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José Mujica

 
 
 

José Mujica

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José Mujica
Mujica.jpg

José Mujica nel 2015


40º Presidente dell’Uruguay
Durata mandato 1º marzo 2010 –
1º marzo 2015
Predecessore Tabaré Vázquez
Successore Tabaré Vázquez

Ministro dell’Allevamento, dell’Agricoltura e della Pesca
Durata mandato 1º marzo 2005 –
3 marzo 2008
Presidente Tabaré Vázquez
Predecessore Martin Aguirrezabala
Successore Ernesto Agazzi

Senatore della Repubblica
Durata mandato 15 febbraio 2000 –
15 febbraio 2005

Durata mandato 1º marzo 2015 –
14 agosto 2018

Durata mandato 15 febbraio 2020 –
20 ottobre 2020

Deputato della Repubblica
Durata mandato 15 febbraio 1995 –
15 febbraio 2000

Dati generali
Partito politico Partito Nazionale (1952-1958)
Unione Popolare (1958-1966)
Tupamaros (1966-1972)
Movimento di Partecipazione Popolare (nella coalizione Fronte Ampio(dal 1989)
Firma Firma di José Mujica

José Alberto Mujica Cordano (Montevideo20 maggio 1935) è un politico uruguaiano, conosciuto pubblicamente come Pepe Mujica[1]Presidente dell’Uruguay dal 1º marzo 2010 al 1º marzo 2015. Con un passato da guerrigliero nei Tupamaros ai tempi della dittatura, fu eletto deputatosenatore e, tra il 2005 e il 2008, fu ministro dell’allevamento, agricoltura e pesca. Fu leader del Movimento di Partecipazione Popolare (MPP), raggruppamento maggioritario del Fronte Ampio, fino alle sue dimissioni avvenute il 24 maggio 2009. Il 30 novembre 2009 vinse le elezioni presidenziali, battendo al ballottaggio Luis Alberto Lacalle.

Dal 2005, dopo una lunga convivenza, si è sposato con la senatrice e leader storico del MPP Lucía Topolansky. Mujica riceveva dallo Stato uruguaiano un appannaggio di 260 259 pesos (~8 300 euro) al mese per il suo lavoro alla guida del Paese[2], ma ne donava circa il 90% a favore di organizzazioni non governative e a persone bisognose[2]. La sua automobile è un Volkswagen Maggiolino del 1987[3], donatagli da alcuni amici e che si è rifiutato di vendere nonostante offerte cospicue[3].

Vive in una piccola fattoria a Rincón del Cerro, alla periferia di Montevideo[2]. Anche durante il suo mandato aveva rinunciato a vivere nel palazzo presidenziale. In riferimento alla piccola quota di stipendio che tratteneva per sé (più o meno 800 euro) che lo fece soprannominare anche il “Presidente più povero del mondo”[4], Mujica dichiarò in un’intervista al quotidiano colombiano El Tiempo che tale quantità di denaro gli era sufficiente, alla luce del fatto che molti suoi connazionali devono vivere con meno[2].

Il 20 ottobre 2020, con le dimissioni dal Senato, ufficializza il suo ritiro a vita privata[5].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini e infanzia[modifica | modifica wikitesto]

José Mujica nacque il 20 maggio 1935 da Demetrio Mujica, discendente da antenati baschi, e Lucia Cordano, originaria della Liguria. La famiglia di sua madre era molto modesta ed aveva origini nel paesino di Favale di Malvaro[6] in Val Fontanabuona, in provincia di Genova[7].

I suoi nonni materni si stabilirono a Carmelo in Uruguay, dove riuscirono a comprare due ettari di terreno nella Colonia Estrella e lo misero tutto a vigna. Anche suo padre era un agricoltore, che però finì in rovina e morì nel 1940, quando Mujica aveva 5 anni. Dai 13 ai 17 anni il giovane Pepe si dedicò al ciclismo, appartenendo successivamente a diversi club sportivi della regione mano a mano che saliva di categoria.

Debutto in politica[modifica | modifica wikitesto]

Suo zio materno, Ángel Cordano, era nazionalista e peronista e influenzò molto la formazione politica di Mujica. Nel 1956 conobbe, tramite sua madre che militava nel suo partito, l’allora deputato nazionalista Enrique Erro e da allora iniziò a militare nel Partito Nazionale, divenendone Segretario Generale del settore giovanile.

Alle elezioni del 1958 trionfò per la prima volta il cosiddetto Herrerismo e Erro fu designato ministro del Lavoro, accompagnato da Mujica che però non aveva nessun incarico ufficiale. Nel 1962, Erro e Mujica abbandonarono il Partito Nazionale per creare l’Unione Popolare assieme al Partito Socialista Uruguayano e ad un piccolo gruppo chiamato Nuova Base, partecipando alle elezioni per la presidenza della repubblica con il candidato comune Emilio Frugoni: perdettero nettamente, ottenendo soltanto il 2,3%.

Comandante guerrigliero[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Tupamaros e Dittatura civile-militare uruguaiana.

 

La moglie di Mujica, Lucía Topolansky, nel settembre 2009, durante la campagna che la porterà a diventare senatrice.

Nei primi anni sessanta aderì al neonato movimento dei MLN – Tupamaros (Movimiento de Liberación Nacional), un’organizzazione di guerriglia urbana di ispirazione marxista-leninista, ispirato dalla rivoluzione cubana e alla difesa dei diritti dei lavoratori della canna da zucchero (cañeros) del nord del paese sindacalizzati da Raúl Sendic Antonaccio. Il nome al movimento fu dato ispirandosi al romanzo Ismael del 1888 di Eduardo Acevedo Díaz che parlava delle truppe dei “contadini, nativi o criollos, rappresentati nel testo come gli uomini al seguito del libertador José Gervasio Artigas e comparati da spagnoli e proprietari terrieri alle truppe al seguito di Túpac Amaru II[8], “l’autore spiegava come la denominazione tupamaro fosse usata spregiativamente dalla classe dominante (…) Si scelse il riferimento storico ai tupamaros di José Gervasio Artigas (…) con l’obiettivo di dargli una connotazione più aperta e capace di andare oltre i tradizionali riferimenti troppo legati alla sinistra eurocentrica (…)”[9].

Nel corso di varie azioni ricevette ben 6 ferite da arma da fuoco, e nel 1969 partecipò alla breve occupazione di Pando, una città vicina a Montevideo. Mujica fu arrestato in quattro diverse occasioni e fu tra i prigionieri politici che riuscirono a evadere dalla prigione di Punta Carretas nel 1971. Fu comunque ricatturato un anno dopo e condannato da un tribunale militare sotto il governo di Jorge Pacheco Areco, che aveva sospeso diverse garanzie costituzionali.

Dopo il colpo di Stato militare del 1973, organizzato dal presidente e dittatore Juan María Bordaberry, fu trasferito in un carcere militare dove rimase rinchiuso per quasi 12 anni[10], la maggior parte dei quali passati in completo isolamento in un braccio ricavato da un pozzo sotterraneo[11]. Fu uno dei 9 dirigenti tupamaros prigionieri che la dittatura civile-militare chiamava rehenes (“ostaggi”), ossia persone che, in caso di ulteriori azioni militari dei Tupamaros in libertà, sarebbero state immediatamente fucilate.

Altri rehenes erano un altro dirigente tupamaro, Eleuterio Fernández Huidobro, poi diventato ministro della difesa, lo scrittore Mauricio Rosencof[12], che raccontò di aver subito torture, e il fondatore del loro movimento, Raúl Sendic Antonaccio, con i quali riuscì a mantenere i contatti in carcere, malgrado le inumane condizioni di detenzione. Mujica, come affermato da lui stesso, a causa dell’isolamento soffrì di gravi problemi di salute, specialmente psicologici, arrivando ad avere allucinazioni uditive e paranoia.[13]

Nel 1985, quando la democrazia costituzionale fu ristabilita, Mujica fu liberato grazie ad un’amnistia della quale beneficiarono sia guerriglieri sia golpisti, coprente crimini di guerra e fatti di guerriglia commessi dal 1962 in poi. Tale amnistia sarà revocata per crimini contro l’umanità, ottenendo il processo e la condanna dell’ex dittatore Bordaberry.

Ritorno alla democrazia[modifica | modifica wikitesto]

Dopo qualche anno di apertura democratica, Mujica e altri dirigenti tupamaros, assieme ad altri gruppi di sinistra, crearono il Movimento di Partecipazione Popolare (MPP), all’interno della coalizione del Fronte Ampio. Alle elezioni del 1994 fu eletto deputato nella circoscrizione di Montevideo e dichiarò di “sentirsi come un fioraio in parlamento”, facendo riferimento alla sua attività professionale nell’agricoltura. Malgrado ciò, la sua presenza nell’arena politica catturò subito l’attenzione del pubblico.

Alle elezioni del 1999 fu eletto senatore e in quell’anno fu pubblicato il libro Mujica di Miguel Ángel Campodónico (un altro oriundo ligure), che racconta la vita e il pensiero del guerrigliero convertito al parlamentarismo. Alle elezioni del 2004 il suo movimento ottenne la più alta percentuale di voti mai raggiunta fino ad allora, facendone la prima forza del Fronte Ampio, cosa che aumentò grandemente l’influenza e l’autorevolezza di quest’ultimo all’interno della coalizione di governo.

Attività all’interno del governo del Fronte Ampio[modifica | modifica wikitesto]

 

José Mujica assieme al presidente Vázquez.

Il 1º marzo 2005 fu nominato ministro dell’Allevamento dal neoeletto Presidente della Repubblica Tabaré Vázquez; il suo sottosegretario era Ernesto Agazziingegnere agronomo specializzato. Mujica è stato accusato – a torto – di scarsa professionalità, occupato più nella campagna elettorale che nella guida del suo dicastero, tant’è che il vero “ministro” era considerato proprio Agazzi, ritenuto più adatto alla guida di tale ministero[14].

Tuttavia Mujica è stato il ministro più popolare, proprio per la sua vicinanza alla gente e per il suo carisma, che lo hanno reso molto popolare tra l’elettorato uruguaiano. Mujica è inoltre apprezzato per il suo dialogo con la gente[15]. Il 3 marzo 2008 lasciò la sua carica a favore di Agazzi per candidarsi alla Presidenza per le elezioni del 2009 ed ottenne il seggio di senatore. Gli altri candidati alle primarie erano Danilo Astori e Marcos Carámbula, anche se il Presidente Vázquez indirettamente appoggiava Astori.

Tra le prime proposte di Mujica ci fu il riavvicinamento all’Argentina dei coniugi Néstor e Cristina Kirchner. Nel 2006, infatti, era sorta una crisi diplomatica a causa della costruzione, da parte del governo dell’Uruguay, di una cartiera sul Rio Uruguay, dalla quale sono sorte polemiche con il governo peronista dell’Argentina. Mujica invitò i Kirchner a riavvicinarsi al popolo uruguaiano, cercando di superare le controversie passate[16]

Candidatura presidenziale[modifica | modifica wikitesto]

 

Mujica con il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, nel 2010

Il 13 e il 14 dicembre 2008 si tenne il congresso del Fronte Ampio che aveva l’obiettivo di stilare il programma di governo per il successivo periodo presidenziale tra il 2010 e il 2015 e che candidò ufficialmente José Mujica alla presidenza. Ciò suscitò polemiche tra gli altri potenziali candidati, Danilo AstoriMarcos CarámbulaDaniel Martínez ed Enrique Rubio, che pretendevano condizioni eguali tra tutti gli aspiranti alla corsa presidenziale[17][18][19]. Successivamente sia Martinez sia Rubio rinunciarono alla competizione e i candidati alle primarie restarono tre: Astori, Carámbula e lo stesso Mujica.

Il 24 maggio 2009 Mujica lasciò la guida del suo movimento, affermando che tale scelta era stata dettata dal fatto che il candidato rappresenta non un settore specifico, ma tutto il partito[20]. Il 28 giugno 2009 Mujica fu eletto candidato presidente del Fronte Ampio con il 52% dei voti, a fronte del 39% del suo principale avversario, Danilo Astori[21]. Tra le prime proposte di Mujica figurava la vendita di parte di azioni di imprese statali[22].

Elezioni presidenziali del 2009[modifica | modifica wikitesto]

Il 25 ottobre 2009 Mujica ottenne al primo turno il 48% dei voti (circa 1 105 000), contro il 29% di Luis Alberto Lacalle del Partido Nacional. Al ballottaggio, tenutosi il 29 novembre Mujica fu eletto presidente dell’Uruguay con più del 52% dei suffragi.

Politica nazionale[modifica | modifica wikitesto]

 

Mujica con la Presidente del Brasile Dilma Rousseff, con cui ha in comune un passato nella guerriglia contro le dittature sudamericane

Mujica, che in passato sostenne e ottenne la depenalizzazione dell’aborto, sostenne poi il riconoscimento dei matrimoni gay e la legalizzazione della marijuana: «la tossicodipendenza è una malattia, guai a confonderla col narcotraffico». Mujica proponeva di non fumarla, bensì di ingerirne piccole quantità inserite nei cibi[senza fonte]José Rubial, presidente della Corte Suprema, propose anche di distribuirla gratuitamente, per evitare che i consumatori compiessero atti criminali per ottenerla (cadendo quindi nella tossicodipendenza) o la acquistassero al mercato nero, gestito dalla criminalità organizzata. Per poter monitorare il consumo di droga, Rubial propose di registrare i consumatori[23].

