Archivi giornalieri: 18 dicembre 2021

Aliquote Irpef 2022, chi ci guadagna e cosa cambia: tabella e calcolo

Aliquote Irpef 2022, chi ci guadagna e cosa cambia: tabella e calcolo

 
 

 

Rosaria Barrile (collaboratore di idealista news)

 

22 ore fa

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Nuove aliquote Irpef 2022© pixabay Nuove aliquote Irpef 2022

Con le nuove aliquote Irpef 2022 previste dalla riforma fiscale inserita nella legge di bilancio 2022 tutti i contribuenti otterrano un risparmio, ma l’entità sarà più significativa sarà per le fasce di reddito medio alte, tra 30 e 50 mila euro. Vediamo cosa cambia con la nuova tabella delle aliquote irpef 2022 e chi ci guadagna, grazie al calcolo e alle simulazioni di Giovanni Intrigliolo, dottore commercialista e revisore legale iscritto presso ODCEC Milano.

Dopo il raggiungimento di un accordo politico tra forze di maggioranza e parti sociali il maxiemendamento alla legge di bilancio 2022 che contiene il taglio dell’Irpef e le nuove aliquote 2022 è stato presentato in Senato. Dal 1° gennaio 2022 con il varo della prossima legge di Bilancio entrerà in vigore la nuova IRPEF a 4 aliquote (23%, 25%, 35% e 43%) al posto delle cinque attualmente in vigore, la soppressione dell’aliquota del 41% con la rimodulazione delle soglie di reddito dei vari scaglioni (fino a 15 mila euro, da 15 a 28 mila, da 28 a 50 mila e oltre 50mila) e il riordino delle detrazioni, alle quali è affidato il compito di garantire il meccanismo della progressività dell’imposta.

Tutti i contribuenti otterranno un risparmio ma l’entità sarà più significativa per le fasce di reddito medio-alte, tra 30 e 50mila euro. La progressività, stando almeno alle prime simulazioni, viene migliorata eliminando, o riducendo, alcuni bruschi salti di aliquota media, in particolare nel passaggio dal 27 al 38 per cento.

Tra le novità più importanti vi è la soppressione delle detrazioni per i figli a carico fino a 21 anni, che da marzo saranno inglobate nel nuovo assegno unico. Si tratta di un cambiamento importante, non solo perché l’importo dipende dall’età del figlio ma anche perché sarà necessario presentare l’ISEE. Per capire quanto sarà possibile risparmiare, ne parliamo con Giovanni Intrigliolo, Dottore commercialista e revisore legale iscritto presso ODCEC Milano.

La tabella delle aliquote Irpef 2022

“Lo scopo finale della riforma è quello di ottenere una riduzione complessiva della pressione fiscale, di cui è possibile evidenziare alcuni effetti elaborando una semplice tabella. Da una prima lettura dei dati esposti, appare evidente la concentrazione dei maggiori risparmi d’imposta nominali (compresi tra 300 e 900 euro circa all’anno) nella fascia dei redditi “medio-alti”, ossia quelli compresi tra 30 e 50 mila euro annui. La scelta di voler premiare tale fascia sembrerebbe essere stata condizionata dai dati provenienti dalle statistiche fiscali, secondo i quali solo un contribuente su 18 dichiara redditi più elevati”.

© idealista/news

*La simulazione non considera i vari sconti d’imposta che saranno introdotti dalla nuova curva delle detrazioni ma tiene esclusivamente conto dei valori nominali delle nuove aliquote

Chi ci guadagna

“I redditi fino a 15 mila euro sembrerebbero, in apparenza, non beneficiare di alcun vantaggio, ma tutti coloro che si trovano in questa fascia dovrebbero conseguire maggiori risparmi rispetto alla situazione attuale (stimabili in circa 350 euro) per via dell’applicazione della nuova curva delle detrazioni d’imposta”, precisa il professionista.

“Per coloro che hanno un reddito annuo compreso tra 50 e 55 mila euro, il risparmio previsto sarebbe di circa 700 euro, tenendo conto dell’effetto combinato della rimodulazione di aliquote e scaglioni e della nuova scala di detrazioni. Occorre poi evidenziare l’annunciato innalzamento della detrazione base da 1.880 a 3.100 euro e il mantenimento del “Bonus Renzi-Garavaglia”per i redditi sotto i 15 mila euro, per evitare la loro esclusione dai vantaggi della riforma a causa della relativa IRPEF troppo bassa”.

