Archivi giornalieri: 9 giugno 2022

Riforma pensioni: fra le varie ipotesi c’è anche quota 103

Riforma pensioni: fra le varie ipotesi c’è anche quota 103

Rispunta quota 103 per la riforma pensioni 2023. Come era previsto dal governo, rappresenta il secondo gradino per evitare lo scalone fra la fine di quota 100 e la Fornero.

pensione

Fra le varie ipotesi di riforma pensioni c’è anche quota 103 che prenderebbe il posto di quota 102 dal prossimo anno. Come anche era nei piani originari del governo Draghi per ammortizzare lo scalone della fine di quota 100 col ritorno alla Fornero.

L’ipotesi di quota 103 non è mai tramontata e prevede l’uscita dal 2023 a 65 anni con 38 di contributi. Dal 2024, invece, sempre secondo i progetti del governo, scatterebbe quota 104 con uscita a 66 anni di età.

Quota 103 e flessibilità in uscita

Quota 103 – secondo i tecnici che avevano studiato la riforma pensioni lo scorso anno – rappresenterebbe il gradino successivo a quota 102 per evitare lo scalone con le regole ordinarie di pensione previste dalla Fornero. Cioè la pensione a 67 anni di età.

Così, se quota 102 avrà dato la possibilità di andare in pensione qualche anno prima a circa 10.000 lavoratori quest’anno, nel 2023 i numeri attesi non cambieranno molto. In questo modo le fuoriuscite dal mondo del lavoro resteranno contenute e la spesa pensionistica sostenibile.

A differenza di quota 102, però, sempre secondo le previsioni del governo dello scorso anno, si potrebbe andare in pensione con quota 103 in maniera flessibile. Cioè a 65 anni di età con 38 di contributi o a 64 anni di età ma con 39 di contributi. In maniera tale da allargare maggiormente la platea dei lavoratori beneficiari.

Le risorse finanziarie per la riforma pensioni

Il nodo principale per approntare una riforma pensioni diversa da questa, come chiedono i sindacati a la Lega, è rappresentato dalle risorse finanziarie. Il premier Draghi ha detto che la riforma deve essere sostenibile e quindi non si potranno fare altri debiti.

Quindi, tutte le svariate ipotesi di variazione dell’assetto pensionistico finora ventilate sono in teoria troppo costose.

Anche il pensionamento a 64 anni con ricalcolo contributivo della rendita lo sarebbe, nonostante si continui a insistere su questo punto.Troppi lavoratori, soprattutto i baby boomers degli anni ’60, ne approfitterebbero e si creerebbe un’ondata di pensionati difficilmente gestibile dall’Inps. Si stimano almeno 50.000 potenziali lavoratori solo per il 2023, cinque volte tanto le uscite previste per quota 102.

A ciò si aggiunga che, sempre secondo le previsioni di spesa, il prossimo anno andranno rivalutate più di 16 milioni di pensioni per un importo previsto di oltre 10 miliardi di euro. E questa sarà una spesa inderogabile.

 

Amaperlascuola

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Al Verano visite guidate gratuite per celebrare i 150 anni dalla morte di Mazzini e la sua eredità culturale “al femminile”

In occasione della edizione 2022 della “Settimana dei Cimiteri Storici Europei” promossa da ASCE (Asscociation of Significant Cemeteries of Europe), nonché del 150° anniversario della morte di Giuseppe Mazzini (1805-1872), AMA, in collaborazione con Roma Capitale e il Municipio II, offre un ricco programma di iniziative culturali gratuite che si svolgeranno al Verano per tre settimane a partire dal 28 maggio. Sono 27 gli eventi culturali gratuiti in programma, appuntamenti di differente percorso tematico, di cui 2 “speciali”, articolati in 9 giornate.

Il programma si inaugura con la visita speciale in omaggio a Monica Vitti che questo anno ci ha lasciati “Monica Vitti. Sfumature di Donna nel cinema italiano” (sabato 28 e domenica 29 maggio), in cui le mille espressioni delle donne rappresentate dall’attrice verranno raccontate attraverso i suoi film e i suoi compagni di viaggio (saranno visitati anche i sepolcri di Mastroianni, Sordi, Manfredi, Magni, Gassman e tanti altri).

Il 2 giugno si celebra la Festa della Repubblica al Verano con l’itinerario speciale “Le Audaci. Storie di donne uniche dalla Repubblica Romana alla Repubblica Italiana”, un omaggio a Giuseppe Mazzini, per il 150° anniversario della morte dedicato al caleidoscopico universo femminile (repliche il 4 e 5 giugno).Nel ricordo di donne uniche che, a partire dai valori mazziniani e dai gloriosi giorni della Repubblica Romana, attraverso il Risorgimento, fino alla Liberazione e alla istituzione della Repubblica Italiana, hanno proposto nuovi modelli di identità femminile nella politica, nell’impegno civile, nell’arte e nella cultura. Erminia Fuà Fusinato, Sara Nathan, Giuditta Tavani Arquati, Rosalia Montmasson, fino a giungere come un filo rosso all’unicità di donne come Camilla Ravera e a due delle 21 Madri della Costituente Nilde Iotti e Adele Bei. Donne che hanno lasciato un segno di unicità come Maria Montessori, Sibilla Aleramo, Grazia Deledda, Emma Carelli. Donne Uniche la cui esistenza è stata segnata da scelte radicali e di emancipazione, oltre le convenzioni, proponendo nuovi modelli di identità femminile.

In particolare, la visita guidata del 2 giugno vedrà anche scene di rievocazione storica: tableaux vivants con personaggi in costume d’epoca, a cura di 8cento APS. L’iniziativa fa parte del più ampio progetto di 8cento APS, in collaborazione con il Museo Civico del Risorgimento di Bologna, “Giovine Italia, Giovine Europa. Idee, lotte, emancipazione” patrocinato dal Ministero della Cultura e promosso da Utilitalia-Sefit anche nei cimiteri italiani.

Le visite guidate sono arricchite dall’interazione tra racconto, recitazione, supporti audio con le voci dei personaggi incontrati lungo i percorsi. Ogni giorno il calendario prevede 3 appuntamenti. Ogni domenica è presente il percorso accessibile, della durata di 1 ora, privo di scale e altre barriere.

