Archivi giornalieri: 16 marzo 2021

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Smart working e congedo covid 2021: nuove misure per genitori lavoratori

Smart working e congedo covid 2021: nuove misure per genitori lavoratori

Il Decreto-Legge 30/2021 ha introdotto un nuovo congedo covid e nuovo smart working per figli in DAD, quarantena o colpiti da covid-19

Il Governo tende la mano ai lavoratori e genitori con figli minori. Infatti, il 13 marzo 2021 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 62 il D.L. n. 30/201, il quale introduce interventi di sostegno per lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena. In poche parole, sono state confermate – anche per il 2021 – le misure straordinarie di lavoro a distanza e congedi parentali straordinari che hanno visto la luce nel corso del 2020.

Quindi, i genitori hanno diritto allo smart working fino al 30 giugno 2021 con figli minori di 16 anni, in caso di sospensione delle attività scolastiche o di infezione o quarantena delle classi. Tuttavia, chi non può svolgere la propria attività lavorativa in modalità agile, scatta il congedo covid per uno dei due genitori, che può rimanere a casa con il figlio nei periodi di sospensione della didattica in presenza. Chiaramente, in tal caso, vi è il mantenimento del posto e soprattutto il divieto di licenziamento.

Ma andiamo in ordine e vediamo in dettaglio come funzionano Smart working e congedo covid per il 2021.

Smart working per figli minori di 16 anni in DAD, in quarantena o con covid

Il genitore, lavoratore dipendente, con figlio convivente minore di anni 16, alternativamente all’altro genitore, può svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, sempre che la tipologia di lavoro svolto lo consenta.

Il periodo corrisponde in tutto o in parte alla durata:

  • della sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio;
  • dell’infezione da SARS Covid-19 del figlio;
  • della quarantena del figlio disposta dal Dipartimento di prevenzione della azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente a seguito di contatto ovunque avvenuto.

Congedo covid retribuito al 50% in alternativa allo smart working, ma fino ai 14 anni

Laddove la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile, il genitore lavoratore dipendente di figlio convivente minore di anni 14, alternativamente all’altro genitore, può astenersi dal lavoro per un periodo corrispondente in tutto o in parte alla durata:

  • della sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio;
  • dell’infezione da SARS Covid-19 del figlio;
  • della quarantena del figlio.

Il beneficio, si ricorda, è riconosciuto anche ai genitori di figli con disabilità in situazione di gravità accertata, iscritti a scuole di ogni ordine e grado per le quali sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale per i quali sia stata disposta la chiusura.

Retribuzione spettante

Per i periodi di astensione è riconosciuta, in luogo della retribuzione, un’indennità pari al 50% della retribuzione stessa. I suddetti periodi sono coperti da contribuzione figurativa.

Gli eventuali periodi di congedo parentale, fruiti dai genitori a decorrere dal 1° gennaio 2021, e fino al 13 marzo 2021, durante i periodi di sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio, possono essere convertiti a domanda con diritto all’indennità e non sono computati nè indennizzati a titolo di congedo parentale.

Congedo covid senza retribuzione per i figli fra 14 e 16 anni

In caso di figli di età compresa fra 14 e 16 anni, uno dei genitori, alternativamente all’altro, ha diritto di astenersi dal lavoro senza:

  • corresponsione di retribuzione o indennità;
  • riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro.
Vaccinazione covid dei lavoratori direttamente in azienda: al via in Lombardia

In questa ultima fase l’aumento dei contagi da coronavirus e la progressiva pressione sugli ospedali di alcune aree della penisola, impongono soluzioni immediate e pratiche. Al momento, infatti, si sta ragionando di sfruttare la collaborazione delle aziende sparse sul territorio. Ciò al fine di velocizzare la campagna di vaccinazione covid in tutto il paese.

Come già ipotizzato nelle scorse settimane, la linea è insomma anche quella di coinvolgere le aziende, delegando loro la vaccinazione dei propri dipendenti. Per questa via, si potrebbe aumentare di non poco il ritmo delle immunizzazioni giornaliere, in modo da sfruttare i medici competenti e i medici aziendali.

E contribuendo a diminuire gli oneri gravanti sulle strutture pubbliche. Vediamo dunque, un po’ più da vicino, quali sono le novità sul tema vaccinazioni e il caso della Lombardia, la prima a sfruttare le aziende locali.

Vaccinazione covid dei lavoratori in azienda: l’incontro con le parti sociali è stato positivo

In buona sostanza, somministrare i vaccini all’interno delle aziende si può ed è certamente utile in una situazione di recrudescenza del virus, come quella che stiamo vivendo negli ultimi giorni, anche a causa delle varianti del coronavirus. La soluzione della vaccinazione covid nelle aziende sarebbe stata concordata dal ministro della Salute Speranza con le parti sociali, convocate qualche giorno fa, per un vertice ad hoc dal ministro del Lavoro Orlando.

