Archivi giornalieri: 7 aprile 2022

Età avanzata: automatica circostanza aggravante della minorata difesa?

Età avanzata: automatica circostanza aggravante della minorata difesa?

 

Qui la sentenza: Corte di Cassazione – sez. II pen. – sentenza n. 8266 del 09-03-2022

Il dibattito giurisprudenziale sull’elemento dell’età avanzata della vittima quale automatica ed esclusiva circostanza aggravante della minorata difesa.

Di recente la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi su un particolare tema, già oggetto di passato interessamento, con tanto di ferventi dibattiti e contrasti in materia, all’interno della stessa giurisprudenza di legittimità.

Come si avrà modo di approfondire in seguito, il fulcro su cui gli Ermellini sono stati nuovamente chiamati a decidere è stato in merito ad una presunzione assoluta (solo in virtù dell’elemento oggetto dell’età avanzata della vittima) o relativa (altresì, sulla scorta di ulteriori elementi probatori) di configurazione della circostanza aggravante della minorata difesa, di cui all’art. 61, primo comma, n. 5 c.p.

Indice:

  1. La fase di merito ed il ricorso di legittimità dinanzi la Corte di Cassazione
  2. Le considerazioni in diritto della Suprema Corte in materia di circostanza aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, primo comma, n. 5, c.p.
  3. Conclusioni

La fase di merito ed il ricorso di legittimità dinanzi la Corte di Cassazione

Con sentenza del 11/02/2019, il Tribunale di Milano, all’esito di giudizio abbreviato, condannava il prevenuto D.S. alla pena di mesi 8(otto) di reclusione ed euro 80,00 di multa, in quanto ritenuto colpevole del delitto di tentata truffa aggravata, ai sensi dell’art. 640, comma 2, bis c.p.

La pronuncia del giudice di prime cure veniva impugnata dall’imputato dinanzi la Corte di Appello di Milano, la quale, tuttavia, confermava, in data 06/02/2020, la sentenza in primo grado di giudizio.

L’imputato ricorreva, quindi, dinanzi la Suprema Corte, impugnando, tramite il proprio difensore di fiducia, la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Milano, deducendo due motivi:

  1. violazione di legge circa la ritenuta configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, c.p. (veniva rilevato come la Corte di appello avesse riconosciuto tale aggravante, senza, tuttavia, sufficientemente motivare in merito e senza operare alcun riferimento alle evidenze probatorie offerte dalla difesa circa gli elementi fattuali attestanti la totale lucidità della persona offesa);
  2. difetto di motivazione in punto di trattamento sanzionatorio.

Sulla scorta di tali motivi, la Corte di Cassazione riteneva, tuttavia, di rigettare il ricorso, osservando come il primo motivo (oggetto di nostro maggiore interesse) fosse, complessivamente, privo di fondamento e, parimenti, come il secondo fosse manifestamente infondato.

Le considerazioni in diritto della Suprema Corte in materia di circostanza aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, primo comma, n. 5, c.p.

Con riferimento al primo motivo, il Collegio richiamava le argomentazioni contenute in una precedente pronuncia emessa dalle Sezioni Unite della stessa Corte (Cass. pen., sez, un., n. 40275 del 15/07/2021 ud. (dep. 08/11/2021, Rv., 282095-01), in materia di presupposti necessari per l’integrazione della circostanza aggravante della minorata difesa, di cui all’art. 61, primo comma, n. 5, c.p.

Nello specifico, veniva ricordato come l’art. 1, comma 7, della Legge 15 luglio 2009, n. 94, recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, conformemente al maggioritario indirizzo giurisprudenziale precedentemente formatosi, abbia introdotto, all’interno del testo dell’art. 61, primo comma, n. 5, c.p., il riferimento all’età della vittima, inserendovi le parole “anche in riferimento all’età”.

Tale novella, seppur apparentemente priva di intrinseche dubbiosità, ha portato alla luce una nuova problematica ovvero stabilire se il riferimento all’età della persona offesa dal reato comportasse l’integrazione, in via automatica, della circostanza aggravante in esclusiva considerazione del suindicato elemento oggettivo oppure se il legislatore del tempo avesse voluto introdurre una presunzione relativa di minorata difesa all’età della vittima.

Ad avviso di un orientamento che, per molto tempo, ha predominato la scena giurisprudenziale di legittimità (ex multis, Cass. pen., Sez. 2, n. 35997 del 23/09/2010, Licciardello, Rv. 248163; Cass. pen., Sez. 5, n. 38347 del 13/07/2011, Cavò, Rv. 250948; Cass. pen., Sez. 2, n. 8998 del 18/11/2014, dep. 2015, Genovese, Rv. 262564 e Cass. pen., Sez. 2, n. 47186 del 22/10/2019, Bona, Rv. 277780), l’età avanzata della vittima non era in grado di integrare una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza della persona offesa, dal momento che devono essere valutate altre situazioni, tra cui la particolare vulnerabilità dell’anziano, la sua scarsa lucidità o capacità di orientamento, con una conseguente agevolazione della condotta criminosa da parte del soggetto agente.

Come cristallizzato dalla Suprema Corte (Cass., pen., Sez. 2, n. 37865 del 23/09/2020, Chiaramida, non mass.), “l’età avanzata che – sulla base di massime di esperienza – risulta associata ad una minore reattività fisica e cognitiva e rileva dunque nei reati che richiedono una interazione diretta con la vittima, è un indice “relativo” di vulnerabilità che deve essere sottoposto ad un vaglio giudiziale che ne confermi o svaluti la rilevanza. Il processo di invecchiamento non è infatti omogeneo e, mentre alcune persone possono avere un rapido (e persino anomalo) decadimento cognitivo, altre possono mantenere lucidità e capacità reattiva a lungo, nonostante l’incedere dell’età; meno discontinuità si rinvengono nella perdita di reattività “fisica”, inevitabile con l’incedere dell’età. Ricondotta l’età avanzata ad indice non assoluto, ma relativo di vulnerabilità sarà compito del giudice di merito valutare se nella interazione con l’autore del reato l’età della vittima abbia svolto un ruolo agevolatore a causa del decadimento fisico o cognitivo dell’offeso”.

In senso contrario, si è espresso, tuttavia, un diverso indirizzo giurisprudenziale di legittimità (Cass. pen., sez. 5, n. 12796 del 21/02/2019, De Paola, Rv. 275305; Cass. pen., Sez. 5, n. 1555 del 15/10/2019, dep. 2020, Gaglioti, non mass. e Cass. pen., sez. 5, n. 40476 del 24/06/2019, Giudici, non mass.), ritenendo come, in relazione ai soli reati presupponenti un’interazione tra il soggetto agente e la vittima (nel caso di specie, furto con strappo), per l’integrazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 5, c.p., l’agevolazione alla condotta delittuosa, derivante dall’età avanzata della persona offesa, fosse intrinseca, non gravando sul giudice di merito alcun ulteriore onere probatorio e motivazionale rispetto all’elemento oggettivo dell’età della vittima.

A metà strada tra i due orientamenti, si è posta una linea di pensiero (Cass. pen., sez. fer., n. 43285 del 08/08/2019, Diana, non mass.; Cass. pen., sez. 2, n. 46677 del 20/09/2019, Ariolfo, non mass. e Cass. pen., sez. 2, n. 3851 del 13/12/2019, dep. 2020, Bruccoleri, non mass.) che è stata in grado di bilanciare i principi opposti alla base dei primi due indirizzi, sulla scorta di cui la contestazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 5, c.p., non poteva essere effettuata solo in relazione all’età avanzata delle persone offese bensì, a seconda delle diverse fattispecie, valorizzando, ad esempio, la circostanza di temporaneo isolamento delle vittime (giacché a passeggio da sole in strada), di uno stato di malattia, di una pregressa conoscenza o di appartenenza comune ad un determinato gruppo.

Richiamando i sopra esposti rilievi circa il dibattito giurisprudenziale sorto in materia di minorata difesa, gli Ermellini affermavano come i giudici di merito non avessero riconosciuto l’integrazione della circostanza aggravante solo in ragione dell’età della vittima (al tempo dei fatti, sessantanovenne) bensì in virtù delle modalità degli accadimenti e delle generali condizioni di fragilità della già menzionata.

Segnatamente, i giudici avevano correttamente osservato come la vittima avesse fissato l’appuntamento “ignara che si trattasse di una possibile truffa”, aggiungendo come le modalità della condotta criminosa fossero finalizzate a ricavare vantaggio dall’età e dal senso di solitudine della persona offesa (sul punto, venivano richiamate una scheda lavori contenente una lista composta, maggiormente, da persone anziane e da una sorta di “vademecum” posseduto dall’imputato ove veniva richiesto l’accertamento dei familiari della vittima); elementi, questi, a supporto della tesi per cui la condotta era stata agevolata da un’inferiore capacità di orientamento dell’anziana signora.

Conclusioni

Dall’analisi di tale pronuncia di legittimità emerge come ci sia ancora molta incertezza, all’interno della stessa Suprema Corte, rispetto alla configurazione, automatica o meno, della circostanza aggravante della minorata difesa, nell’ambito di tutte quelle condotte illecite comportanti un contatto tra il soggetto agente e la persona offesa dal reato in stato avanzato d’età.

Ciò che, senza dubbio, può ritenersi, al fine di evitare pericolosi giudizi di responsabilità oggettiva, è come il ruolo del giudicante assuma un significato ancor più pregnante, con un preciso onere motivazionale ai fini di un corretto decisum, soprattutto, in quei casi ove la valutazione di un mero dato anagrafico, non calato nella singola fattispecie e, pertanto, nel complessivo contesto spazio-temporale, altresì probatorio, ove si sono sviluppate le azioni di reato, possa portare a giudizi eccessivamente gravosi, a seconda dei diversi punti di vista, sia per il soggetto agente che per la vittima.

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Agenzia Entrate: novità sulle agevolazioni prima casa

Agenzia Entrate: novità sulle agevolazioni prima casa

di Biarella Laura, Avvocato, Giornalista Pubblicista, Docente 
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Nella Circolare n. 8/E del 29 marzo 2022, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sulle novità del Decreto Milleproroghe relative a imposta di registro, Iva e Irap.

Sospensione dei termini agevolazioni “prima casa”

Era stata introdotta dal Decreto cd. Milleproroghe 2022 (Decreto-Legge n. 228/2021), nella finalità di fronteggiare le difficoltà dovute all’emergenza sanitaria e, secondo i chiarimenti esposti nella Circolare 8/E del 29 marzo, rimane valida anche nell’intervallo cronologico tra il 1° gennaio 2022 e il 28 febbraio 2022, precedente rispetto alla data di entrata in vigore della proroga. In dettaglio, l’articolo 3, comma 5-septies, del Decreto-Legge n. 228 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 2022, interviene sull’articolo 24 del Decreto-Legge n. 231/2020, n. 231, rubricato “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”. Tale ultima disposizione prevede che: “I termini previsti dalla nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nonché il termine previsto dall’articolo 7 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ai fini del riconoscimento del credito d’imposta per il riacquisto della prima casa, sono sospesi nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020”. Ciò in considerazione delle difficoltà nella conclusione delle compravendite immobiliari e negli spostamenti delle persone, dovute all’emergenza sanitaria.

Ampliamento sospensione dei termini

Dal 23 febbraio 2020 al 31 marzo 2022 è in vigore una sospensione dei termini che condizionano le agevolazioni per l’acquisto della prima casa, in cui rientrano, tra gli altri:

  • il periodo di 18 mesi entro il quale il contribuente deve trasferire la residenza nel Comune in cui è ubicata l’abitazione,
  • il termine di un anno entro il quale il neoproprietario deve procedere alla vendita della vecchia abitazione acquistata, a sua volta, usufruendo dei benefici “prima casa”.

