Archivi giornalieri: 10 dicembre 2021

Lavoro agile (o smart working): Protocollo nazionale per i privati e linee guida per il pubblico

Lavoro agile (o smart working): Protocollo nazionale per i privati e linee guida per il pubblico

Protocollo d’intesa per la regolamentazione del Lavoro Agile nel settore privato e Linee Guida per lo smart working per i dipendenti pubblici

Il 7 dicembre 2021 le parti sociali e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali hanno raggiunto un accordo sul Protocollo Nazionale con le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva sul lavoro agile nel settore privato (smart working).

Il Protocollo Nazionale sullo smart working serve in pratica da base alla contrattazione collettiva per regolamentare al meglio l’utilizzo di questa forma di lavoro a distanza o da casa nell’ambito dei normali rapporti di lavoro e dei principali CCNL di settore.

Lavoro agile (smart working) nel settore privato: sottoscritto il Protocollo nazionale per i CCNL

Il protocollo Nazionale sul lavoro agile, che alleghiamo di seguito, tratta principalmente le seguenti materie; queste costituiscono quindi le buone prassi a cui le parti possono attenersi:

  • Principi generali (Art. 1)
  • Accordo individuale (Art. 2)
  • Organizzazione del lavoro agile e regolazione della disconnessione (Art. 3)
  • Luogo di lavoro (Art. 4)
  • Strumenti di lavoro (Art. 5)
  • Salute e sicurezza sul lavoro (Art. 6)
  • Infortuni e malattie professionali (Art. 7)
  • Diritti sindacali (Art. 8)
  • Parità di trattamento e pari opportunità (Art. 9)
  • Lavoratori fragili e disabili (Art. 10)
  • Welfare e inclusività (Art. 11)
  • Privacy, Protezione dei dati personali e riservatezza (Art. 12)
  • Formazione e informazione – Sicurezza sul Lavoro (Art. 13)
  • Osservatorio bilaterale di monitoraggio (Art. 14)
  • Incentivo alla contrattazione collettiva (Art. 15)

Parti Sociali – MLPS – Protocollo Lavoro Agile 7-12-2021

Di seguito alleghiamo il protocollo sottoscritto.

Smart working PA: analisi delle Linee Guida

Sempre in tema di Smart Working, il DPCM del 23 settembre 2021 ha riconosciuto, a decorrere dal 15 ottobre scorso, il lavoro in presenza come ordinaria modalità di svolgimento della prestazione lavorativa nelle amministrazioni pubbliche.

Per gestire il progressivo ritorno in ufficio degli statali e l’abbandono dello smart working, che ha caratterizzato i mesi dell’emergenza COVID-19, è intervenuto il Decreto del Ministro per la pubblica amministrazione dell’8 ottobre scorso contenente appunto “Modalità organizzative per il rientro in presenza dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni”, pubblicato in Gazzetta ufficiale il successivo 13 ottobre.

All’articolo 1 comma 6 del Decreto si prevede, con l’obiettivo di garantire un’omogenea attuazione dello stesso, che il Ministro per la pubblica amministrazione adotti “specifiche linee guida” che anticipino e forniscano un punto di riferimento per gli accordi di rinnovo dei contratti collettivi nella PA, in merito alle modalità di svolgimento della prestazione di lavoro agile nel periodo post-pandemico. Ed è proprio in queste Linee Guida, racchiuse in un documento di cinque pagine presentato dal Ministro Renato Brunetta, che si intende, si legge nel testo, fornire “indicazioni per la definizione di una disciplina che garantisca condizioni di lavoro trasparenti, che favorisca la produttività e l’orientamento ai risultati, concili le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con le esigenze organizzative delle pubbliche amministrazioni, consentendo, ad un tempo, il miglioramento dei servizi pubblici e dell’equilibrio fra vita professionale e vita privata”.

Analizziamo l’argomento in dettaglio.

Ambito oggettivo

Scopo delle Linee Guida è approfondire gli aspetti relativi a:

  • Invarianza dei servizi resi agli utenti;
  • Adeguata rotazione del personale autorizzato ad effettuare la prestazione in regime di smart working;
  • Adozione di strumenti tecnologici tali da garantire la riservatezza dei dati e delle informazioni trattate nel corso del lavoro a distanza;
  • Previsione, da parte dell’amministrazione competente, di un piano di smaltimento del lavoro arretrato;
  • Fornitura di idonei strumenti tecnologici al lavoratore;
  • Stipula dell’accordo individuale di smart working;
  • Prevalente svolgimento del lavoro in presenza da parte dei soggetti che ricoprono incarichi di controllo e coordinamento, oltre a dirigenti e responsabili;
  • Rotazione del personale in presenza, se richiesto da misure di carattere sanitario.

Ambito soggettivo

Come ricorda lo Schema di Linee Guida, le norme per il rientro in presenza, definite dal Decreto ministeriale dell’8 ottobre 2021, si rivolgono alle “amministrazioni di cui all’articolo 1 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”. Tali si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, compresi:

  • Istituti e scuole di ogni ordine e grado;
  • Istituzioni educative;
  • Aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;
  • Regioni, Province, Comuni, Comunità montante, nonché loro consorzi ed associazioni;
  • Istituti autonomi case popolari;
  • Camere di commercio e loro associazioni;
  • Enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali;
  • Amministrazioni, aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale;
  • Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN);
  • Agenzie di cui al Dlgs. n. 300/1999.

Condizioni per accedere allo smart working nella PA

Le Linee Guida si preoccupano di individuare le condizioni necessarie per svolgere la prestazione in smart working, nello specifico:

  • Dotazione tecnologica;
  • Privacy e sicurezza;
  • Modalità di accesso al lavoro agile ed accordo individuale;
  • Articolazione del lavoro a distanza e diritto alla disconnessione;
  • Formazione;
  • Luogo di lavoro.

Dotazione tecnologica

Il documento ministeriale di indirizzo pone innanzitutto l’accento sulla fornitura al lavoratore, da parte dell’amministrazione competente, di:

  • Dotazione tecnologica idonea a rendere l’attività in smart working;
  • Connessione internet necessaria per accedere alle applicazioni dell’ente;
  • Strumenti per permettere di raggiungere le applicazioni da remoto, attraverso l’attivazione di una VPN (Virtual Private Network), di una rete privata virtuale o in alternativa l’accesso in desktop remoto ai server;
  • Sistemi gestionali per consentire l’ingresso, l’uscita o la semplice ricerca di documenti.

Privacy

In tema di sicurezza informatica e privacy le Linee Guida prescrivono di non utilizzare, in nessun caso, una “utenza personale o domestica del dipendente per le ordinarie attività di servizio”.

Accesso al lavoro agile

Sulle modalità di accesso al lavoro agile le indicazioni ministeriali chiariscono innanzitutto che lo stesso “ha natura consensuale e volontaria ed è consentito a tutti i lavoratori”, senza alcuna distinzione:

  • In merito all’impegno lavorativo (tempi pieni / part-time);
  • In base alla durata del contratto di lavoro (tempi indeterminati / contratti a termine).

Si chiede in particolare all’amministrazione competente di:

  • Individuare le attività che possono essere svolte a distanza, fermo restando che “sono esclusi i lavori in turno e quelli che richiedono l’utilizzo costante di strumentazioni non remotizzabili”;
  • Conciliare le “esigenze di benessere e flessibilità dei lavoratori con gli obiettivi di miglioramento del servizio pubblico”;
  • Facilitare “l’accesso al lavoro agile ai lavoratori che si trovino in condizioni di particolare necessità”.

