Archivi giornalieri: 12 aprile 2022

TFR non pagato: cosa fare e come recuperare la liquidazione

TFR non pagato: cosa fare e come recuperare la liquidazione

Quali mezzi ha il lavoratore in caso di TFR non pagato e che garanzie ci sono da parte della legge e dell’INPS? Analisi completa

Il Trattamento di Fine Rapporto è un credito che il dipendente matura nei confronti del datore di lavoro per tutta la durata del rapporto.

Il diritto del lavoratore al pagamento del TFR sorge nel momento in cui cessa il contratto, eccezion fatta per le ipotesi (limitate nelle motivazioni, negli importi e nel numero dei lavoratori che ne hanno diritto) di anticipazione di una quota – parte dell’ammontare maturato, in misura comunque non superiore al 70%, regolata dall’articolo 2120 del Codice Civile.

Pertanto, i problemi sorgono se, a fronte della cessazione del rapporto, il datore di lavoro non paga il TFR. In questi casi, cosa può fare il lavoratore e quali garanzie e tutele legislative ha?

Analizziamo la questione in dettaglio.

TFR non pagato: quanto tempo ha il datore di lavoro per versare la liquidazione

Come anticipato, il diritto a percepire il Trattamento di Fine Rapporto sorge, come intuibile dal nome, alla cessazione del contratto di lavoro.

In particolare, i contratti collettivi possono stabilire un termine, a partire dalla risoluzione del rapporto, entro cui l’azienda è tenuta a corrispondere il TFR.

Se tuttavia il CCNL nulla prevede in merito, il lavoratore (in quanto creditore) può esigere immediatamente il pagamento della somma.

TFR non pagato, cosa fare alla cessazione del rapporto di lavoro

Alla cessazione del rapporto di lavoro, l’azienda è tenuta a corrispondere:

  • Ferie maturate e non godute;
  • Permessi maturati e non goduti;
  • Mensilità aggiuntive (tredicesima ed eventuale quattordicesima) maturate;
  • TFR;
  • Altre indennità e somme legate alla cessazione del rapporto di lavoro (si pensi all’indennità sostitutiva del preavviso).

Prima di rivalersi nei confronti del datore di lavoro a causa della mancata erogazione del TFR è bene considerare le seguenti tempistiche di pagamento, determinate dalla necessità di calcolare correttamente gli importi cui il dipendente ha diritto:

Cedolino paga relativo al mese Somme corrisposte Motivazione
Di cessazione del rapporto di lavoro Retribuzione ordinaria (calcolata sino all’ultimo giorno di vigenza del contratto), ferie e permessi non goduti, mensilità aggiuntive maturate, eventuali altre somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto (ad esempio indennità sostitutiva del preavviso) Calcolo degli importi maturati dal dipendente sino alla data effettiva di cessazione del rapporto
Successivo quello di cessazione del rapporto di lavoro TFR Calcolo della rivalutazione TFR in base all’indice ISTAT aggiornato alla data di cessazione del rapporto

Qualsiasi ritardo nell’erogazione del TFR comporta l’applicazione di interessi e rivalutazione monetaria.

Ipotizziamo pertanto il caso del dipendente Mario Rossi il cui rapporto di lavoro è cessato in data 30 aprile 2022.

Nel cedolino di competenza del mese di aprile saranno riportate le somme a titolo di retribuzione, ferie e permessi non goduti, mensilità aggiuntive ed altre somme legate alla cessazione del rapporto.

Con la successiva busta paga (nel nostro caso competenza maggio 2022) l’azienda calcolerà il TFR spettante a Mario Rossi in base all’indice ISTAT effettivo, determinato in base alla data di cessazione del rapporto.

TFR non pagato, dopo quanto tempo scatta la prescrizione

Particolare attenzione dev’essere prestata dai dipendenti nei casi di TFR non percepito. A norma dell’articolo 2948 del Codice Civile (punto 5) infatti si applica la prescrizione quinquennale nei confronti delle “indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro” tra cui, appunto, il TFR.

E’ peraltro utile precisare che la prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, intesa come data da cui inizia a maturare il diritto al Trattamento di Fine Rapporto.

TFR non pagato, cosa può fare il dipendente in via bonaria

Ma prima di giungere alle vie legali cosa può fare il dipendente in via bonaria per farsi pagare la liquidazione dal datore di lavoro?

Si parte dalla richiesta di informazioni formale e informale per poi chiedere l’intervento di un sindacato. Ecco cosa sapere.

Richiesta informazioni informale all’azienda

Qualora alla consueta data di pagamento dei cedolini, relativi al mese successivo quello di cessazione del rapporto o, in alternativa, spirato il termine previsto dal CCNL applicato, il lavoratore non si è visto corrispondere il TFR, è necessario chiedere innanzitutto spiegazioni, in via informale, direttamente al datore di lavoro, al proprio responsabile o all’ufficio personale, sul perché nell’ultima busta paga sia assente il Trattamento di Fine Rapporto.

Richiesta informazioni formale

Nel caso in cui il tentativo si riveli infruttuoso l’interessato ha la possibilità di inviare una richiesta di informazioni (formale) a mezzo raccomandata a mano o con ricevuta di ritorno, indirizzata al datore di lavoro, in alternativa utilizzando la posta elettronica certificata (PEC).

Nella missiva si dovrà chiedere il motivo del TFR non pagato e l’immediato soddisfacimento del credito.

Rivolgersi ad un legale / sindacalista

Se persiste la situazione di omesso pagamento delle somme dovute, l’ultima possibilità di risolvere la questione in via bonaria è rivolgersi ad un legale o ad un sindacalista (interno o esterno all’azienda) il quale si prenderà carico, in rappresentanza del dipendente, di prendere contatto con l’azienda al fine di chiedere le motivazioni del mancato pagamento del TFR.