Esempi

In ipotesi di acquisto con impegno dell’acquirente a trasferire la propria residenza nel comune ove si trova l’abitazione acquisita, il termine di 18 mesi è sospeso nel periodo tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 marzo 2022. Pertanto:

  • se l’acquisto è avvenuto prima del 23 febbraio 2020, il termine è sospeso dal 23 febbraio 2020, per riprendere il suo decorso il 1° aprile 2022 (in sostanza, si conteggiano 25 mesi e 8 giorni in più). Ad esempio: in caso di acquisto effettuato il 23 gennaio 2020, il termine per il cambio di residenza non scadrà il 23 luglio 2021 (18 mesi dall’acquisto), ma il 31 agosto 2023;
  • se l’acquisto è avvenuto tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 marzo 2022, il termine inizierà a decorrere dal 1° aprile 2022 e scadrà, quindi, il 1° ottobre 2023;
  • se l’acquisto avverrà successivamente al 31 marzo 2022, il decorso del termine di decadenza seguirà le regole ordinarie (18 mesi dalla data di acquisto dell’immobile).

Rimborso

La Circolare, pertanto:

  • conferma la sospensione anche per il periodo anteriore rispetto alla data di entrata in vigore della proroga (1° gennaio 2022 -28 febbraio 2022),
  • chiarisce che il contribuente, il quale nel frattempo abbia versato le maggiori somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, può ottenerne il rimborso.

Versamenti sospesi

La Circolare n. 8/E fornisce chiarimenti anche sulla proroga di alcuni versamenti fiscali riconosciuta dal Decreto Milleproroghe 2022, al fine di agevolare le attività economiche colpite dalle emergenze sanitarie dell’influenza aviaria e della peste suina africana. In dettaglio, in favore dei soggetti che svolgono attività di allevamento avicunicolo o suinicolo nelle aree soggette a restrizioni sanitarie a causa delle emergenze, il decreto prevede: la proroga al 31 luglio 2022 delle scadenze comprese tra il 1° gennaio 2022 e il 30 giugno 2022 dei versamenti riguardanti:

  • le ritenute alla fonte (articoli 23 e 24 del DPR n. 600/1973),
  • le trattenute relative alle addizionali Irpef regionale e comunale operate in qualità di sostituti d’imposta,
  • i versamenti Iva.

La circolare chiarisce che non sono dovuti interessi per i versamenti effettuati fino al 31 luglio 2022 e fornisce dettagli sui presupposti per poter beneficiare della proroga.

Slittamento termine versamento Irap

Il termine per regolarizzare gli omessi versamenti Irap per errata applicazione dell’esonero previsto dal Decreto-Legge n. 34/2020 (decreto Rilancio), ad opera del Milleproroghe (che interviene sul Decreto-Legge n. 104/2020) viene posticipato al 30 giugno 2022. Pertanto, il 30 giugno è il termine entro il quale corrispondere, senza applicazione di sanzioni e interessi:

  • il saldo Irap 2019,
  • il primo acconto Irap 2020,

nel caso in cui tali importi non siano stati versati per una erronea interpretazione dei limiti e delle condizioni previsti dal “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19” (cd. Temporary Framework).

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Biarella Laura

Laureata cum laude presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Perugia, è Avvocato e Giornalista. È autrice di numerose monografie giuridiche e di un contemporary romance, e collabora, anche come editorialista, con redazioni e su banche dati giuridiche (tra le altre Altalex, Quotidiano Giuridico, NTPLus, 24OreAvvocato, AlVolante, InSella, Diritti e Risposte, Orizzonte Scuola, Fisco e Tasse, poliziamunicipale.it). Ha svolto le funzioni di membro aggiunto presso la Corte d’Appello di Perugia, ai sensi della L. n. 69/1963. Già “cultore della materia” presso Università degli Studi E Campus nelle cattedre di “diritto privato” e “diritto della conciliazione, della mediazione e dell’arbitrato”, è moderatrice e relatrice di convegni, docente presso corsi di formazione e corsi di preparazione all’esame di abilitazione di avvocato. E’ stata professore a contratto di “Arbitrato” presso l’Università degli Studi E Campus, Master in ADR, sedi di Roma e Novedrate. E’ stata membro del Comitato Scientifico del corso di preparazione dell’esame di avvocato Altalex. Ha svolto docenze di diritto e procedura civile presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Perugia, ed ivi ha ricoperto il ruolo di Segretario del Comitato Scientifico. Svolge la funzione di Tutore legale presso il Tribunale dei Minorenni dell’Umbria. E’ membro del Comitato di Redazione del mensile 24Ore Avvocato.

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L’ennesimo correttivo al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza

L’ennesimo correttivo al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza

 

Lo schema di decreto legislativo[1] A.G. n. 374  approvato il 17 marzo 2022 in prima lettura dal Consiglio dei ministri, reca ulteriori modifiche o correttivi al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) di cui al d.lgs. 14/2019, in attuazione della direttiva Insolvency[2] 2019/1023 (che modifica la Direttiva UE 2017/1132 sulla ristrutturazione e sull’insolvenza) del parlamento europeo e del consiglio del 20 giugno 2019, al fine di assicurare un miglior funzionamento del mercato interno e  conseguire una migliore tutela della libertà di circolazione all’interno dell’Unione.

L’attuazione della Direttiva europea è realizzata attraverso una serie di modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019, la cui entrata in vigore è prevista per il prossimo 16 maggio 2022.

In linea con il predetto l’adeguamento si è posto il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che il Governo si è impegnato a realizzare entro la fine del 2022. In sede di prima attuazione degli obiettivi del PNRR sono stati emanati i decreti-legge n. 118 del 2021 e n. 152 del 2021.

Le novità più significative del decreto legislativo A.G. n. 374,   riguardano in particolare quattro aspetti fondamentali:

  1. Le misure di allerta precoce e accesso alle informazioni;
  2. I quadri di ristrutturazione preventiva;
  3. Le procedure di esdebitazione e le interdizioni;
  4. L’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione.

Le innovazioni incidono, sulla disciplina della composizione negoziata della crisi e gli strumenti di segnalazione dei creditori qualificati e comunicazione da parte degli istituti di credito, in sostituzione delle procedure di allerta e di composizione assistita con la definizione dei parametri che fanno scattare l’obbligo di accedervi; sul maggior favor per la continuità aziendale nel concordato preventivo e la determinazione degli assetti adeguati in funzione della tempestiva rilevazione della crisi, come previsti dall’art. 2086 c.c.; la nascita dello strumento del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO);  il venir meno con l’esdebitazione delle cause di ineleggibilità e decadenza collegate all’apertura della liquidazione giudiziale.

Allo studio modifiche anche per i reati fallimentari secondo la nuova logica di preservare il valore dell’impresa prima e fuori dalle aule giudiziarie.

L’approvazione definitiva del Decreto correttivo in parola è attesa entro la fine di maggio del 2022, considerato anche il timing della Direttiva Insolvency che deve essere recepita nel termine del 17 luglio 2022, termine peraltro già prorogato per effetto di specifica richiesta inoltrata alla Commissione europea (ex art. 34, par. 2 della medesima direttiva).

Indice:


Per approfondimenti consigliamo il CORSO ONLINE
Codice della crisi: nessun sistema di allerta, arriva la negoziazione
a cura dell’Avv. Monica Mandico e dell’ Avv. Flavia Silla
Giovedì 28 Aprile 2022


La “storia infinita” del C.C.I.I.

Come anticipato, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) di cui al d.lgs. 14/2019, nasce in attuazione della direttiva 2017/1132/UE sulla ristrutturazione e sull’insolvenza, poi modificata e sostituita dalla direttiva Insolvency 2019/1023/UE.

Così, in Italia si è avuto il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, emanato in attuazione della L. delega n. 155/2017, dopo i lavori della commissione Rordorf e che ha visto la luce il 12 gennaio 2019 sotto il governo Conte. In attuazione dell’art. 9 della Legge n. 155/2017, il Governo ha pertanto approvato il Decreto legislativo delegato, 12 gennaio 2019, n. 14, recante il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, il quale ha riformato l’intera materia delle procedure concorsuali, ivi compresa la materia delle procedure di sovraindebitamento, espressamente abrogando, a decorrere dalla sua entrata in vigore,  la L. n. 3/2012.

In particolare, l’art. 389 dello stesso CCII prevedeva originariamente per l’entrata in vigore delle nuove regole due diversi step: il primo fissato dal comma 2 dell’art. 389, stabiliva 30 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Codice per i sistemi di allerta e altre disposizioni; il secondo al 1° settembre 2019 per tutte le altre norme.

Attenzione però, tali procedure disciplinate dal predetto Codice, che sostituirà la legge fallimentare, sarebbero dovute entrare in vigore il 15 agosto 2020  –  ossia trascorsi 18 mesi dalla pubblicazione del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 in G.U., avvenuta in data 14 febbraio 2019 – tuttavia a seguito dell’emergenza per la pandemia da Coronavirus, con il Decreto Legge numero 23 del 2020 “Decreto Liquidità,”  sono state disposte misure – che mirano a  sostenere la continuità aziendale delle imprese in crisi – e, per l’effetto, hanno prorogato l’entrata in vigore del CCI. Tra queste misure, troviamo opportuna indicazione del citato differimento nell’art. 5, comma 1, del Decreto Liquidità, che ha rinviato integralmente l’entrata in vigore del d.lgs. n. 14/2019, al 1° settembre 2021, al fine di  consentire a tutti i soggetti coinvolti, di continuare ad operare secondo una disciplina consolidata e per permettere al sistema economico di superare il momento di emergenza sanitaria dettata dal Covid 19.

Segnatamente, in via anticipata, rispetto all’entrata in vigore (prevista per settembre 2021) del nuovo Codice della Crisi e dell’insolvenza, sono state introdotte le modifiche alla legge 3/2012 con emendamenti alla legge di conversione del dl 137/2020, “decreto ristori”, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

L’obiettivo del legislatore è stato quello di aiutare imprenditori e famiglie in difficoltà economica a causa dell’emergenza da Covid-19, per questo la  Legge n. 176 del 18 dicembre 2020  (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della vigilia di Natale), in tema di semplificazione,  ha disposto l’anticipazione della riforma ed ha introdotto procedure familiari che riducono tempi e costi (sino alla Legge 176/2020 venivano avviati iter distinti per ogni membro dello stesso nucleo familiare).

Interviene poi Il decreto legge del 24 agosto 2021 n.118/21, convertito in legge n. 147/2021 dopo il voto della Camera del 21 ottobre 2021 e l’ok del Senato del 13 ottobre 2021, in vigore dal 24 ottobre che  apporta alcune modifiche al Codice della crisi e dell’insolvenza , alla Legge Fallimentare e l’introduzione del nuovo istituto della composizione negoziata delle crisi.

E’ seguito poi l’inserimento degli articoli 30-ter–30-sexies, quali “Integrazioni alla disciplina della composizione negoziata delle crisi d’impresa” introdotta dal DL 118/21 convertito nella L. 147/21, che, si può dire, rappresenti la probabile  “pietra tombale” dell’ Ocri che doveva entrare in vigore nel 2024 unitamente alla disciplina degli degli obblighi di segnalazione posti a carico di taluni soggetti (organi di controllo societari ovvero l’Agenzia delle entrate, l’INPS e l’agente della riscossione, in qualità di creditori pubblici qualificati) che costituiscono gli strumenti di allerta, finalizzati, unitamente agli obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore dal codice civile, alla tempestiva rilevazione degli indizi di crisi dell’impresa ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione.

Per giungere all’ulteriore correttivo al C.C.I.I., introdotto con schema di decreto legislativo  A.G. n. 374  approvato il 17 marzo 2022 dal Governo.

La direttiva Insolvency

La direttiva Insolvency 2019/1023/UE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n. L. 172 del 26 giugno 2019, ha ad oggetto i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione, le interdizioni e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, nonché la modifica della precedente direttiva 2017/1132/UE sulla ristrutturazione e insolvenza.

La Direttiva mira a garantire il corretto funzionamento del mercato interno e il pieno esercizio delle libertà fondamentali di circolazione dei capitali e stabilimento, attuati tramite l’armonizzazione delle legislazioni e procedure nazionali in materia di ristrutturazione preventiva e insolvenza.