Anche per quanto riguarda le fasce di reddito più basse, la riforma offre dei benefici interessanti. “Sono state previste modifiche migliorative anche per la cosiddetta No-tax area, ossia per quella soglia di reddito entro la quale l’imposta dovuta è azzerata dalle detrazioni spettanti, che verrà innalzata fino a 8.500 euro annui”. In pratica, aggiunge Intrigliolo, “i titolari di un reddito fino a quell’ammontare beneficeranno di uno sconto d’imposta di 1.955 euro, esattamente pari all’IRPEF lorda dovuta.

Ma l’effetto concreto delle nuove misure si vedrà solo a partire dalle buste paga e dalle pensioni di marzo 2022, decisione assunta anche per consentire l’adeguamento dei software gestionali da parte degli addetti ai lavori, ma con un conguaglio per coprire anche i primi due mesi del nuovo anno”.

Calcolo risparmio aliquote Irpef

Per capire, quindi, a quanto potrebbe ammontare il risparmio per i diversi scaglioni di reddito a seguito della riforma delle aliquote, è possibile consultare le seguenti tabelle elaborate dal professionista che abbiamo consultato. Per ogni tabella, l’aliquota media esprime il livello medio di IRPEF lorda associato a ciascun reddito imponibile.

risparmio_con_la_riforma_fiscale_2022.pdf

Tredicesima colf e badanti 2021, come funziona e come si calcola

Tredicesima colf e badanti 2021, come funziona e come si calcola

Quanto spetta di tredicesima colf e badanti? Come si calcola e quando va pagata la tredicesima mensilità dal datore di lavoro domestico?

Come avviene per i lavoratori dipendenti, a dicembre è in arrivo anche la tredicesima colf e badanti. Questa si intende come un’ulteriore quota di retribuzione, che si somma alle dodici percepite durante l’anno, portando appunto il totale a tredici.

L’importo della tredicesima mensilità è pari alla retribuzione mensile riconosciuta ai lavoratori domestici, con la particolarità che dev’essere erogata entro il mese di dicembre. Di conseguenza, nella generalità dei casi l’interessato percepirà:

  • Nei primi giorni del mese di dicembre la retribuzione di novembre;
  • In occasione del Natale e comunque entro la fine di dicembre l’importo a titolo di tredicesima (pari come si è detto alla normale retribuzione mensile);
  • Nei primi giorni del mese di gennaio la retribuzione di dicembre.

A stabilire i tempi di erogazione è il contratto collettivo “Lavoro domestico” che si preoccupa anche di fissare i criteri per il calcolo. Vediamo nel dettaglio quando e come dev’essere riconosciuta la tredicesima a colf, badanti e baby sitter. Se invece sei un lavoratore dipendente o un pensionato leggi le nostre guide specifiche Tredicesima 2021 e tredicesima pensionati 2021.

Tredicesima colf e badanti 2021: quanto spetta

L’importo della tredicesima mensilità è stabilito dall’articolo 38 del CCNL Lavoro domestico; rientrano in questa categoria colf, badanti e baby sitter regolarmente assunti. Questa è pari alla normale retribuzione mensile del lavoratore (cosiddetta retribuzione globale di fatto) calcolata in base al livello in cui lo stesso è inquadrato (quello per intenderci riportato nella lettera di assunzione).

Consideriamo a titolo d’esempio il caso di una lavoratrice assunta con la mansione di baby sitter convivente, inquadrata nel livello AS del CCNL Lavoro domestico. La retribuzione mensile (quella che la collaboratrice domestica percepirà ogni mese da gennaio a dicembre) sarà pari a euro 743,55 lordi (paga base).

Leggi anche: Assegni familiari ANF per colf e badanti somministrati, novità INPS

Tuttavia, come stabilito dal contratto collettivo, nella somma da riconoscere a titolo di tredicesima (ad esempio i 743,55 euro lordi della baby sitter) dev’essere aggiunta anche l’indennità sostitutiva di vitto e alloggio pari a:

  • 1,93 euro per ogni pranzo e/o colazione;
  • 1,93 euro per ogni cena;
  • 1,67 euro per l’alloggio.