Questi obiettivi vennero raggiunti :

  • Nel 2013 ci fu l’istituzione del matrimonio omosessuale per i cittadini uruguaiani che ne facessero richiesta[24].
  • La legalizzazione delle droghe leggere, specie la cannabis, di cui sono state autorizzate la coltivazione fino a sei piante per uso personale, e quella statale (e privata con apposite licenze) per quantità superiori, destinate alla libera vendita nelle farmacie. Quest’ultima legge è entrata in vigore nell’aprile 2014[25].
  • La nuova legge sull’aborto[26].

In seguito alle elezioni politiche del 2014, in cui Mujica non ha voluto ricandidarsi, è diventato nuovamente presidente, in carica dal 1º marzo 2015, il suo predecessore Tabaré Vázquez.[27]

È vicino al presidente venezuelano Hugo Chávez che considera “il più generoso sovrano che io abbia mai conosciuto”. Nel 2011 si è espresso contro le operazioni militari lanciate da diversi paesi occidentali contro la Libia.

In termini generali, la sua politica è in linea con il precedente mandato. La quota della spesa sociale sul totale della spesa pubblica passa quindi dal 60,9% al 75,5% tra il 2004 e il 2013. Durante questo periodo, il tasso di disoccupazione è diminuito dal 13 al 7%, il tasso di povertà nazionale dal 40 all’11% e il salario minimo è stato aumentato del 250%.Secondo la Confederazione sindacale internazionale, l’Uruguay è diventato il paese più avanzato nelle Americhe in termini di rispetto dei “diritti fondamentali del lavoro, in particolare la libertà di associazione, il diritto alla contrattazione collettiva e il diritto di sciopero”.[28]

Il pensiero politico[modifica | modifica wikitesto]

Mujica sostiene che a guidare la vita di ciascuno debba essere il principio della sobrietà:

«…Concetto ben diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro. Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui che però ti tolgono il tempo per vivere… Lo spreco è [invece] funzionale all’accumulazione capitalista [che implica] che si compri di continuo [magari indebitandosi] sino alla morte.[29]»

Riconoscendo l’indispensabilità del mercato, ma criticandolo per migliorarlo, Mujica non disconosce la funzione positiva del capitalismo che «so bene che […] serve a produrre ricchezza, quindi tasse, buone per i servizi di cui anche i poveri si avvantaggiano.»[29]

È comunque errato promettere la felicità per il futuro sacrificando la generazione del presente: occorre muoversi con una visione gradualista che abbia come obiettivo reale immediato l’eudemonia piuttosto che un improbabile edonismo.[29]

Intervistato nel novembre del 2016 dal giornalista Omero Ciai, José Mujica espone il suo pensiero su alcuni argomenti che agitano la società contemporanea.

La ricchezza complica la vita: «*…viviamo in un mondo nel quale si crede che colui che trionfa debba possedere tanto denaro, avere privilegi, una casa grande, maggiordomi, tanti servitori, vacanze extralusso. Mentre io penso che questo modello vincente sia solo un modo idiota di complicarsi la vita. Penso che chi passa la sua vita a accumulare ricchezza sia malato come un tossicodipendente, andrebbe curato.»[30]. «Non sprecate la vita nel consumismo, trovate il tempo di vivere per essere felici.»[31]

«La mia idea di felicità è soprattutto anticonsumistica. Hanno voluto convincerci che le cose non durano e ci spingono a cambiare ogni cosa il prima possibile. Sembra che siamo nati solo per consumare e, se non possiamo più farlo, soffriamo la povertà. Ma nella vita è più importante il tempo che possiamo dedicare a ciò che ci piace, ai nostri affetti e alla nostra libertà. E non quello in cui siamo costretti a guadagnare sempre di più per consumare sempre di più. Non faccio nessuna apologia della povertà, ma soltanto della sobrietà.»[30]

Sul fenomeno della globalizzazione Mujica sostiene che «No, non è possibile [eliminarla]. Sarebbe come essere contrari al fatto che agli uomini cresce la barba. Ma quella che abbiamo conosciuto finora è soltanto la globalizzazione dei mercati. Che ha come conseguenza la concentrazione di ricchezze sempre maggiori in pochissime mani. E questo è molto pericoloso. Genera una crisi di rappresentatività nelle nostre democrazie perché aumenta il numero degli esclusi. Se vivessimo in maniera saggia, i sette miliardi di persone nel mondo potrebbero avere tutto ciò di cui hanno bisogno. Il problema è che continuiamo a pensare come individui, o al massimo come Stati, e non come specie umana.»[30]

Coerentemente ad altri osservatori politici Mujica si è detto «… molto preoccupato da un’eventuale vittoria di Donald Trump perché il peso degli Stati Uniti nel mondo è tale che i disastri combinati da un presidente statunitense si possono ripercuotere su tutti noi. Però penso anche che il presidente negli Stati Uniti, per fortuna e per disgrazia, ha in fondo poteri abbastanza limitati» .[30]

José Mujica è ateo.[32]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Collare dell'Ordine Nazionale al Merito (Paraguay) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell’Ordine Nazionale al Merito (Paraguay)
  «[senza fonte]»
Gran Croce dell'Ordine del Sole del Perù (Perù) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Croce dell’Ordine del Sole del Perù (Perù)
  — 2011[33][34]
Gran Collare dell'Ordine Nazionale al Merito (Ecuador) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Collare dell’Ordine Nazionale al Merito (Ecuador)
  — 2014[35][36]
Collare dell'Ordine dell'Aquila azteca (Messico) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell’Ordine dell’Aquila azteca (Messico)
  — 2014[37][38]
Cittadinanza onoraria di Livorno e Chiavi della città di Livorno (Italia) - nastrino per uniforme ordinaria Cittadinanza onoraria di Livorno e Chiavi della città di Livorno (Italia)
  «Ritenuto che i principi di democrazia e di promozione e affermazione di uno sviluppo economico mai scisso dall’attenzione ai più deboli e ad uno stile di vita personale che ha saputo coniugare il profilo istituzionale della massima carica dello Stato con un rigoroso e assoluto rispetto dell’eticità pubblica siano stati gli elementi caratterizzanti che maggiormente hanno contribuito a delineare la Sua personalità di ormai riconosciuto e apprezzato livello internazionale e considerato che il profilo di cui sopra onora la città di Livorno di poterlo annoverare tra i suoi concittadini, anche in considerazione del profilo di profonda umanità che ha sempre contraddistinto l’operato pubblico di Josè Alberto Mujica Cordano»
— Livorno 27/05/2015[39].

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Pepe Mujica: La felicità al potere secondo il presidente del popolo
  2. ^ Salta a:a b c d (ES) César Bianchi, Perfil del singular mandatario uruguayo José Mujica, in El Tiempo, 11 agosto 2012. URL consultato il 14 novembre 2014 (archiviato dall’url originale il 29 ottobre 2013).
  3. ^ Salta a:a b (ESMujica aseguró que no venderá su automóvil Fusca porque ofendería a los amigos que se lo regalaron, in La Red 21, 14 novembre 2014. URL consultato il 14 novembre 2014.
  4. ^ Ecco la casa di Mujica, il presidente più povero al mondo
  5. ^ Uruguay, l’ex presidente contadino José “Pepe” Mujica lascia la politica: “Il Covid mi ha steso”, su Repubblica.it, 20 ottobre 2020. URL consultato il 20 ottobre 2020 (archiviato il 9 novembre 2020; seconda copia archiviata il 9 novembre 2020).
  6. ^ LevANTE – Favale di Malvaro, Mujica visita la terra degli avi: «Un saluto a tutti i liguri», su ilsecoloxix.it. URL consultato il 13 giugno 2015.
  7. ^ liguriantighi.it
  8. ^ Il Presidente impossibile. Pepe Mujica da guerrigliero a Capo di stato, Nadia Angelucci e Gianni Tarquini prefazione di Erri De Luca, Roma 2014.
  9. ^ Ibidem
  10. ^ di Álvaro Brechner. Un film con Antonio de la Torre, Chino Darín, Alfonso Tort, Soledad Villamil, Sílvia Pérez Cruz. Cast completo Titolo originale: La Noche de 12 Años. Genere Drammatico – Francia, Argentina, Spagna, 2018, durata 123 minuti. Uscita cinema giovedì 10 gennaio 2019 distribuito da Bim Distribuzione e Movies Inspired
  11. ^ «Le mie prigioni con Pepe Mujica», intervista di Laura Guglielmi a Mauricio Rosencof, mentelocale.it, su mentelocale.it. URL consultato il 28 novembre 2014 (archiviato dall’url originale il 5 dicembre 2014).
  12. ^ Angelucci Nadia, Storia di un rivoluzionario innamorato della parola, Il Calendario del popolo n. 761, 9 dicembre 2013, Roma.
  13. ^ Pablo Brum, The Robin Hood Guerrillas: The Epic Journey of Uruguay’s Tupamaros pp. 331-336
  14. ^ Mujica for export, su espaciouruguay.com. URL consultato il 13 luglio 2009 (archiviato dall’url originale il 29 ottobre 2013).
  15. ^ Mujica e il suo rapporto con la gente
  16. ^ Mujica invita i Kirchner a riconciliarsi con l’Uruguay
  17. ^ Con 1694 voti Mujica vince il congresso del Fronte Ampio
  18. ^ Il FA elegge Mujica Archiviato il 5 aprile 2014 in Internet Archive.
  19. ^ Mujica è il candidato ufficiale del FA
  20. ^ Mujica lascia la direzione del MPP
  21. ^ Mujica e il suo candidato alla vicepresidenza Astori Archiviato il 1º luglio 2009 in Internet Archive.
  22. ^ Mujica propone vendita di azioni delle imprese statali Archiviato il 13 luglio 2009 in Internet Archive.
  23. ^ L’ultima sfida del presidente Mujica: “Vi insegno come usare la marijuana”
  24. ^ Uruguay, Parlamento approva le nozze gay. Escluse le coppie omosessuali straniere
  25. ^ L’Uruguay ha legalizzato la marijuana
  26. ^ il post.it, 19/10/2012, https://www.ilpost.it/2012/10/19/depenalizzazione-aborto-uruguay/.
  27. ^ Secondo Wyre Davies, giornalista corrispondente della BBC: «Mujica ha lasciato il proprio incarico con un’economia relativamente sana e con stabilità sociale che i suoi vicini più grandi potrebbero solo sognare». (In (EN) Wyre Davies, Uruguay bids farewell to pauper president, in BBC News, 1º marzo 2015. URL consultato il 1º luglio 2018.
  28. ^ Christophe Ventura, En el país de las conquistas sindicales, su medelu.org. URL consultato il 10 maggio 2019.
  29. ^ Salta a:a b c Riccardo Staglianò, Il Venerdì di Repubblica, 8 novembre 2013, p. 25.
  30. ^ Salta a:a b c d Dall’intervista di Omero Ciai, Mujica e “l’apologia della sobrietà”: “Chi accumula denaro è un malato. La ricchezza complica la vita”Repubblica.it, 6 novembre 2016.
  31. ^ Citato in Omero Ciai, Mujica e “l’apologia della sobrietà”: “Chi accumula denaro è un malato. La ricchezza complica la vita”Repubblica.it, 6 novembre 2016. Fase pronunciata a Roma il 4 novembre 2016.
  32. ^ Sammy Said (2013). “Jose Mujica, The Poorest President in the World”. The Richest. “Jose Mujica, an atheist, vegetarian, former member of the Tupamaro, Volkswagen Beetle-owner who has eschewed the privilege of living in a palace reserved for the country’s head of government for a humble farm in the outskirts of the capital of Montevideo, is known as the poorest president in the world and he is proud of it.”
  33. ^ José Mujica agradece condecoraciones y afirma que América es la “gran causa” por seguir, Andina.com.pe, 25 gennaio 2011. URL consultato il 16 giugno 2013 (archiviato dall’url originale il 28 aprile 2014).
  34. ^ «El presidente recibirá condecoración creada por José de San Martín en 1821», artículo en el sitio web Presidencia.gub.uy, 25 de enero de 2011
  35. ^ «“Pepe” Mujica fue homenajeado en Ecuador: recibió la Orden Nacional del Gran Collar» Archiviato il 16 giugno 2016 in Internet Archive., artículo en el diario Noticias 24 (Caracas).
  36. ^ Mujica apasionado, su republica.com.uy, La República, 7 dicembre 2014.
  37. ^ Enrique Peña Nieto condecora a Mujica, su elobservador.com.uy, El Observador, 29 gennaio 2014. URL consultato il 7 luglio 2016 (archiviato dall’url originale il 19 febbraio 2014).
  38. ^ Mujica fue condecorado por el presidente mexicano, su republica.com.uy, La República, 28 gennaio 2014.
  39. ^ Ansa.itPisorno.itQuiLivorno Archiviato il 28 maggio 2015 in Internet Archive.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Nadia Angelucci, Gianni Tarquini, Il presidente impossibile. Pepe Mujica, da guerrigliero a capo di stato, presentazione di Erri De Luca, 2014, 224 p., rilegato, Editore Nova Delphi Libri
  • José “Pepe” Mujica, La felicità al potere, a cura di Cristina Guarnieri e Massimo Sgroi, prefazione di Omero Ciai, postfazione di Donato Di Santo, Castelvecchi Editore, 2016
  • Andrés Danza, Ernesto Tulbovitz, Una pecora nera al potere. Pepe Mujica, la politica della gente, Gruppo Editoriale Lumi, 2016

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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Come andare in pensione con la Quota 41, dai lavoratori precoci all’opzione per tutti strutturale

Detto questo, su come andare in pensione con la Quota 41 la misura sarà davvero resa strutturale? Ovverosia, si passerà dalla misura per i lavoratori precoci a quella per tutti senza vincoli sull’anzianità contributiva?

E questo perché, su come andare in pensione con la Quota 41, la misura per i lavori precoci richiede almeno 1 anno di contributi versati. Prima del compimento del 19esimo anno di età. Unitamente al vincolo di rientrare, con 41 anni di contributi previdenziali obbligatori versati, in una delle categorie dell’Ape Sociale.

