Archivi giornalieri: 10 giugno 2022

Gli sbarchi dei migranti nei primi mesi dell’anno Hate speech

Gli sbarchi dei migranti nei primi mesi dell’anno Hate speech

Da gennaio a maggio si è registrato un aumento degli arrivi sulle coste italiane rispetto al 2021. Parliamo, tuttavia, di un terzo degli sbarchi rispetto agli anni passati. La questione migratoria va approcciata come un fenomeno ordinario, emarginando i discorsi d’odio.

 

Come negli anni scorsi, all’avvicinarsi dell’estate il dibattito torna a infiammarsi sulla questione migratoria, stimolato principalmente da chi continua a parlare di “invasione” dei migranti in Italia. Ma le cifre degli sbarchi sulle nostre coste, seppur più alte rispetto al 2021, sono di gran lunga inferiore agli anni passati.

A innestarsi nella discussione pubblica quest’anno è la guerra in Ucraina, scoppiata in seguito all’invasione russa di fine febbraio. Il blocco del commercio di grano nell’paese ex sovietico – uno dei maggiori esportatori mondiali di questa importante materia prima – sta causando non pochi problemi all’approvvigionamento di cereali da parte di molti paesi, soprattutto nel continente africano.

Attraverso i discorsi d’odio si vuole sovradimensionare un fenomeno ordinario, connotandolo con un’accezione negativa.

Nonostante la questione sia molto complessa, in queste settimane non si fanno attendere i discorsi d’odio sui social (e non solo) da parte di alcuni esponenti politici italiani. Un hate speech nostrano, che punta tutto sulla divisione tra “profughi veri e profughi finti” (come abbiamo già avuto modo di approfondire) e soprattutto sul teorema dell’invasione.

Parliamo di una “narrazione straordinaria” della migrazione in Italia, che mira a sovradimensionare esponenzialmente un fenomeno, al contrario, dai numeri tutto sommato ordinari.

Gli sbarchi nei primi mesi dell’anno

Quasi 20mila persone sono sbarcate sulle coste italiane nei primi cinque mesi di quest’anno. Da queste cifre sono escluse le persone che entrano nel territorio italiano via terra, come per esempio i migranti della cosiddetta “rotta balcanica”, perché il ministero dell’interno non ha mai diffuso questo tipo di dati.

Ad ogni modo, si tratta di numeri di gran lunga inferiori a quelli di rifugiati e rifugiate in fuga dall’Ucraina e approdate nel nostro Paese, che al 7 giugno scorso erano 129mila.

19.416 persone sbarcate sulle coste italiane dal 1 gennaio al 31 maggio 2022.

20mila persone sono tante o poche? Non si può compiere una valutazione oggettiva se non si paragona questo numero a quello degli anni precedenti, quelli della “crisi dei rifugiati” in Europa (2015-2017) ma anche quelli più recenti, caratterizzati dalla pandemia.

Il dato relativo ai primi cinque mesi di quest’anno è in aumento rispetto allo stesso periodo del 2021 (quando arrivarono circa 14mila persone), e soprattutto rispetto alle cifre registrate nel 2020, anno della pandemia, quando da gennaio a maggio arrivarono poco più di 5mila richiedenti asilo.

Alcuni esponenti politici approcciano alla questione migratoria come facevano 5 anni fa.

Tuttavia, parliamo di cifre nettamente più basse rispetto a quelle registrate negli anni in cui la questione migratoria iniziò a dominare il dibattito pubblico, diventando presto oggetto di consenso (e campagne elettorali). Nella prima parte del 2017, infatti, i migranti entrati in territorio italiano furono più di 60mila – tre volte quelli registrati quest’anno – mentre l’anno precedente si verificarono più di 40mila ingressi.

È interessante analizzare le differenze nei flussi tra quel periodo e oggi, perché alcuni esponenti politici tendono ad approcciare alla questione migratoria con gli stessi paradigmi di allora.

Basti pensare che appena qualche giorno fa Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia è tornata a chiedere il blocco navale a largo del mar Mediterraneo, come aveva già fatto lo scorso anno, nel 2020 e anche nel 2017.

A fronte di una invasione pianificata, il blocco navale rientra come atto di legittima difesa e quindi consentito anche dal diritto internazionale.

È bene evidenziare che anche allora, di fronte a numeri molto più alti rispetto a quelli di oggi, era esagerato e strumentale parlare di “emergenza”. Gli arrivi via mare, d’altro canto, erano molti di meno rispetto a chi si dirigeva dai paesi del Medio Oriente verso l’Europa centrale.

Gli sbarchi e la guerra in Ucraina

Rispetto al passato, la novità legata al dibattito sul fenomeno migratorio è rappresentata dalla guerra in Ucraina che non solo ha portato migliaia di rifugiati in Italia, ma è anche strettamente legata all’approvvigionamento di materie prime alimentari.

Sia l’Ucraina che la Russia, infatti, sono tra i maggiori esportatori di grano al mondo, e molti analisti parlano di una forte crisi alimentare globale alle porte.

Naturalmente la questione si riflette anche sulla discussione pubblica intorno al fenomeno migratorio. Anche se a oggi non ci sono collegamenti empirici diretti tra i flussi di persone che attraversano il Mediterraneo e la crisi del grano, generata da un aumento indiscriminato dei prezzi.

Sebbene nei primi cinque mesi dell’anno si sia registrato un aumento del 32,1% degli sbarchi rispetto allo stesso periodo del 2021, a marzo e aprile i numeri degli sbarchi sono stati persino inferiori.

È il mese di maggio quello dove c’è stata un’impennata di arrivi: 8.655 persone, il 52,4% in più rispetto allo stesso mese dello scorso anno, quando erano sbarcati 5.679 richiedenti asilo. Si tratta di un flusso di arrivi favorito, probabilmente, anche dal clima mite e quindi dalla calma delle acque.

Detto ciò, occorre sottolineare che non sempre il trend di cifre che si susseguono nei primi mesi dell’anno portano poi a un maggior numero di arrivi al termine dello stesso. Per esempio, al 31 maggio 2016 gli sbarchi erano minori rispetto allo stesso periodo del 2017. Ma a fine anno la situazione era ribaltata.

Non ci sono elementi sufficienti per collegare la crisi alimentare all’aumento degli sbarchi.

È ancora presto, lo ripetiamo, per collegare l’aumento degli arrivi alla crisi del grano. Nonostante ciò, si può rilevare come tra le persone che sbarcano sulle nostre coste la maggioranza arrivi da Egitto e Tunisia, tra i paesi più penalizzati dalla crisi alimentare.

Le due nazioni, infatti, sono fortemente dipendenti dalle importazioni di grano dall’Ucraina e dalla stessa Russia. Perciò, nelle ultime settimane, il prezzo del pane e di altre materie prime alimentari è salito vistosamente nei due paesi.

