Archivi giornalieri: 7 giugno 2022

renderà 1.000 euro al posto di 1.200 euro il pensionato che sfrutterà 3 anni prima la pensione con 20 anni di contributi

renderà 1.000 euro al posto di 1.200 euro il pensionato che sfrutterà 3 anni prima la pensione con 20 anni di contributi

Il 31 dicembre 2022 è la data di scadenza della sperimentazione di Quota 102. La misura nata dopo l’altra sperimentazione, cioè quella triennale della Quota 100, volge al termine. Probabilmente però, l’età pensionabile prevista per la Quota 102, cioè i 64 anni resteranno in vigore e diventerà l’età minima per accedere ad una serie di nuove pensioni flessibili. In effetti i 64 anni potrebbero diventare l’età per lasciare il lavoro con la nuova pensione flessibile su cui sta lavorando il Governo. Dal primo gennaio 2023 l’idea è quella di aprire le porte della pensione con combinazione 64+20. Ma sarà una misura non priva di controindicazioni, soprattutto per alcuni lavoratori e per l’assegno

Prenderà 1.000 euro al posto di 1.200 euro il pensionato che sfrutterà 3 anni prima la pensione con 20 anni di contributi

La pensione a 64 anni con 20 di contributi sembra che stia per mettere d’accordo Governo e sindacati. Ma mentre i sindacati spingono per una misura priva di penalizzazioni di assegno, il Governo pensa ad una misura esclusivamente contributiva. Secondo la linea del Governo, fare i conti con dei tagli è necessario. Significa che chiunque esca dal lavoro con questa misura dovrà accettare il ricalcolo completamente contributivo dell’assegno. Tradotto in soldoni, un taglio di assegno tanto più elevato quanti più anni di lavoro sono stati effettuati in epoca retributiva.

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La penalizzazione per i misti e come si calcola

Uscire a 64 anni significa anticipare di 3 anni la pensione rispetto alla quiescenza ordinaria. La pensione di vecchiaia prevede la combinazione 67+20, mentre l’ipotetica nuova prestazione flessibile si ferma a 64+20. In base a questi vent’anni di contributi, la penalizzazione non sarà uguale per tutti. Il taglio maggiore verrà applicato a quei lavoratori che più si avvicinano ai 18 anni di versamenti prima del primo gennaio 1996.

Infatti, sono questi i lavoratori che per poco non hanno maturato il diritto al calcolo retributivo fino al 2012. Lavoratori che hanno invece diritto al calcolo più vantaggioso solo fino al 31 dicembre 1995. In buona sostanza questi lavoratori che a 67 anni avrebbero dovuto percepire un assegno di circa 1.200 euro al mese, per via dell’anticipo ne otterranno uno di circa 1.000 euro. Infatti per loro si materializza il picco massimo di penalizzazione calcolato sulla nuova misura. E sarà un taglio di poco superiore al 18%. Prenderà 1.000 euro al posto di 1.200 euro chi anticipa la pensione, ma secondo il Governo, sarebbe uno scotto da pagare.

Approfondimento

Senza Quota 100 e senza Quota 102 possono andare in pensione con Quota 97,6 questi comuni lavoratori con 35 anni di contributi

Ricordiamo di leggere attentamente le avvertenze riguardo al presente articolo e alle responsabilità dell’autore, consultabili QUI»)
 

Colpo di scena, la Juve piomba su Bremer: sgambetto all’Inter

Colpo di scena, la Juve piomba su Bremer: sgambetto all’Inter

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Bremer Juventus – Come evidenziato da Momblano, giornalista di Juventibus, la Juventus sarebbe pronta a piombare con forte decisione su Bremer. Il difensore centrale del Torino, valutato circa 30 milioni di euro, potrebbe vestire bianconero in caso di addio a De Ligt. La Juve medita lo sgambetto all’Inter e osserva interessata.

 

Qualora De Ligt dovesse confermare il suo rinnovo con la Juventus, i bianconeri si farebbero ufficialmente da parte nella corsa al centrale brasiliano. Con la conferma di De Ligt i bianconeri potrebbero puntare su Koulibaly, mentre in caso di addio a De Ligt, non è escluso che Cherubini valutati il doppio clamoroso affondo Bremer-Koulibaly.

Come evidenzia Momblano, il Torino sarebbe decisamente spazientito con l’Inter per le dinamiche della trattativa con Bremer e potrebbe aprire concretamente alla Juventus nonostante i nerazzurri restino in netto vantaggio per la corsa al centrale brasiliano del Torino. Occhio ai possibili colpi di scena: sono attese novità nel corso delle prossime settimane. La Juve medita lo sgambetto all’Inter per il possibile affare Bremer.

Bremer alla Juventus: Torino spazientito dall’Inter

 

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Vivere in Nuova Zelanda in pensione o lavoro: vantaggi a svantaggi

Vivere in Nuova Zelanda in pensione o lavoro: vantaggi a svantaggi

Andare a vivere in Nuova Zelanda: volo aereo di 24 ore

Comprendere la vita in New Zealand

Tra dicembre e aprile il clima subisce una radicale trasformazione: perturbazioni cicloniche con conseguenti danni a persone e case. Vanno aggiunti nubifragimaremoti e il Southerlyconventi tra i 120 e i 160 km all’ora. Basta visitare il portale del Servizio Meteorologico Neozelandese per accorgersi di quanti warning sono presenti. Insomma: natura selvaggia ed avversa. Ideale per chi ama una vita avventurosa.

Trasferirsi a vivere / pensione in Nuova Zelanda: vantaggi a svantaggi

La Nuova Zelanda è un luogo scarsamente popolato

Wellington, capitale della Nuova Zelanda,è una città grande più o meno come una media metropoli italiana. E’ un Mondo isolato e scarsamente popolato. L’insediamento umano sull’isola risale a soli 7 secoli fa e non vi sono molti luoghi d’interesse culturale e storico. In compenso vi sono paesaggi incantati e luoghi mozzafiato.
Il costo della vitain Nuova Zelanda è elevato ma non c’è un rapporto favorevole tra spese e stipendi, condizione che si trova ad esempio in Australia. In media si spendono 800 € al mese tra affitto(camera) e spesa. I trasporti pubblici sono costosi e il lavoro si trova ma bisogna avere una qualifica professionale adeguata e ovviamente padroneggiare la lingua inglese.

Trasferirsi a vivere in Nuova Zelanda è possibile

Vivere all’esteroè un’operazione che richiede molta motivazione. Non ci si può scoraggiare alla prima difficoltà. Vediamo cosa bisogna fare una volta giunti in Nuova Zelanda.

Permessi

E’ utile documentarsi sulla Tabella Comparativa delle VISA sul sito del Governo Neozelandese. E’ necessario scaricare tutta la modulisticanel momento effettivo in cui si intraprende il trasferimento visto che le leggi sono mutevoli sulla base dell’avvicendarsi dei Governi ed i mutamenti socio politico economici. Il primo passo è ottenere un visto turistico. Si va in Nuova Zelanda con un passaporto valido e un biglietto di ritorno. Automaticamente si ha diritto alla “Visitor Visa”e potremo rimanere per 3 mesi. Non possiamo lavorare, ma possiamo prendere contatti e cercare in tutti modi di ottenere una “offerta di lavoro”, senza la quale non potremmo ritornare in Nuova Zelanda per lavorare. Se abbiamo un datore di lavoropronto a firmare una carta dove s’impegna ad assumerci, cioè sono 4 percorsi per ottenere altrettanti visti.

andare a vivere in nuova zelanda

Accredited Employers Visa

E’ un visto della durata di 30 mesi. Ci consente di lavorare in Nuova Zelanda. Serve un datore di lavoro “accreditato” presso il Servizio per l’immigrazione. Avere un impiego con una retribuzione minima di 55.000 dollari neozelandesi l’anno, per almeno 30 ore la settimana. Dopo 2 anni di lavoro continuativo (un anno prima dello scadere del permesso di soggiorno) si può richiedere il visto definitivo, il Residence for Work.

