Archivi giornalieri: 18 marzo 2021

Pensioni, gli scenari post-Quota 100: cosa potrebbe cambiare dal prossimo anno

 

Pensioni, gli scenari post-Quota 100: cosa potrebbe cambiare dal prossimo anno

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Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha accolto positivamente la richiesta di Cgil, Cisl e Uil di avviare un confronto sul nodo previdenza, anche in vista della scadenza di Quota 100, ma non prima di aver affrontato altre importanti problematiche.

“Adesso – ha dichiarato il ministro – pensiamo alle emergenze che sono due: ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro”. Altri aspetti che meritano l’attenzione del ministro sono: “crescita dell’occupazione femminile e vaccinazioni su luoghi lavoro”. Poi “apriremo il confronto – ha assicurato – anche su questo ulteriore tema”, quello delle pensioni.

Il 31 dicembre scadrà Quota 100, che per tre anni ha consentito di anticipare la pensione a 62 anni di età con 38 di contributi. Se non si intervenisse, nel 2022 si tornerebbe allo “scalone” di cinque anni di età, con il pensionamento accessibile solo a partire dai 67 anni di età. Da escludere la proroga di Quota 100, da sempre invisa all’Europa.

Graziano Delrio (Pd), ex ministro, nelle scorse settimane ha lanciato l’idea di Quota 92: “Per un Italia più giusta. Allo scadere di Quota 100, introduciamo Quota 92 (30 anni di contributi e 62 d’età) che aiuti donne e lavoratori impegnati in lavori usuranti. Diamo maggiori garanzie ai giovani. Anche così si esce dalla crisi”. Quota 92 prevedrebbe un taglio da definire sull’assegno, a differenza di Quota 100. L’invito di Delrio a discutere la sua proposta però, non è stato ripreso.

Si sta anche valutando di introdurre Opzione Donna ricalibrata anche per gli uomini, che permetterebbe un’uscita anticipata a 63-64 anni con un trattamento sul rateo interamente contributivo. Si ipotizza inoltre lo stacco dell’anzianità contributiva da quello legato all’aspettativa di vita con due finestre secche per l’uscita: 41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Tanti spunti, ma per adesso non si smuove quasi nulla. La nuova flessibilità in uscita si baserebbe su una misura con un criterio anagrafico peggiorativo rispetto a oggi, infatti si passerebbe dai 62 ai 64 anni di età, mentre resterebbe fermo il parametro contributivo dei 38 anni.

Per i sindacati Cgil, Cisl, Uil è “necessario e urgente disegnare una riforma strutturale del sistema previdenziale che superi le attuali rigidità e che decorra dal gennaio 2022, alla scadenza di Quota 100. La riforma complessiva del nostro impianto previdenziale dovrà prevedere la possibilità di accesso flessibile alla pensione, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, la valorizzazione del lavoro di cura e del lavoro delle donne. Inoltre, è il momento di prevedere un meccanismo che tuteli le future pensioni dei giovani, in particolare coloro che hanno carriere discontinue con basse retribuzioni, garantire un maggior potere d`acquisto per i pensionati e promuovere le adesioni alla previdenza complementare”.

Domanda Ape sociale 2021: in scadenza la prima finestra del 31 marzo

 

Domanda Ape sociale 2021: in scadenza la prima finestra del 31 marzo

Il 31 marzo scade la prima finestra entro la quale è possibile certificare il diritto all’accesso all’Ape sociale 2021. Come fare domanda.

Non manca molto alla scadenza della prima finestra utile per accedere all’Ape sociale 2021. Infatti, a fine mese, ossia entro il 31 marzo 2021, è possibile certificare all’INPS il diritto di poter aderire all’anticipo pensionistico per il 2021. Si ricorda, che l’Ape sociale è stato prorogato di un anno grazie alla Legge di Bilancio 2021 (L. n. 178/2020), così come l’opzione donna. Quindi, per goderne occorre prima certificare che il potenziale beneficiaria abbia i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla legge e poi, in caso di esito positivo, inviare la domanda vera e propria sempre all’INPS.

Come per gli altri anni, esistono anche altre due finestre utili entro le quali è possibile certificare il diritto all’Ape sociale, ossia il 15 luglio 2021 e il 30 novembre 2021. Quest’ultimo termine, tuttavia, è valevole soltanto se residuano le necessarie risorse finanziarie.

Quindi, non è conveniente attendere l’ultima scadenza onde evitare di rimanere fuori dall’accesso all’Ape sociale. Ecco i dettagli.

Ape sociale 2021: cos’è e come funziona

L’Ape sociale, acronimo di anticipo pensionistico, è stato disciplinato originariamente dall’articolo 1, co. 179 della legge 232/2016 (Legge di Bilancio 2017). Si tratta di un reddito ponte, ossia un sussidio economico, in favore di lavoratori in prossimità di pensione e in particolari condizioni lavorative.

Chiaramente, per accedervi è necessario essere in possesso di una determinata età anagrafica, oltre a un certo numero minimo di contributi.

Quindi, per accedervi è innanzitutto necessario essere in possesso di un’età anagrafica minima di 63 anni. Inoltre, vale soltanto per determinati lavoratori dipendenti, ossia coloro che sono iscritti all’Ago e ai fondi ad essa esclusivi o sostitutivi e i lavoratori gestioni speciali dei lavoratori autonomi. Vi rientrano anche i lavoratori della gestione separata dell’INPS.

Quali sono le condizioni minime da rispettare

Inoltre, il richiedente deve:

  • aver maturato entro il 31 dicembre 2021 almeno 30 anni (o 36 anni di contributi per i lavori gravosi), a seconda della categoria di appartenenza, con un massimo di 2 anni di sconto per le donne;
  • aver cessato l’attività lavorativa;
  • essere residenti in Italia;
  • essere privo di una pensione diretta in Italia o all’estero;
  • maturare una pensione di vecchiaia di importo non inferiore a 1,4 volte l’importo della pensione minima dell’INPS (718,20 euro circa).

Chi sono i soggetti tutelati

Ad integrazione delle predette condizioni, i lavoratori interessati devono rientrare in una delle seguenti condizioni di tutela:

  • disoccupati;
  • invalidi (superiore o uguale al 74%);
  • caregivers (soggetti che assistono parenti disabili da almeno sei mesi)
  • addetti a mansioni cd. gravose (contenuti nel Decreto 18 aprile 2018).

Quali sono i termini per la certificazione del diritto

Come anticipato in premessa, per accedere all’Ape sociale occorre attestare la certificazione del diritto entro le finestre temporale. La prima scade il 31 marzo 2021. Inoltre, esistono anche altre due scadenze: il 15 luglio 2021 e il 30 novembre 2021.

Tuttavia, non conviene attendere l’ultima finestra temporale o sforare il termine del 30 novembre 2021. Infatti, in quest’ultimo caso, l’INPS prenderà in considerazione le domande soltanto se residuano le necessarie risorse finanziarie.

Domanda Ape sociale 2021: come fare

La domanda, si ricorda, è un adempimento preliminare alla domanda vera e propria, che consiste nella certificazione dei requisiti d’accesso all’Ape sociale da parte dell’INPS stesso. Solo successivamente, in caso di esito positivo, è possibile procedere con la domanda di liquidazione, che decorrere dal mese successivo alla presentazione della stessa.

L’istanza può essere inoltrata all’INPS:

  • tramite Patronato;
  • oppure direttamente dall’interessato attraverso il portale web dell’INPS, se in possesso delle credenziali di accesso (serve il PIN dispositivo).

