “ne scuole” – nei prossimi mesi sarà importante monitorare anche tutti gli altri interventi previsti sul patrimonio edilizio delle scuole italiane. Ma quali sono e di cosa si tratta nello specifico?
Gli altri interventi del Pnrr sull’edilizia scolastica
Le risorse previste dal piano delle nuove scuole (più propriamente, il piano di sostituzione e riqualificazione energetica degli edifici scolastici) non sono le uniche che il Pnrr destina al patrimonio edilizio scolastico.
Per cominciare, il piano di ripresa e resilienza interviene sul comparto dell’istruzione e della ricerca con una missione dedicata, la quarta. Essa vale quasi 31 miliardi di euro, divisi in due componenti:
- 19,44 miliardi di euro per il “potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università” (componente M4C1);
- 11,44 miliardi di euro nel settore “dalla ricerca all’impresa” (componente M4C2).
Nello specifico i 19,44 miliardi della prima componente della missione 4 sono a loro volta suddivisi per ambito di intervento. In particolare, 10,57 miliardi andranno al “miglioramento qualitativo e ampliamento quantitativo dei servizi di istruzione e formazione”. Tra questi, le risorse per l’estensione del tempo pieno (con l’incremento del servizio mensa) e il potenziamento delle infrastrutture per lo sport a scuola, aspetti trattati in altri approfondimenti.
Altri fondi della missione istruzione sono meno collegati al tema edilizio. Parliamo degli 830 e 430 milioni che andranno rispettivamente al “miglioramento dei processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti” e alla “riforma e potenziamento dei dottorati”.
Ma è soprattutto un altro ambito di intervento della missione 4 a stanziare le maggiori risorse per l’edilizia scolastica. È denominato “ampliamento delle competenze e potenziamento delle infrastrutture” e vale 7,6 miliardi. Di questi, 3,9 sono destinati al piano di messa in sicurezza e riqualificazione delle scuole esistenti. Un piano che – come abbiamo già avuto modo di raccontare – avrà come obiettivo prioritario le aree svantaggiate del paese e punta a ristrutturare oltre 2 milioni di metri quadri di edifici scolastici.
2,4 mln la superficie (in mq) di edifici scolastici coinvolta nel piano di messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica
Vanno inoltre segnalate anche altre misure come il piano scuola 4.0. Proprio come gli interventi su mense e palestre, si tratta di iniziative pensate per potenziare l’offerta didattica su vari fronti, come tempo pieno, sport ed educazione digitale. E che, per essere concretizzate, dovranno necessariamente basarsi su interventi di natura strutturale sull’edilizia scolastica.
Si tratta quindi di una mole di interventi cospicua, che sarà essenziale monitorare nei prossimi mesi e anni. Dalla capacità di investire e riqualificare l’edilizia scolastica, infatti, passano molte delle sfide del sistema educativo nazionale.
Il nostro osservatorio sul Pnrr
Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.
Foto credit: Città di Parma (Flickr) – Licenza
La costruzione di nuove scuole attraverso i fondi del Pnrr #OpenPNRR
La costruzione di nuove scuole attraverso i fondi del Pnrr #OpenPNRR
Sono 216 le nuove scuole che saranno costruite attraverso il piano previsto dal Pnrr. Un investimento innalzato dagli 800 milioni iniziali a oltre 1 miliardo di euro. Risorse che, insieme agli altri progetti sull’edilizia scolastica, dovranno fare fronte a necessità e carenze di lungo periodo.
lunedì 30 Maggio 2022 | Potere politico
A maggio sono state pubblicate le graduatorie delle aree in cui saranno costruite le nuove scuole previste dal Pnrr. Parliamo di 216 istituti scolastici per un importo totale stanziato superiore al miliardo di euro.
Una cifra superiore rispetto agli 800 milioni indicati nel Pnrr, in seguito a un aumento di fondi che consentirà di costruire 21 nuove scuole in più rispetto alle 195 inizialmente previste.
Un incremento deciso per far fronte alle tantissime richieste pervenute. In base alle informazioni pubblicate dal ministero, le domande arrivate alla scadenza dell’avviso, a febbraio di quest’anno, sono state 543. Arrivate in misura massiccia soprattutto dagli enti locali di Campania (95), Lombardia (61), Veneto (47), Emilia-Romagna (45) e Toscana (42).