Con il termine quadri di ristrutturazione preventiva di cui al Titolo II della direttiva Insolvency (artt. 4 a 19) il legislatore comunitario fa riferimento alle procedure, misure o disposizioni realizzabili sia in sede giudiziale che extragiudiziale che consentono al debitore in eventualità di insolvenza una precoce ed efficace ristrutturazione e risanamento economico, così prevenendo ed evitando il default di imprese sane ma in difficoltà finanziarie e tutelando sia lavoratori che creditori, nonché il mercato finanziario in generale, ed, infine per preservare il know-how e le competenze.

Speculare a tutto ciò vi è poi l’espressa previsione ed esigenza di provvedere alla pronta e veloce liquidazione semplificata delle imprese non risanabili e che ormai non hanno nulla più da dire o fare sul mercato, al fine di evitare inutili ed inefficaci ristrutturazioni passibili solo di accumulare perdite ai danni dei creditori, delle altre parti interessate dal processo di risanamento e del sistema economico in generale.

Sono stati così previsti interventi normativi sia, di riduzione della durata delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, osservando a riguardo come questa costituisca fattore determinante dei bassi tassi di recupero e fattore dissuasivo per gli investitori dall’operare nelle giurisdizioni in cui le procedure rischiano di durare troppo e di essere eccessivamente dispendiose; sia di misure  volte alla predisposizione di strumenti di allerta precoce per segnalare ai debitori la necessità urgente di agire.

I successivi interventi di risposta alle conseguenze della pandemia

Tuttavia, dato che sia il testo originario del Codice della Crisi, sia la successiva direttiva Insolvency, sono stati previsti ed emanati in epoca precedente all’emersione dell’emergenza pandemica, pertanto ciascun stato membro è dovuto intervenire oltre che per adeguare i propri istituti alle novità poste dalla direttiva anche alle evidenze e ricadute economiche derivanti dalla crisi pandemica, cui in Italia si è cercato di far fronte a partire con il d.lgs. 147/2020 e proseguito per mezzo della legislazione d’urgenza e, da ultimo, con il D.L. 118/2021 noto soprattutto quale creatore dell’istituto della Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa.

Ebbene, in realtà, ad oggi, fatta eccezione per le norme modificative del Codice Civile riferite alla parte di diritto societario già entrate in vigore il 16 marzo 2019, per effetto dei continui rinvii intervenuti e del percorso di riforma del Codice inaugurato con il d.lgs. 147/2020 ed approdato al decreto ora al vaglio del Parlamento, la data prevista per l’entrata in vigore della restante parte del Codice è stata ulteriormente differita al 16 maggio 2022 dal D.L. n. 118 del 24 agosto 2021 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 202 del 24 agosto 2021, mentre le disposizioni di cui al Titolo II relative alle procedure di allerta e di composizione della crisi sono state soggette all’ulteriore differimento del 31 dicembre 2023, e ciò allo scopo di poter sperimentare l’efficienza e l’efficacia della composizione negoziata della crisi, rivedere i meccanismi di allerta e allineare l’entrata in vigore dell’allerta esterna ai tempi di rinvio disposti con la modifica dell’articolo 15 dello stesso Codice disposta con il D.L. n. 41/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2021.

I tempi del Codice della Crisi
16 marzo 2019 Entrata in vigore norme diritto societario
15 novembre 2021 Entrata in vigore della composizione negoziata della crisi
16 maggio 2022 Prevista entrata in vigore dei nuovi segnali di allerta e degli obblighi su assetti

Il nuovo correttivo con il decreto A.G. n. 374

Il nuovo provvedimento è suddiviso in due capi e si compone di 50 articoli. Il Capo I dagli articoli 1 a 42 intitolato “Modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14” interviene appunto sul Codice della Crisi.

Il Capo II, articoli da 45 a 50, contiene le abrogazioni resesi necessarie a seguito della trasposizione, nel novellato titolo II del Codice della Crisi, delle norme del D.L. 118/2021, relative alla composizione negoziata e alla piattaforma, nonché delle norme contenute negli articoli 30-ter, 30-quater, 30-quinquies e 30-sexies del D.L. 6 novembre 2021, n. 152.

L’intero corpus della riforma risulta inoltre orientato ad apprestare maggiori strumenti di tutela e più intense forme di garanzia partecipativa anche per i lavoratori.

Gli obblighi di monitoraggio della crisi d’impresa: I nuovi assetti organizzativi, amministrativi e contabili

Una delle principali novità poste ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative riguarda la definizione degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati ai sensi dell’art. 2086 c.c. rubricato “Gestione dell’impresa”.

Il secondo comma dell’art. 2086 c.c. è stato modificato dall’art. 375 CCII ed è vigente dal 16 marzo 2019, prescrive che: «L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».

Con tale disposizione viene certamente determinato un innovativo e diverso approccio alla gestione delle imprese, che prevede un sistema ancora più specifico di valutazione in termini di “forward looking” della crisi e del possibile rischio di default delle imprese.

Tuttavia, ad eccezione di tale norma in nessuna altra disposizione si ritrovava il concetto di assetto organizzativo ed una descrizione dei parametri necessari alla sua definizione e di cosa esso dovesse monitorare[3].

Il governo, così, accogliendo il lavoro predisposto dalla Commissione Pagni bis, con il nuovo schema di decreto ha inserito nell’art. 3 del CCII, prima dedicato ai doveri del debitore, una norma ora rubricata “Adeguatezza degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa” e che definisce con precisione le finalità cui devono mirare le misure e gli assetti per poter rispettare il disposto dell’art. 2086 c.c. e ritenersi adeguati alla rilevazione tempestiva della crisi ed i segnali di allarme rilevanti in rapporto agli stessi.

L’attuale articolo 3 CCII prescrive all’imprenditore collettivo di adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’art. 2086 c.c..

Al terzo comma dell’art. 3 è stabilito che, ai fini della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa, le misure per gli imprenditori individuali e gli assetti ritenuti idonei ex art. 286 c.c. dovranno consentire di:

  1. rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  2. verificare la non sostenibilità dei debiti e l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i 12 mesi successivi e i segnali di allarme identificati dal successivo quarto comma dell’articolo;
  3. ricavare le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento per l’avvio della Composizione negoziata della crisi[4].

Mentre il comma 4 offre un’esatta indicazione dei segnali di allarme:

  1. l’esistenza di debiti retributivi scaduti da almeno 30 giorni e pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  2. l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  3. l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni;
  4. l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie nei confronti del Fisco e dell’Inps nelle soglie previste dal nuovo articolo 25-novies, comma 1 CCII di ammontare oggetto di segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati (INPS, Agenzia delle Entrate e Agenzia delle entrate – Riscossione) recante l’invito a presentare l’istanza di accesso alla composizione negoziata della crisi[5].

Si introduce quindi, per l’imprenditore, l’obbligo di un monitoraggio costante della gestione aziendale atto alla verifica delle circostanze e condizioni oggettive passibili di definire la crisi, intesa adesso, ex art. 2, lett. a) CCII nello stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi 12 mesi, e non più di 6 mesi come prevedeva il vecchio art. 13 CCII.

I nuovi adeguati assetti organizzativi ex art. 2086 c.c.
Definizione: misure obbligatorie per le imprese individuali, e gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili per le imprese collettive idonei a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e all’assunzione senza indugio delle necessarie iniziative a farvi fronte
Scopo: intercettazione della Crisi d’impresa come definita ex art. 2 lett. a) CCII

Composizione negoziata

Una delle più rilevanti innovazioni è rappresentata senza dubbio dalla eliminazione delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, prima rinviate al 31 dicembre 2023 ed ora definitivamente soppresse perché ritenute poco flessibili e capaci di portare a rilevanti difficoltà applicative, soprattutto nell’attuale circostanza economica, e così sostituite con la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa (Cnc).

Non è del resto mistero che i numerosi dubbi e le critiche mosse da esperti del settore e dallo stesso legislatore nazionale riguardo soprattutto alla tenuta degli indicatori di crisi contenuti nella disciplina delle procedure di allerta hanno rappresentato il centro dei tanti ripetuti rinvii dell’entrata in vigore della nuova disciplina.

Dunque, anche per tali motivi, il Legislatore con il Decreto Legge 24 agosto 2021 n. 118 ha elaborato un nuovo strumento paraconcorsuale di ausilio alle imprese che si trovino in una crisi non profonda – di natura volontaria, negoziale e stragiudiziale –, più rapido e meno oneroso dell’allerta di cui al Codice della Crisi e volto ad un agevole risanamento, rappresentato appunto dalla composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa. Percepita da molti come una vera svolta nei percorsi di risanamento, in assenza di limiti dimensionali ai soggetti che vi accedono, ed imperniata sulle figure dell’imprenditore, che conserva la gestione dell’impresa, e dell’esperto indipendente, figura posta a supporto dell’imprenditore per l’identificazione di possibili soluzioni nonché nelle trattative con i creditori.

La composizione negoziata sostituisce, dunque, le misure di allerta e di composizione assistita della crisi nell’ambito di un nuovo Titolo II della parte prima del Codice della Crisi, rubricato “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”.

Nell’operare la trasposizione della disciplina di cui al D.L. 118/2021, sono state inoltre apportate alcune modifiche volte principalmente a razionalizzare gli istituti. Le principali novità riguardano:

  • l’obbligo posto al debitore di depositare, unitamente al ricorso, un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’art. 13 CCII (con l’evidente effetto di agevolare le valutazioni dell’esperto e di velocizzare la procedura di composizione negoziata);
  • l’interazione tra la piattaforma telematica nazionale istituita per la composizione negoziata e altre banche dati (nuovo art. 14 CCII), con affidamento agli enti ed alle istituzioni che devono garantire tale interazione della disciplina relativa alle modalità di collegamento e l’individuazione dei dati rilevanti ai fini delle verifiche che competono all’esperto[6];
  • lo scambio di documentazione e di dati contenuti nella piattaforma telematica nazionale per la composizione negoziata (nuovo art. 15 CCII);
  • la scomparsa del riferimento alla pandemia Covid-19 come causa dell’eccessiva onerosità nel caso di richiesta di rideterminazione del contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica conclusi prima della diffusione del Covid-19[7]. Non sono modificabili i contratti di lavoro, per i quali in caso di mancata prosecuzione della continuità aziendale per eccessiva onerosità si applicano le normali regole tipiche della cessazione del rapporto di lavoro;
  • i limiti all’accesso alla composizione negoziata in pendenza di un procedimento per l’accesso ai quadri di ristrutturazione preventiva o alla liquidazione giudiziale[8].

Nel capo III poi, intitolato “Segnalazioni per l’anticipata emersione della crisi e programma informativo di verifica della sostenibilità del debito e di elaborazione di piani di rateizzazione”, è trasferita la disciplina delle segnalazioni da parte dell’organo di controllo societario (riversata, senza modifiche, nell’art. 25-octies).

Sono, confermati i presidi di allerta esterna: le segnalazioni che i creditori pubblici qualificati (Inps e Fisco, ed ora anche Inail) inviano all’imprenditore in presenza dei già noti livelli di esposizione debitoria dallo stesso maturato nei loro confronti (art. 25-novies[9]), e gli obblighi di comunicazione all’organo di controllo posti in capo a banche ed intermediari finanziari di cui all’articolo 106 TUB in caso di variazioni, revisioni e revoche degli affidamenti all’impresa (art. 25-decies[10]).

La composizione negoziata viene, con ciò, dotata di un meccanismo di segnalazioni provenienti sia dall’interno (organo di controllo) che dall’esterno (creditori pubblici qualificati e banche), che ha anche l’effetto di contribuire ad imporre all’imprenditore l’accesso tempestivo all’istituto.