Chi intendesse inviare la domanda autonomamente, è possibile accedere sul sito INPS seguendo il percorso: “Domanda di prestazione pensionistica: pensione, ricostituzione, ratei maturati e non riscossi, certificazione del diritto a pensione” -> “Nuova domanda”.

Scadenze 730 precompilato 2021: ecco il calendario aggiornato

 

Scadenze 730 precompilato 2021: ecco il calendario aggiornato

IL calendario aggiornato delle date di scadenza relative al 730 precompilato 2021: messa a disposizione, controllo, invio e rettifica dati

Il prossimo decreto Sostegni conterrà la proroga dal 30 aprile al 10 maggio della data a partire dalla quale sarà messa a disposizione dell’Agenzia delle entrate la dichiarazione precompilata 2021. 730 e modello Redditi. La proroga è stata preannunciata dal Ministero dell’Economia e delle finanze con apposito comunicato stampa. Lo stesso con il quale è stata comunicata la proroga al 31 marzo dei termini di invio della certificazione unica 2021.

Stessa scadenza del 31 marzo per l’invio al Fisco da parte degli enti esterni quali banche, assicurazioni, enti previdenziali, amministratori di condominio, eccetera, dei dati utili per la predisposizione della dichiarazione precompilata. Proprio da qui parte la proroga dal 30 aprile al 10 maggio della data di messa a disposizione della dichiarazione precompilata.

Individuata la data del 10 maggio, il calendario della precompilata 2021 segue delle scadenze ben precise. Rimane ferma la scadenza del 30 settembre, termine entro il quale provvedere all’invio della dichiarazione 730 precompilata 2021.

Dichiarazione dei redditi precompilata: cos’è e come funziona

Ogni anno, entro il 30 aprile, l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dell’Agenzia delle entrate la dichiarazione precompilata: modello 730 e modello Redditi. Si parla di dichiarazione precompilata perchè il contribuente al suo interno trova inseriti già i vari redditi dichiarati tramite Certificazione Unica e le varie spese detraibili e deducibili che ha sostenuto nel corso dell’anno.

Ciò è possibile perchè gli “operatori economici” ed enti vari,  inviano al fisco i dati delle spese pagate dai contribuenti. Ad esempio, la spesa di iscrizione all’università è comunicata al Fisco dagli atenei, le spese di istruzioni scolastiche sono inviate dagli istituti scolastici ecc.

A livello normativo l’obbligo di trasmissione dei dati al Fisco è previsto dall’art.3 del D.Lgs 175/2014.

In tal modo il contribuente  trova la sua dichiarazione dei redditi già pronta per l’invio, salvo che decida di apportate delle modifiche inserendo un reddito o degli oneri detraibili/deducibili non considerati dall’Agenzia delle entrate.

Infatti come da guida dell’Agenzia delle entrate:

la dichiarazione precompilata si considera modificata se vengono variati i redditi, gli oneri o le altre informazioni presenti in essa, oppure se sono inserite nuove voci non presenti nel modello precompilato.

730 precompilato 2021: on line dal 10 maggio

Per quest’anno la dichiarazione precompilata sarà messa a disposizione dei contribuenti entro il 10 maggio e non entro il 30 di aprile.

La proroga è conseguenza del maggior termine riconosciuto per l’invio al Fisco, da parte degli enti esterni (banche, assicurazioni, enti previdenziali, amministratori di condominio, università, asili nido, veterinari, eccetera), dei dati utili per la dichiarazione precompilata.

Infatti, tali soggetti potranno provvedere all’invio dei dati entro il termine del 31 marzo anziché entro il 16 marzo. La proroga del termine a partire da quale è messa a disposizione la precompilata nonchè di quello di invio dei dati al Fisco, è stata preannuncia dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) con un comunicato stampa del 13 marzo. Solo con il decreto Sostegni le proroghe saranno effettivamente messe nero su bianco a livello normativo.

Leggi anche: Proroga Certificazione Unica 2021

Calendario scadenze 730 precompilato

Una volta che l’Agenzia delle entrate consente l’accesso alla dichiarazione 730 precompilata 2021, dunque dal 10 maggio 2021, dovranno trascorrere alcuni giorni affinché sarà possibile accettare la dichiarazione cosi come predisposta oppure  apportare delle modifiche rilevanti o meno ai fini dell’imposta dovuta. Difatti, il calendario della precompilata segue delle scadenze ben dettagliate che possono essere di seguito individuate:

  • 10 maggio accesso e consultazione della dichiarazione precompilata.
  • 14 maggio, è possibile accettare, modificare e inviare la dichiarazione 730 precompilata all’Agenzia delle Entrate direttamente tramite l’applicazione web; utilizzare la compilazione assistita per gli oneri detraibili e deducibili da indicare nel quadro E; modificare il modello Redditi precompilato.
  • 19 maggio, a partire da tale data è possibile inviare il modello Redditi precompilato;
  • 25 maggio, chi ha presentato il 730 e deve dichiarare anche “altri redditi”,  può presentare  il modello Redditi  ossia il frontespizio e i quadri RM, RT e RW.

Tali questi si riferiscono rispettivamente: alla tassazione separata, alle plusvalenze di natura finanziaria e alle attività finanziarie detenute all’estero.

Il quadro RW deve essere compilato, ai fini del monitoraggio fiscale, dalle persone fisiche residenti in italia che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale. Ai fini dell’imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE) e dell’imposta sul valore dei prodotti finanziari dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero (IVAFE).

Ulteriori scadenze della dichiarazione precompilata 2021

Oltre alle scadenze sopra citate:

  • il 22 giugno è l’ultimo giorno per poter annullare il 730 già inviato e provvedere ad un nuovo invio (invio sostitutivo);
  • 30 giugno coincide con il c.d tax day, i contribuenti che non hanno un sostituto d’imposta devono provvedere al versamento del saldo 2020 e del 1° acconto delle imposte.

Le suddette scadenze non sono ancora da ufficializzare da parte dell’Agenzia delle entrate. Di regola, una volta pubblicata la precompilata,  il contribuente può procedere alla sua modifica/accettazione trascorse due settimane. Tuttavia, lo scorso anno tale termine non è stato rispettato. L’invio del dichiarativo con o senza modifiche è ammesso dopo 9 giorni. Rispetto alla scadenza del 5 maggio, termine (prorogato per covid rispetto alla data ordinaria del 30 aprile) a partire dal quale è stata messa on line la precompilata 2020.

Noi di Lavoro e diritti riteniamo che le scadenze sopra riportate saranno quelle finali.

L’invio del 730 precompilato potrà avvenire entro il 30 settembre 2021. Entro il 25 ottobre sarà possibile presentare, al Caf o al professionista abilitato, il 730 integrativo. Si può ricorrere al 730 integrativo solo se  l’integrazione comporta un maggiore credito, un minor debito o un’imposta invariata rispetto alla dichiarazione da integrare. In caso contrario, minor credito, maggior debito, si può correggere il 730 già inviato solo presentando un modello Redditi.

Se il modello Redditi è presentato entro il 30 novembre si parla di correttiva nei termini. In tale caso il contribuente pagherà solo l’eventuale maggiore imposte e la sanzione ad essa correlata. Difatti, non si configura infedeltà dichiarativa.