Long Term Skills Shortage List (LTSSL) Visa

E’ simile all’Accredited Employers Visa ma bisogna avere meno di 53 anni. Il nostro datore di lavoro deve farci l’offerta di lavoro compilando la Carta. Le nostre competenze lavorative devono rientrare in quelle elencate nella Skill Shortage List Check. Dopo 2 anni di lavoro continuativo in Nuova Zelanda, possiamo chiedere il Residence for Work.

Essential Skills Visa

Il datore di lavoro deve essere di origine neozelandese e dimostrare che non è stato in grado di trovare lavoratori in Nuova Zelanda che ricoprano la mansione per cui sta cercando un dipendente. Il tipo di lavoro deve rientrare nella ANZSCO, cioè ruoli considerati essenziali per la società neozelandese.
L’Essential Skills Visa ha una scadenza di 5 anni (1 anno se il nostro skill level è 4 o 5). Allo scadere di questo visto possiamo continuare a lavorare richiedendo uno dei visti elencati prima, che anch’essi dureranno 3 anni. Al termine di questo percorsorichiederemo il Residence for Work.

Skilled Migrant Category Visa

Vivere in Nuova Zelanda in maniera permanente e a tempo indeterminato. Questo sistema è accessibile solo se conosciamo molto bene la lingua inglese e se abbiamo sufficienti punti. Il sistema dei punti funziona così:
  • 50/60 punti se abbiamo un’offerta di lavoro come specialista in un settore, manager o tecnico molto qualificato.
  • 40/60 punti in base al diploma, la laurea o altri master o corsi che abbiamo frequentato e che vengono riconosciuti come validi.
  • 5/30 punti in base all’età. Bisogna avere meno di 55 anni.
  • 10 punti se abbiamo dei parenti in Nuova Zelanda.
  • Se totalizziamo almeno 100 punti la nostra richiesta verrà esaminata. Le domande vengono visionate ogni 2 settimane.

Residence for Work

E’ dedicato agli immigrati che vivono e lavorano già in Nuova Zelanda – anche in modo temporaneo – ma vogliono rimanervi senza limiti di tempo. L’ultima, quella con il sistema di punti, è un mondo a parte e permette di vivere e lavorare continuativamente e a tempo indeterminato.
Sul sito VisaOptions è pubblicato un questionario interattivo utile per verificare a quale visto abbiamo diritto.
Trovare lavoro in Nuova Zelanda è possibile per chi è altamente qualificato, a meno che naturalmente non si sia studenti, per i quali esiste una procedura a parte.

Comprare la propria casa in Nuova Zelanda

I prezzi sono in dollari neozelandesi ed è possibile utilizzare un convertitore per verificare il corrispettivo in euro. Comprare casa per vivere in Nuova Zelanda non è economico. Per un piccolo appartamento si spendono da 85.000 euro a salire. La procedura di acquisto di una casa dura all’incirca 6 settimane ed è semplice. Si redige un contratto preliminare che richiede il versamento, da parte dell’acquirente, del 10% del prezzo pattuito. Nel contratto viene fissata una data entro la quale chi compra deve versare la rimanente parte del denaro. Fatto questo la casa è nostra.
A questo punto non rimane che riempire la nostra valigia (essenziale) e prendere il primo volo per la Nuova Zelanda…E buona fortuna!

Per i viaggiatori che desiderano recarsi in Nuova Zelanda per turismo, è possibile richiedere il visto per la Nuova Zelanda (NZeTA) in modo semplice e veloce online.

 

