Archivi giornalieri: 23 giugno 2022

Albo gestori crisi d’impresa: in G.U. il decreto che detta le modalità di iscrizione

Albo gestori crisi d’impresa: in G.U. il decreto che detta le modalità di iscrizione

 

E’ stato pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 2022, il Decreto del ministero della Giustizia n. 75 del 3 marzo 2022, in vigore a partire dal 6 luglio 2022, recante il regolamento sulle disposizioni relative al funzionamento dell’Albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui all’art. 356 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

    Indice

  1. Il decreto ministeriale Giustizia n. 75
  2. Soggetti che possono iscriversi all’Albo gestori crisi impresa
  3. Le Sezioni e le parti dell’Albo
  4. Le istanze di iscrizione all’Albo
  5. I contributi per iscrizione e mantenimento nell’albo

1. Il decreto ministeriale Giustizia n. 75

Attua la disciplina in ordine alle modalità di iscrizione nell’Albo dei gestori della crisi, istituito presso il ministero della Giustizia, cioè dei soggetti, costituiti anche in forma associata ovvero societaria, che svolgeranno, dietro incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure delineate dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

2. Soggetti che possono iscriversi all’Albo gestori crisi impresa

All’Albo possono iscriversi, comprovando di aver ottemperato agli obblighi di formazione (40 ore) prescritti:

  • gli iscritti agli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei consulenti del lavoro;
  • gli studi professionali associati ovvero società tra professionisti, se i soci delle medesime siano in possesso dei requisiti professionali, e, in tal caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;
  • coloro che hanno svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società di capitali o società cooperative, comprovando le adeguate capacità imprenditoriali e a condizione non sia intercorsa nei loro confronti dichiarazione di apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

Possono ottenere l’iscrizione pure i soggetti che documentino di essere stati nominati, in almeno due procedure negli ultimi quattro anni, curatori fallimentari, commissari o liquidatori giudiziali, ovvero, ai fini della nomina quali componenti dell’OCRI, i soggetti di cui all’art. 352.

3. Le Sezioni e le parti dell’Albo

L’Albo, che è tenuto tramite modalità informatiche, ed inserito in uno spazio dedicato del website istituzionale del ministero della Giustizia, si distingue in due sezioni, con la precisazione che l’iscrizione nella sezione ordinaria comporta anche l’iscrizione nella sezione membri dell’OCRI:

  • ordinaria;
  • componenti degli Organismi di composizione della crisi d’impresa (OCRI).

Il medesimo Albo, inoltre, si distingue in due parti:

  • quella pubblica, in cui sono inseriti i dati identificativi e l’indirizzo PEC dell’iscritto, la sezione dell’albo ove è iscritto e l’eventuale ordine professionale di appartenenza;
  • quella riservata, in cui sono inserite le comunicazioni relative ai provvedimenti adottati verso gli iscritti; le richieste di sospensione o cancellazione volontaria dall’albo e i provvedimenti di sospensione o cancellazione adottati, anche d’ufficio.

4. Le istanze di iscrizione all’Albo

Nell’albo vengono iscritti, dietro istanza, coloro che documentano di possedere i requisiti professionali e di onorabilità di cui all’art. 356, c. 2 e 3, del Codice.

La domanda di iscrizione dovrà contenere:

  • l’indicazione della sezione dell’albo per cui si richiede l’iscrizione;
  • solamente per i professionisti, la certificazione attestante: l’albo professionale presso il quale è iscritto e la data di iscrizione, di non avere riportato negli ultimi 5 anni sanzioni disciplinari più gravi di quella minima prevista dall’ordinamento professionale di appartenenza, di essere in regola coi crediti formativi professionali;
  • per i non professionisti, la documentazione comprovante le cariche ricoperte in società di capitali o cooperative e dichiarazione che, verso le medesime società, non è stata aperta una procedura di liquidazione giudiziale.

La domanda di iscrizione, firmata digitalmente, deve essere presentata, insieme agli allegati richiesti, in modalità telematica, in linea con le specifiche tecniche che verranno dettate da un decreto dirigenziale del responsabile per i sistemi informatizzati del ministero della Giustizia. Il procedimento di iscrizione deve essere concluso entro 30 giorni dal ricevimento della domanda e, solo per una volta, può essere richiesta l’integrazione dell’istanza o dei suoi allegati, entro 30 giorni dal suo ricevimento.

5. I contributi per iscrizione e mantenimento nell’albo

I contributi richiesti sono i seguenti:

  • € 150,00 per l’iscrizione all’albo
  • € 50,00 all’anno per il mantenimento nello stesso, a carico dell’iscritto.