Per tutti i dettagli sul programma culturale, orari, modalità di prenotazione e altri approfondimenti: www.cimitericapitolini.it

Pubblicato il 26/05/2022

Raccolte domenicali

Raccolte domenicali

Ama S.p.A. organizza, in collaborazione con il TGR Lazio, l’iniziativa “Il tuo quartiere non è una discarica” con postazioni straordinarie, oltre ai Centri di raccolta, per incentivare la raccolta differenziata gratuita dei seguenti materiali: legno, metallo, ingombranti, frigoriferi e condizionatori, grandi elettrodomestici, monitor e TV, apparati elettronici, lampade al neon, batterie al piombo, consumabili da stampa, e in alcuni punti contenitori di vernici e solventi.

Prossima raccolta domenicale il 12/06/2022 nei MUNICIPI PARI
Orario di apertura 8,00-13,00. Si invitano i cittadini a recarsi ai punti di raccolta entro le ore 12,30 così da consentire a tutti di usufruire del servizio.

Per conoscere le postazioni di raccolta scrivi una strada in questo campo o consulta i menù sottostanti


  • II municipio
    Via Della 17 Olimpiade – Villaggio Olimpico (attiva il 13 febbraio e 12 giugno)
    Via Tiburtina: fronte piazza Valerio Massimo (attiva il 9 ottobre)
  • IV municipio
    Largo Paolo Panelli  (attiva il 13 febbraio e 12 giugno)
    Via Tommaso Smith: area mercato (attiva il 12 giugno e 11 dicembre)
    Via di Cervara, fronte civico 200 (attiva il 9 ottobre)
    Via Sirio Solazzi (attiva il 9 ottobre)
  • VI municipio (13 febbraio – 12 giugno – 9 ottobre – 11 dicembre)
    Viale Francesco Caltagirone: area parcheggio
    Via Ambrogio Necchi: area parcheggio Stazione Grotte Celoni
  • VIII municipio
    Via Benedetto Croce 50: area Municipio (attiva il 13 febbraio e 9 ottobre)
    Via dell’Accademia Peloritana: area parcheggio (attiva il 12 giugno – 11 dicembre)
  • X municipio
    Via di Dragone angolo via Bedizzole: area parcheggio (attiva il 13 febbraio – 12 giugno – 11 dicembre)
  • XII municipio (13 febbraio – 12 giugno – 9 ottobre – 11 dicembre)
    Via San Giovanni Eudes ang. via della Pisana: area parcheggio
    Via Ildebrando della Giovanna fronte civico 81
  • XIV municipio (13 febbraio – 12 giugno – 9 ottobre – 11 dicembre)
    Via Andrea Barbato: area parcheggio
    Via Luisa Spagnoli ang. via Vivi Gioi: area mercato

 


  • Municipio I (20 marzo – 15 maggio – 11 settembre – 13 novembre)
    Piazza Tempio di Diana: area parcheggio
    Piazzale Clodio (Parcheggio Livatino)
  • Municipio III
    Via Pupella Maggio – Porte di Roma (attiva il 15 maggio e 13 novembre)
    Largo Labia – Fidene (attiva il 20 marzo e 11 settembre)
  • Municipio V (20 marzo – 15 maggio – 11 settembre – 13 novembre)
    Via F. Tovaglieri: area parcheggio fronte civico 201
    Via Rovigno D’Istria (mercato Villa Gordiani)
  • Municipio VII (20 marzo – 15 maggio – 11 settembre – 13 novembre)
    Via Anzio: area parcheggio
    Via Anagnina fronte stabilimento Ericsson
  • Municipio IX
    Piazzale Cina (attiva il 20 marzo e 11 settembre)
    Largo Montanari: area parcheggio (attiva il 15 maggio e 13 novembre)
  • Municipio XI
    Via Lanfranco Maroi: area parcheggio (attiva il 20 marzo e 15 maggio)
    Lungotevere Pietra Papa – angolo via Enrico Fermi (attiva il 20 marzo – 11 settembre- 13 novembre)
  • Municipio XIII (20 marzo – 15 maggio – 11 settembre – 13 novembre)
    Via Borgo Ticino ang via Ovada parch. adiacente mercato
    Via Francesco Albergotti (attiva il 20 marzo)
    Via Nuova delle Fornaci: area parcheggio (attiva l’11 settembre – 13 novembre)
    Via Ponzone, zona Casal Selce (attiva il 15 maggio)
  • Municipio XV (20 marzo – 15 maggio – 11 settembre – 13 novembre)
    Largo Nimis (Labaro)
    Via Vincenzo Tieri Cassia Olgiata: area parcheggio

 

Referendum sulla giustizia – Video-guida per il voto del 12 giugno

Referendum sulla giustizia – Video-guida per il voto del 12 giugno

 

Il 12 giugno prossimo saremo chiamati a votare per 5 referendum sulla Giustizia Italiana. Poiché i quesiti proposti sono molto tecnici e non di facile approccio, ecco una guida semplice e pratica per votare più consapevolmente.

Ricordiamo che il referendum è il modo con cui, nel nostro Paese, il popolo partecipa attivamente alla formazione delle leggi. Più precisamente, poiché il referendum in Italia è solamente abrogativo, tramite il nostro voto possiamo scegliere se mantenere in vita una legge già esistente ed approvata, oppure abrogarla.

Quindi, quando siamo in cabina, se votiamo SI vuol dire che desideriamo che la legge sottoposta alla nostra attenzione venga abolita. Se invece votiamo NO stiamo dicendo che vogliamo mantenere le cose così come stanno.

1. Primo quesito: incandidabilità dei politici condannati (legge severino)

Allo stato attuale, in Italia non possono essere candidati, e se eletti decadono, i politici condannati in via definitiva per alcuni gravi reati penali (ad esempio corruzione, concussione, peculato). Coloro che sono eletti in un ente locale, invece, vengono sospesi subito dopo la sentenza di condanna in primo grado. Il quesito chiede se si desidera abolire la c.d. legge Severino.

Chi voterà Sì abolirà l’incandidabilità dei condannati e l’automatismo della sospensione. Chi voterà No lascerà che le cose restino come sono, ovvero che i politici condannati in via definitiva diventino incandidabili e che i politici locali vengano sospesi dopo la condanna in primo grado.