Esenzione imposta di successione: rileva l’effettiva attività svolta

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Esenzione imposta di successione: rileva l’effettiva attività svolta

Ai fini dell’esenzione dall’imposta di successione in favore di un ente ecclesiastico, bisogna tener conto dell’attività in concreto svolta

Ai fini dell’esenzione dall’imposta di successione in favore di un ente ecclesiastico, bisogna tener conto dell’attività in concreto svolta dallo stesso ente e non della sua natura ecclesiastica.  L’attività svolta nei fatti può o meno coincidere con il fine dichiarato nell’atto costitutivo.

Si è espressa in tal senso la Corte di cassazione con la sentenza n. 1149 del 21 gennaio 2021.

Esenzione dall’imposta di successione

Il testo Unico sulle successioni e donazioni, D.Lgs 346/1990, all’art.3 prevede specifici casi di esenzione dall’applicazione dell’imposta di successione. In caso di trasferimenti immobiliari, il beneficio, sussistendo le condizioni di seguito analizzate, opera anche per le imposte ipotecaria (articolo 1, comma 2 del Dlgs n. 347/1990) e catastale (articolo 10, comma 3 del Dlgs. n. 347/1990).

Casi specifici di esenzione

Detto ciò, non sono soggetti all’imposta di successione:

  • i trasferimenti a favore dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, né quelli a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l’assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l’educazione, l’istruzione o altre finalità di pubblica utilità, nonché quelli a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e a fondazioni previste dal decreto legislativo emanato in attuazione della legge 23 dicembre 1998, n. 461;
  • i trasferimenti a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da quelli indicati nel comma 1, non sono soggetti all’imposta se sono stati disposti per le finalità di cui allo stesso comma.

Su tale ultimo punto, entro cinque anni dall’accettazione dell’eredità (oppure in caso di donazione o acquisto del legato) deve dimostrare di avere impiegato i beni o diritti ricevuti o la somma ricavata dalla loro alienazione per il conseguimento delle finalità indicate dal testatore o dal donante.

Se manca tale dimostrazione, l’ente che ha ricevuto i beni  è tenuto al pagamento dell’imposta; è tenuto inoltre al pagamento degli interessi legali dalla data in cui avrebbe dovuto essere pagata.

Il motivo del contendere

La vicenda giudiziaria qui in commento è legata alla presentazione di una dichiarazione di successione per la quale l’Agenzia delle entrate aveva richiesto l’imposta ordinaria in relazione a un trasferimento mortis causa disposto, a titolo di legato, nei confronti di un ente ecclesiastico.

Con sentenza n. 2537/8/17, depositata in data 8 maggio 2017,  la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, rigettava l’appello proposto dalla Provincia Italiana Dell’Ordine Dei Canonici Regolari Lateranensi avverso la sentenza n. 1991/54/16 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con condanna al pagamento delle spese di lite.
Il giudice di appello confermava la decisione di 1° grado.

La conferma della decisione si basava sui seguenti elementi:

  • il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di liquidazione e sanzioni per Euro 9.787,08, riguardante l’imposta di successione. Richiesta in solido ad altri eredi, in relazione ad una dichiarazione di successione, per la quota ereditaria riferibile all’ente in conseguenza di un legato, avente ad oggetto un appartamento;
  • la Commissione di primo grado aveva rigettato il ricorso in quanto dalla dichiarazione dei redditi risultava che la Provincia svolgesse “attività di alloggio connesse ad aziende agricole” e tenesse una contabilità ordinaria, per cui avrebbe potuto e dovuto dimostrare di svolgere attività non lucrativa e quindi di rientrare tra gli enti di cui al D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10;
  • la contribuente non aveva il riconoscimento da parte del Ministero dell’Interno delle finalità assistenziali, richiesto ai fini del diritto all’esenzione come ONLUS ai sensi del D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10, comma 3, non rientrava tra gli enti di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 3, né tra gli enti di religione o di culto cui l’esenzione poteva essere concessa secondo il regime concordatario, ai sensi della L. n. 121 del 1985, art. 7, comma 3.

Il ricorso in Cassazione

Avverso la sentenza di 2° grado l’ente ha presentato ricorso in Cassazione.

L’ente riteneva di aver diritto all’esenzione di cui al primo comma dell’articolo 3 del Dlgs. n. 346/1990, comma 1 sopra riportato. Il fatto di svolgere in via del tutto marginale e comunque strumentale alle proprie finalità istituzionali l’attività di conduzione di un fondo agricolo non poteva essere da ostacolo all’applicazione dell’esenzione.

Corte di cassazione: la sentenza n. 1149 del 21 gennaio 2021

La Cassazione in primis rileva che , per l’esenzione prevista dal comma 1 anche in favore di  enti pubblici, fondazioni o delle associazioni legalmente riconosciute la qualifica soggettiva richiesta per l’esenzione totale si configura solo allorché abbiano come scopo esclusivo : l’assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l’educazione, l’istruzione o altre finalità di pubblica utilità. Anche in questo caso,  si impone una verifica dell’esclusività dello scopo istituzionale.

Caratteristica che, se accertata, rende, successivamente, superflua la verifica caso per caso delle finalità del singolo trasferimento.

Di contro tale verifica, caso per caso, si impone sempre allorché il soggetto non abbia come scopo esclusivo una delle finalità elencate.

Ancora secondo la Cassazione,  l’assunto del contribuente secondo cui dalla sua natura di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto deriverebbe necessariamente il perseguimento di uno scopo esclusivo di religione e di culto, equiparabile ai fini tributari a quello di beneficenza o di istruzione,  non trova alcuna giustificazione nella normativa che regola le attività degli enti ecclesiastici.

Normativa che prevede e disciplina espressamente la possibilità che tali enti svolgano anche attività diverse da quelle di religione o di culto.

Secondo il ricorrente invece l’equiparazione porterebbe di diritto a fruire della agevolazione dell’esenzione dell’imposta di successione.

La motivazione della sentenza

Nella motivazione della sentenza, è stata richiamata la legge n. 222 del 1985, contenente disposizioni sugli enti e sui beni ecclesiastici in Italia. Il riferimento specifico riguarda:

  • l’articolo 15, in base al quale gli enti ecclesiastici, se civilmente riconosciuti, possono, nel rispetto delle leggi sello Stato, svolgere liberamente attività diverse da quelle di religione o di culto
  • l’articolo 16, che considera attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero, e dei religiosi a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana. Sono considerate attività diverse da quelle religiose e di culto, quelle di assistenza e di beneficenza, istruzione, educazione, cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro.

Conclusioni

Sulla base delle normativa richiamata, potendo un ente ecclesiastico svolgere una molteplicità di attività, il regime tributario in concreto applicabile non può essere determinato sulla base della natura ecclesiastica del soggetto, bensì tenendo conto dell’attività in concreto esercitata dallo stesso (elemento oggettivo), che può o meno coincidere con il fine dichiarato nell’atto costitutivo. Nei fatti l’ente non rispetta il requisito dell’esclusività dello svolgimento di  attività finalizzate all’assistenza, allo studio, alla ricerca scientifica ecc. Esclusività richiesta dal suddetto comma 1 dell’art.3 sopra trattato.

Ciò non esclude che l’esenzione possa comunque essere ottenuta, ma solo in presenza dei presupposti di cui al comma 2; quindi a condizione che il trasferimento sia avvenuto per una delle finalità agevolate, di cui al comma 1.

Da qui, l’ente avrebbe dovuto dimostrare che il trasferimento gratuito era stato disposto per perseguire una delle finalità di:

  1. assistenza,
  2. studio,
  3. ricerca scientifica,
  4. educazione,
  5. istruzione,
  6. altre finalità di pubblica utilità;

ma l’ente non ha mai fornito tale prova.