Da ultimo dovranno essere previste “specifiche iniziative formative” per i lavoratori che usufruiscono dello smart working con l’obiettivo di “addestrare il personale all’utilizzo delle piattaforme di comunicazione e degli altri strumenti

Accordo individuale

Nel rispetto di quella che è la normativa in materia di lavoro agile (L. n. 81/2017) le Linee Guida ricordano che l’accordo individuale è “stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova”, con lo scopo di disciplinare l’esecuzione del lavoro al di fuori dei locali dell’amministrazione. In quest’ottica, il documento dovrà contenere:

  • Durata dell’accordo (a termine o a tempo indeterminato);
  • Modalità di svolgimento dello smart working, con particolare riguardo alle giornate da svolgere in sede e quelle, al contrario, a distanza;
  • Modalità di recesso ed ipotesi di “giustificato motivo di recesso”;
  • Tempi di riposo del lavoratore e misure per garantire la disconnessione dagli strumenti di lavoro;
  • Modalità di esercizio dei controlli e del potere direttivo da parte del datore di lavoro.

Articolazione della prestazione lavorativa

Il lavoro agile deve necessariamente svolgersi nel rispetto delle ore massime giornaliere e settimanali stabilite dal contratto collettivo.

Presupponendo che lo smart working si caratterizza per non avere vincoli di orario dev’essere in ogni caso individuata una “fascia di inoperabilità (disconnessione) nella quale il lavoratore non può erogare la prestazione lavorativa” coincidente con il periodo di 11 ore consecutive di riposo.

Il dipendente:

  • Può richiedere la fruizione dei permessi orari previsti da legge e contratti collettivi, ivi inclusi quelli ai sensi della Legge n. 104/1992, per lavoratori disabili o loro familiari;
  • Nelle giornate di smart working non può effettuare “lavoro straordinario, trasferte, lavoro disagiato, lavoro svolto in condizioni di rischio”;
  • Può essere richiamato in sede “per sopravvenute esigenze di servizio” con comunicazione che “deve pervenire in tempo utile per la ripresa del servizio e, comunque, almeno il giorno prima”.

Lavoro da remoto

Le Linee Guida contemplano lo svolgimento del lavoro da remoto anche con “vincolo di tempo e nel rispetto dei conseguenti obblighi di presenza derivanti dalle disposizioni in materia di orario di lavoro” attraverso una semplice variazione del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa.

Pertanto la prestazione da remoto può essere svolta nelle forme del telelavoro domiciliare ovvero altre tipologie di “lavoro a distanza, come il coworking o il lavoro decentrato da centri satellite”.

Si ricorda inoltre che nell’attività da remoto con vincolo di tempo il dipendente è soggetto ai medesimi obblighi in materia di orario lavorativo, al pari della prestazione svolta in sede. Tale tipologia di prestazione, previo consenso del dipendente, potrà essere prevista per quelle attività, individuate dalle amministrazioni, in cui è richiesto un “presidio costante del processo” coadiuvato da sistemi informativi adeguati.

Il luogo di lavoro per l’attività da remoto dovrà essere oggetto di accordo tra il lavoratore e l’amministrazione. Quest’ultima sarà inoltre tenuta a verificare l’idoneità dell’interessato “anche ai fini della valutazione del rischio di infortuni”.

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Prescrizione dei crediti da lavoro dipendente: cos’è e come funziona

Prescrizione dei crediti da lavoro dipendente: cos’è e come funziona

Prescrizione dei crediti da lavoro dipendente: quando scatta la prescrizione dei crediti retributivi e con quali limiti? Analisi completa

Prescrizione dei crediti da lavoro dipendente

Cos’è, come funziona e quali sono i termini di prescrizione dei crediti da lavoro dipendente? Quali sono i termini di prescrizione dei crediti retributivi? Iniziamo col dire che la prescrizione è un istituto giuridico che prevede l’impossibilità di esercitare un diritto, una volta decorso un periodo di tempo disciplinato per legge. Di norma troviamo la prescrizione ogni qualvolta all’esercizio di un diritto è collegato l’adempimento di un soggetto diverso dal titolare, al fine di non lasciare il primo in una condizione di perenne incertezza, determinata dalla minaccia che il secondo possa, in qualsiasi momento, pretendere una determinata prestazione.

Nei rapporti di lavoro la prescrizione dei crediti retributivi può interessare la pretesa del dipendente a vedersi erogato il compenso a fronte dell’attività manuale e / o intellettuale svolta in favore dell’azienda. Il datore di lavoro che omette o ritarda il pagamento delle somme dovute determina in capo al dipendente il diritto a percepire i cosiddetti “crediti retributivi”. Allo stesso modo bisogna considerare la prescrizione differenze retributive nel caso appunto vi siano differenze sulla busta paga.

Tale diritto è soggetto a precisi termini di prescrizione decorrenti, a seconda dei casi, in costanza di rapporto ovvero dalla cessazione dello stesso. In particolare, possiamo distinguere tra prescrizione presuntiva (legata al ribaltamento dell’onere della prova) ed estintiva, al cui spirare viene meno il diritto alle somme dovute dall’azienda.

Alla prescrizione ed al diritto di ottenere il compenso è legato il successo di tutta una serie di azioni che il lavoratore può attivare nel caso in cui l’azienda ometta o ritardi il pagamento dello stipendio, primo fra tutti il ricorso in Tribunale in funzione di giudice del lavoro.

Analizziamo la disciplina in dettaglio.

Prescrizione dei crediti da lavoro dipendente: quante tipologie di prescrizione esistono

Esistono due tipi di prescrizione:

  • La prescrizione estintiva, a seguito della quale viene meno la possibilità di esercitare un determinato diritto acquisito;
  • La prescrizione presuntiva, decorsa la quale si inverte l’onere della prova circa l’avvenuto pagamento di un credito a beneficio del lavoratore.

Con riferimento al secondo punto, poniamo il caso di un dipendente il quale non fa valere il diritto al compenso per la prestazione svolta. Decorso il periodo di prescrizione presuntiva, il credito si intende soddisfatto.

Leggi anche: Mancato pagamento dello stipendio: cosa fare e come difendersi

Al contrario, prima dello spirare del termine, spetta all’azienda fornire la prova circa l’estinzione del debito vantato dal dipendente e dimostrato a mezzo del cedolino paga.

Ricadere in una o nell’altra tipologia di prescrizione ha effetti importanti in termini di durata della stessa, posto che la prescrizione estintiva ha logicamente una scadenza maggiore rispetto a quella presuntiva.

Prescrizione dei crediti retributivi: termini di prescrizione

Passiamo ora a vedere nel dettaglio le due tipologie di prescrizione dei crediti da lavoro dipendente sulla base dei termini di prescrizione; ovvero la prescrizione estintiva e la prescrizione presuntiva.

Prescrizione estintiva

Sebbene non ci sia, normativamente parlando, un chiaro riferimento ai compensi dovuti al lavoratore, l’interpretazione dominante in dottrina considera la retribuzione compresa nella categoria di cui all’articolo 2948 n. 4 del Codice civile.

La norma in questione elenca una serie di somme per cui ricorre la prescrizione estintiva quinquennale. Tra queste, al punto 4) si riportano “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.

Di conseguenza, sono soggette alla prescrizione (cosiddetta “breve”) di 5 anni (art 2948 cc) le somme pagate:

  • Con periodicità annuale;
  • Con periodicità inferiore all’anno (ed è appunto il caso della retribuzione);

compresi gli interessi calcolati sulle somme citate.

Oltre alla normale retribuzione, la prescrizione quinquennale si estende a:

  • Compenso per festività non goduta cadente di domenica;
  • Compensi relativi a ferie, permessi e mensilità aggiuntive;
  • Corrispettivo riconosciuto a fronte del patto di non concorrenza;
  • Aumenti tabellari a seguito di rinnovi del contratto collettivo nazionale di lavoro;
  • TFR, indennità sostitutiva del preavviso e qualsiasi altra somma o indennità riconosciuta alla cessazione del rapporto;
  • Prestazioni erogate dai Fondi Pensione.