2. Secondo quesito: le misure cautelari (dpr 447/1988)

Allo stato attuale, i Giudici italiani possono emettere misure cautelari, ovvero misure limitative della libertà personale nei confronti di soggetti non ancora condannati (o nemmeno processati, ma solo indagati) in tre casi specifici: se sussiste pericolo di fuga, se sussiste pericolo di reiterazione del reato, se sussiste pericolo di inquinamento delle prove. Il decreto chiede se si desidera abolite il DPR 447/1988, limitatamente alla reiterazione del reato.

Chi voterà Sì desidera abolire la possibilità di applicare misure cautelari solo in caso di pericolo di reiterazione del reato. Ricordiamo che le misure cautelari sono: custodia in carcere, arresti domiciliari, sospensione o ritiro del passaporto (divieto di espatrio). Chi voterà No lascerà che le cose restino come sono attualmente, ovvero che le misure cautelari si applichino nei tre casi di cui si è detto.

3. Terzo quesito: separazione delle carriere dei magistrati (ordinamento giudiziario)

Allo stato attuale, una persona che superi il concorso in magistratura e si dedichi al settore penale, può scegliere se diventare giudice oppure un pubblico ministero, cioè la pubblica accusa, la parte che si occupa di perseguire i reati e che perora le parti della condanna dell’imputato (l’avversario dell’avvocato difensore). È possibile per i magistrati passare di funzione, cioè cambiare ruolo e diventare PM dopo che si è stati giudici, o viceversa, quante volte si vuole (ovviamente non nello stesso processo e non nello stesso distretto di corte d’appello). Il quesito chiede se si desidera abolire la legge sull’ordinamento giudiziario relativamente al passaggio tra le diverse carriere.

Chi voterà Sì desidera abolire questa possibilità di cambio di ruolo e pertanto desidera che un magistrato scelga a inizio carriera se fare il giudice o il PM e si fermi in quel ruolo. Chi voterà No desidera invece che le cose restino così come sono, senza separare le carriere dei magistrati.

4. Quarto quesito: valutazione dei magistrati (d. lgs. 25/2006)

Allo stato attuale il Consiglio Superiore della Magistratura, che è l’organo di auto regolamentazione, controllo e disciplina dei magistrati, prevede che al suo interno vi siano magistrati, professori universitari di diritto ed avvocati. Tuttavia, nei giudizi sulla valutazione professionale dei magistrati (giudizio che avviene periodicamente per tutti i facenti parte della magistratura) possono votare solo i magistrati e non anche avvocati e professori. Il quesito chiede di abolire il d.lgs. 25/2006.

Chi voterà Sì farà in modo che anche professori e avvocati esprimano il voto nei giudizi di professionalità dei magistrati. Chi voterà No lascerà che solo i magistrati esprimano valutazioni in ordine alla professionalità dei colleghi.

5. Quinto quesito: riforma del CSM (legge 195/1958)

Allo stato attuale, il Consiglio Superiore della Magistratura, che è l’organo di auto regolamentazione, controllo e disciplina dei magistrati, prevede che per candidarsi al proprio interno si debbano raccogliere almeno 25 firme a sostegno della candidatura.

Chi voterà Sì farà in modo che qualsiasi magistrato in servizio possa proporre la propria candidatura senza alcuna firma a sostegno. Chi voterà No desidera che invece si possa entrare nel consiglio solo con almeno 25 colleghi a supporto.

Si voterà domenica 12 giugno dalle ore 7 alle 23. Per votare sarà necessario presentarsi alle urne con un documento di identità in corso di validità e con la tessera elettorale, che si potrà richiedere all’ufficio elettorale competente.

Le schede saranno 5, una per ogni quesito.

Per essere valido, ogni quesito dovrà aver ottenuto la maggioranza degli aventi diritto al voto in Italia.

Per approfondire ulteriormente leggi anche:

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La strumentalizzazione del rapporto tra criminalità e migranti Hate speech

La strumentalizzazione del rapporto tra criminalità e migranti Hate speech

Alcuni media e politici associano semplicisticamente criminalità e immigrazione, anche se la realtà è molto più complessa. Abbiamo fatto alcune domande su questo fenomeno a Marcello Maneri, professore di sociologia dei processi comunicativi a Milano-Bicocca.

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Spesso nell’arena pubblica viene delineata un’associazione diretta tra immigrazione e criminalità. Come riportato nel dossier Idos del 2020, anche a parità di reati, quelli commessi dagli stranieri generano solitamente più paura, diffidenza e risentimento. Da una parte c’è l’inferiorizzazione dello straniero, dall’altra la sua demonizzazione. Una narrativa che viene poi strumentalmente manipolata dai media e dai politici, per raccogliere consensi.

Il dato sulla presenza degli stranieri nelle carceri deve essere contestualizzato.

A una prima lettura, effettivamente la quota di stranieri sul totale dei detenuti nelle carceri italiane ed europee eccede la quota di stranieri sulla popolazione totale. Questo dato va però letto in maniera critica, tramite una serie di correttivi. In primis, bisogna considerare che le condizioni socio-economiche in cui versano i cittadini stranieri sono mediamente inferiori rispetto a quelle degli autoctoni. E il disagio socio-economico è strettamente legato alla criminalità.

In secondo luogo, c’è la questione dell’irregolarità, una condizione che costringe le persone all’illegalità e quindi inevitabilmente al crimine – e che infatti caratterizza la maggior parte degli stranieri che commettono reati. Infine, un elemento rilevante è la tipologia di reato commesso, che ha caratteristiche differenti tra gli stranieri rispetto agli autoctoni – di solito parliamo di crimini minori, puniti tramite pene di durata inferiore.

Più stranieri, società meno sicure?

Una prima questione da notare è che, nonostante la tendenza a criminalizzare i migranti, analizzando i dati vediamo che in Europa le società non sono diventate meno sicure a fronte a fronte dell’aumento della componente straniera della popolazione, e in particolar modo di una parte di questa (i richiedenti asilo), strutturalmente più esposta a una potenziale condizione di irregolarità.

