Archivi giornalieri: 15 marzo 2021

Quota 100

Il “trucco” per usare Quota 100 anche quando non ci sarà più

Attenzione alle scadenze e ai requisiti: come “congelare” tutto e usare la riforma anche dopo il 31 dicembre. Cosa fare

Il 31 dicembre 2021 scadranno i termini per usufruire di “Quota 100“, la possibilità di andare in pensione con 62 anni e 38 anni di contributi.

Ci saranno delle proroghe o cambierà tutto?

Cosa dice la legge

L’articolo 14 del Dl n. 4/2019 diventata la legge num. 26/2019 aveva introdotto, per il triennio 2019/2021, la possibilità di andare in pensione con i requisiti sopra descritti ed è valida per tutti i lavoratori assicurati all’Inps. La cosa importante è che lo stesso articolo 14 dispone espressamente che, il diritto acquisito entro il 31 dicembre 2021, possa essere esercitato anche successivamente alla predetta data per il cosidetto “principio della cristallizzazione del diritto a pensione“. Come riportato da pensionioggi, ciò significa che il lavoratore che abbia raggiunto i requisiti anagrafici e contributivi potrà scegliere di andare in pensione anche successivamente ma senza perdere questa possibilità.

Per fare un esempio, se un lavoratore del settore privato raggiungerà i 62 anni e 38 di contributi il 15 dicembre 2021, se si considera il meccanismo di differimento nella percezione del primo rateo pensionistico, la decorrenza della pensione è prevista per il 1° aprile 2022. Il lavoratore, quindi, potrà decidere liberamente di pensionarsi il 1° aprile 2022 oppure può attendere ancora, ad esempio il 2023 o il 2024, per avere in questo modo una pensione più elevata. Questo diritto è “cristallizzato“, quindi congelato, perché prescinde da un’eventuale proroga o meno di “Quota 100” ed è al sicuro anche da meccanismi di calcolo penalizzanti a cui potrebbe essere legata la proroga della sperimentazione.

Semaforo rosso su Quota 100. Quanto perde chi lascia tutto

L’ipotesi “Quota 92”

Dopo aver fatto chiarezza, la domanda è cosa ci aspetta dopo “Quota 100”: sul nostro giornale (clicca qui per il pezzo completo) ci siamo recentemente occupati di quello che chiede l’Unione Europea, cioè dare piena attuazione alla legge Fornero che prevede un’uscita soltanto dopo i 67 anni. È stato l’intervento di “Quota 100” che ha permesso a diversi lavoratori di lasciare il lavoro in anticipo con 38 anni di contributi e 62 di età. Di fatto, le raccomandazioni di Bruxelles sono legate inevitabilmente al Recovery Fund. Per questo motivo, non è da escludere un intervento sulla “difensiva” da parte dell’esecutivo con una chiusura delle porte d’accesso alla pensione anticipata. “Allo scadere di Quota 100, introduciamo Quota 92 (30 anni di contributi e 62 d età) che aiuti donne e lavoratori impegnati in lavori usuranti. Diamo maggiori garanzie ai giovani. Anche così si esce dalla crisi“, ha affermato il capogruppo Dem, Graziano Delrio, il quale vorrebbe una profonda revisione del sistema previdenziale che però permetterebbe l’uscita anticipata soltanto ad una categoria limitata di lavoratori: da un lato le donne (che godono già dell’opzione donna) e dall’altro coloro che svolgono lavori usuranti.

Ma c’è anche un altro punto da sottolineare: quanto si perderebbe sull’assegno uscendo di scena con “soli” 30 anni di contributi? È facile immaginare che l’importo del rateo della pensione potrebbe far registrare un ammanco notevole. Un’altra ipotesi è “Quota 102“, che prevede un’uscita dal lavoro a 64 anni con 38 anni di contributi versati. Si tratta, però, soltanto di ipotesi: il nuovo piano previdenziale annunciato dal ministro Brunetta prevede, per i soli dipendenti pubblici, uno scivolo di 5 anni. Ricordiamo che con “Quota 100” si può perdere dal 5,6% nel caso in cui l’uscita dal lavoro si anticipi di un anno, fino al 34,7% in caso di uscita 6 anni prima. Con “Quota 100” il conto è già salato, con “Quota 92” lo scippo sull’importo potrebbe essere ancora più pesante.

Dichiarazione dei redditi 2021: calendario aggiornato delle principali scadenze fiscali

Dichiarazione dei redditi 2021: calendario aggiornato delle principali scadenze fiscali

Il calendario delle scadenze fiscali per la dichiarazione dei redditi 2021 aggiornato con le proroghe del MEF del 13 marzo. I dettagli.

