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Storia dell’Ucraina

 
 
 

Storia dell’Ucraina

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1leftarrow blue.svgVoce principale: Ucraina.

Preistoria, antichità e alto medioevo[modifica | modifica wikitesto]

 

Popolazioni nel II secolo a.C. Legenda della cartina: I) Mar Nero; II) Mar d’Azov; 1) Neapolis; 2) Panticapaeum; 3) Phanagoria; 4) Theodosia; 5) Kimmerikon; 6) Ermonassa; 7) Tanais; 8) Olbia; 9) Chersonesos; S) Sciti in Crimea; B) Regno del Bosforo; J) Jazigi; R) Rossolani; Sr) Siraces; M) Maeotae (penisola di Taman’); T) Tauri.

La presenza della specie homo sapiens in Ucraina risale al 32.000 a.C. come emerge dai ritrovamenti del Paleolitico superiore Gravettiano nei Monti della Crimea[1][2].

A partire dal 4500 a.C. fiorì nelle steppe dell’Europa meridionale la cultura di Cucuteni in particolare a Trypillia e nella regione DnieprDniestr.

A partire dall’XI secolo a.C. il territorio fu abitato dai Cimmeri. Nel VII secolo a.C. questo popolo fu cacciato dai nomadi Sciti di ceppo iranico, che vissero nella regione per molti secoli, organizzandosi nel Regno di Scizia e lasciando importanti testimonianze archeologiche. Ad essi si devono, infatti, i cosiddetti kurgan, tumuli funebri, ed i loro celebri corredi di gioielli d’oro[3].

A partire dal II secolo a.C. gli Sciti subirono la pressione di altre stirpi di nomadi iranici, chiamate collettivamente Sarmati, in particolare degli Jazigi e dei Rossolani.

Contemporaneamente, a partire dal VI secolo a.C. sulle coste del Mar Nero furono fondate alcune colonie di Mileto, fra cui OlbiaTyras (odierna Bilhorod-Dnistrovs’kyj) e Borysthenes. Dal I secolo d.C. Tyras godette della protezione dell’Impero Romano.

Intorno al 230 le steppe dell’Europa meridionale furono invase dal popolo germanico orientale dei Goti che rimase nell’area fino a quando ne fu espulso dagli Unni intorno al 370. Gli Unni governarono la regione per circa un secolo.

Dopo il 550 gli Avari si spostarono verso ovest sotto la pressione dei göktürk e si stanziarono nell’area della steppa fra la Russia meridionale e l’Ucraina per circa un secolo prima di spostarsi più a ovest, anche se la loro sfera di influenza arrivava fino alla fine del VII secolo ancora fino al Dnepr, in Ucraina occidentale.

Intorno al 630 l’attuale Ucraina orientale divenne il territorio del khanato dei Proto-bulgari. Nel 668 i Bulgari vennero a loro volta espulsi dai Cazari, che diedero vita ad un khanato durato alcuni secoli e nell’area dell’Ucraina orientale si insediarono i Magiari alleati dei Cazari, provenienti dalle zone uraliche e che chiamarono la zona Levédia. Tuttavia intorno al IX secolo, nell’area dell’attuale Ucraina l’arrivo dei Peceneghi, organizzati in otto principati tribali, provocò due spostamenti del popolo magiaro prima per circa 70 anni nell’area chiamata da loro stessi Etelköz e poi l’attraversamento dei Carpazi e la conquista della pianura pannonica.

La Rus’ di Kiev[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Rus’ di Kiev.

 

Lev I di Galizia Leone, principe di Galizia e Volinia

Popolazioni slave vivevano nelle foreste dell’Ucraina settentrionale almeno dal VI secolo. Verso la metà del IX secolo si insediarono, sovrapponendosi agli Slavi, anche elementi di un popolo scandinavo, i Rus’, appartenenti al grande gruppo dei Variaghi da cui discesero anche altri ceppi normanni. Un parente di RurikOleg, nell’882 unificò tutte le terre rus’ e pose la capitale del suo regno a Kiev: è lo Stato oggi chiamato Rus’ di Kiev. I Rus formarono per lungo tempo l’élite militare e politica della regione, ma si slavizzarono velocemente, assumendo le stesse tradizioni del resto della popolazione. L’unificazione di un territorio così vasto sotto un’unica autorità conferì per due secoli una grande prosperità alla regione di Kiev, che divenne un punto di passaggio obbligato del commercio lungo il Dnipro, tra il Baltico e il Mar Nero. Lungo il fiume si trasportavano merci pregiate come pellicceceramielezanne di tricheco e schiavi provenienti dall’odierna Bielorussia.

Sviatoslav, figlio di Igor, fu ucciso nel 972 dai Peceneghi, alleati dell’Impero Bizantino, che occupavano la parte meridionale dell’attuale Ucraina.

 

Estensione della Rus’ di Kiev nell’XI secolo

Nel 988 il sovrano Vladimir I del regno della Rus’ di Kiev si convertì con tutto il suo popolo al Cristianesimo di Costantinopoli, sposò Anna, sorella dell’imperatore bizantino Basilio II e iniziò così un periodo di forte influenza bizantina sulla cultura del regno (già iniziata, probabilmente, nel 957). Per diverso tempo la Cristianizzazione della Rus’ di Kiev fu solo di facciata, ma la Chiesa ortodossa ebbe l’opportunità di inserire i propri esponenti nell’amministrazione degli insediamenti della Rus’ di Kiev e di condizionarne le vicende.

Jaroslav sconfisse definitivamente i Peceneghi nel 1036. Le steppe furono allora invase dal popolo dei Cumani. In conseguenza delle continue invasioni di popolazioni nomadi di lingua turca (Peceneghi e Cumani), che compivano razzie ai danni dei Rus’, le popolazioni slave migrarono a nord[4], verso le più sicure foreste ma abitate dalle popolazioni uraliche (ugro-finniche).

All’inizio del XII secolo la regione conobbe un periodo di decadenza: probabilmente a causa di tassazioni troppo elevate, di conflitti tra i nobili ed i reiterati attacchi dei popoli nomadi confinanti, molti abitanti abbandonarono la regione per colonizzare altre terre che si trovavano a nord est, lungo il Volga, abitate da popolazioni (ugro-finniche). I tentativi dei sovrani di arginare il declino demografico introdussero nel territorio le popolazioni delle steppe circostanti che, precedentemente nomadi, iniziarono ad assumere uno stile di vita più stanziale.

A partire dal 1054 la Rus’ di Kiev si disgregò in principati indipendenti. L’odierna Ucraina risultò divisa fra i principati di Halicz o GaliziaVolinia o Vladimir VolinskjiČernigovNovgorod SeverskjiPerejaslav e Kiev. Per la prima volta apparve il nome di Ucraina, usato per indicare il territorio soggetto a Perejaslav[5].

Il periodo mongolo[modifica | modifica wikitesto]

Nel XIII secolo le steppe eurasiatiche furono sconvolte dalla invasione dei Mongoli ed in particolare nel 1240 Kiev fu devastata. I Mongoli non conquistarono direttamente i principati slavi, ma li resero vassalli e li sottomisero al pagamento di un tributo (come nel caso del Principato di Galizia-Volinia). I Cumani furono invece governati direttamente.

Intorno alla metà del secolo la parte europea del dominio mongolo divenne indipendente con il nome di khanato dell’Orda d’Oro. Di esso rimasero tributari i principati ucraini per circa un secolo.

Fra il 1362 e il 1399 i granduchi lituani Algirdas e Vitoldo conquistarono buona parte dell’odierna Ucraina, fino alle coste del Mar Nero, ponendo così fine ai principati eredi della Rus’ di Kiev. Nel frattempo nel 1386 in seguito all’Unione di Krewo la Lituania si univa al Regno di Polonia, il quale si era impossessato della Galizia o Piccola Polonia.

I territori rimasti in mano all’Orda d’Oro avrebbero costituito intorno al 1430 il khanato di Crimea.

Il dominio polacco[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Granducato di Lituania e Confederazione polacco-lituana.

 

Ivan Mazeppa – atamano dello Stato Cosacco (1687—1709)

Intorno alla fine del XV secolo vi fu un’imponente ondata immigratoria da parte di esuli e rifugiati ortodossi, genericamente definiti kozakcosacchi (parola che in turco significava “nomade”, o “libero”) che si riunirono in un gruppo di tribù seminomadi lungo i fiumi Don e Dnepr.

Nell’età moderna la maggior parte del territorio dell’attuale Ucraina era ripartito, secondo confini che si sono modificati nel tempo, fra il Granducato di Lituania (che confluirà nella Confederazione polacco-lituana), la Moscovia (dal 1547 Regno russo e dal 1721 Impero Russo) e il khanato di Crimea, vassallo dell’Impero Ottomano.

La porzione polacca era divisa nei palatinati di RuteniaBełzVoliniaPodoliaKievCernigov e Bracław.

Vi erano poi due porzioni dell’odierna Ucraina appartenenti ad altri stati: la Rutenia transcarpatica faceva parte dell’Ungheria e perciò dei domini asburgici; mentre l’odierno Oblast’ di Černivci e la porzione sudoccidentale di quello di Odessa, chiamata Budjak, appartenevano al principato di Moldavia, tributario ottomano.

Fra il 1583 ed il 1657 i Cosacchi Zaporoghi furono soggetti alla corona polacca come parte del palatinato di Kiev. Nel 1648 Bohdan Chmel’nyc’kyj si fece proclamare atamano dei Cosacchi e ne guidò la rivolta contro la Polonia, che terminò con la costituzione di uno stato autonomo cosacco, inizialmente vassallo dei polacchi. Nel 1654 Chmel’nyc’kij stipulò un’alleanza con il Regno russo (trattato di Perejaslav), ma l’Etmanato rimaneva vassallo polacco. In seguito al trattato di Andrusove del 1667 lo stato cosacco si trovò diviso lungo il corso del Dnepr: la metà occidentale era vassalla dei Polacchi, quella orientale dei Russi. Nella parte polacca l’etmanato fu soppresso fra il 1699 ed il 1704.

Nel 1708 l’atamano Ivan Mazeppa si ribellò ai Russi con l’appoggio degli svedesi che avevano invaso l’Ucraina, durante la Grande guerra del Nord. La rivolta fu, tuttavia, ferocemente repressa da Pietro il Grande.

Infine nel 1764 lo stato cosacco fu soppresso da Caterina II di Russia ed annesso al territorio russo.

Per la sua posizione geografica, l’Ucraina ha giocato un ruolo importante nelle guerre fra l’Europa orientale e l’impero Ottomano, che a seguito di ripetute guerre con l’Impero Russo, fra il 1774 ed il 1784, dovette cedere il canato di Crimea alla Russia. Circa negli stessi anni, in seguito alle spartizioni della Polonia, fra il 1772 ed il 1795, i territori polacchi abitati da Ruteni furono divisi fra Austria (la Galizia e Lodomiria con Leopoli) e Russia (Volinia e Podolia).

L’Impero Russo[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Impero Russo.

