Archivi giornalieri: 30 giugno 2022

Santi Primi martiri della santa Chiesa di Roma

 
 

Santi Primi martiri della santa Chiesa di Roma


Santi Primi martiri della santa Chiesa di Roma

 

nome

Santi Primi martiri della santa Chiesa di Roma

titolo

Martiri

ricorrenza

30 giugno

martirologio

edizione 2004

«intorno a questi uomini vissuti santamente [Pietro e Paolo; si è raccolta una grande moltitudine di eletti che, per aver patito a causa della gelosia molti oltraggi e tormenti, sono stati uno splendido esempio fra di noi» (Lettera di Clemente ai Corinzi).

Questa festa commemora tutti i protomartiri della Chiesa di Roma che subirono il martirio nella stessa persecuzione nella quale furono messi a morte Pietro e Paolo; dal 1969 è stata opportunamente fissata il giorno seguente a quella dei due apostoli.

 

Nerone fu il primo imperatore romano a scatenare una persecuzione contro i cristiani, di cui lo storico Tacito ci racconta dettagliatamente i fatti: il 19 luglio dell’anno 64, il decimo del regno di Nerone, un terribile incendio divampò a Roma, partendo dal Circo Massimo, quartiere di negozi e bancarelle stipati di merce infiammabile; favorito dal clima (si era in piena calura estiva) il fuoco si propagò in tutte le direzioni.

Per sette giorni e sette notti imperversò distruggendo templi, palazzi c monumenti pubblici; rase al suolo, con tutto ciò che conteneva, un agglomerato di caseggiati e tuguri occupati da poveri. Le fiamme raggiunsero anche i giardini dell’abitazione di Caio Tigellino, prefetto del pretorio, divampando per altri tre giorni. Quando finalmente l’incendio fu estinto, due terzi di Roma erano ridotti a un ammasso di mura fumanti.

Per tre giorni Nerone rimase ad Anzio, senza rispondere ai messaggi accorati che gli pervenivano dalla città; finalmente raggiunse la Città Eterna per contemplare l’accaduto: si racconta che, indossato il suo costume teatrale, salisse sulla torre di Mecenate e accompagnandosi con la lira abbia intonato il lamento di Priamo sulle rovine fumanti di Troia. Questo suo deliziarsi nel contemplare le fiamme diede forza alle voci che lo sospettavano di aver ordinato lui stesso di appiccare l’incendio o almeno dall’aver ostacolato il suo spegnimento. Per stornare da sé questi sospetti accusò i cristiani e ordinò che fossero arrestati e messi a morte.

 

Clemente Romano racconta che coloro che erano noti per essere fedeli di Cristo furono arrestati, derisi pubblicamente, torturati perché denunciassero i loro compagni di fede, messi a morte con le forme più crudeli: alcuni furono crocifissi, altri spalmati di cera e usati come torce umane, altri coperti con pelli d’animale e dati in pasto alle belve. Tutte queste barbarie si svolgevano durante le pubbliche feste date, ogni notte, da Nerone nei giardini del suo palazzo; erano attrazioni di contorno mentre l’imperatore offriva lo spettacolo delle corse dei carri, guidando lui stesso un carro o confuso tra la folla. Benché il popolo di Roma fosse assuefatto a questi spettacoli dalle lotte tra gladiatori, la crudeltà delle torture a cui erano sottoposti i cristiani atterrirono la maggior parte degli spettatori; questi eventi fecero esplodere un’ondata di sollevazioni e Nerone si suicidò quattro anni dopo.

Tacito, lo storico romano nato attorno all’anno 56, scrive che Nerone «era corrotto da ogni lussuria, naturale e contro natura», e lascia aperta qualsiasi ipotesi per le cause dell’incendio: «Accadde un disastro, non si sa con certezza se per caso o per dolo dell’imperatore (l’una e l’altra versione han tramandato gli scrittori)». È in questo contesto che fornisce, egli storico classico, i più antichi riferimenti alla comunità cristiana di Roma, descrivendo come Nerone «condannò alle pene più raffinate quelli che, aborriti per le loro infamie, il volgo chiama cristiani. L’autore di questo nome, Cristo, regnando Tiberio, era stato suppliziato a opera del procuratore Ponzio Pilato».