Come funzionerebbe l’opzione Quota 41 per tutti. Con il solo vincolo dell’anzianità contributiva

Su come andare in pensione con la Quota 41 per tutti, invece, non ci sarebbero vincoli. Per quella che è una misura più volte proposta al Governo italiano dai Sindacati di Cgil, Cisl e Uil. Perché, con 41 anni di contributi previdenziali versati, senza altri vincoli e senza vincoli anagrafici, tutti i lavoratori dovrebbero maturare un sacrosanto diritto.

Ovverosia, quello di andare in pensione anche, tra l’altro, senza alcuna penalizzazione.

 

Revoca delle dimissioni: cos’è, come funziona e quando è ammessa

Revoca delle dimissioni: cos’è, come funziona e quando è ammessa

Revoca dimissioni volontarie come fare, in quali casi si possono ritirare le dimissioni telematiche, entro quando e come procedere

Revoca delle dimissioni telematiche, in quali casi è ammessa, entro quando è ammessa e come bisogna procedere? Prima di vedere questo particolare istituto vediamo brevemente il contesto nel quale si colloca. Le dimissioni volontarie sono un atto con cui il dipendente manifesta la propria volontà di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro. In passato si è posto il problema delle cosiddette “dimissioni in bianco”, che si concretizzava nel raccogliere la firma del dipendente su una comunicazione di dimissioni senza data che verrà invece apposta all’occorrenza e in maniera fraudolenta dall’azienda.

Per contrastare il fenomeno, dal 12 marzo 2016 il lavoratore che intende “licenziarsi” deve formalizzare la comunicazione esclusivamente con invio del modulo di dimissioni online utilizzando appositi modelli predisposti dal Ministero del Lavoro su www.cliclavoro.it (il modulo arriverà poi al datore di lavoro via PEC). Ogni altra modalità di comunicazione di dimissioni volontarie è inefficace, se non in determinati casi previsti dalla legge.

Per qualsiasi motivo, il lavoratore può procedere alla revoca delle dimissioni telematiche entro 7 giorni dalla data di trasmissione con le stesse modalità previste per l’invio. Vediamo nello specifico cos’è e come funziona la revoca.

Revoca delle dimissioni online: come fare e entro quando è possibile

La revoca comporta il venir meno degli effetti delle dimissioni volontarie. Il contratto è quindi ripristinato e il dipendente torna in forza al datore senza che ci sia bisogno di una nuova comunicazione di assunzione, come se il rapporto non si fosse mai interrotto.

Come detto, dal 12 marzo 2016 vige l’obbligo di presentare le dimissioni telematiche on line tramite apposito portale predisposto dal Ministero del Lavoro. La normativa consente comunque al dipendente di revocare ovvero ritirare le dimissioni volontarie entro e non oltre 7 giorni dalla data di trasmissione del modulo.

Leggi anche: Come dare le dimissioni online

Revoca dimissioni volontarie, come procedere

Il dipendente accedendo direttamente o tramite intermediario al portale telematico www.cliclavoro.gov.it potrà visionare solo le comunicazioni trasmesse nei 7 giorni precedenti.

L’area riservata presenta due opzioni:

  • “Nuovo” che guida il visitatore all’inserimento di una nuova comunicazione;
  • “Revoca” per ritirare le comunicazioni già inviate.

Si possono quindi ritirare le dimissioni selezionando la voce REVOCA; una volta completata la procedura il sistema segnala all’Ispettorato Territoriale del Lavoro e al datore via PEC che la comunicazione di dimissioni precedentemente inviata è stata revocata.

Se invece sono passati 7 giorni dall’invio del modulo di dimissioni on line, le comunicazioni verranno rimosse impedendone di fatto la revoca.

Revoca risoluzione consensuale

Allo stesso modo ricordiamo che è possibile altresì revocare la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.

Revoca dimissioni telematiche, cosa deve fare l’azienda

Ricevute le dimissioni, l’azienda deve comunicarle al Centro per l’Impiego entro 5 giorni decorrenti dall’ultimo lavorato, utilizzando il modello Unilav.

In caso di revoca le ipotesi sono due:

  • Se l’azienda ha già provveduto alla comunicazione Unilav deve inoltrarne un’altra che annulli quella precedentemente inviata;
  • Al contrario, non deve fare nulla l’azienda che non abbia ancora provveduto alla comunicazione di dimissioni.

Con la revoca, le dimissioni non hanno più l’effetto di interrompere il rapporto a decorrere dall’ultimo giorno lavorato. Venendo meno la causa di risoluzione del contratto, continuano a valere gli obblighi reciproci delle parti:

  • Il lavoratore presta attività manuale o intellettuale nel rispetto degli obblighi di diligenza, obbedienza e fedeltà;
  • Il datore eroga la retribuzione quale corrispettivo dell’attività lavorativa.

Dimissioni revocate: con e senza preavviso

Non si pongono particolari problemi nei casi in cui tra la data di trasmissione del modulo di dimissioni e l’ultimo lavorato si colloca il periodo di preavviso imposto dal contratto collettivo per i dipendenti a tempo indeterminato, qualora quest’ultimo sia superiore ai 7 giorni. Posto che durante il preavviso il rapporto prosegue regolarmente, un’eventuale revoca comporterebbe la prosecuzione naturale del contratto.

Discorso diverso nei casi in cui per effetto di un preavviso inferiore ai 7 giorni ovvero totalmente assente, alla data della revoca il rapporto è già cessato. In questo frangente il dipendente dev’essere reintegrato in azienda (a tal proposito è consigliabile una comunicazione del datore che lo inviti a riprendere l’attività quanto prima).

Leggi anche: Dimissioni senza preavviso: come fare e cosa rischia il dipendente

Sul trattamento retributivo spettante per i giorni non lavorati a seguito delle dimissioni comunicate e successivamente revocate non si segnalano norme di legge né sentenze di Cassazione. In via prudenziale è consigliabile riconoscere la retribuzione spettante come se il dipendente avesse lavorato, dando notizia della revoca nelle note in calce al Libro Unico del Lavoro e al cedolino paga.

Revoca dimissioni: cosa succede oltre il termine dei 7 giorni

Le dimissioni telematiche trasmesse da oltre 7 giorni non possono essere revocate e acquistano piena ed inequivocabile efficacia; determinano quindi la cessazione del rapporto con effetto dal giorno indicato nel modulo (quello successivo all’ultimo lavorato).

L’unica possibilità per il lavoratore è quella di chiedere in giudizio l’annullamento delle dimissioni perché viziate da:

  • Minaccia, come le dimissioni sollecitate dal datore pena un ingiusto licenziamento;
  • Errore, tali sono le dimissioni di un lavoratore che ritiene erroneamente di avere in corso un rapporto a termine quando in realtà è a tempo indeterminato a causa della nullità del termine apposto;
  • Incapacità di intendere e di volere, da intendersi come l’impossibilità temporanea di comprendere il contenuto e gli effetti dell’atto giuridico (le dimissioni) che si sta compiendo.

A seguito della pronuncia di annullamento il rapporto di lavoro è ripristinato e il dipendente ha diritto al risarcimento del danno. Secondo un orientamento maggioritario della Cassazione, in questi casi non spetta la retribuzione maturata dalla data delle dimissioni fino a quella di riammissione.

Annullabilità delle dimissioni cartacee

L’annullabilità è l’unica via d’uscita per coloro che, nei casi consentiti dalla legge, presentano le dimissioni cartacee ovvero non in modalità telematica:

  • Dimissioni durante il periodo di prova;
  • colf e badanti;
  • lavoro marittimo.

Discorso diverso per le dimissioni presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza o dai genitori nei primi 3 anni di vita del bambino. In questi casi risulta difficilmente ipotizzabile un annullamento, considerata la procedura di convalida presso i servizi competenti dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro volta ad accertare l’effettiva e consapevole volontà dell’interessato di presentare le dimissioni.

Leggi anche: Dimissioni volontarie: guida completa e aggiornata

Sono invece nulle (e il rapporto di lavoro prosegue regolarmente) le dimissioni presentate dalla lavoratrice nel periodo intercorrente tra la richiesta delle pubblicazioni del matrimonio e un anno dopo la celebrazione delle nozze, se la volontà di risolvere il contratto espressa con l’invio del modulo telematico non viene confermata dall’interessata presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

 

Le nuove disposizioni per la fine dello stato d’emergenza da COVID-19./Fonte HandyLex.org

Le nuove disposizioni per la fine dello stato d’emergenza da COVID-19.

Con il D.L n. 24 recante “Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 marzo 2022, il Governo ha diramato le nuove disposizioni volte a favorire il rientro nell’ordinario in seguito alla cessazione dello stato di emergenza con lo scopo di adeguarsi all’evoluzione dello stato della pandemia, preservandosi però, fino  al  31  dicembre  2022,  la necessaria capacita’ operativa e di pronta reazione delle strutture durante la fase di progressivo rientro nell’ordinario.

A tal fine potranno essere adottate una  o  più  ordinanze, su richiesta motivata delle  Amministrazioni competenti che potranno contenere misure derogatorie, individuate nel rispetto dei  principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea, con efficacia limitata fino al 31 dicembre 2022.

Le nuove norme, in vigore da domani 1 aprile 2022 saranno diverse: analizziamo le più importanti.

Il Ruolo del Commissario Straordinario – L’unità di completamento della campagna vaccinale.

Al fine di continuare a  disporre,  anche  successivamente di una struttura con  adeguate  capacità di risposta a possibili aggravamenti del contesto epidemiologico, dal 1° aprile 2022, sarà temporaneamente istituita un’unità per il completamento della campagna vaccinale e per  l’adozione di altre misure di  contrasto  alla  pandemia,  che  opererà  fino  al  31 dicembre 2022.

Il direttore dell’Unità sarà nominato con  decreto  del Presidente del Consiglio dei Ministri, agirà con i poteri attribuiti al Commissario straordinario e,  con proprio  provvedimento, definirà la   struttura dell’Unità.

La stessa subentrerà in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo  al Commissario straordinario ed, in raccordo con  il  Ministero  della  salute  e  con  il supporto tecnico dell’Ispettorato generale  della sanità  militare, curerà la definizione e, ove possibile, la conclusione delle  attività amministrative, contabili e giuridiche ancora in corso alla data  del 31  marzo  2022,  già   attribuite  alla competenza   del   predetto Commissario straordinario.   

Dal 1 gennaio 2023 tale Unità sarà soppressa ed il Ministero della salute subentrerà nelle funzioni e in tutti i rapporti attivi e passivi.

Disciplina del potere di  ordinanza  del  Ministro  della  salute  in materia di ingressi nel territorio nazionale e per la  adozione  di linee guida e protocolli connessi alla pandemia da COVID-19

Sempre in relazione alla cessazione dello  stato  di emergenza ed all’andamento  epidemiologico,  il  Ministro della Salute, con propria ordinanza potrà, di concerto con i Ministri competenti per materia  o  d’intesa con la Conferenza delle  regioni  e  delle  province  autonome, adottare e aggiornare linee guida e protocolli volti a regolare lo svolgimento in sicurezza dei servizi e delle attività economiche, produttive e sociali.

Inoltre sentiti i Ministri competenti per materia,  potrà  introdurre limitazioni agli spostamenti  da  e per  l’estero, nonché imporre misure sanitarie in dipendenza dei medesimi spostamenti.

Isolamento ed autosorveglianza

Cambiano le regole per l’isolamento e l’autosorveglianza.

A decorrere  dal 1° aprile 2022 vi sarà sempre il divieto di mobilità dalla propria abitazione o dimora alle persone  sottoposte  alla  misura  dell’isolamento per provvedimento dell’autorità sanitaria, fino all’accertamento della guarigione.

Mentre a coloro  che hanno avuto contatti stretti  con  soggetti  confermati  positivi  sarà applicato il regime dell’autosorveglianza, consistente nell’obbligo di indossare dispositivi  di  protezione  delle  vie respiratorie di tipo FFP2, al chiuso o in presenza di assembramenti fino al decimo giorno successivo alla  data  dell’ultimo  contatto stretto  con  soggetti  confermati  positivi e di effettuare un test antigenico rapido o molecolare alla prima comparsa dei sintomi e, se ancora sintomatici, al quinto giorno successivo alla data dell’ultimo contatto.

La  cessazione  del  regime  di isolamento sarà conseguente all’esito negativo di  un test antigenico rapido o molecolare ed in questo caso, la trasmissione, con modalità  anche elettroniche, al dipartimento di  prevenzione territorialmente competente, del referto con esito negativo, determinerà la  cessazione del  regime dell’isolamento. 

Graduale eliminazione del green pass base e rafforzato.

Dal 1 al 30 aprile 2022, è previsto ancora l’obbligo di green pass base per:

  • mense e catering continuativo su base contrattuale;
  • servizi di ristorazione svolti al banco o al tavolo, al chiuso, da qualsiasi esercizio, ad eccezione dei servizi di ristorazione all’interno di alberghi e di altre strutture ricettive riservati esclusivamente ai clienti ivi alloggiati;
  • concorsi pubblici;
  • corsi di formazione pubblici e privati;
  • colloqui visivi in presenza con i detenuti e gli internati, all’interno degli istituti penitenziari per adulti e minori;
  • partecipazione del pubblico agli spettacoli aperti al pubblico, nonché agli eventi e alle competizioni sportivi, che si svolgono all’aperto;
  • mezzi di trasporto a lunga percorrenza (aerei, navi, treni Alta velocità e intercity, autobus di linea).