All’interno dell’Impero russo l’odierna Ucraina era divisa fra la Piccola Russia (i governatorati di KievChar’kovPoltava e Černigov), la Russia Meridionale (i governatorati di EkaterinoslavChersonTauride e parte della Bessarabia) e la Russia Occidentale (i governatorati di Volinia e Podolia).

Gli ucraini sudditi dell’Impero austriaco (poi austroungarico) erano detti ruteni ed erano divisi fra il Regno di Galizia e Lodomiria la Bucovina e l’Ungheria[6].

Nonostante le promesse di autonomia contenute nel Trattato di Perejaslav, l’élite ucraina e i cosacchi non ricevettero mai le libertà che attendevano dall’Impero Russo. Tuttavia, entro l’Impero, gli ucraini poterono arrivare ai gradi più alti della gerarchia e della Chiesa ortodossa russa.

Nell’ultimo periodo, il regime zarista portò avanti una politica di russificazione delle terre ucraine, sopprimendo l’uso della lingua ucraina nella stampa e in pubblico. Nell’impero asburgico vi era maggiore tolleranza per i Ruteni[7].

Nello stesso periodo l’Ucraina divenne il “granaio d’Europa” e Odessa, porto d’imbarco del grano, era la più grande città ucraina e la quarta dell’Impero russo[6]. Kiev e Kharkov erano centri dell’industria tessile. Dal canto suo, Leopoli era la quarta città dell’Impero Austroungarico[6].

La Rivoluzione e il periodo sovietico[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica popolare ucrainaRepubblica Nazionale dell’Ucraina OccidentaleRepubblica socialista sovietica ucrainaRepubblica di Lemko-Rusyn e Repubblica huzula.

 

Moneta da 5 grivnie in commemorazione dell’Holodomor.

 

Repubblica popolare ucraina

Fra il 1917 e il 1922, in seguito alla Rivoluzione Russa, vi fu un lungo periodo di guerra civile e di anarchia con continui cambi di fazioni al potere; questo periodo fu segnato dall’esistenza di più entità statali separate: nei territori austroungarici di lingua ucraina fu proclamata la Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale, mentre nell’area appartenuta all’Impero Russo si scontrarono la Repubblica popolare ucraina con capitale Kiev e la Repubblica socialista sovietica ucraina con capitale Charkov. La Repubblica Popolare di Kiev fu riconosciuta dall’Impero Germanico, che ne impose il riconoscimento ai Bolscevichi nel trattato di Brest-Litovsk. Dal 1918 fu un centro dell’Armata Bianca[7].

Ponendo termine ad un periodo di aspre lotte, la Pace di Riga assegnò la Galizia e la Volinia alla Polonia, i sovietici ottennero il resto del paese e nel 1922 l’Ucraina entrò ufficialmente a far parte dell’URSS come Repubblica socialista sovietica ucraina. Quanto ai territori di lingua rutena dell’Impero Austro-ungarico, dopo l’esperienza effimera delle repubbliche indipendenti (Repubblica di Lemko-RusynRepubblica huzula), furono divisi fra Polonia, (attuali Oblast’ di LeopoliVoliniaRovnoIvano-Frankivs’k, e Tarnopol), Cecoslovacchia (Oblast’ di Transcarpazia) e Romania (l’odierno Oblast’ di Černivci). Questi territori furono assegnati all’Ucraina (e quindi all’Unione Sovietica) solo dopo la Seconda guerra mondiale.

Fra il 1929 ed il 1933 la collettivizzazione forzata della terra provocò la morte per fame di milioni di persone: si tratta dello Holodomor, ricordato come il genocidio ucraino[8].

Fra il 1941 ed il 1944 l’Ucraina fu occupata dalle forze dell’Asse nell’ambito della campagna di Russia. Oltre 30.000 ucraini si arruolarono nelle Waffen-SS in funzione antibolscevica e antirussa. In questo contesto si inserì anche l’attività nazionalista ed indipendentista dell’Esercito Insurrezionale Ucraino contro l’Armata Rossa.

Nel 1954, per celebrare “i 300 anni di amicizia tra Ucraina e Russia” (fatti coincidere con la pace di Perejaslav), l’U.R.S.S. decise di annettere la Crimea all’Ucraina, togliendola alla Federazione Russa. Tutto ciò all’interno dell’Unione Sovietica, durante la presidenza di Nikita Sergeevič Chruščëv.

Nel periodo sovietico ebbe grande sviluppo industriale il bacino carbonifero del Donbass e ciò spostò l’equilibrio economico dell’Ucraina a favore delle aree più orientali e russofone[9].

Il 26 aprile 1986 ebbe luogo il disastro di Černobyl’, che ebbe conseguenze devastanti in termini di morti, malati, menomati, sfollati, nonché in termini di danni economici.

L’Ucraina indipendente[modifica | modifica wikitesto]

La dissoluzione dell’Unione Sovietica e l’indipendenza dell’Ucraina[modifica | modifica wikitesto]

 

Cerimonia di deposizione di una corona a Babi Yar, dove i Nazisti uccisero approssimativamente 100.000 persone, 1991

Il 16 luglio 1990, durante la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il nuovo Parlamento adottò la Dichiarazione di sovranità dell’Ucraina[10]. La dichiarazione stabilì i principi di autodeterminazione dell’Ucraina, la democrazia, l’economia politica e l’indipendenza, la priorità della legge ucraina sul territorio ucraino rispetto al diritto sovietico. Un mese prima, una simile dichiarazione fu adottata dal Parlamento della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. Iniziò un periodo di confronto fra il Soviet centrale e le nuove autorità repubblicane. Dopo il fallito golpe di agosto, il 24 agosto 1991 il Parlamento ucraino adottò l’Atto d’indipendenza dell’Ucraina attraverso il quale il Parlamento dichiarò l’Ucraina uno Stato indipendente e democratico[11].

Un referendum e la prima elezione presidenziale ebbero luogo il 1º dicembre 1991. Quel giorno, più del 90% dell’elettorato espresse il proprio consenso all’Atto d’Indipendenza, e venne eletto come presidente del Parlamento Leonid Kravčuk, per servire come primo Presidente del Paese. Con un meeting a Brest, in Bielorussia l’8 dicembre, seguito dall’incontro di Alma Ata del 21 dicembre, i leader di Bielorussia, Russia e Ucraina dissolsero formalmente l’Unione Sovietica e formarono la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI)[12].

Le presidenze Kravčuk e Kučma[modifica | modifica wikitesto]

I rapporti con la Russia furono inizialmente molto tesi, restavano da risolvere la questione degli armamenti nucleari sul territorio ucraino e il controllo della flotta del Mar Nero ancorata a Sebastopoli.

L’economia del paese conobbe un periodo di crisi dovuto alla mancanza di riserve energetiche, si ebbero tassi elevatissimi di inflazione e le tensioni interne aumentarono. Kravčuk fu sconfitto nel 1994 da Leonid Kučma, riformatore filo-russo rieletto poi nel 1999. Alla fine degli anni novanta i rapporti fra Ucraina e NATO furono causa di nuove tensioni con la Russia.

Nel 2000 venne formato un governo riformista con a capo Viktor Juščenko. Nell’aprile 2001 la maggioranza parlamentare si dissolse e il Primo ministro Viktor Juščenko venne destituito, dando inizio a un periodo di instabilità. Dopo il breve mandato di Anatolij Kinakh, dal 21 novembre 2002 fu nominato primo ministro Viktor Janukovyč.

La rivoluzione arancione e la presidenza Juščenko[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Rivoluzione arancione e Crisi del gas tra Russia e Ucraina (2006).

 

Julija Tymošenko insieme al Presidente Viktor Juščenko

I risultati delle elezioni presidenziali dell’ottobre/novembre 2004, dopo proteste popolari per sospetti di brogli a favore del primo ministro Janukovyč (sostenuto dal presidente uscente moderato Kučma) e la cosiddetta “Rivoluzione arancione” da parte dei sostenitori di Juščenko, vennero sospesi dalla corte suprema.

Le elezioni si ripeterono il 26 dicembre 2004 e il nuovo presidente risultò Viktor Juščenko, entrato in carica il 23 gennaio 2005. Tale rivoluzione vide il forte sostegno degli Stati Uniti e dell’Unione europea, che salutarono con favore la caduta di un’altra autocrazia post-sovietica.[senza fonte] Con l’ascesa al potere di Juščenko ed il conseguente spostamento politico dell’Ucraina verso l’Unione europeaGazprom iniziò a tariffare il gas all’Ucraina al prezzo di 230 dollari per 1000 m³, aumentando considerevolmente la precedente tariffa di 50 dollari, da sempre un prezzo di favore della Russia verso l’Ucraina.

In seguito alle elezioni per la Verchovna Rada, il parlamento ucraino, tenutesi il 26 marzo 2006 e vinte dal Partito delle Regioni di Janukovyč col 32,14% dei voti, la “coalizione arancione” presieduta da Juščenko uscì notevolmente ridimensionata[rispetto a quando?] a causa del voltafaccia di una parte della coalizione, il Partito Socialista. Janukovyč, eletto primo ministro, riuscì poi a modificare la costituzione per via parlamentare riducendo i poteri del presidente. Ciò spinse Juščenko, il 2 aprile 2007, a firmare un decreto per sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni legislative; il decreto venne bocciato in parlamento, fra le proteste del premier Janukovyč e dei suoi sostenitori nelle piazze.

 

Slavek & Slavko, i due gemelli scelti come mascotte di Euro 2012

Il 30 settembre 2007 la crisi sfociò in elezioni parlamentari anticipate, frutto di un accordo tra Juščenko, Janukovič ed il presidente del parlamento, Oleksandr Moroz. L’esito fu controverso: se il Partito delle Regioni di Janukovič si riconfermò come primo partito, la coalizione tra il Blocco Elettorale Julija Tymošenko di Julija Tymošenko e il Blocco Nostra Ucraina-Autodifesa Popolare di Juščenko ottenne la maggioranza dei seggi. Julija Tymošenko fu pertanto nominata Primo ministro il 18 dicembre 2007.

Nel 2008 si verificò un’altra crisi politica, causata dalle reazioni alla guerra in Ossezia del Sud; il presidente Viktor Juščenko sciolse, dopo circa un anno dalle precedenti elezioni, la Verchovna Rada e indisse nuove elezioni, poi annullate a causa della formazione di una nuova coalizione di governo, sempre guidata da Julija Tymošenko. Le sempre maggiori tensioni innescate dalla Russia sulla comunità russofona dell’Est dell’Ucraina e fatti gravi quali l’avvelenamento del premier Viktor Juščenko che rimarrà sfigurato, con tutta una serie di attacchi personali alla coalizione, segneranno la fine dell’esperienza arancione.

L’Ucraina, assieme alla Polonia, ha ospitato i Campionati europei di calcio del 2012. Il Presidente della Commissione europea Barroso e la Commissaria europea alla giustizia Viviane Reding hanno annunciato il boicottaggio della manifestazione per protesta contro i maltrattamenti in carcere dell’ex premier ucraina Julija Tymošenko.[13] L’UEFA e le autorità ucraine sono state inoltre accusate da associazioni animaliste[14] del sistematico sterminio, anche con metodi atroci,[15][16] di migliaia di animali randagi in vista della preparazione all’evento[17] – una pratica definita “consueta” che dal 2010 si è intensificata con finanziamenti a supporto della “soluzione ultima” al randagismo.[18] Dal novembre 2011 le autorità sono passate ad adottare la sterilizzazione e altre forme di contenimento del problema.[19]

La presidenza Janukovyč e la rivolta di Maidan[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Euromaidan e Rivoluzione ucraina del 2014.

