Archivi giornalieri: 25 marzo 2021

Riforma Pensioni 2021

 

Riforma Pensioni 2021, Quota 92 strada percorribile?

La proposta avanzata da Delrio nei giorni scorsi è un’altra delle possibilità da valutare da parte del Governo. Con Quota 92 i lavoratori potrebbero accedere alla pensione con 30 anni di contribuiti e 62 anni di età. Ma a patto di vedersi tagliare di almeno un 3% l’assegno pensionistico. Nelle prossime settimane il Governo valuterà bene anche questa proposta per capire meglio se, effettivamente, potrebbe rappresentare una carta da giocarsi per andare in pensione anticipata.

 
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Riforma Pensioni 2021 ultime notizie, Quota 102 in ribasso

Tra le possibilità da vagliare c’è anche Quota 102 che consentirebbe di andare in pensione a 64 anni con 38 anni di contributi. Ma tra tutte le possibilità, Quota 102 sembra la meno appetibile perché non molto diversa da Quota 100, cancellata dal Governo perché troppo onerosa per le casse dello Stato. Mario Draghi e il suo staff cercheranno qualcosa di più leggero da sostenere economicamente, Quota 102 attualmente non sembra poter garantire queste condizioni.

Spese detraibili 730/2021: pagamenti tracciabili e limiti alle detrazioni per i redditi più alti

Spese detraibili 730/2021: pagamenti tracciabili e limiti alle detrazioni per i redditi più alti

Novità rispetto alle spese detraibili dal 730/2021 per quanto riguarda i pagamenti tracciabili e le detrazioni fiscali per i redditi alti.

Nella prossima dichiarazione dei redditi modello 730/2021 relativa al periodo d’imposta 2020 dovremo fare i conti con la regola secondo la quale le spese detraibili, ovvero scaricabili dalle tasse, contano solo se sono stati usati strumenti di pagamento tracciabili. Infatti, il pagamento in contanti ci preclude la possibilità di inserire quella spesa nel prossimo 730 o nel modello Redditi. Nel pratico, possiamo anche in inserirla ma poi ci troveremo a fare i conti con il Fisco perché non saremo in grado di dimostrare di aver pagato con carta di credito, assegni, bancomat ecc.

Sempre dalla prossima dichiarazione dei redditi, le detrazioni fiscali spettanti diminuiranno all’aumentare del reddito che abbiamo conseguito. Così che se nel 2020 abbiamo pagato una spesa con strumenti tracciabili ma abbiamo conseguito un reddito superiore a 120.000 euro, la detrazione decresce fino ad azzerarsi al raggiungimento di un reddito complessivo pari a 240.000 euro. Per la verifica del limite reddituale si tiene conto anche dei redditi assoggettati a cedolare secca ma non di quello derivante dall’abitazione principale.

Ecco i dettagli.

Spese detraibili 730/2021: obbligo di pagamento tracciabile

A partire dalla spese sostenute nel 2020, ex art.15 del DPR 917/86, TUIR (spese universitarie, funebri, di istruzione) TUIR e altre disposizioni normative, la detrazione del 19% è ammessa solo se il pagamento è avvenuto con strumenti tracciabili. Sono considerati tali carta di credito, bancomat, assegni bancari e postali ecc.

Ai fini del loro inserimento nella dichiarazione dei redditi, il pagamento tracciato deve essere documentato con:

  • ricevuta bancomat,
  • estratto conto,
  • copia bollettino postale o del MAV e dei pagamenti con PagoPA.

L’obbligo di pagamento tracciabile è stato introdotto dalla Legge 160/2019, Legge di bilancio 2020.

Le istruzioni di compilazione del 730/2021, specificano che in mancanza della citata documentazione, l’utilizzo del mezzo di pagamento «tracciabile» può essere documentato mediante:

  • l’annotazione in fattura, ricevuta fiscale o documento commerciale,
  • da parte del percettore delle somme che cede il bene o effettua la prestazione di servizio.