Inoltre, sempre dal 1 aprile al 30 aprile 2022 sarà possibile per tutti, compresi gli over 50, l’accesso ai luoghi di lavoro con il green pass base.

Fino al 30 aprile invece, rimane in vigore il super green pass o green pass rafforzato per:

  • piscine, palestre, sport di squadra e di contatto, centri benessere per le attività che si svolgono al chiuso, compresi spogliatoi e docce (a eccezione degli accompagnatori delle persone non autosufficienti);
  • convegni e congressi;
  • centri culturali, centri sociali e ricreativi, per le attività che si svolgono al chiuso (esclusi i centri per l’infanzia);
  • feste dopo cerimonie civili o religiose o eventi assimilati che si svolgono al chiuso;
  • sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò;
  • sale da ballo, discoteche e locali assimilati;
  • spettacoli aperti al pubblico ed eventi e competizioni sportive che si svolgono al chiuso.
  • accesso ai locali delle scuole e delle università, tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e delle scuole non paritarie e quello universitario. 

Obblighi vaccinali

Fino al 31 dicembre 2022 permane la necessità di sottoporsi agli obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie ed i dipendenti ospedalieri e nelle RSA, come stabilito dal D.L. n. 44 del 1 aprile 2021 convertito con modificazioni nella L. n. 76 del 28 maggio 2021.

La gestione delle positività nelle scuole.

In tutte le istituzioni del sistema educativo, scolastico e formativo resta l’obbligo di utilizzo di mascherine di tipo chirurgico (o di maggiore efficacia protettiva), fatta eccezione per i bambini fino a sei anni di età e per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso delle mascherine.

La mascherina va indossata anche sui mezzi di trasporto e sui mezzi di trasporto scolastici fino al 30 aprile 2022 e durante le durante le attività sportive.

Resta fermo, in ogni caso, il divieto di accedere o permanere nei locali scolastici se si è positivi al Covid o se si presenta una sintomatologia respiratoria e una temperatura corporea superiore ai 37,5°.

Sarà possibile svolgere uscite didattiche e viaggi d’istruzione, compresa la partecipazione a manifestazioni sportive e fino al 30 aprile si potrà accedere alle istituzioni scolastiche solo esibendo il green pass base.

Cambia la gestione dei casi di positività: infatti in presenza di almeno quattro casi di positività tra le alunne e gli alunni nella stessa sezione/gruppo classe, le attività proseguiranno in presenza e per docenti ed educatori, nonché per le bambine e i bambini che abbiano superato i sei anni, sarà previsto l’utilizzo delle mascherine FFP2 per dieci giorni dall’ultimo contatto con il soggetto positivo.

In caso di comparsa di sintomi, sarà obbligatorio effettuare un test antigenico o un test molecolare.

Se si è ancora sintomatici, il test va ripetuto al quinto giorno successivo alla data dell’ultimo contatto. In questo caso l’esito negativo del test è attestato con autocertificazione.

La DAD.

Le alunne e gli alunni delle scuole primarie, secondarie di primo grado, secondarie di secondo grado e del sistema di istruzione e formazione professionale, in isolamento per infezione da Covid, potranno seguire l’attività scolastica nella modalità della didattica digitale integrata su richiesta delle famiglie o dell’alunno maggiorenne, accompagnata da specifica certificazione medica che attesti le condizioni di salute dell’alunno.

La riammissione in classe sarà subordinata alla sola dimostrazione di aver effettuato un test antigenico rapido o molecolare con esito negativo.

Fino al 15 giugno resta l’obbligo vaccinale per tutto il personale scolastico.

Laddove non risulti l’effettuazione della vaccinazione o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle modalità stabilite nell’ambito della campagna vaccinale in atto, il personale docente ed educativo sarà invitato a produrre, entro 5 giorni, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione oppure l’attestazione relativa all’omissione o al differimento della stessa, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione da eseguirsi in un termine non superiore a venti giorni dalla ricezione dell’invito, o comunque l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale.

In caso di mancata presentazione della documentazione e di inosservanza dell’obbligo vaccinale il personale docente ed educativo non adempiente, sarà utilizzato in attività di supporto all’istituzione scolastica. Non andrà, dunque, in classe.

Proroghe dei termini correlati alla pandemia – smart working nel settore privato.

Vi sono poi delle proroghe dei termini fino al 31 dicembre 2022 che riguardano il Conferimento di incarichi temporanei a laureati in medicina e chirurgia da parte delle aziende e degli enti del Servizio  sanitario nazionale, del Trattenimento in servizio dei dirigenti medici e sanitari e del personale sanitario delle Disposizioni sul trattamento dei dati personali nel contesto pandemico da COVID-19,   delle Misure urgenti per la tempestiva adozione dei provvedimenti del Ministero dell’istruzione e del Temporaneo superamento di alcune incompatibilità per gli operatori delle professioni sanitarie.

La proroga dei termini  invece sarà fino al 30 giugno 2022 per la sorveglianza sanitaria lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, il conferimento di incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a dirigenti medici, veterinari e sanitari nonché’ al personale del ruolo sanitario del comparto sanità, collocati in quiescenza, nonché agli operatori socio-sanitari collocati in quiescenza e per le disposizioni in materia di lavoro agile per i lavoratori del settore privato (commi 3 e 4 dell’Articolo 90 del decreto-legge 19 maggio 2020).

Pertanto sono dunque prorogate fino al 30 giugno 2022, le disposizioni in tema di lavoro agile semplificato o emergenziale che ne consentono il ricorso allo smart working anche in assenza degli accordi individuali.

31 Marzo 2022

Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex

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Archivio news – 2022

4 marzo 2022

“MISURE URGENTI IN MATERIA DI FRODI FISCALI, SICUREZZA DEL LAVORO ED ENERGIA RINNOVABILE”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 25 febbraio 2022, n. 13.

2 marzo 2022

“CORONAVIRUS – PROROGA STATO DI EMERGENZA – CONVERSIONE IN LEGGE”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal D.L. 221 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 del 2022.

24 febbraio 2022

“TUTELA DELL’AMBIENTE”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate alla Costituzione dalla Legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1.

14 febbraio 2022

“CORONAVIRUS – MISURE URGENTI IN MATERIA DI “GREEN PASS” E SISTEMA SCOLASTICO”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 4 febbraio 2022, n. 5.

11 febbraio 2022

“CORONAVIRUS – DECRETO SOSTEGNI TER”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 27 gennaio 2022, n. 4.

10 febbraio 2022

“CORONAVIRUS – ULTERIORI MISURE PER EVITARE LA DIFFUSIONE DEL VIRUS – CONVERSIONE IN LEGGE”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal D.L. 172 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 del 2022.

9 febbraio 2022

“PROCESSO PENALE – INCOMPATIBILITA’ DEL GIUDICE DELL’ESECUZIONE”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 7 del 2022.

9 febbraio 2022

“LEGGE EUROPEA 2019-2020”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dalla Legge 23 dicembre 2021, n. 238.

4 febbraio 2022

“CORONAVIRUS – ULTERIORI MISURE PER EVITARE LA DIFFUSIONE DEL VIRUS”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 7 gennaio 2022, n. 1.

3 febbraio 2022

“LEGGE DI BILANCIO 2022”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dalla Legge 30 dicembre 2021, n. 234.

26 gennaio 2022

“ATTUAZIONE PNRR E PREVENZIONE INFILTRAZIONI MAFIOSE – CONVERSIONE IN LEGGE”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal D.L. 152 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla L. 233 del 2021.

25 gennaio 2022

“FIGLI A CARICO – ISTITUZIONE ASSEGNO UNICO E UNIVERSALE”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto Legislativo 21 dicembre 2021, n. 230.

21 gennaio 2022

“CORONAVIRUS – ULTERIORI MISURE PER EVITARE LA DIFFUSIONE DEL VIRUS”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 30 dicembre 2021, n. 229.

21 gennaio 2022

“DECRETO-LEGGE MILLEPROROGHE”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 30 dicembre 2021, n. 228.

14 gennaio 2022

“CORONAVIRUS – PROROGA STATO DI EMERGENZA”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 24 dicembre 2021, n. 221.

11 gennaio 2022

“ECONOMIA, FISCO E TUTELA DEL LAVORO – MISURE URGENTI – CONVERSIONE IN LEGGE”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal D.L. 146 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla L. 215 del 2021.

10 gennaio 2022

“GESTIONE SICUREZZA INFRASTRUTTURE STRADALI – ATTUAZIONE DIRETTIVA (UE) “

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto Legislativo 15 novembre 2021, n. 213.

5 gennaio 2022

“MERCATO DELL’ENERGIA ELETTRICA – ATTUAZIONE UE”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 210.

5 gennaio 2022

“TESTO UNICO MEDIA AUDIOVISIVI – ATTUAZIONE UE”

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 208.

San Sisto I

 

San Sisto I


Nome: San Sisto I
Titolo: Papa
Nascita: Roma
Morte: 126 circa, Roma
Ricorrenza: 3 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Patrono di:AlatriAlife
 
Sisto o, più correttamente, Xystus, fu papa per dieci anni, dal 116 circa al 125. Non si hanno notizie certe sulla sua vita e nemmeno sulla sua morte e il resoconto offerto nel Liber Pontificalis sulle regole disciplinari e liturgiche che introdusse nella Chiesa di Roma, difficilmente può essere attendibile, poiché fa riferimento a un periodo più definito.

Tradizionalmente è considerato romano di nascita, figlio di un uo mo di nome Pastore; la forma esatta del suo nome indicherebbe origini greche, ma potrebbe comunque essere nato a Roma. Morì durante il regno dell’imperatore Adriano (117-138), probabilmente come martire, sebbene sia strano che S. Ireneo (2 giu.) non lo menzioni nel suo elenco dei primi papi. B.T.A. ipotizza che il Sisto commemorato originariamente nel canone della Messa piuttosto che Sisto I fosse S. Sisto II (6 ago.), il cui martirio fu commemorato più diffusamente.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, san Sisto I, papa, che, al tempo dell’imperatore Adriano, resse la Chiesa di Roma, sesto dopo il beato Pietro.

GU

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Gazzetta Ufficiale

Elenco delle Gazzette Ufficiali pubblicate negli ultimi 30 giorni:

Archivio completo delle Gazzette Ufficiali in formato “testuale” ed in formato “PDF” (con le Gazzette Ufficiali in formato “PDF” dal 1861):

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Ivan IV di Russia

Ivan IV di Russia

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Nota disambigua.svg Disambiguazione – “Ivan il Terribile” rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Ivan il Terribile (disambigua).
Ivan IV di Russia
detto “il Terribile”
Vasnetsov Ioann 4.jpg

Ivan IV il Terribile, ritratto di Viktor Michajlovič Vasnecov.[1]

Zar di Tutte le Russie
Stemma
In carica 16 gennaio 1547 –
28 marzo[2] 1584
Incoronazione 16 gennaio 1547
Predecessore sé stesso come Gran Principe di Mosca
Successore Fëdor I
Gran Principe di Mosca
In carica 3 dicembre 1533 –
16 gennaio 1547
Predecessore Basilio III
Successore sé stesso come Zar di Tutte le Russie
 
Nome completo Ivan Vasil’evič
Nascita Kolomenskoe, 25 agosto 1530
Morte Mosca, 28 marzo[2] 1584 (53 anni)
Luogo di sepoltura Cattedrale dell’Arcangelo MicheleMosca
Dinastia Rjurikidi
Padre Basilio III di Russia
Madre Elena Glinskaja
Coniugi Anastasija Zachar’ina
Marija Temrjukovna
Marfa Sobakina
Anna Koltovskaja
Anna Vasil’čikova
Vasilisa Melent’eva (?)
Marija Dolgorukaja (?)
Marija Nagaja
Figli da Anastasija Zachar’ina:
Anna
Marija
Dmitrij
Ivan
Evdokija
Fëdor
da Marija Temrjukovna:
Vasilij
da Marija Nagaja:
Dmitrij
Religione Chiesa ortodossa russa
«Tutti i sovrani russi sono autocrati e nessuno ha il diritto di criticarli, il monarca può esercitare la sua volontà sugli schiavi che Dio gli ha dato. Se non obbedite al sovrano quando egli commette un’ingiustizia, non solo vi rendete colpevoli di fellonia, ma dannate la vostra anima, perché Dio stesso vi ordina di obbedire ciecamente al vostro principe.»
(Lettera di Ivan IV il Terribile ad Andrej Kurbskij[3])

Ivan IV Vasil’evič[4] (Kolomenskoe25 agosto 1530 – Mosca28 marzo 1584[2]) assunse per primo il titolo di zar di tutte le Russie, titolo che nel 1561 fu approvato dal decreto del patriarca di Costantinopoli: nacque così la teoria che voleva “Mosca Terza Roma“.

È noto anche come Ivan il Terribile (in russoИван Грозный?traslitteratoIvan Groznyj ascolta[?·info]). La traduzione col termine “terribile” dell’aggettivo “groznyj” è molto ambigua: l’aggettivo “terribile”, in russo “strašnyj” o “užasnyj“, deriva da strah (paura) oppure užas (terrore). Invece, “groznyj” deriva da “groza” che può significare sia “tempesta”, sia “minaccia”. Pertanto il nome dello zar suona più come “Ivan il tonante” o “Ivan il temibile”. Quest’aggettivo era usato dal popolo in maniera tutt’altro che negativa, dato che il sovrano tuonava e minacciava i boiardi, che molte volte nella storia russa si sono resi responsabili della disgregazione dello stato.[5] Lo stesso aggettivo “groznyj” talvolta è attribuito anche a Ivan III; nella tradizione popolare russa Ivan III è conosciuto semplicemente come Ivan Vasil’evič (Иван Васильевич, “Ivan, figlio di Basilio”).