Cosa fare se il problema persiste

Il dipendente che continua a non ricevere il TFR nonostante i tentativi (formali ed informali) non ha altre possibilità che:

  • Rivolgersi all’Ispettorato territoriale del lavoro chiedendo una definizione bonaria della controversia grazie alla cosiddetta “conciliazione monocratica preventiva”;
  • In alternativa, rivolgersi al Tribunale competente in funzione di giudice del lavoro, al fine di ottenere un decreto ingiuntivo.

Denuncia all’Ispettorato territoriale del lavoro

A seguito della richiesta del lavoro l’ITL, valutati i presupposti per una definizione bonaria della controversia, può promuovere una conciliazione monocratica preventiva, in cui evidenziare alle parti (azienda e dipendente) le conseguenze in caso di ispezione diretta in azienda.

Quest’ultima è pertanto evitabile se le parti trovano un accordo ed il datore di lavoro provvede a riconoscere al lavoratore il TFR non pagato. In caso contrario, l’Ispettorato procederà alle verifiche necessarie e, una volta accertato il credito del lavoratore, diffiderà l’azienda a riconoscere le somme interessate.

Decorsi i termini per inoltrare ricorso o esperire il tentativo di conciliazione, nonché nell’ipotesi in cui il ricorso sia rigettato o le parti non siano pervenute ad un accordo, la diffida dell’ITL acquista efficacia di titolo esecutivo.

Il lavoratore avrà pertanto la possibilità di agire per soddisfare il proprio credito da TFR.

Ricorso al Giudice del lavoro

Previa costituzione in mora del debitore (contenente, in forma scritta, un termine per corrispondere il TFR) o diffida ad adempiere (indirizzata sempre per iscritto all’azienda), il lavoratore può ricorrere al Tribunale competente in funzione di giudice del lavoro, al fine di ottenere un decreto ingiuntivo.

Adottato il decreto, con pronuncia del giudice entro 30 giorni dal deposito del ricorso, il datore di lavoro ha 40 giorni dalla notifica del provvedimento per ottemperare al pagamento.

Qualora l’azienda non adempia all’obbligazione e non si opponga al decreto ingiuntivo (entro il termine di 40 giorni), il dipendente potrà chiedere l’apposizione della formula esecutiva e, decorsi 10 giorni dalla notifica della stessa, avviare l’esecuzione forzata per il soddisfacimento del credito.

TFR non pagato, come e quando chiedere l’intervento del Fondo di Garanzia INPS

I lavoratori subordinati dipendenti di aziende tenute al versamento del contributo (calcolato in misura pari allo 0,20% della retribuzione imponibile) al Fondo di garanzia per il TFR, possono chiedere l’intervento dell’INPS per il pagamento dell’intero ammontare del Trattamento di Fine Rapporto ivi compresi gli interessi e la rivalutazione monetaria calcolati dalla data di cessazione del rapporto fino a quella dell’effettivo adempimento.

L’intervento del Fondo, nel caso di datori di lavoro soggetti alle procedure concorsuali, è subordinata a:

  • Cessazione del rapporto di lavoro;
  • Accertamento dello stato di insolvenza ed apertura di una procedura concorsuale di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa o amministrazione straordinaria;
  • Accertamento del credito a titolo di TFR e / o crediti di lavoro relativi alle ultime tre mensilità.

Al contrario, per le realtà non soggette alle procedure concorsuali, i requisiti sono:

  • Cessazione del rapporto di lavoro;
  • Inapplicabilità al datore di lavoro delle procedure concorsuali;
  • Esistenza del credito per TFR rimasto insoluto;
  • Insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro a seguito di esecuzione forzata.

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, è necessario che l’interessato provi di aver tentato il soddisfacimento del proprio credito in modo serio ed adeguato ricercando, secondo la normale diligenza, i beni del datore di lavoro nei luoghi ricollegabili allo stesso.

Al ricorrere delle condizioni sopra citate, l’INPS provvede al pagamento del TFR direttamente al lavoratore previa domanda dello stesso inoltrata:

  • Collegandosi al portale telematico “it – Prestazioni e Servizi – Prestazioni – Fondo di garanzia del TFR e dei crediti di lavoro” per chi è in possesso delle credenziali SPID, CIE o CNS;
  • Chiamando il Contact Center dell’INPS al numero 803.164 (gratuito da rete fissa) o lo 06.164.164 da rete mobile;
  • Rivolgendosi a patronati ed intermediari dell’Istituto.
 

Fondo Impresa femminile 2022: al via da maggio le domande per incentivi

Fondo Impresa femminile 2022: al via da maggio le domande per incentivi

Sarà presto operativo il Fondo Impresa femminile 2022: domande al via da maggio per accedere agli incentivi per impresa donna.

Da maggio al via le domande per accedere al nuovo Fondo Impresa femminile del Ministero dello sviluppo economico gestito da Invitalia per le donne che vogliono avviare nuove attività imprenditoriali o rafforzarne di esistenti. Nel quadro della realizzazione degli obiettivi di cui al PNRR, si colloca il recente Decreto direttoriale del MISE, che include termini e modalità di effettuazione delle domande per l’accesso al Fondo a sostegno dell’imprenditoria femminile.

Da notare che il citato Fondo Impresa Donna 2022 è stato creato sfruttando un finanziamento base pari a 40 milioni di euro, ai quali si sono sommati ulteriori 160 milioni di euro provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Vediamo allora qualche specifico dettaglio in merito a detto Fondo, soffermandoci altresì sulla tempistiche per fare domanda.

Fondo Impresa femminile: la finalità

Del Fondo per l’imprenditorialità femminile si trova traccia nella legge di Bilancio 2021, ed è altresì ricompreso nel quadro delle misure del PNRR, in particolare nella missione ‘Inclusione e coesione‘. Il contributo del MISE al lancio di questo Fondo si è rivelato determinante. Mentre Invitalia è e sarà il soggetto gestore dell’iniziativa.

E proprio un comunicato ad hoc, emesso dal Ministero per lo Sviluppo Economico, chiarisce quello che è l’obiettivo della misura in oggetto. Grazie al citato fondo, infatti, è possibile “incentivare la partecipazione delle donne al mondo delle imprese, supportando le loro competenze e creatività per l’avvio di nuove attività imprenditoriali e la realizzazione di progetti innovativi, attraverso contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati“.