Welfare in Nuova Zelanda

Welfare in Nuova Zelanda Da Wikipedia, l’enciclopedia libera La sezione principale di questo articolo potrebbe essere troppo breve per sintetizzarne adeguatamente i punti chiave. Considera l’idea di espandere il lead per fornire una panoramica accessibile di tutti gli aspetti importanti dell’articolo. (Luglio 2010) Stato sociale è stata a lungo una parte importante della società neozelandese e una questione politica significativa. Si occupa della fornitura da parte dello Stato di benefici e servizi. Insieme al welfare fiscale e al welfare occupazionale, costituisce la politica sociale della Nuova Zelanda. Il benessere sociale è finanziato principalmente attraverso la tassazione generale. Dagli anni ’80 il welfare è stato fornito sulla base del bisogno; l’eccezione è la pensione universale. Contenuti 1 Alloggi statali 2 Sicurezza sociale 2.1 Indennità di disoccupazione (sostegno per chi cerca lavoro) 2.1.1 Legge sulla disoccupazione del 1930 2.1.2 Legge sulla sicurezza sociale del 1938 2.1.3 Oggi 2.2 Beneficio per scopi domestici (sostegno del genitore unico) 2.3 Benefici per la salute (indennità per malattia e indennità per invalidi) 2.3.1 Legge sulla sicurezza sociale del 1938 2.3.2 Controversie 2.4 Prestazioni complementari 3 Pensioni 3.1 Superannuation 3.2 Pensioni di guerra 4 Benefici familiari e crediti d’imposta 4.1 Lavorare per le famiglie 5 Salario minimo 6 Storia dei cambiamenti 6.1 Riforme del governo liberale 6.2 Primo governo laburista 6.3 Cambiamento di approccio negli anni ’80 6.4 Riduzioni degli anni ’90 6.5 Supporto focalizzato sul lavoro nel 21 ° secolo 6.6 Tendenze storiche del benessere in Nuova Zelanda 7 Guarda anche 8 Riferimenti 9 link esterno Alloggi statali Articolo principale: alloggi statali Il governo fornisce alloggi statali a chi ne ha bisogno. Il numero di case di proprietà dello Stato è variato nel corso degli anni e tra i diversi governi. Attualmente il livello di affitto pagato nelle abitazioni statali è correlato al livello di reddito delle persone che vivono nella casa (affitti legati al reddito) in modo che quelli a basso reddito paghino al di sotto degli affitti di mercato. Quando il reddito di una famiglia è relativamente alto, gli affitti sono fissati al tasso di mercato. Oltre alla fornitura di alloggi statali, il governo fornisce anche un supplemento per l’alloggio. Questo è pagabile come contributo per l’affitto, il vitto o il mutuo per le persone qualificate. Il Supplemento per l’Alloggio non viene corrisposto a coloro che pagano affitti legati al reddito in una casa di stato. In alcuni casi una persona può anche beneficiare di uno sconto sulle tariffe per sostenere il costo delle tariffe del governo locale. Sicurezza sociale Le prestazioni di sicurezza sociale sono gestite da Work and Income. A partire da luglio 2013, includono: Assegno di invalidità infantile – per le persone che forniscono assistenza a tempo pieno a un bambino o un giovane (di età inferiore a 18 anni) con disabilità Supporto in cerca di lavoro – per i disoccupati di età pari o superiore a 18 anni in cerca di occupazione. Precedentemente Sussidio di disoccupazione. Superannuation della Nuova Zelanda – per persone di età pari o superiore a 65 anni. Beneficio dell’orfano – per le persone che allevano figli che non possono vivere con i genitori perché sono deceduti, inabili o non possono essere localizzati. Supporto genitore unico – per i genitori single di età pari o superiore a 19 anni, che si prendono cura di bambini di età inferiore ai 14 anni. Precedentemente Beneficio per scopi domestici – Genitore unico. Pagamento di sussidi sostenuti – per le persone che non possono lavorare a causa della disabilità e per le persone che forniscono assistenza a tempo pieno a persone con disabilità dai 18 anni in su. Vantaggio precedentemente non valido e Beneficio per scopi domestici – Assistenza ai malati o agli infermi. Beneficio del bambino non supportato – per le persone che allevano figli che non possono vivere con i genitori a causa di una rottura familiare. Pensione per veterani – per le persone che hanno prestato servizio nelle forze di difesa della Nuova Zelanda durante una guerra o un’emergenza e hanno una disabilità legata alla guerra. Pagamento dei giovani genitori – per i giovani di età compresa tra 16 e 18 anni e che si prendono cura di bambini di età inferiore a 14 anni, che non possono vivere con i genitori e non sono supportati da loro. Pagamento dei giovani – per i giovani di età compresa tra 16 e 17 anni che non possono vivere con i genitori e non sono supportati da loro. Indennità di disoccupazione (sostegno per chi cerca lavoro) Legge sulla disoccupazione del 1930 Nel 1930, mentre il primo ministro George Forbes era a Londra per l’Imperial Conference del 1930, il governo degli Stati Uniti approvò la legge sulla disoccupazione, promettendo sussidi a coloro che si registravano come disoccupati. Al suo ritorno in Nuova Zelanda nel gennaio 1931, Forbes annunciò che non sarebbero stati effettuati pagamenti senza lavoro, il che significa che coloro che erano registrati avrebbero dovuto partecipare a programmi governativi di “lavoro” come la costruzione di strade e il lavoro nelle fattorie o in progetti forestali. Quando il registro è stato aperto a febbraio, 23.000 persone hanno scritto i loro nomi; a giugno il numero dei disoccupati registrati era salito a 51.000 con l’aggravarsi della Grande Depressione. Il registro non includeva donne, maori o ragazzi sotto i 16 anni. Nel 1933 (quando il numero di disoccupati aveva raggiunto 80.000), il parlamentare Gordon Coates introdusse la legge sulle piccole fattorie (sollievo dalla disoccupazione) per aiutare a trasformare i lavoratori disoccupati in piccoli agricoltori . Legge sulla sicurezza sociale del 1938 Dopo aver vinto le elezioni del 1935, il neoeletto governo laburista emise immediatamente un bonus natalizio ai disoccupati. Tuttavia, una regolare indennità di disoccupazione non è stata introdotta fino all’approvazione della legge sulla sicurezza sociale nel 1938; tale indennità era “pagabile a una persona di età pari o superiore a 16 anni che si trova in Nuova Zelanda da almeno 12 mesi ed è disoccupata, è in grado e disposta a svolgere un lavoro adeguato e ha adottato misure ragionevoli per garantire un impiego”. Oggi I criteri per ricevere un’indennità di disoccupazione rimangono simili alla legislazione originale del 1938. Al 1 ° dicembre 2011, una persona potrebbe ottenere l’indennità di disoccupazione se fosse: non nel lavoro a tempo pieno disponibile e in cerca di lavoro a tempo pieno maggiore di 18 anni (o 16-17 se sono sposati o in un’unione civile o in una relazione di fatto e hanno uno o più figli che mantengono) essere un cittadino della Nuova Zelanda o un residente permanente aver vissuto in Nuova Zelanda per almeno 2 anni in qualsiasi momento da quando sei diventato un cittadino o residente neozelandese (a meno che tu non sia un rifugiato) normalmente vive in Nuova Zelanda e intende restarci. Potrebbero ancora qualificarsi se fossero un tirocinante a tempo pieno in un corso correlato al lavoro approvato (di solito meno di 12 settimane) e in cerca di lavoro. Il tasso lordo dell’indennità di disoccupazione al 1 ° aprile 2011 variava tra $ 150,01 e $ 375,04 a settimana a seconda dell’età e della situazione di vita del richiedente. Da settembre 2007 sono state apportate numerose modifiche all’erogazione di indennità di disoccupazione, le modifiche si concentrano principalmente sui giovani con l’obiettivo di coinvolgere tutti i giovani di età compresa tra i 15 ei 19 anni nel mondo del lavoro, della formazione o dell’istruzione. Le persone che chiedono l’indennità di disoccupazione saranno tenute a intraprendere attività lavorative o legate alla formazione nel periodo tra il loro primo contatto con Lavoro e reddito e l’inizio della loro indennità. Saranno inoltre tenuti a cercare e ad accettare qualsiasi offerta di lavoro adeguato durante quel periodo. Nuove misure simili si applicheranno anche alle persone con indennità per malattia, indennità per invalidi e indennità per scopi domestici. I beneficiari potrebbero vedere i loro benefici ridotti fino al 50% se non si conformano. Queste nuove misure sono state criticate dal DPA (ex Assemblea delle persone disabili), ha detto un portavoce al New Zealand Herald “Le persone con disabilità dicono da anni al Social Welfare che noi vogliamo lavorare, ma vogliamo il tipo di lavoro appropriato”. Nel