Infine, viene inserito l’articolo 25-undecies, che riproduce l’articolo 30-quinquies del D.L. n. 152/2021, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 233/2021, con cui è istituita, sempre all’interno della piattaforma telematica nazionale, un programma informatico gratuito di verifica della sostenibilità del debito esistente (e, dunque, della ragionevole perseguibilità del risanamento) e per l’elaborazione di piani di rateizzazioni automatici. Se l’indebitamento complessivo dell’imprenditore non supera i € 30.000,00 e, all’esito dell’elaborazione condotta dal programma, tale debito risulta sostenibile, il programma elabora un piano di rateizzazione, che l’imprenditore provvede a comunicare ai creditori interessati avvertendoli che, se non manifestano il proprio dissenso entro i successivi 30 giorni, il medesimo piano si intenderà approvato e verrà eseguito secondo le modalità e i tempi nello stesso indicati. Sono fatte salve le disposizioni in materia di crediti di lavoro e di riscossione dei crediti fiscali e previdenziali.

Le informazioni e i dati da inserire nel programma informatico, le specifiche tecniche per il suo funzionamento e le modalità di calcolo del tasso di interesse applicabile ai crediti rateizzati sono definiti con decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale.

La composizione negoziata della crisi che avrebbe dovuto essere facoltativa, di fatto diventa così quasi obbligatoria. Infatti al materializzarsi dei definiti “segnali di allarme”, l’imprenditore, che non sia in grado di garantire comunque la continuità aziendale nei successivi 12 mesi sarà costretto a rivolgersi alla Camera di commercio per richiedere la composizione negoziata. Diversamente, ci potrebbero essere dei profili di responsabilità degli amministratori che, sembra, potrebbero addirittura essere chiamati a rispondere con il proprio patrimonio dei danni causati ai creditori.

Concordato preventivo in continuità aziendale

Incisive modifiche apportate anche alla disciplina del concordato preventivo in continuità aziendale, insieme ad interventi più marginali sulle discipline del concordato liquidatorio e di quello con assuntore.

In perfetta linea con la tendenza ad accentuare i tratti privatistici della procedura, nettamente evidente nelle ultime riforme della Legge Fallimentare, anche questi provvedimenti appaiono nel complesso volti a favorire la libertà di azione dell’imprenditore, ridurre lo spazio di intervento del tribunale e risaltare il consenso dei creditori.

Il nuovo articolo 84 CCII in particolare concede all’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza di proporre un concordato che realizzi il soddisfacimento dei creditori in misura pari a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale attraverso la continuità aziendale, la liquidazione del patrimonio, l’attribuzione delle attività ad un assuntore o in qualsiasi altra forma.

I creditori dovranno essere soddisfatti in misura anche non prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta. La proposta di concordato prevede per ciascun creditore un’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile, che può consistere anche nella prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa. Nel concordato in continuità aziendale il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione

Novità non meno rilevante è quella riguardante il reclamo proponibile contro la sentenza di omologazione del concordato preventivo in continuità aziendale. L’art. 12, comma 11, dello Schema del Decreto modifica l’articolo 53 del Codice inserendo il comma 5-bis, nel quale si prevede, in attuazione dell’articolo 16, par. 4, della direttiva Insolvency, che in caso di accoglimento del reclamo la Corte d’Appello, su richiesta delle parti, può confermare la sentenza di omologazione se l’interesse generale dei creditori e dei lavoratori prevale rispetto al pregiudizio subito dal reclamante. Dunque, alle istanze dei creditori e dei lavoratori è riconosciuta via preferenziale rispetto all’interesse individuale del reclamante[11].

Ulteriori novità interessano, poi:

-la semplificazione della fase di ammissione con riduzione dello spazio di accertamento officioso del tribunale;

-la modifica delle regole di distribuzione dell’attivo con la previsione di una doppia regola distributiva basata sulla natura delle risorse da ripartire costituita dalla regola della c.d. priorità assoluta[12] ed il criterio della priorità relativa[13];

-l’obbligatorietà della formazione delle classi nel concordato con continuità aziendale per i creditori privilegiati[14];

-ancora, compare l’eliminazione del termine massimo di 2 anni dall’omologazione per la moratoria nel concordato in continuità (art. 86 CCII);

– l’indicazione espressa delle parti interessate e non interessate dal piano, individualmente o per categorie di debiti (art. 87 CCII);

-sempre nel concordato in continuità viene introdotto l’affiancamento del commissario giudiziale al debitore e ai creditori nella negoziazione del piano, quando richiesto o in caso di concessione di misure protettive sul patrimonio dell’impresa (art. 92 CCII);

-l’inserimento di disposizioni speciali per i contratti pendenti nel concordato in continuità aziendale (art. 94-bis CCII);

-nel concordato preventivo in continuità aziendale è inserito il requisito dell’unanimità delle classi per l’approvazione della proposta e del piano (art. 109 CCII);

– l’omologazione del concordato sia quando, secondo la proposta e il piano, il credito risulti soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale, sia quando un creditore dissenziente eccepisca il difetto di convenienza della proposta (art. 112 CCII);

-la previsione di un termine massimo di 12 mesi per l’omologazione decorrente dalla presentazione della domanda di un quadro di ristrutturazione preventiva (art. 113 CCII);

-e la sospensione del diritto di recesso dei soci fino all’attuazione del piano quando esso preveda il compimento, durante la procedura oppure dopo la sua omologazione, di operazioni di trasformazione, fusione o scissione della società debitrice (art. 116 CCII).

Quadri di ristrutturazione preventiva delle società

La disciplina del concordato preventivo è integrata con l’introduzione nel Capo III, del Titolo IV della Parte Prima di una Sezione VI-bis (artt. 120-bis – 120-quinquies) dedicata ai quadri di ristrutturazione preventiva delle società, definiti, ad opera della neo-inserita lettera m-bis) ex art. 2 co. 1 d.lgs. 14/2019, come «le misure e le procedure volte al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale».

Nell’accesso a tali quadri di ristrutturazione preventiva, così come nel corso dei relativi procedimenti e durante tutte le trattative, viene imposto a creditori e debitore di comportarsi secondo buona fede e correttezza (nuovo art. 4 CCII). A tal proposito viene inserito un nuovo comma che istituisce in capo al datore di lavoro che occupi più di quindici dipendenti e che intenda adottare le misure di un quadro di ristrutturazione preventiva – ove non previste diverse procedure di informazione e consultazione – l’obbligo di consultazione sindacale, al fine appunto di informare i soggetti sindacali delle determinazioni incidenti sui rapporti di lavoro.

Questo forse è il punto di massima espressione della forte inclinazione del Legislatore ad apprestare tutele anche ai lavoratori nel contesto dei quadri di ristrutturazione, peraltro sempre in linea con i principi inspiratori della Direttiva Insolvency.

È impedito ai soci, che potrebbero non avere più un interesse nella società, di ostacolare la ristrutturazione o anche solo una delle sue fasi. Per tale ragione si è previsto che ai soci non è consentito revocare gli amministratori senza giusta causa, e che non è considerata giusta causa la presentazione della domanda di accesso al quadro di ristrutturazione preventiva in presenza delle condizioni di legge, essi conservano tuttavia un diritto di informativa sull’avvio e sull’andamento della ristrutturazione nonché è consentito di formulare proposte concorrenti.

Quanto, all’esecuzione del quadro omologato, l’art. 120-quinquies, sempre al fine di evitare atteggiamenti ostruzionistici dei soci, esclude la necessità di loro deliberazioni, attribuendo i relativi poteri al tribunale, per le modificazioni statutarie che essendo previste in modo specifico dal piano non richiedono alcuna decisione discrezionale, e per tutte le altre, in via generale, agli amministratori.

Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO)

Tramite tale strumento, disciplinato con l’inserimento nel CCII dal nuovo art. 64-bis, di attuazione dell’art. 11 par. 1 della direttiva Insolvency, viene consentito al debitore che si trova in stato di crisi o di insolvenza di soddisfare i propri creditori, previa suddivisione degli stessi in classi in ragione delle posizioni giuridiche ed interessi economici omogenei, potendo distribuire il ricavato del piano anche in deroga agli articoli 2740 e, 2741, 2777 e 2778 c.c., purché la proposta sia approvata dall’unanimità delle classi[15].

Il tribunale omologa il piano di ristrutturazione nel caso di approvazione da parte di tutte le classi. Se con l’opposizione un creditore dissenziente eccepisce il difetto di convenienza della proposta, il tribunale provvede ugualmente all’omologa del piano di ristrutturazione concordato quando dalla proposta il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale.

Dalla data della presentazione della domanda e fino all’omologazione, l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale che verifica che la gestione venga effettuata nel prevalente interesse dei creditori.

In caso di non approvazione del piano di ristrutturazione da tutte le classi creditorie, ai sensi del successivo art. 64-ter al debitore è data altresì possibilità di convertire la propria domanda di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione in concordato preventivo. Si tratta dunque di un ulteriore quadro di regolamentazione della crisi di impresa che risponde all’esigenza di dotare l’ordinamento nazionale di uno strumento che prescinda dalle regole di riparto proprie delle procedure concorsuali.

Accesso alle informazioni e lista di controllo per le PMI

Nell’ottica di agevolare le micro, piccole e medie imprese (PMI) a ristrutturarsi a basso costo, viene regolato l’accesso alle informazioni e alla lista di controllo particolareggiata, tramite l’introduzione di una sezione dedicata alla crisi d’impresa, nei siti internet del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico in cui verranno raccolte e pubblicate informazioni pertinenti e aggiornate sugli strumenti per la anticipata emersione della crisi, sui quadri di ristrutturazione preventiva e sulle procedure di esdebitazione. È inoltre resa disponibile all’interno della piattaforma telematica nazionale di controllo una lista particolareggiata, adeguata anche alle esigenze e dimensioni delle imprese, contenente indicazioni operative per la redazione dei piani di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, ed un protocollo di conduzione della composizione negoziata (art. 5-bis e 13 CCII).

Lo stesso Legislatore Comunitario si mostra in tal modo consapevole del fatto che le PMI rappresentano il 99% di tutte le imprese nell’Unione, specialmente quando versano in difficoltà finanziarie, sono maggiormente esposte al rischio di essere liquidate e ciò in quanto non dispongono delle risorse necessarie a sostenere gli alti costi di ristrutturazione e beneficiare delle più efficienti procedure. Anche tale previsione è dunque orientata ad incoraggiare i debitori ad agire in una fase precoce, infatti, quanto prima un debitore è in grado di individuare le proprie difficoltà finanziarie e prendere le misure opportune, tanto maggiore è la probabilità che eviti un’insolvenza imminente o, nel caso di un’impresa la cui sostenibilità economica è definitivamente compromessa, tanto più ordinato ed efficace sarà il processo di liquidazione. Per tali ragioni la presenza di informazioni chiare, aggiornate, concise e di agevole consultazione sulle procedure di ristrutturazione preventiva è fondamentale per le PMI.

Effetti dell’esdebitazione

Con la modifica dell’art. 278, comma 1 CCII è innovata la disciplina dell’esdebitazione e dell’interdizione, sul piano dei loro effetti, restando intatte le condizioni per l’ammissione al beneficio.

Ora con l’esdebitazione vengono meno le cause di ineleggibilità e di decadenza collegate all’apertura della liquidazione giudiziale (e della liquidazione controllata).  La previsione obbedisce all’intento di consentire all’imprenditore esdebitato la piena ripresa delle attività economiche. La possibilità per gli imprenditori di ottenere più facilmente l’esdebitazione contribuirebbe a evitare la loro esclusione dal mercato del lavoro e consentirebbe loro di ricominciare l’attività imprenditoriale traendo insegnamenti dall’esperienza vissuta.

Durata delle misure protettive

Diverse novità interessano altresì le misure protettive sul patrimonio dell’impresa, in particolare viene previsto che le misure protettive richieste dall’imprenditore nel corso delle trattative e fino alla omologazione del quadro di ristrutturazione o alla apertura della procedura di insolvenza, non possono avere complessiva durata superiore a dodici mesi, inclusi eventuali rinnovi o proroghe, come espressamente stabilito con un emendamento all’art. 8 e all’art. 55 CCII. Inoltre, la proroga di tali misure viene ammessa solo in caso di compimento di significativi progressi nelle trattative sul piano di ristrutturazione, e sempre che non arrechi ingiusto pregiudizio ai diritti e agli interessi delle parti interessate. Al debitore è poi consentito chiedere, con successiva istanza, ulteriori misure in risposta a determinate azioni di uno o più creditori suscettibili di pregiudicare il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, purché questi siano stati informati delle trattative in corso o della richiesta di concessione delle misure, e di ciò ne venga fornita prova.