Leggi anchevisura catastale gratis e a pagamento, la guida aggiornata dell’Agenzia Entrate

Fondo Imprenditoria Femminile MISE: chi sono i destinatari della misura

Prima di vedere più da vicino le agevolazioni in gioco, soffermiamoci su beneficiari e ambiti coinvolti nell’iniziativa a favore dell’imprenditoria femminile. Le categorie che possono giovarsi delle agevolazioni sono le seguenti:

  • imprese individuali la cui titolare è una donna;
  • società di capitale con quote e componenti del Cda per almeno due terzi di donne;
  • cooperative e società di persone con almeno il 60% di socie donne;
  • lavoratrici autonome.

Mentre per quanto riguarda i settori coperti dall’iniziativa c’è un’ampia varietà:

  • commercio;
  • servizi;
  • turismo;
  • industria;
  • artigianato;
  • trasformazione dei prodotti agricoli.

Come opportunamente indicato nel sito web ufficiale di Invitalia, il Fondo Impresa femminile sostiene peraltro le imprese femminili di qualsiasi dimensione, già costituite o di nuova costituzione, con sede in tutte le regioni italiane.

Quali iniziative saranno sostenute

Vediamo in sintesi quali sono le iniziative in cui il citato Fondo Impresa femminile sarà di supporto economico:

  • interventi per favorire l’avvio dell’attività, gli investimenti e il rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale delle aziende di matrice femminile, con particolare attenzione ai settori dell’hi-tech;
  • programmi e iniziative per l’ampliamento della cultura imprenditoriale tra la popolazione femminile;
  • programmi di formazione e orientamento nei confronti di campi del sapere e professioni nelle quali la presenza femminile deve essere adeguata anche a quanto indicato anche dalla UE.

In precedenza abbiamo ricordato che ai primi 40 milioni stanziati dalla legge di Bilancio 2021 si sono sommati altri 160 milioni di euro dal PNRR, per un totale di 200 milioni di euro. Si tratta certamente di investimenti di rilievo, che ben si spiegano con la volontà di colmare il gender gap in ambito imprenditoriale. 

Quali sono le tipologie di incentivi di cui al Fondo

Il citato Fondo Impresa femminile prevede l’assegnazione di incentivi che si dividono in finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto. A seconda della fase in cui si trova l’impresa, vi è un diverso meccanismo di erogazione degli incentivi. In sintesi la situazione è la seguente.

Per l’avvio di un’impresa gli incentivi sono costituiti da contributi a fondo perduto che coprono l’80% dei costi, su una spesa massima ammissibile corrispondente a 100mila euro. Maggiori incentivi valgono per le donne disoccupate.

Invece, per le imprese già avviate, gli incentivi si differenziano in base all’età dell’azienda. Ecco i dettagli:

  • per le aziende avviate da almeno dodici mesi e da meno di 3 anni, gli incentivi consisteranno per il 50% in contributi a fondo perduto e per un altro 50% in un finanziamento agevolato di 8 anni a tasso zero, fino all’80% delle spese ammissibili;
  • per le aziende avviate da più di un triennio, le spese di investimento saranno incentivate con fondo perduto e con finanziamento agevolato, invece le spese di capitale circolante saranno incentivate esclusivamente con il contributo a fondo perduto.

Mentre, per quanto riguarda le spese ammissibili, esse saranno quelle attinenti, ad esempio, ai macchinari ed alle attrezzature nuovi di fabbrica e ai servizi cloud per la gestione aziendale, ma l’ottica è chiaramente quella di offrire un esteso aiuto all’articolato ambito dell’imprenditoria femminile.

Non solo. Nel quadro degli incentivi compresi nel Fondo Impresa femminile, abbiamo altresì uno specifico voucher da 5mila euro da utilizzare per far fronte alle spese di assistenza tecnica e di gestione della realtà imprenditoriale.

Fondo impresa donna, quando fare domanda? Le date da segnare sul calendario

Per quanto attiene alla presentazione delle domande per accedere al Fondo Impresa Donna 2022, le regole varate ci indicano che potranno essere inviate dal mese di maggio. La modalità sarà quella telematica, e per lo scopo sarà presto attivata una sezione ad hoc sul sito web ufficiale Invitalia.

Il calendario sarà diverso sulla scorta del tipo di contributo richiesto.

Avvio di nuove imprese femminili o formate da meno di 12 mesi

  • la compilazione delle domande è possibile dalle ore 10 del 5 maggio 2022;
  • la presentazione a partire dalle ore 10 del 19 maggio 2022.

Sviluppo di imprese femminili costituite oltre 12 mesi

  • la compilazione delle domande è possibile dalle ore 10 del 24 maggio 2022;
  • la presentazione a partire dalle ore 10 del 7 giugno 2022.

Le domande per l’accesso al fondo impresa femminile 2022 saranno valutate in base all’ordine cronologico di presentazione. Attenzione infine al fatto che, al fine di accedere alla piattaforma, il soggetto interessato dovrà essere in possesso di credenziali SPID, CIE o CNS e di una PEC.

 

Apprendistato, formazione di base e trasversale: erogazione a distanza

Apprendistato, formazione di base e trasversale: erogazione a distanza

Ammissibile, per la componente formativa di base e trasversale nell’apprendistato, ricorrere alla modalità di formazione a distanza

Quali sono le modalità di erogazione della formazione di base e trasversale in apprendistato? È possibile ricorrere alla formazione a distanza in modalità asincrona, laddove la formazione sia erogata da parte di organismi di formazione accreditati e finanziata dalle aziende? A queste domande ha trovato risposta l’INL con la Circolare n. 2 del 7 aprile 2022, ritenendo ammissibile ricorrere alla modalità di formazione e-learning.

Attraverso tali sistemi si assicura, infatti, la tracciabilità dello svolgimento delle lezioni e della partecipazione dei discenti. Sul punto, l’INL introduce un principio fondamentale, ossia quello del ricorso alla formazione a distanza in modalità sincrona, che è applicabile anche al di fuori dell’istituto dell’apprendistato.