In considerazione di ciò, la Cassazione ha ritenuto legittima la ripresa a tassazione da parte dell’Agenzia delle entrate.

Pensione anticipata nel pubblico impiego: scivolo Brunetta. Nuova ipotesi allo studio del Governo

Pensione anticipata nel pubblico impiego: scivolo Brunetta. Nuova ipotesi allo studio del Governo

La pensione anticipata nella PA favorirebbe ricambio generazionale ed un più efficace funzionamento degli uffici. Ipotesi scivolo Brunetta.

Proprio negli ultimi giorni è stato firmato il cosiddetto “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, avente la finalità di potenziare tutto l’apparato della Pubblica amministrazione. In base alle ultime notizie, sta prendendo piede l’ipotesi di uno “scivolo”, per conseguire la pensione anticipata da parte dei dipendenti della PA soprannominato dalla stampa “Scivolo Brunetta”.

Non solo: alcune delle novità maggiormente degne di nota, riguardanti l’accordo tra parti sociali ed Esecutivo Draghi hanno a che fare con l’individuazione di regole più puntuali e di dettaglio in tema di smart working, che va disciplinato per via contrattuale; il rinnovo del contratto, con un incremento pari a 107 euro in busta paga per il pubblico impiego; e – come accennato – la pensione anticipata ed incentivata per i dipendenti statali e per tutti quelli della PA. Di seguito, vediamo più da vicino proprio quest’ultima novità.

Pensione anticipata nella PA: l’ipotesi scivolo si fa sempre più concreta

Ci si domanda ciò che succederà dopo l’addio a quota 100, a partire da inizio 2022. Ebbene, il citato “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, che dispone il compromesso fra governo e parti sociali per modernizzare e migliorare i servizi della PA, attraverso la semplificazione degli iter amministrativi e un nuovo maxi-investimento nel capitale umano, avrà come punto centrale anche la pensione anticipata nel pubblico impiego.

Si tratta di dettagliare un vero e proprio piano per la pensione anticipata che favorisca il ricambio generazionale. La necessità di attuarlo pare ormai non più rinviabile, anche in considerazione del fatto che il prossimo anno, per la prima volta nella storia della  pubblico impiego, si stima che ci saranno più pensionati ex dipendenti pubblici – ossia circa 3 milioni – che dipendenti pubblici attivi. Un dato assai significativo, e che fa riflettere.

Ecco perchè, appare del tutto condivisibile l’obiettivo di facilitare l’ingresso nella pubblica amministrazione di lavoratori giovani, al posto dei dipendenti ormai prossimi o vicini alla pensione. Si fa largo dunque l’ipotesi scivolo incentivato, così come delineato – per linee generali – da Renato Brunetta, ministro per la PA del Governo Draghi.

Pensione a 62 anni come pilastro della riforma del pubblico impiego

Il progetto è dunque quello di favorire l’uscita dal mondo del lavoro da parte dei dipendenti pubblici, che potrebbero andare in pensione a 62 anni. Ciò è da considerarsi un pilastro della riforma della PA, concepita dal ministro Brunetta, insieme a fattori come la progressiva digitalizzazione; lo snellimento delle procedure burocratiche e una migliore e sempre più aggiornata formazione del capitale umano impiegato in ufficio.

In buona sostanza, secondo l’ipotesi lanciata da Brunetta, i dipendenti pubblici potrebbero lasciare il lavoro e andare in pensione a 62 anni. Non deve assolutamente stupire questo disegno, giacchè l’età media dei dipendenti pubblici è un record tutto italiano. Essa è infatti pari a 53,5 anni, in un contesto in cui milioni di giovani sono disoccupati o hanno perso il lavoro causa pandemia. Urge insomma favorire il turnover tra generazioni.

Si sta lavorando alla possibilità di mettere in atto un meccanismo volontario di incentivi all’esodo, destinato a tutti  i lavoratori del settore pubblico, ormai prossimi all’età pensionabile. Non soltanto: per favorire il ricorso alla pensione anticipata, andrebbero incentivati anche i lavoratori del pubblico impiego con professionalità non più in linea con il nuovo modello di amministrazione statale e locale, più snella; tecnologica e, ove possibile, sburocratizzata.

Incentivo all’esodo: in che modo?

In effetti, se è vero che è necessario un un ricambio generazionale di grande impatto, è altrettanto vero che dovranno essere individuate tutte concrete modalità attuative per il pensionamento anticipato, magari proprio a 62 anni. Tuttavia, al momento Brunetta ha evidenziato l’importanza dell’incentivo, ma non ha ancora specificato come di fatto concretizzarlo.

In vista del termine di quota 100 il 31 dicembre 2021, l’Esecutivo dovrà considerare una riforma complessiva del sistema pensionistico, che consenta di evitare il temuto scalone con i requisiti di vecchiaia (67 anni di età). In questi giorni, circola l’ipotesi di conservare il requisito anagrafico di quota 100, ossia i 62 anni, ma introducendo una penalizzazione nell’assegno mensile. Infatti, sarebbe impensabile favorire la pensione anticipata nel pubblico impiego, senza soldi sufficienti per le coperture.

Pensione anticipata solo con il sistema contributivo

In considerazione dell’altissimo debito pubblico che c’è in Italia, occorre rivedere il sistema pensionistico ma con numerosi ‘tagli‘. Occorre mettere in atto, dunque, un adeguato meccanismo di ‘contrappesi’ tra entrate ed uscite.

Per questo motivo si fa sempre più largo l’idea di concedere il prepensionamento nel pubblico impiego a 62 anni; ma vedendosi attribuire un assegno mensile, calcolato con il mero sistema contributivo (come per l’opzione donna).  E’ ben noto che l’adozione di quest’ultimo per il pensionato, sarebbe assai meno remunerativa del sistema attuale, che in molti casi è ‘misto’ e comporta il calcolo della pensione col sistema retributivo soltanto per gli anni di contributi pagati prima del 1996.

Scivolo Brunetta: uscita incentivata per la pensione a 62 anni

Non è finita qui, giacchè il ministro Brunetta starebbe articolando anche una ulteriore ipotesi. Ossia la possibilità di uno “scivolo” per andare in pensione a 62 anni, tramite un incentivo volontario all’esodo. Il piano in questione dovrebbe trovare l’appoggio finanziario delle risorse per il Recovery Plan.

Ecco perchè appare essenziale farsi trovare pronti a Bruxelles con un piano nazionale di riforme dettagliato ed attuabile nel breve termine. Ed in detto piano grande spazio deve avere anche la revisione del sistema pensionistico del pubblico impiego.

In dette circostanze, non sarebbero in gioco penalizzazioni di alcun tipo ed, anzi, la pensione sarebbe quantificata con le regole attuali. Pare però già certo che in questo sistema non sarebbero inclusi tutti i lavoratori del pubblico impiego. Sarebbero infatti comprese soltanto alcune categorie meritevoli e figure esposte più di altre a problemi di salute e sicurezza elevati (ad es. il personale scolastico). Ecco perchè il loro operato deve essere considerato tra i lavori gravosi e tutelato con un meccanismo di pensionamento più agevole e flessibile.

Superbonus 110%, FAQ ENEA: nuova nota di chiarimento sulle detrazioni fiscali

Superbonus 110%, FAQ ENEA: nuova nota di chiarimento sulle detrazioni fiscali

L’Enea rilascia una nota di chiarimento in merito alla Documentazione per il Superbonus 110%. Documento molto utile Insieme alle FAQ.