Gli importi citati sono erogati qualora il datore non fornisca vitto e / o alloggio al lavoratore domestico.

Ratei tredicesima collaboratori domestici

La tredicesima per sua definizione rientra nella cosiddetta retribuzione differita. Questo significa che per ogni mese di lavoro il lavoratore matura un pezzo di tredicesima (cosiddetto rateo) che sommato a quello dei mesi successivi viene erogato a fine anno, a titolo di tredicesima appunto. Torniamo all’esempio della baby sitter.

A gennaio alla lavoratrice è spettata una retribuzione lorda di euro 743,55 oltre a 30 euro a titolo di indennità sostitutiva di vitto e alloggio, il pezzo di tredicesima maturato a gennaio sarà quindi pari a 773,55 euro / 12 = 64,46 euro. Questo importo non verrà erogato con la retribuzione di gennaio ma si sommerà a quelli dei mesi successivi fino a dicembre per essere poi erogato in occasione del Natale a titolo di tredicesima.

Calcolo ratei

Ai lavoratori che cessano durante l’anno verranno erogate tante quote di tredicesima quante sono quelle maturate nei mesi di lavoro. Ad esempio, per chi ha lavorato da gennaio a marzo spetterà:

  • una quota di tredicesima maturata nel mese di gennaio (se fosse sempre la baby sitter di cui sopra euro 773,55 / 12 = 64,46 euro);
  • una quota di tredicesima maturata nel mese di febbraio (ad esempio 743,55 / 12 = 61,96 ipotizzando che la lavoratrice in questo mese abbia maturato solo la paga base);
  • quota di tredicesima maturata nel mese di marzo (ad esempio 743,55 + 50 euro a titolo di indennità di vitto e alloggio = 803,55 che diviso 12 fornisce un rateo di tredicesima pari ad euro 66,96).

La quota di tredicesima erogata con lo stipendio del mese di cessazione sarà pari a 64,46 (rateo di gennaio) + 61,96 (rateo di febbraio) + 66,96 (rateo di marzo) = 193,38 euro lordi.

Se, ad esempio, il mese di marzo non è stato interamente lavorato (perché l’ultimo giorno di lavoro era il 20) si calcola comunque un mese intero ai fini della tredicesima. Questo perché le frazioni di mese pari o superiori a 15 giorni si considerano come mese intero.

Calcolo Tredicesima colf e badanti in caso di assenze

Nei mesi in cui il lavoratore non presta attività perché assente per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità matura comunque il rateo di tredicesima mensilità.

Riprendendo l’esempio precedente della baby sitter se nel mese di marzo è stata assente in malattia, il rateo di tredicesima (ipotizzando l’assenza di indennità di vitto e alloggio) sarà comunque pari a 743,55 /12 = 61,96 euro anche se non ha totalizzato nemmeno un’ora di lavoro.

Tredicesima colf e badanti: altri importi da considerare

Ulteriori importi da considerare nel calcolo della tredicesima dei collaboratori domestici sono le somme che il datore può riconoscere al lavoratore in aggiunta a paga base e indennità di vitto e alloggio. Si parla dei cosiddetti “superminimi”, il cui importo lordo è indicato nella lettera di assunzione. Se riconoscerli e con quale importo è a discrezione del datore di lavoro.

Al contrario, un’altra somma da considerare nel calcolo della tredicesima è lo scatto di anzianità. E’ un elemento di paga previsto dal contratto collettivo che matura in relazione agli anni di permanenza del lavoratore presso lo stesso datore. Lo scatto (di importo pari al 4% della paga base) matura ogni 2 anni di servizio, fino a un massimo di 7. Al maturare dello scatto, questo va ad aggiungersi a paga base, indennità di vitto e alloggio ed eventuale superminimo ai fini del calcolo della tredicesima.

Tornando all’esempio della baby sitter ipotizziamo per il mese di gennaio:

  • Paga base euro 743,55;
  • Scatti di anzianità (ipotizziamo ne abbia maturato solo uno pari al 4% della paga base) pari ad euro 29,74;
  • Superminimo euro 100,00;
  • Indennità vitto e alloggio euro 50,00.