In base alle indiscrezioni emerse, nell’incontro è stata ipotizzata la possibilità di “utilizzare presidi all’interno delle aziende, quindi i medici aziendali, per le somministrazioni delle dosi, per garantire un accesso più fluido ai lavoratori più esposti al contagio”.

Leggi anche: Chi non si vaccina può essere licenziato?

All’incontro citato ha partecipato anche il nuovo Commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo, incaricato di gestire tutta la parte della logistica nella distribuzione dei vaccini.

Gli esponenti del Governo hanno chiarito alle sigle sindacali le finalità collegate alla vaccinazione covid in azienda: “Fare il punto sull’attuazione dei protocolli di sicurezza firmati nel marzo dello scorso anno” e esaminare la “possibilità di utilizzare i presidi che esistono all’interno delle aziende, quindi i medici aziendali, per le vaccinazioni”.

In un coordinamento più generale ed articolato, previsto anche il coinvolgimento dell’Inail tramite la rete dei suoi ambulatori.

La logica dietro la vaccinazione in azienda e il ruolo delle imprese

Il principio-guida evidenziato dai ministri Orlando e Speranza, nell’incontro sul tema della vaccinazione covid nelle aziende, è che “ogni presidio e ogni luogo dove può esserci un medico messo nelle condizioni, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza, di accelerare le vaccinazioni è un fatto positivo per il Paese”, perciò vanno individuate “risorse anche interne alle aziende per agevolare la vaccinazione dei dipendenti”.

Confindustria, anch’essa presente all’incontro, con il direttore generale Francesca Mariotti. Quest’ultima ha rimarcato la disponibilità delle aziende a collaborare in modo concreto e tempestivo alla campagna di immunizzazione.

In particolare, l’associazione di imprese avrebbe assicurato di poter vaccinare ben 12 milioni di soggetti, inclusi i componenti delle famiglie dei 5,5 milioni di lavoratori subordinati nella rete associativva. Ecco perchè, durante l’incontro, è emersa la necessità di elaborare protocolli ad hoc e regole di dettaglio che possano favorire il rapido ricorso alla vaccinazione covid in azienda.

La vaccinazione in azienda inizia dalla Lombardia: l’accordo

Insomma, dopo la fase delle dichiarazione di intenti e dell’elaborazione delle linee guida e di coordinamento, è necessario passare alla fase operativa in senso stretto. Urgono rimedi tempestivi, a causa dell’aumento esponenziale dei contagi, almeno in alcune aree del territorio. Così si spiega il recentissimo accordo tra Regione Lombardia, Confindustria, Associazione Nazionale Medici di Azienda e Competenti e Confapi per un protocollo d’intesa, mirato all’estensione della campagna vaccinale anti-covid19 alle aziende manifatturiere lombarde. Non deve stupire che la vaccinazione covid in azienda parta proprio dalla Lombardia; proprio questa infatti è stata la Regione colpita più di tutte dall’emergenza sanitaria.

Il via libera renderà possibile la moltiplicazione dei luoghi in cui è possibile essere vaccinati, al fine di alleggerire il peso gravante sulle strutture pubbliche; e aumentare esponenzialmente il numero delle persone vaccinate.

Tuttavia, il protocollo lombardo, pur già pronto ed approvato, per essere pienamente operativo, dovrà prima essere esaminato dalla struttura commissariale guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo. Sarà proprio quest’ultimo a dettagliare e definire con precisione le modalità di attuazione del piano in oggetto.

La direzione pare ormai tracciata: altre Regioni infatti si stiano adoperando per una soluzione identica. Puglia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige intendono anch’esse adottare a breve un protocollo d’intesa ad hoc.

Alcuni dettagli pratici da considerare

E proprio sulle appena citate modalità di attuazione, occorrerà concentrare gli sforzi; per addivenire ad una rapida vaccinazione covid in azienda. Infatti, è necessario occuparsi della questione inerente le bassissime temperature di conservazione del vaccino anti-Covid, pari a -70/-80 gradi. Non solo: va garantito che ogni industria o azienda favorevole a diventare luogo di vaccinazione, possa contare su personale medico ad hoc. Le aziende piccole non hanno infatti un medico competente. Perciò sono da organizzare e garantire dei presidi sanitari nei luoghi adibiti alla vaccinazione, all’interno dell’azienda.

Concludendo, non possiamo non rimarcare che Anma – ossia l’Associazione Nazionale Medici d’Azienda e Competenti – ha predisposto alcune condizioni, per garantire i propri iscritti. Anzitutto, l’adesione deve essere del tutto spontanea e volontaria. Inoltre, ciascun medico che farà le vaccinazioni in azienda, dovrà farlo senza maggiori costi; ed essendo altresì tutelato da un’assicurazione supplementare ed ulteriore, rispetto a quella tipica che ha già ha per l’attività svolta.