L’Enea chiarisce numerosi aspetti riguardanti il superbonus 110% previsto dal decreto Rilancio tramite apposite FAQ nell’area dedicata sul portale www.efficienzaenergetica.enea.it. Sono ancora tanti i dubbi che riguardano l’operativa dell’eco bonus 110, tuttavia l’Enea ha affrontato vari aspetti fra i quali: la spettanza del bonus per i lavori iniziati prima del 1° luglio; il superbonus per i condomini quale intervento trainato; l’esecuzione di più interventi secondari; il requisito della preesistenza di un impianto di riscaldamento invernale ovvero il rilascio dell’attestazione della prestazione energetica dell’edificio, APE.

Aggiornamento: in data 11 marzo l’ENEA ha rilasciato una Nota di chiarimento sul superbonus 110% denominata Documentazione per il SuperEcobonus (disponibile PDF a fondo pagina). Nel documento, reperibile dalla pagina Approfondimenti, nell’Area FAQ dedicate alla agevolazione fiscale, si chiarisce che nell’ambito della detrazione fiscale il computo metrico deve sempre accompagnare l’asseverazione; l’obbligo non è previsto esclusivamente se si tratta di Ecobonus ordinario con lavori iniziati prima del 6 ottobre 2020.

A tal proposito, si ricorda che, ai fini del super bonus 110, gli interventi di risparmio energetico devono assicurare all’edificio il miglioramento di due classi energetiche, rispetto a quella preesistente. Da qui, il tecnico abilitato che segue i lavori, deve redigere due attestati di prestazione energetica. Uno prima dell’inizio dei lavori, l’altro alla conclusione.

Superbonus 110%, FAQ ENEA

Ecco in chiaro i chiarimenti forniti nello specifico dall’Enea.

Super bonus 110% interventi trainanti e interventi trainati

Il D.L. 34/2020, c.d decreto Rilancio, con l’art.119, ha introdotto una detrazione rafforzata del 110% per gli interventi di risparmio energetico e riduzione del rischio sismico.

L’Agenzia delle entrate con la circolare n°24/e 2020 distingue tra interventi trainanti e interventi trainati.

I primi sono agevolati con il 110% indipendentemente dall’esecuzione di ulteriori interventi. Al contrario, quelli c.d trainati, per essere agevolati devono essere eseguiti insieme ad almeno di quelli trainanti.

Nello specifico, gli interventi devono essere effettuai sugli immobili destinati ad abitazione e non fa differenza se di tratta di 1° o di 2° casa. Le spese devono essere sostenute tra il 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2021.

Ad ogni modo, è possibile scaricare il 110% delle spese sostenute per i seguenti interventi (trainanti):

  1. interventi di isolamento termico sugli involucri degli edifici;
  2. sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni;
  3. sostituzione di impianti di climatizzazione invernale sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti;
  4. interventi antisismici.

Interventi trainati

Come anticipato sopra, il  super bonus al 110% spetta anche per altri interventi, se eseguiti insieme ad almeno uno di quelli sopra elencati. Il riferimento è ai già citati interventi “trainati”.

Sono considerati trainati i seguenti interventi:

  • gli interventi di efficentamento energetico;
  • l’installazione di impianti solari fotovoltaici;
  • l’installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici.

Il Superbonus spetta anche ai contribuenti forfetari (sconto o cessione).

Fatta tale ricostruzione, analizziamo le indicazioni dell’Enea.

Super bonus 110 interventi iniziati prima del 1° luglio

Ai fini del 110%, non rileva la data di esecuzione dei lavori ma quella di sostenimento delle spese ad essi collegati.

Dunque, la norma, in sostanza, non fa riferimento alla data di inizio dei lavori ma pone soltanto la condizione che la detrazione si applica alle spese sostenute a partire dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021.

Ad esempio, con lavori iniziati a giugno ma pagati a luglio 2020, non vi è alcun ostacolo al 110%. Naturalmente nel rispetto delle ulteriori condizioni previste dalla normativa.

Superbonus 110 condomini

Già da prima dell’introduzione del superbonus 110%, per le spese relative agli interventi su parti comuni di edifici condominiali ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3 finalizzati congiuntamente alla riduzione del rischio sismico e alla riqualificazione energetica, spetta una detrazione fino all’85% delle spese sostenute.

Stiamo parlando del c.d superbonus condomini, previsto all’art.14 del D.L. 63/2013, comma 2-quater.1.

E’ stato chiesto all’Enea se il superbonus condomini possa essere considerato quale intervento trainato ai fini del 110%.

Ebbene secondo l’Enea, l’intervento di efficienza energetica indicato nel citato comma 2. quater dell’articolo 14 interessa più del 25 % della superficie disperdente lorda delle parti comuni di un edificio condominiale ed ha pertanto, le caratteristiche dell’intervento trainante previsto dal comma 1 dell’art. 119. Anche gli interventi antisismici sono compresi ai sensi del comma 4 dell’art. 119 del “decreto rilancio” tra gli interventi trainanti.

Dunque, il superbonus condomini non è considerabile quale intervento trainato.

A dir la verità ciò si desumeva dalla normativa del 110% che non richiama tra gli interventi trainati il superbonus condomini.

Leggi anche: Bonus 110% villette a schiera: sì, ma a determinate condizioni

Esecuzione di più interventi trainanti

All’Enea è stato chiesto di sapere se sia possibile effettuare più intervento trainanti contemporaneamente.

Ad esempio oltre all’intervento di cappotto termico è possibile seguire interventi di riduzione del rischio sismico?

La risposta è affermativa. Difatti, come chiarito nella circolare dell’Agenzia delle entrate 8 agosto 2020, n. 24/E (cfr. paragrafo 4)

“Nel caso in cui sul medesimo immobile siano effettuati più interventi agevolabili, il limite massimo di spesa detraibile sarà costituito dalla somma degli importi previsti per ciascuno degli interventi realizzati.”

Requisito di preesistenza di un precedente impianto di riscaldamento

Per richiedere il 110% ma anche l’ecobonus ordinario, l’edificio oggetto di lavori deve essere già dotato di un impianto di riscaldamento funzionante.  Negli ambienti in cui si realizza l’intervento agevolabile. Questa condizione è richiesta:

  • per tutte le tipologie di interventi agevolabili,
  • ad eccezione dell’installazione dei collettori solari per produzione di acqua calda e dei generatori alimentati a biomassa e delle schermature solari.

Ad ogni modo, L’Enea ribadisce che il D.lgs. 48/2020 ha modificato l’art. 2, comma 1, lettera l- tricies del D.lgs. 192/05 che, attualmente, definisce impianto termico:

“impianto tecnologico fisso destinato ai servizi di climatizzazione invernale o estiva degli ambienti, con o senza produzione di acqua calda sanitaria, o destinato alla sola produzione di acqua calda sanitaria, indipendentemente dal vettore energetico utilizzato, comprendente eventuali sistemi di produzione, distribuzione, accumulo e utilizzazione del calore nonché gli organi di regolazione e controllo, eventualmente combinato con impianti di ventilazione. Non sono considerati impianti termici i sistemi dedicati esclusivamente alla produzione di acqua calda sanitaria al servizio di singole unità immobiliari ad uso residenziale ed assimilate”.

Ai fini della verifica della condizione richiesta per l’ecobonus e il Superbonus, l’impianto di climatizzazione invernale deve essere fisso. Può essere alimentato con qualsiasi vettore energetico e non ha limiti sulla potenza minima inferiore.

Ai medesimi fini, inoltre, l’impianto deve essere funzionante o riattivabile con un intervento di manutenzione, anche straordinaria.