Totale euro 923,29 che diviso 12 fornisce un rateo di tredicesima pari ad euro 76,94.

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Assegno unico dal 2022, come e quando fare domanda

Assegno unico dal 2022, come e quando fare domanda

Domanda Assegno Unico 2022: come e quando si potrà inoltrare la richiesta per l’assegno unico per i figli, da quando sarà erogato e chi paga

Come e quando fare domanda di Assegno Unico per i figli dal 2022? Chi paga e come viene erogato l’aiuto per le famiglie con figli a carico? In attuazione della Legge delega 1° aprile 2021 numero 46 il Consiglio dei ministri del 18 novembre scorso ha approvato lo schema di Decreto legislativo riguardante l’istituzione dell’Assegno unico e universale.

In attesa della pubblicazione in Gazzetta ufficiale per l’entrata in vigore, la bozza del testo anticipa in 14 articoli l’erogazione, a decorrere dal 1° marzo 2022, di un beneficio economico attribuito mensilmente alle famiglie con figli minorenni a carico a partire dal settimo mese di gravidanza, riconosciuto anche per i figli maggiorenni fino al compimento dei 21 anni di età.

Con lo scopo di riordinare le misure di sostegno economico ai genitori, l’introduzione dell’Assegno unico comporterà l’abrogazione, a partire dal prossimo anno, di detrazioni per figli a carico, assegni per il nucleo familiare (ANF), l’assegno dei Comuni per nuclei con almeno 3 figli minori, il premio alla nascita e il bonus bebè.

Il nuovo sussidio, il cui pagamento è previsto in dodici quote mensili da marzo a febbraio dell’anno successivo, sarà determinato in funzione dell’ISEE e del numero dei figli, con alcune maggiorazioni dell’importo. La domanda dovrà essere presentata direttamente all’INPS e sarà lo stesso Istituto a erogare l’assegno unico direttamente sul conto corrente (o carta con IBAN) del beneficiario.

Analizziamo in dettaglio come e quando presentare domanda di assegno unico, chi paga e come avverranno i pagamenti.

Domanda Assegno Unico 2022: come e quando

L’articolo 6 dello schema di Decreto legislativo prevede la trasmissione delle domande di riconoscimento dell’assegno unico in modalità telematica attraverso il portale “inps.it”; per accedere all’area riservata del cittadino bisogna avere:

  • le credenziali SPID,
  • CIE (Carta di Identità Elettronica)
  • o CNS (Carta Nazionale dei Servizi).

In alternativa sarà possibile inoltrare le istanze avvalendosi dei servizi garantiti dagli enti di patronato.

Le modalità di invio saranno dettagliate dall’INPS con apposita circolare o messaggio adottato, si legge nella bozza, entro “20 giorni dalla pubblicazione del decreto”.

Domanda di Assegno Unico per i figli: chi deve presentarla

La domanda di assegno unico dovrà essere presentata (articolo 6 comma 2) dal genitore ovvero chi esercita la responsabilità genitoriale.

Un’eccezione riguarda i figli maggiorenni (articolo 6 comma 5), abilitati ad inoltrare la richiesta di sussidio al fine di riceverlo direttamente dall’INPS in sostituzione dei propri genitori.

Da quando presentare la domanda

Le istanze per il riconoscimento dell’assegno unico (articolo 6 comma 1) potranno essere presentate a decorrere dal 1° gennaio di ciascun anno, con riferimento al periodo compreso tra “il mese di marzo dell’anno di presentazione della domanda e quello di febbraio dell’anno successivo”.

In caso di conferma delle tempistiche appena citate, con riferimento al periodo marzo 2022 – febbraio 2023 le domande di assegno unico potranno essere trasmesse all’INPS a decorrere dal 1° gennaio 2022.

Decorrenza dell’assegno unico

Una volta inoltrata la richiesta all’Istituto, lo stesso provvede (articolo 6 comma 2) al riconoscimento dell’assegno entro i 60 giorni successivi.

La regola generale è quella per cui la misura spetta a decorrere dal mese successivo quello di presentazione della domanda. Questo significa che una richiesta presentata a novembre 2022 comporterà l’erogazione dell’assegno a partire da dicembre. In questo caso, complessivamente, al soggetto spetteranno le mensilità di dicembre 2022, gennaio 2023 e febbraio 2023.