Nei grandi paesi europei (Germania, Francia, Italia e Spagna), nel 2021 il numero di richiedenti asilo è stato decisamente più elevato di quello registrato nel 2012. Nel caso di Francia e Germania, parliamo di un dato doppio, nel caso dell’Italia triplo. Per quanto riguarda la Spagna addirittura la cifra è oltre 20 volte quella del 2012.

Si tratta di un incremento che ha avuto un andamento irregolare negli anni. In tutti questi paesi ma soprattutto in Germania, negli anni tra il 2014 e il 2017, in corrispondenza della cosiddetta “crisi dei rifugiati”, c’è stato un picco negli arrivi. In Germania sono arrivati a 745mila nel 2016, in Italia a circa 129mila nel 2017, e in seguito la cifra è calata, per poi registrare un lieve aumento tra il 2020 e il 2021.

Fatta eccezione per questa irregolarità, l’andamento generale è stato verso un progressivo aumento del numero dei richiedenti asilo. Parallelamente tuttavia non si è registrato nessun aumento della criminalità nei paesi analizzati, con l’eccezione della Spagna.

Solo in Spagna tra il 2010 e il 2018 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati di tutti i paesi) si è registrato un aumento nel numero di condannati (+20,9%), passato da circa 25mila a 30mila. In Germania, Francia e Italia si è invece assistito a una contrazione, particolarmente significativa in Francia (-32,4%).

-15,1% il numero di persone condannate in Italia tra 2010 e 2018.

Questi dati ci mostrano che, a fronte di un aumento della componente straniera della popolazione, le società europee non sono diventate meno sicure. Anzi, complessivamente la criminalità ha registrato una lieve riduzione.

Le condizioni socio-economiche e la criminalità

Mediamente, il tasso di delittuosità risulta più elevato tra gli stranieri piuttosto che tra i cittadini autoctoni, ma questa affermazione necessita di una serie di specificazioni.

In primo luogo, come accennato, un aspetto fondamentale della criminalità è che spesso essa è determinata dal disagio socio-economico. Si tratta di una dimensione che bisogna considerare quando si parla di criminalità straniera, perché ad oggi in Europa i cittadini stranieri sono significativamente più esposti alla povertà rispetto agli autoctoni.

GRAFICO
DA SAPERE

Con “a rischio povertà o esclusione sociale” Eurostat indica le persone con un reddito inferiore al 60% del reddito mediano (a rischio povertà), in condizioni di grave deprivazione materiale o sociale (un indicatore articolato che misura la capacità di una persona di permettersi alcune cose non essenziali alla sopravvivenza ma necessarie per condurre una vita minimamente dignitosa) e che vivono in nuclei familiari in cui l’intensità lavorativa è molto bassa. I dati sono riferiti esclusivamente alla popolazione maggiorenne e, nel caso degli stranieri, tengono conto soltanto della popolazione regolarmente residente (escludendo quindi le persone sprovviste di permesso di soggiorno). Non sono disponibili i dati della Romania.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: martedì 24 Maggio 2022)

Fatta eccezione per 3 stati, caratterizzati peraltro da una bassa percentuale di residenti stranieri (Bulgaria, Ungheria e Repubblica Ceca), in tutta l’Unione europea gli stranieri risultano più esposti alla povertà e all’esclusione sociale.

Le quote più elevate le registrano i paesi dell’Europa meridionale (Spagna, Grecia e Italia), mentre quelle più basse si riscontrano in alcuni paesi dell’Europa orientale.

54% degli stranieri residenti in Spagna sono a rischio povertà ed esclusione sociale (2020).

Ma la forbice più ampia rispetto ai residenti autoctoni, oltre alla Spagna, si riscontra anche in Svezia e in Francia. In Svezia, in particolare, quasi il 44% degli stranieri è a rischio, una cifra che scende al 14% nel caso dei cittadini svedesi. Una situazione analoga è quella francese, dove questo stesso dato si attesta rispettivamente al 44% e al 15%.

Gli stranieri e la criminalità

Come accennato, sappiamo anche che nella maggior parte dei casi a commettere crimini sono stranieri irregolari, ovvero persone presenti in Italia ma sprovviste di permesso di soggiorno.

A commettere crimini sono perlopiù gli stranieri irregolari, costretti a vivere nell’illegalità.

Come riporta Idos, il ministero dell’interno nel 2017 ha stimato che il 67,5% dei casi coinvolgono persone presenti irregolarmente sul territorio italiano – più di due su tre. In merito a questo dato è importante sottolineare che le persone irregolari sono molto più esposte alla criminalità, perché vivendo nell’illegalità sono impossibilitate a trovare un impiego regolare o ad accedere a misure di assistenza – una serie di fattori che fanno sì che la delittuosità sia più diffusa.

Secondo uno studio del 2016, se consideriamo soltanto gli stranieri regolari il tasso di delittuosità sarebbe invece analogo a quello degli italiani. Generalmente comunque vale la pena notare che gli stranieri, regolari e non, commettono crimini differenti rispetto a quelli che commettono gli italiani. Parliamo perlopiù di crimini considerati meno gravi, e questo è rispecchiato nella durata della pena.

Come mostrano i dati Antigone, la forbice tra detenuti stranieri e italiani aumenta all’aumentare della pena. I primi costituiscono quasi la metà di tutti i detenuti che scontano pene inferiori a 1 anno, ma appena il 12% di quelle superiori ai 20 anni. Una cifra che scende ulteriormente nel caso della pena più grave, l’ergastolo.

6% dei condannati all’ergastolo in Italia sono di nazionalità straniera, secondo Antigone (2020).

A questo si aggiunge, come sottolinea il dossier Idos, che gli stranieri compiono più spesso reati “all’aperto”, per strada, dove sono più facilmente individuabili.

Inoltre, sul numero di detenuti pesa anche il fatto che, da un punto di vista giuridico, gli stranieri risultano svantaggiati rispetto agli italiani. Solitamente, come sottolinea lo studio sopracitato, hanno più difficoltà ad accedere alle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, l’affidamento in prova e il regime di semilibertà.

Oltre al fatto che statisticamente la popolazione straniera risulta più esposta al crimine perché solitamente caratterizzata da una prevalenza di giovani maschi, spesso senza famiglia: caratteristiche che in tutte le nazionalità risultano correlate con una maggiore delittuosità.