luglio 2013, l’indennità di disoccupazione è stata ribattezzata “Sostegno per chi cerca lavoro”, e ha anche incorporato quelle sull’indennità di malattia e sull’indennità per scopi domestici – Donne sole e quelle sull’indennità per scopi domestici – Beneficio per genitore unico e vedova dove il loro figlio più giovane ha 14 anni e oltre. Beneficio per scopi domestici (sostegno del genitore unico) Articolo principale: benefici per scopi domestici Il Domestic Purpose Benefit (DPB) è stato introdotto nel 1974 in seguito al Report della Royal Commission of Inquiry in Social Security. Fornisce sostegno finanziario statale principalmente ai genitori single, indipendentemente dal fatto che l’altro genitore contribuisca agli assegni alimentari (una caratteristica della legislazione precedente) e indipendentemente dalla colpa. Sebbene sia previsto un Widow’s Benefit per le donne con figli il cui partner è morto, questo non è disponibile per gli uomini. Fino a luglio 2013, ci sono tre forme di benefici per scopi domestici: DPB – Genitore Unico DPB – Prendersi cura dei malati o degli infermi DPB – Donna sola Il tasso di pagamento di un DPB è maggiore del tasso pagato per l’indennità di disoccupazione e l’indennità di malattia. Il tasso di pagamento per il DPB: Care for the Sick or Infirm è lo stesso che per l’Invalid’s Benefit. Le persone che ricevono DPB – Genitore Unico sono incoraggiate a nominare l’altro partner ea richiedere i pagamenti per il mantenimento dei figli. È prevista una sanzione finanziaria per i genitori unici (sezione 70A del Social Security Act 1964) che non chiedono il mantenimento dei figli senza un motivo sufficiente. Qualsiasi pagamento per il mantenimento dei figli viene generalmente utilizzato per compensare il costo statale del pagamento DPB, con l’eventuale eccedenza che va all’unico genitore. A fine dicembre 2012, 109.118 persone stavano ricevendo DPB – Genitore Unico, di cui circa il 12% erano maschi. Nel luglio 2013, il DPB Women Alone e il DPB Care for the Sick or Infirm sono stati rimossi, e coloro che li usufruivano sono passati rispettivamente all’indennità di disoccupazione (Jobseeker Support) e al nuovo Supported Living Payment. Contestualmente la Capogruppo DPB è stata ribattezzata “Supporto Genitore Unico”. Benefici per la salute (indennità per malattia e indennità per invalidi) Advertisement Legge sulla sicurezza sociale del 1938 Con la legislazione del 1938 furono introdotti due tipi di benefici per la salute, l’indennità di invalidità e l’indennità di malattia. L’Invalid’s Benefit è corrisposto a coloro che sono inabili permanentemente o totalmente ciechi (esclusi coloro che già beneficiano di un sussidio di età). Un richiedente deve avere almeno 16 anni di età e avere una qualifica residente. Il richiedente era qualificato come residente quando la sua incapacità si è verificata in Nuova Zelanda o era residente in Nuova Zelanda il 4 settembre 1936 e aveva vissuto in Nuova Zelanda per almeno 10 anni immediatamente prima di richiedere il beneficio. Nel 2007 il requisito di residenza è stato fissato a due anni. L’indennità di malattia è dovuta a coloro che sono temporaneamente inabili al lavoro per malattia o infortunio, esclusi i primi sette giorni di inabilità. Per qualificarsi, un richiedente deve aver subito una perdita di stipendio, stipendio o altri guadagni e aver risieduto in Nuova Zelanda per almeno 12 mesi. Il tasso di beneficio al momento in cui è stato introdotto non poteva superare la perdita di guadagno per incapacità. Il tasso ora è attualmente lo stesso dell’indennità di disoccupazione. Come per altri benefici introdotti nel 1938, il richiedente doveva avere più di 16 anni. Controversie Negli ultimi anni il governo è stato accusato di aver esagerato il calo della disoccupazione trasferendo le persone a Sickness Benefits, il commentatore del welfare Lindsay Mitchell ha scritto in un comunicato stampa dell’ottobre 2006 “C’è un flusso costante tra i benefici. Tenendo conto del guadagno netto dalla disoccupazione l’indennità per malattia nei cinque anni fino all’aprile 2005 è stata di 20.870. Nello stesso periodo il guadagno netto dall’indennità di malattia a invalido è stato di 26.302, tenendo presente che lo stesso beneficiario può essere stato trasferito più di una volta “. Ruth Dyson, ministro per lo sviluppo sociale e l’occupazione, ha riferito: “… il motivo principale per cui le persone lasciano l’indennità di disoccupazione è entrare in un lavoro retribuito. Negli ultimi 8 anni, l’8,8% di tutte le cancellazioni dell’indennità di disoccupazione è stato il risultato di un trasferimento all’indennità di malattia, e meno di un terzo dell’1% di tutte le cancellazioni dell’indennità di disoccupazione sono state il risultato di un trasferimento all’indennità di invalidità. Queste cifre dovrebbero finalmente mettere a tacere l’accusa secondo cui il portavoce dell’opposizione per il benessere sociale afferma costantemente che questi le cifre eccezionali per la riduzione di quelle sull’indennità di disoccupazione sono il risultato di un trasferimento a un’altra prestazione. Non è vero, sono il risultato di persone che si trasferiscono in un lavoro retribuito “. Il 26 ottobre 2006 il governo ha annunciato una serie di modifiche al sistema di welfare. L’allora ministro per lo sviluppo sociale e l’occupazione David Benson-Pope ha successivamente affermato che, una volta attuate, le riforme sposteranno tra 3.000 e 6.000 persone dall’indennità di malattia. Prestazioni complementari Oltre ai benefici principali come l’indennità di disoccupazione, la pensione pensionistica, l’indennità di malattia e l’indennità di invalidità, una persona può avere diritto ad altra assistenza a seconda delle circostanze. Esempi di altri tipi di assistenza disponibili al 1 ° dicembre 2011 sono: Supplemento alloggio – un pagamento settimanale per assistere le persone con il costo dell’affitto, del vitto o del possesso di una casa. Sussidio per l’assistenza all’infanzia: un pagamento che aiuta le famiglie a sostenere i costi dell’assistenza all’infanzia in età prescolare. Indennità di invalidità – un pagamento settimanale per assistere le persone che hanno costi correnti regolari a causa di una disabilità. Aiuto domestico – un pagamento per assistere i neo genitori di multipli con il costo dell’aiuto domestico. Un elenco completo dei vantaggi è disponibile sul sito Web di lavoro e reddito. Pensioni Superannuation Nel 1898 il governo della Nuova Zelanda ha introdotto una pensione di vecchiaia a prova di reddito per i 65 anni e più. Ciò ha stabilito alcune caratteristiche chiave delle pensioni pubbliche in Nuova Zelanda, come l’uso della spesa pubblica piuttosto che dei contributi individuali e un approccio “pay as you go” piuttosto che un approccio attuariale al finanziamento. La legge sulla sicurezza sociale del 1938 abbassò l’età per la pensione basata sul reddito a 60 anni e introdusse una pensione universale (non basata sui mezzi) dall’età di 65 anni. La pensione universale soddisfaceva una forte domanda di pagamenti universali, mentre l’età abbassata per i pensione a prova di reddito fornita a lavoratori del calibro di lavoratori manuali che erano esausti e ancora poveri all’età di 60 anni. Il terzo governo laburista ha introdotto un regime pensionistico obbligatorio nel 1975, secondo il quale dipendenti e datori di lavoro contribuivano ciascuno per almeno il 4% del reddito lordo. Il terzo governo nazionale di Rob Muldoon ha abolito il regime del lavoro l’anno successivo e nel 1977 ha istituito uno schema universale (non testato sui mezzi) chiamato Superannuation nazionale che ha pagato l’80% del salario medio alle persone sposate di età superiore ai 60 anni. La pensione nazionale è stata ribattezzata Superannuation della Nuova Zelanda nel 1993. L’età di ammissibilità è diventata 61 nel 1992, poi è gradualmente aumentata a 65 tra il 1993 e il 2001. Coloro che ricevono la pensione nazionale possono ricevere alcuni beni e servizi agevolati attraverso l’uso della SuperGold Card. È stato progettato un regime di risparmio pensionistico obbligatorio[da chi?] come risultato dell’accordo di coalizione tra il Partito Nazionale e il Primo Partito della Nuova Zelanda dopo le elezioni generali del 1996. Lo schema proposto, quando sottoposto a referendum nel 1997, ottenne solo l’8% di sostegno, con il 92% dei voti che lo respinsero. Il passaggio a un sistema parzialmente prefinanziato o “pay-as-you-go” è arrivato con l’istituzione