Il 2021 è fitto di scadenze fiscali legati alle dichiarazione dei redditi, ovvero agli obblighi dichiarativi e non, a partire dalla certificazione unica che deve essere trasmessa all’Agenzia delle entrate e consegnata ai percipienti entro il 16 marzo 31 marzo (data aggiornata) fino ad arrivare al modello Redditi da inviare entro il prossimo 30 novembre. Salvo proroghe legate al protrarsi dell’emergenza covid-19.

In tale intervallo di tempo si possono individuare anche altre scadenze, in primis quella del modello 73o precompilato e ordinario, o il 770 da trasmettere all’Agenzia delle entrate entro il 2° novembre 2021.

Vediamo un calendario aggiornato con le principali scadenze fiscali legate alle dichiarazioni dei redditi 2021 per lavoratori, pensionati, autonomi, professionisti e imprese.

Scadenze della certificazione Unica 2021

La CU/2021 deve essere trasmessa in via telematica dal sostituto d’imposta (anche tramite intermediario) all’Agenzia delle Entrate, entro il prossimo 31 marzo 2021. Questa la nuova data aggiornata dopo la proroga comunicata dal MEF.

Leggi anche: proroga certificazione Unica 2021

Tale termine deve essere rispettato solo per le C.U. che riportano redditi che sono dichiarabili con la dichiarazione precompilata. Questo perché, come vedremo a breve, la precompilata sarà messa a disposizione del contribuente entro il prossimo 10 maggio (in precedenza era il 30 aprile).

Infatti, per le certificazioni uniche contenenti esclusivamente redditi esenti o non dichiarabili mediante la dichiarazione precompilata, l’invio all’Agenzia delle Entrate può avvenire  entro il termine di presentazione del Modello 770.  Dunque entro il 31 ottobre che però per il 2021, slitta al 2 novembre, essendo il 31 ottobre ed il 1° novembre giorni festivi.

La consegna della Certificazione Unica al lavoratore deve avvenire entro la data del 31 marzo. La Certificazione unica va rilasciata al percettore delle somme, utilizzando il modello “sintetico“.

Attenzione agli aspetti sanzionatori:

  1. l’omesso-tardivo o errato invio della C.U. all’Agenzia delle entrate è punito, per ogni C.U., con la sanzione  di cento euro  con un massimo di euro 50.000 per sostituto di imposta;
  2. la mancata consegna della stessa invece sconta la sanzione da 250 a 2.000 euro.

Sul punto 1, nei casi di errata trasmissione della certificazione, la sanzione non si applica se la trasmissione della corretta certificazione è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza indicata nel primo periodo. Se la certificazione è correttamente trasmessa entro sessanta giorni dal termine ordinario, la sanzione è ridotta a un terzo, con un massimo di euro 20.000.

Leggi anche: sanzioni Certificazione Unica

730 precompilato 2021: si parte dal 10 maggio, invio al 30 settembre

Entro il prossimo 10 maggio (prorogata la scadenza che prima era fissata al 30 aprile) l’Agenzia delle entrate metterà a disposizione dei contribuenti il 730 precompilato. Nel 730 sono presenti tutti i redditi dichiarabili  con il 730 (ad esempio lavoro dipendente) conseguiti nel corso dell’anno dai contribuenti nonchè gli oneri detraibili e deducibili dagli stessi pagati nell’anno oggetto di dichiarazione. Il fisco ne è a conoscenza in primis con le certificazioni uniche inviate dai sostituti d’imposta nonchè grazie alle comunicazioni effettuate da soggetti terzi quali operatori sanitari, banche, assicurazioni, università imprese funebri ecc.

L’invio della precompilata deve avvenire entro il prossimo 30 settembre. La stessa scadenza vale per il 730 ordinario.

Anche gli eredi del de cui su possono ricorrere al 730 ordinario/precompilato.

Per la dichiarazione dei redditi relative all’anno d’imposta 2020 delle persone decedute nel 2020 o entro il 30 settembre 2021.

Attenzione: gli eredi possono presentare il 730 solo al Caf o professionista abilitato o provvedere direttamente all’invio  telematico all’Agenzia delle entrate. Non può essere consegnato né al sostituto d’imposta della persona fisica deceduta né al sostituto d’imposta dell’erede.

Per le persone decedute successivamente al 30 settembre 2021, la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2020 può essere presentata utilizzando esclusivamente il modello Redditi.

Modello 770/2021

Il Mod. 770 deve essere utilizzato dai sostituti d’imposta, per comunicare in via telematica all’Agenzia delle Entrate i dati fiscali relativi alle ritenute operate nell’anno 2020, i relativi versamenti e le eventuali compensazioni effettuate.