In sintesi, è necessario che l’impianto di riscaldamento, funzionante o riattivabile, sia presente nell’immobile oggetto di intervento.

APE ante e post Intervento

Il 110% spetta se i lavori effettuati consentono il miglioramento di due classi energetiche dell’edificio ovvero, se non possibile, il conseguimento della classe energetica più alta.

Non possibile in quanto parte già da una classe energetica quasi massima.

Come è attestato il salto di classe energetica?

Con la redazione degli attestati di prestazione energetica (APE) ante e post operam.

Il direttore dei lavori e il progettista, possono firmare gli APE utilizzati solo ai fini delle detrazioni fiscali del 110% che non necessitano di deposito nel catasto degli impianti termici.

Con quale criterio, decreto 26/06/2015 o leggi regionali, devono essere determinate le classi energetiche?

Il criterio di classificazione energetica da usare è quello previsto dal decreto del Ministro dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, 26 giugno 2015, o il criterio previsto dalla corrispondente norma regionale a condizione che le regioni dichiarino che si ottengano le stesse classificazioni energetiche.

Nel caso di edifici unifamiliari, quali servizi energetici occorre prendere in considerazione per eseguire il confronto tra APE-pre e APE-post (Fonte FAQ Enea)?

Ai fini delle detrazioni fiscali del 110%, anche nel caso degli edifici unifamiliari, i servizi energetici da prendere in considerazione nell’APE-post per la verifica del conseguimento del miglioramento di due classi energetiche sono quelli presenti nella situazione ante intervento. Così come previsto per gli APE convenzionali rilasciati per gli edifici composti da più unità immobiliari.

Infine,  è utile  ricordare che tramite lo strumento dell’interpello all’Agenzia delle Entrate è possibile chiedere chiarimenti diretti all’Amministrazione finanziaria.

FAQ Enea Superbonus 110% + Nota ENEA 11/03/2021

Alleghiamo infine il file completo di tutte le FAQ in formato PDF.

Documentazione_SuperEcobonus2FAQ_SUPERBONUS_ENEA1

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della celebrazione della Giornata internazionale della Donna

 

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della celebrazione della Giornata internazionale della Donna

Palazzo del Quirinale, 08/03/2021

Rivolgo un saluto ai Presidenti del Senato, del Consiglio, della Corte Costituzionale, alla Vice Presidente della Camera, a chi ci segue da altre sale del Palazzo e da lontano.

 

È l’8 marzo.

 

Sharon,

Victoria,

Roberta,

 

Teodora,

Sonia,

Piera,

 

Luljeta,

Lidia,

Clara,

 

Deborah,

Rossella.

Sono state uccise undici donne, in Italia, nei primi due mesi di quest’anno.

Sono state uccise per mano di chi aveva fatto loro credere, di amarle. Per mano di chi, semmai, avrebbe dovuto dedicarsi alla vicendevole protezione.

Ora siamo di fronte a una dodicesima uccisione: quella di Ilenia.

L’anno passato le donne assassinate sono state settantatré.

È un fenomeno impressionante, che scuote e interroga la coscienza del nostro Paese.

Un distorto concetto del rapporto affettivo – che, non a caso, si trasforma in odio mortale – è alla base dei gravi e inaccettabili casi di femminicidio. Una mentalità che, al dunque, è soltanto possesso, bramosia, dominio e, in fin dei conti, disprezzo.

L’amore, quello autentico, si basa sul rispetto e sulla condivisione. Se si giunge a uccidere una donna è perché non si rispettano il suo desiderio di libertà e la sua autonomia. Perché ci si arroga il potere di non consentirne le scelte, i progetti, le aspirazioni.

A distanza di settantaquattro anni dall’approvazione della nostra Costituzione – che ha sancito, in via definitiva, l’eguaglianza e la parità tra tutte le persone, senza distinzioni – gli orribili casi di femminicidio – che reclamano giustizia – ci dicono che la legge, da sola, non basta. Che un principio deve essere affermato, ma va anche difeso, promosso e concretamente attuato.

Ringrazio chi stamani è intervenuto. Silvia Avallone, che ci ha offerto un originale e convincente punto di vista sulla questione femminile. La ministra della Famiglia e delle Pari opportunità, Elena Bonetti, per le sue parole, che attestano l’impegno delle istituzioni su temi così delicati e importanti per la nostra crescita, per quella della nostra comunità nazionale. Grazie a chi ha reso questa nostra cerimonia più intensa, con le parole e con la musica: le bravissime Matilde Gioli e Manuela Cricelli. Complimenti e grazie. Vorrei ringraziare anche Marta La Licata, autrice di questo significativo filmato di Rai Cultura, e Patrizia Cescon che ha curato la scenografia di questo incontro. Permettetemi anche di ringraziare il maestro Peppe Platani, unica persona di genere maschile in questa lista. Ci ha offerto la sua grande maestria.

Questo 8 marzo, purtroppo, si svolge ancora sotto il segno della pandemia, che ha appesantito la nostra esistenza, causando un numero senza precedenti di vittime e provocando immani problemi economici e sociali, e tanti altri problemi gravi di relazioni umane. Un fenomeno planetario imprevisto che ha messo a dura prova la capacità di resistenza dei cittadini e la stessa convivenza civile.

La diffusione del Covid, come sempre accade nei periodi difficili, ha colpito maggiormente le componenti più deboli ed esposte. Le donne tra queste.

Dal punto di vista occupazionale anzitutto. Secondo l’Istat abbiamo 440 mila lavoratrici in meno rispetto a dicembre 2020. Mentre sono a rischio un milione 300 mila posti di lavoro di donne che operano in settori particolarmente colpiti dalla crisi.

L’occupazione femminile è tornata indietro. Ai livelli del 2016, ben al di sotto del 50% raggiunto per la prima volta nel 2019. La causa principale è stata la crisi del settore dei servizi, nel quale lavora l’85% delle donne.

Non preoccupano soltanto i dati quantitativi. Peggiora la qualità del lavoro delle donne, con un picco di contratti part-time non volontari, con l’aumento dei lavori a tempo determinato e con una riduzione delle condizioni di conciliazione vita/lavoro.

La situazione femminile si fa critica anche dal punto di vista sanitario. L’Inail ha messo in luce, in un recente studio, che quasi il 70 per cento dei contagi denunciati sui posti di lavoro riguarda le donne.

Le categorie professionali più colpite come contagi per le donne riguardano soprattutto il settore sanitario.

È dunque doveroso che la Repubblica rivolga un pensiero di forte gratitudine e riconoscenza alle tante donne che ormai da un anno si stanno impegnando negli ospedali, nei laboratori, nelle zone rosse per contrastare la diffusione del coronavirus. Esse lavorano in condizioni difficili, con competenza e con abnegazione, con spirito di sacrificio e con la caratteristica capacità di sopportare grandi carichi di lavoro.

A loro, in special modo, desidero dedicare questa importante giornata.

L’8 marzo costituisce ogni anno un’occasione preziosa per fare il punto sulla condizione femminile, registrandone i progressi e ponendo in evidenza gli aspetti critici.

Poco più di sessanta anni fa una storica sentenza della Corte Costituzionale – la numero 33 del 1960 – ebbe a cancellare una legge anacronistica del 1919, allora ancora in vigore, che escludeva le donne da tutti gli incarichi pubblici.

Fu il ricorso di una donna tenace e coraggiosa – Rosa Oliva – a provocare la cancellazione di una norma ingiusta e discriminatoria, in palese contrasto con la Costituzione. In quanto donna era stata esclusa da un concorso per il Ministero dell’Interno.