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La reggenza di Elena Glinskaja[modifica | modifica wikitesto]

Figlio del Granduca Basilio III di Russia e di Elena Glinskaja, Ivan Vasil’evič nacque il 25 agosto 1530 a Kolomenskoe.

Il 3 dicembre 1533 muore suo padre e, all’età di tre anni, il piccolo Ivan gli succede, divenendo quindi Principe di Moscovia. Tuttavia il suo regno venne retto per cinque anni dalla madre Elena: sul proprio letto di morte, Basilio III trasferì i suoi poteri a quest’ultima, dandole la facoltà di governare il Principato fino a che il primogenito Ivan non fosse stato abbastanza maturo per subentrarle. Gli storici del tempo non ci forniscono alcun’altra informazione sullo status di Elena dopo la morte del marito: è solamente dato sapere che la sua autorità poteva essere definita come reggenza e che tutti i boiardi avrebbero dovuto a lei sottomettersi. Per questa ragione il tempo che intercorse tra la morte di Basilio e quella della moglie, avvenuta in circostanze misteriose nel 1538, viene definito con l’espressione “il regno di Elena”.

Poco tempo dopo la morte di Basilio III, iniziò per Ivan una dura lotta che si sarebbe prolungata per tutta la gioventù: quella contro i boiardi che aspiravano a conquistare posizioni di potere e che vedevano nel nuovo Gran Principe solo uno strumento; un fanciullo facile da manovrare a favore di una o dell’altra fazione nobiliare.

Già verso la fine del 1534 il principato di Moscovia venne a trovarsi sull’orlo di una guerra civile. Tuttavia, per evitare la presa di potere di una delle fazioni boiarde e per assicurare una tranquilla successione al proprio primogenito, la madre di Ivan IV, Elena, fece imprigionare e giustiziare molti nobili, tra cui i Principi russi fratelli dello stesso Basilio, accusandoli di aver cospirato contro di lei e di suo figlio. Le precauzioni prese da Elena non ebbero tuttavia successo: la sua morte avvenne in strane circostanze e probabilmente il decesso fu causato da avvelenamento.[6]

Per il piccolo Ivan questo avvenimento fu sconcertante: privato anche della madre, a cui era legato da un profondo vincolo affettivo, si ritrovò orfano a otto anni, con l’incombenza di governare uno stato e di tenere a bada una corte che, senza il freno della madre, non tardò a sprofondare nel caos più totale a causa dell’acuirsi delle lotte fra boiardi.

Guerra civile[modifica | modifica wikitesto]

 

Ritratto di Ivan IV il Terribile

In questo clima di insicurezza fu inevitabile lo scoppio della guerra civile all’interno del principato di Moscovia. L’obiettivo delle diverse fazioni in lotta era quello di poter controllare il trono retto dal giovanissimo monarca, considerato null’altro che un sovrano fantoccio. A contendersi il potere furono le due più importanti famiglie boiarde, gli Šujskij ed i Belskij. Queste due fazioni continuarono a combattersi tra di loro e, appena una aveva il sopravvento sull’altra, la Corte russa veniva decimata da stragi perpetrate dalla vincente contro coloro che venivano sospettati di tradimento. Le due famiglie iniziarono ad attingere al tesoro del principato e non esitarono ad utilizzare l’esercito moscovita per le proprie trame di potere.

Nel frattempo, con la Russia in piena guerra civile, nessuno si ricordò del suo legittimo regnante, il quale fu talmente trascurato da non essere nemmeno nutrito regolarmente. Ivan si aggirava tutto solo tra le grandi stanze del palazzo imperiale, dimenticato da tutti e circondato da omicidi, tradimenti e spietate lotte per il potere. L’unico appoggio che ricevette fu quello del suo futuro consigliere, Macario, il quale, eletto Metropolita nel 1542, prese sotto la sua protezione il giovane Ivan e ne condivise il forte odio verso i boiardi.

Il clima di sospetto ed intrigo in cui Ivan IV si ritrovò a vivere durante la sua infanzia segnarono perennemente la psiche del giovane Zar: da qui, prima ancora che dal mero calcolo politico, nacque il suo odio esasperato contro le famiglie nobiliari e la strenua diffidenza verso tutto il genere umano. Per alcuni suoi biografi furono tutte le atrocità a cui Ivan IV dovette assistere, e a cui dovette far fronte, a trasformarlo in un crudele tiranno, tanto da farlo soprannominare “il Terribile” in età adulta.

La famiglia Šujskij, i cui membri erano stati elevati al ruolo di reggenti, cercò in ogni modo di controllare il ragazzo, così da poter avere carta bianca nel governo del paese. Ivan, che secondo le fonti fu fin da giovane di stazza erculea, allo scopo di confondere i boiardi si faceva credere un inetto; in realtà egli era in possesso di straordinarie doti di intelligenza e cultura, che lo portavano a passare la maggior parte del proprio tempo immerso nella lettura. Nel 1544, quando Ivan IV aveva quattordici anni, chiamò a sé due bracconieri di indubitabile fedeltà, ordinando loro di catturare e strozzare il capo famiglia Šujskij; egli stesso assistette alla morte del proprio nemico, con tranquillità, come se la cosa non lo toccasse affatto. Le cronache del tempo, provenienti dalla corte moscovita, ci riferiscono che dopo questo episodio i boiardi iniziarono a diffidare e a temere Ivan IV.

Dopo aver fatto capire che i rapporti di forza del principato di Moscovia si erano ribaltati a proprio favore, Ivan si circondò nella propria corte di giovani nobili che, per quattro anni, furono suoi sodali in giochi crudeli e molto stravaganti: si divertivano infatti, appena scesa la sera, a vagare per Mosca e a bastonare chiunque trovassero sulla loro strada, violentando le donne che avevano la sfortuna di incontrarli. Un altro “passatempo” cui erano particolarmente dediti era quello di gettare dei cani dalle torri del castello imperiale.

Ivan IV fu ufficialmente incoronato zar di Russia, con la corona di Monomaco, all’età di sedici anni, il 16 gennaio 1547.[7]

I primi anni di regno[modifica | modifica wikitesto]

Al momento dell’incoronazione, dopo aver dimostrato negli anni precedenti la propria intelligenza in ambito politico, Ivan si rivelò di un’ambizione tale da affermare che i simboli del Principato di Mosca, il globo con la croce e lo scettro, provenivano direttamente da Costantinopoli in quanto inviati da un Imperatore bizantino nel XII secolo a un proprio antenato, principe della dinastia Rurik. Giustificò, in questo modo, la propria decisione di assumere il titolo di zar, ossia Cesare (chiaro richiamo all’Impero romano), e fece assurgere Mosca al ruolo di Terza Roma.[7] A ulteriore giustificazione di tale scelta vi era la circostanza che nelle vene di Ivan IV scorreva sangue imperiale bizantino poiché suo nonno, Ivan III di Russia, aveva sposato nel 1472, Zoe Paleologa,[8] poi rinominata Sophia, figlia di colui che aveva il titolo onorario di imperatore romano (d’oriente), ossia Tommaso Paleologo, fratello degli ultimi due imperatori bizantini, Giovanni VIII Paleologo (1425-1448)[9] e Costantino XI Paleologo (1449-1453).[10] Per completare l’opera, infine, Ivan IV introdusse nello stemma imperiale russo il simbolo distintivo degli imperatori bizantini, ovvero l’aquila bicipite[11] e non solo si nominò zar, ma scelse di persona anche la nuova zarina, come i basileus a Costantinopoli sceglievano la basilissa.

Emanò, infatti, un editto nel quale intimava a tutti i nobili russi di inviare a Mosca le proprie figlie in età da marito, in modo che lui stesso potesse scegliere la sua futura moglie. La pena per chi avesse tentato di non ubbidire prontamente a tale ordine sarebbe stata la morte. Le figlie dei boiardi che giunsero a Mosca furono all’incirca 1.500, e Ivan IV le osservò tutte attentamente, seguito dal proprio consigliere, e ad ognuna di esse regalò delle pietre preziose ed uno scialle con ricami dorati. Lo Zar scelse come sua compagna Anastasija Romanovna Zachar’ina, appartenente a una famiglia nobile di provincia e sorella di Nikita Romanovič Zachar’in-Jur’ev.

Tuttavia la sua scelta non fu gradita agli aristocratici moscoviti, che si sentirono offesi in primo luogo perché non era stata scelta una delle loro figlie ed in secondo perché loro non volevano servire e prestare giuramento ad una nobildonna di poco conto venuta dalla provincia. Ivan IV in seguito avrebbe più volte apprezzato la scelta effettuata quel fatidico giorno, poiché il suo rapporto con la moglie si rivelò col tempo ottimo: cominciò, infatti, a fidarsi quasi solo ed esclusivamente di lei, che era una persona mite e fedele, e quando si trovava in sua compagnia non era soggetto a quei terribili sbalzi di umore che da pochi anni avevano cominciato a manifestarsi.

 

Il trono di Ivan IV

La crudeltà e il cinismo in Ivan IV crescevano tuttavia continuamente, come sta anche a testimoniare un avvenimento che si verificò nel 1547. In tale data si presentarono a corte alcuni rappresentanti di un villaggio del principato di Moscovia a lamentarsi riguardo al governatore della zona che, a loro dire, era ingiusto verso di loro. Ivan IV, per nulla interessato a tali doglianze e lamentandosi egli stesso di stare solo perdendo tempo, ordinò alle proprie guardie di prendere quegli uomini e, dopo averli cosparsi di acquavite, di bruciare loro le barbe.

Mentre i soldati stavano per eseguire l’ordine dello Zar furono fermati dall’avviso di un servo che annunciava che Mosca stava andando a fuoco. Il disastro fu inevitabile: la città fu in gran parte distrutta e persero la vita 1.700 abitanti; anche il palazzo imperiale andò a fuoco e non fu possibile salvarlo dalle fiamme. Dopo questo evento lo Zar fu colpito da un attacco di nervi, ma secondo i suoi biografi contemporanei tale esperienza giovò al suo modo di governare, che divenne più responsabile. Sembra infatti che avesse visto nell’incendio una punizione divina per i suoi peccati, tanto da spingerlo a pentirsi pubblicamente sulla Piazza Rossa, promettendo di governare da allora in poi nell’interesse del popolo. Successivamente, si circondò di un numero di consiglieri più moderati e meno accondiscendenti verso le sue intemperanze e riuscì inoltre a tramutare tale nefasto avvenimento in un successo politico, poiché il popolo ritenne responsabile dell’incendio la potente famiglia dei Glinski, parenti materni dello Zar, i cui esponenti di spicco vennero linciati dalla folla in tumulto.

Iniziò, quindi, un periodo caratterizzato da una politica volta alla pace e alle riforme di modernizzazione dello stato. Innanzitutto nominò un ministro riformatore nella persona di Aleksej Fëdorovic Adašev. Volendo rafforzare la carica di Zar, in modo da renderla meno soggetta ai condizionamenti esterni, Ivan contrastò i funzionari e il clero corrotto, modificò il codice penale, convocò nel 1549 lo Zemskij Sobor (un parlamento su base feudale), con il quale costrinse i boiardi a ratificare in assemblea le sue decisioni in politica interna, e nel 1551 lo Stoglavyj soborconcilio ecclesiastico diretto dallo stesso Ivan nel quale venne stabilita la subordinazione della chiesa allo stato e un complesso sistema di rituali e regole a cui la Chiesa ortodossa russa avrebbe continuato a sottoporsi nei secoli successivi.

Nel 1550 Ivan creò un esercito permanente, formato dagli strelizi,[12] grazie al quale riuscì a ottenere il controllo su tutti gli esponenti dell’alta nobiltà: l’appellativo “il Terribile” fu coniato proprio in tale occasione dalla fascia più bassa della popolazione e, lungi da avere una connotazione negativa, manifestava invece il rispetto dei più poveri verso il loro sovrano, che non esitava a usare il pugno di ferro sia con la nobiltà che li opprimeva, sia con i Tartari, autori da secoli di continue e sanguinose razzie nelle campagne.[13]

A far risultare Ivan IV ancora più gradito al basso volgo, sopravvenne un suo discorso pubblico a Mosca nel quale si scusava con i propri sudditi di non averli difesi in passato contro i soprusi di certi boiardi, e annunciava che da quel momento in poi non sarebbe più accaduto nulla di simile. Concluse la propria orazione ergendosi a difensore dei deboli e mise subito in atto i propri intenti facendo immediatamente arrestare un gran numero di nobili.

 

Il sigillo di Ivan IV il Terribile

La Russia iniziava in quel periodo ad ampliare le proprie rotte commerciali, aprendo ai mercanti inglesi il porto di Arcangelo sul Mar Bianco. Lo Zar era inoltre determinato a contrastare i continui assalti da parte dei Tartari sui suoi territori, e per far ciò decise nel 1551 di organizzare un grande esercito, di cui poi egli stesso si mise a capo, con l’obiettivo di attaccare i Khanati tatari. Conquistò i Khanati di Kazan’ (1552) e di Astrachan’ (1556),[14] entità statali nate dalla dissoluzione del Khanato dell’Orda d’Oro. Durante tale periodo delegò al Metropolita Macario il compito di gestire gli affari interni della Moscovia, eleggendolo di fatto reggente.

La prima parte del regno di Ivan IV non fu solo caratterizzata da aspetti positivi: risale infatti a questo periodo la promulgazione delle prime leggi che restringono la libertà di spostamento dei contadini, leggi che daranno poi origine alla servitù della gleba.