Prescrizione presuntiva

Come anticipato, la prescrizione presuntiva ha termini inferiori rispetto a quella estintiva. I riferimenti normativi sono sempre forniti dal Codice civile.

In particolare:

  • Le retribuzioni corrisposte per periodi superiori al mese, come le mensilità aggiuntive, sono soggette a prescrizione triennale ai sensi dell’articolo 2956 n. 1;
  • Le retribuzioni riconosciute per periodi non superiori al mese, è il caso della busta paga mensile, soggiacciono alla prescrizione annuale, a norma dell’articolo 2955 n. 2.

Leggi anche: Diffida accertativa per crediti patrimoniali: cos’è e come funziona

Decorrenza della prescrizione dei crediti da lavoro

Le differenze tra prescrizione presuntiva ed estintiva proseguono in tema di decorrenza dei termini.

La prescrizione presuntiva inizia a decorrere dalla “scadenza della retribuzione periodica o dal compimento della prestazione” (articolo 2957 Codice civile).

Discorso diverso per la prescrizione estintiva. Per costante giurisprudenza, i termini di prescrizione decorrono:

  • Dal momento in cui si interrompe il rapporto di lavoro, se il dipendente si trova in una condizione di sudditanza psicologica, dove la paura del licenziamento lo porta a rinunciare ai propri diritti;
  • Al contrario, si ravvisa la decorrenza della prescrizione dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, di conseguenza in costanza di rapporto, in tutti quei rapporti di lavoro “stabili”, regolati cioè da una “disciplina la quale sul piano sostanziale subordini la legittimità e l’efficacia della risoluzione alla sussistenza di circostanze obiettive e predeterminate e, sul piano processuale, affidi al giudice il sindacato su tali circostanze e la possibilità di rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo”, così la sentenza della Cassazione Sezioni Unite numero 1268 del 17 aprile 1976.

Riforma Fornero e Jobs Act: modifiche alla prescrizione dei crediti da lavoro dipendente

A seguito delle modifiche introdotte dalla Riforma Fornero prima (L. n. 92/2012) e dal “Jobs Act” poi (Dlgs. n. 23/2015) in tema di tutele contro i licenziamenti illegittimi e del carattere “stabile” o meno del rapporto di lavoro si ritiene che:

  • Per i cosiddetti “vecchi assunti” (soggetti alla tutela prevista dalla Riforma Fornero) la prescrizione decorre in costanza di rapporto di lavoro se l’illegittimità del recesso è protetta dalla reintegrazione sul posto di lavoro (cosiddetta “tutela reale”), mentre si calcola dalla cessazione del rapporto se è riconosciuta soltanto un’indennità di natura economica;
  • Al contrario per i “nuovi assunti” (interessati dal regime delle “tutele crescenti” previsto dal “Jobs Act”) la prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto, in quanto la reintegrazione sul posto di lavoro è conseguenza residuale rispetto al ristoro economico.

Si segnala tuttavia un diverso orientamento della giurisprudenza di merito (Tribunale di Milano sentenza n. 3460 del 16 dicembre 2015), in base al quale a seguito del depotenziamento del sistema delle tutele reali ad opera della Riforma Fornero, la prescrizione quinquennale decorre comunque dalla cessazione del rapporto.

Sempre la giurisprudenza di merito (Tribunale di Roma sentenza n. 4125 del 21 maggio 2018) ha al contrario sostenuto che “anche dopo la riforma introdotta dalla legge n. 92 del 2012, permanendo la necessità che il licenziamento sia collegato ad esigenze specifiche e predeterminate e potendo, in difetto, il giudice rimuoverne gli effetti” deve ritenersi applicabile il principio della decorrenza della prescrizione in corso di rapporto, quando quest’ultimo è da considerarsi “stabile”.

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Lavoro agile (o smart working): Protocollo nazionale per i privati e linee guida per il pubblico

Lavoro agile (o smart working): Protocollo nazionale per i privati e linee guida per il pubblico

Protocollo d’intesa per la regolamentazione del Lavoro Agile nel settore privato e Linee Guida per lo smart working per i dipendenti pubblici

Il 7 dicembre 2021 le parti sociali e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali hanno raggiunto un accordo sul Protocollo Nazionale con le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva sul lavoro agile nel settore privato (smart working).

Il Protocollo Nazionale sullo smart working serve in pratica da base alla contrattazione collettiva per regolamentare al meglio l’utilizzo di questa forma di lavoro a distanza o da casa nell’ambito dei normali rapporti di lavoro e dei principali CCNL di settore.

Lavoro agile (smart working) nel settore privato: sottoscritto il Protocollo nazionale per i CCNL

Il protocollo Nazionale sul lavoro agile, che alleghiamo di seguito, tratta principalmente le seguenti materie; queste costituiscono quindi le buone prassi a cui le parti possono attenersi:

  • Principi generali (Art. 1)
  • Accordo individuale (Art. 2)
  • Organizzazione del lavoro agile e regolazione della disconnessione (Art. 3)
  • Luogo di lavoro (Art. 4)
  • Strumenti di lavoro (Art. 5)
  • Salute e sicurezza sul lavoro (Art. 6)
  • Infortuni e malattie professionali (Art. 7)
  • Diritti sindacali (Art. 8)
  • Parità di trattamento e pari opportunità (Art. 9)
  • Lavoratori fragili e disabili (Art. 10)
  • Welfare e inclusività (Art. 11)
  • Privacy, Protezione dei dati personali e riservatezza (Art. 12)
  • Formazione e informazione – Sicurezza sul Lavoro (Art. 13)
  • Osservatorio bilaterale di monitoraggio (Art. 14)
  • Incentivo alla contrattazione collettiva (Art. 15)

Parti Sociali – MLPS – Protocollo Lavoro Agile 7-12-2021

Di seguito alleghiamo il protocollo sottoscritto.

Smart working PA: analisi delle Linee Guida

Sempre in tema di Smart Working, il DPCM del 23 settembre 2021 ha riconosciuto, a decorrere dal 15 ottobre scorso, il lavoro in presenza come ordinaria modalità di svolgimento della prestazione lavorativa nelle amministrazioni pubbliche.

Per gestire il progressivo ritorno in ufficio degli statali e l’abbandono dello smart working, che ha caratterizzato i mesi dell’emergenza COVID-19, è intervenuto il Decreto del Ministro per la pubblica amministrazione dell’8 ottobre scorso contenente appunto “Modalità organizzative per il rientro in presenza dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni”, pubblicato in Gazzetta ufficiale il successivo 13 ottobre.

All’articolo 1 comma 6 del Decreto si prevede, con l’obiettivo di garantire un’omogenea attuazione dello stesso, che il Ministro per la pubblica amministrazione adotti “specifiche linee guida” che anticipino e forniscano un punto di riferimento per gli accordi di rinnovo dei contratti collettivi nella PA, in merito alle modalità di svolgimento della prestazione di lavoro agile nel periodo post-pandemico. Ed è proprio in queste Linee Guida, racchiuse in un documento di cinque pagine presentato dal Ministro Renato Brunetta, che si intende, si legge nel testo, fornire “indicazioni per la definizione di una disciplina che garantisca condizioni di lavoro trasparenti, che favorisca la produttività e l’orientamento ai risultati, concili le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con le esigenze organizzative delle pubbliche amministrazioni, consentendo, ad un tempo, il miglioramento dei servizi pubblici e dell’equilibrio fra vita professionale e vita privata”.

Analizziamo l’argomento in dettaglio.