Per sanare una ferita così grave sul piano dei diritti intervenne la Corte Costituzionale, non il Parlamento: una circostanza che fa riflettere e fa comprendere quanti ritardi e resistenze culturali abbiano costellato la via dell’effettiva parità.

Si era evidentemente affievolita la spinta che aveva condotto, nel gennaio 1945, ancor prima della Costituente, a disporre di chiamare al voto le donne. Come avvenne, in quasi tutti i comuni d’Italia, il 10 marzo di settantacinque anni fa.  

Molta strada si è fatta da quella sentenza storica. Oggi in alcuni ambiti del pubblico impiego si è verificato addirittura il sorpasso, e la percentuale di donne che vi lavorano è superiore a quella degli uomini.

In Magistratura ad esempio. Come proprio al Ministero dell’Interno. In realtà, non è sorprendente tenendo conto che nella popolazione italiana le donne sono in un numero sensibilmente superiore a quello degli uomini.

Se si guarda però ai livelli apicali la predominanza rimane ancora maschile. Così accade soprattutto ai vertici dei consigli di amministrazione di imprese e società pubbliche e private.      

La sola libertà di accesso agli impieghi pubblici e privati, infatti, non risolve interamente il problema dell’occupazione femminile, di fronte a una evidente disparità nella progressione di carriera e nella ingiustificabile differenza di retribuzione. Per non parlare delle discriminazioni sul posto di lavoro, in forme che talvolta rasentano la costrizione e la violenza.

Ho ricordato la persistenza dei gravissimi casi di femminicidio, di violenze e di abusi intollerabili. Allo stesso modo, va acceso un faro sulle forme – meno brutali, ma non per questo meno insidiose – della cosiddetta violenza economica, che esclude le donne dal controllo e dalla gestione del patrimonio comune o che obbliga la donna ad abbandonare il lavoro in coincidenza di gravidanze o di problemi familiari. Pensiamo all’odioso ma purtroppo diffuso fenomeno della firma delle dimissioni in bianco. Questioni gravi e dolorose, che incidono profondamente sulla vita delle donne. Questioni che richiedono, per essere risolte, il coinvolgimento attivo di tutti: uomini e donne, uniti, contro ogni forma di sopraffazione e di violenza, anche se larvata.

Tra i cosiddetti “esempi civili” che ho premiato l’anno scorso con l’onorificenza al merito della Repubblica c’è un imprenditore di Trieste. Avendo saputo che una sua dipendente precaria era incinta e temeva il licenziamento, l’ha assunta a tempo indeterminato e le ha anche assegnato un aumento di stipendio. Un gesto di grande significato.

Ma vorremmo, nel prossimo futuro, che questi gesti non fossero comportamenti eccezionali, da premiare, ma gesti normali, anche incoraggiati da una rimodulazione delle politiche sociali ed economiche.

Vanno incrementati gli sforzi per restituire dignità al lavoro delle donne e per far fronte alla crisi demografica. Calo demografico e carenza di occupazione femminile sono tra i fattori più rilevanti del rallentamento della crescita economica; e sono fra essi strettamente collegati.

Va ricordato, ancora una volta, che dove cresce il lavoro femminile, dove cresce la buona occupazione, anche la natalità è più elevata e i giovani ricevono una spinta positiva per i loro progetti di vita.

Politiche per la famiglia, sostegno alla maternità, potenziamento dei servizi, conciliazione con i tempi di lavoro e con quelli di cura rappresentano un elemento di fondamentale importanza per la crescita del nostro Paese.

Il tema dell’8 marzo di quest’anno “Con rispetto educando”, in qualche modo, riassume e contiene tutte le problematiche di cui oggi abbiamo trattato.

Perché disparità economiche, discriminazioni e violenze sono tutte figlie della stessa radice. Figlie di una mentalità dura a scomparire, che si annida anche nei luoghi più impensabili e tra le persone più insospettabili. Un’ottica antiquata, fuori dalla storia della civiltà, paralizzante che non conosce confini geografici, di censo, di livello di istruzione, e che fondamentalmente assegna alla donna un ruolo e una funzione di secondo piano. Un passo indietro. Sempre, ovunque e comunque.

Rispetto significa, innanzitutto, riconoscere all’altra persona, con le sue specificità, la stessa identica dignità che ognuno riconosce a se stesso, con eguali capacità, con eguali diritti. Educare al rispetto significa farne crescere una piena consapevolezza.

Il rispetto verso le donne conosce molte declinazioni. Sul piano del linguaggio, innanzitutto. Dobbiamo respingere le parole di supponenza, quando non di odio o di disprezzo verso le donne. Parole che generano e alimentano stereotipi e pregiudizi ottusi e selvaggi, determinando atteggiamenti e comportamenti inaccettabili.

Compromettere l’autonomia, l’autodeterminazione, la realizzazione di una donna esprime una fondamentale mancanza di rispetto verso il genere umano.

Il rispetto è alla base della democrazia e della civiltà del diritto, interno e internazionale. Per questo il rispetto delle donne è questione che attiene strettamente alla politica.

Rispettare si impara, o si dovrebbe apprendere, fin da piccoli. Sui banchi di scuola. In famiglia. Nei luoghi di lavoro e di svago.

La parità di genere non è quindi soltanto una grave questione economica e sociale. Ma è una grande questione culturale ed educativa.

Care amiche,

negli ultimi due secoli le donne sono state protagoniste di importanti rivoluzioni sociali e culturali, sono state – sovente e in diversi ambiti – i motori del cambiamento. Le donne hanno sempre aiutato a cogliere il valore universale e positivo della diversità, della solidarietà, della condivisione, della pace.

Rispettare e ascoltare le donne vuol dire lavorare per rendere migliore la nostra società.

Grazie e buon otto marzo.

Certificazione Unica 2021: il servizio è online

Certificazione Unica 2021: il servizio è online

La Certificazione Unica ( CU) 2021, relativa ai redditi percepiti nel 2020, è disponibile per chi ha INPS come sostituto di imposta.

L’Istituto, per agevolare il più possibile i servizi a distanza, mette a disposizione di tutti gli utenti diverse modalità alternative per acquisire la CU 2021 come illustrato nella circolare INPS 15 marzo 2021, n. 44:

  • il servizio online dedicato, accedendo con le proprie credenziali (SPID,CIE, CNS o PIN). Il servizio consente di visualizzare, scaricare e stampare il modello della CU 2021, necessario per la presentazione della dichiarazione dei redditi. I pensionati possono utilizzare anche il servizio Cedolino della pensione. Le certificazioni relative agli anni precedenti possono essere consultate e scaricate, invece, tramite il servizio Fascicolo previdenziale del cittadino;
  • l’app INPS Mobile da smartphone o tablet, disponibile per dispositivi Android e Apple iOS, accedendo con le proprie credenziali;
  • il servizio di richiesta della CU in formato elettronico all’indirizzo richiestacertificazioneunica@postacert.inps.gov.it per i soggetti titolari di PEC;
  • dal 30 marzo il servizio di richiesta di spedizione al proprio domicilio della CU all’indirizzo richiestacertificazioneunica@inps.it per i soggetti titolari di mail ordinaria;
  • il numero verde 800 434 320, sia da rete fissa che mobile, servizio con risponditore automatico, per richiedere la Certificazione Unica che sarà inviata al domicilio di residenza;
  • il Contact center INPS al numero verde 803 164 da rete fissa o 06 164 164 da rete mobile (con costi varabili in base al piano tariffario applicato dal gestore telefonico del chiamante), servizio con operatore, per richiedere la Certificazione Unica che sarà inviata al domicilio di residenza;
  • per i pensionati residenti all’estero il numero (+39) 06 164164 (abilitato alle chiamate da rete mobile), servizio con operatore attivo dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 20 (ora italiana) ed il sabato dalle 8 alle 14 (ora italiana).