Ancora, deve essere inoltre utilizzato dagli intermediari e dagli altri soggetti che intervengono in operazioni fiscalmente rilevanti, tenuti, a comunicare i dati relativi alle ritenute operate su dividendi, proventi da partecipazione, redditi di capitale erogati nell’anno 2020 od operazioni di natura finanziaria effettuate nello stesso periodo. I relativi versamenti e le eventuali compensazioni operate ed i crediti d’imposta utilizzati.

Anche le ritenute operate sulle locazioni brevi passano dal 770. Infatti, gli intermediari immobilairi tramite i quali sono conclusi i contratti di locazione breve (ad esempio AIRBNB) applicano un a ritenuta del 21% a titolo di cedolare secca. La ritenuta è titolo di imposta se il contribuente nella dichiarazione dei redditi conferma la scelta per la cedolare secca. In caso contrario la ritenuta è un acconto dell’imposta ordinaria che poi verserà il contribuente.

La trasmissione telematica deve essere effettuata entro il 31 ottobre. Cadendo di domenica, per il 2021 la scadenza è spostata a giorno 2 novembre. Infatti i termini che scadono di sabato o in un giorno festivo sono prorogati al primo giorno feriale successivo.

Il modello Redditi

Il modello Redditi deve essere presentato entro il 30 novembre 2021. Per il 2020 la scadenza è stata prorogata al 10 dicembre. Considerato il protrarsi dell’emergenza covid-19. E’ sempre possibile provvedere all’invio entro i 90 giorni successivi al termine ordinario. In sostanza è valida la dichiarazione tardiva ossia presentata entro i 90 giorni dal termine ordinario.

Oltre a presentare la dichiarazione tardiva dobbiamo versare anche un sanzione di 25 euro. In tale caso compileremo il modello F24 riportando anche il codice tributo 8911.

L’invio del modello redditi può essere effettuato direttamente o tramite gli intermediari abiliatati:

  • iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
  • iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli dei periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria;
  • gli avvocati;
  • iscritti nel registro dei revisori contabili di cui al D.Lgs. 21 gennaio 1992, n. 88;
  • Caf – dipendenti;
  • Caf – imprese
  • ecc.

Trascorsi i 90 giorni dal termine ordinario di presentazione la dichiarazione sarà considerata omessa.

Congedo papà 2021: quanto dura e come richiederlo. Pronta la Circolare INPS

Cambia per il 2021 il numero dei giorni di congedo di paternità obbligatorio. La novità è contenuta nella Legge di Bilancio 2021 (L. n. 178/2020) che, oltre le misure in ambito fiscale e bonus economici erogati a causa della crisi economica dettata dal Covid-19, contiene anche una serie di interventi in favore delle famiglie fra cui i permessi per nascita figlio. Infatti nell’ultima Manovra, particolare attenzione è stata dedicata alla genitorialità e a favorire la correlazione famiglia-lavoro. A tal fine, infatti, il Governo è intervenuto nuovamente sul congedo obbligatorio per il padre prorogando tale misura e aumentando, per quest’anno, nuovamente i giorni di congedo a disposizione. Inoltre ha ampliato la tutela del congedo prevedendone la fruizione anche nel caso di morte perinatale del figlio.

Aggiorniamo questa guida in quanto, con la Circolare 42 dell’11 marzo, l’INPS recepisce le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2021 in tema di congedo di paternità obbligatorio e fornisce le relative istruzioni in materia.

Vediamo quindi in dettaglio quanto dura il congedo obbligatorio padre, entro quando fruirlo e come richiederlo.

Congedo papà obbligatorio per il 2021: quanto dura

Si ricorda, al riguardo, che il congedo obbligatorio padre è stato introdotto fra i permessi per nascita figlio dalla Riforma Fornero (L. n. 92/2012). Inizialmente la norma ha disposto l’obbligo per i neo papà di assentarsi per un massimo di due giorni.

Tale istituto, però, ha subito nel corso degli anni importanti modifiche: una su tutte la L. n. 232/2016, che ha portato – a decorrere dal 1° gennaio 2017 – il numero di giorni di congedo da 2 a 4. Successivamente, la Legge di Bilancio 2019 (L. n. 145/2018) ha aumentato di un ulteriore giorno il congedo, arrivando così complessivamente a 5 giorni di congedo per i neo papà nel corso di un anno.

Ultimo intervento in ordine cronologico si è avuto con l’art. 1, comma 342 della L. n. 160/2019 (Legge di Bilancio 2020), che ha portato il congedo di paternità da 5 a 7 giorni.