Apprendistato, formazione di base e trasversale: la normativa regionale

La definizione degli strumenti per il riconoscimento della formazione di base e trasversale per l’apprendistato è rimessa alla normativa regionale. Si ricorda, al riguardo, che la formazione menzionata è finalizzata all’acquisizione di competenze di carattere generale per orientarsi e inserirsi nei diversi contesti lavorativi.

In particolare, alla luce dell’art. 44 del D.Lgs. n. 81/2015 e delle linee guida adottate il 20 febbraio 2014 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, la formazione può realizzarsi in FAD con le modalità disciplinate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano.

E se manca la regolamentazione regionale? In tal caso, si ritiene applicabile quanto previsto dall’Accordo Stato – Regioni del 21 dicembre 2011, per la formazione dei lavoratori in materia di tutela della salute e sicurezza.

Dunque, è possibile ricorrere alla formazione e-learning, sia per la componente formativa di base che trasversale. Da notare che con il termine “e-learning” si intende una specifica ed evoluta forma di FAD consistente in un modello di formazione in remoto. Questa formazione è caratterizzata da forme di interattività a distanza tra i discenti e i docenti e/o gli e-tutor e/o altri discenti, in modalità sincrona. Ciò permette di tracciare lo svolgimento delle lezioni stesse e della partecipazione degli apprendisti.

Apprendistato, erogazione formazione di base e trasversale a distanza

Infine, afferma l’INL, è possibile utilizzare, nelle ore in cui la prestazione lavorativa viene resa regolarmente, la modalità e-learning o FAD, nella sola modalità sincrona prevista. Ciò è permesso con specifico riferimento alla formazione degli apprendisti con contratto professionalizzante in CIG nel periodo emergenziale.

Attenzione però: la formazione, in tali casi, deve essere effettuata attraverso l’utilizzo di piattaforme telematiche che possano garantire il rilevamento delle presenze. Tali sistemi devono essere in grado di tracciare in maniera univoca la presenza dei discenti e dei docenti.

Appare necessario, pertanto, che tali modalità siano rispettate anche laddove la formazione sia erogata da parte di organismi di formazione accreditati, anche se finanziata dalle aziende per carenza delle risorse messe a disposizione dalla Regione.

 

Tassazione ordinaria sul premio erogato al dirigente se non è un arretrato

Tassazione ordinaria sul premio erogato al dirigente se non è un arretrato

Quale tassazione applicare sul premio erogato al dirigente come da accordi sindacali nell’anno successivo a quello di maturazione.

Si applica la tassazione ordinaria all’incentivo erogato come da accordi sindacali al dirigente nell’anno successivo a quello di maturazione; essendoci un accordo specifico, l’incentivo non sarà soggetto a tassazione separata in quanto non può essere qualificato quale emolumento arretrato pagato in “ritardo” per sopraggiunta “causa giuridica”.

In sintesi, è questo l’orientamento espresso dall’agenzia delle entrate con la risposta n°173 del 6 aprile.

Irpef ad aliquota ordinaria se il premio non è un arretrato: risposta AdE n° 173 del 6 aprile

La risposta n°173 dell’AdE del 6 aprile prende spunto da apposita istanza di interpello. Nello specifico, come da accordi sindacali, la società istante riconosce ai propri dirigenti un incentivo specifico al raggiungimento del 100 per cento degli obiettivi assegnati. L’erogazione dell’incentivo avviene l’anno successivo a quello di assegnazione degli obiettivi, di norma tra aprile e giugno.

Da qui, la società ha chiesto lumi sulla corretta tassazione degli incentivi in parola: nello specifico, si tratta di somme da assoggettare a tassazione ordinaria o separata?

La società ritiene che si tratti di somme da assoggettare a tassazione separata, ex art. 17, comma 1, lettera b), del Tuir.

Il parere dell’agenzia delle entrate

L’Agenzia delle entrate richiama i principi in base ai quali è applicabile la tassazione separata.

Nello specifico, secondo la prassi in materia (cfr. circolare 5 febbraio 1997, n. 23,  circolare 14 giugno 2001, n. 55/E, par. 5.1, risoluzione 16 marzo 2004, 43/E), le situazioni che possono in concreto assumere rilevanza ai fini della tassazione separata sono di due tipi:

  1. quelle di “carattere giuridico”, che consistono nel sopraggiungere di norme legislative, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi, ai quali è sicuramente estranea l’ipotesi di un accordo tra le parti in ordine ad un rinvio del tutto strumentale nel pagamento delle somme spettanti;
  2. quelle consistenti in “oggettive situazioni di fatto”; che impediscono il pagamento delle somme riconosciute spettanti entro i limiti di tempo ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti d’imposta.

Dunque, qualora ricorra una delle cause giuridiche individuate dal citato articolo 17, comma 1, lettera b), non deve essere effettuata alcuna indagine in ordine al “ritardo” nella corresponsione, per valutare se detto ritardo possa essere considerato “fisiologico”rispetto ai tempi tecnici occorrenti per l’erogazione degli emolumenti stessi.

In tali casi si applica la tassazione separata senza alcun dubbio.

Conclusioni

Considerato che nel caso di specie, per accordo sindacale il premio viene erogato entro l’anno successivo di assegnazione degli obiettivi (tra aprile e maggio), il pagamento non può  qualificarsi come “emolumento arretrato”.

Dunque, non essendo ravvisabile alcun “ritardo” nella erogazione delle somme dovuto al sopraggiungere di una “causa giuridica”, si applica la tassazione ordinaria.

 

Non tassabile il risarcimento liquidato al lavoratore per demansionamento

Non tassabile il risarcimento liquidato al lavoratore per demansionamento

Non tassabile il risarcimento per danno emergente al lavoratore che a causa del demansionamento ha subìto una perdita di chance.