 

Manifestanti con bandiere a Kiev, 19 febbraio 2014

Nel 2010 alle elezioni presidenziali fu eletto Presidente della Repubblica Viktor Janukovyč, che sconfisse Julija Tymošenko di stretta misura. Nel 2011 la Tymosenko venne coinvolta in un procedimento penale per malversazione di fondi pubblici, con l’accusa di aver siglato con la compagnia russa Gazprom un contratto per la fornitura di gas naturale giudicato inutilmente oneroso per il paese. Il 29 agosto 2012 la Corte Suprema dell’Ucraina nell’ultimo grado di giudizio ha confermato la condanna a sette anni di reclusione per abuso d’ufficio. A favore dell’ex Primo Ministro ucraino è arrivata la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che il 29 aprile 2013 ha decretato “illegale” la detenzione di Tymošenko[20].

Nonostante l’Ucraina sia rimasta, come altri paesi compresi in passato nell’Unione Sovietica, in parte dipendente dalla Russia, ha ultimamente manifestato un distacco da quest’ultima con l’avvenire nel paese di rivolte sempre più numerose di stampo filo-occidentale e scontri fra manifestanti e la polizia speciale Berkut istituita nell’era Janukovyč, che hanno portato il 22 febbraio 2014 alla fuga del presidente filo-russo. Quest’evento ha contribuito ad allargare la tensione fra i due paesi con ripercussioni sul lato economico, nonché politico: la Russia ha aumentato notevolmente il costo del gas che prima veniva fornito all’Ucraina ad un prezzo amichevole, e le relazioni diplomatiche tra i due paesi si sono inasprite considerevolmente.[senza fonte]

Nel corso del 2013 iniziarono forti proteste pro-europee contro il presidente Janukovyč, politicamente filo-russo, che esplosero in novembre quando il governo sospese un accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione europea. Tali proteste sfociarono nel corso di gennaio e febbraio 2014 in feroci e violenti scontri con feriti e morti, culminati con stragi nei giorni 18-19-20 febbraio. Prima deIl’alba del 22 febbraio il presidente Janukovyč scappò via da Kiev, ed il 22 mattina si dimise (solo) il Presidente del Parlamento Volodymyr Rybak, un fedelissimo di Janukovyč. Immediatamente il Parlamento si riunì in seduta plenaria, e fu eletto Oleksandr Turčynov quale nuovo Presidente, ricoprendo da subito anche la carica di premier ad interimArsen Avakov fu invece eletto nuovo ministro dell’Interno ad interim. Nella stessa giornata avvenne la scarcerazione di Julija Tymošenko. Dopo qualche giorno fu formato anche il nuovo governo dell’Ucraina, con Arsenij Jacenjuk come Primo Ministro.

La Presidenza Porošenko, la crisi della Crimea e la guerra in Donbass[modifica | modifica wikitesto]

Il governo Jacenjuk ha gestito le successive elezioni presidenziali che, tra il 25 maggio 2014 (1º turno) ed il 15 giugno (2º turno), hanno portato Petro Porošenko a divenire il nuovo presidente dell’Ucraina.

Il 27 giugno 2014 il presidente ucraino Petro Porošenko a Bruxelles ha firmato l’Accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione europea[21].

Nell’ottobre del 2014 si sono tenute le elezioni parlamentari che hanno aumentato i consensi (43,96%) per i due partiti coalizzati di Poroshenko e Jacenjuk (132 + 82 seggi dei 450 totali).

L’annessione russa della Crimea[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi della Crimea del 2014.

Manifestazioni filo-russe si tennero in Crimea il 22 e 23 febbraio 2014. Il 26 febbraio militari russi senza insegne (come ammesso in seguito) presero il controllo della penisola di Crimea, e il giorno successivo occuparono le istituzioni politiche (parlamento e governo locale) e installarono come nuovo leader locale il filo-russo Sergej Aksënov, il quale annunciò l’intenzione di indire un referendum per una maggiore autonomia da Kiev. Nel frattempo, in tutta la penisola le bandiere ucraine venivano sostituite da quelle russe. Il 28 febbraio l’ex presidente Janukovyč, dalla città russa di Rostov, invitò Putin a “ristabilire l’ordine” in Ucraina – pur specificando che un intervento militare sarebbe stato “inaccettabile”. Lo stesso fece Aksënov. Il 1º marzo le due camere della Duma russa autorizzavano il presidente Putin ad utilizzare le truppe russe in Crimea.

La nuova leadership filorussa in Crimea dichiarò unilateralmente l’indipendenza l’11 marzo 2014[22] ed organizzò un referendum sull’autodeterminazione il 16 marzo, a seguito del quale la penisola venne annessa alla Russia tramite un trattato firmato due giorni dopo.

Il governo ucraino dichiarò sciolto il parlamento regionale il 16 marzo 2014[23], e dal 20 marzo viene considerato dall’Ucraina “territorio temporaneamente occupato dalla Federazione Russa”[24]. Dall’8 settembre 2014 le guardie di frontiera ucraine presenti nell’Oblast’ di Cherson richiedono ai cittadini ucraini il passaporto o la carta d’identità ucraina se si recano nella penisola[25].

Il 27 marzo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò una risoluzione non vincolante che dichiarò il referendum della Crimea appoggiato da Mosca non valido. La risoluzione venne approvata con 100 voti a favore, 11 contrari e 58 astensioni tra le 193 nazioni membri ONU.

La guerra del Donbass[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi russo-ucrainaGuerra del Donbass e Crisi russo-ucraina del 2021-2022.

 

Manifestanti filo-russi a Donec’k, 8 marzo 2014

 

Guerra del DonbassPervomajs’k, luglio 2014

Con l’aumentare del malcontento tra le popolazioni dell’est dell’Ucraina, anche a causa di una crescente crisi economica e la sempre maggiore instabilità politica all’interno del paese dopo Euromaidan filo-europeo, la popolazione ribelle dell’est, appoggiata politicamente e militarmente dalla Russia (definiti omini verdi), si è detta contraria al nuovo governo di Kiev e in segno di protesta ha occupato diversi edifici governativi, militari e non, in particolare nelle zone del Donbass e dintorni. In Ucraina dell’est si è dunque andata creando una vera e propria invasione del territorio da parte di ribelli paramilitari e militari di stampo russofono, aiutati da volontari e militari russi.[senza fonte]

Il 7 aprile 2014 anche l’Oblast’ di Donec’k ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza dall’Ucraina in seguito a un referendum e pochi giorni dopo l’autonominato presidente della Repubblica Popolare di Doneck Pavel Gubarev ha dichiarato la futura annessione alla Russia.

La crisi ucraina ha risuonato anche fuori dal paese inasprendo le relazioni tra Russia e Occidente, in particolare gli Stati Uniti, i quali si sono scambiati accuse a vicenda sul lato politico: se da un lato l’Occidente accusa la Russia di appoggiare in ambito militare i ribelli dell’est dell’Ucraina contribuendo a fomentare le rivolte, la Russia ribadisce le violazioni da parte di quello che definisce come illegittimo governo di Kiev nel sopprimere le rivolte con la violenza, non curandosi dei diritti umani e bombardando i civili nella parte russofona del paese senza fare nulla per distendere la tensione. Da parte sua, la Russia ha intensificato lo schieramento di truppe militari al confine con l’Ucraina, fatto che è stato denunciato più volte dalla NATO come atto d’aggressione[26].

La liberalizzazione dei visti Schengen[modifica | modifica wikitesto]

Dal 21 dicembre 2007, in seguito all’estensione dell’area Schengen, arrivata fino alla Polonia, sono aumentate le pressioni ucraine sull’Unione europea per un’accelerazione del processo di integrazione. Schengen, infatti, comporta un notevole inasprimento del regime dei visti fra i paesi che vi aderiscono e gli altri e ciò ha reso molto difficile i passaggi di frontiera dall’Ucraina alla Polonia, che erano prima circa 6,5 milioni l’anno. Questo è un problema soprattutto per le circa centomila persone che si stima vivessero di traffici transfrontalieri e per gli abitanti della Galizia, inclusa nella Polonia dal XV al XVIII secolo, poi governata dall’Austria e di nuovo unita alla Polonia dal 1921 al 1941, dove pertanto molti abitanti hanno parenti oltreconfine. Per questo Polonia e Ucraina hanno sottoscritto un accordo secondo cui gli abitanti a meno di 50 km dal confine non avranno bisogno dei visti, se l’UE approverà[27].

Nel 2017 l’Unione europea ha approvato la liberalizzazione del regime dei visti Schengen per tutti i cittadini ucraini dotati di passaporto biometrico.

Crisi del 2021-2022 e invasione russa dell’Ucraina[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi russo-ucraina del 2021-2022 e Invasione russa dell’Ucraina del 2022.

Nel 2021 avviene una nuova crisi diplomatica tra Russia e Ucraina, a seguito dell’invio di un ingente numero di unità militari russe lungo il confine con l’Ucraina, giustificata dal presidente russo Putin con il timore di una possibile futura adesione dell’Ucraina alla NATO.[28] Il 24 febbraio 2022, avviene l’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate russe.[29]