CU 2021 e bonus Irpef: taglio del cuneo fiscale in Certificazione Unica

CU 2021 e bonus Irpef: taglio del cuneo fiscale in Certificazione Unica

Come dev’essere esposto il nuovo bonus Irpef in Certificazione unica? E quali sono i controlli da effettuare sul taglio del cuneo fiscale?

L’introduzione del bonus Irpef, ovvero del taglio del cuneo fiscale ha un importante impatto in sede di compilazione della Certificazione unica 2021 redditi 2020; dichiarazione da trasmettere a cura del sostituto di imposta in via telematica all’Agenzia entrate entro il prossimo 31 marzo (data prorogata). Entro la stessa data le CU devono essere consegnate ai percettori dei redditi in esse certificati.

Analizziamo nel dettaglio le modalità di esposizione e conguaglio dell’ex bonus Renzi e del nuovo bonus taglio cuneo fiscale, ovvero del trattamento integrativo / ulteriore detrazione nella CU 2021. Ricordiamo inoltre che in sede di recente conversione in Legge del “Decreto Milleproroghe” è stato elevato da 8 a 10 il numero di rate (solo per l’ulteriore detrazione) per restituire gli importi agevolativi non spettanti, a seguito del conguaglio di fine anno.

Ecco i dettagli.

Certificazione Unica 2021: nuovi campi per il taglio del cuneo fiscale

All’interno delle CU 2021 al campo 6 relativo ai giorni per i quali spetta la detrazione da lavoro dipendente (il cui totale non potrà essere superiore a 365), si sono aggiunti i campi 13 e 14, distinti tra primo e secondo semestre 2020, al fine di ripartire correttamente la quota del “Bonus Renzi” (previsto sino al 30 giugno 2020) e quella del trattamento integrativo / ulteriore detrazione introdotto dal 1° luglio 2020.

In caso di rapporto di lavoro coincidente con l’intero anno solare, la somma dei punti 13 e 14 dovrà essere comunque 365 giorni, distinti in 181 per il primo semestre e 184 per il secondo.

Al contrario, se il rapporto ha avuto inizio prima del 29 febbraio e non ha interessato l’intero anno, il numero di giorni indicati al punto 13 dovrà considerare il suddetto 29 febbraio.

Trattamento integrativo in CU 2021

Il trattamento integrativo interessa i punti a partire dal numero 400.

In particolare:

  • il punto 400 dev’essere valorizzato con il codice 1 se il sostituto ha riconosciuto il trattamento e lo ha erogato in tutto o in parte, il codice 2 al contrario se non è stato riconosciuto il trattamento ovvero è stato riconosciuto ma non erogato neanche in parte;
  • al punto 401 dev’essere riportato l’importo del trattamento erogato dal sostituto d’imposta;
  • nel campo 402 va annotato l’ammontare del trattamento integrativo che il sostituto ha riconosciuto ma non corrisposto al dipendente;
  • nel campo 403 invece l’ammontare del trattamento integrativo non spettante, recuperato entro le operazioni di conguaglio;
  • al punto 404 dev’essere riportato l’ammontare del trattamento da recuperare dopo le operazioni di conguaglio.

Ulteriore detrazione nella Certificazione Unica 2021

L’importo riconosciuto dal sostituto d’imposta a titolo di ulteriore detrazione dev’essere riportato al punto 368.

Milleproroghe e recupero in busta paga del bonus Irpef

L’articolo 22-sexies del “Decreto Milleproroghe” amplia a 10 il numero di rate in cui è possibile trattenere al beneficiario le somme non spettanti, a titolo di ulteriore detrazione, derivante dalle operazioni di conguaglio di fine anno.

La novità arriva in sede di conversione in Legge numero 21 del 26 febbraio 2021 del D.l. n. 183/2020 (il già citato “Decreto Milleproroghe”).

Prima della novella normativa in parola, il sostituto d’imposta che, in sede di conguaglio di fine anno, accerta in base ai dati reddituali definitivi:

  • La non spettanza del trattamento integrativo o dell’ulteriore detrazione;
  • La spettanza del trattamento integrativo o dell’ulteriore detrazione in misura inferiore rispetto a quanto erogato nei singoli mesi dell’anno.

In queste ipotesi il sostituto è tenuto a recuperare per conto dell’Erario gli importi di cui il beneficiario non ha diritto (cosiddetto “conguaglio negativo”).

Ciò accade anche con riferimento all’imposta IRPEF, alle detrazioni da lavoro dipendente o per familiari a carico, nonché per l’ex Bonus Renzi. Tuttavia, la peculiarità delle misure di riduzione del cuneo fiscale risiede nel fatto che il recupero delle somme non spettanti avviene, se di importo superiore a 60 euro, in 8 rate (con il Milleproroghe passano a 10 per l’ulteriore detrazione) di pari importo, a decorrere dalla retribuzione che sconta gli effetti del conguaglio.

Le somme recuperate al lavoratore devono essere poi versate dal sostituto d’imposta con modello F24, attraverso il codice tributo 1066 di recente istituzione.