È infine previsto che le misure protettive richieste dall’imprenditore nel corso delle trattative e prima del deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione non possano interessare i diritti di credito dei lavoratori[16].

Per il relativo procedimento di applicazione si fa riferimento al nuovo art. 55 CCII.

Definizione di gruppo di imprese

Tra le modifiche introdotte dall’art. 1 del decreto in commento all’art. 2, co. 1 d.lgs. 14/2019 compare anche quella sulla definizione di gruppo di imprese di cui alla lett. h) dello stesso articolo, adesso definite come segue: «l’insieme delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato e gli enti territoriali, che, ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies del codice civile, esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica; a tal fine si presume, salvo prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento delle società del gruppo sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci oppure dalla società o ente che le controlla, direttamente o indirettamente, anche nei casi di controllo congiunto-».

Conclusioni

Il nuovo Decreto correttivo, almeno nei contenuti finora noti, appare avere l’indubbio pregio di far entrare a pieno titolo nel Codice della Crisi la più apprezzata procedura della composizione negoziata introdotta dal D.L. 118/2021 e gli istituti delle segnalazioni e comunicazioni ora a favore dell’imprenditore e non di terzi. A cui si aggiungono le significative e indubbiamente coraggiose, rivoluzioni della disciplina del concordato in continuità aziendale tali da sovvertire alcuni capisaldi del diritto concorsuale, quali le regole della formazione delle maggioranze e i criteri di riparto dell’attivo concordatario. Tuttavia è da rilevare anche che, dato che attualmente mezzo milione di imprese sono per definizione a rischio di default, c’è da chiedersi se queste entreranno in blocco nella procedura di composizione negoziata e soprattutto se il sistema sia in grado di reggere una simile deflagrazione, anche in quanto trattasi di meccanismi ancora da essere rodati, oltre che compresi dagli operatori. Meno convincente appare lo poi sforzo di definire l’adeguatezza degli assetti attraverso l’individuazione degli obiettivi cui essi devono tendere e dei segnali d’allarme, senza tuttavia nel contempo definire gli strumenti di organizzazione aziendale, pianificazione dell’attività economica e di controllo societario, che concretano la vera sostanza degli assetti adeguati alla gestione di impresa.  A riguardo sono stati peraltro individuati i costi per ciascuna impresa necessari a implementare i sistemi di emersione tempestiva, variabili dai € 1.500 ai € 5.000 per ciascuna. L’articolo 47 dello schema di decreto in commento prevede che l’entrata in vigore dello stesso sia allineata a quella dell’entrata in vigore del Codice della Crisi, e ciò al fine di far entrare in vigore un testo già armonizzato rispetto alle previsioni della Direttiva Insolvency, in tal modo evitando problematiche di diritto intertemporale per gli operatori, che, in caso di previa entrata in vigore del Codice della Crisi nel testo attuale, si troverebbero ad applicare istituti soggetti ad imminente modifica.  Per concludere è bene prepararsi e non escludere ad un ulteriore slittamento dell’entrata in vigore del Codice della Crisi.

 


Note:

[1] Proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri e dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia risulta in massima parte come il frutto delle proposte avanzate dalla Commissione per l’elaborazione di interventi sul Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, istituita con decreto del 22 aprile 2021 dalla Guardasigilli e prorogata con successivo decreto del 22 settembre 2021. Le modifiche e integrazioni al testo originario derivano anche da talune osservazioni avanzate da: Ministero dello Sviluppo economico, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, Ministero dell’Economia e delle finanze.

[2] Direttiva (UE) 2019/1023, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione

[3] Fatta eccezione dell’art. 13 CCII che indicava i parametri in base ai quali si obbligavano i controllori a eseguire le segnalazioni agli Organismi di composizione della crisi d’impresa (OCRI) oggi abrogati dal decreto in commento. Incaricato di predisporre appositi indicatori da utilizzare per dare attuazione alla disposizione era stato il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec).

[4] A riguardo, il nuovo comma 2 dell’art. 13 CCII espressamente dispone: “Sulla piattaforma sono disponibili una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, che contiene indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, accessibile da parte dell’imprenditore e dei professionisti dallo stesso incaricati, e un protocollo di conduzione della composizione negoziata. La struttura della piattaforma, la lista di controllo particolareggiata, le modalità di esecuzione del test pratico e il contenuto del protocollo sono definiti dal decreto dirigenziale del Ministero della giustizia adottato ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 24 agosto 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147”.

[5] Inps e Agenzia delle entrate manterranno l’obbligo di monitoraggio, mediante segnalazione all’imprenditore ovvero all’organo di controllo, della situazione debitoria delle imprese quando il ritardo di oltre 90 giorni nel versamento di contributi previdenziali è di ammontare superiore al 30% di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di € 15.000 per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, e all’importo di € 5.000 per quelle senza tali tipologie di lavoratori, ovvero quando il debito relativo all’imposta sul valore aggiunto scaduto e non versato o affidato all’agente della riscossione è superiore a determinati valori.

[6] Disposizioni, in effetti, già introdotte dagli artt. 30-ter a 30-sexies D.L. 152/2021 come conv. dalla L. n. 233/2021. Al testo vigente tra gli istituti ai quali è garantito il collegamento viene inserita l’INAIL.

[7] Ex art 10 d.lgs. 118/2021 attribuisce al giudice della procedura di composizione negoziata, sempre ai fini di assicurare la continuità aziendale, il potere di rideterminare il contenuto dei contratti in pendenza di trattative tra debitore e creditore, divenuti per lo stesso creditore eccessivamente onerosi per effetto della crisi economica dovuta dalla pandemia.

[8] Anche qui la previsione ricalca quella contenuta nell’attuale art. 23, co. 2 D.L. 118/2021 come conv. dalla L. n. 147/2021.

[9] L’art. 25-novies contiene le disposizioni dell’art. 30-sexies del D.L. n. 152/2021, come conv. dalla L. n. 233/2021.

[10] Tale articolo riprende quanto previsto nella previsione originale dell’art. 14, co. 4 CCII.

[11] È comunque previsto il diritto del reclamante ad ottenere il risarcimento del conseguente danno patito, risarcimento posto a carico del debitore in concordato preventivo.

[12] Impedisce la soddisfazione del creditore di rango inferiore se non vi è stata la piena soddisfazione del credito di grado superiore

[13] Secondo cui i crediti di una classe debbono essere pagati in ugual misura rispetto alle classi di pari grado e in misura maggiore rispetto alla classe di rango inferiore. Tale doppia regola non si applicherà ai crediti per retribuzioni dovute ai lavoratori subordinati, che devono essere soddisfatti in ogni caso nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione, e cioè secondo la regola della priorità assoluta sia sul valore di liquidazione che sul valore di continuità (art. 84, co. 6 e 7, CCII).

[14] Anche tale modificazione è proposta per il perseguimento degli obiettivi di agevolazione della ristrutturazione che ispirano e permeano la direttiva.

[15] In ogni caso i crediti assistiti dal privilegio ex art. 2751-bis, n. 1 c.c., sono soddisfatti in denaro integralmente entro il termine di 30 giorni dall’omologazione.

[16] Analogamente a quanto disposto dall’art. 6, co. 3 D.L. 118/2021, nonché alle previsioni della direttiva Insolvency.

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La Suprema Corte di Cassazione si dice contraria alla sindrome da alienazione genitoriale

La Suprema Corte di Cassazione si dice contraria alla sindrome da alienazione genitoriale

di Concas Alessandra, Referente Aree Diritto Civile, Commerciale e Fallimentare e Diritto di Famiglia 
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Qui la sentenza: Corte di Cassazione – sez. I civ. – ordinanza n. 9691 del 24-03-2022

La Suprema Corte di Cassazione ha emesso un’importante ordinanza sulla sindrome da alienazione genitoriale (PAS).

La Corte ha stabilito che il richiamo alla sindrome da alienazione genitoriale “e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo”.

Indice

1. In che cosa consiste la Sindrome da alienazione genitoriale

La sindrome da alienazione genitoriale (in inglese Parental Alienation Syndrome o PAS, erroneamente detta sindrome da alienazione parentale, perché “Parental” deriva da “Parents” che in inglese significa “genitori”) è una controversa dinamica psicologica disfunzionale elaborata dal medico statunitense Richard Gardner, secondo il quale insorgerebbe nei figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzio dei genitori, definiti conflittuali, in particolare nei procedimenti giudiziari per l’affidamento.

La PAS non è riconosciuta come un disturbo mentale dalla comunità scientifica ed è oggetto di dibattito politico e giuridico sin dalla sua prima elaborazione.

Negli Stati Uniti, e altrove, un dibattito a latere della PAS tentò di introdurre un concetto di modificata elaborazione, il disturbo da alienazione genitoriale o PAS, proposto da William Bernet al fine di agevolare, inutilmente, l’accettazione della PAS nella quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

2. Definizione e descrizione

Richard Gardner definisce la PAS come un disturbo che insorge di solito nel contesto delle controversie per la custodia dei figli, definito in tre gradi, in ordine crescente di condizionamento, e ognuno tratta uno specifico approccio sia psicologico sia legale.

Sempre secondo Gardner, la PAS è frutto di una supposta “programmazione” dei figli da parte di un genitore patologico (genitore cosiddetto “alienante”), sorta di lavaggio del cervello che porterebbe i figli a perdere il contatto con la realtà degli affetti, e ad esibire astio e disprezzo ingiustificato e continuo verso l’altro genitore (genitore cosiddetto “alienato”).

Le tecniche di “programmazione” del genitore “alienante” comprenderebbero l’utilizzo di espressioni denigratorie in relazione all’altro genitore, false accuse di trascuratezza nei confronti del figlio, violenza o abuso (nei casi peggiori, anche abuso sessuale), la costruzione di una “realtà virtuale familiare” di terrore e vessazione che genererebbe, nei figli, profondi sentimenti di paura, diffidenza e odio verso il genitore “alienato”.

I figli, quindi, si alleerebbero con il genitore “sofferente”, si dimostrerebbero come solidali con la sofferenza e inizierebbero ad appoggiare la visione del genitore “alienante”, dimostrando, in modo apparentemente autonomo, astio, disprezzo e denigrazione verso il genitore “alienato”.

Gardner sosteneva che questa “programmazione” distruggerebbe la relazione tra figli e genitore “alienato” perché i primi arriverebbero a rifiutare qualunque contatto, anche esclusivamente telefonico, con lo stesso.

Perché si possa parlare di PAS è necessario che simili sentimenti di astio, disprezzo o rifiuto non siano giustificati, giustificabili, o rintracciabili in reali mancanze, trascuratezze o addirittura violenze del genitore “alienato”.


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3. Presunte cause e patogenesi

Gli aspetti di genitorialità nelle separazioni potrebbero essere definiti, se si potesse comprendere in pieno il concetto che, nella famiglia, esistono due “entità di coppia”, distinte per diritti, doveri e responsabilità reciproche, che sono la “coppia coniugale” e la “coppia genitoriale”.

Il “conflitto coniugale”, non necessariamente può, o deve, scatenare anche un “conflitto genitoriale”, ed eventuali contrasti tra le due entità potrebbero essere affrontati con la mediazione familiare.

Per governare il mondo degli affetti ci si appoggia a volte a un “sistema globale degli antagonismi”, a meccanismi di conflitto giudiziario, a una “verità processuale” con una vincente contrapposta alla parte soccombente.

L’istituto dell’affido monogenitoriale, largamente utilizzato nel passato, è un elemento che rafforza la prospettiva in termini di “vincitore e vinto”.

Nel contesto giudiziario e, più in generale, nel “sistema globale degli antagonismi”, i figli assumono spesso il ruolo di “civili inermi” in un contrasto di dominio, sono dei veri sconfitti di una visione ideologica che individua un nucleo coniuge/genitore/figli nel ruolo della vittima, e il coniuge/genitore soccombente nel ruolo del carnefice violento e crudele.