Note

Elenco in aggiornamento degli ambulatori di medicina generale

Elenco in aggiornamento degli ambulatori di medicina generale

ASL INDIRIZZO ORARI AMBULATORI PEDIATRICI
INMP Via delle Fratte di Trastevere, 52 Medicina generale: dal lunedì al venerdì 8.0-13.30
dal lunedì al giovedì anche 14.30-18.00
Pediatria (su appuntamento)
mercoledì 14.30-18.00
ASL ROMA 1 Via Marsala, 97 – Poliambulatorio Caritas dal lunedì al venerdì 16.00-19.00
ASL ROMA 1 Via della Lungaretta, 60 – Comunità di Sant’Egidio martedì, giovedì e venerdì 15.30 -19.00
ASL ROMA 1 Via Catone, 20 – Ambulatorio Patologie infettive e comportamenti a rischio dal lunedì al venerdì 8.30-12.30 martedì e giovedì anche 15.00–17.00
ASL ROMA 1 Via Catone, 30 – Ambulatorio Patologie emergenti Medicina generale: dal lunedì al venerdì 9.00-12.30 martedì e giovedì anche 15.00–16.30. Pediatria: martedì, mercoledì e
giovedì 9.00-12.30
martedì e giovedì anche 15.00–16.30
ASL ROMA 1 Circonvallazione Nomentana, 498 martedì 16.00 -18.00
ASL ROMA 1 Via Dina Galli, 3 – Consultorio Familiare Pediatria: lunedì e giovedì 9.00-12.00
ASL ROMA 1 Via Lampedusa, 23 Medicina generale: lunedì 8.00-12.00 Pediatria: giovedì 9.00-13.00
ASL ROMA 1 Via C. Tornabuoni, 50 – Consultorio Familiare Pediatria: martedì 15.00-18.00
ASL ROMA 1 Via di Boccea, 271 – Poliambulatorio Medicina generale: lunedì e giovedì: 9.30 – 11.30 Pediatria: lunedì 13.30 -18.30
ASL ROMA 1 Piazza S. Maria della Pietà, 5 (Padiglione 1) Medicina generale: lunedì e mercoledì 11.00 -13.00 martedì 15.00-16.00
mercoledì 14.00-16.00
Pediatria: lunedì 14.00-17.00
ASL ROMA 1 Via San Daniele del Friuli, 8 – Poliambulatorio Clauzetto lunedì, mercoledì e venerdì 10.30-12.30
ASL ROMA 1 Piazza S. Zaccaria Papa, 1 giovedì 9.30-12.30 dal lunedì al venerdì 11.00-13.00 / 16.00-18.00
ASL ROMA 2 Via degli Eucalipti 14  lunedì e venerdì 9.00-12.30, mercoledì 9.00-13.00 / 15.00-18.00. Mercoledì e giovedì 14.30-17.30
ASL ROMA 2 Via Nicolò Forteguerri, 4 – Poliambulatorio S. Caterina della Rosa martedì e giovedì 14.00-16.30
ASL ROMA 2 Via Tenuta di Torrenova, 138 lunedì ore 13,30 – 16,30; martedì e giovedì ore 14,30 – 17,30 Pediatria:  martedì 8.00-13.30/14.30-16.00
venerdì 9.00-13.00
ASL ROMA 2 Via Tommaso Agudio 5  lunedì 14.30-17.30
ASL ROMA 2 Via Cartagine, 85 lunedì  14.00-18.30
ASL ROMA 2 Via Nocera Umbra, 110 giovedì 8.30-12.30
ASL ROMA 2 Via Antonio Malfante, 35 martedì 15.0019.00
giovedì 15.00-18.00
ASL ROMA 2 Via Camillo Sabatini, snc venerdì 14.30-18.30
ASL ROMA 2 Via H. Spencer, 282  Pediatria: martedì ore 8,00 – 13,30; giovedì 14,00 – 17,30
ASL ROMA 3 Lungomare Paolo Toscanelli, 230
Ostia (Casa della Salute)
martedì, mercoledì e venerdì 13.30-17.00
sabato 8.00-12.30
ASL ROMA 3 Via Vaiano, 53 – Magliana dal lunedì al venerdì
8.00-17.00 sabato 8.00-12.30
ASL ROMA 4 Via Etruria, 34 – Civitavecchia lunedì, mercoledì e venerdì 9.30-12.30
ASL ROMA 4 Via Valdambrini, snc – Santa Marinella martedì e giovedì 9.00-13.00 / 15.00-18.00
ASL ROMA 4 Via Volta, 1 – Anguillara lunedì e venerdì 9.30-12.00
ASL ROMA 4 Via Tiberina km 15.500 – Capena mercoledì 9.30-12.00
ASL ROMA 5 Via Burani snc – Monterotondo venerdì 9.00-11.30
ASL ROMA 5 Via Reatina snc (angolo via Fermi) – Mentana martedì 8.30-11.30
ASL ROMA 5 Via dei Castagni, 20/22 – Guidonia Montecelio mercoledì 9.00-12.30
ASL ROMA 5 Piazza Massimo, 1 – Tivoli venerdì 8.00-12.00
ASL ROMA 5 Piazza Sant’Anna, 3/A – Tivoli – Ambulatorio Caritas lunedì e venerdì 16.00-18.00
ASL ROMA 5 Largo Mazzini, 5 – Subiaco lunedì e giovedì 9.00-9.30
ASL ROMA 5 Via S. Francesco d’Assisi snc – Olevano Romano lunedì e giovedì 9.00-9.30
ASL ROMA 5 Via Porta San Martino, 38 – Palestrina martedì e giovedì 10.00-12.00
ASL ROMA 5 Via degli Esplosivi, 9/A – Colleferro (Palazzina Azzurra PT Servizio Medicina Legale) lunedì e mercoledì 9.00-11.00 sabato
7.30-12.00
ASL ROMA 6 Via Galleria di Sotto, 2 – Albano Laziale mercoledì 10.00 – 12.00
ASL ROMA 6 Via Mario Calò, 5 – Ciampino martedì 11.00 -13.00
ASL ROMA 6 Via dei Castelli Romani, 2/P – Pomezia lunedì e mercoledì 10.00 -12.00
ASL ROMA 6 Via S. Biagio, 19/21 – Velletri martedì 14.0016.00,
giovedì 14.00-17.00
ASL ROMA 6 Piazza S. Francesco, 4 – Nettuno (Poliambulatorio Barberini) dal lunedì al venerdì 8.00-13.00
ASL Rieti Viale J. F. Kennedy, 1 – Rieti (Ospedale S. Camillo de Lellis, Ambulatorio Medicina del turismo e delle migrazioni) lunedì e venerdì 8.30-12.30,
mercoledì 8.30-10.30
ASL Rieti Emergenza Ucraina: Viale Matteucci, 9,(Distretto sanitario, piano terra stanza 14) lunedi al venerdi dalle 8:30 alle 12:30, martedi e giovedì anche il pomeriggio dalle 15 alle 16:30 Nei giorni festivi, prefestivi e tutti i notturni sono garantiti i servizi di continuità assistenziale e l’ambulatorio di cure primarie
ASL Viterbo Via Enrico Fermi, 15 – Viterbo (Cittadella della salute, Piano 0 st.11) lunedì, mercoledì e
venerdì 10.30-12.30, martedì e giovedì 15.00-17.00
ASL Latina Piazza Celli, 8 – Latina lunedì 11.0013.00
venerdì 16.00-18.00
ASL Latina Via Fratelli Bandiera, 2 – Pontinia martedì 15.00-17.00
ASL Latina Via Conte Verde – Sabaudia lunedì 15.00-17.00
ASL Latina Via Giustiniano, 2/H – Aprilia martedì 15.00-17.00
ASL Latina Via Firenze, 1 – Terracina (Ospedale A. Fiorini) lunedì 15.00-17.00
ASL Latina Via San Bartolomeo – Sezze mercoledì 15.00-17.00
ASL Frosinone Viale Mazzini – Frosinone (Presidio Sanitario, ex ospedale, Servizio Multietnico) lunedì e giovedì 8.30-12.30
Ginecologia/Ostetricia: mercoledì 8.30-12.30
Policlinico Viale del Policlinico, 155 – Policlinico Umberto 1° (edificio Malattie Infettive -Piano Terra) lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì
10.00-16.00

Bonus figli disabili, domanda in scadenza il 31 marzo 2022

Bonus figli disabili, domanda in scadenza il 31 marzo 2022

Contributo figli disabili 2022: dal 1° febbraio al 31 marzo al via le domande sul sito INPS. A chi spetta e come chiederlo? Guida completa

Bonus figli disabili 2022, è in scadenza il 31 marzo la possibilità di fare domanda per ricevere il contributo. La richiesta per il contributo da 150 a 500 euro mensili per gli arretrati 2021 e per tutto il 2022 introdotto dalla Legge di Bilancio 2021 infatti può essere presentata dal 1° febbraio e fino al 31 marzo 2022 direttamente all’INPS.

Il sussidio, non tassabile ai fini IRPEF, spetta, come detto sopra, per un importo da 150 euro e non superiore a 500 euro mensili a beneficio dei genitori disoccupati o monoreddito con figli a carico affetti da disabilità non inferiore al 60%.

Accedendo al sito dell’INPS tramite i consueti canali telematici (SPID, CiE 3.0 o patronato) gli interessati potranno inoltrare istanza per ricevere l’assegno figli disabili relativo al 2022 oltre alle quote arretrate 2021.

Analizziamo la misura a sostegno del reddito in dettaglio.

Contributo figli disabili da 150 a 500 euro mensili: cos’è e come funziona

L’articolo 1 comma 365 della Legge 30 dicembre 2020 numero 178 ha previsto un contributo mensile non superiore a 500 euro netti per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 a beneficio dei genitori disoccupati o monoreddito, appartenenti a nuclei familiari monoparentali con figli a carico colpiti da disabilità non inferiore al 60%. A copertura del sussidio si autorizza una spesa di 5 milioni di euro per ogni annualità del triennio 2021 – 2023.

Il successivo comma 366 rimanda ad un Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali la definizione dei criteri per l’individuazione dei destinatari e le modalità di presentazione delle domande di contributo e di erogazione dello stesso.

Il Decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, del 12 ottobre 2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il successivo 30 novembre, definisce in sei articoli:

  • Soggetti beneficiari;
  • Ammontare e caratteristiche del contributo mensile;
  • Modalità di pagamento e di richiesta del sussidio;
  • Casi di decadenza e sospensione della misura.

Bonus figli disabili, a chi spetta

Per accedere al contributo è necessario possedere, al momento della presentazione della domanda, i seguenti requisiti (articolo 4 del Decreto):

  • Essere residente in Italia;
  • Disporre di un ISEE in corso di validità non superiore a 3 mila euro;
  • Essere disoccupato o monoreddito, appartenente ad un nucleo familiare monoparentale;
  • Appartenere ad un nucleo familiare, come individuato ai fini ISEE, in cui siano presenti figli a carico con disabilità riconosciuta non inferiore al 60%.

Sempre il DM (articolo 1) definisce come:

  • Disoccupato, colui che è privo di un impiego ovvero con un reddito da lavoro dipendente non eccedente gli 8.145 euro all’anno o i 4.800 euro annui da lavoro autonomo;
  • Monoreddito, chi ricava l’intero suo reddito dallo svolgimento di un’attività lavorativa, anche se prestata a favore di più datori di lavoro ovvero sia pensionato (non si tiene conto di eventuali altri trattamenti assistenziali e nemmeno dell’essere proprietari della casa di abitazione);
  • Nucleo familiare monoparentale quello caratterizzato dalla presenza di uno solo dei genitori con uno o più figli con disabilità a carico;
  • Figli a carico, coloro che hanno un reddito ai fini fiscali non eccedente i 4 mila euro annui (fino a 24 anni), ridotti a 2.840,51 euro per i soggetti maggiori di 24 anni.

Quanto spetta

Al genitore beneficiario (articolo 3 comma 1 del DM) è corrisposto mensilmente dall’INPS un importo pari a 150 euro, a partire dal mese di gennaio e per l’intera annualità.

Il successivo comma 2 prevede che in presenza di “due o più figli a carico con una disabilità riconosciuta in misura non inferiore al 60 per cento” l’importo è pari, rispettivamente, a:

  • 300 euro mensili complessivi nel caso di due figli;
  • 500 euro mensili complessivi se i figli sono più di due.

Chi paga e quando arrivano i soldi

Il sussidio è corrisposto direttamente dall’INPS al beneficiario (articolo 3 comma 1 del Decreto Ministeriale), con cadenza mensile, utilizzando la modalità di pagamento scelta in sede di presentazione della domanda:

  • Accredito su conto corrente bancario, carta ricaricabile o libretto postale dotato di IBAN nazionale o estero con circuito SEPA;
  • Bonifico domiciliato presso gli uffici postali.