Leggi anche: Dichiarazione dei redditi 2021: calendario aggiornato delle principali scadenze fiscali

Obbligo di pagamento tracciabile: spese escluse

L’obbligo di tracciabilità dei pagamenti non si applica alle detrazioni spettanti in relazione alle spese sostenute per l’acquisto di medicinali e di dispositivi medici, nonché alle detrazioni per prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche o da strutture private accreditate al Servizio sanitario nazionale. Anche i medicinali veterinari possono essere pagati in contanti, senza che ciò comprometta il diritto a detrarre la spesa.

In merito alle strutture accreditate, si può pagare in contanti, senza perdere la detrazione. Indipendentemente se la prestazione è  resa effettivamente in convenzione o sia privatistica.

Si veda a tal proposito la risposta, Agenzia delle entrate,  n° 158/2021.

Come evitare le sanzioni del Fisco

Può accadere che la spesa sia pagata da un conto cointestato tra marito e moglie e che il documento di spesa sia riferito ad uno di essi. E’ lecito chiedersi se in tale caso è rispettato l’obbligo disposto dalla Legge di bilancio 2020.

Nella risposta n° 431 del 2020, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che Il titolare di una carta di credito, attivata su un conto corrente cointestato con la moglie a firme disgiunte, può effettuare con tale carta le spese detraibili riferite al coniuge, senza che vada perso il diritto alla detrazione.

Attenzione però, non va messo in discussione il principio secondo il quale la detrazione spetta a colui che paga effettivamente la spesa. L’onere deve essere sostenuto dal contribuente a cui è intestato il documento di spesa.

Nel caso specifico, la carta di credito è intestata al coniuge che paga la spesa per conto dell’atro coniuge cointestatario del conto. La cointestazione del conto permette di rispettare la prescrizione secondo la spesa deve essere sostenuta dal soggetto intestatario il documento di spesa.

Leggi anche: Scadenze 730 precompilato 2021: ecco il calendario aggiornato

Se il conto non fosse cointestato?

Noi di lavoro e diritti riteniamo che potrebbe essere sufficiente un’attestazione con la quale si dichiara che la spesa è stata sostenute dal coniuge non intestatario del conto. Rimborsando all’altro coniuge la spesa pagata tramite carta.

Su tale passaggio sarebbe necessario un chiarimento da parte dell’Agenzia delle entrate.

Detrazioni fiscali 730/2021: limiti per i redditi più alti

Oltre all’obbligo di pagamento tracciabile, la Legge di bilancio 2020 ha introdotto un meccanismo secondo il quale la detrazione degli oneri di cui all’art. 15 del TUIR ossia il beneficio fiscale ad essa collegato decresce al crescere  del reddito del contribuente.

Nello specifico, dall’anno d’imposta 2020, la detrazione d’imposta per alcune delle spese indicate nel quadro E del 730 o nel quadro RP del modello Redditi,  varia in base all’importo del reddito complessivo. In particolare, essa spetta per intero ai titolari di reddito complessivo fino a 120.000 euro. In caso di superamento del predetto limite, il credito decresce fino ad azzerarsi al raggiungimento di un reddito complessivo pari a 240.000 euro. Per la verifica del limite reddituale si tiene conto anche dei redditi assoggettati a cedolare secca ma non di quello relativo all’abitazione principale.

Tale disposizione restrittiva non riguarda le spese sanitarie, e gli interessi relativi ai prestiti e ai mutui agrari, all’acquisto e alla costruzione dell’abitazione principale.

Dunque, possiamo affermare che per le spese sanitarie quale l’acquisto di medicinali non si applica né l’obbligo di pagamento tracciabile né la regola di riduzione della detrazione al crescere del reddito. Sugli interessi sembra scontata la stessa affermazione considerato il pagamento della rata del mutuo è collegata al conto corrente. In tal modo è rispettato l’obbligo di pagamento tracciabile. E’ sufficiente l’estratto conto.

Le regole finora analizzate avranno i loro effetti nei prossimi dichiarativi, 730/2021 e modello Redditi 2021, afferenti il periodo d’imposta 2020.

Diffida accertativa per crediti patrimoniali per riduzione orario di lavoro: chiarimenti INL

Diffida accertativa per crediti patrimoniali per riduzione orario di lavoro: chiarimenti INL

La diffida accertativa per crediti patrimoniali non è ammessa in caso di riduzione unilaterale dell’orario di lavoro. Chiarimenti INL.