Sono stati 362 gli interventi entrati in graduatoria, per un totale di quasi 2 miliardi di euro richiesti. Di questi, 216 hanno raggiunto un punteggio che consentirà l’accesso ai fondi. Tra quelli entrati in graduatoria, restano comunque fuori dal finanziamento del bando 146 interventi, per un totale di 776,6 milioni di euro.
Va specificato che non si tratta dell’unico intervento previsto dal Pnrr sull’edilizia scolastica: il più corposo è infatti rappresentato dai 3,9 miliardi destinati al piano di messa in sicurezza delle scuole. Perciò questo intervento, relativo al progetto nuove scuole, è chiamato a coprire solo una parte del fabbisogno esistente.
Basti pensare che mentre il piano “nuove scuole” interviene su 410mila metri quadri di patrimonio edilizio (le 195 scuole inizialmente stimate nel Pnrr), quello di messa in sicurezza riguarda la ristrutturazione di 2,4 milioni di metri quadri.
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Allo stesso tempo, la grande partecipazione al bando segnala quanto sia avvertito come centrale l’investimento sulle scuole italiane, a partire dal rinnovamento del patrimonio edilizio. E indica come lo stanziamento di risorse in questo ambito intervenga molto spesso su necessità e carenze esistenti da lungo periodo.
Vai alla pagina dedicata su OpenPNRR.
Approfondiamo meglio le previsioni del Pnrr sull’edilizia scolastica e, nello specifico, la destinazione delle risorse previste dal progetto delle nuove scuole, anche rispetto alla condizione del patrimonio esistente.
In cosa consiste il piano nuove scuole
Le linee di intervento previste dal Pnrr sull’edilizia scolastica sono numerose: dalla messa in sicurezza del patrimonio esistente alla costruzione di mense e palestre. Gran parte di queste, come approfondiremo nel corso dell’articolo, sono stanziate all’interno della quarta missione, dedicata a istruzione e ricerca.
Tuttavia, la quarta missione del piano nazionale di ripresa e resilienza, specificamente mirata al comparto educativo, non esaurisce tutti gli interventi in materia di edilizia scolastica. Vi è appunto il piano per la costruzione delle nuove scuole (più propriamente, il piano di sostituzione e riqualificazione energetica degli edifici scolastici). Questo è inserito nella missione 2, denominata “rivoluzione verde e transizione ecologica”.
Su tale linea di intervento il Pnrr prevede la demolizione e ricostruzione delle scuole. A differenza del piano di messa in sicurezza e ristrutturazione, si tratta dei casi
(…) in cui gli interventi di adeguamento sismico o di miglioramento associati ad una consistente ristrutturazione finalizzata alla riduzione dei consumi energetici non sono tecnicamente ed economicamente convenienti.
Il piano per la costruzione di nuove scuole sarà probabilmente quello più innovativo tra tutti gli interventi previsti dal Pnrr per l’edilizia scolastica. Perché consentirà di creare degli ambienti educativi all’avanguardia, in termini di qualità edilizia, di rispetto per l’ambiente, di presenza di spazi verdi e connettività.
In questa direzione, sempre nel mese di maggio, sono state presentate le linee guida per le scuole del futuro. Tale documento, redatto da un apposito gruppo di esperti, sarà la base per le future progettazioni. Con l’obiettivo di costruire luoghi di apprendimento nuovi non solo nelle forme, ma concepiti come veri e propri laboratori didattici, aperti al territorio.
Gli interventi del piano per le nuove scuole
Attraverso i dati pubblicati nelle graduatorie, possiamo ricostruire dove saranno direzionati gli interventi. Oltre il 40% delle risorse, in base alla clausola prescritta dal Pnrr, andranno al mezzogiorno.
La Campania, con 213 milioni di euro di finanziamento (quasi il 18% del totale) è la prima regione per importi finanziati dalla misura. I progetti qui previsti porteranno alla costruzione di 35 nuovi istituti scolastici. Segue l’Emilia Romagna, con 146 milioni di euro finanziati per 23 nuove scuole.