Non è tassabile ai fini IRPEF il risarcimento del danno liquidato dal Tribunale in favore del lavoratore per risarcire la lesione delle sue capacità professionali per demansionamento e la relativa perdita di chance. Tecnicamente tale importo si intende finalizzato a ristorare il lavoratore dal c.d. danno emergente.

Il fatto che le suddette somme non siano tassabili ai fini IRPEF, fa si che il datore di lavoro non debba applicare alcuna ritenuta sulle stesse. In sintesi sono queste le indicazioni che ha fornito l’Agenzia delle entrate con la risposta n°185/2022.

Ecco i dettagli.

Tassazione della liquidazione del danno emergente: la risposta n°185 del 2022

La risposta n°185 del 2022 prende spunto da specifica istanza di interpello. La questione posta all’attenzione dell’Agenzia delle entrate, verte sul corretto trattamento fiscale di un risarcimento corrisposto da un’azienda in favore di un proprio dipendente in seguito a sentenza del Tribunale competente.

Il Tribunale adito, in parziale accoglimento del ricorso, ha riconosciuto al ricorrente di aver subito un danno alla sua professionalità quale conseguenza del demansionamento, mentre ha negato il riconoscimento del danno non patrimoniale, biologico, morale ed esistenziale.

Detto ciò, sul risarcimento corrisposto l’azienda ha applicato la ritenuta Irpef, ex art 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Tuttavia, con atto di precetto ai sensi dell’articolo 480 c.p.c., il lavoratore ha contestato l’applicazione della ritenuta  e ha ottenuto dall’azienda quanto trattenutogli a titolo di ritenuta.

Da qui, l’azienda ha chiesto all’Agenzia delle entrate il corretto trattamento fiscale delle somme corrisposte e le eventuali modalità per il recupero delle ritenute versate Fisco. Ritenute rimborsate al datore di lavoro e già oggetto di certificazione unica.

Il parere dell’Agenzia delle entrate

La questione da valutare è la seguente: l’importo versato a titolo di risarcimento per demansionamento è finalizzato a  reintegrare il cosiddetto danno emergente o il cosiddetto lucro cessante? Se si trattasse di danno emergente,  le somme corrisposte al lavoratore sarebbero detassate e senza obbligo di ritenuta.

Più nello specifico, secondo l’Agenzia delle entrate, tale valutazione non può prescindere dalla seguente differenziazione:

  • sono imponibili le somme corrisposte al fine di sostituire mancati guadagni (lucro cessante) sia presenti che futuri del soggetto che le percepisce, mentre,
  • non assumono rilevanza reddituale le indennità risarcitorie erogate per reintegrare il patrimonio del soggetto, ovvero al fine di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (danno emergente) (cfr. risoluzioni nn. 155/2002, 356/2007, 106/2009 e 16/2018).

Orientamento della Giurisprudenza

Da qui, l’Agenzia delle entrate richiama una serie di pronunce giurisprudenziali in merito alla cosiddetto perdita di chances intesa quale privazione della possibilità di sviluppi o progressioni nell’attività lavorativa.

In particolare:

In tema di demansionamento, occorre distinguere il danno patrimoniale, derivante dall’impoverimento della capacità professionale del lavoratore o dalla mancata acquisizione di maggiori capacità, con la connessa perdita di chances, ovverosia di ulteriori possibilità di guadagno (cfr. Cass., Sez. lav., 12/06/2015, n. 12253; 10/06/2004, n. 11045; 8/11/2003, n. 16792), da quello non patrimoniale, comprendente sia l’eventuale lesione dell’integrità psico-fisica del lavoratore, accertabile medicalmente, sia il danno esistenziale, da intendersi come ogni pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno (cfr. Cass., Sez. Un., 24/ 03/2006, n. 6572; Cass., Sez. lav., 26/01/2015, n. 1327; 19/12/2008, n. 29832), sia infine la lesione arrecata all’immagine professionale ed alla dignità personale del lavoratore (cfr. Cass., Sez. lav., 3/05/2016, n. 8709; 20/02/2015, n. 3474; 4/03/2011, n. 5237).

Detto ciò,  la perdita di chance, quale elemento di danno emergente che non assume rilevanza ai fini fiscali, deve  poter essere concretamente provato dal contribuente, la Corte di cassazione (Cass. civ. Sez. Unite, 24-03-2006, n. 6572). La prova insiste sia sulla concreta esistenza del danno sia sulla sua entità. Si veda anche la Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 7 febbraio 2019, n. 3632.

Nel rispetto di tali condizioni, le somme destinate a ristorare la cosiddetto perdita di chances non sono tassabili.

Conclusioni

I suddetti elementi sono ravvisabili nella sentenza con la quale l’Azienda è stata condannata a risarcire il dipendente che ha subito il demansionamento. La quantificazione del danno è stata determinata dal giudice in via equitativa ai sensi dell’articolo 1226 c.c.

Sulla base di tale ricostruzione, l’Agenzia delle entrate ritiene che non sono tassabili le somme liquidate dal Tribunale in favore del lavoratore per risarcire la lesione delle sue capacità professionali per demansionamento. Tecnicamente tale importo si intende finalizzato a ristorare il lavoratore dal c.d. danno emergente.

L’azienda potrà recuperare le ritenute dapprima versate all’erario e oggetto di successivo rimborso al lavoratore, tramite un modello 770 integrativo.

 

Indennità ISCRO cos’è e a chi spetta: domande online dal 1° maggio

Indennità ISCRO cos’è e a chi spetta: domande online dal 1° maggio

Indennità ISCRO, al via le domande dal 1° maggio: cos’è e come funziona il bonus per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata.

Cos’è e come funziona l’indennità ISCRO, il nuovo bonus ovvero la prestazione a sostegno del reddito in favore dei lavoratori autonomi con partita IVA iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS. L’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (in sigla ISCRO) erogata dall’INPS a beneficio dei lavoratori autonomi, iscritti via esclusiva alla Gestione separata ed in possesso di determinati requisiti reddituali e contributivi.

La misura, nelle more di una riforma degli ammortizzatori sociali, ha lo scopo di introdurre, in via sperimentale per il triennio 2021-2023, una sorta di “Cassa integrazione” per gli autonomi colpiti da una contrazione degli affari.