Ci sono quindi una serie di ragioni che ci fanno capire che relazione tra immigrazione e criminalità è molto complessa. Eppure i media e i politici spesso la dipingono con toni semplicistici. Per capire perché questo avviene e attraverso quali espedienti, abbiamo posto alcune domande a Marcello Maneri, professore di sociologia dei processi culturali e comunicativi all’università di Milano-Bicocca.

Negli anni sono aumentati gli arrivi di migranti, eppure non è aumentata la criminalità generale. Perché invece viene spesso fatto un collegamento tra i due fenomeni?

Il collegamento non ha mai a che vedere con i numeri reali: né con la quantità di migranti né con la quantità di reati e così via, perché i problemi sociali fanno carriera secondo logiche che non hanno a che vedere con l’oggettività del problema stesso, ma perché ci sono persone che li portano avanti. Nel caso specifico dell’Italia, non c’è una relazione (ma non c’è mai, in generale) tra il numero di reati e la reazione sociale. L’apparizione di un nuovo problema nell’arena pubblica, paradossalmente, può avvenire in assenza totale del fenomeno stesso, o più spesso attirando l’attenzione su certi comportamenti a scapito di altri altrettanto problematici.

In Italia la criminalizzazione dei migranti è avvenuta giocando sulla paura, mettendo in risalto il tema dell’insicurezza, inteso esclusivamente nei termini della possibilità di essere vittimizzati da persone di origine straniera (dove insicurezza e immigrazione vengono usati come sinonimi). Alcune persone hanno tratto profitto e seguito elettorale dal fatto di essere riuscite ad accreditare questo come un problema sociale saliente, a volte addirittura il più importante, come è successo nelle campagne elettorali del 2008 e del 2018, quando le elezioni sono state vinte esattamente su quel tema. Questi sono i fattori che portano a certe definizioni di problemi sociali e alla loro salienza nell’arena pubblica.

Se poi dall’altra parte ci sono delle controparti politiche che non sono abbastanza vigorose nel contrapporre un discorso alternativo (il che è successo in tutta Europa), allora la definizione del problema sociale diventa facilmente quella egemonica, data per scontata da tutti.

Perché, anche nei momenti in cui gli sbarchi sono meno discussi da media e politica e in cui non c’è nessuna emergenza, un episodio di criminalità causa comunque più scalpore quando è commesso da un migrante?

Ci sono dei cicli di criminalizzazione che sono avvenuti, normalmente quando il centrosinistra era al governo o appena il centrodestra aveva vinto le elezioni. Il centrodestra accusa il centrosinistra di essere buonista, di essere tollerante se non complice, addirittura ispiratore dei crimini degli immigrati, e quando è al governo deve far vedere di usare il pugno di ferro e di fornire soluzioni. Con i governi tecnici non si è potuto fare questo gioco e il tema è stato meno al centro dell’attenzione. Ma anche quando non è al centro dell’attenzione non è che lo straniero non sia facilmente criminalizzato. Questo ha a che fare con tante altre dinamiche, un po’ il fatto che è un tema che fa gioco alla destra e rispetto al quale il centrosinistra si sente perdente.

Poi si può fare una distinzione tra categorie marcate e non marcate. Prima che ci fosse un’immigrazione straniera in Italia e che ci fosse una consapevolezza del fenomeno, negli anni ‘80, nei giornali italiani si trovavano molti articoli come “delitto d’onore: meridionale spara a moglie e figli”, oppure su furti e truffe, si citava spesso la provenienza meridionale, anche se la maggior parte dei reati li commettevano i settentrionali. Ma questo non si diceva, non veniva reso saliente. Lo stesso vale adesso per gli stranieri. Non si dice “italiano uccide, italiano spara, italiano ruba”, non viene evidenziato, reso saliente e memorizzato, perché la categoria “italiano” (e prima “settentrionale”) non è marcata.

Secondo lei è lo straniero ad essere criminalizzato o c’è una specificità nella figura del migrante?

Questa domanda può essere interpretata in vari modi. Con “stranieri” si può intendere funzionari di compagnie finanziarie, i cosiddetti  expats, insomma gli immigrati ricchi, o anche i turisti. Ma forse la risposta è la stessa in tutti questi casi. Nel razzismo nei confronti degli immigrati c’è una fortissima componente che non ha tanto a che vedere con la loro diversità oggettiva, cioè il fatto di non essere italiani, anche se questa ovviamente rientra nella rappresentazione, nei discorsi sull’identità, sulla minaccia culturale ecc.

Quello che è un elemento molto importante anche se spesso trascurato è la paura dei poveri o lo stigma verso i poveri. Molte rappresentazioni dei migranti in Italia sono simili a quelle della prima metà dell’ottocento di fronte al fenomeno dell’inurbamento per esempio a Parigi: i miserabili di Hugo venivano descritti con modalità molto simili. C’è in un certo senso la tendenza, in società fortemente inegualitarie, ad aver paura di chi è stato più deprivato e potrebbe avere dei comportamenti reattivi che potrebbero indurlo a contestare questa sua posizione subordinata.

Spesso la tendenza è quella di naturalizzare la subordinazione.

In secondo luogo c’è la tendenza a naturalizzare questo stato di subordinazione, quindi a descriverlo non come esito di rapporti sociali di sfruttamento e discriminazione, di mancanza di diritti, ma come la natura stessa di queste persone. I meridionali venivano descritti come pigri, oziosi, e spesso sono rappresentati così anche gli stranieri. In generale c’è un’attenzione molto forte verso i crimini commessi dalle persone più umili e una certa sbadataggine verso quelli, anche sistemici, compiuti da ricchi. Certo se hanno uno status di celebrità se ne parla, fanno notizia. In generale, però, lo sguardo dei mezzi di informazione e del mondo politico è quello di certi ceti sociali. Giornalisti e politici non vengono da ceti umili. Quindi guardano ai più umili con paura, diffidenza e difficoltà di comprensione. 

Quello della criminalizzazione dei migranti è un problema sentito in tutta Europa, ma la questione viene affrontata in maniera omogenea nei vari paesi o esistono modelli differenti?