La Campania è la regione con più interventi finanziati per nuove scuole
Interventi finanziati nell’ambito del bando “nuove scuole”
FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’istruzione
(ultimo aggiornamento: venerdì 6 Maggio 2022)
I 216 interventi finanziati prevedono nella maggior parte dei casi (183, l’85% del totale) la demolizione con successiva ricostruzione nello stesso luogo. Solo il restante 15% (33 interventi) indica come modalità progettuale la demolizione e costruzione della nuova scuola in un’altra sede. Con quote comunque variabili tra le regioni: prevedono la ricostruzione delocalizzata 2/3 degli interventi in Liguria, 1/3 di quelli della Basilicata, nonché il 30% dei progetti emiliano-romagnoli.
In media l’85% degli interventi prevede la ricostruzione della scuola sul posto
Percentuale di progetti finanziati dal bando “nuove scuole” per tipo di intervento previsto
FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’istruzione
(ultimo aggiornamento: venerdì 6 Maggio 2022)
In 5 regioni (Molise, Piemonte, Sicilia, Trentino Alto Adige e Valle D’Aosta) tutti i progetti finanziati indicano la demolizione edilizia e la successiva ricostruzione nella stessa area.
Scendendo a livello locale, i maggiori fondi convergeranno verso le scuole di due territori campani. Il casertano, dove i finanziamenti ammontano complessivamente a 82 milioni di euro per 11 interventi, e il salernitano (47,66 milioni di euro per 11 interventi).
L’area provinciale di Caserta è quella con i maggiori finanziamenti per nuove scuole
Localizzazione degli interventi finanziati nell’ambito del bando “nuove scuole”
FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’istruzione
(ultimo aggiornamento: venerdì 6 Maggio 2022)
Seguono le aree metropolitane di Milano (44,8 milioni, 4 interventi), Roma (41,18 milioni, 9 interventi), Bari (40,15 per 6 progetti) e Napoli (37,77 milioni per 6 interventi).
La destinazione delle risorse verso i territori campani, e in particolare nel casertano, non deve stupire. Caserta è – insieme a Napoli – la provincia italiana con la quota più elevata di residenti in età scolastica. Il 14,1% della popolazione ha tra 6 e 18 anni, contro una media nazionale attorno al 12%.
E sebbene la quota di edifici vetusti risulti – come media provinciale – inferiore al dato nazionale (8,1% contro 17,8%), nei comuni casertani interessati dall’intervento in media solo il 5% delle scuole nel 2018 risultava progettato o successivamente adeguato alla normativa tecnica di costruzione antisismica.
Il comune di Castel Volturno, in provincia di Caserta, è quello che riceverà il finanziamento più consistente per la costruzione di nuove scuole, per un totale di 29,65 milioni di euro. Seguono la città metropolitana di Milano (24 milioni di euro), la provincia di Fermo (21,7), quella di Avellino (19,6).
Il comune di Castel Volturno (CE) riceverà quasi 30 milioni di euro dal bando “nuove scuole”
I 20 enti locali con più interventi finanziati nell’ambito del bando “nuove scuole”
FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’istruzione
(ultimo aggiornamento: venerdì 6 Maggio 2022)
Da notare come anche in questo caso emerga una ricorrenza rispetto al territorio casertano. Sono 3 gli enti locali più finanziati appartenenti a quest’area, ognuno dei quali ha ricevuto dei fondi per le scuole di competenza. Oltre al già citato comune di Castel Volturno, quello di Santa Maria a Vico (13,4 milioni) e l’ente provinciale di Caserta (11,5).
Cosa dice la grande partecipazione al bando
In totale sono state presentate 543 domande di finanziamento per il bando nuove scuole, come indicato dal ministero.
Sono 362 gli interventi entrati in graduatoria, per un ammontare di quasi 2 miliardi di euro richiesti. L’aumento dello stanziamento da 800 milioni a 1,19 miliardi consentirà di finanziarne 216. Non hanno quindi trovato finanziamento con questa linea di investimento 146 interventi per 776,6 milioni di euro, di cui 36 in Campania, 26 in Veneto, 17 in Calabria.