Ambito oggettivo

Scopo delle Linee Guida è approfondire gli aspetti relativi a:

  • Invarianza dei servizi resi agli utenti;
  • Adeguata rotazione del personale autorizzato ad effettuare la prestazione in regime di smart working;
  • Adozione di strumenti tecnologici tali da garantire la riservatezza dei dati e delle informazioni trattate nel corso del lavoro a distanza;
  • Previsione, da parte dell’amministrazione competente, di un piano di smaltimento del lavoro arretrato;
  • Fornitura di idonei strumenti tecnologici al lavoratore;
  • Stipula dell’accordo individuale di smart working;
  • Prevalente svolgimento del lavoro in presenza da parte dei soggetti che ricoprono incarichi di controllo e coordinamento, oltre a dirigenti e responsabili;
  • Rotazione del personale in presenza, se richiesto da misure di carattere sanitario.

Ambito soggettivo

Come ricorda lo Schema di Linee Guida, le norme per il rientro in presenza, definite dal Decreto ministeriale dell’8 ottobre 2021, si rivolgono alle “amministrazioni di cui all’articolo 1 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”. Tali si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, compresi:

  • Istituti e scuole di ogni ordine e grado;
  • Istituzioni educative;
  • Aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;
  • Regioni, Province, Comuni, Comunità montante, nonché loro consorzi ed associazioni;
  • Istituti autonomi case popolari;
  • Camere di commercio e loro associazioni;
  • Enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali;
  • Amministrazioni, aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale;
  • Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN);
  • Agenzie di cui al Dlgs. n. 300/1999.

Condizioni per accedere allo smart working nella PA

Le Linee Guida si preoccupano di individuare le condizioni necessarie per svolgere la prestazione in smart working, nello specifico:

  • Dotazione tecnologica;
  • Privacy e sicurezza;
  • Modalità di accesso al lavoro agile ed accordo individuale;
  • Articolazione del lavoro a distanza e diritto alla disconnessione;
  • Formazione;
  • Luogo di lavoro.

Dotazione tecnologica

Il documento ministeriale di indirizzo pone innanzitutto l’accento sulla fornitura al lavoratore, da parte dell’amministrazione competente, di:

  • Dotazione tecnologica idonea a rendere l’attività in smart working;
  • Connessione internet necessaria per accedere alle applicazioni dell’ente;
  • Strumenti per permettere di raggiungere le applicazioni da remoto, attraverso l’attivazione di una VPN (Virtual Private Network), di una rete privata virtuale o in alternativa l’accesso in desktop remoto ai server;
  • Sistemi gestionali per consentire l’ingresso, l’uscita o la semplice ricerca di documenti.

Privacy

In tema di sicurezza informatica e privacy le Linee Guida prescrivono di non utilizzare, in nessun caso, una “utenza personale o domestica del dipendente per le ordinarie attività di servizio”.

Accesso al lavoro agile

Sulle modalità di accesso al lavoro agile le indicazioni ministeriali chiariscono innanzitutto che lo stesso “ha natura consensuale e volontaria ed è consentito a tutti i lavoratori”, senza alcuna distinzione:

  • In merito all’impegno lavorativo (tempi pieni / part-time);
  • In base alla durata del contratto di lavoro (tempi indeterminati / contratti a termine).

Si chiede in particolare all’amministrazione competente di:

  • Individuare le attività che possono essere svolte a distanza, fermo restando che “sono esclusi i lavori in turno e quelli che richiedono l’utilizzo costante di strumentazioni non remotizzabili”;
  • Conciliare le “esigenze di benessere e flessibilità dei lavoratori con gli obiettivi di miglioramento del servizio pubblico”;
  • Facilitare “l’accesso al lavoro agile ai lavoratori che si trovino in condizioni di particolare necessità”.

Da ultimo dovranno essere previste “specifiche iniziative formative” per i lavoratori che usufruiscono dello smart working con l’obiettivo di “addestrare il personale all’utilizzo delle piattaforme di comunicazione e degli altri strumenti

Accordo individuale

Nel rispetto di quella che è la normativa in materia di lavoro agile (L. n. 81/2017) le Linee Guida ricordano che l’accordo individuale è “stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova”, con lo scopo di disciplinare l’esecuzione del lavoro al di fuori dei locali dell’amministrazione. In quest’ottica, il documento dovrà contenere:

  • Durata dell’accordo (a termine o a tempo indeterminato);
  • Modalità di svolgimento dello smart working, con particolare riguardo alle giornate da svolgere in sede e quelle, al contrario, a distanza;
  • Modalità di recesso ed ipotesi di “giustificato motivo di recesso”;
  • Tempi di riposo del lavoratore e misure per garantire la disconnessione dagli strumenti di lavoro;
  • Modalità di esercizio dei controlli e del potere direttivo da parte del datore di lavoro.

Articolazione della prestazione lavorativa

Il lavoro agile deve necessariamente svolgersi nel rispetto delle ore massime giornaliere e settimanali stabilite dal contratto collettivo.

Presupponendo che lo smart working si caratterizza per non avere vincoli di orario dev’essere in ogni caso individuata una “fascia di inoperabilità (disconnessione) nella quale il lavoratore non può erogare la prestazione lavorativa” coincidente con il periodo di 11 ore consecutive di riposo.

Il dipendente:

  • Può richiedere la fruizione dei permessi orari previsti da legge e contratti collettivi, ivi inclusi quelli ai sensi della Legge n. 104/1992, per lavoratori disabili o loro familiari;
  • Nelle giornate di smart working non può effettuare “lavoro straordinario, trasferte, lavoro disagiato, lavoro svolto in condizioni di rischio”;
  • Può essere richiamato in sede “per sopravvenute esigenze di servizio” con comunicazione che “deve pervenire in tempo utile per la ripresa del servizio e, comunque, almeno il giorno prima”.

Lavoro da remoto

Le Linee Guida contemplano lo svolgimento del lavoro da remoto anche con “vincolo di tempo e nel rispetto dei conseguenti obblighi di presenza derivanti dalle disposizioni in materia di orario di lavoro” attraverso una semplice variazione del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa.

Pertanto la prestazione da remoto può essere svolta nelle forme del telelavoro domiciliare ovvero altre tipologie di “lavoro a distanza, come il coworking o il lavoro decentrato da centri satellite”.

Si ricorda inoltre che nell’attività da remoto con vincolo di tempo il dipendente è soggetto ai medesimi obblighi in materia di orario lavorativo, al pari della prestazione svolta in sede. Tale tipologia di prestazione, previo consenso del dipendente, potrà essere prevista per quelle attività, individuate dalle amministrazioni, in cui è richiesto un “presidio costante del processo” coadiuvato da sistemi informativi adeguati.

Il luogo di lavoro per l’attività da remoto dovrà essere oggetto di accordo tra il lavoratore e l’amministrazione. Quest’ultima sarà inoltre tenuta a verificare l’idoneità dell’interessato “anche ai fini della valutazione del rischio di infortuni”.

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Disability Card, cos’è e come funziona: guida alla nuova tessera di invalidità

Disability Card, cos’è e come funziona: guida alla nuova tessera di invalidità

La Disability Card rappresenta uno strumento che agevolerà la vita dei disabili e delle persone non autosufficienti. Ecco qualche dettaglio.

Disability Card

La Disability Card è un nuovo strumento che aiuterà i soggetti disabili a svolgere una vita normale. Quella che è denominata la ‘Carta europea della disabilità‘ si inserisce tra le misure scelte, in modo volontario, da parte degli Stati membri per il raggiungimento di obiettivi strategici dell’UE, in tema di disabilità e di lotta alle diseguaglianze sociali.

Di fatto la tessera di invalidità consiste in una una carta che consente l’accesso alle persone con disabilità ad una vasta gamma di servizi gratuiti o sottoposti a sconto, in coerenza e reciprocità con gli altri Paesi dell’UE. Ciò nell’evidente finalità di aiutare ad includere le persone disabili nell’ambito della vita sociale della collettività.