È possibile emettere una diffida accertativa per crediti patrimoniali derivanti dalle differenze retributive maturate in ragione della unilaterale riduzione dell’orario di lavoro da parte datoriale? A questo interrogativo ha risposto l’INL con la Nota n. 441 del 17 marzo 2021. Innanzitutto, viene specificato che le differenze retributive richieste dal lavoratore non sono diretta conseguenza della prestazione lavorativa ma di un eventuale inadempimento contrattuale ex art. 1218 c.c. ascrivibile al datore di lavoro.

Quest’ultimo, infatti, unilateralmente e senza la necessaria forma scritta, avrebbe ridotto l’orario lavorativo ed il conseguente trattamento retributivo del dipendente. Ciò non consente, quindi, al lavoratore di rendere a pieno la sua prestazione e di riceverne quanto contrattualmente previsto.

Diffida accertativa per crediti patrimoniali per riduzione orario

La fattispecie in oggetto riguarda una tipologia di crediti di natura risarcitoria che esula dall’ordinario ambito di applicazione della diffida accertativa. Sul punto, infatti, la Cassazione ha affermato che nell’ambito di un contratto di lavoro part-time la trasformazione dell’orario di lavoro può derivare solo da un accordo scritto tra le parti. Al contrario, nel caso in cui il contratto sia a tempo pieno, l’accordo di modifica dell’orario, per il quale non è prevista una forma scritta ad substantiam, potrà essere provato anche attraverso comportamenti concludenti.

Pertanto, l’accertamento in ordine alla sussistenza ed alla quantificazione di questo tipo di rivendicazioni economiche del lavoratore deve essere di esclusiva pertinenza dell’autorità giudiziaria.

Leggi anche: Diffida accertativa per crediti patrimoniali: procedure di conciliazione

Impedimento della decadenza con atto stragiudiziale

Nel documento di prassi, l’INL richiama anche la possibilità di emettere una diffida accertativa oltre il termine di legge, nei casi in cui il lavoratore abbia inteso impedire la decadenza legale attraverso l’invio al committente di un atto di diffida stragiudiziale.

In pratica, esistono due regimi separati dei termini sul recupero delle spettanze retributive e contributive in ragione del soggetto, privato o pubblico, che intraprende l’iniziativa:

  • il primo regime riguarda l’azione rimessa alla volontà del lavoratore che, unitamente ed al pari dei crediti retributivi, può rivendicare anche quelli contributivi a condizione che agisca nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto;
  • il secondo, attinente solo alla parte contributiva, riguarda la diversa azione di recupero rimessa all’iniziativa dell’ente previdenziale che, invece di essere sottoposta al predetto termine decadenziale, è soggetta all’ordinario termine prescrizionale di 5 anni.

Si ricorda, al riguardo, che la decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto.

A caratterizzare l’istituto della decadenza, oltre che a differenziarlo da quello della prescrizione, interviene l’art. 2964, comma 1, ai sensi del quale viene disposto che:

“quando un diritto deve esercitarsi entro un dato termine sotto pena di decadenza, non si applicano le norme relative all’interruzione della prescrizione”.

Solo in caso di assenza di intervenuta prescrizione

In definitiva, afferma l’INL, la decadenza può essere impedita dall’iniziativa del lavoratore intrapresa nel suddetto termine biennale attraverso:

  • il deposito del ricorso giudiziario;
  • un prodromico atto scritto, anche stragiudiziale, inviato al committente.

Infine, va evidenziato che, ai sensi dell’art. 2967 cod. civ., “nei casi in cui la decadenza è impedita, il diritto rimane soggetto alle disposizioni che regolano la prescrizione.

Pertanto, a seguito della notifica dell’atto in questione, sarà possibile emanare la diffida accertativa avendo cura tuttavia di verificare l’assenza di una intervenuta prescrizione. Inoltre, rimangono ferme le ordinarie condizioni di certezza, liquidità ed esigibilità del credito.

Pace fiscale Decreto Sostegni: guida operativa, importi e novità

 

Il Decreto Sostegni pubblicato da poco in Gazzetta ufficiale e in vigore dal 23 marzo prevede una nuova pace fiscale, per tale si intendono quelle disposizioni normative in forza delle quali il contribuente ottiene uno sconto o un esonero tombale dal versamento di debiti contenuti in cartelle esattoriali pregresse.