del New Zealand Superannuation Fund sotto l’egida del ministro delle finanze del lavoro Michael Cullen nel 2001. Nel luglio 2007 il quinto governo laburista ha introdotto KiwiSaver come programma di risparmio pensionistico volontario in aggiunta al Superannuation neozelandese. I dipendenti scelgono di contribuire con il 3%, 4% o 8% dei loro guadagni lordi, con i datori di lavoro che contribuiscono con il 3% e il governo che contribuisce con un “kick-start” di $ 1000 quando un dipendente si unisce a KiwiSaver e 50 centesimi per dollaro sui primi $ 1043 contribuiti dal dipendente ogni anno. I risparmi sono gestiti privatamente in uno schema a scelta della persona (se non sceglie uno schema, il governo gli assegna uno), con il ruolo del governo limitato alla regolamentazione e alla raccolta e trasferimento dei contributi tramite il sistema fiscale PAYE . Un ulteriore incentivo per i giovani è la possibilità di effettuare un prelievo una tantum dal loro fondo KiwiSaver per aiutare ad acquistare la loro prima casa. Mentre KiwiSaver rimane completamente volontario, 2,15 milioni di neozelandesi hanno contribuito attivamente ai programmi KiwiSaver a giugno 2013, pari al 56% della popolazione del paese sotto i 65 anni. Dal 1 ° dicembre 2011, le persone possono ricevere la Superannuation della Nuova Zelanda se sono: di età pari o superiore a 65 anni un cittadino neozelandese o residente permanente un residente della Nuova Zelanda al momento della domanda Devono anche aver vissuto in Nuova Zelanda per almeno 10 anni da quando hanno compiuto 20 anni e cinque di quegli anni da quando hanno compiuto 50. Il tempo trascorso all’estero in alcuni paesi e per alcuni motivi può essere conteggiato per la Superannuation neozelandese. Il governo tassa la Superannuation della Nuova Zelanda a un’aliquota che dipende dagli altri redditi dei beneficiari. L’importo della pensione pagata dipende dalla situazione familiare della persona. Per una coppia sposata l’importo netto dell’imposta è fissato dalla legislazione non inferiore al 65% del salario medio netto, sebbene il quinto governo laburista abbia aumentato i pagamenti per garantire che non sia inferiore al 66% del salario medio netto. Le tariffe del governo locale sono pagabili anche per i superannuitants che vivono da soli e per i single in alloggi condivisi. La Nuova Zelanda è uno dei soli quattro paesi che hanno una pensione universale forfettaria, gli altri sono Canada, Danimarca e Russia. Un quarto della spesa operativa principale dello stato in Nuova Zelanda va in pensione. Pensioni di guerra Le persone che hanno prestato servizio in qualsiasi guerra o altra emergenza in cui le forze della Nuova Zelanda hanno prestato servizio e hanno una disabilità, potrebbero essere in grado di ottenere una pensione per veterani invece della pensione. La pensione per veterani viene pagata alla stessa tariffa della pensione di vecchiaia neozelandese ma, a differenza della pensione di vecchiaia, i pagamenti non vengono ridotti qualora un veterano necessiti di cure ospedaliere a lungo termine. I veterani disabili possono anche essere in grado di ottenere una pensione di invalidità di guerra. I partner superstiti di veterani possono essere in grado di ottenere una pensione per coniugi superstiti. Veteran’s Affairs New Zealand amministra questi e altri diritti per i veterani e le loro famiglie coperti dal War Pensions Act 1954. Benefici familiari e crediti d’imposta La pensione della vedova del 1911 offriva in una certa misura alle famiglie senza altri mezzi di sostentamento, ma era soggetta a verifica dei mezzi. Nel 1926 fu introdotto un assegno familiare, pagabile in due scellini a settimana per ogni figlio di età superiore ai due anni, ma ancora soggetto a verifica del reddito. Il Social Security Act del 1938 ha esteso e modificato i regimi pensionistici esistenti e ha aggiunto una tassa di sicurezza sociale per pagarli. Una donna con due figli riceveva l’equivalente di almeno una giornata intera di retribuzione per un operaio poiché i sussidi, a differenza del salario, non erano tassati. La maggior parte delle donne riceveva di più poiché il numero medio di bambini nati da madri negli anni ’50 era di 3,4. — Ann Beaglehole, Benefiting Women: Income Support for Women, 1893–1993, pag.10 Il 1 ° aprile 1946, l’indennità familiare è stata aumentata a 10 scellini a settimana e la prova del mezzo è stata abbandonata. La tassa di sicurezza sociale è stata aumentata, ma ciò è stato compensato dall’abbassamento della tassa di sicurezza nazionale (di guerra). Questo maggiore assegno familiare era dovuto a tutti i bambini fino all’età di sedici anni o fino alla fine dell’anno in cui il figlio aveva compiuto diciotto anni se era a tempo pieno o non era in grado di guadagnarsi da vivere a causa di incapacità. Poiché il sussidio veniva normalmente pagato alla madre, molte donne ottennero la loro prima fonte di reddito familiare indipendente. L’indennità familiare fu aumentata a 15 scellini a settimana per figlio nel 1958-1959 e poteva essere capitalizzata fino a un massimo di £ 1000 quando si acquistava, si modificava o si ripagava una casa dal 1959 al 1960. Il pagamento universale del Family Benefit fu abolito per indirizzare le famiglie più bisognose e furono aumentati i limiti di capitalizzazione del Family Benefit per i richiedenti la prima casa (1985). Una nuova indennità di sostegno familiare (introdotta come indennità di assistenza familiare nel 1984) ha aumentato i redditi di alcune famiglie povere. Nel 1986 è stato introdotto l’assegno familiare minimo garantito. Questo fissa un reddito minimo al di sopra del salario minimo legale per le persone con figli a carico che lavorano a tempo pieno. Conosciuto come reddito familiare minimo garantito, garantiva alle famiglie lavoratrici circa l’80% del salario medio al netto delle imposte, sebbene il suo impatto sui tassi di partecipazione fosse limitato dall’aumento della disoccupazione e dalle elevate aliquote fiscali marginali effettive. Gli assegni familiari sono stati aboliti il 1 ° aprile 1991. In effetti, sono stati in parte sostituiti da assegni più mirati per le famiglie a basso reddito. Lavorare per le famiglie Advertisement Articolo principale: lavorare per le famiglie Nel 2004 il governo di coalizione guidato dai laburisti ha introdotto il pacchetto Lavoro per le famiglie come parte del bilancio 2004. È stato progressivamente implementato tra l’ottobre 2004 e l’aprile 2007. Il pacchetto, entrato in vigore il 1 ° aprile 2005, ha tre obiettivi primari: rendere il lavoro redditizio; garantire l’adeguatezza del reddito; e per supportare le persone nel lavoro. Ha sostituito il sistema noto come Family Support nonché le componenti figlio delle principali prestazioni di assistenza sociale. Il reddito familiare minimo garantito è stato ribattezzato Credito d’imposta familiare minimo e il livello di sostegno è stato modificato per incoraggiare le famiglie che lavorano a lasciare il sistema previdenziale. Il pacchetto Working for Families include diversi componenti: Lavorare per famiglie Crediti fiscali aumenti nell’assistenza per l’infanzia aumenti nei pagamenti del supplemento alloggio modifiche ad alcune regole sui vantaggi Poiché parti del pacchetto utilizzano crediti d’imposta, viene fornito anche dall’Agenzia delle entrate. Si pensa che il pacchetto copra circa il 75% di tutte le famiglie con figli a carico. Salario minimo Il salario minimo si presenta in due forme: il salario standard per tutti i lavoratori (considerati adulti) di età superiore ai 18 anni e il salario dei nuovi entranti per i giovani di 16 e 17 anni. Le aliquote salariali minime vengono riviste ogni anno e sono importi lordi al lordo delle imposte. Dal 1 ° aprile 2020, il tasso salariale minimo per adulti applicabile ai dipendenti di età pari o superiore a 16 anni è stato di $ 18,90 l’ora e sarà aumentato a $ 20 dal 1 ° aprile 2021.