Vediamo allora qualche dettaglio su questo utile strumento.

Disability Card, cos’è e come funziona in concreto

Definire le caratteristiche essenziali della carta della disabilità non è operazione complicata. Si tratta di uno strumento riservato a chi ha una disabilità compresa tra un minimo del 67% e un massimo del 100%:

  • per poter conseguire l’accesso a servizi a costo zero o a costo ridotto, per trasporti o servizi di cultura;
  • per sostituire i verbali cartacei che acclarano la disabilità dell’individuo.

La Disability Card di fatto attesta i soggetti in stato di disabilità o comunque non autosufficienti.

Tra gli 8 Paesi facenti parte della UE, che hanno aderito al progetto per la tutela delle disabilità, proprio il nostro sarà il primo a rendere attiva la card, a seguito dello stop legato al periodo emergenziale.

Leggi anche: Accertamento dell’invalidità: semplificata la procedura per la richiesta di visita medica

In dettaglio, la tessera di invalidità era già stata indicata nella legge di Bilancio 2019, con risorse corrispondenti a 1,5 milioni di euro per il triennio 2019-2021, ma il progetto si era momentaneamente arenato. L’iter è ripreso infatti soltanto dopo l’approvazione del decreto del 6 novembre 2020, avutasi lo scorso 3 dicembre 2021 da parte del Governo Draghi. Insomma, si è finalmente sbloccato il progetto, in cantiere non da poco tempo, e con la predisposizione delle risorse già dal 2019.

Disability Card: quando arriva

Se il percorso proseguirà finalmente spedito, senza altri intoppi e rallentamenti, la Disability Card dell’INPS potrebbe essere utilizzabile già a cominciare da febbraio dell’anno prossimo. L’Inps invierà una comunicazione appena metterà a disposizione la procedura obbligatoria per inviare la richiesta.

In altre parole, non manca molto: tra breve sarà possibile ottenere la tessera di invalidità, con codice QR da presentare con la propria tessera sanitaria e il proprio documento di identità, per poter accedere a costo zero o con sconto ad una serie di servizi. Per l’elenco completo e dettagliato di questi ultimi, bisogna tuttavia attendere.

Da ribadire che la presentazione della carta della disabilità:

  • esonera dal dover mostrare altre certificazioni che acclarino l’appartenenza alle categorie disabili ammesse;
  • consente direttamente l’accesso agevolato a beni o servizi, semplicemente mostrandola, senza altre formalità o richieste da parte di Amministrazioni dello Stato o dei soggetti pubblici e privati, salvo il controllo della titolarità.

Disability Card: chi la produrrà e soggetti coinvolti

Rendere più snella la burocrazia, mettere in campo un servizio riconosciuto anche da parte degli altri Stati membri, consentire parità di accesso a una vasta rete di benefici. ciò specialmente nell’ambito culturale; sportivo; dei trasporti e delle attività ricreative. Si tratta degli obiettivi della Disability Card – detta anche Tessera europea di invalidità – che, come accennato, INPS potrebbe emettere già nei primi mesi del 2022.

Il decreto citato assegna all’Istituto di Previdenza il ruolo chiave di controllo della corrispondenza delle informazioni indicate nella domanda del cittadino, rispetto ai requisiti richiesti, sulla scorta dei dati disponibili nei propri archivi.

Dopo aver accertato la sussistenza di tutti i requisiti, l’Istituto assegna il compito della produzione della Carta della disabilità, in base alla normativa che regola la produzione delle carte valori e dei documenti di sicurezza, all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Tramite un gestore esterno del servizio di consegna, si occupa, nei 60 giorni posteriori alla richiesta, della distribuzione della tessera di invalidità ai richiedenti presso l’indirizzo di riferimento.

Disability Card INPS

In linea generale, la carta sarà emessa dall’Inps a favore di tutti i soggetti in condizione di disabilità, media, grave e di non autosufficienza. Tuttavia, al momento sono mancanti le indicazioni di dettaglio circa le caratteristiche e i requisiti degli invalidi, aventi diritto a questo strumento. Saranno da precisare anche i benefici per i quali la card potrà essere usata; soprattutto, dovrà essere predisposta una procedura ad hoc per l’invio delle richieste da far pervenire all’Istituto di Previdenza.

Da notare peraltro che in Italia i titolari dell’attuazione del progetto, in collaborazione con il Ministero del Lavoro, sono:

  • la Federazione Associazioni Nazionali persone con Disabilità (FAND);
  • la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH);

Ma nella realizzazione del progetto EU Disability Card, rientrano anche il Ministero per i Beni Culturali, dei Trasporti, la Presidenza del Consiglio ed ovviamente l’INPS.

Leggi anche: Decreto Fisco-Lavoro collegato alla legge di Bilancio, le novità

Disability Card: come ottenerla?

Lo abbiamo accennato: l’INPS è in questo periodo al lavoro per stabilire con precisione le procedure di richiesta. Ma si sa già che la Disability Card potrà essere ottenuta sul sito dell’Istituto, facendo il login con identità digitale, ossia con uno dei seguenti strumenti:

  • SPID;
  • CIE (Carta d’Identità Elettronica);
  • CNS (Carta Nazionale dei Servizi).

Per quanto riguarda le tempistiche del rilascio, occorre ribadire che le richieste, se non vi saranno intoppi, potrebbero cominciare a essere inviata già da febbraio 2022. Attenzione a quanto segue: dopo le dovute verifiche per stabilire il diritto all’ottenimento della tessera di invalidità, l’INPS dovrebbe impiegare circa 60 giorni dopo la richiesta, per ultimare la procedura di rilascio.

Perciò i primi ad ottenere la card, saranno coloro che la conseguiranno ad aprile 2022. Il rilascio è sempre gratuito.

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Disability Card, cos’è e come funziona: guida alla nuova tessera di invalidità

Disability Card, cos’è e come funziona: guida alla nuova tessera di invalidità

La Disability Card rappresenta uno strumento che agevolerà la vita dei disabili e delle persone non autosufficienti. Ecco qualche dettaglio.

La Disability Card è un nuovo strumento che aiuterà i soggetti disabili a svolgere una vita normale. Quella che è denominata la ‘Carta europea della disabilità‘ si inserisce tra le misure scelte, in modo volontario, da parte degli Stati membri per il raggiungimento di obiettivi strategici dell’UE, in tema di disabilità e di lotta alle diseguaglianze sociali.

Di fatto la tessera di invalidità consiste in una una carta che consente l’accesso alle persone con disabilità ad una vasta gamma di servizi gratuiti o sottoposti a sconto, in coerenza e reciprocità con gli altri Paesi dell’UE. Ciò nell’evidente finalità di aiutare ad includere le persone disabili nell’ambito della vita sociale della collettività.

Vediamo allora qualche dettaglio su questo utile strumento.

Disability Card, cos’è e come funziona in concreto

Definire le caratteristiche essenziali della carta della disabilità non è operazione complicata. Si tratta di uno strumento riservato a chi ha una disabilità compresa tra un minimo del 67% e un massimo del 100%:

  • per poter conseguire l’accesso a servizi a costo zero o a costo ridotto, per trasporti o servizi di cultura;
  • per sostituire i verbali cartacei che acclarano la disabilità dell’individuo.

La Disability Card di fatto attesta i soggetti in stato di disabilità o comunque non autosufficienti.

Tra gli 8 Paesi facenti parte della UE, che hanno aderito al progetto per la tutela delle disabilità, proprio il nostro sarà il primo a rendere attiva la card, a seguito dello stop legato al periodo emergenziale.