Ora, tale numero è cambiato nuovamente. In base all’art. 1, co. 363 della Legge di Bilancio 2021, il congedo per i neo papà è stato prorogato per l’anno in corso e aumentato a 10 giorni. Quindi si è registrato un aumento di ben 3 giorni. La stessa Legge ha confermato la possibilità di fruire di un ulteriore giorno di congedo facoltativo in alternativa alla madre.

Congedo papà 2021: quando può essere fruito?

Si ricorda, al riguardo, che il congedo papà:

  • non è facoltativo bensì obbligatorio, pertanto è obbligo del neo papà fruire di questo periodo per dedicarsi alla cura del proprio figlio e della famiglia;
  • può essere fruito entro 5 mesi dalla nascita del figlio. Lo stesso periodo vale per l’ingresso del minore in famiglia nei casi di adozioni o affidamenti.

Rispettando questa scadenza, i giorni possono essere fruiti durante il congedo di maternità della madre lavoratrice, o anche successivamente e in maniera non continuativa.

Congedo di paternità obbligatorio 2021: quanto spetta e come si richiede

Durante il congedo di paternità obbligatorio si ha diritto a ricevere in busta paga il 100% dell’intera retribuzione. È quindi obbligo del datore di lavoro anticipare in busta paga tali somme per poi compensarle nel mod. F24 con i contributi dovuti all’INPS.

Per quanto riguarda le modalità di presentazione della domanda, si richiama la circolare INPS numero 40/2013. Le modalità sono pertanto le stesse di quelle previste per il 2020.

Quindi:

  • nel caso in cui sia il datore di lavoro a pagare l’indennità, allora le date in cui si vuole fruire del congedo devono essere comunicate dal lavoratore almeno 15 giorni prima. Se richiesto in concomitanza dell’evento nascita, il preavviso si calcola sulla data presunta del parto. Successivamente il datore di lavoro comunica all’INPS le giornate di congedo fruite tramite modello Uniemens;
  • se invece è l’INPS a pagare, è necessario presentare domanda direttamente all’Istituto tramite i servizi dedicati. Anche in questo caso il datore di lavoro comunica all’INPS le giornate di congedo fruite, attraverso il flusso Uniemens.

Congedo di paternità: la Circolare INPS

Come anticipato in premessa, l’INPS in data 11 marzo 2021 ha rilasciato la circolare n. 42 con la quale recepisce le novità dell’ultima Legge di Bilancio e comunica che la durata del congedo obbligatorio per il 2021 è stata ampliata da sette a dieci giorni.

Questo periodo, ricorda l’Istituto, è da fruire, anche in via non continuativa, entro i cinque mesi di vita o dall’ingresso in famiglia del minore. Infine, l’INPS precisa che è stato ampliato anche il congedo obbligatorio e facoltativo dei padri anche nel caso di morte perinatale del figlio.

download   Circolare INPS numero 42 del 11-03-2021
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Vaccinazione covid dei lavoratori direttamente in azienda: al via in Lombardia

In questa ultima fase l’aumento dei contagi da coronavirus e la progressiva pressione sugli ospedali di alcune aree della penisola, impongono soluzioni immediate e pratiche. Al momento, infatti, si sta ragionando di sfruttare la collaborazione delle aziende sparse sul territorio. Ciò al fine di velocizzare la campagna di vaccinazione covid in tutto il paese.

Come già ipotizzato nelle scorse settimane, la linea è insomma anche quella di coinvolgere le aziende, delegando loro la vaccinazione dei propri dipendenti. Per questa via, si potrebbe aumentare di non poco il ritmo delle immunizzazioni giornaliere, in modo da sfruttare i medici competenti e i medici aziendali.

E contribuendo a diminuire gli oneri gravanti sulle strutture pubbliche. Vediamo dunque, un po’ più da vicino, quali sono le novità sul tema vaccinazioni e il caso della Lombardia, la prima a sfruttare le aziende locali.

Vaccinazione covid dei lavoratori in azienda: l’incontro con le parti sociali è stato positivo

In buona sostanza, somministrare i vaccini all’interno delle aziende si può ed è certamente utile in una situazione di recrudescenza del virus, come quella che stiamo vivendo negli ultimi giorni, anche a causa delle varianti del coronavirus. La soluzione della vaccinazione covid nelle aziende sarebbe stata concordata dal ministro della Salute Speranza con le parti sociali, convocate qualche giorno fa, per un vertice ad hoc dal ministro del Lavoro Orlando.

In base alle indiscrezioni emerse, nell’incontro è stata ipotizzata la possibilità di “utilizzare presidi all’interno delle aziende, quindi i medici aziendali, per le somministrazioni delle dosi, per garantire un accesso più fluido ai lavoratori più esposti al contagio”.