É evidente che Tacito presta fede a tutte le calunnie popolari divulgate contro i cristiani, descrivendoli come appartenenti a una «superstizione funesta» c commentando «a Roma da ogni parte confluiscono c si diffondono tutti i misfatti e le vergogne», aggiungendo però: «Benché si punivano rei meritevoli di estremi castighi, nasceva un senso di pietà, giacché essi venivano uccisi non per il bene pubblico, ma per soddisfare la crudeltà di uno solo». Questa antica testimonianza scritta degli eventi storici della passione di Gesù e della solidità della comunità cristiana a Roma a partire dal 65 è d’importanza rilevante perché Tacito è uno storico scrupoloso e non ha chiaramente nessun motivo per essere benevolo verso i cristiani; non mostra alcun sentimento favorevole nei loro confronti anzi li considera nemici pubblici, ma allo stesso tempo è lucido nel vederli come i capri espiatori dell’incendio, la cui responsabilità era attribuita da molti a Nerone stesso.

 

MARTIROLOGIO ROMANO. Santi protomartiri della Santa Chiesa di Roma, che accusati dell’incendio della Città furono per ordine dell’imperatore Nerone crudelmente uccisi con supplizi diversi: alcuni, infatti, furono esposti ai cani coperti da pelli di animali e ne vennero dilaniati; altri furono crocifissi e altri ancora dati al rogo, perché, venuta meno la luce del giorno, servissero da lampade notturne. Tutti questi erano discepoli degli Apostoli e primizie dei martiri che la Chiesa di Roma presentò al Signore.

 

Inca

Lavoro e Previdenza – “Triballadores” – a cura di Vittorio Casula –

Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti. — Antonio Gramsci

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Archivio mensile:novembre 2008

Inca nel mondo

29 novembre 2008Senza categoriafonti inca Modifica

L’evoluzione dei modelli previdenziali in America Latina

A Montevideo prosegue il seminario annuale su: Diritti e tutela: le nuove sfide

A Montevideo, dove è in corso il seminario annuale promosso dall’Inca Cgil, prosegue lo scambio di esperienze tra i paesi dell’America Latina per confrontare i diversi sistemi previdenziali e per migliorare la qualità dell’azione di tutela, rivolta sia ai nostri connazionali all’estero sia ai lavoratori immigrati in Italia, rafforzando la collaborazione tra i patronati e i sindacati. Nell’incontro del 27 novembre, presieduto da Claudio Sorrentino, responsabile delle attività internazionali Inca, si è discusso su “L’evoluzione dei sistemi previdenziali in tema di convenzioni internazionali”.

Nella relazione introduttiva di Rossella Misci, responsabile per le convenzioni internazionali, sono stati ripercorsi gli iter dei Regolamenti europei, nati per favorire la libera circolazione degli oltre 480 milioni lavoratori  nei 27 paesi membri dell’Unione Europea. I Regolamenti sono stati costruiti sul principio del reciproco riconoscimento e sulla collaborazione tra i sistemi previdenziali, al fine di favorire la “totalizzazione” dei contributi versati nel corso delle carriere lavorative. Nella relazione sono state affrontate le questioni riguardanti l’integrazione al trattamento minimo nel Regolamento europeo e nelle convenzioni internazionali. “La perdita dell’integrazione – ha avvertito Misci -, in caso di trasferimento da un paese in convenzione bilaterale ad un paese europeo, richiede un approfondimento e non esclude una contestazione di tipo legale”. Il nuovo Regolamento, che  estende le tutele e migliora la cooperazione tra i Paesi membri, entrerà in vigore il prossimo anno.

L’avvocato Guarnaschelli, rappresentante del BPS, (l’Inps dell’Uruguay) ha analizzato le caratteristiche dell’Accordo di Montevideo,  del 14 dicembre 1997, recepito per via legislativa, che definisce le regole dei rapporti di collaborazione tra i quattro paesi del Mercosur e che opera alla stregua del Regolamento europeo, applicando il principio della totalizzazione dei contributi versati nei Paesi membri. L’Accordo si è raggiunto grazie ad un Regolamento attuativo e ad una Commissione amministrativa che ha il compito di facilitare le opportune modifiche, ma anche di  evitare il complesso iter delle ratifiche degli accordi internazionali. L’intesa ha dato risultati positivi anche grazie all’applicazione di  un solo sistema operativo, di un’unica banca-dati e dell’utilizzo privilegiato della comunicazione telematica.