Leggi anche: Accertamento dell’invalidità: semplificata la procedura per la richiesta di visita medica

In dettaglio, la tessera di invalidità era già stata indicata nella legge di Bilancio 2019, con risorse corrispondenti a 1,5 milioni di euro per il triennio 2019-2021, ma il progetto si era momentaneamente arenato. L’iter è ripreso infatti soltanto dopo l’approvazione del decreto del 6 novembre 2020, avutasi lo scorso 3 dicembre 2021 da parte del Governo Draghi. Insomma, si è finalmente sbloccato il progetto, in cantiere non da poco tempo, e con la predisposizione delle risorse già dal 2019.

Disability Card: quando arriva

Se il percorso proseguirà finalmente spedito, senza altri intoppi e rallentamenti, la Disability Card dell’INPS potrebbe essere utilizzabile già a cominciare da febbraio dell’anno prossimo. L’Inps invierà una comunicazione appena metterà a disposizione la procedura obbligatoria per inviare la richiesta.

In altre parole, non manca molto: tra breve sarà possibile ottenere la tessera di invalidità, con codice QR da presentare con la propria tessera sanitaria e il proprio documento di identità, per poter accedere a costo zero o con sconto ad una serie di servizi. Per l’elenco completo e dettagliato di questi ultimi, bisogna tuttavia attendere.

Da ribadire che la presentazione della carta della disabilità:

  • esonera dal dover mostrare altre certificazioni che acclarino l’appartenenza alle categorie disabili ammesse;
  • consente direttamente l’accesso agevolato a beni o servizi, semplicemente mostrandola, senza altre formalità o richieste da parte di Amministrazioni dello Stato o dei soggetti pubblici e privati, salvo il controllo della titolarità.

Disability Card: chi la produrrà e soggetti coinvolti

Rendere più snella la burocrazia, mettere in campo un servizio riconosciuto anche da parte degli altri Stati membri, consentire parità di accesso a una vasta rete di benefici. ciò specialmente nell’ambito culturale; sportivo; dei trasporti e delle attività ricreative. Si tratta degli obiettivi della Disability Card – detta anche Tessera europea di invalidità – che, come accennato, INPS potrebbe emettere già nei primi mesi del 2022.

Il decreto citato assegna all’Istituto di Previdenza il ruolo chiave di controllo della corrispondenza delle informazioni indicate nella domanda del cittadino, rispetto ai requisiti richiesti, sulla scorta dei dati disponibili nei propri archivi.

Dopo aver accertato la sussistenza di tutti i requisiti, l’Istituto assegna il compito della produzione della Carta della disabilità, in base alla normativa che regola la produzione delle carte valori e dei documenti di sicurezza, all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Tramite un gestore esterno del servizio di consegna, si occupa, nei 60 giorni posteriori alla richiesta, della distribuzione della tessera di invalidità ai richiedenti presso l’indirizzo di riferimento.

Disability Card INPS

In linea generale, la carta sarà emessa dall’Inps a favore di tutti i soggetti in condizione di disabilità, media, grave e di non autosufficienza. Tuttavia, al momento sono mancanti le indicazioni di dettaglio circa le caratteristiche e i requisiti degli invalidi, aventi diritto a questo strumento. Saranno da precisare anche i benefici per i quali la card potrà essere usata; soprattutto, dovrà essere predisposta una procedura ad hoc per l’invio delle richieste da far pervenire all’Istituto di Previdenza.

Da notare peraltro che in Italia i titolari dell’attuazione del progetto, in collaborazione con il Ministero del Lavoro, sono:

  • la Federazione Associazioni Nazionali persone con Disabilità (FAND);
  • la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH);

Ma nella realizzazione del progetto EU Disability Card, rientrano anche il Ministero per i Beni Culturali, dei Trasporti, la Presidenza del Consiglio ed ovviamente l’INPS.

Leggi anche: Decreto Fisco-Lavoro collegato alla legge di Bilancio, le novità

Disability Card: come ottenerla?

Lo abbiamo accennato: l’INPS è in questo periodo al lavoro per stabilire con precisione le procedure di richiesta. Ma si sa già che la Disability Card potrà essere ottenuta sul sito dell’Istituto, facendo il login con identità digitale, ossia con uno dei seguenti strumenti:

  • SPID;
  • CIE (Carta d’Identità Elettronica);
  • CNS (Carta Nazionale dei Servizi).

Per quanto riguarda le tempistiche del rilascio, occorre ribadire che le richieste, se non vi saranno intoppi, potrebbero cominciare a essere inviata già da febbraio 2022. Attenzione a quanto segue: dopo le dovute verifiche per stabilire il diritto all’ottenimento della tessera di invalidità, l’INPS dovrebbe impiegare circa 60 giorni dopo la richiesta, per ultimare la procedura di rilascio.

Perciò i primi ad ottenere la card, saranno coloro che la conseguiranno ad aprile 2022. Il rilascio è sempre gratuito.

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INAIL autoliquidazione 2021-2022, online le basi di calcolo del premio

INAIL autoliquidazione 2021-2022, online le basi di calcolo del premio

Dal 9 dicembre 2021 sono disponibili online, sul sito dell’INAIL, le Basi di Calcolo del premio per l’autoliquidazione 2021/2022.

INAIL autoliquidazione 2021-2022

L’INAIL comunica il rilascio delle “Basi di Calcolo” per l’autoliquidazione 2021/2022. Infatti, a decorrere dal 9 dicembre 2021, è possibile disporre dei calcoli nella sezione “Fascicolo Aziende – Visualizza Comunicazioni” del sito INAIL. Al servizio possono accedere i datori di lavoro e gli altri soggetti assicuranti tenuti all’autoliquidazione, nonché gli intermediari per i codici ditta in delega. Si ricorda al riguardo, che dal 1° ottobre 2021 l’obbligo di accesso ai servizi online esclusivamente con Spid, Cns e Cie è esteso a tutte le categorie di utenti.

Laddove il datore di lavoro avesse più basi di calcolo, le comunicazioni sono elencate per data di elaborazione in ordine decrescente. In questo modo, la più recente sia posizionata all’inizio della lista. Da quest’anno nella Comunicazione delle basi di calcolo è riportata anche la data di estrazione (“i dati esposti sono aggiornati al…”).

A specificarlo è l’INAIL, con la Nota n. 13541 del 7 dicembre 2021, specificando altresì che dal 22 dicembre 2021 sarà altresì disponibile il servizio online “Visualizza elementi di calcolo” dedicato alle posizioni assicurative navigazione (PAN).

INAIL autoliquidazione 2021-2022

In sostanza con questa circolare l’INAIL comunica il rilascio dei seguenti servizi online:

  1. servizio “Comunicazione Basi di Calcolo”;
  2. servizi online “Visualizza Basi di Calcolo” e “Richiesta Basi di Calcolo” PAT;
  3. servizio “Visualizza elementi di calcolo” PAN.

INAIL autoliquidazione 2021-2022 ditte cessate

L’INAIL ricorda inoltre che è online il servizio Autoliquidazione ditte cessate dal 1° luglio 2021. La procedura centralizzata dell’autoliquidazione annuale presenta ora le diverse ipotesi che si possono presentare, di seguito indicate.

Ditte cessate dal 1° gennaio al 30 aprile 2021

Per le ditte cessate nel periodo 1° gennaio – 30 aprile 2021, che:

  • non hanno potuto utilizzare il servizio online “Autoliquidazione ditte cessate” in quanto i termini per la presentazione della dichiarazione delle retribuzioni erano già scaduti (giorno 16 del secondo mese successivo alla data di cessazione) alla data di apertura del nuovo servizio;
  • hanno già inviato la dichiarazione delle retribuzioni via PEC alla sede competente;

sono rese disponibili le basi di calcolo negli appositi servizi online dell’autoliquidazione 2021-2022 dei premi e dei contributi associativi.