La nuova pace fiscale riguarda i carichi iscritti a ruolo, per un importo fino a 5.000 euro e affidati all’Agente della riscossione tra il 2000 e il 2010. Si tratta di carichi per i quali, perlopiù, è già maturata la prescrizione. Salvo atti interruttivi intervenuti nei termini di legge. Può essere considerate tale un’intimazione di pagamento. Con l’atto interruttivo i termini di prescrizione riprendendo a decorrere daccapo, dall’anno zero.

La nuova pace fiscale

L’art.4 del D.L. 41/2021, decreto Sostegni, al comma 4, introduce una nuova pace fiscale. Nello specifico sono automaticamente cancellate, senza presentare istanza alcuna, i debiti iscritti a ruolo di importo fino a 5.000 euro. Importo comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni.

Nello specifico, si deve trattare di carichi affidati all’Agente della riscossione tra:

  • il 1° gennaio 2000 e
  • il 31 dicembre 2010.

Attenzione, la pace fiscale non è generalizzata ma riguarda solo:

  • le persone fisiche che hanno conseguito, nel periodo d’imposta 2019, un reddito imponibile ai fini delle
    imposte sui redditi fino a 30.000 euro e
  • i soggetti diversi dalle persone fisiche (società) che hanno conseguito, nel periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2019, un reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi fino a 30.000 euro.

I debiti interessati dalla pace fiscale

Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di conversione del D.L. Ristori, dovranno essere definite le modalità e le date di annullamento dei suddetti debiti. Ma ciò essenzialmente riguarda gli enti creditori. Quale ad esempio può essere considerata l’Agenzia delle entrate che affida il carico per il recupero all’Agenzia delle Riscossione.

Fino alla data stabilita dal decreto ministeriale,  e’ sospesa la riscossione di tutti i debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del  decreto Sostegni, fino a 5.000 euro.  Sono sospesi i relativi termini di prescrizione.

Possono essere oggetto di pace fiscale i carichi per i quali già è stata presentata istanza di rottamazione-bis o saldo e stralcio?

La risposta è affermativa e si desume direttamente dal testo del decreto Sostegni.

E’ infatti stabilito che possono essere oggetti di pace fiscale, i carichi: 

ancorche’ ricompresi nelle definizioni di cui all’articolo 3 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, all’articolo 16-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e all’articolo 1, commi da 184 a 198, della legge
30 dicembre 2018, n. 145.

I carichi esclusi dalla pace fiscale

Non rientrano nell’annullamento dei debiti i seguenti carichi afferenti:

  • il recupero degli aiuti di Stato considerati illegittimi dall’Unione Europea;
  • i crediti derivanti da condanne pronunciate dalla Corte dei conti;
  • le multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;
  • le sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali;
  • risorse proprie tradizionali UE;
  • l’Iva all’importazione.

Tali carichi non saranno oggetto di annullamento.

Pace fiscale 2021: la proroga per la rottamazione-ter e il saldo e stralcio

Il D.L. Sostegni prevede la proroga delle scadenze della rottamazione-ter  e del saldo e stralcio.

Nello specifico, rispetto alla precedente scadenza del 1°marzo, le rate scadute nel 2020 afferenti la rottamazione-ter e il saldo e stralcio possono essere pagate entro il 31 luglio 2021.

La proroga si estende anche alle rate 2021.

Proroga rottamazione-ter

Per coloro che sono in regola con i versamenti delle rate del 2019 della rottamazione-ter, il termine “ultimo” per pagare tutte le rate in scadenza nel 2020 è differito al 31 luglio 2021. Dunque, pagando le  rate scadute nel 2020:  28 febbraio, 31 maggio, il 31 luglio, 30 novembre 2020 e che non sono state ancora versate, non si decade dalla rottamazione-ter.

Attenzione, rispetto alle precedenti proroghe,  sono previsti i cinque giorni di tolleranza di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018. Di conseguenza, il pagamento dovrà avvenire entro il 9 agosto 2021. Sabato e Domenica non sono considerati giorni utili per effettuare il versamento.