Il Presidente della Federazione dei pensionati della CUT Brasile e  Consigliere effettivo  dell’Istituto di previdenza brasiliana, Luisao, intervenendo al dibattito, ha illustrato le principali caratteristiche del sistema pensionistico brasiliano e le recenti modifiche riguardanti la gestione delle pensioni, nonché gli aumenti riconosciuti ai pensionati. Grazie ad un impegno convinto da parte del governo, il tempo di liquidazione delle pensioni si è ridotto notevolmente passando da una media di 245 a 54 giorni.
In Brasile, la pensione minima è pari all’80% del salario minimo, mentre l’età di pensione è di 60 anni per le donne e 65 per gli uomini. Per i lavoratori agricoli, la cui attività è considerata più usurante, l’età legale per acquisire il diritto alla pensione scende a 55 anni per le donne e a 60 per gli uomini. Tuttavia, anche in questa nazione non mancano proposte di modifica per innalzare l’età pensionabile a 67 per gli uomini e a 65 anni per le donne. Si tratta di una legge di riforma che però si scontra con una forte opposizione del fronte sociale. Luisao ha concluso il suo intervento ricordando che in Brasile l’Istituto di previdenza rappresenta il più importante distributore di risorse del paese ed è impegnato i questo momento per difendere il sistema pensionistico pubblico a ripartizione.

Per spiegare il sistema pensionistico venezuelano è intervenuto il coordinatore INCA del Venezuela, Di Vaira. “Si tratta di un modello – ha spiegato – che consente semplicità di accesso alla pensione, con una conseguente forte riduzione delle pratiche burocratiche. L’Istituto di previdenza venezuelano, assicura infatti il pagamento della pensione a tre mesi dalla presentazione della domanda e periodicamente pubblica sui giornali la lista dei nuovi pensionati che, grazie a questa comunicazione, possono recarsi in banca ed aprire un conto per l’accredito della prestazione previdenziale”.
In Venezuela è riconosciuta la pensione di vecchiaia, di inabilità, ai superstiti e in questo caso è prevista la tutela  anche alla convivente non coniugata. E’ previsto altresì l’assegno sociale, in mancanza di altri redditi, e coloro i quali non abbiano raggiunto i requisiti richiesti per andare in pensione, una volta raggiunta l’età prevista possono “riscattare” gli anni non coperti da contribuzione versando i contributi (un importo modesto) ed acquisendo così il diritto alla pensione.

Tuttavia, ha precisato Di Vaira, nel sistema previdenziale venezuelano non mancano nodi da sciogliere.  Infatti, non prevedendo una correlazione tra l’importo di pensione e i contributi versati, quando un lavoratore si trasferisce in un altro paese la prestazione viene interrotta. E’ una scelta – ha precisato Di Vaira – che comporta seri problemi soprattutto ai pensionati italiani che rientrano in patria. L’Inca ha già chiesto l’intervento dell’Ambasciata italiana a Caracas, così come ha fatto l’Ambasciata spagnola per i suoi connazionali che si sono trovati nella stessa condizione.  Grazie a questo intervento sull’Istituto previdenziale e sul governo venezuelano il problema dei lavoratori spagnoli è stato risolto. “Si spera – ha  concluso Di Vaira – che anche il governo italiano voglia fare altrettanto con l’Ambasciata italiana in Venezuela. In caso contrario l’Inca sarà costretta a sostenere le ragioni degli italiani per vie legali”.
Per l’Argentina è intervenuta l’avvocatessa Pautasio, collaboratrice dell’INCA, che ha ripercorso la vicenda della pubblicizzazione dei fondi pensione argentini, dovuta alla precarietà finanziaria di questi fondi e al fatto che l’attuale Presidente non vuole perseguire la strada intrapresa nel 1994, con la legge che favoriva la fuoriuscita dal sistema pensionistico pubblico e la costituzione di una posizione pensionistica privata.