Bonus cuneo fiscale: cos’è e come funziona

Il Decreto legge numero 3 del 5 febbraio 2020 (convertito in Legge numero 21 del 2 aprile 2020) con lo scopo di ridurre il peso di contributi e tasse sulle buste paga dei lavoratori dipendenti, ha introdotto, per le prestazioni rese dal 1° luglio 2020 ed in sostituzione dell’ex Bonus Renzi due distinte misure:

  • Trattamento integrativo, erogato come somma netta (al pari del bonus 80 euro), in misura pari a 600,00 euro dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2020, elevati dal 1° gennaio 2021 a 1.200,00 euro annui, riservato a coloro che totalizzano redditi complessivi non superiori a 28 mila euro;
  • Ulteriore detrazione, aggiuntiva rispetto alle detrazioni da lavoro dipendente, per familiari a carico ed a tutte le altre tipologie di oneri detraibili, il cui importo è differenziato in ragione del reddito complessivo del percipiente, il quale comunque non potrà eccedere i 40 mila euro.

Mentre il trattamento integrativo è stato introdotto in via strutturale già dal 1° luglio 2020, l’ulteriore detrazione ha operato in maniera temporanea sino al 31 dicembre 2020, salvo poi essere confermata a tempo indeterminato dal 1° gennaio 2021 ad opera della Legge di bilancio 2021 (Legge numero 178 del 30 dicembre 2020).

Leggi anche: Bonus Cuneo fiscale INPS: spetta anche sulle prestazioni NASpI, CIG e Maternità? Analisi completa

Chi sono i beneficiari del bonus cuneo fiscale

Le misure di riduzione del cuneo fiscale spettano a coloro che producono redditi da lavoro dipendente e taluni redditi assimilati. In sintesi i beneficiari sono coloro che percepiscono:

  • Redditi da lavoro dipendente e pensione;
  • Collaborazioni coordinate e continuative;
  • Compensi erogati ai soci di cooperative di produzione e lavoro, servizi, agricole e di prima trasformazione di prodotti agricoli, nonché della piccola pesca;
  • Compensi percepiti da soggetti terzi in virtù di incarichi svolti per il fatto di essere lavoratori dipendenti;
  • Borse di studio;
  • Capitali e rendite periodiche corrisposte dai fondi pensione;
  • Compensi derivanti da lavori socialmente utili;
  • Remunerazione dei sacerdoti.

I potenziali destinatari delle misure agevolative, hanno diritto alle stesse soltanto nel caso in cui l’imposta IRPEF lorda, sia di ammontare superiore alle detrazioni da lavoro dipendente (di cui all’articolo 13 comma 1 del TUIR).

Cos’è il trattamento integrativo

Come anticipato, coloro che totalizzano un reddito complessivo annuo non superiore a 28 mila euro hanno diritto al trattamento integrativo, pari ad euro 1.200,00 annui, equivalenti a 100,00 euro mensili.

La peculiarità della misura in parola risiede nel fatto che, come l’ex “Bonus Renzi”, la stessa rappresenta un credito d’imposta, come tale esente da trattenute fiscali e contributive. In sostanza, un importo netto a beneficio del lavoratore, anticipato in busta paga dal sostituto d’imposta, simulando quello che sarà il reddito complessivo dell’anno, salvo poi effettuare il calcolo di quanto effettivamente spettante in sede di conguaglio di fine anno o fine rapporto.

Come funziona l’ulteriore detrazione

La detrazione aggiuntiva introdotta dal D.l. numero 3 spetta a coloro che totalizzano redditi compresi tra 28 mila e 40 mila euro. L’agevolazione introdotta inizialmente in maniera temporanea dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2020 spettava in misura pari a:

  • 480 + [120 * (35.000 – reddito complessivo) / 7.000] per chi ha un reddito complessivo tra 28.001,00 e 35.000 euro;
  • 480 * [(40.000 – reddito complessivo) / 5.000] a beneficio di chi ha un reddito complessivo tra 35.000 e 40.000 euro.

A seguito della conferma in via strutturale dal 1° gennaio 2021, l’importo annuo dell’ulteriore detrazione è pari a:

  • 960 + [240 * (35.000 – reddito complessivo) / 7.000] se il reddito complessivo è compreso tra 28.001 e 35.000 euro;
  • 960 * [(40.000 – reddito complessivo) / 5.000] nel caso in cui il reddito complessivo si collochi nella fascia 35.000 – 40.000 euro.
Dichiarazione dei redditi 2021: calendario aggiornato delle principali scadenze fiscali

Il 2021 è fitto di scadenze fiscali legati alle dichiarazione dei redditi, ovvero agli obblighi dichiarativi e non, a partire dalla certificazione unica che deve essere trasmessa all’Agenzia delle entrate e consegnata ai percipienti entro il 16 marzo 31 marzo (data aggiornata) fino ad arrivare al modello Redditi da inviare entro il prossimo 30 novembre. Salvo proroghe legate al protrarsi dell’emergenza covid-19.