Sulle rate in scadenza nel 2021, il termine “ultimo” per pagare tutte le rate in scadenza nel 2021 è differito al 30 novembre. Rispetto alla scadenze ordinarie: 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre 2021.

Anche in tale caso trovano applicazione i cinque giorni di tolleranza. Il pagamento dovrà, quindi, avvenire entro il 6 dicembre 2021.

Proroga saldo e stralcio

In base a quanto detto sopra, il D.L. Sostegni proroga anche le scadenze 2020 e 2021 del saldo e stralcio, Legge n°145/2018. Per coloro che sono in regola con i versamenti delle rate del 2019, il termine “ultimo” per pagare tutte le rate in scadenza nel 2020 è differito al 31 luglio 2021. Il riferimento è alle rate in scadenza il 31 marzo e il 31 luglio 2020 e che non sono state ancora versate.

Le rate 2021 in scadenza al 31 marzo e al 31 luglio 2021, potranno essere pagate entro il 30 novembre.

Sia per il  termine del 31 luglio 2021 che per quello del 30 novembre sono previsti i cinque giorni di tolleranza.

Attenzione a non andare oltre i 5 giorni di tolleranza. In tale casi si perderebbero i benefici della definizione agevolata. Le somme versate saranno considerati semplici acconti rispetto al debito complessivo inizialmente ammesso al saldo e stralcio o alla rottamazione-ter.

Contributo a fondo perduto Decreto Sostegni

Contributo a fondo perduto Decreto Sostegni: modulo di domanda e istruzioni

Il Decreto-Legge Sostegni ripropone, con modifiche, il contributo a fondo perduto per imprese e professionisti. Cos’è e come fare domanda.

La pubblicazione del decreto Sostegni in Gazzetta Ufficiale ha evidenziato alcune differenze rispetto alla prima bozza. Soprattutto in riferimento al nuovo contributo a fondo perduto che spetterà ad imprese e professionisti colpiti dall’attuale pandemia da covid-19.

Sul contributo a fondo perduto, una delle principali novità contenute nel testo definitivo, riguarda le modalità di calcolo del contributo. Non si deve più mettere in raffronto solo alcuni mesi del 2020 con quelli corrispondenti del 2019, ma si deve calcolare la media del fatturato 2020 e confrontarla con quella 2019. Se l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 è inferiore almeno del 30 per cento rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019, allora si potrà richiedere il nuovo contributo a fondo perduto. Questo però non è l’unico requisito da rispettare.

Vediamo nel dettaglio cos’è e come fare domanda di Contributo a fondo perduto Decreto Sostegni in riferimento al modello di domanda e le relative istruzioni di compilazione rilasciate dall’Agenzia delle Entrate in data 23 marzo 2021 (disponibili in formato PDF a fondo pagina).

Contributo a fondo perduto Decreto Sostegni: cos’è e come funziona

L’art.1 del Decreto-Legge 41/2021, decreto Sostegni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 70 del 22-3-2021, prevede un nuovo contributo a fondo perduto per le imprese e i professionisti colpiti dall’attuale crisi dovuta alla pandemia da covid-19. Nello specifico, possono accedere ai contributi tutti i titolati di reddito di impresa/professione con ricavi/compensi 2019 non superiori a 10 milioni di euro. Fin qui sembra che la platea dei beneficiari possa essere abbastanza ampia. Rientrano tra i beneficiari anche i titolati di reddito agrario ossia che determinano il reddito su base catastale, ex art.32 del DPR 917/86, TUIR.

Possono accedere al contributo i suddetti soggetti solo laddove:

  • l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020
  • sia inferiore almeno del 30 per cento rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019.

Rileva la data di effettuazione dell’operazione

Attenzione, al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi. Ai soggetti che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019, il contributo spetta anche in assenza del requisiti sul calo di fatturato.

Il momento di effettuazione dell’operazione è individuato sempre ai sensi dell’art.6 del DPR 633/1972, decreto Iva. Dunque:

  • le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della stipulazione se riguardano beni immobili e nel momento della consegna o spedizione se riguardano beni mobili;
  • per le prestazioni servizi il momento del pagamento da parte del committente.