Ditte cessata dal 1° maggio 2021

Le ditte cessate a partire dal 1° maggio 2021 hanno potuto utilizzare la nuova funzionalità “Autoliquidazione ditte cessate” in quanto alla data del rilascio del servizio online non era ancora scaduto il termine per l’invio della dichiarazione delle retribuzioni (16 del secondo mese successivo a quello di cessazione).

Di conseguenza, per questi codici ditta, avendo completato gli adempimenti nei confronti dell’Istituto, non sono disponibili le basi di calcolo. A tal fine sono stati previsti appositi avvisi nei servizi online e nell’archivio GRA web dell’Istituto. Se tali codici ditta alla data di cessazione erano ricompresi negli elenchi delle ditte aderenti ad associazioni di categoria titolari di convenzione ai sensi della L. n. 311/1973 verranno rese disponibili le basi di calcolo unicamente con la sezione dedicata ai contributi associativi. In caso di cessazione intervenuta nel mese di dicembre 2021 la denuncia di cessazione può essere presentata nel mese di gennaio 2022 (30 giorni dalla data di cessazione).

In tal caso, poiché all’apertura dei servizi dell’autoliquidazione 2021-2022 il sistema non ha ancora acquisito la cessazione e dunque non può visualizzare il relativo avviso, la denuncia delle retribuzioni deve essere inviata unicamente tramite l’apposito servizio “Autoliquidazione ditte cessate”.

Ditta cessate dal 1° maggio 2021 e successivamente riattivate

La nuova posizione assicurativa (Pat) aperta a seguito di riattivazione del codice ditta è ricompresa nell’autoliquidazione centralizzata 2021-2022. Anche in questo caso sono stati previsti appositi avvisi sia in GRA web che nei servizi online.

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Reverse charge in edilizia: soggetti interessati e risvolti pratici. Guida 2022

Reverse charge in edilizia: soggetti interessati e risvolti pratici. Guida 2022
Il reverse charge edilizia è un meccanismo contabile che trova applicazione nel settore edile nonchè per i servizi ad esso connessi.
Reverse charge edilizia

Reverse charge edilizia: cos’è e come funziona? Chi sono i soggetti interessati? In quali ambiti possiamo trovarlo? In applicazione del meccanismo del reverse charge (o inversione contabile), gli adempimenti in materia di iva compreso il versamento all’Erario sono effettuati dal committente ossia da colui che richiede il bene o il servizio. Ciò avviene in deroga al meccanismo della c.d rivalsa Iva.

Il meccanismo contabile dell’inversione del carico IVA non riguarda solo gli acquisti di beni intracomunitari o di servizi Extra UE, ma in alcuni casi può estendersi anche agli scambi e alle operazioni nazionali: ecco perché si parla anche di reverse charge interno. Sono soggette all’inversione contabile interna anche le operazioni riconducibili al settore edile e alle prestazioni ad esso connesse.

Ecco i dettagli.

Il reverse charge in edilizia: ambito applicativo

L’applicazione del meccanismo del reverse charge nel campo dell’edilizia riguarda, ex art.17, sesto comma lett a) e a-ter) del DPR 633/72:

  • le prestazioni di servizi diversi compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore ( la disposizione non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori);·
  • le prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici.

Su tale ultimo punto, la legge n° 190/2014, Legge di stabilità 2015, al comma 629, ha esteso l’obbligo di inversione contabile alle “prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative a edifici” rispetto all’iniziale previsione che interessava il solo comparto edile.

Nella circolare n° 14/e 2015, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il reverse charge si applica alle ipotesi in cui soggetti subappaltatori rendono servizi ad imprese del comparto dell’edilizia che si pongono quali appaltatori o, a loro volta, quali subappaltatori, in relazione alla realizzazione dell’intervento edilizio.

I servizi forniti ai soggetti appaltatori o ad altri subappaltatori assumono rilevanza non solo se resi sulla base di un contratto riconducibile alla tipologia dell’appalto, ma anche se effettuati in base ad un contratto di prestazione d’opera.

Leggi anche: Partita Iva: cos’è, a cosa serve, come aprire. Guida aggiornata

Reverse charge edilizia: esclusioni

Il reverse charge non si applica invece:

  • alle prestazioni rese direttamente, in forza di contratti d’appalto, nei confronti di imprese di costruzione o di ristrutturazione (Reverse charge edilizia appalto);
  • alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori (c.d. general contractor).

L’inversione contabile non riguarda il rapporto tra appaltatore principale e committente.

Ad ogni modo, il meccanismo in esame ha le finalità di contrastare le frodi Iva nei settori più a rischio e sicuramente quello edile, è considerato uno dei settori a maggior rischio.

Leggi anche: Reverse charge IVA: cos’è, come funziona e quando si applica [Guida]

Reverse charge edilizia, Agenzia delle entrate: chiarimenti

Con le circolari n° 14/e 2015 e 37/e 2015, l’Agenzia delle entrate ha fornito una serie di chiarimenti sul reverse charge in edilizia e nei settori ad essa connessi (pulizia, installazione impianti, interventi di completamento edifici ecc).

In tale sede, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che:

  • sono escluse dal meccanismo in esame le forniture di beni con posa in opera in quanto tali operazioni, ai fini Iva, costituiscono cessioni di beni e non prestazioni di servizi, poiché la posa in opera assume una funzione accessoria rispetto alla cessione del bene;
  •  per le attività identificate dalla sezione F della classificazione delle attività economiche Ateco, diverse da quelle di installazione di impianti, demolizione e completamento, il reverse charge si applica solo in caso di subappalto;
  • nell’ipotesi di un contratto unico di appalto avente ad oggetto più prestazioni, in parte soggette a reverse charge e in parte no, si applica l’Iva nei modi ordinari.

Reverse charge e forfettario

Particolari indicazioni valgono per  i contribuenti in regime forfettario. A tal fine si possono considerare le indicazioni fornite dall’Agenzia delle entrate con la circolare n 37/E 2006. Ai tempi, tali indicazioni erano riferite ai contribuenti minimi, in regime di franchigia, art. 32-bis del D.P.R. n. 633 del 1972.

Da qui:

  • il meccanismo del reverse-charge non trova applicazione per le prestazioni rese da soggetti che operano in regime forfettario;
  • qualora il contribuente forfettario opera in veste di committente dei servizi soggetti ad obbligo, la fattura è emessa nei suoi confronti in regime di inversione contabile, il forfettario dovrà:
    • integrare la fattura con l’IVA
    • e versare l’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

A tal fine, si veda anche la circolare n° 10/E 2016 dell’Agenzia delle Entrate.

Reverse charge e fattura elettronica

L’applicazione del reverse charge interno impatta anche sugli adempimenti in materia di fatturazione elettronica.  Nello specifico, salvo quanto detto sopra per i forfettari, in tale situazione:

  • il cedente prestatore ha emesso una fattura elettronica (ad esempio TD01 o TD02 o TD24) con uno dei sottocodici di N6 (N 6.3 e N 6.7) ossia operazione in applicazione dell’inversione contabile e la norma di riferimento,
  •  la fattura deve essere integrata dal committente (appaltatore).

L’integrazione comporta che la fattura sia integrata indicando l’aliquota e l’imposta dovuta.  L’integrazione può essere effettuata tramite il Sistema di interscambio (SDI) usando il tipo documento TD16. Dal punto di vista operativo, il documento ha come destinatario lo stesso committente.

Il documento integrativo sarà utilizzato in fase di elaborazione delle bozze dei registri IVA da parte dell’Agenzia (Fonte guida fatturazione elettronica Agenzia delle entrate).