Bonus figli disabili, come fare domanda

La richiesta per ottenere il contributo (articolo 4 comma 1 del DM) dev’essere presentata ogni anno dal genitore in via telematica all’INPS, secondo le modalità e le scadenze definite dall’Istituto con apposita circolare.

La domanda, continua il Decreto Ministeriale, dev’essere corredata da una dichiarazione di responsabilità del genitore in cui questi afferma di possedere i requisiti necessari per fruire della misura.

Qualora le risorse pubbliche non fossero sufficienti ad esaurire le domande, si darà priorità ai richiedenti con ISEE più basso. A parità di ISEE saranno privilegiati coloro che hanno nel nucleo figli minori non autosufficienti. A seguire avranno priorità i richiedenti con figli con disabilità di grado grave ed infine chi ha figli con disabilità di grado medio.

Le indicazioni INPS

Sul punto è intervenuto il Messaggio INPS del 31 gennaio 2022 numero 471 con cui l’Istituto ha comunicato il rilascio, a partire dal 1° febbraio scorso, della procedura informatica dedicata alla trasmissione delle domande di accesso al contributo per genitori di figli con disabilità.

A tal proposito è necessario collegarsi al portale “inps.it – Prestazioni e servizi – Servizi – Contributo per genitori con figli con disabilità” in possesso delle credenziali SPID (almeno di secondo livello), CIE o CNS.

All’interno della domanda si dovrà riportare il codice fiscale del figlio / figli con disabilità e, si legge nel messaggio, esclusivamente “per l’anno di riferimento con competenza 2022, il genitore richiedente, attestando il possesso di tutti i requisiti previsti dalla norma” potrà presentare domanda anche per l’anno 2021, selezionando il flag “Dichiaro di voler presentare domanda anche per l’anno 2021”.

L’esito della richiesta sarà direttamente consultabile dal cittadino / patronato accedendo alla piattaforma informatica, sezione “Ricevute e provvedimenti”.

Per le domande istruite positivamente, rende noto l’INPS, si procederà all’emissione dei pagamenti a livello centralizzato e con cadenza mensile. L’Istituto si riserva comunque di rendere noto, con successivo messaggio, le modalità di pagamento delle quote arretrate per l’anno 2021.

In alternativa è possibile chiedere il contributo:

  • Chiamando il Contact center INPS al numero 803.164 (gratuito da rete fissa) o lo 06.164.164 (da rete mobile);
  • Rivolgendosi agli enti di patronato.

Al di là delle indicazioni fornite con il messaggio numero 471, l’INPS ha rilasciato anche la Circolare n. 39 del 2022, con la quale ha fornito le istruzioni per la presentazione della domanda per l’accesso al bonus figli disabili.

Tassazione del contributo figli disabili e compatibilità con il Reddito di Cittadinanza

Il contributo erogato dall’INPS, per espressa previsione del DM (articolo 2 comma 2):

  • Non concorre alla formazione del reddito imponibile ai fini fiscali del beneficiario;
  • E’ cumulabile con il Reddito di Cittadinanza.

Decadenza e sospensione

La decadenza del beneficio (articolo 5 comma 1 del DM) è prevista in caso di:

  • Decesso del figlio;
  • Decadenza dall’esercizio della responsabilità genitoriale;
  • Affidamento del figlio a terzi.

Al verificarsi di una delle cause di decadenza, l’Istituto interrompe il pagamento a partire dal mese successivo.

Il temporaneo ricovero del figlio presso istituti di cura di lungo degenza o strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra amministrazione pubblica, comporta in capo al genitore l’obbligo di informare tempestivamente l’INPS affinché provveda a sospendere l’erogazione del contributo per l’intero periodo di ricovero.

 

Fine stato di emergenza, cosa cambia nei luoghi di lavoro dal 1° aprile 2022

Fine stato di emergenza, cosa cambia nei luoghi di lavoro dal 1° aprile 2022

Fine stato di emergenza il 31 marzo: cosa cambia nei luoghi di lavoro per green pass, smart working, mascherina, lavoratori fragili, ecc.?

Fine dello stato di emergenza il 31 marzo 2022, ecco cosa cambia nei luoghi di lavoro. Dal 1° aprile 2022, tutta l’Italia tornerà in “zona bianca”, il ritorno alla normalità, però, non sarà immediato, ma piuttosto graduale. Tra l’altro, fino al 31 dicembre 2022, il Governo valuta la capacità operativa e di pronta reazione delle strutture durante la fase di progressivo rientro nell’ordinario. Pertanto, laddove si manifestino situazioni tali da indurre il Governo a intervenire, potranno essere adottate una o più ordinanze contenenti misure derogatorie.

Sul punto, il D.L. n. 24/2022, entrato in vigore il 25 marzo 2022, prevede diverse disposizioni urgenti per il graduale ritorno allo stato ordinario. I punti principali del menzionato decreto possono essere così riassunti:

  • stop al meccanismo delle zone colorate in Italia. Ci sarà un’unica zona bianca;
  • il green pass verrà pian piano eliminato;
  • non ci saranno più quarantene precauzionali in caso di contagio da Covid-19.

Ma non solo: importanti cambiamenti si registreranno anche sui protocolli si sicurezza nei luoghi di lavoro, lavoratori fragili e uso di mascherine.

Vediamo quindi in dettaglio cosa cambia dal 1° aprile 2022.

Sicurezza nei luoghi di lavoro e covid-19: applicazione dei protocolli

In considerazione della fine dello stato di emergenza da Covid-19, e poiché i contagi continuano a non fermarsi, Confidustria consiglia di continuare ad applicare i Protocolli. Tali Protocolli, infatti, sono da considerare come “strumenti per assicurare la protezione dell’attività imprenditoriale e dei lavoratori”.

Sul punto, si ricorda che l’art. 29 del D.L. n. 23/2020 ha proprio indicato quali sono gli obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19. La disposizione, tra l’altro, afferma che l’operatività delle norme non è affatto collegata al perdurare dello stato di emergenza.

Altro fattore importante da considerare è l’equiparazione del contagio da Coronavirus all’infortunio sul lavoro, come previsto dall’art. 42 del D.L. n. 18/2025. Tale regola, poiché non ha termine di scadenza, permane anche dopo la cessazione dello stato di emergenza.

Green Pass nei luoghi di lavoro, cosa cambia dal 1° aprile 2022

Cosa cambia dal 1° aprile 2022 per quanto riguarda il certificato verde nei luoghi di lavoro? Come anticipato in premesso, è semplicemente previsto il graduale superamento dal 1° aprile 2020. Da tale data, infatti, sarà essenziale possibile accedere ai luoghi di lavoro anche solo con il green pass base, non servirà dunque il super green pass.

Inoltre, a decorrere dal 1° maggio 2022, per entrare nei luoghi di lavoro non servirà neanche il green pass base. Quindi dalla predetta è possibile affermare che non servirà alcun green pass ed è possibile prestare l’attività lavorativa senza subire sanzioni in caso di mancato certificato verde.

Green pass over 50

Le cose sono sensibilmente diverse per gli over 50. Per questi ultimi, fermo restando che fino al 30 aprile 2022 persiste l’obbligo del vaccino per accedere nei luoghi di lavoro, dal 1° aprile basta esibire solo il green pass base. Tuttavia, grazie all’art. 9 del D.L. n. 52/2021, anche per gli ultracinquantenni è stato prorogato l’obbligo del green pass base fino al 30 aprile 2022.

Il green pass base servirà anche – fino al 30 aprile 2022 – per accedere alle mense aziendali e al catering continuativo su base contrattuale.

La mascherina è obbligatoria al chiuso?

Altro argomento che interessa tutti gli italiani è senz’altro l’uso della mascherina. Come funziona dal 1° aprile 2022? È ancora necessaria indossarla all’aperto? È obbligatoria indossarla in luoghi chiusi?

Sul punto, è stato deciso che fino al 30 aprile 2022 è necessario indossare la mascherina Ffp2 negli ambienti al chiuso (es. come mezzi di trasporto, cinema, teatro, ecc.). Nei luoghi di lavoro sarà invece sufficiente indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie (es. mascherina chirurgica).

Smart working semplificato per i privati: proroga fino al 30 giugno 2022

Si segnala, infine la proroga dello smart working semplificato, ossia senza accordi individuali e comunicazione semplificata nel settore privato, fino al 30 giugno 2022.

Anche i lavoratori cd. fragili possono rendere l’attività lavorativa nella forma di remote working.

 

Fine stato di emergenza, cosa cambia nei luoghi di lavoro dal 1° aprile 2022

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Fine dello stato di emergenza il 31 marzo 2022, ecco cosa cambia nei luoghi di lavoro. Dal 1° aprile 2022, tutta l’Italia tornerà in “zona bianca”, il ritorno alla normalità, però, non sarà immediato, ma piuttosto graduale. Tra l’altro, fino al 31 dicembre 2022, il Governo valuta la capacità operativa e di pronta reazione delle strutture durante la fase di progressivo rientro nell’ordinario. Pertanto, laddove si manifestino situazioni tali da indurre il Governo a intervenire, potranno essere adottate una o più ordinanze contenenti misure derogatorie.

Sul punto, il D.L. n. 24/2022, entrato in vigore il 25 marzo 2022, prevede diverse disposizioni urgenti per il graduale ritorno allo stato ordinario. I punti principali del menzionato decreto possono essere così riassunti:

  • stop al meccanismo delle zone colorate in Italia. Ci sarà un’unica zona bianca;
  • il green pass verrà pian piano eliminato;
  • non ci saranno più quarantene precauzionali in caso di contagio da Covid-19.

Ma non solo: importanti cambiamenti si registreranno anche sui protocolli si sicurezza nei luoghi di lavoro, lavoratori fragili e uso di mascherine.

Vediamo quindi in dettaglio cosa cambia dal 1° aprile 2022.

Sicurezza nei luoghi di lavoro e covid-19: applicazione dei protocolli

In considerazione della fine dello stato di emergenza da Covid-19, e poiché i contagi continuano a non fermarsi, Confidustria consiglia di continuare ad applicare i Protocolli. Tali Protocolli, infatti, sono da considerare come “strumenti per assicurare la protezione dell’attività imprenditoriale e dei lavoratori”.

Sul punto, si ricorda che l’art. 29 del D.L. n. 23/2020 ha proprio indicato quali sono gli obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19. La disposizione, tra l’altro, afferma che l’operatività delle norme non è affatto collegata al perdurare dello stato di emergenza.

Altro fattore importante da considerare è l’equiparazione del contagio da Coronavirus all’infortunio sul lavoro, come previsto dall’art. 42 del D.L. n. 18/2025. Tale regola, poiché non ha termine di scadenza, permane anche dopo la cessazione dello stato di emergenza.

Green Pass nei luoghi di lavoro, cosa cambia dal 1° aprile 2022

Cosa cambia dal 1° aprile 2022 per quanto riguarda il certificato verde nei luoghi di lavoro? Come anticipato in premesso, è semplicemente previsto il graduale superamento dal 1° aprile 2020. Da tale data, infatti, sarà essenziale possibile accedere ai luoghi di lavoro anche solo con il green pass base, non servirà dunque il super green pass.