Siamo preoccupati perché la situazione è grave per i Paesi dell’Africa, come la Tunisia e l’Egitto che prendono il 50% di cereali e grano dall’Ucraina e dalla Russia e ora sono in difficoltà. Il presidente Draghi ha telefonato ieri al presidente Putin proprio per cercare di sbloccare la situazione che rischia di determinare una grave crisi umanitaria. E ovviamente ci saranno, e lo stiamo vedendo anche ora, ripercussioni sui flussi migratori che stanno aumentando.

 

Nel dettaglio, tra le quasi 20mila persone sbarcate sulle coste del nostro paese nei primi 5 mesi dell’anno, 3.388 provengono dall’Egitto, 3.084 dal Bangladesh e 2.206 dalla Tunisia.

Se sommiamo gli arrivi da Egitto (17%) e Tunisia (11%) si arriva al 28% del totale degli sbarchi nel periodo considerato. Una cifra più alta degli anni scorsi, ma non tale da giustificare un collegamento diretto tra l’aumento dei prezzi e le migrazioni.

Nello stesso periodo ma nel 2021, infatti, erano egiziani e tunisini rispettivamente il 6% e il 14% del totale, mentre nel 2019 i soli tunisini rappresentavano il 20% degli arrivi totali.

Oltre ai già citati bengalesi, tra le nazionalità più frequenti nei primi mesi di quest’anno ci sono anche afghani (2.031 arrivi) e siriani (1.315). Anche in questo caso paesi in guerra.

La prima nazione dell’Africa sub-sahariana presente è la Costa D’Avorio, che ha visto arrivare 887 persone.

Vedremo nel corso dell’estate se e quanto aumenteranno gli sbarchi sulle coste italiane, e quale sarà la composizione di chi arriva nel nostro paese in cerca di asilo e di una vita migliore.

Rimane, tuttavia, l’urgenza di affrontare un tema complesso come quello sulle migrazioni con un approccio nuovo, analitico e laico, che escluda dal dibattito i discorsi d’odio, strumentali solo a un facile consenso elettorale.

Foto: Mediterranea 

 

Riparte “Sapere i Sapori”: ecco il Bando per l’edizione 2022-23

Riparte “Sapere i Sapori”: ecco il Bando per l’edizione 2022-23

16/05/2022 – 

Dopo una difficilissima edizione causa Covid e superando le difficoltà di bilancio, considerato l’elevato valore del Progetto educativo attivo dal 1998, la Regione Lazio e Arsial vogliono garantire anche quest’anno adeguato sostegno formativo agli Istituti scolastici circa una corretta educazione alimentare, lanciando il nuovo Bando per la parte residuale del 2021-22 e che andrà a coprire l’intero anno scolastico 2022-23.

Visite in fattorie didattiche e aziende di trasformazione, creazione e cura di orti scolastici, laboratori sensoriali, lezioni frontali sulla corretta alimentazione, la lotta allo spreco sino ai disturbi dell’alimentazione e il bere responsabile: tutto concorre all’educazione verso una corretta alimentazione, nonché alla conseguenti scelte alimentari di ogni ragazzo e delle famiglie che attraverso esso saranno coinvolte.

Sapere i Sapori rende disponibili per gli Istituti scolastici 182.000 euro, ciascun progetto sarà finanziabile al massimo per 2.000 euro.

Il progetto, che ormai ha 25 anni, coinvolge annualmente circa 20mila ragazzi e oltre 500 insegnanti. Le risorse sono ripartite proporzionalmente rispetto alle province laziali, sulla base della consistenza demografica.

Vai all’avviso pubblico

Scarica il Bando Sapere i Sapori 2021-22 periodo residuale e 2022-23

Bando Diritto allo Studio 2022/2023

 

Cos’è

Attraverso questo bando la Regione Lazio, tramite DiSCo, eroga i benefici a sostegno del diritto allo studio.

A cosa serve

DiSCo, attraverso il Bando Diritto allo Studio per l’a.a.2022/2023:

  • agevola gli studenti universitari capaci e meritevoli e privi di mezzi, eroga nei limiti dei fondi disponibili, una borsa di studio per la frequenza ai corsi di laurea,
  • riduce il disagio della lontananza dal luogo di studio e agevolare la frequenza dei corsi universitari, assegna posti alloggio
  • eroga contributi per la mobilità internazionale
  • eroga premi di laurea per un importo integrativo pari al 50% della borsa di studio ottenuta nell’anno accademico di riferimento della laurea.
Logo Borse di Studio

Borse di studio
Logo Posti Alloggio

Posti alloggio
Logo Premio di Laurea

Premi di laurea

Mobilità internazionale
Logo Ristorazione

Ristorazione
 

A chi è rivolto

Possono accedere ai benefici gli studenti che si iscrivono ad una delle seguenti tipologie di corso, presso uno degli atenei con sede legale nel Lazio:

  • laurea triennale;
  • laurea magistrale;
  • laurea magistrale a ciclo unico;
  • dottorato di ricerca, con esclusione degli studenti che beneficiano della borsa di studio o altro contributo da parte dell’università o altre Istituzioni;
  • scuola di specializzazione, esclusi i corsi appartenenti all’area medica per i quali gli studenti beneficiano già di borsa di studio, contratto di formazione o altro beneficio e remunerazione;
  • corsi inter-ateneo, a condizione che gli studenti siano iscritti presso una università con sede legale nel Lazio e che abbiano versato la tassa regionale per il diritto allo studio alla regione Lazio.

Servizio online

Accedi all’area riservata per presentare la domanda

 
 
 
 

Come funziona

 

Tempi e scadenze

20
Luglio
2022
Presentazione delle domande – Termine ultimo per la trasmissione della domanda

Le domande devono essere trasmesse entro le 12:00.

Dopo la trasmissione il sistema rilascia un numero identificativo che attesta l’avvenuta acquisizione della domanda e che lo studente avrà cura di conservare per ogni eventuale contraddittorio.

20
Luglio
2022
Termine per la sottoscrizione dell’ISEE per studenti residenti in Italia
 
26
Luglio
2022
Vengono pubblicati gli esiti provvisori

Viene notificata la posizione provvisoria acquisita e vengono evidenziate eventuali incongruenze che lo studente deve segnalare entro l’11 agosto alle 12:00.

26
Luglio
2022
Si apre la seconda fase in cui è possibile la correzione e integrazione dei dati

Per gli ammessi alla seconda fase, inizia il periodo di tempo per effettuare correzioni/modifiche ed eventuale nuova trasmissione utilizzando la funzione “Inserisci variazione/integrazione” che si trova all’interno del modulo di domanda.

10
Agosto
2022
Termine ultimo per il conseguimento del merito
 
11
Agosto
2022
Si chiude la seconda fase – Correzione, e integrazione dei dati e trasmissione definitiva della domanda

La seconda fase svolge la funzione di soccorso istruttorio generalizzato: devono quindi ritenersi respinte le istanze di correzione presentate dopo l’11 agosto alle 12:00.