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Monitoraggio dell’attuazione del PNRR. I traguardi e gli obiettivi da conseguire entro il 30 giugno 2022

Monitoraggio dell’attuazione del PNRR. I traguardi e gli obiettivi da conseguire entro il 30 giugno 2022

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Segnalazione da UO Studi e analisi compatibilità

Il dossier riporta lo stato di attuazione degli investimenti e delle riforme previsti nel PNRR per i quali sono previsti traguardi ed obiettivi da conseguire entro il 30 giugno 2022. Nel primo semestre 2022 sono previsti 45 interventi, di cui 15 Riforme e 30 Investimenti. Per la quasi totalità degli interventi (44) è previsto il conseguimento di traguardi (milestone) (ossia adozione di norme, conclusione di accordi, aggiudicazione di appalti, avvio di sistemi informativi, ecc.); l’unico obiettivo (target1) da conseguire riguarda l’assunzione di un determinato numero di addetti nell’ufficio per il processo. Per ciascun “Investimento/Riforma” viene specificata l’amministrazione titolare dell’intervento, i contenuti e le caratteristiche dell’intervento, nonché le sue finalità complessive; infine, vengono indicati i traguardi e gli obiettivi da conseguire entro il 30 giugno 2022. Sono riportati inoltre, eventuali elementi relativi a traguardi/obiettivi il cui conseguimento era previsto, nell’ambito del medesimo intervento, nei semestri precedenti. Infine, si forniscono informazioni sui provvedimenti attuativi adottati, riconducibili ai vari traguardi/obiettivi, reperibili (alla data del 7 giugno 2022) dalla Gazzetta ufficiale, dal sito internet italiadomani.gov.it e dai siti istituzionali del Governo e dei Ministeri.

 

Quota 100: solo un lavoratore su tre è andato in pensione, cosa non ha funzionato?

Quota 100: solo un lavoratore su tre è andato in pensione, cosa non ha funzionato?

Solo un lavoratore su tre è andato in pensione con Quota 100. Le ragioni del flop. Ma i dati Inps rilevano anche un’altra amara sorpresa.

quota 100

Quota 100 non è stato quel successo tanto sbandierato dalla Lega per le pensioni anticipate. Secondo l’Inps, dal 2019 al 2021, triennio di sperimentazione alla deroga Fornero, solo un lavoratore su tre ha lasciato il lavoro in anticipo.

Qualcosa è andato storto e le previsioni della Lega per mandare in pensione un milione di lavoratori a 62 anni sono risultate disattese. Non c’è nemmeno stato quell’impulso alle assunzioni in conseguenza alle uscite anticipate.

Quota 100 ha fatto flop

Più nel dettaglio – scrive l’Inps – le domande di pensione con Quota 100 accolte tra il 2019 e il 2021 sono state poco meno di 380 mila. Per una spesa effettiva prevista fino al 2025 di circa 23,2 miliardi di euro. Il numero delle domande, si legge in una nota, risulta

ampiamente al di sotto di quelle attese” e l’importo è “inferiore di circa 10 miliardi rispetto ai 33,5 stanziati dal DL 4/2019“.

Vero che mancano ancora migliaia di pensioni all’appello, cioè quelle ancora non liquidate e per le quali i lavoratori hanno maturato e cristallizzato il diritto. Nel complesso, però, sempre secondo l’Inps, si potrà arrivare prossimamente al massimo a 450 mila pensioni liquidate con Quota 100.

Le ragioni dell’insuccesso

Viene ora da domandarsi le ragioni di tale insuccesso. Ogni giorno ci si lamenta che si va in pensione troppo tardi, salvo poi scoprire che gli italiani preferiscono restare al lavoro più a lungo. Insomma, non si capisce bene cosa ha spinto due lavoratori su tre a non cogliere l’occasione di Quota 100.

Secondo gli esperti di previdenza, il motivo è riconducibile unicamente a ragioni economiche. Quota 100 prevede il pensionamento a 62 anni di età con almeno 38 di contributi. Ma a quell’età la pensione è più bassa che a 67 anni (vecchiaia) e si perde in media il 5,2% per ogni anno di anticipo.

Ma soprattutto con Quota 100 scatta il divieto di lavorare. Il pensionato, infatti, non può più percepire redditi da lavoro fino a 67 anni, pena la sospensione dell’assegno. E per gli autonomi e i liberi professionisti è sicuramente una pesante penalizzazione, confermata anche dai numeri: sono solo 74.242 le domande di pensione presentate, meno del 20% del totale.

La maggior parte delle richieste arriva, invece, dai lavoratori dipendenti e in particolare da quelli pubblici che rappresentano il 31% del totale e percepiscono una pensione mediamente più alta.