Innanzitutto con il concetto di criminalizzazione parliamo di un fenomeno ancora più ampio, che vuol dire costruire legislativamente e normativamente con delle pratiche istituzionali alcuni soggetti come potenzialmente criminali. Nel momento in cui si illegalizzano le migrazioni, si stanno già producendo dei criminali – perché le persone continueranno a scappare dalle violenze. Questo già fa parte del processo di criminalizzazione.

Ma se per criminalizzazione intendiamo semplicemente la rappresentazione di questi soggetti come criminali, il discorso che lega criminalità e immigrazione, allora va detto che in primo luogo non ci sono ricerche strettamente comparative o almeno io non ne ho trovate che ci permettano di dire esattamente quali sono le differenze sulla base di dati rigorosi. Ma c’è un’abbondante letteratura, anche se non comparativa, che ci spinge a credere che i vari paesi abbiano attraversato varie fasi in momenti diversi.

L’Italia è stato un paese che negli anni 90, nella seconda metà degli anni 2000 e alla fine del decennio successivo ha attraversato delle virulente e violente campagne di criminalizzazione dei migranti, più di altri paesi. In altri momenti non c’è invece stata tutta questa differenza, ad esempio nel caso dei famosi stupri di Colonia (un milionesimo degli stupri che avvengono in Europa), di cui tutti sanno qualcosa. Era un momento in cui in Germania si rappresentavano i flussi migratori come “crisi dei rifugiati”, espressione che non si è usata nel caso dell’Ucraina, dove in due settimane sono arrivate più persone che in un anno di crisi di rifugiati. C’era un contesto di forte tensione politica e sociale, molto costruita.

Sono dinamiche presenti in tutti i paesi ma con periodizzazioni diverse e a volte anche con configurazioni diverse. Nel Regno Unito ad esempio il discorso criminalizzante è ancora più acceso e violento quando è fatto dai tabloid, ma non è fatto dai broadsheet, mentre in Italia è fatto in modo meno violento ed esplicito, ma è generalizzato, anche dall’informazione mainstream. Ci sono quindi differenze nelle periodizzazioni, nella distribuzione del discorso tra le varie testate giornalistiche e componenti politiche (ricordiamo che in Spagna fino a un anno fa non esisteva un partito xenofobo, unico caso in Europa insieme al Portogallo), quindi sì, ci sono delle differenze.

Conta anche il fatto che in altri paesi magari prevalgono temi che non sono tanto sentiti in Italia, i quali  tolgono quindi spazio a questo discorso. Il tema dell’identità è fortissimo in Francia per esempio. Fatte salve queste differenze però le logiche sono le medesime.

Quanto pesa secondo lei il modo in cui migranti e stranieri vengono rappresentati a livello mediatico e quali sono gli strumenti grafici e narrativi che vengono utilizzati per criminalizzarli?

Ci sono tantissimi modi. Il primo è semplicemente l’attenzione. Quando vennero violentate una ragazza al parco della Caffarella a Roma e una a Guidonia da dei ragazzi stranieri, la Repubblica (un giornale non di destra né xenofobo) gli dedicò centinaia di articoli, quindi l’attenzione è la prima cosa. Le violenze da parte di italiani non hanno mai ricevuto una copertura simile.

La provenienza è indicata, come se fosse una categoria utile a capire gli eventi.

La seconda cosa sono le strategie referenziali (in che modo vengono chiamate le persone). Si mette in primo piano la provenienza straniera, variabile a seconda dei cicli di cui parlavo prima, a volte nel titolo altre volte nel testo ma si fa in ogni caso, anche quando non è pertinente per la comprensione della notizia. Una cosa che è in contraddizione con moltissimi codici deontologici. Se sapere che vieni dalla Tunisia non mi serve a capire, perché dirlo? È come dire “persona con i ricci fa una rapina”. Fissa nella memoria in modo marcato questa categoria di provenienza come categoria che ci aiuta a capire perché è stata fatta questa cosa.

Oppure, quando vennero compiute delle violenze sessuali a Rimini nel ’97 i media di tutto il paese hanno iniziato a tematizzare la notizia, leggendola sotto l’angolatura “violenze sessuali & immigrazione”. I giornali predispongono a volte degli specchietti come “migranti e criminalità” citando tutti gli episodi simili, perché la notizia è stata tematizzata in questo modo, non come, invece, giovani violentatori o maschi violentatori, ma come stranieri violentatori. A questo punto cercano notizie simili e ci dicono che quella è la chiave interpretativa per capire quello che è successo. Implicitamente ci stanno dicendo questo. Tutti questi sono modi in cui giornali e telegiornali danno un senso all’evento. Non è interessante fare informazione dicendo “tizio ha fatto x a caio in quel posto”, invece dire “l’ondata dei serial killer” ci dà l’idea di un fenomeno nuovo e quindi diventa interessante giornalisticamente. Spesso purtroppo ci si basa sulla caratteristica della provenienza.

Poi c’è anche l’uso delle fotografie: il violentatore italiano non viene mai ritratto, la sua foto non viene pubblicata sul giornale, perché potrebbe querelare, invece con gli stranieri si fa. Infine nel linguaggio, l’uso delle generalizzazioni, il plurale generico (“un altro evento che si aggiunge alla lunga lista dei crimini commessi dagli immigrati)”, un modo per dire “questo non è un fatto singolo ma si lega a tanti altri fatti”.

 

Il sostegno della Commissione europea alla produzione di questa pubblicazione non costituisce un’approvazione del contenuto, che riflette esclusivamente il punto di vista degli autori, e la Commissione non può essere ritenuta responsabile per l’uso che può essere fatto delle informazioni ivi contenute.

 

Foto: Emiliano Bar – licenza

In Spagna e Grecia più della metà dei residenti stranieri sono a rischio povertà

In Spagna e Grecia più della metà dei residenti stranieri sono a rischio povertà

La quota di cittadini, autoctoni e stranieri, a rischio povertà ed esclusione sociale nei paesi Ue (2020)

GRAFICO
DESCRIZIONE

In Spagna e Grecia più della metà dei residenti di nazionalità straniera è a rischio di povertà o esclusione sociale (rispettivamente il 54% e il 52,5%). L’Italia è terza da questo punto di vista (44,3%). Agli ultimi posti si trovano invece alcuni paesi dell’Europa centrale, in particole la Repubblica Ceca, dove questa cifra si attesta al 7,7%. Mentre il divario maggiore rispetto agli autoctoni lo registra la Svezia dove, a fronte del 14,2% tra i cittadini svedesi, il rischio povertà ed esclusione sociale sale al 43,8% tra gli stranieri.