Le disposizioni fin qui analizzate riguardano le operazioni effettuate tra soggetti business, soggetti passivi d’imposta. ossia nei rapporti B2B.

Naturalmente il reverse charge non trova applicazione nei  rapporti con i privati consumatori.

Reverse charge autofattura: come funziona

Nell’inversione contabile dell’IVA tecnicamente la fattura è emessa dal cedente o prestatore senza l’indicazione dell’IVA; l’imposta viene poi rilevata e registrata dall’acquirente mediante l’emissione di un nuovo documento (autofattura). Oppure, nei casi in cui è consentito, con l’annotazione dell’imponibile, dell’aliquota applicata e dell’ammontare dell’imposta sulla fattura ricevuta (fattura integrata).

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Beata Vergine Maria di Loreto


Beata Vergine Maria di Loreto

autore: Annibale Carracci anno: 1605 titolo: Madonna di Loreto luogo: Chiesa di Sant’Onofrio al Gianicolo, Roma
Nome: Beata Vergine Maria di Loreto
Titolo: Traslazione della Santa Casa
Ricorrenza: 10 dicembre
Tipologia: Memoria facoltativa
Sito ufficiale:santuarioloreto.it
I santuari dedicati a Maria sono sparsi in tutto il mondo, perchè la Madonna essendo mamma di tutti, vuole stare vicina a tutti i suoi figli.

Traslazione della Santa Casa

autore sconosciuto anno circa 1510 titolo Traslazione della Santa Casa

Uno dei più famosi santuari è quello di Loreto che racchiude in sè la Santa Casa di Nazareth. La traslazione avvenne per mano di Angeli il 10 maggio 1291 a causa della perdita di fede del popolo di Galilea. Prima fu trasportata in Dalmazia. Il Vescovo del luogo, il governatore ed alcuni pellegrini riconobbero in quella casetta la casa di Maria. Per averne le prove, essi mandarono in Palestina una commissione la quale constatò che la casa di Maria era scomparsa di là e le fondamenta rimaste concordavano perfettamente coi muri dell’edificio apparso sui monti dalmati.

Ma forse perchè quivi quel pegno tanto caro non era abbastanza onorato, sempre per mano degli Angeli, fu trasportato nel territorio di Recanati, in un bosco, proprietà di una donna chiamata Loreta.

Quivi non si sapeva con certezza donde venisse e cosa propriamente fosse, onde apparve la Beata Vergine in sogno ad un suo devoto, e gli manifestò che quel piccolo rozzo edificio era la sua abitazione di Nazareth e che doveva essere da tutti onorata. Quest’uomo divulgò subito la rivelazione, ma l’autorità ecclesiastica, per averne indiscutibile certezza, mandò dieci uomini a constatare il fatto in Palestina. La Madonna poi, coi miracoli, confermò la rivelazione fatta.

Accertatisi della realtà della traslazione, i fedeli cominciarono con gran fervore ad onorare quella casetta e per poterla conservare intatta, prima vi costruirono attorno un muro di difesa, poi, col concorso dei fedeli di tutto il mondo, fu costruita l’attuale sontuosissima basilica.

Santa Casa di Loreto

La divozione a questa Santa Casetta si andò ognor più estendendo, e non si possono certo calcolare tutte le grazie che i fedeli ottengono ai piedi della Vergine Lauretana. Appena entrati nella casetta racchiusa nella basilica, appaiono agli occhi dei devoti visitatori le cinque parole che racchiudono in sè un’epopea di mistero e di amore: Hic Verbum, caro factum est (Questa parola si è fatta carne).

Verbum, caro factum est

Qui, proprio fra questi muri, Gesù si incarnò, visse e si preparò alla salvezza di tutta l’umanità peccatrice.

PRATICA. Cerchiamo di imitare la Vergine nelle relazioni coi nostri familiari.

PREGHIERA. O Dio, che per il mistero dell’Incarnato Verbo hai consacrato la casa della B. V. Maria e mirabilmente l’hai collocata in seno alla tua Chiesa, ottienici che separati dalle case dei peccatori, diventiamo degni abitatori della tua casa eterna.

LA MADONNA NERA

Madonna Nera di Loreto

Nel primo trentennio del sec. XVI la primitiva icona fu sostituita con una statua lignea di abete rosso ma il fumo delle numerose lampade ad olio che lungo i secoli arsero nello stretto locale della Santa Casa hanno annerito in modo indelebile il volto della Vergine. La statua, distrutta nell’incendio del 1921, fu rifatta nel 1922, su modello del Quattrini, da L. Celani con legno di cedro del Libano con una tinteggiatura nera, ancora più di quanto si era ormai abituati a vedere la Madonna di Loreto.

SUPPLICA ALLA MADONNA DI LORETO

(a mezzogiorno del 10 dicembre; il 25 marzo, il 15 agosto e l ‘8 settembre)

Madonna di Loreto

O Maria Loretana, Vergine gloriosa, noi ci accostiamo fiduciosi a Te: accogli oggi la nostra umile preghiera. L’umanità è sconvolta da gravi mali dai quali vorrebbe liberarsi da sola.

Essa ha bisogno di pace, di giustizia, di verità, di amore e si illude di poter trovare queste divine realtà lontano da tuo Figlio.

O Madre! Tu portasti il Salvatore divino nel tuo seno purissimo e vivesti con Lui nella santa Casa che noi veneriamo su questo colle loretano, ottienici la grazia di cercare Lui e di imitare i suoi esempi che conducono alla salvezza.

Con fede e amore filiale, ci portiamo spiritualmente alla tua Casa benedetta.

Per la presenza della tua Famiglia essa è la Casa santa per eccellenza alla quale vogliamo si ispirino tutte le famiglie cristiane: da Gesù ogni figlio impari l’ubbidienza e il lavoro; da Te, o Maria, ogni donna apprenda l’umiltà e lo spirito di sacrificio; da Giuseppe, che visse per Te e per Gesù, ogni uomo impari a credere in Dio e a vivere in famiglia e nella società con fedeltà e rettitudine.

Molte famiglie, o Maria, non sono un santuario dove si ama e si serve Dio; per questo Ti preghiamo affinché Tu ci ottenga che ognuna imiti la tua, riconoscendo ogni giorno e amando sopra ogni cosa il tuo Figlio divino.

Come un giorno, dopo anni di preghiera e di lavoro, egli uscì da questa Casa santa per far sentire la sua Parola che è Luce e Vita, così ancora dalle sante mura che ci parlano di fede e di carità, giunga agli uomini l’eco della sua parola onnipotente che illumina e converte.

Ti preghiamo, o Maria, per il Papa, per la Chiesa universale, per l’Italia e per tutti i popoli della terra, per le istituzioni ecclesiali e civili e per i sofferenti e i peccatori, affinché tutti divengano discepoli di Dio.

O Maria, in questo giorno di grazia, uniti ai devoti spiritualmente presenti a venerare la santa Casa ove fosti adombrata dallo Spirito Santo, con viva fede Ti ripetiamo le parole dell’Arcangelo Gabriele: Ave, o piena di grazia, il Signore è con Te!

Noi Ti invochiamo ancora: Ave, o Maria, Madre di Gesù e Madre della Chiesa, Rifugio dei peccatori, Consolatrice degli afflitti, Aiuto dei Cristiani.

Tra le difficoltà e nelle frequenti tentazioni noi siamo in pericolo di perderci, ma guardiamo a Te e Ti ripetiamo: Ave, Porta dei Cielo; ave, Stella del Mare! Salga a Te la nostra supplica, o Maria. Essa Ti dica i nostri desideri, il nostro amore a Gesù e la nostra speranza in Te, o Madre nostra. Ridiscenda la nostra preghiera sulla terra con abbondanza di grazie celesti. Amen.

– Salve, o Regina