Inoltre, a decorrere dal 1° maggio 2022, per entrare nei luoghi di lavoro non servirà neanche il green pass base. Quindi dalla predetta è possibile affermare che non servirà alcun green pass ed è possibile prestare l’attività lavorativa senza subire sanzioni in caso di mancato certificato verde.

Green pass over 50

Le cose sono sensibilmente diverse per gli over 50. Per questi ultimi, fermo restando che fino al 30 aprile 2022 persiste l’obbligo del vaccino per accedere nei luoghi di lavoro, dal 1° aprile basta esibire solo il green pass base. Tuttavia, grazie all’art. 9 del D.L. n. 52/2021, anche per gli ultracinquantenni è stato prorogato l’obbligo del green pass base fino al 30 aprile 2022.

Il green pass base servirà anche – fino al 30 aprile 2022 – per accedere alle mense aziendali e al catering continuativo su base contrattuale.

La mascherina è obbligatoria al chiuso?

Altro argomento che interessa tutti gli italiani è senz’altro l’uso della mascherina. Come funziona dal 1° aprile 2022? È ancora necessaria indossarla all’aperto? È obbligatoria indossarla in luoghi chiusi?

Sul punto, è stato deciso che fino al 30 aprile 2022 è necessario indossare la mascherina Ffp2 negli ambienti al chiuso (es. come mezzi di trasporto, cinema, teatro, ecc.). Nei luoghi di lavoro sarà invece sufficiente indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie (es. mascherina chirurgica).

Smart working semplificato per i privati: proroga fino al 30 giugno 2022

Si segnala, infine la proroga dello smart working semplificato, ossia senza accordi individuali e comunicazione semplificata nel settore privato, fino al 30 giugno 2022.

Anche i lavoratori cd. fragili possono rendere l’attività lavorativa nella forma di remote working.

 

Bonus 100 euro (ex bonus Renzi), perchè non c’è più in busta paga? I motivi

Bonus 100 euro (ex bonus Renzi), perchè non c’è più in busta paga? I motivi

Il bonus 100 euro (ex bonus Renzi) non è più in busta per milioni di persone, che si stanno tuttora chiedendo perché. Ecco i motivi.

Forse non tutti sanno che ci sono ben precise ragioni per cui oggi il bonus 100 euro o bonus IRPEF (ex bonus Renzi), ossia i ben noti 100 euro in busta paga, non è più intascato da moltissimi italiani. Il trattamento integrativo nello stipendio è scomparso a seguito del varo della riforma fiscale voluta dall’attuale Esecutivo.

Ecco perché appare opportuno, alla luce delle recenti novità normative, fare il punto sul bonus onde chiarire nel dettaglio che cosa è cambiato rispetto al passato. Ciò a maggior ragione, se pensiamo che detto beneficio non è più conseguito da milioni di lavoratori.

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Bonus 100 euro (ex bonus Renzi) in busta paga: le novità introdotte dalla riforma fiscale

In estrema sintesi, la nuova Irpef – la cui struttura è ora basata su quattro aliquote e scaglioni invece di cinque – ha condotto a dover ridisegnare il quadro delle detrazioni e agevolazioni. Il risultato pratico è che, come accennato, una vastissima platea di contribuenti che prima otteneva i 100 euro del bonus Renzi in busta paga, è costretta ora a non vedersi assegnato alcunché.

Leggi anche: Busta paga marzo 2022 cosa cambia: ecco a cosa stare attenti

La situazione è la seguente. In precedenza e cioè fino alla fine dell’anno passato, il bonus Renzi era incassato dai contribuenti con redditi fino a 40mila euro, con una delle due modalità di seguito esposte:

  • in veste di credito Irpef in busta paga – appunto i citati 100 euro sullo stipendio – per i lavoratori subordinati con redditi entro i 28mila euro;
  • come detrazione per i cittadini con redditi compresi tra i 28mila e i 40mila euro.

Successivamente al varo della riforma fiscale detta detrazione, che calava al salire del reddito, è stata di fatto cancellata. Per quanto riguarda il bonus Renzi per coloro che hanno redditi fino a 28mila euro, vi sono comunque altre novità. Esse di fatto tracciano uno scenario diverso rispetto a quello dei mesi precedenti, per quanto attiene al trattamento integrativo in oggetto, e spiegano perché oggi i beneficiari sono molti meno.

Come funziona dopo la Legge di Bilancio 2022

Lo abbiamo appena accennato: in base alle recenti regole varate in tema di riforma fiscale, il beneficio vale soltanto per i cittadini con redditi fino a 28mila euro, ma occorre distinguere tra percettori. Ecco il quadro:

  • il bonus 100 euro direttamente in busta paga è oggi incassato soltanto dai cittadini con redditi fino a 15mila euro;
  • per quanto attiene ai contribuenti con redditi tra i 15mila e i 28mila euro, non c’è più l’automaticità del trattamento integrativo in oggetto, a seguito di quanto disposto dall’ultima legge di Bilancio.

Che cosa ha stabilito la manovra? Ebbene, nell’assai articolato provvedimento sono incluse nuove regole, rivolte direttamente ai contribuenti con redditi tra i 15mila e i 28mila euro. Questi ultimi peraltro rappresentano la fascia di popolazione più ampia in Italia: ecco perché tantissime persone si sono chieste che fine ha fatto il bonus Renzi.

Leggi anche: Calcolo dello stipendio, dal lordo al netto: guida completa e aggiornata al 2022

Detrazioni e bonus IRPEF, cosa c’è da sapere

Nel dettaglio – secondo quanto disposto all’interno della riforma fiscale – i 100 euro spettano oggi all’appena citata categoria di contribuenti, a patto che la somma delle detrazioni per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2021 sia di ammontare al di sopra all’imposta lorda. Ci si riferisce alle detrazioni di cui agli artt. 12 e 13 del ben noto Testo unico delle imposte sui redditi (spese sanitarie, familiari a carico, redditi da lavoro dipendente ed assimilati ecc.). Il meccanismo è quello della cd. clausola di salvaguardia.

Ma appunto, la cittadinanza si chiederà come fare a capire, sul piano pratico, se il bonus Renzi è ancora valevole per la propria situazione personale, oppure se è da considerarsi archiviato. In buona sostanza, l’operazione da farsi in concreto è molto semplice: tutti coloro che sono nella fascia di reddito 15-28mila euro, debbono fare il calcolo del bonus in oggetto, esclusivamente a patto che lo scorso anno abbiano effettuato spese incluse tra quelle degli artt. 12 e 13 del citato Tuir.

In altre parole, se un contribuente non ha ad esempio chiesto mutui oppure non ha familiari a carico, non potrà più contare sul trattamento integrativo rappresentato dal bonus Renzi. Ecco spiegato il motivo per cui tantissime persone non sono più beneficiarie del citato contributo.

 

Disoccupazione agricola 2022: domanda online in scadenza il 31 marzo

Disoccupazione agricola 2022: domanda online in scadenza il 31 marzo

Linee guida sulla domanda di disoccupazione agricola 2022. A chi spetta? Come fare domanda? Ecco tutto quello che c’è da sapere.

La disoccupazione agricola 2022 è una prestazione INPS riservata ai lavoratori dell’agricoltura, i quali, rispetto alla generalità dei lavoratori dipendenti impiegati in altri settori ai quali spetta la NASpI, godono di una disciplina differente per quanto riguarda l’indennità di disoccupazione. Infatti, sia i requisiti da possedere, sia la base di calcolo per determinare l’importo spettante, nonché le tempistiche d’inoltro della domanda di disoccupazione sono differenti.

Quello che accomuna, però, entrambe le categorie di lavoratori è la tutela contro l’improvvisa perdita del lavoro, ossia un aiuto ai disoccupati nei periodi in cui non si svolge alcuna attività lavorativa. Altro fattore comune, sia ai lavoratori che percepiscono la NASpI che i lavoratori agricoli, è la condizione principale che dà diritto alla disoccupazione: ossia l’involontarietà dell’inoccupazione.

Ma chi sono precisamente i lavoratori con contratti agricoli che hanno diritto alla disoccupazione INPS? Come e quando fare domanda all’INPS per fruire del sostegno al reddito? E ancora, come viene erogata l’indennità di disoccupazione? Andiamo in ordine e vediamo nel dettaglio tutto quello che c’è da sapere sulla disoccupazione agricola 2020.

Disoccupazione agricola 2022: a chi spetta

La prima distinzione da fare riguarda gli operai agricoli dagli impiegati agricoli. Questi ultimi, infatti, seguono normalmente la disciplina riguardante la generalità dei lavoratori dipendenti, quindi hanno diritto alla NASpI. Diversamente gli operai, che lavorano in agricoltura iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, hanno diritto alla cd. “disoccupazione agricola”.

Nel dettaglio, la misura spetta sia agli operai agricoli a tempo determinato sia operai agricoli a tempo indeterminato che lavorano per parte dell’anno. Ma non solo, il beneficio si estende anche ai:

  • piccoli coloni;
  • compartecipanti familiari;
  • piccoli coltivatori diretti che integrano fino a 51 le giornate di iscrizione negli elenchi nominativi mediante versamenti volontari.

Dal 2022 sono inclusi tra i potenziali destinatari della NASpI anche gli operai agricoli a tempo indeterminato, alle dipendenze di cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici prevalentemente propri o conferiti dai loro soci. Pertanto questi lavoratori non accedono più alla disoccupazione agricola, ma all’indennità di disoccupazione NASpI.

Requisiti disoccupazione agricola

Oltre all’iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli dipendenti, l’indennità di disoccupazione spetta ai lavoratori agricoli che abbiano:

  • almeno due anni di anzianità nell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria;
  • almeno 102 contributi giornalieri nel biennio costituito dall’anno cui si riferisce l’indennità e dall’anno precedente.

Quest’ultimo requisito può essere raggiunto, sia mediante il cumulo con la contribuzione relativa ad attività dipendente non agricola purché l’attività agricola sia prevalente nell’anno o nel biennio di riferimento sia utilizzando i contributi figurativi relativi a periodi di maternità obbligatoria e congedo parentale, compresi nel biennio utile.

Disoccupazione agricola, quanto dura e quanto spetta

Per calcolare la durata della disoccupazione agricola, occorre innanzitutto determinare il numero di giornate lavorate entro il limite massimo di 365 giornate annue. Effettuato tale conteggio, a questo numero bisogna sottrarre le giornate:

  • di lavoro dipendente agricolo e non agricolo;
  • di lavoro in proprio;
  • indennizzate ad altro titolo, come ad esempio la malattia, la maternità, l’infortunio, ecc.;
  • non indennizzabili, come ad esempio l’espatrio definitivo;

Al fine di determinare l’importo spettante, l’INPS prende a riferimento il 40% della retribuzione erogata al lavoratore (per gli operai agricoli a tempo indeterminato l’indennità è pari al 30%).