Gli utenti già registrati per l’utilizzo dei servizi online dell’INPS potranno ricevere ai contatti associati al proprio profilo utente (email, SMS, PEC) le informazioni sulla disponibilità della Certificazione Unica.

Per i cittadini di oltre 75 anni titolari di indennità di accompagnamento, speciale o di comunicazione, è stato attivato il servizio “Sportello Mobile” che prevede l’invio di un’apposita comunicazione, con i recapiti telefonici di un operatore della sede territorialmente competente, per richiedere la spedizione della Certificazione Unica al proprio domicilio.

La Certificazione Unica può essere richiesta anche da persona delegata o dagli eredi del titolare deceduto. Nel primo caso, oltre alla delega che autorizza l’INPS al rilascio della certificazione, sono necessarie le copie dei documenti di riconoscimento dell’interessato e del delegato. L’erede deve, invece, presentare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e copia del proprio documento di riconoscimento. Si ricorda che non è necessario disporre della CU nei seguenti casi:

  • per la presentazione del 730 precompilato, in quanto i dati della CU INPS sono già precaricati nel sistema dell’Agenzia delle Entrate;
  • per la presentazione del 730 tramite un CAF o un professionista abilitato, poiché, tramite apposita delega da parte dell’interessato, possono prelevare la CU direttamente dal sito dell’INPS.

Per le principali esigenze, come ad esempio quelle relative ai pagamenti e lo stato di una domanda già presentata all’INPS, si ricorda che sono disponibili i numerosi servizi online del portale istituzionale e quelli all’interno dell’app INPS Mobile, per smartphone e tablet Android e Apple iOS.

Il Contact center INPS, inoltre, è sempre a disposizione per fornire supporto e assistenza agli utenti, con servizio operatori attivo dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 20 e il sabato dalle 8 alle 14.

Osservatorio Reddito/Pensione

Osservatorio Reddito/Pensione Cittadinanza e REM: i dati di marzo 2021

È stato pubblicato l’Osservatorio su Reddito e Pensione di Cittadinanza con i dati aggiornati a marzo 2021, relativi ai nuclei percettori di:

  • Reddito e Pensione di Cittadinanza per il periodo aprile 2019 – febbraio 2021;
  • Reddito di Emergenza (articolo 82, decreto-legge 34/2020) per il periodo maggio 2020 – agosto 2020;
  • Reddito di Emergenza (articolo 23, decreto-legge 104/2020 e articolo 14, comma 1, decreto-legge 137/2020) per il periodo settembre 2020 – dicembre 2020;
  • Reddito di Emergenza (articolo 14, comma 2, decreto-legge 137/2020) per il periodo novembre-dicembre 2020.

A febbraio 2021 hanno presentato una domanda di Reddito/Pensione di Cittadinanza all’INPS 379.060 nuclei familiari. Il numero di quelli residenti nelle regioni del Sud e delle Isole ammonta a 222.607, seguito da quello dei nuclei residenti nelle regioni del Nord, pari a 93.199, e da quello dei residenti nel Centro, pari a 63.254.

Nei primi due mesi del 2021 hanno percepito il Reddito di Cittadinanza 1.240.797 nuclei familiari, con 2.985.098 persone coinvolte e un importo medio a nucleo pari a 582,42 euro. I nuclei percettori di Pensione di Cittadinanza sono stati invece 135.287, con 153.361 persone coinvolte e un importo medio di 271,49 euro.

Per quanto riguarda il Reddito di Emergenza ai sensi dell’articolo 82, decreto-legge 34/2020, risultano aver fatto domanda 599.964 nuclei: 292.134 domande sono state accolte, 306.282 sono state respinte, mentre 1.548 sono in attesa di definizione.

Per il Reddito di Emergenza ai sensi dell’articolo 23, decreto-legge 104/2020 e dell’articolo 14, comma 1, decreto-legge 137/2020, risultano aver fatto domanda 435.518 nuclei: 254.688 domande sono state accolte, 178.243 sono state respinte, mentre 2.587 sono in attesa di definizione.

Per il Reddito di Emergenza ai sensi dell’articolo 14, comma 2, decreto-legge 137/2020, risultano aver fatto domanda 248.777 nuclei: 81.420 domande sono state accolte, 162.920 sono state respinte, mentre 4.437 sono in attesa di definizione.

La distribuzione geografica delle domande pervenute rispecchia quella già osservata per il Reddito di Cittadinanza: maggiore concentrazione nelle regioni del Sud e delle Isole, a seguire le regioni del Nord e infine quelle del Centro.

Domande CIGO Covid

Dal 18 marzo prendono il via, all’INPS, i nuovi meccanismi di automazione dei procedimenti per le domande di autorizzazione della Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) con causale “Covid-19”. L’obiettivo è quello di migliorare i tempi, l’accuratezza delle valutazioni e il tracciamento dei controlli di quella che rappresenta la fase 1 della CIGO, ovvero quella delle domande di prenotazione da parte delle aziende e dell’autorizzazione necessaria ai successivi pagamenti.

Le innovazioni tecnologiche introdotte consentiranno una più efficace istruttoria delle domande di autorizzazione presentate dalle aziende e, di conseguenza, maggiore tempestività nei pagamenti della prestazione ai lavoratori. Al contempo, gli interventi procedurali limiteranno i rischi di errore, perché i requisiti saranno verificati con riscontri automatici rispetto alle informazioni presenti nelle banche dati dell’Istituto e richiameranno l’intervento degli operatori solo se effettivamente necessario per risolvere particolari criticità.

“Da tempo stiamo portando avanti un complesso percorso per elevare la qualità dei servizi e rispondere alle urgenti necessità dei cittadini – spiega il Presidente INPS Pasquale Tridico – con particolare attenzione sulla Cassa Integrazione, per la quale sono in arrivo diverse innovazioni impostate negli scorsi mesi, tra cui notevoli semplificazioni per la richiesta dei pagamenti, ovvero la fase successiva a quella delle autorizzazioni”.

“L’innovazione continua è parte integrante del costante impegno dell’Istituto per migliorare l’efficacia di una mole di prestazioni mai affrontata prima – aggiunge Tridico – pur con le stesse risorse e gli stessi dipendenti, in un’ottica di collaborazione con l’utenza e di evoluzione digitale del Paese”.

In particolare, il sistema automatizzato per le autorizzazioni prende in considerazione tutte le domande con causale “Covid-19” escluse quelle relative a “Sospensione CIGS”, che necessitano di essere verificate direttamente dalla sede INPS locale, e riguarda le cinque fasi della gestione delle domande CIGO Covid-19:

  • caricamento domande telematiche su Sistema Unico;
  • caricamento domande da Sistema Unico nella procedura “Nuova istruttoria CIGO”;
  • esecuzione controlli di preistruttoria;
  • esecuzione controlli di istruttoria;
  • definizione delle domande validate.

La nuova procedura automatizzata per le autorizzazioni di CIGO, già testata con successo presso alcune sedi dell’Istituto, nel corso dei prossimi giorni sarà rilasciata in via definitiva per essere utilizzata dagli uffici INPS su tutto il territorio.