Concludendo il dibattito sui diversi sistemi previdenziali in America Latina, Luigina De Santis, del collegio di presidenza Inca Cgil,  ha sottolineato le forti analogie esistenti tra Regolamenti europei e l’Accordo di Montevideo, prospettando l’utilità di intese intraregionali, in favore dei diritti dei lavoratori e per lo sviluppo di politiche sociali comuni. “La difesa del sistema pensionistico pubblico a ripartizione, il rifiuto della capitalizzazione “alla cilena”, la valorizzazione della solidarietà tra le generazioni, la copertura previdenziale di tutte le tipologie di lavoro, il controllo sociale sulle Casse pensioni, la possibilità di totalizzare i contributi versati nei diversi paesi – ha osservato De Santis – devono essere i cardini per una previdenza in grado di dare risposte ai bisogni di oggi e per sviluppare le convenzioni internazionali”.

L’Italia ne ha sottoscritte 19, altre sono predisposte e, in qualche caso, sono state già recepite dal paese interessato. “Non è un grande risultato – ha concluso De Santis – per un paese  che ha esportato manodopera e che oggi ne importa in quantità considerevole.  Per ciò che gli compete, l’Inps deve prestare maggiore attenzione a queste problematiche (anche se va sottolineata la disponibilità di alcuni dirigenti e funzionari nelle sedi dei Poli) per un impegno nell’interesse dei connazionali all’estero”. Infine, richiamando la questione delle pensioni venezuelane non corrisposte agli italiani che tornano in patria, ha precisato che occorre coinvolgere direttamente il Ministero degli esteri e l’Inps.

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Sicurezza sul lavoro

28 novembre 2008Sicurezza sul lavoro e ambiente Modifica

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Legislazione  Giurisprudenza

 

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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006

Decreto Legislativo n. 626 del 19 settembre 1994

Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE,  99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.  (Testo coordinato ed aggiornato al D.M. 26 febbraio 2004, recante: “Definizione di una prima lista di valori limite indicativi di esposizione professionale agli agenti chimici.”, pubblicato su GU n. 58 del 10-3-2004; al d. lgs. 23 giugno 2003, n. 195: “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per l’individuazione delle capacita’ e dei requisiti professionali richiesti agli addetti ed ai responsabili dei servizi di prevenzione e protezione dei lavoratori, a norma dell’articolo 21 della legge 1° marzo 2002, n. 39.”, pubblicato su G.U. n. 174 del 27-7- 2003; al D. L.vo 12 giugno 2003, n.233, recante: “Attuazione della direttiva 1999/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive.”, pubblicato su GU n. 197 del 26-8-2003; al D. Lgs. 8 luglio 2003, n.235, recante: “Attuazione della direttiva 2001/45/CE relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori.” pubblicato su GU n. 198 del 27-8-2003; alla L. 18 aprile 2005, n. 62, recante: “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunita’ europee. Legge comunitaria 2004.” pubblicata su GU n. 96 del 27-4-2005 – S.O. n.76; al decreto legislativo 10 aprile 2006, n. 195, recante: “Attuazione della direttiva 2003/10/CE relativa all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore)”, pubblicato nella G.U. n. 124 del 30-5-2006; al decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 257, recante: “Attuazione della direttiva 2003/18/CE relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione all’amianto durante il lavoro”, pubblicato nella G.U. n. 211 dell’11-9-2006; alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, recante ” Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”, pubblicata nella G.U. n. 299 del 27-12-2006- S.O. n.244); alla Legge 3 agosto 2007, n. 123, recante “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”, pubblicata nella G.U. n. 185 del 10-8-2007; al Decreto Legislativo 19 novembre 2007, n.257, recante “Attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici)”, pubblicata nella GU n. 9 del 11-1-2008.)