27
Settembre
2022
Pubblicazione esiti definitivi Posto alloggio
 
11
Ottobre
2022
Pubblicazione esiti definitivi Borse di studio e Contributo mobilità internazionale
 
30
Novembre
2022
Termine ultimo per la sottoscrizione del contratto di locazione
 
31
Dicembre
2022
Termine ultimo per la sottoscrizione dell’ISEEUP per studenti non residenti in Italia
 
31
Dicembre
2022
Termine ultimo per il reperimento dell’ISEE senza omissioni e difformità in banca dati INPS
 
31
Dicembre
2022
Termine ultimo per l’inserimento nel sistema dei dati relativi al contratto di locazione.
 
10
Febbraio
2023
Termine per la regolarizzazione delle domande

Termine ultimo per il perfezionamento dell’iscrizione universitaria.

Termine ultimo per l’invio tramite ticket della documentazione, anche se provvisoria, relativa al permesso di soggiorno.

Termine ultimo per la regolarizzazione della posizione: eliminazione dei blocchi/incongruenze presenti nel sistema.

 

Come fare per

Leggi le nostre guide alla corretta compilazione del modulo

FAQ

Contatti e assistenza

Servizio di ticketing

 
 

Numero unico studenti

 
 

Strutture responsabile del bando

Ulteriori informazioni

Cultura: prorogato al 15 giugno l’avviso da 48 milioni del PNRR per la valorizzazione del patrimonio architettonico e paesaggistico rurale del Lazio

Cultura: prorogato al 15 giugno l’avviso da 48 milioni del PNRR per la valorizzazione del patrimonio architettonico e paesaggistico rurale del Lazio

Image
Regione Lazio

È stata prorogata al 15 giugno la chiusura dell’Avviso pubblico da 48 milioni di euro messi a disposizione dall’Unione Europea per interventi di Protezione e Valorizzazione del patrimonio architettonico e paesaggistico rurale del Lazio.

25/05/2022

Una misura messa a punto per dare nuovo impulso ai processi di salvaguardia e valorizzazione di edifici storici ma anche di tutto il paesaggio rurale come prescrive l’azione “Rigenerazione di piccoli siti culturali, patrimonio culturale, religioso e rurale” del Piano Nazionale di Ripresa e resilienza. L’azione, inoltre, è in linea con gli obiettivi di tutela del vasto e variegato patrimonio culturale e naturalistico della Regione Lazio, tra le priorità di questa amministrazione affinché da qui si alimentino nuovi processi di sviluppo delle realtà locali.

Gli interventi previsti riguardano edifici insediamenti storici che siano testimonianze significative della storia delle popolazioni e delle comunità rurali, delle rispettive economie agricole tradizionali, dell’evoluzione del paesaggio. In particolare è destinato a:

a) edifici rurali (manufatti destinati ad abitazione rurale o destinati ad attività funzionali all’agricoltura come mulini ad acqua o a vento, frantoi, che abbiano o abbiano avuto un rapporto diretto o comunque connesso con l’attività agricola circostante e che non siano stati irreversibilmente alterati nell’impianto tipologico originario, nelle caratteristiche architettonico-costruttive e nei materiali tradizionali impiegati;

b) strutture o opere rurali (manufatti che connotano il legame organico con l’attività agricola di pertinenza come fienili, stalle, essiccatoi, forni, pozzi, fontane, abbeveratoi, ponti, muretti a secco e simili);

c) elementi della cultura, religiosità, tradizione locale (manufatti tipici della tradizione popolare e religiosa delle comunità rurali quali cappelle, chiese rurali, edicole votive, ma anche dei mestieri della tradizione connessi alla vita delle comunità rurali.

L’Avviso è rivolto a persone fisiche e soggetti privati profit e non profit, compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, enti del terzo settore e altre associazioni, fondazioni, cooperative, imprese in forma individuale o societaria, che siano proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni appartenenti al patrimonio culturale rurale (di proprietà pubblica o privata). Il contributo è concesso fino a 150 mila euro per massimo l’80% del finanziamento totale e per il 100% se il bene è oggetto di dichiarazione di interesse culturale.

La domanda di finanziamento potrà dunque essere presentata fino alle ore 16:59 del 15 giugno 2022 utilizzando esclusivamente l’applicativo informatico predisposto da Cassa depositi e prestiti S.p.A. e accessibile all’indirizzo https://portale-paesaggirurali.cdp.it/, secondo la procedura “a sportello”. La Regione provvederà il 24 giugno alla trasmissione degli elenchi delle domande ammissibili a finanziamento al Ministero della Cultura.

 

Il costo del cambiamento climatico e i suoi divari Ambiente

Il costo del cambiamento climatico e i suoi divari Ambiente

Il cambiamento climatico è causato principalmente dai paesi ad alto reddito, ma colpisce asimmetricamente i più poveri, imponendo loro costi che non sono in grado di coprire. Lo mostra un recente report Oxfam sulle disuguaglianze climatiche.

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La crisi climatica continua a inasprire disuguaglianze preesistenti. Lo evidenzia un nuovo report di Oxfam rilasciato il 7 giugno sul costo del cambiamento climatico e la sua diseguale distribuzione.

I paesi più poveri del mondo sono quelli che meno contribuiscono al cambiamento climatico, eppure sono i più colpiti dalle conseguenze che ne derivano. Sono inoltre meno forniti di infrastrutture, barriere e tecnologie per difendersi dagli eventi climatici estremi. Pur in questa situazione di difficoltà, ricevono aiuti insufficienti dai paesi più ricchi.  Per queste ragioni, come evidenzia il report, questa nuova fase della crisi climatica non potrà che ampliare il divario economico tra i più ricchi e i più poveri del mondo.

I disastri naturali, un fenomeno in crescita

Secondo l’ultimo report del centro Emdat, che conduce ricerche su questi eventi, solo nel 2021 ci sono stati 432 disastri naturali nel mondo, che hanno causato un totale di oltre 10mila decessi.

Parliamo, tra gli altri, di alluvioni, tempeste, temperature estreme, frane, incendi, terremoti e siccità. Una serie di fenomeni che stanno diventando sempre più frequenti negli anni, proprio a causa dei cambiamenti climatici.

Per cambiamento climatico si intende, secondo la definizione data dalle Nazioni unite, qualsiasi alterazione dell’atmosfera globale che sia direttamente o indirettamente riconducibile all’azione umana. Vai a “Che cos’è il cambiamento climatico”

Il numero di disastri nel 2021 è stato significativamente superiore rispetto alla media del periodo 2001-2020, pari a 357 eventi ogni anno. Un aumento considerevole, che prelude a una nuova era di crisi climatica.

252,1 miliardi di dollari, i costi causati dagli eventi climatici estremi, secondo le stime Emdat (2021).

Anche in questo caso una cifra più elevata rispetto al periodo 2001-2020, che aveva registrato una media di 153,8 miliardi di dollari l’anno.

I paesi più ricchi sono i maggiori responsabili del cambiamento climatico…

dato il tenore di vita molto alto, gli abitanti dei paesi più ricchi sono inevitabilmente quelli che consumano più energie e di conseguenza inquinano di più. Le emissioni di Co2 sono in questo senso uno degli indicatori più importanti.