Nel 1553 Ivan IV diede ordine ai suoi architetti di erigere una nuova chiesa a Mosca. Questa, originariamente costruita per festeggiare la presa di Kazan’, sarebbe stata successivamente chiamata Cattedrale di San Basilio, in onore del santo Stolto in Cristo Basilio il Benedetto, con il quale Ivan aveva costruito uno stretto rapporto. La chiesa, che oggi si trova nel lato sud della Piazza Rossa, fu completata nel 1560, ma il risultato non fu di gradimento ai contemporanei che la definirono grottesca, con colori troppo accesi, e con una totale mancanza di simmetria. Ciò nonostante, allo zar piacque moltissimo, tant’è vero che diede l’ordine di accecare gli architetti, affinché non potessero costruire per qualcun altro una cosa altrettanto bella.[15]

Avvenimento di notevole importanza storica che caratterizzò i primi anni di regno di Ivan fu altresì l’introduzione in Russia della prima pressa da stampa tipografica (sebbene i primi due stampatori Ivan Fëdorov e Pëtr Mstislavests siano stati in seguito costretti a fuggire da Mosca ed a rifugiarsi nel Granducato di Lituania).

Tragedie, tradimenti e follia[modifica | modifica wikitesto]

Un successivo conflitto iniziato per l’espansione del territorio e il controllo sui mari, durante il quale inizialmente i russi avevano conseguito un buon numero di vittorie, si trasformò in un’interminabile guerra contro SvedesiLituaniPolacchi e Ordine livoniano. Gli scontri militari si protrassero per ventidue anni e consumarono notevoli risorse. La Russia ne fu danneggiata sia dal punto di vista economico che da quello militare, senza ottenere alcun vantaggio territoriale.

Al termine del conflitto il miglior amico e consigliere di Ivan IV, il principe Andrej Kurbskij, tradì la fiducia dello Zar e fuggì in Polonia. Nel 1553 Ivan fu colpito da una violenta febbre e la sua salute peggiorò al punto tale che nessuno, tanto meno lo Zar stesso, avrebbe potuto credere in una sua guarigione. Per questo convocò i boiardi, a cui chiese di giurare fedeltà al figlio Dimitrij, che Ivan IV aveva prescelto come proprio erede e successore. Poiché però i nobili non avevano alcuna intenzione di promettere fedeltà a Demetrio, arrivarono persino a litigare davanti al morente Ivan IV sul nome di chi avrebbe dovuto sostituirlo sul trono di Mosca.

Ivan tuttavia, contro tutte le aspettative, guarì. Per ringraziare Dio del beneficio ricevuto, lo Zar intraprese un pellegrinaggio ma, mentre già era in viaggio, dovette far ritorno a Mosca a causa di una disgrazia che si era abbattuta sulla sua famiglia: il figlio Demetrio era caduto nel fiume Šeksna nel quale era morto annegato. Il dolore di Ivan fu immenso e a questo si sommò quello per la perdita, nel 1560, dell’amatissima moglie Anastasia, una delle pochissime persone di cui si fidasse, che pare fosse stata assassinata dai boiardi.

Dopo la morte di quest’ultima, lo Zar sembrò essere sull’orlo della follia ma, appena undici giorni dopo, prese in sposa in seconde nozze Marija Temrjukovna, una principessa cabardina. Anche se secondo i contemporanei Maria era la vera fautrice delle decisioni dello Zar, non fu mai veramente amata da Ivan IV, il quale disapprovava il suo modo di comportarsi. La Zarina morì nel 1569, dopo di lei Ivan IV si sarebbe sposato altre sei volte.

L’Opricnina[modifica | modifica wikitesto]

 

Ivan IV il Terribile

Il 3 dicembre 1564 Ivan IV si allontanò con la propria famiglia, e con tutti i suoi servi, dal palazzo imperiale di Mosca, per stabilirsi nel villaggio di Aleksandrov, portando con sé le sue insegne imperiali e il tesoro di corte. Lo Zar faceva affidamento sul fatto che i nobili, divisi in fazioni e incapaci di trovare un accordo su come governare la Moscovia, gli avrebbero spontaneamente chiesto di tornare al potere, accettando tutte le condizioni che ciò avrebbe comportato.

Il 3 gennaio 1565 inviò al Metropolita di MoscaAtanasio, una lettera nella quale accusava i boiardi della disgregazione in cui si trovava il paese e di crimini, manifestando altresì l’intenzione di abdicare. Ordinò tuttavia a suoi fedeli rimasti a Mosca di leggere due suoi proclami per le strade della capitale: in uno accusava i boiardi di maltrattare il popolo e annunciava che avrebbe abdicato, nel secondo smentiva l’abdicazione e affermava di averla semplicemente usata come minaccia.

Il tentativo si rivelò efficace: temendo un nuovo periodo di disordini, una delegazione, composta dal Metropolita, dai boiardi (che temevano la degenerazione della situazione politica interna e di essere accusati di tradimento) e dai mercanti (delegazione appoggiata dal popolo, fedele allo Zar), si recò ad Aleksandrov, richiedendo il ritorno al potere dello Zar. Il sovrano pose una sola condizione, la cui accettazione lo avrebbe reso illimitatamente potente: il clero avrebbe dovuto rinunciare al suo diritto di intercessione nei confronti dei ceti più deboli e i boiardi avrebbero dovuto rinunciare alle garanzie di una giustizia equa. La delegazione fu costretta ad accettare. Al suo ritorno a Mosca lo Zar parve cambiato, le cronache (molte delle quali provengono tuttavia dal partito a lui avverso) riportano che i suoi occhi si erano infossati, profonde rughe erano comparse sul suo viso e il suo fisico era deperito.

Nel corso dello stesso mese, un ukaz dello zar divise il territorio della Moscovia in due parti: la zemšcina, la quale conservava la passata amministrazione zarista, e l’Opričnina, sulla quale Ivan deteneva un potere illimitato. Quest’ultima corrispondeva a più di un terzo dell’intero regno e comprendeva i migliori terreni coltivabili, parti delle città più grandi e della stessa Mosca. Nella medesima occasione, Ivan IV creò la milizia degli Opričniki, una truppa scelta di 1.000 uomini, che aveva il dovere di obbedirgli fedelmente. Questi uomini, cui il popolo ben presto affibbierà il soprannome di Truppa di Satana (per il terrore che diffondevano tra i boiardi), circolavano vestiti completamente di nero e avevano come segni distintivi una scopa e la testa di un cane, che simboleggiavano allegoricamente la loro missione: fiutare il tradimento e spazzarlo via. Portavano queste effigi sulle selle dei loro cavalli, soprannominati Neri dell’Inferno. Il più famoso tra i comandanti di queste bande fu Maljuta Skuratov, spietato esecutore degli ordini dello Zar e suo uomo di fiducia.

Durante questi eventi, le condizioni di sanità mentale dello Zar peggiorarono: testimonianza di ciò ci è fornita dalle cronache del tempo, per lo più provenienti da autori contrari alle politiche zariste, che ci raccontano di come l’Imperatore si alzasse all’alba per pregare quattro ore di fila insieme a tutta la sua corte. Chi fosse stato assente o sorpreso a non pregare con fervore poteva essere incarcerato o anche ucciso. Dopo tali funzioni, a cui spesso si accompagnavano esecuzioni capitali, lo Zar e la sua corte si davano alla vita mondana, partecipando a banchetti, visitando infine i sotterranei, dove erano presenti le camere di tortura.[16]

L’istituto dell’Opricnina perdurò dal 1565 al 1572, sette anni durante i quali Ivan si sforzò con tutte le sue forze di annientare i suoi avversari e di mutare il sistema di governo russo tramutandolo in un’autocrazia assoluta. I boiardi, duramente perseguitati e privati delle loro terre, cercarono inizialmente, tramite una decisione dello Zemskij Sobor del 1566, di dissuadere il sovrano, e successivamente giunsero a chiedere l’intervento militare della Lituania. Ivan, dopo essere riuscito a intercettare il loro messo, fece imprigionare i sediziosi e li condannò a morte. Il Metropolita Filippo, che aveva cercato di intercedere presso lo Zar per i nobili tenuti prigionieri, fu ucciso, e tale fine fecero anche due cugini di Ivan, Vladimir di Staritsa e il figlio, costretti dal sovrano ad avvelenarsi perché sospettati di complotto.

Ivan ordinò l’uccisione di molti nobili e contadini e introdusse la coscrizione obbligatoria per consolidare l’esercito che stava combattendo la Guerra di Livonia. Spopolamento e carestie si susseguirono; quelle che erano state le più ricche zone della Moscovia divennero le più povere. Tra il 1569 e il 1570 respinse un tentativo dei turchi di conquistare Astrachan’.[17]

Nel 1570 lo Zar, avendo saputo che i capi boiardi della rivolta erano alcuni nobili di Novgorod, inviò i suoi opricniki con l’ordine di saccheggiare la città e di uccidere tutti i suoi abitanti. Si fece poi stilare una lista di tutti i morti, che presentò nei monasteri russi, chiedendo ai loro egumeni di celebrare messe di suffragio. Fonti di parte riferiscono che la cifra dei morti oscillerebbe tra le trentamila e quarantamila anche se, a livello ufficiale, si contano 1500 caduti tra i nobili e lo stesso numero tra la gente comune. Sulla strada di ritorno verso Mosca, gli opricniki attaccarono e devastarono i possedimenti dei boiardi, massacrando ogni nobile. Lo stesso anno, credendo che due dei capi delle sue truppe scelte, Aleksej Basmanov e Afanasij Vjazemskij, avessero ordito una congiura, Ivan li fece arrestare e condannare a morte.

 

Dipinto di Il’ja Repin raffigurante Ivan IV che abbraccia il figlio, il Principe Ivan, ucciso in uno scatto d’ira

Ivan IV iniziò a dubitare dell’utilità dell’Opricnina dopo l’esecuzione dei due comandanti. Solo allora comprese che i membri della sua truppa scelta avrebbero potuto tradirlo con facilità alla prima occasione. Ivan IV era giunto a credere che la terza moglie, Marfa Sobakina, morta quindici giorni dopo il matrimonio, fosse stata avvelenata dagli Opricniki. Inoltre la truppa in quel periodo aumentò a 6.000 uomini,[18] la cui “fame” di bottino spingeva a razziare la Zemšcina di propria spontanea iniziativa, senza aver prima ottenuto alcuna autorizzazione da parte del sovrano.

Nella primavera del 1571 i Tartari della Crimea invasero la Moscovia e arrivarono fino alle porte di Mosca, distruggendo una parte della città. Durante l’avanzata, gli Opricniki non fecero nulla per opporsi agli invasori, probabilmente corrotti dal Khan tartaro.

Tutte queste circostanze costrinsero Ivan IV a tornare sui propri passi: nel luglio 1572 una nuova ukaz abolì l’istituto dell’Opricnina e sciolse le truppe degli Opricniki. I fondi dell’Opricnina furono quindi fusi con i terreni della zemšcina e fu consentito ai precedenti proprietari di ritornare nei possedimenti abbandonati sette anni addietro. Leggenda vuole che, al momento della sua abolizione, lo Zar avesse minacciato fortissime pene a chiunque avesse fatto menzione di questo istituto come di una cosa realmente esistita.

Gli storici russi ritengono che il periodo di “terrore” dell’Opricnina abbia causato la morte di almeno 10.000 uomini, provocando, inoltre, un notevole numero di carestie ed esodi di massa di contadini. Il commercio subì un duro colpo e ci sarebbero voluti diversi anni prima che questa traumatica esperienza si cicatrizzasse nel tessuto sociale dalla Moscovia.

Gli ultimi anni di regno[modifica | modifica wikitesto]

 

Ivan IV veglia il cadavere del figlio, il Principe Ivan, steso sul suo letto di morte, in un dipinto di V. G. Schwarz

Nel novembre del 1581, Ivan picchiò violentemente la propria nuora, incinta di un figlio, per avere indossato vestiti troppo appariscenti, causandole un aborto. Suo figlio, anch’egli chiamato Ivan, appena venuto a sapere dell’accaduto, ingaggiò un litigio furibondo con il vecchio Zar, durante il quale quest’ultimo colpì la testa del figlio con la punta in ferro del proprio bastone, causandone la morte. Disperato per ciò che aveva fatto, Ivan iniziò a vagare per i corridoi del suo palazzo imperiale, urlando, sbattendo la testa contro i muri e dicendo che non era degno di essere lo Zar di tutte le Russie. Riunì in seguito i boiardi, annunciando che voleva abdicare e chiedendo loro di scegliere il proprio erede. I boiardi, temendo di essere accusati di complotto, rifiutarono di adempiere alla sua richiesta.

Nel 1582 Ivan IV ratificò l’annessione del Khanato di Qasim, ormai da decenni Stato fantoccio nelle mani della Moscovia. Negli anni seguenti, grazie all’impegno della famiglia degli Stroganov e di un gruppo di Cosacchi guidati dal bandito Jermak, la Russia annesse il Khanato di Sibir, conquistando in tal modo la Siberia occidentale.[18]

Verso l’inizio del 1584 Ivan IV si ammalò gravemente e, capendo che oramai era in punto di morte, chiamò a sé il debole e forse ritardato mentale figlio Fëdor,[19] nominandolo proprio erede al trono. Gli raccomandò di governare con giustizia e saggezza e di evitare in ogni maniera la guerra, perché la Russia non era pronta per un conflitto. Con il timore della morte Ivan IV cercò il perdono divino, e quindi prese gli ordini monastici con i quali si sentiva certo di espiare tutti i suoi peccati.