Da tale dato bisogna poi sottrarre il 9% per ogni giornata di indennità di disoccupazione erogata a titolo di contributo di solidarietà. Da notare che l’operazione di sottrazione viene effettuata per un numero massimo di 150 giorni.

Come fare domanda

La domanda di disoccupazione agricola deve essere presentata telematicamente utilizzando uno dei seguenti servizi:

  • online, accessibile direttamente dal cittadino tramite SPID o CiE 3.0 attraverso il portale dell’INPS;
  • enti di patronato, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi;
  • Contact Center multicanale, al numero 803164 da telefono fisso oppure al numero 06164164 da telefono cellulare, con tariffazione a carico dell’utenza chiamante.

Le tempistiche d’invio delle istanze, invece, differiscono dalla NASpI. Infatti, la domanda di indennità di disoccupazione agricola deve essere presentata entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si è verificata la disoccupazione. Il mancato rispetto della predetta scadenza provoca la decadenza dal diritto dell’indennità.

Da gennaio è disponibile la domanda di disoccupazione agricola 2022 per il periodo di copertura 2021.

Come viene pagata la disoccupazione agricola

Come accennato in premessa, le modalità di liquidazione della indennità di disoccupazione per i lavoratori agricoli dipendenti differiscono dalla NASpI. Per gli agricoli, infatti, l’indennità viene pagata direttamente dall’Inps in un’unica soluzione. Come? Semplice: a deciderlo è il richiedente che può scegliere tra uno dei seguenti mezzi:

  • conto corrente bancario o postale;
  • libretto postale;
  • carta di pagamento prepagata dotata di IBAN;
  • sportello di un qualsiasi Ufficio Postale del territorio nazionale localizzato per CAP. In quest’ultimo caso, però, è necessario accertare l’identità del percettore, tramite un documento valido (carta d’identità, codice fiscale, ecc.).

Disoccupazione agricola 2022, quanto vale ai fini pensionistici

Come per la NASpI, l’indennità di disoccupazione agricola è coperta da contribuzione figurativa. Pertanto, le giornate accreditate figurativamente sono utili ai fini del diritto e della misura delle pensioni di vecchiaia, invalidità e superstiti.

Ma come si calcola la contribuzione figurativa per i lavoratori agricoli? Innanzitutto, bisogna sapere che il semplice pagamento dell’indennità di disoccupazione agricola determina automaticamente l’accredito di contribuzione figurativa. Inoltre, dal parametro 270 (anno intero ai fini pensionistici) occorre sottrarre le giornate lavorate e quelle già indennizzate ad altro titolo.

Particolare è il caso degli iscritti negli elenchi nominativi per almeno 101 giornate o che abbiano svolto attività lavorativa dipendente agricola ed eventualmente non agricola per più di 150 giorni. Per tali lavoratori le prime 90 giornate di accredito figurativo sono valide ai fini del diritto alla pensione anticipata.

 

Bonus pubblicità 2022, domanda in scadenza il 31 marzo: ecco cosa sapere

Bonus pubblicità 2022, domanda in scadenza il 31 marzo: ecco cosa sapere

Per quanto riguarda il bonus pubblicità 2022, mancano poche ore alla scadenza del termine per fare domanda. I dettagli per conseguirlo.

Oggi il quadro dei bonus ed agevolazioni a favore di cittadini, famiglie ed imprese, è quanto mai ricco e variegato. Tra essi rileva altresì il cd. bonus pubblicità 2022, ossia il credito d’imposta disposto per gli investimenti pubblicitari sugli organi di stampa.

Tuttavia, mancano poche ore alla scadenza del termine per fare domanda: imprese, professionisti ed enti non commerciali hanno infatti tempo per effettuare la prenotazione, facendo domanda sulla piattaforma ad hoc, entro il 31 marzo 2022.

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Ricapitoliamo allora che cos’è il contributo per la pubblicità 2022, qual è il meccanismo ed altri utili dettagli.

Bonus pubblicità 2022: di che si tratta in concreto?

Il Fisco consente la possibilità, a tutti coloro che abbiano sostenuto spese per investimenti pubblicitari di ambito commerciale, di prenotare un credito d’imposta corrispondente al 50% delle spese compiute o da effettuare nel 2022. La citata agevolazione è utilizzabile in compensazione con modello F24, presentato per il tramite dei servizi web dell’Agenzia delle Entrate, specificando il codice tributo ‘6900’.

Da notare altresì che:

  • l’incentivo è alternativo e non cumulabile per le stesse spese con differenti agevolazioni;
  • l’incentivo deve essere riportato nella dichiarazione del periodo d’imposta per il quale è riconosciuto e in quelle posteriori, fino ad esaurimento della fruizione.

Gli investimenti pubblicitari ammissibili si ricollegano alle spese sostenute su inserti di stampa quotidiana e periodica, editi in forma sia cartacea sia online. L’agevolazione vale anche per gli investimenti pubblicitari sulle radiotelevisioni, escluse tuttavia quelle partecipate dallo Stato. Esse debbono essere iscritte presso il Registro degli operatori di comunicazione.

Per il 2022 non è richiesto il requisito della spesa incrementale rispetto all’anno precedente. In altre parole, per beneficiare dell’agevolazione non è necessario che l’ammontare totale degli investimenti pubblicitari concretizzati, oltrepassi almeno l’1% l’importo degli stessi investimenti, compiuti sugli stessi mezzi d’informazione nell’anno anteriore.

Leggi anche: Sostegni ter è legge in Gazzetta Ufficiale, le principali novità

Bonus pubblicità 2022, le modalità per prenotarsi: ecco quali sono

Indichiamo a questo punto qual è il percorso da seguire per effettuare la prenotazione entro il 31 marzo. Ebbene, al fine di inoltrare la domanda, occorre eseguire l’accesso alla propria area riservata del portale web dell’Agenzia delle Entrate, servendosi delle proprie credenziali.

L’iter da seguire è il seguente: Servizi – Agevolazioni – Comunicazione credito d’imposta investimenti pubblicitari, tramite SPID, CIE, CNS, Entratel o Fisconline.

A seguito della prenotazione e in caso di esito positivo della domanda, il prossimo anno imprese e richiedenti ammessi dovranno effettuare la domanda vera e propria, acclarando che gli investimenti previsti sono stati compiuti.

Elenco soggetti beneficiari e conferma della prenotazione

In particolare, in esito alla presentazione delle richieste di agevolazione, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria delineerà un primo elenco dei soggetti beneficiari, con l’indicazione del credito teoricamente fruibile da parte di ogni soggetto.

Per confermare la prenotazione già svolta, è poi obbligatorio spedire dal primo al 31 gennaio 2023, la dichiarazione sostitutiva circa gli investimenti in concreto effettuati. In detta dichiarazione la mole degli investimenti indicata non può essere al di sopra di quanto già incluso nella prenotazione anteriormente inviata.

Per quanto attiene invece alla misura effettiva del bonus pubblicità, sarà necessario attendere l’elenco definitivo dei beneficiari ammessi, con la percentuale assegnata in base al rapporto tra domande pervenute e risorse disponibili.

Leggi anche: pagamenti Inps aprile 2022, il calendario con le date di RdC, NASpI, assegno unico e pensioni

Bonus pubblicità 2022: perché occorre la prenotazione?

Se ci si domanda perché la prenotazione è obbligatoria, il perché è molto semplice da comprendere. La prenotazione si impone in quanto il credito d’imposta è assegnato nei limiti della risorse messe in gioco, che nel 2022 corrispondono a 65 milioni di euro per quotidiani e periodici, anche web, e a 25 mln per l’emittenza radiotelevisiva.

In buona sostanza, se le richieste del bonus pubblicità con prenotazione oltrepassano i finanziamenti – 90 milioni di euro sia per il 2021 che per il 2022 – il bonus è distribuito in modo proporzionale.

 

Scadenze fiscali di aprile 2022: rottamazione-ter, saldo e stralcio, precompilata e altro

Scadenze fiscali di aprile 2022: rottamazione-ter, saldo e stralcio, precompilata e altro

Dalle comunicazioni per la dichiarazione precompilata alla rottamazione-ter. Le principali scadenze fiscali di aprile 2022.

Aprile 2022 è un mese fitto di scadenze fiscali: come ogni mese si ripetono le scadenze relative ai versamenti delle ritenute da parte dei sostituti d’imposta, gli adempimenti Iva con le liquidazioni mensili, gli elenchi Intrastat, ecc. In aprile ci sarà anche un’importante scadenza per la rottamazione-ter e per il saldo e stralcio. Infatti, il D.L. 4/2022, decreto Sostegni-ter, ha previsto una rimessione in termini per le rate 20220 e 2021. Pagate queste rate al 30 di aprile, sarà possibile pagare le rate successive sempre in base alle nuove scadenze fissate dal decreto citato.

A fine aprile,  giorno 29 per la precisione, scade il termine ultimo per comunicare al Fisco le opzioni di sconto in fattura e cessione del credito per le spese 2021 superbonus, bonus ristrutturazione, bonus facciate ecc.

Queste sono solo alcune delle scadenze fiscali di aprile 2022.

Amministratori di condominio

Entro il 7 aprile come da proroga,  gli amministratori di condominio devono comunicare all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle spese sostenute nell’anno precedente dal condominio con riferimento agli interventi:

  • di recupero del patrimonio edilizio e
  • di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali.

La comunicazione riguarda anche le spese per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all’arredo delle parti comuni dell’immobile oggetto di ristrutturazione. Nella Comunicazione devono essere indicate le quote di spesa imputate ai singoli condomini.

La comunicazione è finalizzata alla predisposizione della dichiarazione dei redditi precompilata da parte dell’Agenzia delle entrate.

Si ricorda che la data a partire dalla quale i contribuenti potranno accedere alla dichiarazione precompilata è stata prorogata al 23 maggio.

Gli adempimenti dei sostituti d’imposta

Anche ad aprile, precisamente entro giorno 18 (il 16 scadenza di norma cade di Sabato),  i datori di lavoro sono chiamati a rispettare le scadenze tipiche dei sostituti d’imposta.

Da qui, entro il 18 aprile, i datori di lavori sono tenuti al versamento delle ritenute Irpef sui redditi di lavoro dipendente e assimilati corrisposti nel mese precedente.

I versamenti sono effettuati in F24 con i seguenti codici tributo:

  • Ritenute su retribuzioni, pensioni, trasferte, mensilità aggiuntive e relativo conguaglio;
  • 1002 – Ritenute su emolumenti arretrati;
  • 1012 – Ritenute su indennità per cessazione di rapporto di lavoro.

I versamenti riguardano anche le ritenute effettuate sui redditi da lavoro autonomo corrisposti nel mese di marzo. Versamenti da effettuare in F24 con il codice tributo 1040. Naturalmente come periodo di competenza andrà indicato marzo,  3/2022. L’obbligo riguarda anche le ritenute alla fonte su provvigioni (per rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione e di rappresentanza) corrisposte nel mese precedente.

Anche questo mese, i datori di lavori devono versare all’INPS i contributi previdenziali e assistenziali a loro carico. Nello specifico, il versamento deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento (periodo di svolgimento della prestazione). Per aprile, considerato che il 16 cade di sabato, la scadenza va a giorno 18.