L’Italia ad esempio, con circa 325 milioni di tonnellate di Co2 emesse ogni anno, pesa più del Pakistan (208 milioni), un paese con una popolazione circa 4 volte più grande. Ma meno dell’Arabia saudita (515 milioni), che ha appena 34 milioni di residenti.

2,9 miliardi, le tonnellate di Co2 emesse dai paesi dell’Unione europea (2018).

Parliamo di un dato superiore a quello registrato dall’intera regione dell’Asia meridionale, dove vivono circa 2 miliardi di persone, mentre in tutta Europa la popolazione non arriva a mezzo miliardo.

GRAFICO
DA SAPERE

I dati indicano le emissioni di anidride carbonica (Co2) in kt, ovvero in migliaia di tonnellate. Quantificare le emissioni permette di avere un’idea del loro impatto sull’ambiente. Il dato è espresso in Co2 e non Co2 equivalenti, il che significa che nelle emissioni non sono considerate le emissioni di altri gas serra, ma soltanto l’anidride carbonica. Per quanto riguarda invece le fasce di reddito, esse sono calcolate a seconda del reddito nazionale lordo pro capite: sono ad alto reddito i paesi in cui è superiore ai 12.696 dollari, a reddito medio quelli in cui è compreso tra 1.046 e 12.695 dollari e a reddito basso quelli in cui è pari a 1.045 o inferiore.

FONTE: elaborazione openpolis su dati World bank
(ultimo aggiornamento: martedì 7 Giugno 2022)

 

I paesi ad alto reddito – che comprendono i paesi membri dell’Ue ma anche l’Australia, la Nuova Zelanda, gli Stati Uniti, il Giappone, Israele, nonché molti stati della penisola arabica e vari territori occidentali oltremare – emettono anidride carbonica in misura significativamente maggiore rispetto ai paesi più poveri. Negli anni oltretutto non si è assistito a un calo. E nonostante il dibattito su questi temi sia diventato centrale, sopratutto in anni recenti, i paesi ad alto reddito non hanno registrato riduzioni significative nel tempo. Anzi, rispetto al 1990 (11,5 miliardi di tonnellate di Co2) le emissioni nel 2018 risultano addirittura aumentate (12,4 kt). Va sottolineato tuttavia che dal 2010 i valori risultano in costante, anche se lieve, calo.

+7,9% le emissioni di Co2 dei paesi ad alto reddito nel 2018 rispetto al 1990.

Sono però i paesi a reddito medio ad aver registrato l’aumento più significativo: +140,6% in quasi 30 anni. Ma si tratta di una categoria che comprende, tra gli altri, Cina, India, Pakistan e Nigeria che, oltre a essere estremamente popolosi, sono anche paesi che stanno vivendo un processo di forte sviluppo, dal punto di vista industriale e tecnologico.

Gli unici ad aver ridotto le emissioni di Co2 sono stati i paesi a basso reddito.

Gli unici paesi ad aver registrato dei valori calo nel periodo considerato sono stati i paesi a basso reddito. Questi erano già i minori responsabili di emissioni nel 1990, quando emettevano quantitativi equivalenti ad appena l’1,6% della Co2 emessa dai paesi ricchi. In questi stati, in 28 anni le emissioni sono diminuite del 21,4%. Parliamo in questo caso perlopiù di paesi africani, cui si aggiungono Afghanistan, Siria e Corea del nord.

Come evidenzia Oxfam nel report, l’Africa ospita il 17% della popolazione mondiale ma è responsabile del 4% del totale delle emissioni a livello globale. Un rapporto che risulta invece capovolto nel caso dei paesi più ricchi, che contribuiscono per il 37% delle emissioni globali pur ospitando il 15% della popolazione della Terra.

…ma gli ultimi a subirne le conseguenze

Per ragioni geografiche, i paesi del sud globale e in particolare del continente asiatico sono i più esposti agli eventi climatici estremi. Secondo i calcoli effettuati da Oxfam, sarebbero infatti 7.340 gli eventi climatici estremi che hanno colpito la Terra tra il 2000 e il 2021, e di questi più del 70% in paesi a reddito medio o basso.

72,1% degli eventi climatici estremi verificatisi tra il 2000 e il 2021 erano localizzati in paesi a reddito medio-basso, secondo le stime Oxfam.

A questo si aggiunge che i paesi più poveri sono strutturalmente meno capaci di gestire tali fenomeni e di riassestarsi successivamente. Come dimostrano i dati sugli appelli rivolti alle Nazioni unite, i disastri naturali sono la ragione principale per cui si richiede soccorso umanitario. Se contiamo tutti gli appelli nel lasso di tempo compreso tra il 2000 e il 2021, parliamo di oltre 600, di cui il 65% (per un totale di 395) per ragioni legate agli eventi climatici estremi.

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DA SAPERE

I dati sono riferiti alla quota di appelli per aiuti umanitari rivolti alle Nazioni unite che hanno come causa principale o concausa un evento climatico estremo. Si tratta di una percentuale, che non rende conto del fatto che negli anni sono anche aumentati, in numeri assoluti, gli appelli. Per la stessa ragione il dato del 2020 risulta particolarmente basso, dato che numerosi appelli avevano come elemento centrale la pandemia da Covid-19.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Oxfam
(ultimo aggiornamento: martedì 7 Giugno 2022)

 

Risulta evidente che si tratta di cifre ridotte rispetto alla stima totale dei disastri ambientali. Come accennato, il numero di eventi di questo tipo nel periodo 2000-2021 è stato di oltre 7mila. E soltanto 395 gli appelli alle Nazioni unite – circa il 5% del totale.

In conclusione, dovrebbe valere il principio di “chi inquina paga” – in inglese detto il “polluters pay principle”.

il principio “chi inquina paga”è stato adottato all’inizio degli anni settanta nelle regolamentazioni ambientali, e comporta che chi produce inquinamento deve sostenerne le spese. Vai a “Che cosa sono le tasse e le imposte ambientali”

Ma ad oggi c’è ancora molta strada da fare in questo senso, visto che i costi maggiori li devono sostenere i paesi più poveri e meno responsabili del cambiamento climatico, e che anche il contributo dei paesi a reddito più elevato è minimo rispetto ai bisogni effettivi.

 

Foto: Marcus Kauffman – licenza

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Aumentano i prezzi di gas e elettricità Ambiente

Aumentano i prezzi di gas e elettricità Ambiente

A partire da ottobre 2021, è previsto un aumento dei prezzi di gas e elettricità. A causarlo, l’incrinazione degli equilibri tra domanda e offerta durante la pandemia e la dipendenza dell’Italia dalle energie non rinnovabili.

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Secondo l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), da ottobre 2021 i prezzi di gas e elettricità potrebbero aumentare, per la famiglia tipo, fino al 15,3% e al 9,9% rispettivamente. Dietro a questo fenomeno ci sono la scarsa autosufficienza energetica italiana e europea, ma anche gli squilibri causati dalla pandemia nel rapporto tra domanda e offerta di energia.

Le oscillazioni dei prezzi del gas durante l’emergenza sanitaria

A partire da gennaio 2021, in Italia c’è stata una progressiva diminuzione della disponibilità di gas naturale.