In tale intervallo di tempo si possono individuare anche altre scadenze, in primis quella del modello 73o precompilato e ordinario, o il 770 da trasmettere all’Agenzia delle entrate entro il 2° novembre 2021.

Vediamo un calendario aggiornato con le principali scadenze fiscali legate alle dichiarazioni dei redditi 2021 per lavoratori, pensionati, autonomi, professionisti e imprese.

Scadenze della certificazione Unica 2021

La CU/2021 deve essere trasmessa in via telematica dal sostituto d’imposta (anche tramite intermediario) all’Agenzia delle Entrate, entro il prossimo 31 marzo 2021. Questa la nuova data aggiornata dopo la proroga comunicata dal MEF.

Leggi anche: proroga certificazione Unica 2021

Tale termine deve essere rispettato solo per le C.U. che riportano redditi che sono dichiarabili con la dichiarazione precompilata. Questo perché, come vedremo a breve, la precompilata sarà messa a disposizione del contribuente entro il prossimo 10 maggio (in precedenza era il 30 aprile).

Infatti, per le certificazioni uniche contenenti esclusivamente redditi esenti o non dichiarabili mediante la dichiarazione precompilata, l’invio all’Agenzia delle Entrate può avvenire  entro il termine di presentazione del Modello 770.  Dunque entro il 31 ottobre che però per il 2021, slitta al 2 novembre, essendo il 31 ottobre ed il 1° novembre giorni festivi.

La consegna della Certificazione Unica al lavoratore deve avvenire entro la data del 31 marzo. La Certificazione unica va rilasciata al percettore delle somme, utilizzando il modello “sintetico“.

Attenzione agli aspetti sanzionatori:

  1. l’omesso-tardivo o errato invio della C.U. all’Agenzia delle entrate è punito, per ogni C.U., con la sanzione  di cento euro  con un massimo di euro 50.000 per sostituto di imposta;
  2. la mancata consegna della stessa invece sconta la sanzione da 250 a 2.000 euro.

Sul punto 1, nei casi di errata trasmissione della certificazione, la sanzione non si applica se la trasmissione della corretta certificazione è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza indicata nel primo periodo. Se la certificazione è correttamente trasmessa entro sessanta giorni dal termine ordinario, la sanzione è ridotta a un terzo, con un massimo di euro 20.000.

Leggi anche: sanzioni Certificazione Unica

730 precompilato 2021: si parte dal 10 maggio, invio al 30 settembre

Entro il prossimo 10 maggio (prorogata la scadenza che prima era fissata al 30 aprile) l’Agenzia delle entrate metterà a disposizione dei contribuenti il 730 precompilato. Nel 730 sono presenti tutti i redditi dichiarabili  con il 730 (ad esempio lavoro dipendente) conseguiti nel corso dell’anno dai contribuenti nonchè gli oneri detraibili e deducibili dagli stessi pagati nell’anno oggetto di dichiarazione. Il fisco ne è a conoscenza in primis con le certificazioni uniche inviate dai sostituti d’imposta nonchè grazie alle comunicazioni effettuate da soggetti terzi quali operatori sanitari, banche, assicurazioni, università imprese funebri ecc.

L’invio della precompilata deve avvenire entro il prossimo 30 settembre. La stessa scadenza vale per il 730 ordinario.

Anche gli eredi del de cui su possono ricorrere al 730 ordinario/precompilato.

Per la dichiarazione dei redditi relative all’anno d’imposta 2020 delle persone decedute nel 2020 o entro il 30 settembre 2021.

Attenzione: gli eredi possono presentare il 730 solo al Caf o professionista abilitato o provvedere direttamente all’invio  telematico all’Agenzia delle entrate. Non può essere consegnato né al sostituto d’imposta della persona fisica deceduta né al sostituto d’imposta dell’erede.

Per le persone decedute successivamente al 30 settembre 2021, la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2020 può essere presentata utilizzando esclusivamente il modello Redditi.

Modello 770/2021

Il Mod. 770 deve essere utilizzato dai sostituti d’imposta, per comunicare in via telematica all’Agenzia delle Entrate i dati fiscali relativi alle ritenute operate nell’anno 2020, i relativi versamenti e le eventuali compensazioni effettuate.

Ancora, deve essere inoltre utilizzato dagli intermediari e dagli altri soggetti che intervengono in operazioni fiscalmente rilevanti, tenuti, a comunicare i dati relativi alle ritenute operate su dividendi, proventi da partecipazione, redditi di capitale erogati nell’anno 2020 od operazioni di natura finanziaria effettuate nello stesso periodo. I relativi versamenti e le eventuali compensazioni operate ed i crediti d’imposta utilizzati.

Anche le ritenute operate sulle locazioni brevi passano dal 770. Infatti, gli intermediari immobilairi tramite i quali sono conclusi i contratti di locazione breve (ad esempio AIRBNB) applicano un a ritenuta del 21% a titolo di cedolare secca. La ritenuta è titolo di imposta se il contribuente nella dichiarazione dei redditi conferma la scelta per la cedolare secca. In caso contrario la ritenuta è un acconto dell’imposta ordinaria che poi verserà il contribuente.

