Archivi giornalieri: 21 marzo 2021

Pensioni 2022: nuove misure in arrivo? Ecco cosa potrebbe accadere

Pensioni 2022: nuove misure in arrivo? Ecco cosa potrebbe accadere


Per il post quota 100 dal 2022 potrebbero essere introdotte nuove misure, in uno scenario che però non sembra roseo per i futuri pensionati

Per il post quota 100 dal 2022 potrebbero essere introdotte nuove misure, in uno scenario che però non sembra roseo per i futuri pensionati

Quota 100 terminerà il suo periodo di funzionamento il 31 dicembre 2021. Questo significa che scomparirà dal 1° gennaio 2022 un canale di uscita per i lavoratori.

Sarà anche una misura che non ha risolto gli annosi problemi del sistema previdenziale, sarà una misura che, numeri alla mano non ha mandato in pensione tutte le persone di cui si parlava inizialmente, fatto sta che si tratta comunque di un canale di uscita che sparendo, lascerà un vuoto.

E non è cosa da poco se si pensa che senza la quota 100, unica misura aperta alla generalità dei lavoratori, resterebbero in vigore solo pensione anticipata e pensione di vecchiaia oltre a piccoli canali di uscita destinati però a determinate platee di lavoratori.

E allora occorre intervenire, con misure nuove per evitare il formarsi di uno scalone tra gli ultimi usciti con la quota 100 e i primi esclusi. Non sarà una riproposizione della questione esodati lasciata in campo dalla riforma Fornero, ma resta sempre un problema piuttosto gravoso e da risolvere.

Pensioni: le proposte di intervento sono molteplici

Il governo deve operare una riforma delle pensioni che è tutt’altro che semplice da approntare. Le nuove misure devono fare i conti pure con le rigide regole della UE in materia di spesa pubblica. Regole di Bruxelles che sono diventate ancora di più un obbligo da rispettare dal momento che l’Italia pende dalla UE in materia di Recovery Plan.

Infatti occorre fare bene i «compiti a casa» se si vuole sfruttare lo strumento di aiuto agli Stati membri vessati dalla pandemia, di cui l’Italia è lo Stato più indennizzato. E allora ecco che il governo deve navigare in acque agitate, tra lavoratori e sindacati che chiedono interventi favorevoli alle uscite anticipate e tecnici europei ed italiani che spingono alla parsimonia.

Una cosa certa è che alla UE la riforma Fornero non è dispiaciuta, anzi, per il post quota 100 viene suggerito all’Italia di riadottare in pieno ciò che nel 2011 stabilì il governo Monti.

Al più si ragione su una quota 102, alzando a 64 anni l’età pensionabile che per la quota 100 era a 62 anni, lasciando inalterato il requisito contributivo dei 38 anni. Lo scalone di 5 anni tra i 67 anni di età della pensione di vecchiaia e i 62 della pensione con quota 100 verrebbe assottigliato a 2 anni, cioè dai 62 di quota 100 ai 64 di quota 102.

Ma poi entrerebbero in scena alcune variazioni sul tema, come il prevedere una penalizzazione per anno di anticipo che graverebbe sui lavoratori che sceglierebbero la quota 102, lasciando il 2 o il 3% annuo di assegno per ogni anno di uscita prima dei 67 anni. Una penalizzazione che con quota 100 non esisteva. Una penalizzazione votata al risparmio sulla spesa pubblica.

Riforma pensioni: le proposte dei sindacati

Ed in questo scenario di difficoltà ad operare che i sindacati hanno rilanciato alcune proposte. La famosa quota 41 per tutti resta sempre un argomento caldo, ma pare che qualcuno stia iniziando a capire che così come veniva pensata, cioè come nuova pensione anticipata e basta, non può essere prodotta sia per gli alti costi che per non fare un torto a Bruxelles.

Per esempio anche Salvini e la Lega, che in quota 41 per tutti vedevano il giusto proseguimento di quota 100, sembra siano in linea con il prevedere penalizzazioni di assegno o come taglio in base all’uscita o come ricalcolo contributivo della pensione.

Tra l’altro la quota 41 è inserita in un recente disegno di legge leghista già depositato ed ha fatto già discutere proprio per le penalizzazioni di assegno a cui i lavoratori dovrebbero sottostare con la nuova ipotetica misura.

Tornando ai rappresentanti sindacali invece, le proposte pervenute sono sempre quelle votate alla flessibilità in uscita. E per dare forza alle proposte le parti sociali hanno chiesto u incontro con il Ministro Orlando.

I punti cardine di una riforma delle pensioni secondo i sindacati restano sempre quelli della flessibilità in uscita, del riconoscimento dei lavori gravosi, del riconoscimento del lavoro di cura, della pensione di garanzia giovani e del potenziamento della previdenza complementare.

L’idea sostanzialmente verte su una flessibilità da garantire già a 62 anni con 20 anni di contributi. Pensione però calcolata con il sistema contributivo in modo tale da non gravare sulle casse pubbliche in maniera pesante nel lungo termine.

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