Con lo scoppio della pandemia, come riporta la relazione annuale dell’Areraè calata la domanda di gas da parte dei consumatori. Da una parte, i lockdown e le restrizioni hanno messo uno stop a moltissime attività economiche e produttive che facevano largo uso di questa risorsa energetica. Dall’altra, il 2020 è stato anche caratterizzato da un clima particolarmente mite che ha portato a una riduzione dei consumi.

-4,2% il consumo netto di gas naturale in Italia nel 2020 rispetto al 2019, secondo i dati dell’Arera.

A fronte di questo calo nei consumi, l’Italia ha ridotto le sue importazioni nette del 6,6%, secondo l’Arera e, parallelamente, la produzione nazionale di gas è diminuita del 15,4%, il calo maggiore registrato nell’ultimo decennio. Inoltre la Russia, il principale fornitore di gas italiano e europeo, ha ridotto le sue esportazioni per necessità interne.

Secondo Istat, a luglio 2021 si registrava un’inflazione nei prezzi al consumo di gas e elettricità pari al 22,3%, rispetto allo stesso mese nel 2020.

Non appena, però, l’Italia ha iniziato a riemergere dall’emergenza sanitaria, riavviando molte attività economiche e produttive che si erano precedentemente fermate, la domanda dei consumatori ha ripreso a salire. Questo ha creato una situazione di scarsità che ha portato a un aumento dei prezzi dell’energia. Già nel secondo semestre del 2020, l’Italia era il terzo paese europeo (dopo Svezia e Paesi Bassi) con il più elevato prezzo del gas. Rispetto alla media europea, il gas naturale in Italia costava 2 centesimi in più per ogni kilowattora.

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DA SAPERE

Il prezzo è di euro per kilowattora, ovvero per 3600 kilojoule di gas, per i consumatori domestici. Le cifre includono tutte le relative tasse e imposte.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: venerdì 17 Settembre 2021)

 

L’Ets e le sanzioni sulle emissioni di co2

A giocare un ruolo in questa dinamica di aumento delle quotazioni è stato anche, indirettamente, il sistema dell’Emissions trading scheme (Ets), un sistema di gestione delle emissioni inquinanti introdotto nel 2005 dall’Ue per contrastare il cambiamento climatico e favorire la transizione ecologica.

L’obiettivo dell’Ets è il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, con l’obiettivo intermedio di ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030.

Si tratta di un sistema che pone dei limiti sulle emissioni di gas serra, stabilendo dei tetti massimi per le emissioni e tassando chi li supera. Oltretutto, i prezzi dei certificati di emissione che le aziende devono acquistare aumentano di anno in anno, per incentivare la transizione a forme di energia più pulita.

L’Ets è stato criticato da molte parti per i limiti del suo approccio, come abbiamo descritto in un precedente articolo. In particolare il progressivo aumento dei prezzi dei permessi di emissione avrebbe provocato un maggiore utilizzo di combustibili fossili diversi dal carbone. Come appunto il gas che, pur essendo un combustibile fossile, rilascia meno co2.

Questo tuttavia non significa che sia una fonte di energia pulita. Come ha sottolineato tra gli altri Legambiente, nell’ottica di un percorso di transizione ecologica, l’utilizzo di gas naturale non dovrebbe essere incentivato.

50 euro per ogni tonnellata di co2 emessa è il prezzo attuale dei permessi di emissione Ets.

I prezzi dei certificati di emissione Ets avrebbero quindi contribuito, almeno in parte, a far aumentare i prezzi del gas, già sottoposti alle oscillazioni di consumi e importazioni. E questi aumenti avrebbero causato, come riportato dall’Arera, un aumento delle quotazioni anche per l’energia elettrica. Infatti, l’energia elettrica è un prodotto finale, ricavato dalla combustione di varie fonti energetiche, tra cui appunto gas naturale, carbone e petrolio.

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DA SAPERE

Pun è acronimo di prezzo unico nazionale ed è il prezzo di riferimento rilevato in borsa. In questo caso, i dati riguardano la media di tale prezzo, mese per mese, calcolato in euro ogni megawattora.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Gme
(ultimo aggiornamento: lunedì 20 Settembre 2021)

 

La dipendenza energetica italiana

Come abbiamo visto, le oscillazioni nella domanda e offerta di energia durante un periodo di grandi cambiamenti come quello pandemico hanno sicuramente avuto un impatto sui prezzi di gas e elettricità. A ciò si aggiungono le criticità del sistema Ets, anche se con un ruolo meno incisivo. Ma alla base di questi fattori contingenti c’è il fatto che l’Italia è un paese non autosufficiente da un punto di vista energetico e ancora molto legato alle fonti di energia non rinnovabili.

Come il resto d’Europa, l’Italia è fortemente dipendente dai paesi esteri per il suo approvvigionamento energetico, in particolare dalla Russia, ma anche da paesi dell’Africa settentrionale (Algeria, Libia) e da alcuni paesi europei (Norvegia, Olanda). Negli ultimi 40 anni, inoltre, la situazione non è migliorata significativamente e nel 2018 il nostro paese risultava ancora dipendente per il 78% dall’energia di importazione.

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DA SAPERE

Con “dipendenza energetica” si intende la dipendenza dell’economia nazionale dall’importazione di energia da altri paesi per soddisfare il proprio fabbisogno. L’indicatore è calcolato dal rapporto tra importazioni nette e disponibilità al netto delle scorte.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra
(ultimo aggiornamento: venerdì 17 Settembre 2021)

 

Soprattutto per quanto riguarda il gas, la dipendenza è anzi andata aumentando negli anni, mentre per quanto riguarda i combustibili fossili e il petrolio è rimasta pressoché invariata.

Soltanto in quanto a energia da fonti rinnovabili l’Italia risulta quasi autosufficiente, importando solo il 9% del fabbisogno nazionale. Una cifra che è aumentata negli anni, anche per via della crescente diffusione in Europa della produzione e dell’utilizzo di queste fonti.

Proprio considerando il maggior livello di autosufficienza che l’Italia ha raggiunto nel campo dell’energia pulita, è chiaro che una dimensione del problema è che il nostro paese non si è ancora sufficientemente svincolato dal mercato del gas.

Come hanno osservato varie associazioni ambientaliste tra cui Legambiente, nel perseguire la decarbonizzazione l’Italia non ha rivolto sufficiente attenzione al gas naturale, erroneamente considerato una fonte di energia “ponte” tra quelle non rinnovabili e quelle rinnovabili ma in realtà inquinante e oltretutto scarsamente disponibile in Europa. Laddove invece le fonti di energia rinnovabili, secondo le analisi fatte dalla Carbon tracker initiative (Cti), sarebbero non solo pulite, ma molto meno soggette alle oscillazioni di prezzo.

 

Foto credit: Alexander Popov – licenza

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Il costo del cambiamento climatico e i suoi divari Ambiente

Il costo del cambiamento climatico e i suoi divari Ambiente

Il cambiamento climatico è causato principalmente dai paesi ad alto reddito, ma colpisce asimmetricamente i più poveri, imponendo loro costi che non sono in grado di coprire. Lo mostra un recente report Oxfam sulle disuguaglianze climatiche.