(Il titolo è stato così modificato dai D. Lgs. 233/2003, 235/2003, 195/2006,  257/2006 e 257/2007 – le modifiche sono riportate in corsivo)

(G.U. S.O. n° 265 del 12/11/1994)

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PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA  

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 19 febbraio 1992, n. 142, ed in particolare l’articolo 43, recante delega al Governo per l’attuazione delle direttive del Consiglio 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE in materia di sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro;

Vista la legge 22 febbraio 1994, n. 146, recante proroga del termine della delega legislativa contemplata dall’art. 43 della citata legge n. 142 del 1992, nonché delega al Governo per l’attuazione delle direttive particolari già adottate, ai sensi dell’art. 16 paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE, successivamente alla medesima legge 19 febbraio 1992, n. 142;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 7 luglio 1994;

Acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 settembre 1994;

Sulla proposta del Ministro per il coordinamento delle politiche dell’Unione europea, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del tesoro, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, dell’industria, del commercio e dell’artigianato, dell’interno e per la funzione pubblica e gli affari regionali;

E M A N A

il seguente decreto legislativo:

    TITOLO I

Capo I – DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.- Campo di applicazione.

  1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.
  2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia e dei servizi di protezione civile, nonchè nell’ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle areee archeologiche dello Stato, delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato[….]individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica.
  3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, nonché dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.
  4. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.

4 bis. Il datore di lavoro il quale esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti i quali dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti all’osservanza delle disposizioni del presente decreto.

4 ter. Nell’ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall’art. 4, commi 1, 2, 4 lettera a), e 11, primo periodo.

Art. 2. – Definizioni. 

  1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:
  2. a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non vengono computati ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari obblighi;
  3. b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’ impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale;
  4. c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell’azienda, ovvero unità produttiva;
  5. d) medico competente: medico in possesso di uno dei titoli seguenti:

1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro o in igiene e medicina preventiva o in medicina legale e delle assicurazioni (1) ed altre specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica;

2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;

3) autorizzazione di cui all’art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;

  1. e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata dal datore di lavoro in possessodelle capacita’ e dei requisiti professionali di cui all’articolo 8-bis;(Comma così modificato dal d. lgs. 23 giugno 2003, n. 195: le modifiche sono riportate in carattere corsivo)
  2. f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato rappresentante per la sicurezza;
  3. g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell’attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno;
  4. h) agente: l’agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute;
  5. i) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale.

(1) Così modificato con Legge n. 1 del 08/01/2002.

Art. 3. – Misure generali di tutela.

  1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono:
  2. a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
  3. b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo;
  4. c) riduzione dei rischi alla fonte;
  5. d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro;
  6. e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;
  7. f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;
  8. g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
  9. h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;
  10. i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro;
  11. l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;
  12. m) allontanamento del lavoratore dall’esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona;
  13. n) misure igieniche;
  14. o) misure di protezione collettiva ed individuale;
  15. p) misure di emergenza da attuare in caso di prono soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato;
  16. q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
  17. r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;
  18. s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;
  19. t) istruzioni adeguate ai lavoratori.
  20. Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.

 

 

Art. 4. – Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto.