[necessita di aggiornamento] La tariffa minima per i nuovi iscritti è di $ 15,12 l’ora, e questo vale per i ragazzi di 16 e 17 anni per i primi sei mesi di occupazione, dopodiché diventano idonei per il salario minimo per adulti. Questa sezione ha bisogno di espansione. Puoi aiutare da aggiungendo ad esso. (Aprile 2011) Storia dei cambiamenti Riforme del governo liberale Tra le prime forme di assistenza sociale in Nuova Zelanda c’era la pensione di vecchiaia, introdotta dal governo liberale nel 1898.Lo schema è stato introdotto per evitare quelli che il parlamentare William Pember Reeves ha descritto come i “peggiori mali e miserie sociali” riferendosi alle case di lavoro britanniche dove gli anziani vivevano in circostanze istituzionali spartane. Il regime pensionistico non era contributivo ed era disponibile solo per i “poveri meritevoli”; uomini e donne che erano diventati indigenti non per colpa loro. La responsabilità principale della protezione delle persone dai rischi di malattia e disoccupazione spettava agli individui stessi, alle loro famiglie e a varie organizzazioni di beneficenza. Un decennio dopo fu introdotta una pensione vedove per le donne con figli che avevano perso il marito. I liberali approvarono anche il Workers Dwellings Act nel 1905, consentendo al governo di acquistare terreni, costruire case e affittarli ai lavoratori e alle loro famiglie. Lo schema su piccola scala derivante da questa legislazione può essere visto come un precursore delle abitazioni statali molto più grandi introdotte dal primo governo laburista negli anni ’30. Primo governo laburista Le elezioni del 1935 furono vinte dal primo governo laburista. Con l’approvazione della legge sulla sicurezza sociale nel 1938 fu introdotta una regolare indennità di disoccupazione. In base alla legge, il governo introdusse una serie di prestazioni di assistenza sociale, per lo più provate, che erano più generose e coprivano più persone di prima. Lo stato sociale che hanno creato era uno stato sociale per salariati maschili. Accanto alle politiche per creare la piena occupazione c’erano politiche per stabilire salari equi sufficienti a un uomo per provvedere a una famiglia. Cambiamento di approccio negli anni ’80 Nel 1984 la cultura politica è cambiata, con il benessere sociale mirato secondo le necessità, non distribuito universalmente secondo la cittadinanza. Il quarto governo laburista non ha cambiato apertamente il principale sistema di welfare, tuttavia, la spesa reale per beneficiario è diminuita. Alcuni benefici sono stati rimossi, come l’indennità di disoccupazione per i minori di 18 anni, e il finanziamento per gli alloggi statali è stato ridotto. Questi cambiamenti erano in qualche modo ad hoc in natura. Riduzioni degli anni ’90 Articolo principale: rutanasia All’inizio degli anni ’90 il quarto governo nazionale ha avviato un programma di libero mercato volto a ridurre la spesa pubblica e la “dipendenza dallo Stato”. Le prestazioni sociali sono state drasticamente ridotte nel dicembre 1990 e sono state introdotte tariffe “chi usa paga” per molti servizi pubblici precedentemente gratuiti. Di conseguenza, queste politiche erano ampiamente conosciute come “Rutanasia” dal nome del ministro delle finanze Ruth Richardson, sebbene il portafoglio del welfare fosse gestito dal ministro del welfare Jenny Shipley che ha supervisionato importanti tagli al suo portafoglio e ha abolito l’Universal Family Benefit. Un tentativo nel 1994 di porre fine al Beneficio Speciale è stato osteggiato dal Partito Laburista (che apparentemente lo ha abolito nel 2004) e dalle organizzazioni comunitarie. L’impatto di questi cambiamenti è stato particolarmente pronunciato poiché il tasso di disoccupazione era elevato a causa del crollo del mercato azionario del 1987 e dei programmi di riduzione dei costi del precedente quarto governo laburista, che avevano ridotto il personale di molti servizi statali. I tagli sono stati, tuttavia, solo parzialmente annullati dal quinto governo laburista, ma l’inflazione ha fatto sì che in termini reali i benefici siano ancora inferiori prima dell’aprile 1991. A questo punto il governo era passato da una politica di piena occupazione e benessere universale a un sistema più mirato. Il programma di riforme aveva una preferenza a favore delle famiglie, in particolare delle famiglie lavoratrici, ed era inteso a rendere più attraente per i beneficiari il trasferimento nel mondo del lavoro. Supporto focalizzato sul lavoro nel 21 ° secolo Annunciata nell’ottobre 2006, la riforma Working New Zealand include modifiche alla fornitura di servizi di lavoro e reddito e modifiche al Social Security Act 1964. La legislazione di modifica è stata approvata dal Parlamento della Nuova Zelanda nel giugno 2007, inclusa l’introduzione di una sezione “Scopo e principi” . Il governo afferma che i cambiamenti introdurranno un sostegno intensivo all’occupazione per ogni neozelandese che riceve un sussidio ed è in grado di lavorare. Lavorare in Nuova Zelanda ha coinvolto: estendere l’assistenza per l’occupazione a giovani indipendenti, clienti domestici, malati e invalidi stabilire aspettative di lavoro più forti per i clienti in alcune circostanze fornendo iniziative di occupazione mirate per ridurre l’elevato tasso di indennità di disoccupazione Maori offrendo un servizio di ricerca di lavoro per tutti i clienti pronti per il lavoro continuare ad allineare regole e criteri dei diversi vantaggi. Da settembre 2007 sono state apportate una serie di modifiche all’erogazione di prestazioni sociali, le modifiche si concentrano principalmente sui giovani con l’obiettivo di coinvolgere tutti i giovani dai 15 ai 19 anni nel mondo del lavoro, della formazione o dell’istruzione. Le persone che richiedono l’indennità di disoccupazione saranno tenute a intraprendere attività lavorative o legate alla formazione nel periodo tra il loro primo contatto con il lavoro e il reddito e l’inizio della loro indennità. Saranno inoltre tenuti a cercare e ad accettare qualsiasi offerta di lavoro adeguato durante quel periodo. Nuove misure simili si applicheranno anche alle persone con indennità per malattia e invalidità e all’indennità per fini domestici. I beneficiari potrebbero vedere i loro benefici ridotti fino al 50% se non si conformano. Critiche Nel 2004 lo Special Benefit è stato abolito e sostituito con una nuova assistenza temporanea di sostegno, questo ha attirato le critiche del Child Poverty Action Group. Nuove misure correlate sono state criticate anche dal DPA (ex Assemblea delle persone disabili), ha detto un portavoce al New Zealand Herald “Le persone con disabilità dicono da anni al Social Welfare che noi vogliamo lavorare, ma vogliamo il tipo di lavoro appropriato”. Susan St John e Louise Humpage hanno anche commentato che i cambiamenti “cancellano ogni nozione secondo cui il nostro sistema di sicurezza sociale mira a garantire che tutti possano partecipare come cittadini. Invece, rende le persone in un lavoro, in qualsiasi lavoro, il dovere fondamentale della cittadinanza. ” Erano previsti ulteriori cambiamenti, inclusa un’ulteriore semplificazione delle prestazioni sociali nel 2008. Tuttavia, ciò non si è verificato prima delle elezioni generali del novembre 2008. Dopo le elezioni, il neoeletto governo nazionale ha proposto e attuato riforme alternative sotto il titolo “Future Focus” e ha istituito un Welfare Working Group per riferire su ulteriori riforme. Tendenze storiche del benessere in Nuova Zelanda Il livello di beneficio per una coppia sposata in relazione ai guadagni in Nuova Zelanda (1961-1978): L’anno è terminato Vantaggio effettivo Percentuale del livello di beneficio del reddito medio al netto delle imposte Beneficio del valore reale (prezzi $ 1978) Marzo 1961 17.00 61.8% 57.40 Marzo 1962 17.00 59.9% 56.32 Marzo 1963 17.31 58.8% 56.07 Marzo 1964 17.81 58.0% 56.44 Marzo 1965 18.68 57.4% 54.90 Marzo 1966 19.20 56.4% 56.79 Marzo 1967 20.85 58.9% 56.76 Marzo 1968 21.50 58.8% 58.04 Marzo 1969 22.30 58.0% 57.61 Marzo 1970 23.83 57.8% 58.88 Marzo 1971 26.13 56.6% 59.78 Marzo 1972 28.67 54.2% 59.70 Marzo 1973 34.00 58.3% 66.59 Marzo 1974 38.62 58.6% 69.14 Marzo 1975 44.36 59.6% 71.06 Marzo 1976 51.26 61.2% 70.97 Marzo 1977 59.44 63.8% 70.94 Marzo 1978 68.26 66.9% 71.07 Nota 1 di Brian Easton: i guadagni medi sono uguali ai guadagni rilevati del dipartimento del lavoro (inclusi gli straordinari), con detrazione delle tasse medie sui dipendenti. Questa è una combinazione delle tariffe maschili e femminili. Nota 2 di Brian Easton: dal dicembre 1973 potrebbero esserci supplementi aggiuntivi tra cui il bonus natalizio (fino a dicembre 1977), il vantaggio aggiuntivo (dal 1975) e le concessioni su alcune materie prime. Guarda anche Indennità di disoccupazione Discriminazione strutturale in Nuova Zelanda Riferimenti link esterno Lavoro e reddito Ministero dello sviluppo sociale Commissione di pensionamento Cronologia dei vari sviluppi nella sicurezza sociale in Nuova Zelanda dal 1844 al 2013 – https://it.wikipaltz.com/318836-welfare-in-new-zealand-UQFLRC