Fanno eccezione coloro che presentano le istanze entro il 30 giugno dell’anno di riferimento. Il riconoscimento dell’assegno decorrerà retroattivamente dal mese di marzo dello stesso anno.

Questo significa che, al fine di non perdere alcuna mensilità dell’assegno unico per il periodo marzo 2022 – febbraio 2023, le domande dovranno essere trasmesse all’INPS entro il 30 giugno prossimo.

Assegno Unico: cosa fare in caso di nuove nascite

A fronte di nuove nascite avvenute in costanza di fruizione dell’assegno (articolo 6 comma 3) il beneficiario sarà tenuto a comunicare la variazione all’INPS:

  • Con apposita procedura telematica sul portale “it”;
  • In alternativa, avvalendosi dei servizi offerti dagli enti di patronato;

entro “centoventi giorni dalla nascita del nuovo figlio”.

In tal caso il riconoscimento dell’assegno avverrà a decorrere dal settimo mese di gravidanza.

Assegno Unico 2022, chi paga e come avviene il pagamento

Sarà l’INPS (articolo 6 comma 4) il soggetto deputato a corrispondere le somme a titolo di assegno unico direttamente ai beneficiari, a mezzo:

  • Accredito su conto corrente bancario;
  • In alternativa bonifico domiciliato presso gli uffici postali;

secondo l’opzione scelta in sede di invio della domanda o successivamente modificata.

Un caso particolare riguarderà i soggetti percettori del Reddito di cittadinanza. Per questi, il pagamento dell’assegno avverrà unitamente al RdC, pertanto a mezzo ricarica della cosiddetta “Carta RdC”, strumento di pagamento elettronico (simile a bancomat, carte di credito o prepagate) rilasciato da Poste Italiane agli aventi diritto al Reddito.

Leggi anche: Assegno per i figli, addio a bonus e detrazioni: cosa cambia

Assegno Unico 2022, chi sono i beneficiari

Il pagamento diretto dell’assegno unico avverrà in favore del soggetto richiedente (articolo 6 comma 4) ovvero, a richiesta, anche successiva, in “pari misura tra coloro che esercitano la responsabilità genitoriale”.

In caso di:

  • Affidamento esclusivo, l’’importo spetterà in mancanza di accordo al genitore affidatario;
  • Nomina di un tutore, l’assegno sarà riconosciuto nell’interesse esclusivo del tutelato.

Tassazione IRPEF Assegno Unico per i figli

Gli importi riconosciuti a titolo di assegno unico (articolo 8) non concorreranno alla formazione del reddito complessivo ai fini fiscali del beneficiario; non saranno altresì soggetti ad alcuna trattenuta per tassazione IRPEF o contributi INPS.

Le somme in questione (per esplicita previsione dell’articolo 7 dello schema di Decreto) saranno “compatibili con la fruizione di altre misure in denaro a favore dei figli a carico erogate dalle regioni, province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali”.

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Acconto Iva al 27 dicembre, calcolo e versamento: guida aggiornata 2021

Acconto Iva al 27 dicembre, calcolo e versamento: guida aggiornata 2021

Calcolo acconto IVA: entro il 27 dicembre 2021, deve essere versato l’acconto dell’Iva. Guida su come calcolarlo senza commettere errori

Scade il 27 dicembre il termine per versare l’acconto Iva 2021. Sono chiamati all’adempimento sia i contribuenti trimestrali che mensili. Il versamento deve essere eseguito in F24, indicando i codici tributo “6013”, se trattasi di contribuenti mensili, “6035”, se contribuente trimestrali.

Attenzione, l’acconto non è dovuto se di ammontare inferiore a 103,29 euro.

Ecco come calcolare l’acconto IVA senza commettere errori.

L’acconto IVA al 27 dicembre

Come ogni anno, entro il 27 dicembre, va versato l’acconto Iva, ex art.6, comma 2 Legge 405/1990.

Per i soggetti che liquidano l’imposta mensilmente, c.d. contribuenti mensili, l’acconto riguarda l’Iva che sarà dovuta per il mese di dicembre, mentre per i contribuenti trimestrali, l’acconto è calcolato rispetto all’imposta dovuta per il quarto trimestre. Dunque, ottobre, novembre e dicembre.