Leggi anche: Chi non si vaccina può essere licenziato?

All’incontro citato ha partecipato anche il nuovo Commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo, incaricato di gestire tutta la parte della logistica nella distribuzione dei vaccini.

Gli esponenti del Governo hanno chiarito alle sigle sindacali le finalità collegate alla vaccinazione covid in azienda: “Fare il punto sull’attuazione dei protocolli di sicurezza firmati nel marzo dello scorso anno” e esaminare la “possibilità di utilizzare i presidi che esistono all’interno delle aziende, quindi i medici aziendali, per le vaccinazioni”.

In un coordinamento più generale ed articolato, previsto anche il coinvolgimento dell’Inail tramite la rete dei suoi ambulatori.

La logica dietro la vaccinazione in azienda e il ruolo delle imprese

Il principio-guida evidenziato dai ministri Orlando e Speranza, nell’incontro sul tema della vaccinazione covid nelle aziende, è che “ogni presidio e ogni luogo dove può esserci un medico messo nelle condizioni, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza, di accelerare le vaccinazioni è un fatto positivo per il Paese”, perciò vanno individuate “risorse anche interne alle aziende per agevolare la vaccinazione dei dipendenti”.

Confindustria, anch’essa presente all’incontro, con il direttore generale Francesca Mariotti. Quest’ultima ha rimarcato la disponibilità delle aziende a collaborare in modo concreto e tempestivo alla campagna di immunizzazione.

In particolare, l’associazione di imprese avrebbe assicurato di poter vaccinare ben 12 milioni di soggetti, inclusi i componenti delle famiglie dei 5,5 milioni di lavoratori subordinati nella rete associativva. Ecco perchè, durante l’incontro, è emersa la necessità di elaborare protocolli ad hoc e regole di dettaglio che possano favorire il rapido ricorso alla vaccinazione covid in azienda.

La vaccinazione in azienda inizia dalla Lombardia: l’accordo

Insomma, dopo la fase delle dichiarazione di intenti e dell’elaborazione delle linee guida e di coordinamento, è necessario passare alla fase operativa in senso stretto. Urgono rimedi tempestivi, a causa dell’aumento esponenziale dei contagi, almeno in alcune aree del territorio. Così si spiega il recentissimo accordo tra Regione Lombardia, Confindustria, Associazione Nazionale Medici di Azienda e Competenti e Confapi per un protocollo d’intesa, mirato all’estensione della campagna vaccinale anti-covid19 alle aziende manifatturiere lombarde. Non deve stupire che la vaccinazione covid in azienda parta proprio dalla Lombardia; proprio questa infatti è stata la Regione colpita più di tutte dall’emergenza sanitaria.

Il via libera renderà possibile la moltiplicazione dei luoghi in cui è possibile essere vaccinati, al fine di alleggerire il peso gravante sulle strutture pubbliche; e aumentare esponenzialmente il numero delle persone vaccinate.

Tuttavia, il protocollo lombardo, pur già pronto ed approvato, per essere pienamente operativo, dovrà prima essere esaminato dalla struttura commissariale guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo. Sarà proprio quest’ultimo a dettagliare e definire con precisione le modalità di attuazione del piano in oggetto.

La direzione pare ormai tracciata: altre Regioni infatti si stiano adoperando per una soluzione identica. Puglia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige intendono anch’esse adottare a breve un protocollo d’intesa ad hoc.

Alcuni dettagli pratici da considerare

E proprio sulle appena citate modalità di attuazione, occorrerà concentrare gli sforzi; per addivenire ad una rapida vaccinazione covid in azienda. Infatti, è necessario occuparsi della questione inerente le bassissime temperature di conservazione del vaccino anti-Covid, pari a -70/-80 gradi. Non solo: va garantito che ogni industria o azienda favorevole a diventare luogo di vaccinazione, possa contare su personale medico ad hoc. Le aziende piccole non hanno infatti un medico competente. Perciò sono da organizzare e garantire dei presidi sanitari nei luoghi adibiti alla vaccinazione, all’interno dell’azienda.

Concludendo, non possiamo non rimarcare che Anma – ossia l’Associazione Nazionale Medici d’Azienda e Competenti – ha predisposto alcune condizioni, per garantire i propri iscritti. Anzitutto, l’adesione deve essere del tutto spontanea e volontaria. Inoltre, ciascun medico che farà le vaccinazioni in azienda, dovrà farlo senza maggiori costi; ed essendo altresì tutelato da un’assicurazione supplementare ed ulteriore, rispetto a quella tipica che ha già ha per l’attività svolta.