Un distacco dalla realtà degli affetti genitoriali, che, secondo le teorie di merito, potrebbe scatenare la sindrome da alienazione genitoriale quando un genitore arriva a percepire i figli come non-persone, come mezzi per acquisire maggiore potere nel conflitto, oppure come strumento per dare sfogo e soddisfazione a sentimenti di rabbia e disagio propri della “coppia coniugale”.

È il passaggio all’atto, il superamento della percezione e la perdita dei confini del Sé, l’utilizzo diretto dei figli come “arma relazionale” nel conflitto della “coppia coniugale”, uno dei fattori che può portare all’insorgenza della PAS.

4. Legislazione e giurisprudenza

La giurisprudenza italiana affronta i casi di affidamento familiare nei quali emergono profili assimilabili al concetto di alienazione genitoriale provando a contemperare da un lato il principio della bigenitorialità e del rispetto della vita familiare, che impongono di tutelare il rapporto tra bambino e genitore “alienato””, soprattutto in presenza di comportamenti denigratori e abusivi da parte del genitore “alienante”, e dall’altro l’esigenza di ascoltare il minore e di prendere seriamente in considerazione i suoi desideri e le sue scelte, tra le quali quella di allontanarsi da un genitore con il quale il rapporto si sia irrimediabilmente deteriorato.

In relazione alla rilevanza probatoria di consulenze tecniche d’ufficio, perizie e altre relazioni mediche che formulino una diagnosi di sindrome di alienazione genitoriale, la Suprema Corte di Cassazione ne ha a volte ammesso l’utilizzabilità, altre volte si è espressa nettamente nel senso della loro mancanza di fondatezza e credibilità scientifica.

La Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA), nelle sue Linee guida in tema di abuso sui minori del 2007, aveva incluso la PAS tra le possibili forme di abuso psicologico, mentre Claudio Mencacci, ex presidente della Società Italiana di Psichiatria, ha definito la PAS “priva di presupposti clinici, di validità e di affidabilità”.

La situazione di incertezza che n’è risultata è stata risolta con una sentenza del 2016, nella quale la Cassazione ha inteso affermare il principio per il quale il giudice non si deve basare su un “giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia”, la PAS,controversa nella comunità scientifica, ma “accertare la veridicità in fatto” dei comportamenti all’origine della crisi della relazione genitoriale, perché “tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore”.

Comportamenti rivolti a denigrare la figura dell’altro genitore o ad ostacolare la continuità delle relazioni parentali possono essere considerati come indice di una diminuita capacità genitoriale e, nei casi più gravi, possono superare la soglia della rilevanza penale, configurando il reato di maltrattamenti in famiglia e determinando la revoca della potestà genitoriale.

In un’ordinanza del 2021 la Cassazione ha ribadito questo orientamento e ha affermato che la sindrome da alienazione genitoriale e la sindrome della madre malevolaMMS, in quanto patologie non riconosciute scientificamente, sono di per sé inidonee a giustificare un provvedimento di affidamento esclusivo rafforzato a favore di un genitore, essendo necessari altri elementi che dimostrino la mancanza di competenze genitoriali dell’altro genitore.

Arriviamo alla recente ordinanza del 24/03/2022 n. 9691.

5. La Sentenza della Suprema Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza 24/03/ 2022 n. 9691, ha accolto in ogni sua parte il ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva fatto decadere dalla responsabilità genitoriale una donna vittima di violenza da parte dell’ex compagno, accusata di avere causato nel proprio figlio la cosiddetta sindrome da alienazione genitoriale.

La Corte d’ Appello aveva anche disposto l’allontanamento del bambino e l’interruzione dei rapporti tra madre e figlio.

Il caso in questione, che è molto complicato e che proseguiva da nove anni, da quando la donna aveva denunciato per stalking l’ex compagno e padre di suo figlio, che adesso ha dodici anni, è diventato una sorta di simbolo delle battaglie giudiziarie di molte donne alle quali sono stati sottratti i figli a causa delle sentenze di Tribunali che negli anni hanno affermato il principio della sindrome da alienazione genitoriale, spesso invocata dai padri nelle cause di separazione e di affidamento. La donna, nel suo percorso giudiziario, aveva fatto denunce pubbliche, scioperi della fame e proteste sotto i Tribunali.

Era stata sostenuta da molte associazioni e movimenti femministi e si erano occupate del suo caso anche diverse parlamentari.

La Cassazione ha adesso accolto il ricorso della donna e delle sue legali annullando la sua decadenza dalla responsabilità genitoriale e il trasferimento del bambino in casa famiglia stabiliti in precedenza dalla Corte d’Appello.

Lo ha fatto in relazione ai principi di llegittimità dell’alienazione parentale, superiorità dell’interesse dei bambini rispetto al diritto alla bigenitorialità e condanna dell’utilizzo della forza nei confronti dei minori.

La Suprema Corte ha ribadito che:

Il richiamo alla sindrome d’alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre.

Supremi Giudici hanno stabilito che non può essere garantita la bigenitorialità ad ogni costo, ma si deve tenere conto in primo luogo dell’interesse del bambino.

Si sono espressi anche sull’utilizzo della forza fisica per sottrarre il minore dal luogo dove risiedeva con la madre, per collocarlo in una casa famiglia, ritenendo quella misura:

Non conforme ai principi dello Stato di diritto in quanto prescinde del tutto dall’età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento.

Come ha spiegato una delle legali della donna:

La Corte ha contestato il mancato ascolto del figlio della donna e ha messo un punto alle prassi che rasentano il trattamento inumano e degradante di allontanamento dei bambini e delle bambine dalle madri con la forza pubblica, dichiarando che ogni forma di coercizione sui minori è fuori dallo Stato di diritto.

Volume consigliato:

 

Concorso Ministero della giustizia: in G.U. due bandi per 5410 unità profili tecnici

Concorso Ministero della giustizia: in G.U. due bandi per 5410 unità profili tecnici

 

Il 28 aprile 2022, alle ore 14:00, è la deadline delle candidature per 5.410 unità, a tempo determinato, di personale non dirigenziale del settore Giustizia: 750 unità area funzionale II, fascia economica F2, 3000 unità area funzionale seconda, fascia economica F1, e n. 1660 unità area funzionale terza, fascia economica F1.

I due bandi in G.U. del 1° aprile

Nella Gazzetta Ufficiale del 1° aprile (Gazzetta Ufficiale IV^ serie speciale “Concorsi ed esami” n. 26 del 1° aprile 2022) sono stati pubblicati due bandi di concorso previsti dal PNRR, e relativi all’assunzione di 5410 unità di personale tecnico amministrativo. La procedura concorsuale straordinaria, indetta dalla Commissione Interministeriale RIPAM su base distrettuale per titoli e prova scritta, è finalizzata all’assunzione a tempo determinato, come richiesto dal Pnrr, per la durata massima di 36 mesi, di personale amministrativo destinato agli uffici giudiziari. I due bandi arrivano a distanza di un mese dall’entrata in servizio dei vincitori del concorso per 8.171 addetti all’Ufficio per il processo.

Inquadramento

I due concorsi pubblici, per titoli ed esami, su base distrettuale, sono finalizzati al reclutamento a tempo determinato di:

Figure richieste

Le figure tecniche richieste riguardano laureati e diplomati in varie discipline. Nello specifico, si procederà all’assunzione di:

  • 180 tecnici IT senior,
  • 200 tecnici di contabilità senior,
  • 150 tecnici di edilizia senior,
  • 40 tecnici statistici,
  • 1060 tecnici di amministrazione,
  • 30 analisti di organizzazione,
  • 280 tecnici IT diplomati,
  • 400 tecnici di contabilità junior,
  • 70 tecnici di edilizia junior,
  • 3000 operatori data entry.

Le finalità

L’elaborazione dei bandi, frutto della collaborazione tra Ministero della Giustizia e Ministero per la Pubblica amministrazione, costituisce un ulteriore tassello previsto dal PNRR, diretto ad offrire risorse per:

  • proseguire l’opera di abbattimento dell’arretrato e delle pendenze,
  • dare supporto qualificato alle altre linee di progetto sul fronte digitalizzazione ed edilizia giudiziaria.

Modalità di candidatura

Ogni candidato dovrà inviare la domanda di ammissione al concorso solo per via telematica, tramite la piattaforma StepOne. Inoltre:

  • la registrazione,
  • la compilazione,
  • l’invio online,

della domanda devono essere completati entro il termine perentorio delle ore 14:00 del 28 aprile 2022. Non sono ammessi a partecipare al concorso i candidati le cui domande siano state redatte, presentate, ovvero inviate, attraverso modalità differenti da quelle indicate dai bandi.

Per prepararsi al concorso consigliamo i volumi:

Concorso 5410 posti Ministero della Giustizia 1060 Tecnici di amministrazione
Prova scritta
› Diritto amministrativo
› Servizi di cancelleria
› Lingua inglese (quiz)

Materiali online:
– Simulatore di quiz

24,70 €

 

 

Concorso 5410 posti Ministero della Giustizia 3000 Operatori Data Entry
Prova scritta› Diritto pubblico
› Informatica
› Lingua inglese

Materiali online:
– Simulatore di quiz

26,60 €

 

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Cassa Forense su smartphone attraverso l’App IO

Cassa Forense su smartphone attraverso l’App IO

di Biarella Laura, Avvocato, Giornalista Pubblicista, Docente 
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Gli avvisi e le informazioni di Cassa Forense arrivano direttamente sullo smartphone degli iscritti in virtù dell’integrazione con l’App IO.

L’interazione Cassa Forense-IO

Cassa Forense in questi giorni ha già iniziato a inviare, direttamente sul telefono dei propri iscritti, avvisi, scadenze e notifiche, che è quindi possibile visualizzare attraverso un semplice clic. L’interazione con IO rappresenta uno dei passi verso la digitalizzazione di Cassa Forense, che già nelle settimane scorse ha implementato le funzionalità del Call Center al numero 06-51435340, abilitandolo anche alla ricezione della messaggistica WhatsApp.

Cos’è IO

Il progetto IO (io.italia.it) è un pilastro della visione di cittadinanza digitale del Governo Italiano, con l’obiettivo di agevolare l’accesso dei cittadini a i servizi digitali della Pubblica Amministrazione, come anche ai diritti che questi servizi garantiscono. Esito di tale progetto è IO, ovvero un unico canale tramite cui tutti gli Enti, locali e nazionali offrono i propri servizi al cittadino, in modo semplice e personalizzato, direttamente su smartphone. Attraverso l’app, IO ha concretizzato l’articolo 64bis del Codice dell’Amministrazione Digitale (decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82) che istituisce un unico punto di accesso per tutti i servizi digitali erogato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie a IO, un cittadino (in questo caso ogni iscritto di Cassa Forense) può accedere alle funzioni comuni dei servizi pubblici degli Enti di interesse integrati sull’app, come: ricevere messaggi e comunicazioni da un ente, con la possibilità di archiviarle ricordare e gestire le proprie scadenze verso la Pubblica Amministrazione, aggiungendo i promemoria nel proprio calendario personale con un clic; ricevere avvisi di pagamento, con la possibilità di pagare servizi e tributi dall’app in pochi secondi (direttamente dal messaggio ovvero tramite scansione QR dell’avviso cartaceo) portando sempre con sé lo storico delle operazioni nonché le ricevute di pagamento.

Autenticazione

Per principiare a utilizzare IO, ogni iscritto deve registrarsi all’app con un’identità digitale forte, nella finalità di garantire la propria identità in modo sicuro e inequivocabile a Cassa Forense, come agli altri Enti, che erogano i servizi di suo interesse. L’iscritto, pertanto, deve autenticarsi con le proprie credenziali SPID o, in alternativa, con la Carta d’Identità Elettronica (CIE) abbinata al PIN che riceve al momento del rilascio della nuova carta, e che assicura che possa essere l’unico ad utilizzarla. Dopo la prima registrazione, si potrà accedere all’app più facilmente digitando il PIN scelto, oppure attraverso il riconoscimento biometrico (impronta digitale o riconoscimento del volto).

