Processo Open Arms: «I profughi erano stremati» dal manifesto

Processo Open Arms: «I profughi erano stremati»

IL CASO DELL’AGOSTO 2019. Nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo il racconto dei testimoni davanti all’imputato Salvini, che commenta: «Ho già vinto»
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Matteo Salvini davanti al carcere dell’Ucciardone di Palermo per il processo Open Arms – Ansa
 

Terrorizzati, in condizioni disastrose. E il mare era grosso, non si poteva raggiungere la Spagna in quelle condizioni. Anche quando Malta diede la disponibilità a fare sbarcare solo una parte di loro, la tensione che c’era a bordo avrebbe potuto degenerare. Pur non sapendo nuotare, alcuni minacciavano di gettarsi in mare perché all’idea di essere riportati indietro, magari in Libia dove avevano subito torture di ogni genere, preferivano la morte. A descrivere le condizioni disperate a bordo della Open Arms sono stati i testimoni ascoltati ieri all’udienza del processo a carico di Matteo Salvini, imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Una udienza lunghissima, interrotta da alcune pause, durante le quali l’imputato, parlando con i cronisti fuori dall’aula bunker del carcere Ucciardone, ne ha approfittato per sparare a zero contro il premier Draghi, accusandolo di negare un aumento delle tasse a parole perché in realtà «la delega fiscale le farà aumentare e per questo noi non la voteremo»; parole che hanno acceso lo scontro con Enrico Letta che le ha definite «balle».

SALVINI HA SEGUITO il dibattimento in aula assumendo un profilo basso, solo qualche selfie e un post sul suo profilo Fb: «Vi saluto dall’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo, quella degli storici processi alla mafia, dove oggi risponderò dell’accusa di sequestro di persona perché, da ministro e da italiano, ho difeso i confini, salvato vite e protetto l’Italia, le sue leggi e la sua dignità. A testa alta e col sorriso, vi abbraccio». Fuori dal carcere un gruppo di ragazzi del collettivo Our Voice ha accolto con urla il capo della Lega: «La memoria è un dovere, non possiamo dimenticare la palese violazione dei diritti umani di quell’agosto 2019».

A parlare dello stato dei migranti nell’agosto del 2019 a bordo della nave è stata la psicologa Cristina Camilleri, responsabile del dipartimento salute mentale di Agrigento. La sua è stata una testimonianza drammatica. Era salita a bordo con un collega su ordine di Luigi Patronaggio, all’epoca procuratore di Agrigento, che dopo una ispezione di 100 minuti, fece sbarcare tutti. I profughi erano rimasti in mare 20 giorni.

«QUANDO SALIMMO erano tutti sul ponte sotto una specie di copertura per ripararsi dal sole. C’erano solo una piccola cambusa e due bagni, non avevano sapone per lavarsi e trovammo una catasta di rifiuti», ha riferito il medico Vincenzo Asaro, sulla Open Arms assieme alla collega psicologa. «I migranti non avevano a disposizione cambi, né di vestiario, né di biancheria intima – ha aggiunto – Mancava anche il sapone, per l’igiene potevano usare solo acqua desalinizzata. Non abbiamo fatto accertamenti individuali sulle loro condizioni di salute, sarebbe stato impossibile, non c’erano spazi a sufficienza per vedere le persone una alla volta» spiegando che a decine gli si avvicinavano per mostrargli ferite, lesioni, dermatiti. I casi più gravi, ricorda, erano stati già portati a terra con i «medevac», le evacuazioni sanitarie urgenti.

Ma a bordo, rimanevano anche donne in avanzato stato di gravidanza. Il diario medico, ha sottolineato, elencava le problematiche più comuni, soprattutto scabbia e pidocchi. Tipiche del sovraffollamento. «Alcune persone si erano già buttate in mare, tentando di raggiungere le coste di Lampedusa – ha proseguito il medico – Le condizioni più preoccupanti erano di tipo psicofisico».

ERANO 147 I PROFUGHI salvati in acque Sar maltesi e libiche in tre missioni compiute dalla nave spagnola l’1, il 3 e il 9 agosto. «Se questi sono i testi dell’accusa abbiamo già vinto. Non c’è un elemento a mio carico. Fossero tutti cosi», l’unico commento di Salvini durante una pausa dell’udienza fiume. Fondamentale è stata poi la testimonianza del comandante della nave, Marc Reig Creus, che è teste e parte civile. «Malta disse no, l’Italia non rispose», ha detto davanti ai giudici. Ma la difesa di Salvini, rappresentata dall’avvocata Giulia Bongiorno, lo ha incalzato insinuando che la Open Arms, cambiando destinazione improvvisamente il 29 luglio, si sarebbe diretta verso il tratto di mare in cui l’1 agosto fu compiuto il primo intervento di soccorso. Non un salvataggio d’emergenza, dunque, ma una sorta di appuntamento con i profughi fa capire la legale. «Nessun appuntamento», ha smentito il comandante.

BONGIORNO HA CONTESTATO al teste anche la decisione di non dirigersi in Spagna l’1 agosto, visto che le condizioni del mare erano buone, sapeva che nelle acque italiane c’era il divieto di ingresso e che sarebbe incorso in sanzioni ed erano distanti dalla penisola iberica solo 60 ore. «Se mi fossi diretto in Spagna avrei violato la legge che regola i salvataggi in mare», ha replicato Creus. E ha ricordato gli ultimi giorni della lunga odissea, con l’offerta di Malta di far sbarcare 39 profughi a La Valletta e la sua decisione di dire no. «Non avremmo potuto spiegare a chi fosse rimasto sulla Open Arms perché solo alcuni potevano essere portati a terra e altri no».

Processo Open Arms: «I profughi erano stremati» dal manifestoultima modifica: 2022-04-11T11:58:55+02:00da vitegabry
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