 

La crisi climatica continua a inasprire disuguaglianze preesistenti. Lo evidenzia un nuovo report di Oxfam rilasciato il 7 giugno sul costo del cambiamento climatico e la sua diseguale distribuzione.

I paesi più poveri del mondo sono quelli che meno contribuiscono al cambiamento climatico, eppure sono i più colpiti dalle conseguenze che ne derivano. Sono inoltre meno forniti di infrastrutture, barriere e tecnologie per difendersi dagli eventi climatici estremi. Pur in questa situazione di difficoltà, ricevono aiuti insufficienti dai paesi più ricchi.  Per queste ragioni, come evidenzia il report, questa nuova fase della crisi climatica non potrà che ampliare il divario economico tra i più ricchi e i più poveri del mondo.

I disastri naturali, un fenomeno in crescita

Secondo l’ultimo report del centro Emdat, che conduce ricerche su questi eventi, solo nel 2021 ci sono stati 432 disastri naturali nel mondo, che hanno causato un totale di oltre 10mila decessi.

Parliamo, tra gli altri, di alluvioni, tempeste, temperature estreme, frane, incendi, terremoti e siccità. Una serie di fenomeni che stanno diventando sempre più frequenti negli anni, proprio a causa dei cambiamenti climatici.

Per cambiamento climatico si intende, secondo la definizione data dalle Nazioni unite, qualsiasi alterazione dell’atmosfera globale che sia direttamente o indirettamente riconducibile all’azione umana. Vai a “Che cos’è il cambiamento climatico”

Il numero di disastri nel 2021 è stato significativamente superiore rispetto alla media del periodo 2001-2020, pari a 357 eventi ogni anno. Un aumento considerevole, che prelude a una nuova era di crisi climatica.

252,1 miliardi di dollari, i costi causati dagli eventi climatici estremi, secondo le stime Emdat (2021).

Anche in questo caso una cifra più elevata rispetto al periodo 2001-2020, che aveva registrato una media di 153,8 miliardi di dollari l’anno.

I paesi più ricchi sono i maggiori responsabili del cambiamento climatico…

dato il tenore di vita molto alto, gli abitanti dei paesi più ricchi sono inevitabilmente quelli che consumano più energie e di conseguenza inquinano di più. Le emissioni di Co2 sono in questo senso uno degli indicatori più importanti.

L’Italia ad esempio, con circa 325 milioni di tonnellate di Co2 emesse ogni anno, pesa più del Pakistan (208 milioni), un paese con una popolazione circa 4 volte più grande. Ma meno dell’Arabia saudita (515 milioni), che ha appena 34 milioni di residenti.

2,9 miliardi, le tonnellate di Co2 emesse dai paesi dell’Unione europea (2018).

Parliamo di un dato superiore a quello registrato dall’intera regione dell’Asia meridionale, dove vivono circa 2 miliardi di persone, mentre in tutta Europa la popolazione non arriva a mezzo miliardo.

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DA SAPERE

I dati indicano le emissioni di anidride carbonica (Co2) in kt, ovvero in migliaia di tonnellate. Quantificare le emissioni permette di avere un’idea del loro impatto sull’ambiente. Il dato è espresso in Co2 e non Co2 equivalenti, il che significa che nelle emissioni non sono considerate le emissioni di altri gas serra, ma soltanto l’anidride carbonica. Per quanto riguarda invece le fasce di reddito, esse sono calcolate a seconda del reddito nazionale lordo pro capite: sono ad alto reddito i paesi in cui è superiore ai 12.696 dollari, a reddito medio quelli in cui è compreso tra 1.046 e 12.695 dollari e a reddito basso quelli in cui è pari a 1.045 o inferiore.

FONTE: elaborazione openpolis su dati World bank
(ultimo aggiornamento: martedì 7 Giugno 2022)

 

I paesi ad alto reddito – che comprendono i paesi membri dell’Ue ma anche l’Australia, la Nuova Zelanda, gli Stati Uniti, il Giappone, Israele, nonché molti stati della penisola arabica e vari territori occidentali oltremare – emettono anidride carbonica in misura significativamente maggiore rispetto ai paesi più poveri. Negli anni oltretutto non si è assistito a un calo. E nonostante il dibattito su questi temi sia diventato centrale, sopratutto in anni recenti, i paesi ad alto reddito non hanno registrato riduzioni significative nel tempo. Anzi, rispetto al 1990 (11,5 miliardi di tonnellate di Co2) le emissioni nel 2018 risultano addirittura aumentate (12,4 kt). Va sottolineato tuttavia che dal 2010 i valori risultano in costante, anche se lieve, calo.

+7,9% le emissioni di Co2 dei paesi ad alto reddito nel 2018 rispetto al 1990.

Sono però i paesi a reddito medio ad aver registrato l’aumento più significativo: +140,6% in quasi 30 anni. Ma si tratta di una categoria che comprende, tra gli altri, Cina, India, Pakistan e Nigeria che, oltre a essere estremamente popolosi, sono anche paesi che stanno vivendo un processo di forte sviluppo, dal punto di vista industriale e tecnologico.

Gli unici ad aver ridotto le emissioni di Co2 sono stati i paesi a basso reddito.

Gli unici paesi ad aver registrato dei valori calo nel periodo considerato sono stati i paesi a basso reddito. Questi erano già i minori responsabili di emissioni nel 1990, quando emettevano quantitativi equivalenti ad appena l’1,6% della Co2 emessa dai paesi ricchi. In questi stati, in 28 anni le emissioni sono diminuite del 21,4%. Parliamo in questo caso perlopiù di paesi africani, cui si aggiungono Afghanistan, Siria e Corea del nord.

Come evidenzia Oxfam nel report, l’Africa ospita il 17% della popolazione mondiale ma è responsabile del 4% del totale delle emissioni a livello globale. Un rapporto che risulta invece capovolto nel caso dei paesi più ricchi, che contribuiscono per il 37% delle emissioni globali pur ospitando il 15% della popolazione della Terra.

…ma gli ultimi a subirne le conseguenze

Per ragioni geografiche, i paesi del sud globale e in particolare del continente asiatico sono i più esposti agli eventi climatici estremi. Secondo i calcoli effettuati da Oxfam, sarebbero infatti 7.340 gli eventi climatici estremi che hanno colpito la Terra tra il 2000 e il 2021, e di questi più del 70% in paesi a reddito medio o basso.

72,1% degli eventi climatici estremi verificatisi tra il 2000 e il 2021 erano localizzati in paesi a reddito medio-basso, secondo le stime Oxfam.

A questo si aggiunge che i paesi più poveri sono strutturalmente meno capaci di gestire tali fenomeni e di riassestarsi successivamente. Come dimostrano i dati sugli appelli rivolti alle Nazioni unite, i disastri naturali sono la ragione principale per cui si richiede soccorso umanitario. Se contiamo tutti gli appelli nel lasso di tempo compreso tra il 2000 e il 2021, parliamo di oltre 600, di cui il 65% (per un totale di 395) per ragioni legate agli eventi climatici estremi.