Privacy

Grazie all’App IO, il cittadino non deve più registrarsi a ogni singolo servizio e replicare la registrazione coi medesimi dati sui differenti portali della Pubblica Amministrazione, in quanto basta che gli Enti ne conoscano il codice fiscale, in modo da raggiungerlo direttamente tramite l’app. A tutela della privacy, aggiornando le proprie preferenze nell’app, il cittadino può optare, in ogni momento, per quali servizi essere contattato tramite IO, quali messaggi ricevere, e anche come riceverli (ad esempio, via e-mail, all’interno dell’app, tramite le notifiche push del telefono).

 

 

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Biarella Laura

Laureata cum laude presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Perugia, è Avvocato e Giornalista. È autrice di numerose monografie giuridiche e di un contemporary romance, e collabora, anche come editorialista, con redazioni e su banche dati giuridiche (tra le altre Altalex, Quotidiano Giuridico, NTPLus, 24OreAvvocato, AlVolante, InSella, Diritti e Risposte, Orizzonte Scuola, Fisco e Tasse, poliziamunicipale.it). Ha svolto le funzioni di membro aggiunto presso la Corte d’Appello di Perugia, ai sensi della L. n. 69/1963. Già “cultore della materia” presso Università degli Studi E Campus nelle cattedre di “diritto privato” e “diritto della conciliazione, della mediazione e dell’arbitrato”, è moderatrice e relatrice di convegni, docente presso corsi di formazione e corsi di preparazione all’esame di abilitazione di avvocato. E’ stata professore a contratto di “Arbitrato” presso l’Università degli Studi E Campus, Master in ADR, sedi di Roma e Novedrate. E’ stata membro del Comitato Scientifico del corso di preparazione dell’esame di avvocato Altalex. Ha svolto docenze di diritto e procedura civile presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Perugia, ed ivi ha ricoperto il ruolo di Segretario del Comitato Scientifico. Svolge la funzione di Tutore legale presso il Tribunale dei Minorenni dell’Umbria. E’ membro del Comitato di Redazione del mensile 24Ore Avvocato.

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Bonus affitto giovani: la Circolare dell’Agenzia delle Entrate

Bonus affitto giovani: la Circolare dell’Agenzia delle Entrate

di Biarella Laura, Avvocato, Giornalista Pubblicista, Docente 
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La Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 1° aprile 2022 illustra le novità per i giovani che prendono in affitto un appartamento: innalzato da 30 a 31 anni non compiuti il limite di età per beneficiare del bonus, sconto fiscale fino al 20% dell’ammontare del canone e fino a concorrenza di 2mila euro, estensione da tre a quattro anni, ampliamento al contratto che abbia ad oggetto una porzione dell’unità immobiliare adibita a residenza.

La Legge Bilancio sull’affitto giovani

L’art. 1, c. 155, della legge di bilancio 2022 sostituisce il c. 1-ter dell’art. 16 del TUIR, riconoscendo, dall’anno d’imposta 2022, ai giovani (tra i 20 e i 31 anni non compiuti) con un reddito complessivo non superiore a 15.493,71 euro che stipulano un contratto di locazione avente ad oggetto una unità immobiliare o sua porzione da destinare a propria residenza, una detrazione dall’imposta lorda di 991,60 euro per i primi quattro anni di durata contrattuale. Se superiore, la detrazione è pari al 20 per cento dell’ammontare del canone di locazione entro il limite massimo di 2.000 euro di detrazione.

Le novità

Rispetto alla disciplina precedente, la modifica normativa:

  • eleva il requisito anagrafico per usufruire della detrazione dai 30 ai 31 anni non compiuti;
  • estende la detrazione al caso in cui il contratto abbia ad oggetto una porzione dell’unità immobiliare (ad esempio una stanza);
  • innalza il periodo di spettanza del beneficio dai primi tre ai primi quattro anni del contratto, purché il conduttore si trovi nelle condizioni anagrafiche e reddituali richieste dalla norma;
  • stabilisce che l’immobile per cui spetta l’agevolazione deve essere adibito a residenza del locatario (la versione anteriore prevedeva che l’immobile fosse adibito ad “abitazione principale” dello stesso);
  • prevede una detrazione più elevata pari al valore maggiore tra l’importo forfetario di 991,60 euro (previsto anche dalla precedente versione) e il 20 per cento dell’ammontare del canone, in ogni caso nel limite di 2.000 euro.

La residenza

Conformemente a quanto previsto dalla precedente normativa, per fruire del beneficio, è necessario stipulare un contratto di locazione ai sensi della l. n. 431/1998, e che l’immobile adibito a residenza del locatario sia diverso dall’abitazione principale dei genitori o di coloro cui sono affidati dagli organi competenti.

Il requisito anagrafico

Risulta soddisfatto se ricorre anche per una parte del periodo d’imposta. Ad esempio, se il ragazzo compie 31 anni in data 30 giugno 2022 e stipula il contratto di locazione precedentemente a tale data, ha diritto a fruire della detrazione, nel rispetto degli altri requisiti, limitatamente al periodo d’imposta 2022; qualora, invece, stipuli il contratto di locazione il 30 giugno 2022 o successivamente, non potrà usufruire della detrazione in questione.

Il limite di reddito

Viene confermato, per cui la detrazione spetta se il reddito complessivo non oltrepassi euro 15.493,71.

Più cointestatari

La detrazione viene suddivisa in base ai cointestatari del contratto di locazione dell’abitazione. Ove il contratto di locazione sia stipulato da più conduttori e solo uno abbia i requisiti di età previsti dalla norma, solo quest’ultimo può fruire della detrazione in parola per la sua quota.

Il rispetto dei requisiti

Deve essere verificato in ogni singolo periodo d’imposta per il quale si chiede di fruire dell’agevolazione (Circolare 4 aprile 2008, n. 34/E, risposta 9.1). Pertanto, se il contribuente soddisfa i suddetti requisiti nel primo periodo d’imposta, occorre verificare che gli stessi siano presenti anche in ognuno dei tre periodi d’imposta successivi, per fruire della detrazione in ciascuno di essi.

 

 

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Biarella Laura

Laureata cum laude presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Perugia, è Avvocato e Giornalista. È autrice di numerose monografie giuridiche e di un contemporary romance, e collabora, anche come editorialista, con redazioni e su banche dati giuridiche (tra le altre Altalex, Quotidiano Giuridico, NTPLus, 24OreAvvocato, AlVolante, InSella, Diritti e Risposte, Orizzonte Scuola, Fisco e Tasse, poliziamunicipale.it). Ha svolto le funzioni di membro aggiunto presso la Corte d’Appello di Perugia, ai sensi della L. n. 69/1963. Già “cultore della materia” presso Università degli Studi E Campus nelle cattedre di “diritto privato” e “diritto della conciliazione, della mediazione e dell’arbitrato”, è moderatrice e relatrice di convegni, docente presso corsi di formazione e corsi di preparazione all’esame di abilitazione di avvocato. E’ stata professore a contratto di “Arbitrato” presso l’Università degli Studi E Campus, Master in ADR, sedi di Roma e Novedrate. E’ stata membro del Comitato Scientifico del corso di preparazione dell’esame di avvocato Altalex. Ha svolto docenze di diritto e procedura civile presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Perugia, ed ivi ha ricoperto il ruolo di Segretario del Comitato Scientifico. Svolge la funzione di Tutore legale presso il Tribunale dei Minorenni dell’Umbria. E’ membro del Comitato di Redazione del mensile 24Ore Avvocato.

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Proroga scadenze fiscali 30 e 31 marzo 2022: ecco le nuove date

Proroga scadenze fiscali 30 e 31 marzo 2022: ecco le nuove date

A causa del blocco informatico dell’Agenzia delle Entrate nei giorni del 30 e 31 marzo 2022, gli adempimenti sono stati prorogati di 10 giorni

Differiti tutti gli adempimenti fiscali ricadenti nei due giorni del 30 e 31 marzo 2022. Il motivo principale sta nel fatto che nei predetti giorni l’Agenzia delle Entrate ha avuto un blackout informatico, bloccando di fatto gli accessi sul portale e di conseguenza gli adempimenti.

In particolare, ci sono state delle difficoltà tecniche comunicate da Sogei il 30 marzo, e il 31 marzo il sito ancora non si era ripreso al 100%. Questi malfunzionamenti hanno comportato problematiche a professionisti e a imprese, vista impossibilità di portare a termine gli adempimenti in scadenza. La stessa AdE ha emanato in data 1° aprile 2022 il Provvedimento n. 9/E, a seguito di comunicato stampa, tramite il quale ha preso atto dell’irregolare funzionamento di taluni servizi e la conseguente proroga delle scadenze previste per la fine del mese.

Proroga scadenze fiscali 30 e 31 marzo 2022

Cosa succede in questi casi? Se un intermediario non è riuscito ottemperare alle scadenze fiscali, andrà incontro alle sanzioni? In tali casi, la legge stabilisce che si applica la L. n. 498/1961. Cosa afferma questa legge? Ebbene, in caso di guasto informativo il contribuente ha a disposizione ulteriori 10 giorni di tempo per effettuare l’adempimento.

Tra l’altro, è possibile applicare altresì ulteriori 7 giorni per “lieve inadempimento”: quindi, a conti fatti, gli adempimenti ricadenti nei giorni di 30 e 31 marzo possono essere rinviati fino a dopo Pasqua e Pasquetta. In altri termini, si arriverebbe al 19 aprile 2022.

Proroga Avvisi bonari in scadenza a fine marzo

Tra gli adempimenti in scadenza il 30 e 31 marzo 2022, ricadono anche gli avvisi bonari. Infatti, tra il 28 febbraio e il 1° marzo arrivano gli avvisi bonari ai contribuenti che hanno poi 30 giorni di tempo – dalla data di ricevimento dell’avviso – ad ottemperare all’adempimento.

Quindi, la scadenza cade proprio nei giorni del 30 e 31 marzo 2022, giorni nei quali il portale dell’Agenzia delle Entrate ha avuto un blackout informativo.

Quali scadenze sono prorogate?

Ma quali sono le scadenze che s’intendono rinviate? Innanzitutto, sono rinviate all’11 aprile 2022:

  • la Dichiarazione IVA mensile in regime IOSS (Import One Stop Shop) e il relativo versamento;
  • il Modello INTRA-12 mensile e versamento d’imposta in relazione agli acquisti dichiarati;
  • il Modello Redditi SC: dichiarazione dei redditi in modalità telematica per società di capitali ed enti commerciali residenti che hanno chiuso il periodo d’imposta il 30 aprile 2021;
  • la presentazione del modello EAS (enti non commerciali) per comunicare le variazioni dati verificatesi nel 2021, rispetto a quanto già comunicato;
  • per i contribuenti che utilizzano il portale “Fatture e Corrispettivi” è possibile completare l’iter di trasmissione;
  • la presentazione della dichiarazione sull’imposta sulle transazioni finanziarie (c.d. “Tobin tax”) relativa alle operazioni effettuate nel corso dell’anno precedente.

Un’altra scadenza fiscale è quella che riguarda i lavori edilizi, o meglio la comunicazione da inviare all’Agenzia delle entrate relativa alle opzioni alternative alla detrazione (cessione del credito o sconto in fattura). La scadenza di questo adempimento è già stata prorogata al 29 aprile.

In merito alla comunicazione delle opzioni di sconto in fattura o cessione del credito, s’intendono rinviate alla predetta data tutte quelle che vengono inviate entro il 5 aprile – ossia caricate sulla piattaforma cessione dei crediti entro il 10 aprile – consentendo quindi l’utilizzo dei relativi crediti d’imposta.

Altri importanti appuntamenti slittati sono quelli con:

  • il bonus pubblicità;
  • la stima dell’ammontare di spesa in pubblicità su giornali e tv già sostenuta nel 2022 o ancora da sostenere.
 