DA SAPERE

Con “a rischio povertà o esclusione sociale” Eurostat indica le persone con un reddito inferiore al 60% del reddito mediano (a rischio povertà), in condizioni di grave deprivazione materiale o sociale (un indicatore articolato che misura la capacità di una persona di permettersi alcune cose non essenziali alla sopravvivenza ma necessarie per condurre una vita minimamente dignitosa) e che vivono in nuclei familiari in cui l’intensità lavorativa è molto bassa. I dati sono riferiti esclusivamente alla popolazione maggiorenne e, nel caso degli stranieri, tengono conto soltanto della popolazione regolarmente residente (escludendo quindi le persone sprovviste di permesso di soggiorno). Non sono disponibili i dati della Romania.

 

In Spagna e Grecia più della metà dei residenti stranieri sono a rischio povertà

In Spagna e Grecia più della metà dei residenti stranieri sono a rischio povertà

La quota di cittadini, autoctoni e stranieri, a rischio povertà ed esclusione sociale nei paesi Ue (2020)

GRAFICO
DESCRIZIONE

In Spagna e Grecia più della metà dei residenti di nazionalità straniera è a rischio di povertà o esclusione sociale (rispettivamente il 54% e il 52,5%). L’Italia è terza da questo punto di vista (44,3%). Agli ultimi posti si trovano invece alcuni paesi dell’Europa centrale, in particole la Repubblica Ceca, dove questa cifra si attesta al 7,7%. Mentre il divario maggiore rispetto agli autoctoni lo registra la Svezia dove, a fronte del 14,2% tra i cittadini svedesi, il rischio povertà ed esclusione sociale sale al 43,8% tra gli stranieri.

DA SAPERE

Con “a rischio povertà o esclusione sociale” Eurostat indica le persone con un reddito inferiore al 60% del reddito mediano (a rischio povertà), in condizioni di grave deprivazione materiale o sociale (un indicatore articolato che misura la capacità di una persona di permettersi alcune cose non essenziali alla sopravvivenza ma necessarie per condurre una vita minimamente dignitosa) e che vivono in nuclei familiari in cui l’intensità lavorativa è molto bassa. I dati sono riferiti esclusivamente alla popolazione maggiorenne e, nel caso degli stranieri, tengono conto soltanto della popolazione regolarmente residente (escludendo quindi le persone sprovviste di permesso di soggiorno). Non sono disponibili i dati della Romania.

 

La strumentalizzazione del rapporto tra criminalità e migranti Hate speech

La strumentalizzazione del rapporto tra criminalità e migranti Hate speech

Alcuni media e politici associano semplicisticamente criminalità e immigrazione, anche se la realtà è molto più complessa. Abbiamo fatto alcune domande su questo fenomeno a Marcello Maneri, professore di sociologia dei processi comunicativi a Milano-Bicocca.

 

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Spesso nell’arena pubblica viene delineata un’associazione diretta tra immigrazione e criminalità. Come riportato nel dossier Idos del 2020, anche a parità di reati, quelli commessi dagli stranieri generano solitamente più paura, diffidenza e risentimento. Da una parte c’è l’inferiorizzazione dello straniero, dall’altra la sua demonizzazione. Una narrativa che viene poi strumentalmente manipolata dai media e dai politici, per raccogliere consensi.

Il dato sulla presenza degli stranieri nelle carceri deve essere contestualizzato.

A una prima lettura, effettivamente la quota di stranieri sul totale dei detenuti nelle carceri italiane ed europee eccede la quota di stranieri sulla popolazione totale. Questo dato va però letto in maniera critica, tramite una serie di correttivi. In primis, bisogna considerare che le condizioni socio-economiche in cui versano i cittadini stranieri sono mediamente inferiori rispetto a quelle degli autoctoni. E il disagio socio-economico è strettamente legato alla criminalità.

In secondo luogo, c’è la questione dell’irregolarità, una condizione che costringe le persone all’illegalità e quindi inevitabilmente al crimine – e che infatti caratterizza la maggior parte degli stranieri che commettono reati. Infine, un elemento rilevante è la tipologia di reato commesso, che ha caratteristiche differenti tra gli stranieri rispetto agli autoctoni – di solito parliamo di crimini minori, puniti tramite pene di durata inferiore.

Più stranieri, società meno sicure?

Una prima questione da notare è che, nonostante la tendenza a criminalizzare i migranti, analizzando i dati vediamo che in Europa le società non sono diventate meno sicure a fronte a fronte dell’aumento della componente straniera della popolazione, e in particolar modo di una parte di questa (i richiedenti asilo), strutturalmente più esposta a una potenziale condizione di irregolarità.

Nei grandi paesi europei (Germania, Francia, Italia e Spagna), nel 2021 il numero di richiedenti asilo è stato decisamente più elevato di quello registrato nel 2012. Nel caso di Francia e Germania, parliamo di un dato doppio, nel caso dell’Italia triplo. Per quanto riguarda la Spagna addirittura la cifra è oltre 20 volte quella del 2012.

Si tratta di un incremento che ha avuto un andamento irregolare negli anni. In tutti questi paesi ma soprattutto in Germania, negli anni tra il 2014 e il 2017, in corrispondenza della cosiddetta “crisi dei rifugiati”, c’è stato un picco negli arrivi. In Germania sono arrivati a 745mila nel 2016, in Italia a circa 129mila nel 2017, e in seguito la cifra è calata, per poi registrare un lieve aumento tra il 2020 e il 2021.

Fatta eccezione per questa irregolarità, l’andamento generale è stato verso un progressivo aumento del numero dei richiedenti asilo. Parallelamente tuttavia non si è registrato nessun aumento della criminalità nei paesi analizzati, con l’eccezione della Spagna.