La trasmissione telematica deve essere effettuata entro il 31 ottobre. Cadendo di domenica, per il 2021 la scadenza è spostata a giorno 2 novembre. Infatti i termini che scadono di sabato o in un giorno festivo sono prorogati al primo giorno feriale successivo.

Il modello Redditi

Il modello Redditi deve essere presentato entro il 30 novembre 2021. Per il 2020 la scadenza è stata prorogata al 10 dicembre. Considerato il protrarsi dell’emergenza covid-19. E’ sempre possibile provvedere all’invio entro i 90 giorni successivi al termine ordinario. In sostanza è valida la dichiarazione tardiva ossia presentata entro i 90 giorni dal termine ordinario.

Oltre a presentare la dichiarazione tardiva dobbiamo versare anche un sanzione di 25 euro. In tale caso compileremo il modello F24 riportando anche il codice tributo 8911.

L’invio del modello redditi può essere effettuato direttamente o tramite gli intermediari abiliatati:

  • iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
  • iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli dei periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria;
  • gli avvocati;
  • iscritti nel registro dei revisori contabili di cui al D.Lgs. 21 gennaio 1992, n. 88;
  • Caf – dipendenti;
  • Caf – imprese
  • ecc.

Trascorsi i 90 giorni dal termine ordinario di presentazione la dichiarazione sarà considerata omessa.


Quota 92 novità nella riforma pensioni? Come funziona e chi sono i destinatari

Quota 100 entro quest’anno sarà quasi certamente messa da parte: d’altronde si tratta di una sperimentazione triennale, che riguarda coloro che hanno almeno 62 anni di età anagrafica e 38 anni di contributi previdenziali versati. Cavallo di battaglia di Matteo Salvini, all’epoca dell’introduzione al Governo con il M5s, si prepara insomma ad essere sostituita.

E il ritorno al passato è degno di nota: infatti, a partire dal primo gennaio 2022, la finestra degli sconti si interromperà, per fare di nuovo riferimento alle regole anteriori con un balzo di ben 5 anni: da 62 a 67 anni.  Si tratta del temuto ‘scalone’, ossia una trappola che tutti vorrebbero evitare o comunque neutralizzare. Si ragiona, insomma, sul da farsi e sulle ipotesi sul tavolo. Al momento, infatti, pare fuori gioco la possibilità di una mini-proroga di Quota 100, che peraltro non dispiacerebbe affatto al leader della Lega.

Tra le soluzioni, proprio negli ultimi giorni, si fa strada l’ipotesi di riconsiderare Quota 92, ossia una proposta di cui si è già parlato nel recente passato;  ma che potrebbe, tuttavia, riguardare esclusivamente alcune categorie di lavoratori. Di seguito vogliamo vedere, più da vicino, come potrebbe funzionare detta Quota 92 e chi se ne potrebbe giovare. Facciamo chiarezza.

Da Quota 100 a Quota 92: la direzione pare ormai tracciata

Come detto, il sistema pensionistico italiano si accinge a dire addio alla misura previdenziale Quota 100, per virare verso altre soluzioni, che possano peraltro trovare l’approvazione delle Istituzioni UE. Tuttavia, il leader della Lega, proprio negli ultimi giorni è tornato sul tema, nella finalità di provare a salvare Quota 100: “Tanti imprenditori saranno costretti a rinunciare a qualche collaboratore, quindi toccare quota 100 e alzare l’età pensionabile in un anno come questo, o il prossimo, mi sembrerebbe un errore clamoroso. L’allungamento fino alla fine del 2022 di quota 100 è a costo zero”.

Insomma, Salvini fa riferimento alla gravosa questione delle difficoltà economiche per tanti lavoratori e famiglie ed al possibile sblocco dei licenziamenti. Auspica una proroga o quanto meno una negoziazione su Quota 100, evitando così per il momento di passare a Quota 92: “Ci siederemo al tavolo con il professor Draghi e ne parleremo”, ha precisato il leader del Carroccio.

L’ipotesi Quota 92 è stata rilanciata, ma il dibattito politico è aperto

Insomma, il tema della riforma del sistema pensionistico è tornato prepotentemente in auge, anche perchè l’assegnazione dei soldi del Recovery Fund passa da una complessiva revisione dell’assetto previdenziale italiano. Ma è chiaro che trovare la quadra a seguito del dibattito tra le eterogenee forze politiche che compongono il Governo Draghi, non sarà affatto facile.

Recentemente, come accennato, si parla di nuovo di Quota 92, tema già sottolineato lo scorso ottobre dal senatore Tommaso Nannicini del PD. Detta misura previdenziale è ora una ipotesi battuta dal capogruppo del PD Graziano Delrio, sempre molto attivo in materia di pensioni.