Valore PA: pubblicato l’avviso per i corsi di formazione 2022

Valore PA: pubblicato l’avviso per i corsi di formazione 2022

È stato pubblicato l’avviso Valore PA per la ricerca e selezione di corsi di formazione universitari 2022, rivolti al personale dipendente delle pubbliche amministrazioni iscritto alla Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali.

Le amministrazioni possono aderire al progetto Valore PA ed esprimere i fabbisogni formativi fino al 24 giugno 2022, tramite il servizio online.

Si avvertono le amministrazioni interessate che l’avvio delle adesioni è stato posticipato dal 7 al 10 giugno 2022, come indicato nella sezione “Integrazioni” della pagina dell’avviso. La data di avvio indicata nell’avviso non va quindi considerata.

Chi dovrà aspettare (almeno) 67 anni per andare in pensione: leggi se sei tagliato fuori dalla riforma 2023

Chi dovrà aspettare (almeno) 67 anni per andare in pensione: leggi se sei tagliato fuori dalla riforma 2023

La riforma pensioni, se si farà, non sarà generosa come quota 100. Più alta l’età anagrafica per uscire e penalizzazione dell’importo i cardini della nuova proposta.

pensioni

La strada per la riforma pensioni pare sempre più in salita. Sindacati e partiti politici scalpitano volendone fare tema di campagna elettorale. Il governo, invece, frena su nuove operazioni a debito.

Il rischio è quello di arrivare a fine anno con tanti buoni propositi, ma con poco di fatto. Come accaduto nel 2021 quando la riforma pensioni tanto attesa si risolse con la semplice istituzione di quota 102. Il rischio è quindi il ritorno alla Fornero per tutti a 67 anni di età o con uscita a 41-42 anni e 10 mesi di contributi.

Uscita con Quota 102

Fino al 31 dicembre si può andare in pensione con quota 102 che prevede l’uscita a 64 anni con 38 di contributi. L’opzione ha sostituito quota 100, ma ha durata breve e non è escluso che il governo possa proporne la replica per il 2023.

Una soluzione che troverebbe facile accoglimento solo qualora non si affrontasse il tema della riforma pensioni, come qualcuno teme. Del resto il Def 2022 non contiene cenno a tale riforma e pare che sul tema si navighi ancora a vista in attesa di chissà quale evento.

Resta il fatto che a 64 anni si può andare in pensione con il sistema di liquidazione misto e che non vi è alcuna penalizzazione nell’assegno. Anche se sono poche migliaia i lavoratori che ne possono beneficiare.

La pensione anticipata a 64 anni

L’età per l’uscita anticipata sembra comunque essere 64 anni. L’ipotesi di riforma più accreditata in questo momento sarebbe l’uscita a questa età ma con il ricalcolo contributivo della rendita spettante. Opzione che non piace molto ai sindacati, ma che sarebbe finanziariamente sostenibile.

In realtà la pensione (anticipata) a 64 anni già esiste per i lavoratori contributivi puri, cioè quelli che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995, ma è vincolata a un limite.

Quello legato al minimo di pensione pari a 2,8 l’importo dell’assegno sociale. Cioè 1.310 euro al mese.Basterebbe quindi rimuovere questo paletto per ampliare la platea dei beneficiari, senza stravolgere l’impianto pensionistico esistente e mandare tutti in pensione a 64 anni. Questa seconda opzione, ovviamente, è penalizzante perché ridurrebbe l’importo della pensione mediamente del 10%.

 

Le amministrazioni uscenti e le elezioni comunali 2022 Mappe del potere

Le amministrazioni uscenti e le elezioni comunali 2022 Mappe del potere

Il 12 giugno si terrà il primo turno delle elezioni amministrative 2022. Quasi 9 milioni di italiani saranno chiamati al voto per eleggere il sindaco e il consiglio comunale. Al voto andranno anche vari capoluoghi tra cui 2 dei 6 alla cui guida si trova una donna.

 

Il 12 giugno in diversi comuni italiani si terrà il primo turno elettorale per il rinnovo del consiglio e della giunta comunale. Dopo 2 settimane, nei comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti, in cui nessun candidato avrà ottenuto la maggioranza assoluta, si terrà un secondo turno in cui si confronteranno i due candidati che hanno ricevuto più voti.

I comuni al voto

Anche se altre tornate amministrative hanno coinvolto un maggior numero di territori, non sono pochi i comuni che tra pochi giorni saranno chiamati al voto. Tra questi per altro non mancano alcuni grandi centri. Inoltre le elezioni amministrative sono sempre un’occasione importante per i partiti per misurare nelle urne il proprio consenso elettorale.

978 i comuni al voto il 12 giugno.