Credenza popolare vuole che Ivan sia morto mentre giocava a scacchi, molto probabilmente con la sua guardia del corpo Bogdan Belskij, il 18 marzo 1584.[20] Quando la tomba di Ivan fu aperta per una serie di restauri voluti dal governo sovietico negli anni Sessanta del XX secolo, le sue ossa furono analizzate e fu scoperto che le stesse contenevano una quantità di mercurio tale da far ritenere con buona probabilità che il sovrano fosse stato avvelenato. I sospetti degli storici moderni ricadono sui suoi consiglieri Fëdor Belskij e Boris Godunov (che divenne Zar nel 1598). Tre giorni prima, infatti, Ivan aveva cercato di stuprare Irina, sorella di Godunov e moglie di Fëdor. Le urla della donna attirarono Godunov e Belskij che, dopo essere stati testimoni di tale evento, dovettero considerarsi vicini alla morte, nonostante Ivan avesse nel frattempo lasciato scappare la donna. La tradizione riferisce che entrambi avvelenarono o strangolarono lo Zar temendo per le proprie vite. Il mercurio trovato potrebbe essere tuttavia stato utilizzato dal sovrano per un trattamento contro la sifilide, di cui voci di corte ritenevano Ivan affetto.

Il primo Zar giocò un ruolo molto importante nella storia della Russia, riuscendo a sopprimere i khanati tartari ed espandendo i territori della Moscovia. Iniziò inoltre una politica di apertura verso l’Europa, tentando di far uscire la Russia dal suo isolamento: tale politica sarebbe stata portata avanti dai suoi successori.

Dopo la morte di Ivan IV la Moscovia, indebolita e devastata, passò in eredità al figlio Fëdor I, ma le sue cagionevoli condizioni di salute e il suo stato mentale alterato gli impedirono di affermare la propria personalità di sovrano e di sviluppare una politica autonoma.

Sulla vita di Ivan IV fu girato un film, dal regista Sergej Michajlovič Ėjzenštejn. Il film fu diviso in tre parti, di cui l’ultima non fu tuttavia portata a compimento a causa della morte del regista.

Lo Zar e la religione[modifica | modifica wikitesto]

 

Ivan IV che chiede a un religioso di conferirgli gli ordini monastici

Il rapporto di Ivan il Terribile con la religione fu di certo controverso e non privo di ambiguità. Se da un lato lo Zar non aveva avuto nessuna esitazione a diminuire in modo drastico i poteri della Chiesa ortodossa russa, emanando leggi che di fatto ne diminuivano l’autonomia autoregolamentativa, e successivamente ad inviare il proprio più fedele sicario ad assassinare il Metropolita Filippo, dall’altro si mostrò spesso incline a un misticismo che parve più volte sconfinare nella mera superstizione. Ad esso, oltre che alla sua proverbiale impulsività, va attribuita la decisione di intraprendere un pellegrinaggio dopo essere stato salvato, a suo parere miracolosamente, dalla malattia che nel 1553 era stata prossima ad ucciderlo, o la decisione, negli ultimi anni della propria vita, di prendere gli ordini monastici.

Preme inoltre far notare il particolare rapporto che ebbe con alcuni uomini, glorificati poi santi, primo fra tutti il già citato Basilio il Benedetto. Lo Stolto in Cristo, godendo di un particolare status di impunibilità che Ivan era il primo a sancire e riconoscere, era solito insultare pubblicamente lo Zar non appena questi pareva allontanarsi dai precetti cristiani. Illuminante a questo proposito è l’aneddoto secondo cui durante una funzione religiosa Basilio rimproverò Ivan davanti a tutta la Corte di non prestare la dovuta attenzione essendo troppo impegnato a pensare al nuovo palazzo che aveva intenzione di erigere sul monte dei Passeri: si narra che da quell’episodio il sovrano iniziò a temere il santo, che era stato capace di leggergli nella mente, e a manifestare verso di lui un rispetto ancora più grande[21]. Tale rispetto lo porterà ad accorrere nell’agosto del 1557 al capezzale di Basilio morente e a portare il feretro del santo durante il funerale.

Altro santo, sempre Stolto in Cristo, con il quale Ivan si racconta essersi incontrato, fu Nicola di Pskov il quale osò affrontare nel 1570 l’ira dello Zar arrestandosi dinnanzi a lui e ordinandogli di cessare il massacro in atto nella sua città. Si narra che Pskov, a differenza di Novgorod, si salvò dalla vendetta del sovrano per la defezione in campo lituano di alcuni suoi boiardi proprio grazie alla grande dose di timore e rispetto che Ivan provava per gli appartenenti a questa particolare condizione ascetica[22].

Il rapporto con i santi, lungi dall’essere esclusivamente personale, si fondava anche sulla venerazione delle reliquie alle quali Ivan, peraltro in linea con lo spirito del suo tempo, attribuiva una valenza “magica”. Già durante il proprio auto-esilio ad Alexandrov lo Zar aveva portato con sé, oltre al tesoro reale, anche le reliquie presenti a Mosca, utilizzandone il possesso per estorcere ai boiardi l’Opricnina.

Nel 1551, prima della spedizione militare contro il Khanato di Kazan’, Ivan si recò in pellegrinaggio a Rostov, presso il monastero fondato da Abramo di Rostov, dove i monaci gli mostrarono il bastone con cui si narra che tale santo avrebbe distrutto la statua di Veles, un dio pagano venerato nella zona. Credendo che tale bastone potesse procurare lui la vittoria contro i tatari infedeli lo asportò dal tempio e lo portò con sé durante la guerra.

L’immagine di Ivan nelle favole russe[modifica | modifica wikitesto]

 

Ivan IV il Terribile

I racconti e le fiabe tramandateci dal folklore russo riguardanti Ivan IV sono in netto contrasto con quanto gli storici hanno sempre affermato sulla sua figura ed il suo regno. Come sostiene lo studioso Jack V. Haney, le fiabe popolari «che riguardano Ivan IV, conosciuto come “il Terribile”, sono molto interessanti in quanto ritraggono il primo Zar ortodosso di tutte le Russie in una luce piuttosto diversa da quella tramandataci degli storici». Dallo studio di una grande varietà di fiabe, infatti, l’immagine predominante che ne emerge è senza dubbio positiva. Maureen Perrie sostiene che dal momento che è dipinto come «l’amico della gente comune e il nemico dei boiardi, lui [Ivan] è considerato uno Zar buono». Nelle fiabe, infatti, lo Zar è tipicamente descritto come un «alleato e protettore degli oppressi contro i loro comuni nemici, di cui in primo luogo i nobili».

Un esempio di tale tendenza può essere evidenziato in una fiaba rinvenuta e trascritta dallo studioso Samuel Collins, in cui nasce un’amicizia tra lo Zar, celatosi in modo da sembrare un comune suddito, e un ladro di strada. Un giorno il ladro chiede a Ivan se vuole andare a rubare con lui e lo Zar acconsente: dopo aver asportato un discreto quantitativo di merce in alcuni negozi al mercato, Ivan volle provare la fedeltà dell’amico suggerendogli di rubare il tesoro reale. A tale suggerimento il ladro schiaffeggiò il volto di Ivan dicendogli “Ho rubato per anni, ma non mi sognerei mai di derubare il mio Zar!”. La storia continua con la proposta da parte del ladro di derubare i boiardi con la motivazione che loro avrebbero guadagnato i soldi sfruttando la povera gente. Commosso dalla fedeltà e dal rispetto che l’uomo sosteneva avere per il proprio sovrano, Ivan si palesò allora nella sua vera identità e chiese al giovane ladro di diventare suo consigliere.

La fiaba di Collins mostra chiaramente come lo Zar fosse considerato dai poveri alla stregua di un alleato eroico, sempre pronto a combattere insieme al volgo la classe dei boiardi: accettando di fornire il proprio aiuto al ladro, lo Zar implicitamente ne legittima le azioni. Conseguentemente l’immagine che se ne trae non è affatto quella di un sovrano sanguinoso e senza scrupoli, ma piuttosto quello di un Re gentile e compassionevole con i propri sudditi.

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

      Genitori     Nonni     Bisnonni     Trisnonni
                  Basilio II di Russia     Basilio I di Russia  
   
    Sofia di Lituania  
Ivan III di Russia    
    Maria di Borovsk Principe Jaroslav Vladimirovič  
     
    Maria Fëdorovna Koškina  
Basilio III di Russia    
    Tommaso Paleologo Manuele II Paleologo  
     
    Elena Dragaš  
Sofia Paleologa    
    Caterina Zaccaria Centurione II Zaccaria  
     
    Creusa Tocco  
Ivan IV di Russia    
  Principe Lev Borisevič Glinskij Principe Boris Ivanovič Glinskij  
     
    ?  
Principe Vasilij L’vovič Glinskij    
    ? ?  
     
    ?  
Elena Vasil’evna Glinskaja    
    Stefan Jakšić Jakša Brežicić  
     
    ?  
Ana Jakšić    
    Milica Belmužević Miloš Belmužević  
     
    Olivera Belmužević  
   

Nell’arte[modifica | modifica wikitesto]

Musica[modifica | modifica wikitesto]

A più riprese la musica colta ha attinto alle vicende del primo zar per la sua produzione. In particolare, si ricordano le opere:

Cinema[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni ’40 del Novecento, Sergej Ėjzenštejn progettò una colossale trasposizione cinematografica della vita di Ivan IV, disegnandolo come l’eroe di un’epica nazionalista. Il progetto prevedeva una trilogia che si avvaleva anche delle musiche di Prokof’ev. Il primo film, Ivan il Terribile, Parte I, uscito nel 1944, ottenne l’approvazione di Stalin (e anche un Premio Stalin). Ma il seguito del film Ivan il Terribile, Parte II, conosciuto con il titolo La congiura dei Boiardi e girato nel 1946, non ottenne l’approvazione del governo e fu distribuito, postumo, solo nel 1958. Tutto il girato dell’ancora incompleto Ivan il Terribile, Parte III, iniziato nel 1947 ed interrotto per l’intervenuta morte di Ėjzenštejn, venne sequestrato e in gran parte distrutto (anche se rimangono ancora numerose scene filmate).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Klein – Twiss, p. 174.
  2. ^ Salta a:a b c Secondo il calendario gregoriano. Secondo il calendario giuliano: 18 marzo.
  3. ^ Klein – Twiss, p. 172.
  4. ^ https://www.treccani.it/enciclopedia/ivan-iv-il-terribile-granduca-di-mosca-e-zar-di-russia/
  5. ^ (EN) Roy Temple House e Ernst Erich Noth, Books Abroad: An International Literary Quarterly, vol. 15, University of Oklahoma, 1941, p. 343, ISSN 0006-7431 (WC · ACNP)URL consultato il 16 luglio 2015.
  6. ^ Martin, Medieval Russia, 331; Pushkareva, Women in Russian History, pp. 65-67.
  7. ^ Salta a:a b Gullino, p. 126.
  8. ^ Jannic Durand, Arte bizantina, Genova, key book arte, 2001. p. 205.
  9. ^ Georg Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, Torino, Einaudi, 1993. p. 545.
  10. ^ John Julius Norwich, Bisanzio, Milano, Oscar Mondadori, 2000. p. 447.
  11. ^ Jannic Durand, Arte bizantina, Genova, key book arte, 2001. p. 200.
  12. ^ Michael C. Paul, “The Military Revolution in Russia 1550-1682”, The Journal of Military History 68 No. 1 (gennaio 2004): 9-45, esp. pp. 20-22.
  13. ^ Frank D. McConnell. Oxford University Press, 1979. ISBN 0-19-502572-5; p. 78.
  14. ^ Fernand Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, Einaudi, Torino, 2002. p. 106
  15. ^ Klein – Twiss, p. 177.
  16. ^ Le vittime dello zar venivano torturate, uccise, bollite vive, fatte a pezzi o impalate.(I personaggi più malvagi della storia, Shelley Klein e Miranda Twiss, Newton Compton Editori, 2014).
  17. ^ Fernand Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, Einaudi, Torino, 2002. p. 106.
  18. ^ Salta a:a b Gullino, p. 127.
  19. ^ History International Channel coverage, 14:00-15:00 EDST 10 giugno 2008
  20. ^ Waliszewski, Kazimierz; Loyd Maria (1904). Ivan il Terribile. Philadelphia: JB Lippincott. Philadelphia: Lippincott JB. pp. 377–78.
  21. ^ (ENBlessed Basil of Moscow the Fool-For-Christ, su Orthodox Church in AmericaURL consultato il 3 giugno 2007.
  22. ^ (ENBlessed Nicholas (Salos) of Pskov the Fool-For-Christ, su Orthodox Church in AmericaURL consultato il 3 giugno 2007.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Bobrick, Benson, Ivan the Terrible. Edinburgh: Canongate Books, 1990 (hardcover, ISBN 0-86241-288-9).
  • Heller Michel, Histoire de la Russie et de son empire, Parigi, 1997.
  • Ivan IV, World Book Inc, 2000, World Book Encyclopedia.
  • Payne, Robert; Romanoff, Nikita, Ivan the Terrible, Lanham, MD: Cooper Square Press, 2002 (paperback, ISBN 0-8154-1229-0).
  • Madariaga, Isabel de, Ivan the Terrible. First Tsar of Russia, New Haven; London: Yale University Press, 2005 (hardcover, ISBN 0-300-09757-3); 2006 (paperback, ISBN 0-300-11973-9).
  • Perrie, Maureen, The Image of Ivan the Terrible in Russian Folklore, Cambridge: Cambridge University Press, 1987.
  • Haney, Jack V., An Introduction to the Russian Folktale. The Complete Russian Folktale, Armonk, New York: M.E. Sharpe, 1999.
  • Graeme Mercer Adam, Alfred Rambaud, The History of Russia from the Earliest Times to 1877, A. L. Burt company, 1904.
  • Janet Martin, Medieval Russia, 980-1584. Cambridge University Press, 7 dicembre 1995 (ISBN 0-521-36832-4ISBN 978-0-521-36832-2).