Il muto di Gallura

Il muto di Gallura: una clip in esclusiva del western sardo con Andrea Arcangeli

29 marzo 2022
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Una faida nella Sardegna di metà ottocento, la figura leggendaria del bandito Bastiano Tansu, noto come Il muto di Gallura. Vi presentiamo una clip in anteprima esclusiva del film diretto da Matteo Fresi, al cinema dal 31 marzo per Fandango.

Il muto di Gallura: una clip in esclusiva del western sardo con Andrea Arcangeli

 

La difficoltà di comunicare, ma anche una figura leggendaria per tutta la Sardegna. Bastiano Tansu, sordomuto dalla nascita, è stato un personaggio realmente vissuto nella Gallura di metà Ottocento, trovatosi al centro di una faida particolarmente feroce tra due famiglie. La storia viene ora raccontata in una sorta di western sardo diretto da Matteo FresiIl muto di Gallura, con Andrea Arcangeli nel ruolo del titolo. Presentato in selezione ufficiale al Torino Film Festival, esce nelle sale il 31 marzo distribuito da Fandango.

Vi presentiamo in esclusiva una clip del western sardo, Il muto di Gallura.

Leggi ancheIl muto di Gallura, la tradizione con giudizio del western sardo in concorso al Torino Film Festival

Il muto di Gallura: trama ufficiale e trailer del film

Questa storia, ambientata nella Gallura di metà Ottocento, ruota intorno alla faida che ebbe luogo tra le famiglie Vasa e Mamia, che causò la morte di oltre 70 persone.
Bastiano Tansu è un personaggio realmente vissuto. Sordomuto dalla nascita, venne maltrattato ed emarginato finché la sua furia e la sua mira prodigiosa non divennero utili alla causa della faida. Il legame di sangue e l’assassinio di suo fratello Michele, lo annodano indissolubilmente ad uno dei due capi fazione, Pietro Vasa che lo trasforma nell’assassino più temuto dell’intera faida. Lo stato e la chiesa procedono per tentativi, spesso maldestri, per arginare l’ondata di terrore mentre le due fazioni si consumano a vicenda. Quando le paci di Aggius determinano la fine della faida, Bastiano sembra aver trovato anche la pace interiore nell’amore corrisposto per la figlia di un pastore. Ma in un mondo violento e superstizioso, che già da bambino lo additava come figlio del demonio, Bastiano non può essere assolto…

 

 
 
Schede di riferimento
Il Muto di Gallura

 
 
Anno: 2021
4,0 
Il Muto di Gallura
Andrea Arcangeli

 
 
 
Andrea Arcangeli

Il muto di Gallura, la tradizione con giudizio del western sardo in concorso al Torino Film Festival

Mauro Donzelli
01 dicembre 2021
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Interessante opera prima di Matteo Fresi, Il muto di Gallura è un western su una faida ottocentesca che sconvolse per anni due famiglie e la regione della Sardegna interna. Il film è in concorso, unico italiano, al Torino Film Festival.

Il muto di Gallura, la tradizione con giudizio del western sardo in concorso al Torino Film Festival

 

L’entroterra sardo nella metà dell’Ottocento. La Gallura fa da sfondo a una storia antica eppure moderna, un western per estetica e una faida diventata leggenda raccontata in tutta l’isola. L’epopea criminale di un bandito, Bastiano Tansu, ovvero Il muto di Gallura, la cui storia è stata raccontata in un libro ottocentesco di Enrico Costa, scritto pochi anni dopo i fatti, e ora da un film diretto dall’esordiente Matteo Fresi, con Andrea Arcangeli nei panni del protagonista. Il film è l’unico italiano nel concorso del Torino Film Festival 2021.

La storia ruota intorno a una faida di violenza inaudita che vide coinvolte le famiglie Vasa e Mamia, che causò la morte di oltre 70 personeBastiano Tansu è un personaggio realmente vissuto. Sordomuto dalla nascita, venne maltrattato ed emarginato finché la sua furia e la sua mira prodigiosa non divennero utili alla causa della faida. Il legame di sangue e l’assassinio di suo fratello Michele, lo legano indissolubilmente ad uno dei due capi fazione, Pietro Vasa, che lo trasforma nell’assassino più temuto. Lo stato e la chiesa procedono per tentativi, spesso maldestri, per arginare l’ondata di terrore mentre le due fazioni si consumano a vicenda.

“Una storia bella, forte e vera, legata a una terra che amo molto”, ha dichiarato il produttore Domenico Procacci, incontrando la stampa a Torino. “Ci piaceva molto la connotazione western, se ti capita di poterne produrre uno è una grande tentazione”. Ha amato la sceneggiatura di Fresi, torinese classe 1982 di padre gallurese, formatosi alla Scuola Holden, dove insegna da anni. “Desideravo raccontare questa storia”, ha detto, “perché credo che, in fondo, tutti noi ci siamo sentiti un po’ Bastiano Tansu: abbiamo avuto difficoltà a comunicare i nostri sentimenti e i nostri bisogni, abbiamo agito in funzione di regole che non comprendiamo, abbiamo guardato in faccia il dolore di una perdita e ci siamo sentiti soli. Abbiamo pensato che l’amore ci potesse salvare da noi stessi. E siamo stati smentiti.”

È stato il Divin CodinoRoberto Baggio, oltre che fra i protagonisti della serie tv Romulus. Arriva ora un’altra sfida in una lingua antica per Arcangeli, anche se il sardo rispetto al latino è tutto’altro che morto. “Ho avuto almeno la fortuna di non dover imparare il gallurese, essendo muto”, ha ricordato saggiamente. “Fin dall’inizio mi piaceva come non fosse la storia di un assassino, ma di un emarginato nella Sardegna dell’ottocento. Un ragazzo che nasce con una condizione all’epoca guardata in maniera molto diversa da oggi. Come cresce un sordo? Da qui sono partito. Un reietto della società che cresce da solo e ha come unica ragione vita il suo eterno dolore, e l’uccisione degli altri come assassino. Per un attore esser privato della lingua è una sfida. Volevo evitare di accentuare gli altri strumenti a disposizione per non rischiare di fare una macchietta, una cosa forzata. Non ho avuto paura di andare in sottrazione, farlo parlare più con gli occhi, scoprire Bastiano girando. Mi sono fatto aiutare ragazzi dell’istituto per sordi a Roma, immaginando anche un ipotetico antenato del linguaggio dei segni di oggi, all’epoca ovviamente non utillizzato. Non ho dovuto imparare il gallurese, dico appena poche parole, l’unico che non lo parlava sul set. Era strano dialogare con gli altri personaggi in scena, senza mai dire niente. Nonostante questo è stato bello instaurare qualcosa di vibrante con loro.”

“Ho frequentato quelle zone fin da bambino”, ha proseguito Fresi “e lì è una narrazione, un misto fra leggenda e storia vera molto conosciuta. Una storia che mi è rimasta appicciata addosso e rileggendo il romanzo mi sono reso conto come avesse un impianto narrativo molto contemporaneo. Rimaneggiando la struttura si poteva portare al cinema in maniera efficace. Storia e leggenda si fondono, in un libro che è un prototipo del romanzo storico. Il western era uno dei tanti ingredienti, ma la struttura del racconto rievoca più qualcosa di mediterraneo, come la tragedia greca. Ma il tipo di estetica invece ci ha permesso di leggerlo come contemporaneo e non etnografico. Sarebbe un errore conservare la tradizione così com’è. Per rimanere viva bisogna reinventarla un po’ e il western aiutava in questo senso. Sui costumi abbiamo cercato di allontanarci leggermente, all’epoca i banditi indossavano una specie di gonnellino che sarebbe risultato ridicolo e fuori tempo. Anche la musica ha molti interventi di elettronica, sempre per allontanarci dalla teca museale.”

 
 
 

Quella di The Northman, come saprete, è una storia di vendetta: la vendetta di un giovane principe, il principe Amleth, che ha visto suo padre ucciso dallo zio, e sua madre costretta a sposare l’omicida. Amleth, che quando fu testimone di questi eventi era un bambino, riuscì a fuggire dalla morte. La vita in esilio lo fece diventare un Berserker, i più temibili e feroci tra i guerrieri vichinghi: e proprio tra le fila dei Berseker Amleth riuscì a scoprire dove si nascondeva l’uomo che aveva ucciso suo padre, decidendo così di onorare il giuramento fatto da bambino, e vendicare il genitore.
Nella clip che vi proponiamo qui di seguito in anteprima esclusiva, la prima clip italiana di The Northman, vediamo Amleth (interpretato da Alexander Skarsgård) nel momento in cui rivela la sua identità e la sua ira funesta agli uomini e le donne cui fino a quel momento si era presentato come mite schiavo, tra cui zio assassino, Fjölnir (Claes Bang), e la madre Gudrún (Nicole Kidman).

 

Main image Pensioni: tutti via dal lavoro a 64 anni con il mini-taglio

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Pensioni: tutti via dal lavoro a 64 anni con il mini-taglio
7.04.2022 | Fonte: today.it | Visualizzazioni: 4 167
Luciano Cazzola

Che la riforma delle pensioni permetterà di lasciare senza difficoltà il lavoro ben prima dei 67 anni è una certezza. Ma se il punto fermo dei sindacati è sempre lo stesso dal 1º gennaio 2023, ovvero pensioni già a partire dai 62 anni per tutti (impossibile) o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica (i tecnici non la reputano sostenibile), il governo dal canto suo va in contropiede e sembra intenzionato a mettere sul tavolo una nuova proposta forte, che le parti sociali vaglieranno con molta attenzione. L’esecutivo in questi mesi di “riscaldamento” prima dell’inizio della partita-riforma non è mai apparso propenso a discostarsi troppo dalla soglia anagrafica minima dei 64 anni fissata dalla legge Fornero per i lavoratori totalmente contributivi. Il piano è accelerare nelle prossime settimane e trovare la quadra in tempo utile per il Def di aprile. Con i 64 anni al centro.

Trovato un modo semplice per ripristinare un’erezione dura come la roccia, anche se hai più di 50 anni. Basterà ogni mattina…

Pensioni da 64 anni nel 2023

Eccoci dunque alla nuova proposta del governo: andare in pensione prima dei 67 anni previsti dalla Fornero, ma ricalcolando l’assegno col metodo contributivo perché la flessibilità in uscita sia sostenibile, in modo che non abbia cioè un impatto sui conti pubblici. Il governo ha già parlato di questa opzione ieri ai sindacati nell’ultimo dei confronti tecnici in vista del tavolo politico conclusivo con i ministri Franco e Orlando della prossima settimana. Ma Cgil, Cisl e Uil non potrebbero mai dire di sì se ciò comportasse un taglio del 30%, come accade esempio con Opzione Donna (che è confermatissima per il 2022.

In 2 giorni i papillomi vanno via senza difficoltà e prodotti e i parassiti escono naturalmente. Tutto quello che serve è 1 volta…

Il punto di mediazione che si intravede all’orizzonte, e che trova spazio oggi sui quotidiani, è il seguente: via dal lavoro da 64 anni con almeno 20 di contributi e una penalizzazione del 3% al massimo per ogni anno di anticipo. A patto che la pensione spettante non sia troppo bassa, ma superiore all’assegno sociale di un certo numero di volte. La formula di quel tipo è già realtà per i contributivi puri, quelli che lavorano dal 1996, con un multiplo di 2,8 volte: si esce a 64 anni solo con pensioni di almeno 1.311 euro. Limite eccessivo, per i sindacati. Il governo potrebbe abbassarlo, rivela Repubblica, “se decidesse di estendere questa formula a chi è nel sistema misto (retributivo e contributivo). Si comincia a trattare”. E per la prima volta da mesi c’è la sensazione che si sia imboccata una via percorribile.

L’Europa non si opporrebbe in alcun modo a scenari simili, perché in Italia così si estende il contributivo a tutti, di fatto. I numeri dicono inoltre che il 90% delle persone in uscita dal lavoro andranno in pensione con il calcolo misto e che la parte retributiva peserà solo per il 30% sull’assegno. Un mini-taglio della parte retributiva non sarebbe traumatica. I sindacati tentennano, ma aprono. “Dipende come si fa il ricalcolo, noi siamo contrari in ogni caso, troppo penalizzante”, avverte qualcuno.