Gli adempimenti Iva

In materia di IVA, i contribuenti mensili sono tenuti a liquidare e a versare l’Iva di marzo al 18 aprile(F24 con codice tributo 6003).

Nel periodo compreso tra il 1° febbraio e il 2 maggio 2022, potrà essere inviata la dichiarazione Iva 2022.

Anche questo mese, sempre al 15, si ripetono gli adempimenti in materia di fatturazione differita, emissione e registrazione.

Entro il 20 di aprile, i soggetti in Regime speciale Iva MOSS devono provvedere alla trasmissione telematica della dichiarazione trimestrale IVA riepilogativa delle operazioni effettuate nel trimestre precedente. Contestualmente deve essere effettuato il versamento dell’Iva dovuta in base alla stessa dichiarazione. L’obbligo di comunicazione sussiste anche in caso di mancanza di operazioni nel trimestre.

Entro il 26 devono essere presentati gli elenchi riepilogativi (INTRASTAT) delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi rese nel mese/trimestre precedente nei confronti di soggetti UE.

Agenzie di viaggio e turismo

In aprile, devono essere comunicate al Fisco le operazioni in contanti legate al turismo di importo pari o superiore a mille euro, effettuate da chi esercita commercio al minuto e attività assimilate, o da agenzie di viaggi e turismo (i soggetti indicati agli articoli 22 e 74-ter del Dpr 633/1972).

Sono oggetto di comunicazione le operazioni effettuate nei confronti:

  • delle persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e comunque diversa da quella di uno dei paesi dell’Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo,
  • che abbiano residenza fuori dal territorio dello Stato.

La comunicazione va effettuata una sola volta, nell’anno successivo a quello di riferimento attraverso la compilazione del quadro TU e del frontespizio del modello “comunicazione polivalente”:

  • entro il 10 aprile (11 aprile per il 2022) per i soggetti che liquidano l’Iva mensilmente ed
  • entro il 20 aprile per i soggetti che liquidano l’Iva trimestralmente,

Quest’anno la comunicazione riguarda le operazioni 2021.

Cinque per mille

Entro l’11 di aprile, gli Enti del terzo settore, Onlus, associazioni sportive dilettantistiche che intendono partecipare alla ripartizione della quota del 5 per mille dell’Irpef devono presentare apposita domanda telematica di iscrizione al riparto.

La domanda può essere inviata utilizzando esclusivamente i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate.

Sconto in fattura e cessione del credito

Con il D.L. 4/2022, decreto Sostegni-ter, post conversione in legge,  è stato disposto che la comunicazione delle opzioni di sconto in fattura e cessione del credito per le spese 2021, potrà essere effettuata entro il 29 aprile.

La comunicazione al Fisco riguarda le agevolazioni per le quali, ex art.121 del D.l. 34/2020, il legislatore ammette le citate opzioni: superbonus, bonus ristrutturazione, bonus facciate, ecc.

La rottamazione-ter e il saldo e stralcio

Sempre il  decreto Sostegni-ter ha previsto una rimessione in termini per le rate 2020 e 2021 della rottamazione-ter e del saldo e stralcio.

Nello specifico,  i contribuenti che non hanno corrisposto le rate 2020 e 2021, sono riammessi ai benefici della “Definizione agevolata” effettuando il pagamento delle somme dovute entro il:

  • il 30 aprile 2022 per le rate in scadenza nell’anno 2020 di “Rottamazione-ter”, “Saldo e stralcio” e “Rottamazione UE”;
  • il 31 luglio 2022 per le rate in scadenza nell’anno 2021 di “Rottamazione-ter”, “Saldo e stralcio” e “Rottamazione UE”.

Le rate in scadenza nel 2022, (“Rottamazione-ter” e “Rottamazione UE”), potranno essere pagare entro il 30 novembre 2022.

Per il pagamento entro questi nuovi termini sono previsti cinque giorni di tolleranza di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018.

Scadenze fiscali di aprile 2022: rottamazione-ter, saldo e stralcio, precompilata e altro

Scadenze fiscali di aprile 2022: rottamazione-ter, saldo e stralcio, precompilata e altro

Dalle comunicazioni per la dichiarazione precompilata alla rottamazione-ter. Le principali scadenze fiscali di aprile 2022.

Aprile 2022 è un mese fitto di scadenze fiscali: come ogni mese si ripetono le scadenze relative ai versamenti delle ritenute da parte dei sostituti d’imposta, gli adempimenti Iva con le liquidazioni mensili, gli elenchi Intrastat, ecc. In aprile ci sarà anche un’importante scadenza per la rottamazione-ter e per il saldo e stralcio. Infatti, il D.L. 4/2022, decreto Sostegni-ter, ha previsto una rimessione in termini per le rate 20220 e 2021. Pagate queste rate al 30 di aprile, sarà possibile pagare le rate successive sempre in base alle nuove scadenze fissate dal decreto citato.

A fine aprile,  giorno 29 per la precisione, scade il termine ultimo per comunicare al Fisco le opzioni di sconto in fattura e cessione del credito per le spese 2021 superbonus, bonus ristrutturazione, bonus facciate ecc.

Queste sono solo alcune delle scadenze fiscali di aprile 2022.

Amministratori di condominio

Entro il 7 aprile come da proroga,  gli amministratori di condominio devono comunicare all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle spese sostenute nell’anno precedente dal condominio con riferimento agli interventi:

  • di recupero del patrimonio edilizio e
  • di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali.

La comunicazione riguarda anche le spese per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all’arredo delle parti comuni dell’immobile oggetto di ristrutturazione. Nella Comunicazione devono essere indicate le quote di spesa imputate ai singoli condomini.

La comunicazione è finalizzata alla predisposizione della dichiarazione dei redditi precompilata da parte dell’Agenzia delle entrate.

Si ricorda che la data a partire dalla quale i contribuenti potranno accedere alla dichiarazione precompilata è stata prorogata al 23 maggio.

Gli adempimenti dei sostituti d’imposta

Anche ad aprile, precisamente entro giorno 18 (il 16 scadenza di norma cade di Sabato),  i datori di lavoro sono chiamati a rispettare le scadenze tipiche dei sostituti d’imposta.

Da qui, entro il 18 aprile, i datori di lavori sono tenuti al versamento delle ritenute Irpef sui redditi di lavoro dipendente e assimilati corrisposti nel mese precedente.

I versamenti sono effettuati in F24 con i seguenti codici tributo:

  • Ritenute su retribuzioni, pensioni, trasferte, mensilità aggiuntive e relativo conguaglio;
  • 1002 – Ritenute su emolumenti arretrati;
  • 1012 – Ritenute su indennità per cessazione di rapporto di lavoro.

I versamenti riguardano anche le ritenute effettuate sui redditi da lavoro autonomo corrisposti nel mese di marzo. Versamenti da effettuare in F24 con il codice tributo 1040. Naturalmente come periodo di competenza andrà indicato marzo,  3/2022. L’obbligo riguarda anche le ritenute alla fonte su provvigioni (per rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione e di rappresentanza) corrisposte nel mese precedente.

Anche questo mese, i datori di lavori devono versare all’INPS i contributi previdenziali e assistenziali a loro carico. Nello specifico, il versamento deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento (periodo di svolgimento della prestazione). Per aprile, considerato che il 16 cade di sabato, la scadenza va a giorno 18.

Gli adempimenti Iva

In materia di IVA, i contribuenti mensili sono tenuti a liquidare e a versare l’Iva di marzo al 18 aprile(F24 con codice tributo 6003).

Nel periodo compreso tra il 1° febbraio e il 2 maggio 2022, potrà essere inviata la dichiarazione Iva 2022.

Anche questo mese, sempre al 15, si ripetono gli adempimenti in materia di fatturazione differita, emissione e registrazione.

Entro il 20 di aprile, i soggetti in Regime speciale Iva MOSS devono provvedere alla trasmissione telematica della dichiarazione trimestrale IVA riepilogativa delle operazioni effettuate nel trimestre precedente. Contestualmente deve essere effettuato il versamento dell’Iva dovuta in base alla stessa dichiarazione. L’obbligo di comunicazione sussiste anche in caso di mancanza di operazioni nel trimestre.

Entro il 26 devono essere presentati gli elenchi riepilogativi (INTRASTAT) delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi rese nel mese/trimestre precedente nei confronti di soggetti UE.

Agenzie di viaggio e turismo

In aprile, devono essere comunicate al Fisco le operazioni in contanti legate al turismo di importo pari o superiore a mille euro, effettuate da chi esercita commercio al minuto e attività assimilate, o da agenzie di viaggi e turismo (i soggetti indicati agli articoli 22 e 74-ter del Dpr 633/1972).

Sono oggetto di comunicazione le operazioni effettuate nei confronti:

  • delle persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e comunque diversa da quella di uno dei paesi dell’Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo,
  • che abbiano residenza fuori dal territorio dello Stato.

La comunicazione va effettuata una sola volta, nell’anno successivo a quello di riferimento attraverso la compilazione del quadro TU e del frontespizio del modello “comunicazione polivalente”:

  • entro il 10 aprile (11 aprile per il 2022) per i soggetti che liquidano l’Iva mensilmente ed
  • entro il 20 aprile per i soggetti che liquidano l’Iva trimestralmente,

Quest’anno la comunicazione riguarda le operazioni 2021.

Cinque per mille

Entro l’11 di aprile, gli Enti del terzo settore, Onlus, associazioni sportive dilettantistiche che intendono partecipare alla ripartizione della quota del 5 per mille dell’Irpef devono presentare apposita domanda telematica di iscrizione al riparto.

La domanda può essere inviata utilizzando esclusivamente i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate.

Sconto in fattura e cessione del credito

Con il D.L. 4/2022, decreto Sostegni-ter, post conversione in legge,  è stato disposto che la comunicazione delle opzioni di sconto in fattura e cessione del credito per le spese 2021, potrà essere effettuata entro il 29 aprile.

La comunicazione al Fisco riguarda le agevolazioni per le quali, ex art.121 del D.l. 34/2020, il legislatore ammette le citate opzioni: superbonus, bonus ristrutturazione, bonus facciate, ecc.

La rottamazione-ter e il saldo e stralcio

Sempre il  decreto Sostegni-ter ha previsto una rimessione in termini per le rate 2020 e 2021 della rottamazione-ter e del saldo e stralcio.

Nello specifico,  i contribuenti che non hanno corrisposto le rate 2020 e 2021, sono riammessi ai benefici della “Definizione agevolata” effettuando il pagamento delle somme dovute entro il:

  • il 30 aprile 2022 per le rate in scadenza nell’anno 2020 di “Rottamazione-ter”, “Saldo e stralcio” e “Rottamazione UE”;
  • il 31 luglio 2022 per le rate in scadenza nell’anno 2021 di “Rottamazione-ter”, “Saldo e stralcio” e “Rottamazione UE”.

Le rate in scadenza nel 2022, (“Rottamazione-ter” e “Rottamazione UE”), potranno essere pagare entro il 30 novembre 2022.

Per il pagamento entro questi nuovi termini sono previsti cinque giorni di tolleranza di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018.