Il PD, anch’esso forza di Governo, ha manifestato la sua contrarietà al possibile rinnovo di Quota 100; ma va ricordato che al momento questa non sembra essere un’ipotesi sul tavolo dell’Esecutivo. E’ doveroso però architettare una soluzione diversa per evitare che coloro che per pochi mesi non raggiungeranno i requisiti per l’accesso a Quota 100, siano grandemente svantaggiati a partire dal 2022.

Quota 92: quali sono i requisiti?

Nelle ultime settimane, la politica italiana sta vivendo giorni caldi, sia per i dibattiti interni, sulle riforme da attuare nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – ossia il Recovery Plan italiano; sia per gli impegni presi con l’Europa, che verserà gli aiuti del Recovery Fund, se davvero l’Italia si dimostrerà attiva e produttiva sul fronte delle riforme. Tra esse, quella delle pensioni.

Sulla carta, Quota 92 rappresenta una soluzione che potrebbe davvero concretizzarsi nei prossimi mesi. Detta misura di anticipo pensionistico comporterebbe l’uscita da mondo del lavoro, nella sussistenza di due precisi requisiti:

  • 62 anni di età anagrafica;
  • 30 anni di contributi versati.

In linea generale, il meccanismo e il funzionamento non sono dissimili da Quota 100, con la sola differenza dell’età contributiva, che scende ancora dall’attuale 38 anni di Quota 100 a 30 anni. Più nel dettaglio, se per Quota 100 è comunque obbligatoria un’età minima di 62 anni; ed un minimo di 38 anni di contribuzione previdenziale per andare in pensione anticipatamente; con Quota 92 si potrà avere accesso sempre a 62 anni ma con ‘soli’ 30 anni di contributi.

La finalità è evitare il temuto ‘scalone’ dal primo gennaio 2022

Proprio in materia di pensioni ultime notizie, non pochi si stanno chiedendo in che cosa consiste il tanto temuto scalone, che tornerebbe dopo la fine di quota 100, cioè dal primo gennaio del prossimo anno. Ebbene, non è complicato spiegare che cosa comporterebbe. In buona sostanza, la pensione di vecchiaia, sulla scorta delle norme vigenti, permette il ritiro dal lavoro a 67 anni e un’anzianità contributiva minima di anni 20. Invece, la pensione anticipata senza il vincolo dell’età anagrafica ma con esclusivamente il requisito contributivo da avere corrisponde a 42 anni e 10 mesi per i lavoratori. Poco meno di un anno per le lavoratrici, ovvero 41 anni e 10 mesi. Come più volte ribadito, il 31 dicembre “termina” l’esperienza sperimentale di Quota 100, che permette di anticipare la pensione a 62 anni di età anagrafica e con 38 di contributi.

In termini pratici, dal primo gennaio il Paese farebbe un salto nel passato, tornando alle regole di prima; e perciò allo “scalone” di 5 anni di età: da 62 a 67 anni. Eccoci di fronte a questo pericolo, giacchè il pensionamento sarebbe accessibile a partire dai 67 anni di età. Da qui la necessità di adottare adeguate contromisure.

Penalizzazioni in vista con l’introduzione di quota 92: ecco perchè

Introdurre in modo ufficiale Quota 92 non sarebbe tuttavia ‘indolore’: infatti, in dette circostanze, dovrà essere stabilita una sorta di penalizzazione per tutti coloro che intenderanno avvalersi di detta misura di pensionamento anticipato. Ecco dunque una significativa differenza rispetto a Quota 100 – sistema che invece non produce alcun taglio dell’assegno.

Tra le soluzioni valutate in questi giorni, un possibile taglio del 3% per ciascun anno di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia (per un massimo quindi del 15%). Si sta altresì ipotizzando un ricalcolo interamente contributivo – e quindi penalizzante – dell’assegno pensionistico (come per quanto riguarda ‘opzione donna’).

Chi sono i destinatari di Quota 100 e quale soluzione per gli esclusi

A questo punto, è legittimo domandarsi chi potrebbero essere i destinatari della misura di anticipo pensionistico. Ebbene, essa sarebbe riservata non a tutti i lavoratori, ma soltanto ad alcuni. Ci si riferisce alle fasce più fragili dei lavoratori, ossia donne e chi svolge mansioni usuranti.

Concludendo, per tutte le altre categorie di lavoratori, invece, l’opzione più verosimile rimane Quota 102 (ossia 64 anni e 38 di contributi), per impedire gli effetti dello scalone. Ma anche qui in vista penalizzazioni nell’assegno pensionistico, per coloro che scelgono di anticipare l’uscita dal mondo del lavoro e l’accesso anticipato alla pensione. D’altronde è ben noto che l’Unione Europea, per tali misure di flessibilità, richieda dei ‘contrappesi’ di rilievo. Concludendo, non resta che attendere le prossime tappe del dibattito, che vedrà certamente coinvolte le parti sociali. Non sarà facile trovare la quadra, ma è necessario per ottenere il consenso dell’Europa e gli aiuti del Recovery Fund.