Solo in Spagna tra il 2010 e il 2018 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati di tutti i paesi) si è registrato un aumento nel numero di condannati (+20,9%), passato da circa 25mila a 30mila. In Germania, Francia e Italia si è invece assistito a una contrazione, particolarmente significativa in Francia (-32,4%).

-15,1% il numero di persone condannate in Italia tra 2010 e 2018.

Questi dati ci mostrano che, a fronte di un aumento della componente straniera della popolazione, le società europee non sono diventate meno sicure. Anzi, complessivamente la criminalità ha registrato una lieve riduzione.

Le condizioni socio-economiche e la criminalità

Mediamente, il tasso di delittuosità risulta più elevato tra gli stranieri piuttosto che tra i cittadini autoctoni, ma questa affermazione necessita di una serie di specificazioni.

In primo luogo, come accennato, un aspetto fondamentale della criminalità è che spesso essa è determinata dal disagio socio-economico. Si tratta di una dimensione che bisogna considerare quando si parla di criminalità straniera, perché ad oggi in Europa i cittadini stranieri sono significativamente più esposti alla povertà rispetto agli autoctoni.

Cooperative con piano di crisi aziendale: minimale contributivo

Cooperative con piano di crisi aziendale: minimale contributivo

L’INPS, con il messaggio 8 giugno 2022, n. 2350, fornisce chiarimenti sulla corretta individuazione dell’obbligo contributivo in capo alle società cooperative di cui alla legge 3 aprile 2001, n. 142, che abbiano deliberato un piano di crisi aziendale.

Le disposizioni della legge 142/2001, secondo cui il regolamento della cooperativa deve prevedere la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti retributivi, producono effetti anche sulla determinazione e quantificazione del minimale contributivo.

Il messaggio riepiloga, quindi, il quadro normativo e richiama l’interpello 48/2009 in virtù del quale, limitatamente al periodo di durata del piano di crisi aziendale, l’obbligazione contributiva “andrà quantificata sulla base di un imponibile corrispondente alle somme effettivamente corrisposte ai lavoratori, nel rispetto tuttavia del minimale contributivo giornaliero di cui all’art. 1, comma 2, del d.l. 338/1989”.

Nel messaggio sono illustrate, infine, le istruzioni per l’adozione di provvedimenti di autotutela da parte delle Strutture territoriali, relativamente al contenzioso amministrativo e giudiziario in essere, e le indicazioni operative per gli accertamenti ispettivi.

Sant’ Efrem

 

Sant’ Efrem


Nome: Sant’ Efrem
Titolo: Diacono e dottore della Chiesa
Nascita: 306, Nisibis, Turchia
Morte: 9 giugno 373, Edessa, Turchia
Ricorrenza: 9 giugno
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
 
Efrem nacque a Nisibi in Mesopotamia circa l’anno 306 sotto l’imperatore Costantino. Era figlio di pagani, ma studiò con ardore la dottrina cristiana.

Contrariato e perseguitato dal padre, che era sacerdote degli idoli, fu costretto a lasciare la casa paterna e a ritirarsi presso il santo vescovo Giacobbe. Contava allora circa 15 anni e, dopo tre anni di preparazione, ricevette il Santo Battesimo.

Il pronto ingegno, e soprattutto la vita esemplare che conduceva, lo resero particolarmente caro al Vescovo che se ne servi in importanti affari e lo ebbe sempre vicino nei suoi viaggi.

Aperta una scuola di Sacra Scrittura a Nisibi, ne tenne la cattedra per vari anni. In questo tempo la città fu più volte assediata da Sapore II, re dei Persiani, ed Efrem divenne l’eroe della resistenza. Morto il vescovo Giacobbe (338), suo protettore, egli lasciò la scuola, ma continuò per lunghi anni nell’insegnamento ed ebbe allievi santi ed illustri.

Nel 362 si recò in pellegrinaggio alla città di Edessa e quivi prese stabile dimora. Ben presto gli fu nota la santa vita che alcuni monaci conducevano su di un monte e subito egli si porto Ira 1010 per sempre più perfezionarsi nella virtù.

Di natura collerico, seppe così bene frenare la passione da essere conosciuto come l’uomo più calmo. Meditava sovente sul giudizio di Dio e lo spaventava il pensiero del rendiconto finale. Dice S. Gregorio che non si potevano leggere i suoi discorsi sopra il giudizio finale senza sentirsi commuovere dalla descrizione che egli faceva di quel giorno terribile.

La vita cenobitica non gli impedì di uscire spesso tra il popolo a predicare il vangelo e a combattere le molte eresie che pullulavano da ogni parte. Per questo compose molti inni, dove smascherò il falso e inculcò il vero; questi suoi inni egli li diffuse tra il popolo che li cantava in chiesa.

Fu semplice diacono, ma il bene che fece è immenso, e noi lo vediamo ovunque consolatore e pacificatore, specialmente durante l’invasione degli Unni e nella carestia. Il Signore lo chiamava alla pace dei Beati pieno di meriti nel giugno dell’anno 373 sotto Valente.

Il santo dottore lasciò innumerevoli scritti; parte in prosa: I commentari biblici e il metodo esegetico, e parte in poesia: La poesia siriaca (Omelie e discorsi poetici) e gli Inni di genere lirico. Scrisse pure molto bene intorno alla Verginità e santità di Maria SS.

Nel 1920 il Pontefice Benedetto XV con l’enciclica « Principi Apostolorum » dichiarava S. Efrem dottore della Chiesa.

PRATICA. Il pensiero del giudizio di Dio ci sia sempre davanti nelle nostre azioni.

PREGHIERA. Dio, che hai voluto illustrare la tua Chiesa con la meravigliosa erudizione e coi luminosi esempi della vita del beato Efrem tuo confessore e dottore, ti supplichiamo umilmente che, per sua intercessione, tu la difenda dalle insidie dell’errore

MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Edéssa, in Mesopotàmia, sant’Efrem, Diacono Edesséno e Confessore, il quale, dopo molte fatiche sostenute per la fede di Cristo, illustre per dottrina e santità, sotto l’Imperatore Valènte, si riposò in Dio, e dal Papa Benedétto decimoquinto fu proclamato Dottore della Chiesa universale.