Tassazione agevolata pensionati esteri: niente sconto se pensione è italiana

Niente tassazione agevolata al 7% per i pensionati titolari di pensione erogata dall’INPS, che intendono trasferirsi in un Comune del Mezzogiorno con almeno 20.000 abitanti. Infatti, affinché venga rispettata la condizione di essere titolari di redditi da pensione di fonte estera, sono assoggettati a tassazione agevolata i redditi di qualunque categoria prodotti all’estero.

In sostanza, si considerano “prodotti all’estero” i redditi che sarebbero stati considerati prodotti nel territorio dello Stato, se realizzati da soggetti non residenti. Difatti, l’opzione per il regime consente al contribuente di assoggettare a imposizione sostitutiva, i redditi, di qualunque categoria, prodotti all’estero, individuati ai sensi dell’art. 165, co. 2 del TUIR.

A specificarlo è l’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 170 del 10 marzo 2021.

Tassazione agevolata pensionati esteri: sconto sull’Irpef per chi torna al Sud

L’art. 1, co. 273, della L. n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019), ha inserito l’art. 24-ter all’interno del TUIR prevedendo un nuovo regime IRPEF per le persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera.

In altre parole, i pensionati, titolari di redditi di qualunque categoria (pensioni di ogni genere e assegni a esse equiparate), percepiti da fonte estera o prodotti all’estero, anziché pagare l’IRPEF ordinaria, versano esclusivamente un’imposta sostitutiva del 7%.

Chiaramente, per fruire dell’imposta agevolata è necessario che vengano soddisfatte una serie di condizioni:

  • mancata residenza fiscale in Italia nei 5 periodi d’imposta precedenti a quello in cui l’opzione diviene efficace;
  • trasferimento della residenza da Paesi con i quali sono in vigore accordi di cooperazione amministrativa;
  • trasferimento della propria residenza fiscale in uno dei Comuni appartenenti al territorio delle regioni Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti. L’agevolazione vale anche se il pensionato si trasferisce in uno dei Comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti, rientranti nelle zone colpite dal sisma del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017.

L’opzione al 7% può applicarsi per ciascuno dei periodi di validità dell’opzione (complessivamente 10 anni).

Pensionati esteri: come avvalersi dell’imposta sostitutiva del 7%

L’opzione è:

  • esercitata dalle persone fisiche che non siano state fiscalmente residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti a quello in cui l’opzione diviene efficace;
  • valida per i primi nove periodi d’imposta successivi al periodo di imposta in cui avviene il trasferimento della residenza fiscale – anno in cui l’opzione diviene efficace;
  • esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui si trasferisce la residenza in Italia ed è efficace a decorrere da tale periodo d’imposta.

Quali redditi sono agevolati

Per l’accesso al regime agevolato è necessaria, inoltre, la titolarità da parte delle persone fisiche “dei redditi da pensione erogati da soggetti esteri”. Si ricorda, al riguardo, che in base all’art. 49, co. 2, lett. a) del TUIR, “costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati”.

Pertanto, per espressa previsione normativa, i redditi da “pensione” sono equiparati a quelli di “lavoro dipendente”. Si tratta di soggetti destinatari di trattamenti pensionistici di ogni genere e di assegni ad essi equiparati erogati esclusivamente da soggetti esteri.

Sono esclusi dal regime in esame, invece, i soggetti non residenti che percepiscono redditi erogati da un istituto di previdenza residente in Italia.

Chiarimenti sui redditi esteri

Affinché si rispetti la condizione di essere titolari di redditi da pensione di fonte estera, si assoggettano a tassazione opzionale al 7% i redditi di qualunque categoria prodotti all’estero. Trattasi di redditi individuati secondo i criteri reciproci a quelli previsti dal TUIR per rilevare i redditi prodotti nel territorio dello Stato.

In sostanza, si considerano “prodotti all’estero” i redditi che sarebbero stati considerati prodotti nel territorio dello Stato, se realizzati da soggetti non residenti.

Infatti, l’opzione per il regime consente al contribuente di assoggettare a imposizione sostitutiva, i redditi, di qualunque categoria, prodotti all’estero, individuati ai sensi dell’art. 165, co. 2 del TUIR.

L’ordinamento accoglie, pertanto, il cd. criterio della lettura “a specchio”, secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall’art. 23 del TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.

In definitiva, non è possibile beneficiare dell’applicazione dell’imposta sostitutiva laddove il pensionato sia titolare di redditi di pensione erogati dall’INPS di fonte italiana, per i quali valgono i principi ordinari di tassazione vigenti per i soggetti residenti.