Con il Messaggio del 7 aprile 2022 numero 1569 l’INPS ha comunicato la riapertura delle domande per il bonus ISCRO 2022 a partire dal prossimo 1° maggio. Pertanto da maggio e fino al 31 ottobre 2022, sarà attivo il servizio online per la presentazione delle domande sul sito inps.it seguendo il percorso “Prestazioni e Servizi – Prestazioni – Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO)” in possesso delle credenziali SPID, CIE o CNS.

Analizziamo nel dettaglio la misura.

Indennità ISCRO, a chi spetta

ISCRO è pensata per essere una sorta di “Cassa integrazione”, istituita in via sperimentale per il triennio 2021 – 2023. E’ quindi un nuovo ammortizzatore sociale in costanza di lavoro, per i periodi di sospensione dell’attività lavorativa autonoma.

Spetta ai soggetti iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo (cosiddetti professionisti senza cassa).

L’indennità spetta in presenza dei seguenti requisiti:

  • Essere iscritti in via esclusiva alla Gestione separata (esclusi pertanto i pensionati nonché loro che sono iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie perché ad esempio lavoratori dipendenti);
  • Non ricevere il Reddito di cittadinanza;
  • Aver generato, nell’anno precedente la presentazione della domanda, un reddito da lavoro autonomo inferiore al 50% della media dei redditi della stessa specie conseguiti nei tre anni precedenti;
  • Nell’anno precedente la presentazione della domanda aver totalizzato un reddito inferiore a 8.145,00 euro;
  • Essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali obbligatori;
  • Titolari di partita IVA (attiva) da almeno quattro anni alla data di presentazione della domanda.

Con riferimento all’ultimo punto, la partita IVA dev’essere stata aperta per lo svolgimento dell’attività, in virtù della quale il soggetto è iscritto alla Gestione separata.

Al fine di continuare a percepire il sussidio, i requisiti contributivi e reddituali devono essere mantenuti nel periodo di fruizione. In caso di cessazione della partita IVA l’indennità viene revocata.

Indennità ISCRO, quanto spetta

L’ammontare dell’indennità straordinaria è pari al 25% (su base semestrale) dell’ultimo reddito denunciato all’Agenzia delle entrate. Ad ogni modo, la somma mensile non potrà essere superiore a 800 euro né inferiore a 250.

Le somme percepite non hanno alcuna valenza ai fini contributivi né fiscali. Queste infatti non concorrono alla formazione del reddito complessivo del percipiente.

Esclusa infine la contribuzione figurativa.

Altri benefici: formazione professionale gratuita

In parallelo rispetto alla fruizione delle somme è prevista anche la partecipazione a corsi di aggiornamento professionale. Scopo della previsione è quello di accompagnare al sussidio economico lo svolgimento di attività mirate ad incrementare i compensi del beneficiario.

Sul punto, il comma 440 della Legge di bilancio prevede l’adozione, entro 60 giorni dalla sua entrata in vigore, di un Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Dicastero dell’economia e delle finanze, che definisca i criteri e le modalità operative dei percorsi di aggiornamento professionale, oltre a disciplinarne il finanziamento.

La partecipazione ai corsi sarà monitorata dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL).

Come fare domanda di ISCRO

Al momento si è in attesa di apposita circolare INPS che comunicherà le modalità di invio della domanda di ISCRO. La domanda di ISCRO dovrà essere presentata una sola volta per l’intero triennio, entro il 31 ottobre di ogni anno (2021, 2022 o 2023).

L’istanza di Bonus ISCRO 2022 dovrà essere inoltrata all’INPS dal 1° maggio al 31 ottobre attraverso l’istanza online predisposta da parte dell’Istituto e raggiungibile dal sito inps.it seguendo il percorso “Prestazioni e Servizi – Prestazioni – Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO)” in possesso delle credenziali SPID, CIE o CNS.

L’INPS, una volta acquisita la domanda, comunicherà all’Agenzia delle entrate i riferimenti anagrafici dell’interessato, al fine di consentire a quest’ultima i controlli sul possesso dei requisiti.

Accolta la richiesta di sussidio, questo avrà decorrenza a partire dal giorno successivo la data di presentazione della domanda.

Aliquote Gestione separata ISCRO

La misura di sostegno in parola sarà finanziata aumentando i contributi dovuti alla Gestione separata INPS da parte dei lavoratori autonomi, potenzialmente destinatari di ISCRO.

Come accennato in premessa, con la circolare numero 12 del 5 febbraio 2021, l’INPS ha reso note le aliquote addizionali per l’anno in corso dovute dagli iscritti in via esclusiva alla Gestione separata.

Queste saranno pari a:

  • Aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in misura pari al 25%;
  • addizionale 0,72% destinata a finanziare le prestazioni di maternità, assegni nucleo familiare, degenza ospedaliera, malattia e congedo parentale;
  • addizionale 0,26% prevista ex novo a finanziamento di ISCRO.

Nel complesso l’aliquota INPS sarà pari per il 2021 al 25,98%. Per gli anni 2022 e 2023, interessati dalla misura sperimentale, il contributo dello 0,26% passerà a 0,51% per ciascuna annualità.

Leggi anche: Gestione separata INPS contributi 2022: aliquote, minimali e massimali

Versamento contributi con F24

A differenza di quanto avviene per i collaboratori, in cui il versamento dei contributi viene effettuato dall’azienda committente, per i professionisti è diverso: sono questi ultimi a dover farsi carico del pagamento con modello F24, nel rispetto delle scadenze fiscali relative alle imposte sui redditi (saldo 2020, primo e secondo acconto 2021).

 

Lavorare in Germania

Lavorare in Germania

Cultura d’impresa, stipendi e norme di lavoro

 
 
Lavorare in Germania

 Molti stranieri hanno bisogno di qualche tempo per adattarsi al modo di lavorare tedesco. La gente non lavora molte ore; in molti uffici, soprattutto nel settore pubblico, la giornata finisce alle 16.