Salvo emissione di una fattura anticipata. Ciò comporterà che, se abbiamo emesso una fattura anticipata, questa concorrerà alla verifica della media fatturato, anche se non è ancora avvenuto l’incasso o la consegna/spedizione dei beni.

Inoltre, dovrebbe valere le indicazioni fornite dall’Agenzia delle entrate con la circolare n° 22/e 2020, in base alla quale vanno prese a riferimento le operazioni che hanno partecipato alla liquidazione periodica del periodo interessato cui vanno sommati i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate in detti mesi non rilevanti ai fini IVA.

Detto ciò, l’aspetto che è maggiormente criticato dai contribuenti riguarda le modalità di calcolo del contributo.

Contributo a fondo perduto Dl Sostegni: quanto spetta

Verificata la perdita di fatturato di almeno il 30%, l’ammontare del contributo a fondo perduto è determinato in misura pari all’importo ottenuto applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 e l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019 come segue:

  • 60% per i soggetti con ricavi e compensi 2019 non superiori a centomila euro;
  • 50% per i soggetti con ricavi o compensi superiori a centomila euro e fino a quattrocentomila euro;
  • 40% per i soggetti con ricavi o compensi superiori a quattrocentomila euro e fino a 1 milione di euro;
  • 30% per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro;
  • 20% per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro.

Per i soggetti che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019, ai fini del calcolo della media,  rilevano i mesi successivi a quello di attivazione della partita IVA.

Individuate le modalità di calcolo, per tutti i soggetti, compresi quelli che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2020, l’importo del contributo  non può essere superiore a centocinquantamila euro ed è riconosciuto, comunque, per un importo:

  • non inferiore a mille euro per le persone fisiche e
  • a duemila euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

Il contributo non è tassato.

Come fare domanda contributo a fondo perduto Dl Sostegni

Per ottenere il contributo a fono perduto è necessario presentare apposite richiesta telematica nell’area “Fatture e Corrispettivi” del sito dell’Agenzia delle entrate accedendo personalmente tramite SPID oppure tramite il proprio consulente di fiducia.

L’istanza deve essere presentata, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla data di avvio della procedura telematica per la presentazione della stessa. Le modalità di effettuazione dell’istanza, il suo contenuto informativo, i termini di presentazione della stessa sono stati già definiti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate Prot. n. 77923/2021 del 23 marzo.

Le domande di contributo potranno essere presentate a partire dal 30 marzo e fino al 28 maggio.

Un esempio pratico

Ipotizziamo che un avvocato presenti i seguenti dati:

  • compensi 2019 pari a 65.000 euro;
  • compensi 2020 pari a 45.00 euro.

In tale ultimo importo, è stata considerata anche una fattura anticipata al momento non incassata.

Calcoliamo la media fatturato 2019 e 2020.

La media 2019 è uguale a 5.416,67, quella 2020 è pari a 3.750. L’ammontare medio mensile del fatturato 2020 è inferiore di oltre il 30 per cento rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato 2019.

Considerati tali importi, è verificato il requisito della perdita di fatturato pari almeno al 30%.

Il contributo spettante sarà pari a E 1666,67 * 60%= E 1000,60

Nell’istanza di richiesta del contributo, sarà necessario specificare se si desidera ricevere il contributo cash sul conto corrente oppure sotto forma di credito d’imposta da utilizzare in compensazione in F24, senza limiti annuali. Tale possibilità di scelta non era ammessa per i precedenti contributi a fondo perduto.

Infine, si precisa che il contributo non spetta:

  • ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data del 23 marzo, data di entrata in vigore del decreto Sostegni
  • a coloro che hanno attivato la partita IVA dopo l’entrata in vigore del  decreto;
  • agli enti pubblici di cui all’articolo 74 del TUIR;
  • agli intermediari finanziari e società di partecipazione di cui all’articolo 162-bis del TUIR.

Qualora il contributo sia in tutto o in parte non spettante, anche a seguito del mancato superamento della verifica antimafia, l’Agenzia delle entrate procede al suo recupero. Irrogando, le sanzioni dal 100 al 200% del contributo illegittimo e applicando gli interessi.

Modulo domanda e istruzioni

Alleghiamo infine il modulo di domanda e le istruzioni di compilazione relativi al Contributo fondo perduto Decreto Sostegni.