  1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell’attivita’ dell’azienda ovvero dell’unita’ produttiva, valuta tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonche’ nella sistemazione dei luoghi di lavoro.
  2. All’esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente:
  3. a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
  4. b) l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);
  5. c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.
  6. Il documento è custodito presso l’azienda ovvero unità produttiva.
  7. Il datore di lavoro:
  8. a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all’azienda secondo le regole di cui all’art. 8;
  9. b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all’azienda secondo le regole di cui all’art. 8;
  10. c) nomina, nei casi previsti dall’articolo 16, il medico competente.
  11. Il datore di lavoro[….]adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ed in particolare:
  12. a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza;
  13. b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione;
  14. c) nell’affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
  15. d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ;
  16. e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
  17. f) richiede l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonchè delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione;
  18. g) richiede l’osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all’attività produttiva;
  19. h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
  20. i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave ed immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
  21. l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
  22. m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l’applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale di cui all’art. 19 comma 1 lettera e);
  23. n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno;
  24. o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale dell’infortunato, le cause e le circostanze dell’infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, di cui all’art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche ed è conservato sul luogo di lavoro a disposizione dell’organo di vigilanza. Fino all’emanazione di tale decreto il registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;
  25. p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall’art. 19, comma 1, lettere b), c) e d) ;
  26. q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave ed immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell’attività, alle dimensioni dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, e al numero delle persone presenti.
  27. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
  28. La valutazione di cui al comma 1 ed il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
  29. Il datore di lavoro custodisce, presso l’azienda ovvero l’unità produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne faccia richiesta.
  30. Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni dell’azienda, sono definite procedure standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano alle attività industriali di cui all’art.1 del decreto del Presidente della Repubblica del 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette all’obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali termoelettriche, agli impianti e laboratori nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
  31. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell’industria del commercio e dell’artigianato e della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, possono essere altresì definiti:
  32. a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione in aziende ovvero unità produttive che impiegano un numero di addetti superiore a quello indicato nell’Allegato I;
  33. b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all’anno della visita di cui all’art.17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma restando l’obbligatorietà di visite ulteriori, allorchè si modificano le situazioni di rischio.
  34. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1) dell’Allegato I, il datore di lavoro delle aziende familiari nonchè delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l’avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l’adempimento degli obblighi ad essa collegati. L’autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonchè le aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate nell’ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dell’industria del commercio e dell’artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e dell’interno, per quanto di rispettiva competenza.
  35. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all’amministrazione competente o al soggetto che ne ha l’obbligo giuridico.

 

 

Art. 5. – Obblighi dei lavoratori.

  1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
  2. In particolare i lavoratori:
  3. a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
  4. b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;
  5. c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
  6. d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettereb) ec), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
  7. e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
  8. f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
  9. g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;
  10. h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento di tutti gli obblighi imposti dall’autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.

 

 

Art. 6. – Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori.

  1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle disposizioni legislative e regolamentari vigenti;.
  2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge.
  3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la parte di loro competenza.

 

 

Art. 7. – Contratto di appalto o contratto d’opera.

 

  1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unita’ produttiva della stessa, nonche’ nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima:(*)
  2. a) verifica, anche attraverso l’iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, l’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d’opera;
  3. b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
  4. Nell’ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro:
  5. a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;
  6. b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.
  7. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare le interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o d’opera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.(**)

3-bis. L’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonche’ con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.(***)

3-ter. Ferme restando le disposizioni in materia di sicurezza e salute del lavoro previste dalla discipline vigente degli appalti pubblici, nei contratti di somministrazione, di appalto e di subappalto, di cui agli articoli 1559, 1655 e 1656 del codice civile, devono essere specificamente indicati i costi relativi alla sicurezza del lavoro. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori di cui all’articolo 18 e le organizzazioni sindacali dei lavoratori.(****)

(*) Nota: Comma così modificato dall’art. 1, c. 910 della L. n. 296/2006 (Finanziaria 2007)

(**) Nota: Comma così sostituito dall’art. 3 della L. n. 123/2007, pubblicata nella G.U. n. 185 del 10-8-2007

(***) Nota: Comma aggiunto dall’art. 1, c. 910 della L. n. 296/2006 (Finanziaria 2007)

(****) Nota: Comma aggiunto dall’art. 3 della L. n. 123/2007, pubblicata nella G.U. n. 185 del 10-8-2007

 

 

Capo II – SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE.

 

Art. 8. – Servizio di prevenzione e protezione.