Soggetti esonerati

Non sono tenuti a versare l’acconto i soggetti che operano in regimi fiscali no Iva. Dunque, i contribuenti forfetari e quelli nel c.d regime di vantaggio.

Sono altresì esonerati dal versamento, ad esempio coloro che:

  • hanno cessato l’attività entro il 30 novembre se mensili o entro il 30 settembre se trimestrali;
  • hanno chiuso il periodo d’imposta precedente con un credito di imposta (risultante anche dalla liquidazione Iva periodica), a prescindere dalla presentazione della richiesta di rimborso
    pur avendo effettuato un versamento per il mese di dicembre o per l’ultimo trimestre del periodo d’imposta precedente, oppure in sede di dichiarazione annuale per il periodo d’imposta precedente, prevedono di chiudere la contabilità Iva con una eccedenza detraibile di imposta.

Si veda a tal fine la circolare ministeriale n° 52 del 1991.

Ancora, in base alle loro rispettive norme di riferimento, non pagano l’acconto IVA: i contribuenti che hanno effettuato soltanto operazioni non imponibili, esenti, non soggette a imposta o, comunque, senza obbligo di pagamento dell’imposta i produttori agricoli “di cui all’art. 34, comma 6, del DPR n. 633 del 1972,  ecc.

Leggi anche: Partita IVA cos’è

Calcolo acconto IVA

Dichiarazione Iva 2021Il calcolo dell’acconto può essere effettuato sulla base di tre metodi. Così come avviene per le imposte sui redditi, il calcolo del dovuto può essere effettuato sulla base del metodo storico o di quello previsionale. In aggiunta c’è anche il metodo analitico. Con quest’ultimo, fatture alla mano, si fa il conteggio di quanto dovuto al Fisco.

Dunque abbiamo i seguenti metodi:

  • storico,
  • previsionale,
  • analitico.

Applicando il metodo storico, l’acconto Iva è pari all’88% del versamento effettuato o che avrebbe dovuto essere effettuato, per il mese o trimestre dell’anno precedente (Fonte portale Agenzia delle entrate).

La  base di calcolo, su cui applicare l’88%, è pari al debito d’imposta risultante:

  • per i contribuenti mensili dalla liquidazione periodica relativa al mese di dicembre dell’anno precedente;
  • i contribuenti trimestrali ordinari dalla dichiarazione annuale Iva;
  • per i contribuenti trimestrali “speciali” (autotrasportatori, distributori di carburante, imprese di somministrazione acqua, gas, energia elettrica, ecc..) alla liquidazione periodica del quarto trimestre dell’anno precedente.

Leggi anche: dichiarazione IVA

Calcolo acconto IVA, metodo previsionale

Con il metodo previsionale, il contribuente analizza e fa una stima delle operazioni che porrà in essere fino alla fine dell’anno.  Vale sempre la percentuale dell’88%. In tale caso però  la percentuale è applicata all’Iva che si prevede di dover versare:

  • per il mese di dicembre, se si tratta di contribuenti mensili;
  • in sede di dichiarazione annuale Iva, se si tratta di contribuenti trimestrali ordinari;
  • per il quarto trimestre, per i contribuenti trimestrali “speciali”.

L’acconto così calcolato non deve tenere conto dell’eccedenza detraibile riportata dal mese o dal trimestre precedente.

Calcolo acconto IVA, metodo analitico

Il metodo analitico ha delle regole ad hoc. Anche l’orizzonte temporale considerato è differente.

Il calcolo con il metodo analitico si basa sulle operazioni effettuate fino al 20 dicembre.

In tale caso,  l’acconto è pari al 100% dell’importo risultante da una liquidazione calcolare sulla base delle seguenti operazioni:

  • annotate nel registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi) dal 1° dicembre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti mensili) o dal 1° ottobre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti trimestrali);
  • effettuate, ma non ancora registrate o fatturate, dal 1° novembre al 20 dicembre;
  • annotate nel registro delle fatture degli acquisti dal 1° dicembre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti mensili) o dal 1° ottobre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti trimestrali).

In tutti i casi, il versamento deve essere eseguito in F24 indicando di codici tributo i codice tributo: “6013”, se trattasi di contribuente mensile; “6035”, se trattasi di contribuente trimestrale.