Campania, Veneto e Calabria sono le regioni con più interventi in graduatoria
Numero di interventi in graduatoria e finanziati nell’ambito del bando “nuove scuole”
FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’istruzione
(ultimo aggiornamento: venerdì 6 Maggio 2022)
La Campania, che come abbiamo visto è la regione dove convergeranno le maggiori risorse, è anche quella che aveva inviato più candidature. Nonché quella con più interventi in graduatoria ma non finanziati.
La grande partecipazione al bando perciò segnala quanto questa linea di finanziamento abbia incrociato esigenze e necessità dei territori. Ed è anche indice di come la questione della riqualificazione del patrimonio scolastico sia avvertita dagli enti locali. Una realtà che l’analisi dei dataset sull’edilizia scolastica pubblicati dal ministero dell’istruzione mostra chiaramente.
La condizione attuale delle scuole
I prossimi anni, anche in relazione all’impegno indicato dal Pnrr, vedranno una crescita degli interventi per l’edilizia scolastica statale.
Investimenti che riguardano un patrimonio di oltre 40mila gli edifici scolastici presenti. Prima della pandemia, in base ai dati relativi al 2018, quasi il 18% delle strutture era classificato come vetusto, per un totale di 7.161 edifici.
Sempre in quell’anno, quasi il 13% degli edifici (5.117) risulta progettato (o adeguato successivamente) alla normativa tecnica di costruzione antisismica. Quota che comunque sale attorno al 25% tra i comuni in zona sismica 1, quella considerata a maggior rischio. Circa 2.000 edifici, pari al 4,9% del totale, risultavano censiti in un’area soggetta a vincolo idrogeologico.
Si tratta di medie che però comprimono le differenze territoriali esistenti. A fronte di una percentuale del 17,8% di edifici vetusti, ad esempio, la quota raggiunge il 43,7% in Piemonte e il 37,5% in Liguria. Mentre si attesta al di sotto del 10% in Campania (5,97%) e Toscana (5,83%). Allo stesso modo, anche la quota di edifici in aree soggette a vincolo idrogeologico supera il 10% in Umbria (12%) e Liguria (10,95%).
Gli edifici vetusti prevalgono in Piemonte, quelli sottoposti a vincolo idrogeologico in Umbria
Percentuale di edifici scolastici statali per vetustà e per presenza di vincoli idrogeologici (2018)
Un edificio scolastico è classificato come vetusto quando ha più di 50 anni. Dati non disponibili per il Trentino Alto Adige.
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Miur
(ultimo aggiornamento: mercoledì 4 Marzo 2020)
Anche la quota di edifici con progettazione antisismica varia molto. Se si isolano solo i comuni in zona 1, ad esempio, quelli progettati o adeguati alla normativa sono quasi il 60% in Friuli-Venezia Giulia e quasi la metà in Abruzzo (49%). Quota che è più lontana dall’essere raggiunta in regioni come la Calabria e la Campania. Nei comuni calabresi e campani collocati in zona sismica 1, la percentuale di edifici scolastici con progettazione antisismica oscillava – in base ai dati 2018 – tra il 15 e il 20%.
Scendendo nell’analisi a livello locale, il quadro diventa ancora più frastagliato, come emerge a colpo d’occhio dalla mappa. La quota di edifici scolastici vetusti, ad esempio, supera il 50% del totale nei territori della provincia di Alessandria, del vercellese, del triestino, del biellese e dell’area di Asti.
La presenza di edifici scolastici vetusti in Italia
Percentuale di edifici scolastici classificati come vetusti (2018)
Un edificio scolastico è classificato come vetusto quando ha più di 50 anni. Dati non disponibili per il Trentino Alto Adige.
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Miur
(ultimo aggiornamento: mercoledì 4 Marzo 2020)
Rispetto alla collocazione delle scuole in zone a rischio idrogeologico, l’incidenza è maggiore nelle province di La Spezia (23,9%) e Siena (21,2%), dove supera un quinto degli edifici scolastici presenti. Seguono i territori di Massa-Carrara (17%), Cuneo (16,5%), Trieste e Rieti (entrambe al 15,2%).