 

Pensioni, Quota 100 è un flop: i numeri

Pensioni, Quota 100 è un flop: i numeri

L’analisi congiunta Inps – Upb presentata ieri conferma che le domande arrivate nel triennio sono “ampiamente sotto le attese”

Tra il 2019 e il 2021 le domande accolte di pensionamento in “Quota 100” sono state poco meno di 380 mila, un numero ampiamente sotto le attese. E si stima che al termine della sperimentazione il totale sarà di circa 450mila. Numeri che permettono di stimare una spesa effettiva di consuntivo sino al 2021 e proiettata dal 22 al 25 – a circa 23 miliardi.

Quota 100, confermato il flop

E’ quanto emerge da un’analisi congiunta Inps e Upb presentata ieri a Roma che offre un quadro nel dettaglio della misura sperimentata per tre anni nella quale si rileva che si tratta di un importo inferiore di 10 miliardi rispetto ai 33,5 originariamente stanziati dal dl 4/2019 e di oltre 5 miliardi se si tiene conto dei finanziamenti decisi solo pochi mesi dopo nell’ambito della NaDEF 2019 e nella legge bilancio per il 2020.

 

Secondo l’indagine, complessivamente a ricorrere a “Quota 100” sono stati soprattutto gli uomini, il 68,8% rispetto al 31,2% di donne. Quasi l’ 81% dei pensionati con quota 100 è transitato direttamente dal lavoro, poco meno del 9% da silente, poco più del 8% da una condizione di percettore di prestazioni di sostegno al reddito, circa il 2% da prosecutori volontari di contribuzione.

I numeri

La gestione di liquidazione è stata da lavoro dipendente privato per quasi la metà dei casi, da lavoro dipendente pubblico per poco più del 30%, da lavoro autonomo per circa il 20%. Se in valore assoluto le pensioni con “Quota 100” sono state più concentrate al Nord, meno al Mezzogiorno e ancora meno al Centro, in percentuale della base occupazionale o del flusso medio delle uscite per pensione anticipata mostrano le incidenze maggiori al Mezzogiorno e minori al Nord, con il Centro in posizione intermedia.

L’anticipo ha inciso in maniera significativa sul valore dell’assegno: mediamente lo ha ridotto del 4,5% per anno di anticipo per i lavoratori autonomi, del 3,8% dei dipendenti per i dipendenti privati e del 5,2% per i dipendenti pubblici. L’età media alla decorrenza si è attestata al di sopra di 63 anni mentre l’anzianità media e del 39,6 anni.

La spesa pensionistica

La presidente dell’Upb, Lilia Cavallari ha sottolineato che nel 2022, la spesa pensionistica è prevista pari al 15,7 del PIL (dal 16,2% del 2021), a circa il 33% della spesa corrente e al 29% della spesa totale. L’incidenza della spesa è aumentata a partire dal 2019 per effetto della contrazione dell’economia, dovuta alla crisi Covid, e dei pensionamenti di Quota 100. “L’aumento dell’inflazione, unito ad un sistema di indicizzazione più generoso, precisa, contribuisce ad aumentare la spesa, con impatto significativo per adesso soprattutto sul 2023. Le regole di indicizzazione vigenti dal 2022 rendono infatti la spesa pensionistica più sensibile agli aumenti dell’inflazione con l’elasticità che passa da 81 a 97 per cento”.

 

San Lanfranco Beccari

 

San Lanfranco Beccari


Nome: San Lanfranco Beccari
Titolo: Vescovo di Pavia
Nome di battesimo: Lanfranco Beccari
Nascita: XII secolo, Pavia
Morte: 23 giugno 1198, Pavia
Ricorrenza: 23 giugno
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
 

Nato appunto a Pavia nella nobile famiglia Beccari (o de Beccaria) nei primi decenni del sec. XII, Lanfranco fu consacrato Vescovo della sua città da Papa Alessandro III. La ricostruzione della sua biografia si deve in prima istanza al suo successore nella Cattedra episcopale, Bernardo che scrisse, poco dopo la sua morte, una “Vita Lanfranci”: nella quale sono riportati, letteralmente, vita, morte e miracoli del futuro Santo. Da questo scritto e da numerosi altri contributi bibliografici emerge la figura carismatica di Lanfranco: amabile con i buoni, ma energico con i cattivi, pio, caritatevole e di vita esemplare. Difensore del potere della Chiesa in un periodo in cui si verificavano spesso controversie tra Papato e Autorità laiche, tra Guelfi e Ghibellini Egli difese con forza le proprietà e le prerogative ecclesiastiche e per questo motivo risultò presto inviso ai Consoli che governavano il Comune di Pavia, finendo per essere svillaneggiato e angariato da un certo numero di influenti cittadini pavesi. La situazione arrivò a una gravità tale che il Vescovo fu costretto a lasciare Pavia e a recarsi a Roma, ove trovò conforto e sostegno da parte del Papa. Ritornato a Pavia, ma ormai stanco di lottare, si ritirò nel monastero vallombrosano, allora ancora detto del S. Sepolcro (nei pressi della città ma non entro le sue mura), dove morì il 23 giugno (forse) del 1198, come appare da una lettera di Innocenzo III del 8 agosto di quell’anno.