  1. Salvo quanto previsto dall’art. 10, il datore di lavoro organizza all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o incarica persone o servizi esterni all’azienda, secondo le regole di cui al presente articolo.
  2. Il datore di lavoro designa all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l’espletamento dei compiti di cui all’articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possessodelle capacita’ e dei requisiti professionali di cui all’articolo 8-bis, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.(Comma così modificato dal d. lgs. 23 giugno 2003, n. 195: le modifiche sono riportate in carattere corsivo)
  3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell’attività svolta nell’espletamento del proprio incarico.
  4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne all’azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare l’azione di prevenzione e protezione.
  5. L’organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei casi seguenti:
  6. a) nelle aziende industriali di cui all’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive modifiche, soggette all’obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso;
  7. b) nelle centrali termoelettriche;
  8. c) negli impianti e laboratori nucleari;
  9. d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
  10. e) nelle aziende industriali con oltre duecento lavoratori dipendenti;
  11. f) nelle industrie estrattive con oltre cinquanta lavoratori dipendenti;
  12. g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
  13. Salvo quanto previsto dal comma 5, se la capacità dei dipendenti all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, sono insufficienti, il datore di lavoro deve far ricorso a persone o servizi esterni all’azienda, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
  14. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell’azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.
  15. Il responsabile del servizio esterno deve possederele capacita’ e i requisiti professionali di cui all’articolo 8-bis.(Comma così modificato dal d. lgs. 23 giugno 2003, n. 195: le modifiche sono riportate in carattere corsivo)
  16. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto con i Ministri della sanità e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, può individuare specifici requisiti, modalità e procedure, per la certificazione dei servizi, nonché il numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.
  17. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.
  18. Il datore di lavoro comunica all’ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all’azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle persone designate:
  19. a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;
  20. b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;
  21. c) il curriculum professionale.

Art. 8-bis – Capacita’ e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni o esterni.

(articolo aggiunto dal d. lgs. 23 giugno 2003, n. 195)

 

  1. Le capacita’ ed i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita’ lavorative. 
  2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1, e’ necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore ed essere inoltre in possesso di un attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita’ lavorative. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuati gli indirizzi ed i requisiti minimi dei corsi. 
  3. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle regioni e province autonome, dalle universita’, dall’ISPESL, dall’INAIL, dall’Istituto italiano di medicina sociale, dal Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dall’amministrazione della Difesa, dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori o dagli organismi paritetici. Altri soggetti formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. 
  4. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al comma 2, e’ necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e psico-sociale, di organizzazione e gestione delle attivita’ tecnico amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali. 
  5. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo indirizzi definiti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con cadenza almeno quinquennale. 
  6. Coloro che sono in possesso di laurea triennale di “Ingegneria della sicurezza e protezione” o di “Scienze della sicurezza e protezione” o di “Tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro” sono esonerati dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2. 
  7. E’ fatto salvo l’articolo 10. 
  8. Gli organismi statali di formazione pubblici, previsti al comma 3, organizzano i corsi di formazione secondo tariffe, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, da stabilire, con le relative modalita’ di versamento, con decreto del Ministro competente per materia, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 
  9. Le amministrazioni pubbliche di cui al presente decreto, organizzano i corsi di formazione nei limiti delle risorse finanziarie proprie o con le maggiori entrate derivanti dall’espletamento di dette attivita’ a carico dei partecipanti. 
  10. La partecipazione del personale delle pubbliche amministrazioni ai corsi di formazione di cui al presente articolo e’ disposta nei limiti delle risorse destinate dalla legislazione vigente alla formazione del personale medesimo.

 

 

Art. 9. – Compiti del servizio di prevenzione e protezione.

  1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
  2. a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;
  3. b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui all’art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure;
  4. c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
  5. d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
  6. e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all’art. 11;
  7. f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’art. 21.
  8. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a:
  9. a) la natura dei rischi;
  10. b) l’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle misure preventive e protettive;
  11. c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
  12. d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;
  13. e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.
  14. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni di cui al presente decreto.
  15. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro.

Art. 10. – Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi.

  1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nei casi previsti nell’allegato I, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso può avvalersi della facoltà di cui all’art. 8, comma 4.
  2. Il datore di lavoro il quale intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere all’organo di vigilanza competente per territorio:
  3. a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi;
  4. b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all’art. 4 commi 1, 2, 3 e 11;
  5. c) una relazione sull’andamento degli infortuni e delle malattie professionali della propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla legislazione vigente;
  6. d) l’attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.

Art. 11. – Riunione periodica di prevenzione e protezione di rischi.

  1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una riunione cui partecipano:
  2. a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
  3. b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
  4. c) il medico competente ove previsto;
  5. d) il rappresentante per la sicurezza.
  6. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all’esame dei partecipanti:
  7. a) il documento, di cui all’art. 4, commi 2 e 3;

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