Tassazione agevolata pensionati esteri: niente sconto se pensione è italiana

Tassazione agevolata pensionati esteri: niente sconto se pensione è italiana

I pensionati titolari di pensioni italiane, non possono godere della tassazione agevolata al 7% in caso di rientro al Sud.

Niente tassazione agevolata al 7% per i pensionati titolari di pensione erogata dall’INPS, che intendono trasferirsi in un Comune del Mezzogiorno con almeno 20.000 abitanti. Infatti, affinché venga rispettata la condizione di essere titolari di redditi da pensione di fonte estera, sono assoggettati a tassazione agevolata i redditi di qualunque categoria prodotti all’estero.

In sostanza, si considerano “prodotti all’estero” i redditi che sarebbero stati considerati prodotti nel territorio dello Stato, se realizzati da soggetti non residenti. Difatti, l’opzione per il regime consente al contribuente di assoggettare a imposizione sostitutiva, i redditi, di qualunque categoria, prodotti all’estero, individuati ai sensi dell’art. 165, co. 2 del TUIR.

A specificarlo è l’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 170 del 10 marzo 2021.

Tassazione agevolata pensionati esteri: sconto sull’Irpef per chi torna al Sud

L’art. 1, co. 273, della L. n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019), ha inserito l’art. 24-ter all’interno del TUIR prevedendo un nuovo regime IRPEF per le persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera.

In altre parole, i pensionati, titolari di redditi di qualunque categoria (pensioni di ogni genere e assegni a esse equiparate), percepiti da fonte estera o prodotti all’estero, anziché pagare l’IRPEF ordinaria, versano esclusivamente un’imposta sostitutiva del 7%.

Chiaramente, per fruire dell’imposta agevolata è necessario che vengano soddisfatte una serie di condizioni:

  • mancata residenza fiscale in Italia nei 5 periodi d’imposta precedenti a quello in cui l’opzione diviene efficace;
  • trasferimento della residenza da Paesi con i quali sono in vigore accordi di cooperazione amministrativa;
  • trasferimento della propria residenza fiscale in uno dei Comuni appartenenti al territorio delle regioni Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti. L’agevolazione vale anche se il pensionato si trasferisce in uno dei Comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti, rientranti nelle zone colpite dal sisma del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017.

L’opzione al 7% può applicarsi per ciascuno dei periodi di validità dell’opzione (complessivamente 10 anni).

Pensionati esteri: come avvalersi dell’imposta sostitutiva del 7%

L’opzione è:

  • esercitata dalle persone fisiche che non siano state fiscalmente residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti a quello in cui l’opzione diviene efficace;
  • valida per i primi nove periodi d’imposta successivi al periodo di imposta in cui avviene il trasferimento della residenza fiscale – anno in cui l’opzione diviene efficace;
  • esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui si trasferisce la residenza in Italia ed è efficace a decorrere da tale periodo d’imposta.

Quali redditi sono agevolati

Per l’accesso al regime agevolato è necessaria, inoltre, la titolarità da parte delle persone fisiche “dei redditi da pensione erogati da soggetti esteri”. Si ricorda, al riguardo, che in base all’art. 49, co. 2, lett. a) del TUIR, “costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati”.

Pertanto, per espressa previsione normativa, i redditi da “pensione” sono equiparati a quelli di “lavoro dipendente”. Si tratta di soggetti destinatari di trattamenti pensionistici di ogni genere e di assegni ad essi equiparati erogati esclusivamente da soggetti esteri.

Sono esclusi dal regime in esame, invece, i soggetti non residenti che percepiscono redditi erogati da un istituto di previdenza residente in Italia.

Chiarimenti sui redditi esteri

Affinché si rispetti la condizione di essere titolari di redditi da pensione di fonte estera, si assoggettano a tassazione opzionale al 7% i redditi di qualunque categoria prodotti all’estero. Trattasi di redditi individuati secondo i criteri reciproci a quelli previsti dal TUIR per rilevare i redditi prodotti nel territorio dello Stato.

In sostanza, si considerano “prodotti all’estero” i redditi che sarebbero stati considerati prodotti nel territorio dello Stato, se realizzati da soggetti non residenti.

Infatti, l’opzione per il regime consente al contribuente di assoggettare a imposizione sostitutiva, i redditi, di qualunque categoria, prodotti all’estero, individuati ai sensi dell’art. 165, co. 2 del TUIR.

L’ordinamento accoglie, pertanto, il cd. criterio della lettura “a specchio”, secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall’art. 23 del TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.

In definitiva, non è possibile beneficiare dell’applicazione dell’imposta sostitutiva laddove il pensionato sia titolare di redditi di pensione erogati dall’INPS di fonte italiana, per i quali valgono i principi ordinari di tassazione vigenti per i soggetti residenti.