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I dati appena visti indicano una forte variabilità della condizione scolastica tra le diverse aree del paese. La messa in sicurezza e riqualificazione di questo patrimonio è un presupposto della stessa offerta educativa presente sul territorio. Per questo – di fianco all’analisi del bando “nuove scuole” – nei prossimi mesi sarà importante monitorare anche tutti gli altri interventi previsti sul patrimonio edilizio delle scuole italiane. Ma quali sono e di cosa si tratta nello specifico?
Gli altri interventi del Pnrr sull’edilizia scolastica
Le risorse previste dal piano delle nuove scuole (più propriamente, il piano di sostituzione e riqualificazione energetica degli edifici scolastici) non sono le uniche che il Pnrr destina al patrimonio edilizio scolastico.
Per cominciare, il piano di ripresa e resilienza interviene sul comparto dell’istruzione e della ricerca con una missione dedicata, la quarta. Essa vale quasi 31 miliardi di euro, divisi in due componenti:
- 19,44 miliardi di euro per il “potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università” (componente M4C1);
- 11,44 miliardi di euro nel settore “dalla ricerca all’impresa” (componente M4C2).
Nello specifico i 19,44 miliardi della prima componente della missione 4 sono a loro volta suddivisi per ambito di intervento. In particolare, 10,57 miliardi andranno al “miglioramento qualitativo e ampliamento quantitativo dei servizi di istruzione e formazione”. Tra questi, le risorse per l’estensione del tempo pieno (con l’incremento del servizio mensa) e il potenziamento delle infrastrutture per lo sport a scuola, aspetti trattati in altri approfondimenti.
Altri fondi della missione istruzione sono meno collegati al tema edilizio. Parliamo degli 830 e 430 milioni che andranno rispettivamente al “miglioramento dei processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti” e alla “riforma e potenziamento dei dottorati”.
Ma è soprattutto un altro ambito di intervento della missione 4 a stanziare le maggiori risorse per l’edilizia scolastica. È denominato “ampliamento delle competenze e potenziamento delle infrastrutture” e vale 7,6 miliardi. Di questi, 3,9 sono destinati al piano di messa in sicurezza e riqualificazione delle scuole esistenti. Un piano che – come abbiamo già avuto modo di raccontare – avrà come obiettivo prioritario le aree svantaggiate del paese e punta a ristrutturare oltre 2 milioni di metri quadri di edifici scolastici.
Vanno inoltre segnalate anche altre misure come il piano scuola 4.0. Proprio come gli interventi su mense e palestre, si tratta di iniziative pensate per potenziare l’offerta didattica su vari fronti, come tempo pieno, sport ed educazione digitale. E che, per essere concretizzate, dovranno necessariamente basarsi su interventi di natura strutturale sull’edilizia scolastica.
Si tratta quindi di una mole di interventi cospicua, che sarà essenziale monitorare nei prossimi mesi e anni. Dalla capacità di investire e riqualificare l’edilizia scolastica, infatti, passano molte delle sfide del sistema educativo nazionale.
Il nostro osservatorio sul Pnrr
Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.
Foto credit: Città di Parma (Flickr) – Licenza
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Poesie Sarde
POESIA SARDA
Cun bonu sensu e cun bella manera
chelzo tottu sos sardos invitare
s’isola nostra cherene isfruttare
sa zente de sa terra istraniera
in sos campos e in sa miniera
est terra nostra po la tribagliare
han pagu drittu sos istranieris
como su sardu sos ogios aberis.
Trattamos de sa vida de su pastore
medas famiglias restadas in luttu
ca su latte est a prezziu minore
a pius chi han te tu pagu fruttu
tantas annadas ma as han distruttu
pasculos, cereale e laore
si mancan custos ruttos de natura
beni s’Isola Sard in sepultura.
Deo avverto a dogni tribagliante
de coltivare sa terra is lana
cun bona volontade e bona gana –
però chi sia fidele e co tante
e lassade de faghe su b cciante
chestuna vida misera e zzana
s’Isola nostra es ricca des bistada
solu chi l’hamos tottu abbandonada.
“27 Maggio 1885