Opere in italiano[modifica | modifica wikitesto]

  • Casimiro Waliszewski, Ivan il Terribile, traduzione di M. I. Ussi, Milano, Corbaccio, 1930-1941.
    • Casimiro Waliszewski, Ivan il Terribile, traduzione di Lodovico Marinoni, Collana Storica, Milano, Dall’Oglio, I ed. 1941.
  • Ivan il Terribile, Lettere (con i commentari della Moscovia di Antonio Possevino), Centro Internazionale del libro, 1958.
  • Manfred Hellmann, Ivan il Terribile, Collana storia e personalità n.6, Edizioni Paoline, 1970.
  • Lettere e testamento di Ivan il Terribile, a cura di D. S. Lichacev e J. S. Lur’e, prefazione di Alessandro Ivanov, trad. Maria Olsufieva, Collana «I Cento Libri» n.32, Milano, Longanesi, 1972.
  • Ivan il Terribile e J. Rokyta, Disputa sul protestantesimo. Un confronto tra ortodossia e riforma nel 1570, introd., versione e note di Laura Ronchi De Michelis, Torino, Claudiana Editrice, 1979.
  • Robert Payne e Nikita Romanoff, Ivan il Terribile, Milano, Sugarco, 1981.
  • Alexander Yanov, Le origini dell’autocrazia, il ruolo di Ivan il Terribile nella storia russa, Milano, Edizioni di Comunità, 1984, ISBN 88-245-0189-3.
  • Patrizia Licini, La rotta di Nord-est, mercanti occidentali nella Moscovia di Ivan il Terribile, Milano, UNICOPLI, 1985, ISBN 88-7061-802-1.
  • Henri Troyat, Ivan il Terribile, traduzione di Anna Silva, Collana La Storia, Milano, Rusconi, I ed. 1985; Bompiani, 2001.
  • Laura Satta Boschian, La cultura e il potere. Da Ivan il Terribile a Sacharov, Roma, Studium, 1987, ISBN 88-382-3542-2.
  • Gaetanio Platania, Un italiano alla corte di Ivan il Terribile: Raffaello Barberini, Udine, Del Bianco, 1988.
  • Ivan il Terribile, Un buon governo nel regno. Il carteggio con Andrej Kurbskij, traduzione di e cura di Pia Pera, Collana Piccola Biblioteca n.447, Milano, Adelphi, 2000, ISBN 88-459-1527-1.
  • Ricardo Ferrari (testi) e Carlos Gomez (disegni). Il Terribile. Roma, Eura Editoriale, 2001. Fumetto storico pubblicato su Skorpio dal n. 23 al 30, anno 2001.
  • Vladimir Fédorovski, Il romanzo del Cremlino. Da Ivan il Terribile a Putin, Milano, Sonzogno, ISBN 88-454-1274-1.
  • Shelley Klein e Miranda Twiss, I personaggi più malvagi della storia, Roma, Newton & Compton, 2006, ISBN 88-541-0200-8.
  • Isabel de Madariaga, Ivan il Terribile, traduzione di R. Fagetti, Collana Biblioteca di cultura storica, Torino, Einaudi, 2006, ISBN 978-88-06-17901-4.
  • G. Gullino, G. Muto, E. Stumpo, Il mondo moderno, Roma, Monduzzi Editore, 2007.

Ivan il Terribile

Biografia di Ivan il Terribile, primo zar di Russia

Ivan il Terribile, nato Ivan IV Vasilyevich (25 agosto 1530 – 28 marzo 1584), era il Gran Principe di Mosca e il primo Zar di Russia . Sotto il suo governo, la Russia si trasformò da un gruppo vagamente connesso di singoli stati medievali in un impero moderno. La parola russa tradotta “terribile” nel suo nome ha connotazioni positive di ammirevole e formidabile, non malvagia o spaventosa.

 
 

Qualche dato: Ivan il Terribile

  • Nome completo : Ivan IV Vasilyevich
  • Occupazione : Zar di Russia
  • Nato : 25 agosto 1530 a Kolomenskoye, Granducato di Mosca
  • Morto : 28 marzo 1584 a Mosca, Russia
  • Genitori: Vasili III, Gran Principe di Mosca ed Elena Glinskaya
  • Sposi : Anastasia Romanovna (m. 1547-1560), Maria Temryukovna (m. 1561-1569), Marfa Sobakina (m. Ottobre-novembre 1571), Anna Koltovskaya (m. 1572, inviata al monastero).
  • Bambini : 3 figlie e 4 figli. Solo due sopravvissero all’età adulta: lo zarevich Ivan Ivanovic (1554-1581) e lo zar Feodor I (1557-1598).
  • Risultati chiave : Ivan IV, alias “Ivan il Terribile”, è stato il primo zar di una Russia unita, in precedenza un assortimento di ducati. Ha ampliato i confini russi e riformato il suo governo, ma ha anche gettato le basi per il dominio assoluto che alla fine avrebbe abbattuto la monarchia russa, secoli dopo.

Primi anni di vita

Ivan era il figlio maggiore di Vasili III, Gran Principe di Mosca , e della sua seconda moglie Elena Glinskaya, una nobildonna del Granducato di Lituania. Solo i primi anni della sua vita erano qualcosa di simile al normale. Quando Ivan aveva solo 3 anni, suo padre morì dopo che un ascesso alla gamba lo portò ad avvelenamento del sangue. Ivan è stato nominato Gran Principe di Mosca e sua madre Elena era la sua reggente. La reggenza di Elena durò solo cinque anni prima che morisse, molto probabilmente in un assassinio avvelenato, lasciando il regno nelle mani di faide famiglie nobili e lasciando soli Ivan e suo fratello Yuri.

 

Le lotte che Ivan e Yuri hanno affrontato non sono ben documentate, ma quello che è certo è che Ivan ha avuto pochissimo potere sulla sua crescita. Invece, la politica era gestita dai nobili boiardi. Dopo aver compiuto sedici anni, Ivan è stato incoronato nella Cattedrale della Dormizione , il primo sovrano ad essere incoronato come “Zar di tutte le Russie” piuttosto che come Gran Principe. Affermò che la discendenza risaliva a Kievan Rus, un antico regno russo caduto secoli prima nei mongoli , e suo nonno, Ivan III, aveva consolidato molti territori russi sotto il controllo di Mosca.

 

Espansioni e riforme

Solo due settimane dopo la sua incoronazione, Ivan sposò Anastasia Romanova, la prima donna a portare il titolo formale di zarina e un membro della famiglia Romanov , che sarebbe salita al potere dopo che la dinastia Rurik di Ivan aveva vacillato dopo la sua morte. La coppia avrebbe continuato ad avere tre figlie e tre figli, incluso l’eventuale successore di Ivan, Feodor I.

 

Quasi immediatamente, Ivan dovette affrontare una grave crisi quando il Grande Incendio del 1547 travolse Mosca, devastando enormi porzioni della città e lasciando migliaia di morti o senzatetto. La colpa ricadde sui parenti materni Glinski di Ivan e il loro potere fu quasi distrutto. A parte questo disastro, tuttavia, il primo regno di Ivan fu relativamente pacifico, lasciandogli il tempo di fare importanti riforme. Ha aggiornato il codice legale, ha creato un parlamento e un consiglio dei nobili, ha introdotto l’autogoverno locale nelle aree rurali, ha fondato un esercito permanente e ha stabilito l’uso della stampa , tutto entro i primi anni del suo regno.

 
Le guglie della cipolla della cattedrale di San Basilio a Mosca
La Cattedrale di San Basilio a Mosca è una delle immagini iconiche della Russia fino ad oggi. WorldWide Images / Getty Images

Ivan ha anche aperto la Russia a una certa quantità di commercio internazionale. Ha permesso Inglese Russia Company per l’accesso e il commercio con il suo paese e anche colpito una corrispondenza con la regina Elisabetta I . Più vicino a casa, approfittò dei sentimenti filo-russi nella vicina Kazan e conquistò i suoi vicini tartari, portando all’annessione dell’intera regione del Medio Volga. Per commemorare la sua conquista, Ivan fece costruire diverse chiese, la più famosa della Cattedrale di San Basilio , ora l’immagine iconica della Piazza Rossa di Mosca. Contrariamente alla leggenda, non costrinse l’architetto ad essere accecato dopo aver completato la cattedrale; l’architetto Postnik Yakovlev ha continuato a progettare diverse altre chiese. Il regno di Ivan vide anche l’esplorazione e l’espansione russa nella regione settentrionale della Siberia.

 

Aumento del tumulto

Il 1560 portò grandi disordini sia a livello nazionale che internazionale. Ivan ha lanciato la guerra di Livonia nel tentativo fallito di ottenere l’accesso alle rotte commerciali del Mar Baltico. Allo stesso tempo, Ivan ha subito perdite personali: sua moglie Anastasia è morta per sospetto avvelenamento e uno dei suoi più stretti consiglieri, il principe Andrei Kurbsky, è diventato traditore e ha disertato i lituani, distruggendo una regione del territorio russo. Nel 1564, Ivan annunciò che intendeva abdicare a causa di questi tradimenti in corso. Incapace di governare, i boiardi (nobili) lo pregarono di tornare, e lo fece, a condizione che gli fosse permesso di diventare un sovrano assoluto .

 

Al ritorno, Ivan creò l’oprichnina, un sotto-territorio che doveva fedeltà esclusivamente a Ivan, non al governo nel suo insieme. Con l’aiuto di una guardia personale di recente formazione, Ivan iniziò a perseguitare e giustiziare i boiardi che, secondo lui, stavano cospirando contro di lui. Le sue guardie, chiamate oprichnik, avevano le terre dei nobili giustiziati e non erano ritenute responsabili verso nessuno; di conseguenza, le vite dei contadini soffrirono molto sotto i loro nuovi signori e il loro successivo esodo di massa fece salire i prezzi del grano.

 
Raffigurazione dell'Oprichniki che riferisce a Ivan il Terribile
L’Oprichniki di Ivan riferì solo a lui (Dipinto di Nikolai Nevrev, 1870 circa). Wikimedia Commons

Ivan alla fine si risposò, prima con Maria Temryukovna nel 1561 fino alla sua morte nel 1569; avevano un figlio, Vasili. Da quel momento in poi, i suoi matrimoni furono sempre più disastrosi. Aveva altre due mogli che erano ufficialmente sposate con lui in chiesa, oltre a tre matrimoni o amanti non autorizzati. Durante questo periodo, lanciò anche la guerra russo-turca, che durò fino a un trattato di pace del 1570.

 

Quello stesso anno, Ivan ha realizzato uno dei punti più bassi del suo regno: il licenziamento di Novgorod. Convinto che i cittadini di Novgorod, che soffrivano di un’epidemia e di una carestia, stessero progettando di disertare in Lituania, Ivan ordinò la distruzione della città e la cattura, tortura e l’esecuzione dei suoi cittadini con false accuse di tradimento, compresi i bambini. Questa atrocità sarebbe stata l’ultima resistenza dei suoi oprichnik; nella guerra russo-Crimea del 1571, furono disastrose di fronte a un vero esercito e furono sciolte nel giro di un anno circa.

 

Ultimi anni ed eredità

I conflitti della Russia con i suoi vicini di Crimea continuarono durante il regno di Ivan. Nel 1572, tuttavia, si estesero eccessivamente e l’esercito russo fu in grado di porre definitivamente fine alle speranze della Crimea – e dei loro protettori, gli ottomani – di espandersi e conquistare in territorio russo.

 

La paranoia e l’instabilità personale di Ivan crebbero con il passare degli anni, portando alla tragedia. Nel 1581 picchiò sua nuora Elena perché credeva che si fosse vestita in modo troppo immodesto; potrebbe essere incinta in quel momento. Suo figlio maggiore, il marito di Elena, Ivan, lo affrontò, frustrato per l’interferenza di suo padre nella sua vita (Ivan il maggiore aveva mandato entrambe le mogli precedenti di suo figlio in convento quando non riuscirono a produrre immediatamente eredi). Il padre e il figlio sono venuti alle mani, con Ivan che accusava suo figlio di cospirazione, e ha colpito suo figlio con lo scettro o il bastone da passeggio. Il colpo si rivelò fatale e lo zarevic morì pochi giorni dopo, con grande dolore di suo padre.

 
Dipinto di Ivan accanto a dove si trova suo figlio Ivan.
Dipinto di Vyacheslav Schwarz di Ivan accanto al figlio morto Ivan, intorno al 1864. Wikimedia Commons / The York Project 

Nei suoi ultimi anni, Ivan è stato afflitto da debolezza fisica, quasi incapace di muoversi in alcuni punti. La sua salute peggiorò e morì di ictus il 28 marzo 1584. Poiché suo figlio Ivan, che era stato addestrato per governare, era morto, il trono passò al suo secondo figlio, Feodor, che era un sovrano inadatto e morì senza figli, portando al “tempo dei guai” della Russia che non sarebbe finito fino a quando Michele I della casa dei Romanov salì al trono nel 1613.

 

Ivan ha lasciato un’eredità di riforme sistemiche, gettando le basi per l’apparato statale russo in futuro. La sua ossessione per la cospirazione e il governo autoritario, tuttavia, lasciò anche un’eredità di potere imperiale assoluto e autocrazia, che, secoli dopo, avrebbe irritato la popolazione russa fino alla rivoluzione .

 

Fonti

  • Bobrick, Benson. Ivan il Terribile . Edimburgo: Canongate Books, 1990.
  • Madariaga, Isabel de. Ivan il Terribile. Primo Zar di Russia . Nuovo paradiso; Londra: Yale University Press, 2005.
  • Payne, Robert e Romanoff, Nikita. Ivan il Terribile . Lanham, Maryland: Cooper Square Press, 2002.