Risulta evidente che si tratta di cifre ridotte rispetto alla stima totale dei disastri ambientali. Come accennato, il numero di eventi di questo tipo nel periodo 2000-2021 è stato di oltre 7mila. E soltanto 395 gli appelli alle Nazioni unite – circa il 5% del totale.

In conclusione, dovrebbe valere il principio di “chi inquina paga” – in inglese detto il “polluters pay principle”.

il principio “chi inquina paga”è stato adottato all’inizio degli anni settanta nelle regolamentazioni ambientali, e comporta che chi produce inquinamento deve sostenerne le spese. Vai a “Che cosa sono le tasse e le imposte ambientali”

Ma ad oggi c’è ancora molta strada da fare in questo senso, visto che i costi maggiori li devono sostenere i paesi più poveri e meno responsabili del cambiamento climatico, e che anche il contributo dei paesi a reddito più elevato è minimo rispetto ai bisogni effettivi.

 

Foto: Marcus Kauffman – licenza

 

Sociale: “Proroga pacchetti vacanza per persone con disabilità”

Sociale: “Proroga pacchetti vacanza per persone con disabilità”

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Ragazza disabile con amici in vacanza al tramonto - Foto di Andrii IURLOV da Adobe Stock

I soggiorni potranno essere organizzati anche nel mese di luglio, sono stati infatti prorogati i termini per la loro realizzazione.

11/05/2022

I pacchetti vacanza per persone con disabilità, finanziati dalla Regione Lazio e organizzati dagli Enti del Terzo Settore, potranno essere realizzati anche nel mese di luglio. Sono stati infatti prorogati i termini per la loro realizzazione. Tutti gli enti che sono stati ammessi al finanziamento potranno realizzare i soggiorni entro il 31 luglio 2022, nei tempi e con le caratteristiche previste dall’Avviso.

“Abbiamo deciso di attuare una proroga in virtù del numeroso interesse che ha suscitato questa misura – spiega l’assessore alle Politiche sociali, welfare, beni comuni e Asp Alessandra Troncarelli -. In questo modo ribadiamo la nostra vicinanza sia alle famiglie, dal momento che i ragazzi potranno partire anche nel mese di luglio che consentirà sicuramente di realizzare progetti abilitativi riabilitativi all’aperto, sia agli Enti del Terzo Settore, cui molti operatori saranno impegnati fino al mese di giugno anche nelle attività scolastiche che sono riprese completamente dopo le limitazioni legate alla diffusione del Covid. Allungando i tempi, garantiamo quindi la massima adesione ai pacchetti vacanza”.

“Con questa misura – conclude l’Assessore Troncarelli – vogliamo aiutare i ragazzi e giovani adulti a relazionarsi in momenti di socialità e aggregazione anche al di fuori del contesto familiare di riferimento. Inoltre, andiamo a sostenere anche i famigliari che ogni giorno si prendono cura dei propri cari cercando di coniugare questa necessità con le proprie esigenze lavorative e di vita”.

Per maggiori informazioni si rimanda all’Avviso Pubblico consultabile al seguente indirizzo eFamily  e al sito della Sovvenzione Globale efamily

Sono a disposizione dei richiedenti che ne abbiano bisogno i seguenti servizi di supporto: numero verde gratuito 800.279.948 (dal lunedì al venerdì: dalle 9:00 alle 12:30 e dalle 14:00 alle 17:30); l’indirizzo e-mail:
info@efamilysg.it

L’avviso della Regione Lazio rivolto agli Enti del Terzo settore si è chiuso il 31 marzo 2022 e ha messo a disposizione 5 milioni di euro per supportare le persone maggiorenni in condizione di disabilità nello svolgimento di soggiorni di socializzazione e di riabilitazione.

 

Regione Notizie

Riparte “Sapere i Sapori”: ecco il Bando per l’edizione 2022-23

16/05/2022 – 

Dopo una difficilissima edizione causa Covid e superando le difficoltà di bilancio, considerato l’elevato valore del Progetto educativo attivo dal 1998, la Regione Lazio e Arsial vogliono garantire anche quest’anno adeguato sostegno formativo agli Istituti scolastici circa una corretta educazione alimentare, lanciando il nuovo Bando per la parte residuale del 2021-22 e che andrà a coprire l’intero anno scolastico 2022-23.

Visite in fattorie didattiche e aziende di trasformazione, creazione e cura di orti scolastici, laboratori sensoriali, lezioni frontali sulla corretta alimentazione, la lotta allo spreco sino ai disturbi dell’alimentazione e il bere responsabile: tutto concorre all’educazione verso una corretta alimentazione, nonché alla conseguenti scelte alimentari di ogni ragazzo e delle famiglie che attraverso esso saranno coinvolte.

Sapere i Sapori rende disponibili per gli Istituti scolastici 182.000 euro, ciascun progetto sarà finanziabile al massimo per 2.000 euro.

Il progetto, che ormai ha 25 anni, coinvolge annualmente circa 20mila ragazzi e oltre 500 insegnanti. Le risorse sono ripartite proporzionalmente rispetto alle province laziali, sulla base della consistenza demografica.

Vai all’avviso pubblico

Scarica il Bando Sapere i Sapori 2021-22 periodo residuale e 2022-23

Agricoltura: altri 10,5 milioni per 150 nuovi giovani agricoltori e finanziate 1.902 start up con Programmazione Sviluppo Rurale

Agricoltura: altri 10,5 milioni per 150 nuovi giovani agricoltori e finanziate 1.902 start up con Programmazione Sviluppo Rurale

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La Regione Lazio ha investito 10 milioni e mezzo di euro del bilancio regionale per un ulteriore scorrimento della misura 6.1 del Programma di Sviluppo Rurale del Lazio 2014-2020 dedicata ai nuovi insediamenti di giovani agricoltori.

31/05/2022

Ad annunciare la notizia il Presidente Nicola Zingaretti che aggiunge: “Grazie a questo nuovo stanziamento il Lazio avrà 150 nuovi giovani agricoltrici che con i fondi europei potranno investire con coraggio e passione nel nostro territorio, guardando con speranza al futuro. Qualche tempo fa avevamo preso un impegno con questi ragazzi e cioè quello di permettere a chi aveva il sogno di creare una start up agricola, di realizzarlo. Il nuovo finanziamento metterà dunque in condizione i nostri uffici di ammettere una parte consistente delle domande finora presentate”.

“Con i fondi del Programma di Sviluppo Rurale del Lazio 2014-2020 in tutto il nostro territorio abbiamo 780 nuove imprese agricole, che si aggiungono a quelle del primo bando del 2016 (1.122) per un totale complessivo di 1.902. Questo scorrimento, come il precedente del 2021, era una promessa che avevamo voluto stringere con le giovani e i giovani del Lazio, importante e strategica anche alla luce del proseguire della pandemia e della risposta di tenacia e perseveranza di un settore che ha dimostrato non solo di tenere dal punto di vista economico a livello regionale e nazionale, ma anche di essere strategico e rilevante in un’ottica di prospettiva futura. Parliamo di 150 nuove imprese a guida under 40, che potranno investire un contributo a fondo perduto di 70mila euro nel loro progetto imprenditoriale, guardando con ottimismo e fiducia al futuro, testimoniando quanto il Programma di Sviluppo Rurale del Lazio con tutte le start up create sino a oggi sia linfa vitale per il sistema agricolo ed economico del Lazio” dichiara l’Assessora Enrica Onorati.