Tuttavia, si dà molta importanza all’efficenza, si cerca di essere il più produttivi possibile e c’è poco tempo, o quasi nullo, per socializzare o parlare ad eccezione delle ore di pausa che sono di solito di 15 minuti con 45 minuti per mangiare.

La cultura d’impresa in Germania è generalmente abbastanza gerarchica. Ai tedeschi piace lavorare basandosi su piani prestabiliti e prendono decisioni basate su fatti. Le riunioni, organizzate e ben pianificate, rappresentano il passo per prendere decisioni con il consenso generale di gruppo. Ci si aspetta la puntualità e non vengono tollerati i ritardi. Quindi fa attenzione, specialmente se vieni da un paese in cui il ritardo è molto diffuso!

Stipendi

Gli stipendi ( Lohn/Gehalt) in Germania sono tra i più alti del mondo. La maggior parte dei lavori per i laureati pagano 30.000€ /anno. I lavori per gli studenti in cui non è richiesta una laurea vengono pagati 6/15 € /ora. Di solito, quando si parla di stipendi, si parla di stipendio lordo cioè prima della deduzione delle tasse e della previdenza sociale. Tieni presente che le tasse, a seconda del tuo stipendio, possono arrivare ad essere il 50% del tuo stipendio lordo. Quindi cerca di non confondere gli stipendi lordi e netti!

Lo stipendio nel tuo contratto è mensile. Nel contratto dovrebbero essere indicati anche remunerazioni speciali, bonus e revisioni dello stipendio. Molte imprese hanno 13 paghe l’anno. Di solito si riceve lo stipendio a dicembre per Natale o viene diviso tra Natale e l’estate. Per alcuni lavori di dirigenza ci sono 14 paghe l’anno.

È difficile sapere a quanto ammonta lo stipendio per lavori o posti specifici anche se ti risulterebbe più facile saperlo per contrattare il tuo stipendio. Personalmarket ( www.personalmarket.de) ti offre, previo pagamento, un’analisi dello stipendio basandosi sul settore, educazione, esperienza professionale e zona geografica. Questo può essere di gran aiuto quando dovrai negoziare il tuo stipendio.

Legge di lavoro

Per lavorare hai bisogno di un permesso di lavoro (Arbeitsgenehmigung o Arbeitserlaubnis) o di un permesso di residenza che ti permetta di lavorare (consulta la nostra sezione sui permessi di lavoro). Hai anche bisogno di una tessera fiscale (Lohnsteuerkarte) e di un numero della previdenza sociale (Sozialversicherungsnummer). Le tessere fiscali vengono emesse dall’autorità che corrisponde alla città/regione in cui sei registrato. I numeri della Previdenza Sociale sono emessi dalle istituzioni delle assicurazioni pensionistiche.

Quando un lavoratore lavora per la prima volta, l’impresa di solito lo registra ed emette un numero di previdenza sociale e una carta d’identità. Nel caso tu avessi domande o richieste, dovresti dirigerti direttamente alla tua impresa, alla tua compagnia di assicurazioni sanitarie o la tua istituzione di assicurazioni statale.

Normativa lavorativa

La Germania ha uno dei mercati lavorativi più regolati del mondo, con le sue leggi sul lavoro disegnate per proteggere i lavoratori. Che ci sia o meno un contratto di lavoro, i lavoratori hanno diritti di base:

● vacanze

● stipendio per malattia

● poter scegliere di lavorare a tempo parziale

● ricevere una formazione

● ferie per maternità/paternità e relativa protezione professionale

I periodi di preavviso seguono delle regole ma le compagnie possono concordare periodi di preavviso più lunghi nel caso di lavori collettivi o individuali. Le condizioni di lavoro al di sotto dello standard minimo legale stabilito non sono permesse e non sono legalmente vincolanti.

Accordi di lavoro collettivo

C’è anche una legge per il lavoro collettivo che nasce dalle leggi che proteggono gli accordi lavorativi collettivi e i diritti dei lavoratori sul posto di lavoro (Betriebsverfassungsrecht). Le leggi che governano gli accordi collettivi permettono ad entrambe le parti (sindacati e federazioni patronali o impresari individuali) di creare i loro propri accordi lavorativi. Gli accordi lavorativi regolano gli stipendi, ore lavorative, ferie e periodi di preavviso. La maggior parte degli impiegati lavorano con un accordo lavorativo anche se negli ultimi anni sempre più imprese sono state esentate dal negoziare accordi propri.

I diritti del lavoratore

Il Betriebsverfassungsrecht regola la relazione tra lavoratore ed impresa sul posto di lavoro. Gli impiegati sono rappresentati dal Consiglio di Lavoro (Betriebsrat) i cui membri vengono scelti dai lavoratori. Tra le altre cose, è responsabile della protezione dei diritti dei lavoratori sul posto di lavoro. La direzione deve consultare il Betriebsrat in relazione a questioni sul personale o l’impresa. Se hai problemi sul posto di lavoro, devi consultare il tuo Betriebsrat e chiedere consiglio o aiuto.

Nelle imprese con più di 2.000 impiegati, viene applicata la co-determinazione del 1976 o Legge della Partecipazione dei Lavoratori (Mitbestimmungsgesetz). Questa legge richiede che il consiglio supervisore dell’impresa abbia un certo numero di impiegati rappresentanti. Il principio di co-determinazione dice che i sindacati e gli impiegati hanno voce e diritto di voto nelle politiche dell’impresa, oltre che avere la responsabilità della stessa.

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San Giuseppe Moscati

 
 

San Giuseppe Moscati


Nome: San Giuseppe Moscati
Titolo: Laico
Nascita: 25 luglio 1880, Benevento
Morte: 12 aprile 1927, Napoli
Ricorrenza: 12 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Luogo reliquie:Chiesa del Gesù Nuovo

Settimo figlio di Francesco, magistrato, e di Rosa De Luca, Giuseppe nacque a Benevento il 25 luglio 1880. Ma era cresciuto a Napoli, dove la famiglia si era trasferita essendo il papà stato chiamato a svolgere la sua professione presso la Corte d’appello. Giuseppe era dotato di una vivace intelligenza, ma anche di una intensa sensibilità religiosa e umana che lo portava a essere vicino a chi si trovava nel disagio e nella sofferenza.