Santa Luisa de Marillac

 

Santa Luisa de Marillac


Nome: Santa Luisa de Marillac
Titolo: Vedova e religiosa
Nascita: 12 agosto 1591, Le Meux, Francia
Morte: 15 marzo 1660, Parigi, Francia
Ricorrenza: 15 marzo
Tipologia: Commemorazione
Protettrice: delle opere sociali

Sebbene nata il 12 agosto 1591, si può dire che Luisa di Marillac è una Santa d’oggi e per oggi.

Proveniente da famiglia agiata, fin dalla fanciullezza frequenta gli studi propri della sua età e diviene abile nello svolgere i lavori domestici. Nella giovinezza prova una prima esperienza religiosa: vuole entrare nelle Suore Cappuccine, ma l’idea non ebbe seguito soprattutto per motivi di salute. A ventidue anni, morto il padre ed essendo già orfana di madre, sposa Antonio Le Gras, uomo onesto e credente. Alla fine di questo stesso anno diviene madre. Sempre fedele alla sua vita di pietà e all’amore verso i bisognosi, ha la fortuna di trovare nel suo cammino uomini che furono luminari nella sua epoca, come S. Francesco di Sales, i cui consigli dovevano esserle di così grande conforto in alcune difficoltà.

Vedova nel 1625 si vede libera di darsi interamente alla sua ardente vocazione: la carità verso i poveri. L’incontro con S. Vincenzo de’ Paoli darà il definitivo orientamento nella via del bene al quale vuole consacrarsi. Parigi conosce lo zelo, l’ardente carità di questa donna. Per opera di lei e per iniziativa di S. Vincenzo de’ Paoli sorge la Congregazione delle Figlie della Carità. Alle prime giovani contadine, giacché furono bonnes filles de champ le sue prime Suore, così diceva: «Onorate anche i malati e considerateli come i vostri padroni». Il loro campo d’azione è vasto e si estende dalla strada, da cui raccolgono gli infelici abbandonati, alle visite a domicilio, all’assistenza ai poveri.

Nelle umili e faticose opere della carità le Figlie della Marillac erano animate dai santi ideali che S. Vincenzo de’ Paoli fissava nella prima conferenza alla novella comunità: « Perfezionarsi senza sosta, per fare sempre più e meglio, per divenire migliori e più sante, per sempre far più bene attorno a sè »; e più tardi, parlando della regola che allora s’iniziava: « Le Figlie della Carità avranno per monastero una casa di malati, per cella una camera in affitto, per chiostro le strade della città o le sale degli ospedali, per clausura l’obbedienza, per cancello il timor di Dio, per velo la santa modestia ». Idee queste del tutto rivoluzionarie in quell’epoca.

Passando gli anni le opere si moltiplicano: l’assistenza ai vecchi, piccole scuole, ricoveri ai ragazzi senza tetto e il difficile apostolato fra i galeotti.

La caratteristica dell’opera della Santa è stata l’unione di due generi di vita: una solida e profonda pietà fondata sulla preghiera costante e viva, e una carità ardente, che spinge all’azione, all’apostolato, a darsi a tutti per l’amore di Dio. E questo nel lontano ‘600, quando tale genere di vita religiosa era sconosciuto alle donne che si consacravano a Dio. Le prime fatiche della Santa e delle sue compagne ebbero la fortuna, cosa insolita nelle opere del Signore, di essere ricompensate abbondantemente. Durante il primo anno di lavoro ben 760 persone traviate furono ricondotte a Dio.

Nel febbraio del 1660 Luisa s’ammalò per non rialzarsi più. Sono giorni di atroce sofferenza fisica: « Figlie mie, bisogna soffrire prima di morire ». « Vivete da buone cristiane ». Queste le ultime due raccomandazioni. Il giorno 15 marzo 1660 Luisa di Marillac s’addormenta nel Signore.

Venne beatificata il 9 maggio 1920 e canonizzata l’11 marzo 1934 dal Papa Pio XI.

PRATICA. La carità ardente e lo zelo apostolico sono segni sicuri della divina predilezione.

PREGHIERA. O Dio, Nostro Signore, degnati d accendere nelle anime nostre il fuoco della carità, per chè col suo bagliore possiamo illuminare le vie di que sto mondo, come un giorni:, fece S. Luisa di Marillac

MARTIROLOGIO ROMANO. A Parigi santa Luisa de Marillac, vedova Le Gras, Fondatrice, insieme con san Vincénzo de’ Paoli, delle Figlie della Carità, zelantissima nel soccorrere i poveri, dal Papa Pio undecimo ascritta nei fasti delle Sante.