La fama di santità di Lanfranco si diffuse rapidamente attraverso il territorio pavese e dei dintorni, anche in funzione dei numerosi miracoli subito attribuiti al Vescovo. Leggendo il piacevole libro di Vittorio Lanzani “Cronache di Miracoli. Documenti del XIII secolo su Lanfranco Vescovo di Pavia” si può constatare, non solo che già il successore Bernardo fece registrare, con atto notarile, ben 40 casi riconosciuti come miracolosi, ma anche come alcuni di questi eventi abbiano davvero un carattere di grande originalità. Insieme alla registrazione di guarigioni o scampati pericoli si trovano infatti almeno tre testimonianze di prigionieri liberati in seguito ad eventi prodigiosi verificatisi dopo che questi avevano elevato invocazioni al Santo. Alcuni dei documenti notarili dell’epoca sono ancora reperibili negli archivi pavesi e riportano le dichiarazioni dei protagonisti e di numerosi testimoni dei fatti citati.

Nel febbraio del 1202 il giovane Giovanni Boglario si trova detenuto per “carcerazione a lunga durata e coartazione con ceppi di ferro a mani e piedi. Nulla viene detto sul reato così punito, ma si registra il fatto che il prigioniero, “soffrendo molto per i ceppi di ferro”, aveva invocato l’aiuto di S. Lanfranco: facendo voto di servizio perpetuo nel Convento del S. Sepolcro qualora fosse stato liberato dalle catene. Nella notte seguente il ragazzo sogna S. Lanfranco e al risveglio si trova libero dai ceppi, anche se questi giacciono a terra perfettamente chiusi. Le guardie, ovviamente, non credono subito al miracolo e sospettano un tentativo di evasione, ma i controlli alle cavigliere e alle manette di ferro confermano la loro regolare chiusura e l’assenza di segni di effrazione. Con l’intervento del Vescovo Bernardo, Giovanni viene quindi graziato e può continuare la sua vita al servizio della chiesa ora intitolata a S. Lanfranco.

In data 1 giugno 1202 Uberto Verri riesce ad evadere dai sotterranei del carcere e fugge salendo verso la Torre di Porta di Palazzo, dove incontra però un manipolo di guardie che lo riacciuffano. Nella concitazione del momento, per quanto i carcerieri avessero promesso di non far del male al prigioniero, uno degli sgherri pugnala il malcapitato, che viene riportato in cella sanguinante e ormai in fin di vita. Nella sua disperazione Uberto invoca S. Lanfranco e la mattina dopo si ritrova risanato e con la ferita ormai cicatrizzata. Sono le stesse guardie, tra cui il responsabile dell’accoltellamento, a testimoniare l’evento miracoloso.

Il fatto più eclatante si verifica comunque nell’ottobre del 1203. La carretta che porta i condannati a morte verso la forca, per l’impiccagione, trasporta due condannati: uno di essi è Alberto da Novara, giudicato colpevole di “molti gravi peccati e misfatti”. Questi comincia presto a proclamare pubblicamente il suo pentimento per i reati commessi e ad invocare l’aiuto di San Lanfranco di fronte alla morte. Dopo la regolare impiccagione del primo condannato, si passa a sistemare la corda al collo di Alberto, che da parte sua continua a pregare. La botola si apre, l’impiccato resta appeso per il collo, ma la morte non sopraggiunge. Anzi, egli continua ad elevare preghiere ad alta voce. Al boia e ai suoi aiutanti non resta che liberare il condannato in modo da verificare la corda e controllarne l’efficienza. Per altre due volte si tenta di impiccare Alberto, persino cercando di tirare il malcapitato per le gambe in modo da facilitarne il soffocamento, niente da fare: l’impiccato mancato continua ad elevare preghiere e ringraziamenti a S. Lanfranco. Di fronte all’evento prodigioso non resta quindi alle Autorità civili che adeguarsi a concedere la grazia già data dal Potere Divino.

A questi fatti si può associare un ultimo evento prodigioso dovuto a San Lanfranco. Questo è documentato nel bassorilievo scolpito sulla destra dell’Arca che conserva il corpo del Santo tumulato nella chiesa: “La giovane Gelasia, condannata con la falsa accusa di aver avvelenato il fratello, esce salva dal rogo”.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Pavia, san Lanfranco, vescovo, che, uomo di pace, patì molto per favorire la riconciliazione e la concordia nella città.