Per fare qualcosa di concreto per loro, decise di fare il medico. Con i rimedi offerti dalla medicina avrebbe portato anche il conforto della fede. Studiò con impegno, tanto da riuscire a laurearsi a soli ventidue anni. E con il massimo dei voti. Partecipò ad alcuni importanti concorsi, che vinse, aprendosi la strada per una brillante e comoda carriera. Ottenne l’abilitazione all’insegnamento universitario ed entrò nella prestigiosa Accademia partenopea di medicina e chirurgia. Ma poi mise tutte le sue doti di intelligenza e di cuore al servizio dei malati poveri scegliendo il posto di «medico ordinario» nell’Ospedale degli incurabili, il più antico della città. Ritenne quello il luogo ideale per poter svolgere la missione che s’era prefissato fin da ragazzino, così sintetizzata in un suo scritto: «Negli ospedali la missione dei medici è di collaborare all’infinita misericordia di Dio, aiutando, perdonando, sacrificandosi».

 

A questo programma ispirò la sua vita di medico, dedicandosi senza risparmio a lenire le sofferenze degli altri, sia nella quotidiana assistenza ai malati in ospedale o andandoli a visitare nei miseri tuguri dei quartieri più poveri della città, sia dedicandosi allo studio e alla ricerca per aggiornare le proprie conoscenze da porre al servizio dei malati.

Come diagnostico era bravissimo. In un tempo in cui gli strumenti di analisi e di ricerca erano quasi inesistenti, l’individuazione della malattia era affidata alla preparazione e all’intuizione del medico. E in questo la capacità di diagnosticare di Moscati sorprendeva gli stessi colleghi che vedevano nelle sue diagnosi qualcosa di miracoloso. Lui con molta umiltà rispondeva che aveva una fonte segreta cui attingeva a piene mani ed era l’eucaristia alla quale si accostava ogni giorno. Dio è l’artefice della vita, era solito dire, noi siamo suoi collaboratori, ma il più lo fa lui.

Una volta era riuscito a diagnosticare l’esatta malattia di un operaio che i suoi colleghi avevano inesorabilmente dichiarato tisico: si trattava invece di un ascesso polmonare che con una cura apposita si risolse. L’operaio, felice per la salute ritrovata, voleva a tutti i costi pagarlo. E Moscati: «Se proprio mi vuoi pagare, vatti a confessare perché è Dio che ti ha salvato».

Con i poveri si comportava sempre così, non accettava compensi. Caso mai, era lui a dare loro qualche soldo. Non faceva il medico per la carriera, e tanto meno per arricchirsi. Come Francesco d’Assisi aveva preso sul serio la povertà evangelica, a essa conformava la propria vita. Viveva da povero e con i poveri spartiva quello che aveva. Assisteva, ad esempio, un anziano signore che viveva in uno dei miserevoli tuguri della città, e non potendo andare a trovarlo ogni giorno, lo aveva invitato a recarsi tutte le mattine a fare colazione (avrebbe pagato lui) al bar di fronte all’entrata dell’ospedale. «Andando al lavoro — gli aveva detto — darò un’occhiata all’interno del caffè, se vi vedo vuol dire che tutto va bene, altrimenti verrò a farvi visita a casa».

La carità gli moltiplicava le forze, lo rendeva disponibile ai suoi malati, ai suoi poveri in qualsiasi ora del giorno e della notte e sempre in prima fila, quando calamità e tragedie colpivano la povera gente. Nel 1906 c’era stata un’eruzione del Vesuvio particolarmente violenta. Molti i danni e le vittime. A Torre del Greco, uno dei paesi più colpiti, l’ospedale dove erano ricoverati gli anziani minacciava di crollare sotto il peso di quintali di cenere: bisognava sgomberare in tutta fretta i reparti. Moscati, allora giovane medico, si era associato ai soccorritori lavorando duramente per trasferire malati e quant’altro era ritenuto utile: venti ore di lavoro, sotto la minaccia della lava che continuava ad avanzare lungo le pendici del vulcano. Avevano trasferito l’ultimo degente quando l’ospedale rovinava fragorosamente sui letti ormai vuoti.

Ma anche quando, nel 1911, Napoli fu colpita da una terribile epidemia di colera, il medico Moscati non risparmiò tempo ed energie: molti poveri se la cavarono, grazie alle sue cure, e altri morirono con il conforto della fede che lui aveva loro portato.

Moscati, medico buono e santo che aveva posto la sua intelligenza e il suo cuore al servizio dei poveri e dei sofferenti, moriva in età ancora giovane, a soli quarantasette anni, il pomeriggio del 12 aprile 1927. La mattina s’era recato come al solito all’ospedale a visitare i malati. Avrebbe dovuto proseguire le visite il pomeriggio, ma i suoi pazienti lo attesero invano. Verso le quindici avvertì un intenso malore. Ritiratosi nella camera, si accasciò sulla poltrona. «Sto male», disse ai fratelli che lo avevano visto impallidire. Furono le ultime parole. Un istante dopo cessava di vivere.

I poveri di Napoli accolsero la notizia con dolore e costernazione. Perdendo lui, perdevano un amico, un fratello. Ma guadagnavano un santo in cielo. E tale lo ritennero da subito.

Paolo VI confermò la loro certezza elevandolo nel 1975 all’onore degli altari con il titolo di beato. Fu proclamato santo nel 1987 da Giovanni Paolo Il, al termine del sinodo dei vescovi «Sulla vocazione e missione dei laici nella chiesa».

MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, san Giuseppe Moscati, che, medico, mai venne meno al suo servizio di quotidiana e infaticabile opera di assistenza ai malati, per la quale non chiedeva alcun compenso ai più poveri, e nel prendersi cura dei corpi accudiva al tempo stesso con grande amore anche le anime.

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