Si tratta di poco più del 12% dei comuni italiani tra i quali si trovano grandi città, capoluoghi di provincia o di regione, ma anche moltissimi piccoli comuni. Oltre il 78% dei comuni al voto infatti ha una popolazione inferiore ai 10mila abitanti.

Il quadro cambia tuttavia se invece che il numero di comuni si guarda al numero di elettori. In questo caso infatti i residenti dei comuni con popolazione inferiore ai 10mila abitanti rappresentano il 26,5% dei quasi 9 milioni di elettori che saranno chiamati alle urne.

8,89 milioni gli elettori che saranno chiamati al voto il 12 giugno per il rinnovo della giunta e del consiglio comunale.

Il 35% del corpo elettorale invece esprimerà la propria preferenza in città di medio grandi dimensioni (più di 50mila abitanti). Ma l’importanza di un comune non risiede solo nel numero dei suoi abitanti ma anche nelle funzioni amministrative che svolge. Tra i comuni al voto infatti 26 sono capoluoghi di provincia e tra questi si trovano 3 città metropolitane (Palermo, Messina e Genova) e 4 capoluoghi di regione (Catanzaro, Palermo, Genova e L’Aquila).

Quanto alle regioni, quelle maggiormente interessate al voto risultano essere la Sicilia con 1,5 milioni di elettori, la Lombardia con un milione di elettori e il Veneto con 996mila elettori.

Ma non tutti i comuni andranno al voto per la scadenza naturale del mandato. In alcuni casi infatti le elezioni possono essere indette per ragioni diverse, di solito a seguito di commissariamenti dovuti magari alle dimissioni del sindaco o a un voto di sfiducia.

68 i comuni al voto per ragioni diverse dalla scadenza naturale del mandato.

La situazione nei comuni capoluogo

Dei 26 capoluoghi di provincia al voto sono 4 quelli commissariati: Barletta e Taranto in seguito a un voto di sfiducia, mentre Messina e Viterbo a causa delle dimissioni del sindaco. A Messina peraltro il sindaco Cateno De Luca, dopo le dimissioni, ha annunciato la propria candidatura alla presidenza della regione.

I capoluoghi con amministrazioni ordinariamente in carica dunque sono 22. Di questi 16 sono amministrati dal centrodestra (Alessandria, Asti, Catanzaro, Como, Frosinone, Genova, Gorizia, L’Aquila, La Spezia, Lodi, Monza, Oristano, Piacenza, Pistoia, Rieti e Verona), 4 dal centrosinistra (Cuneo, Lucca, Padova e Palermo) e 2 da coalizioni civiche (Belluno e Parma).

I sindaci che si ripresentano per un secondo mandato

In vari casi i sindaci uscenti si ripresenteranno alle elezioni cercando una riconferma. Il testo unico sugli enti locali (articolo 51) tuttavia prevede i sindaci dei comuni sopra i 5mila abitanti possano svolgere solo 2 mandati consecutivi.

i sindaci di comuni capoluogo al secondo mandato che non potranno ripresentare la propria candidatura.

Per quanto riguarda il sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, si tratta in effetti del quarto mandato, mentre per quello di Palermo, Leoluca Orlando, del quinto. Un’eventualità possibile perché i mandati non si sono svolti consecutivamente.

Tra i 15 sindaci in carica che si apprestano a concludere il loro primo mandato comunque non tutti si ricandideranno, per scelta loro o della loro maggioranza. Tra questi il sindaco di Como, Mario Landriscina, quello di Oristano, Andrea Lutzu, e quello di Rieti, Antonio Cicchetti, tutti di centrodestra.

14 i sindaci di comuni capoluogo che ripresenteranno la propria candidatura, inclusi 2 sfiduciati dal proprio consiglio comunale.

Ai 12 sindaci in carica che hanno ripresentato la propria candidatura bisogna poi aggiungere l’ex sindaco di Barletta, Cosimo Damiano Cannito, e l’ex sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. Entrambi hanno cessato il proprio incarico negli scorsi mesi in seguito a un voto di sfiducia da parte del consiglio comunale, ma hanno deciso di ripresentarsi. Melucci si ricandiderà a Taranto sempre con una coalizione di centrosinistra, se pur composta in modo diverso. Cannito, che invece era stato eletto alle scorse elezioni con una coalizione civica, questa volta sarà sostenuto da liste di centrodestra.

Considerando che gli altri 3 sono al secondo mandato emerge che nessuno dei sindaci eletti con coalizioni civiche si presenterà con questa modalità.

Equilibrio di genere

Sul fronte della disparità di genere, come abbiamo avuto modo di rilevare in molte occasioni, sono poche le donne a ricoprire la carica di sindaco. Nel caso delle amministrazioni al voto le donne sono circa il 12% dei sindaci uscenti. Un dato leggermente inferiore alla media nazionale che abbiamo rilevato lo scorso anno (14,86%).

11,87% la quota di donne tra i sindaci uscenti nei comuni al voto il 12 giugno.
Tra i sindaci uscenti, nei comuni al voto con popolazione superiore ai 50mila abitanti, c’è solo una donna.

La quota più alta tra le città al voto si rileva in quelle con popolazione superiore ai 100mila abitanti, ed è pari al 14,3%. Al secondo posto i comuni con meno di 3mila abitanti, dove le donne sindache sono il 13,5%. Si tratta in entrambi i casi di valori piuttosto bassi che tuttavia presentano una differenza importante. Infatti mentre i comuni con meno di 3mila abitanti sono circa 400, quelli con più di 100mila sono appena 7. Tra questi dunque solo a Piacenza si trova una donna al vertice della giunta. Sempre considerando i comuni al voto inoltre non risulta alcuna sindaca uscente nei comuni tra 50 e 100mila abitanti.

Guardando invece ai capoluoghi di provincia sono 2 le sindache uscenti, entrambe di centro destra: Patrizia Barbieri, a Piacenza, e Sara Casanova a Lodi (città che non raggiunge i 50mila abitanti).

le donne che ricoprono la carica di sindaco tra le 22 amministrazioni uscenti di città capoluogo.

Anche in questo caso si tratta di un dato molto basso ma rilevante. Ad oggi infatti le donne sindache di capoluoghi di provincia sono solo 6.

Certo se questo dato varierà, in positivo o in negativo, non dipende solo dalla loro rielezione. A Piacenza ad esempio anche il centro sinistra ha sostenuto una candidatura femminile, Katia Tarasconi. Lo stesso ha fatto poi in altri 8 capoluoghi (Barletta, Como, Gorizia, L’Aquila, La Spezia, Cuneo, Pistoia e Viterbo).

Anche il Movimento 5 stelle ha sostenuto alcune candidature femminili. In vari casi in coalizione con il centro sinistra (come a L’Aquila, Gorizia, Pistoia, La Spezia e Viterbo). In modo autonomo invece a Barletta e Cuneo. Lo stesso vale per Fratelli d’Italia che a Catanzaro e Viterbo sostiene due candidate ma non in coalizione con Lega e Forza Italia.

Quanto al centrodestra inteso come coalizione unitaria invece, a parte le due sindache uscenti, non risultano altre candidature femminili nei capoluoghi di provincia.

Ovviamente poi candidature femminili si trovano anche in molte delle liste presentate da formazioni che non rientrano tra le principali forze politiche nazionali.

Foto: Comune di Catanzaro