 

Casa: Fondo di 28 mln euro per sostegno alla locazione per 2022

Casa: Fondo di 28 mln euro per sostegno alla locazione per 2022

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edilizia affitto

Dalla Regione un ulteriore contributo per aiutare le famiglie che si trovano in difficoltà con il pagamento dell’affitto: Valeriani: “Da Giunta ok a delibera che stanzia altri sei milioni di euro”

“Dalla Regione Lazio un ulteriore contributo per aiutare le tante famiglie che si trovano in difficoltà con il pagamento dell’affitto: in questo momento di crisi economica dobbiamo essere vicini ai cittadini e questi nuovi fondi rappresentano una risorsa concreta. Considerato l’elevato numero delle domande arrivate finora ai Comuni, non solo a quello di Roma, abbiamo deciso di aumentare il finanziamento perché nessuno sia lasciato solo”, con queste parole il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti annuncia l’approvazione da parte della giunta di una delibera che prevede lo stanziamento di 6 milioni di euro per sostenere i cittadini di Roma e del Lazio in difficoltà con il pagamento dell’affitto di casa. “Si tratta di risorse aggiuntive messe a disposizione dalla giunta regionale che ci permettono di aumentare il nuovo fondo per il sostegno alla locazione a 28 milioni di euro solo per il 2022”, conclude Zingaretti.
 
Con una precedente delibera, infatti, l’Amministrazione regionale aveva già stanziato 22 milioni di euro, ai quali si aggiunge oggi un altro contributo di 6 milioni di euro: risorse importanti che verranno trasferite ai Comuni del Lazio per poi assegnarle in tempi brevi alle famiglie che ne hanno diritto.

“Attualmente solo nella città di Roma sono circa 30.000 le persone che non riescono a pagare le spese di locazione dell’appartamento: le risorse messe a disposizione dall’Amministrazione regionale consentiranno di aiutare molti cittadini. Resta fondamentale, però, l’impegno di tutti gli enti locali interessati nella repentina pubblicazione dei bandi e nella stesura delle graduatorie per evitare il rischio che ancora una volta questi fondi non vengano utilizzati” aggiunge Massimiliano Valeriani, assessore alle Politiche abitative della Regione Lazio.

 

Zingaretti e Cozzoli presentano “sport lover”

Zingaretti e Cozzoli presentano “sport lover”

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sportlover

Progetto promosso e cofinanziato da Regione Lazio e sport e salute dedicato a over 65 per diffondere lo sport e la cultura del movimento della terza età

07/06/2022

Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti e Vito Cozzoli, presidente e amministratore delegato di Sport e Salute presentano “Sport Lover”. Il progetto, promosso e cofinanziato da Regione Lazio e Sport e Salute, è un progetto pilota dedicato agli over 65  per diffondere la cultura del movimento nella terza età e promuovere lo sport come strumento di prevenzione per migliorare il benessere psico-fisico e di promozione della socialità dopo i giorni difficili dei lockdown. Il progetto ha anche lo scopo di sviluppare concretamente il principio del diritto allo sport per tutti, supportando sia gli adulti che, a causa delle difficili condizioni economiche faticano a sostenere i costi dell’attività sportiva, sia le associazioni e le società sportive che già svolgono attività di carattere sociale sul territorio.

Sport Lover è un avviso pubblico rivolto ad ASD/SSD, che realizzeranno delle partnership con i centri anziani, per promuovere lo sport attraverso corsi gratuiti. Gli adulti over 65 potranno quindi svolgere gratuitamente l’attività sportiva organizzata dalle ASD/SSD nei centri, attività che generalmente gli utenti pagano di tasca propria. Il progetto, nella prima fase pilota di sperimentazione, coprirà 100 centri anziani su tutto il territorio regionale. Non è richiesto, come requisito di accesso per i beneficiari, il possesso della cittadinanza italiana. Il programma delle attività, da svolgersi entro il mese di dicembre, dovrà garantire lo svolgimento di attività sportiva nella fascia oraria antimeridiana e/o pomeridiana per due ore a settimana, per la durata massima di dodici settimane, l’organizzazione di “giornate del benessere” per i partecipanti alle attività sportive, infine, sessioni formative e indagini sui corretti stili di vita.

Le attività sportive, anche quelle già organizzate all’interno dei centri anziani e spesso a carico degli utenti, potranno essere adattate anche ad eventuali situazioni di fragilità o disabilità, dovranno essere effettuate da istruttori sportivi qualificati (in possesso di laurea in Scienze Motorie o diploma Isef, o tecnici di 1° livello), e svolgersi preferibilmente all’aperto. Il progetto avrà inoltre finalità di integrazione intergenerazionale tra giovani e anziani in quanto metterà in relazione gli istruttori con gli utenti over 65. Previste anche le “Giornate del benessere”: passeggiate all’aperto dove saranno fornite cuffie audio per ascoltare ‘pillole’ sui corretti stili di vita da parte degli esperti. Sarà garantita anche la presenza di testimonials sportivi e di figure professionali specifiche, quali tecnici e nutrizionisti. Specialisti svolgeranno studi e indagini sugli stili di vita e valutazioni sulle condizioni fisiche e motorie dei beneficiari.

Sul sito www.sportesalute.eu/sportlover sarà disponibile la guida alla compilazione della domanda di candidatura per le ASD/SSD a partire dalle ore 17 di oggi. Per poter proporre la propria candidatura, le ASD/SSD dovranno essere in possesso – alla data di presentazione della domanda – dei seguenti requisiti:

  • iscrizione al Registro Nazionale delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche, valida per tutta la durata del progetto;
  • possibilità di utilizzare uno spazio adeguato all’attività proposta;
  • possesso di attrezzature adeguate a svolgere l’attività oggetto dell’Avviso;
  • presenza di istruttori in possesso di laurea in Scienze Motorie o diploma ISEF, in numero adeguato a garantire lo svolgimento dell’attività sportiva;
  • offrire una tipologia di attività sportiva adatta al target di riferimento.

Le risorse messe a disposizione da Regione Lazio e Sport e Salute ammontano a 336mila euro e saranno erogate come forma di contributo alle ASD/SSD e sono state già ripartite a livello provinciale in base alla popolazione residente per provincia: Frosinone 27.708mila euro, Latina 33.200mila euro, Rieti 8.873mila euro, Roma 248.109mila euro e infine a Viterbo andranno 18.108mila euro.

Alla presentazione del progetto partecipano Roberto Tavani, delegato allo Sport della Regione Lazio e Gianluca Lanzi, Presidente Municipio Roma XI e Carolina Morace, testimonial del progetto