Certificazione Unica INPS 2021: come avere la CU per pensioni e altre prestazioni

La Certificazione Unica 2021 INPS sarà disponibile online nell’area privata per pensionati e altri soggetti interessati entro la data di scadenza del 16 marzo 2021. E’ possibile ottenere la Certificazione Unica INPS 2021 (ex modello CUD) per tutti i cittadini che hanno percepito redditi da parte dell’Istituto di previdenza sociale. Tutti i contribuenti che hanno, a qualsiasi titolo, come sostituto di imposta l’Inps, possono quindi richiedere o prelevare direttamente dal sito la CU 2021 INPS relativa ai redditi percepiti nel 2020: pensionati, disoccupati in NASpI, lavoratoti in Cassa Integrazione a pagamento diretto ecc.

Ricordiamo che la Certificazione (ex CUD) serve ad attestare i redditi soggetti a ritenuta d’imposta quali i redditi da lavoro dipendente, da lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, pensione ed assimilati. Sarà quindi necessaria per la preparazione della dichiarazione dei redditi, 730 o Unico Persone Fisiche.

L’INPS ha rilasciato la circolare 44 del 15 marzo 2021, con la quale illustra come ottenere la la CU 2021 dall’Istituto e le attività svolte per gli adempimenti, in qualità di sostituto d’imposta.

In questi ultimi casi l’INPS si comporta come sostituto d’imposta al pari di un normale datore di lavoro, ed è pertanto tenuto al rilascio, l’anno successivo a quello del pagamento, della Certificazione dei redditi percepiti. Ecco i dettagli.

Certificazione Unica 2021 INPS: come ottenerla

Per ottenere la Certificazione Unica INPS online si deve accedere, tramite PIN del cittadino, al servizio sul sito www.inps.it denominato “Certificazione Unica 2021”. E’ inoltre possibile accedere con le proprie credenziali SPID o CNS e da quest’anno anche tramite la Carta d’identità digitale.

Il servizio è raggiungibile dal Menu “Servizi on line” del portale web oppure tramite smarphone e tablet con l’apposita app gratuita Inps-Servizi Mobile.

Tramite il servizio il cittadino potrà visualizzare, scaricare e stampare l’ex modello CUD 2021. Per i pensionati la CU 2021 è accessibile anche tramite il servizio Cedolino pensione e servizi collegati.

Inoltre è raggiungibile dal Fascicolo previdenziale del cittadino, cliccando nel Menù laterale: Modelli > Certificazione Unica (dal 2015) > Anno 2021.

Chi ha necessità invece di visualizzare e/o stampare le certificazioni degli anni precedenti, queste sono presenti nell’area “Fascicolo Previdenziale del cittadino”.

download   Circolare INPS numero 44 del 15-03-2021
       » 166,0 KiB – 137 download

Chi deve scaricare la CU 2021 INPS

Come detto in premessa i soggetti interessati i pensionati e tutti coloro che hanno percepito redditi direttamente dall’INPS, come ad esempio:

  • disoccupati l’indennità di disoccupazione NASpI;
  • lavoratori in cassa integrazione a pagamento diretto da parte dell’INPS.

Tutti coloro che hanno percepito redditi soggetti a tassazione a qualsiasi titolo da parte dell’INPS.

Scadenza consegna CU INPS 2021

La data di scadenza di rilascio da parte dell’INPS è fissata per il 16 marzo 2021.

Leggi anche: Certificazione Unica 2021: scadenza consegna e invio, istruzioni e novità

Altre modalità di rilascio della CU 2021 INPS

In attesa della apposita circolare, si ricorda che l’INPS ha diverse modalità di rilascio della Certificazione Unica 2021 oltre a quella on line sopra descritta.

Ricordiamo pertanto che la CU INPS può essere richiesta, oltre che tramite la procedura telematica su descritta, anche tramite altri canali, ovvero:

  • presso uno sportello dedicato o postazione informatica self service presente nelle strutture territoriali Inps direttamente dall’interessato a da un suo delegato;
  • tramite posta elettronica certificata (PEC) il cittadino con la sua PEC può richiedere la CU inserendo copia di un documento valido, alla PEC richiestacertificazioneunica@postacert.inps.gov.it ;
  • tramite ente di Patronato, CAF o professionista abilitato all’assistenza fiscale.
  • presso Comuni ed altre Pubbliche Amministrazioni abilitate;
  • i pensionati residenti all’estero possono richiedere la CU 2020, ai numeri telefonici dedicati: 0039-06.59058000 – 0039-06.59053132, con orario 8–19 (ora italiana);
  • la CU 2021 INPS può essere spedita al domicilio del titolare nei casi di comprovata necessità, previa richiesta al Call Center INPS ai Numeri Verde: 800 434320; 803 164 solo da rete fissa; 06 164164 solo da rete mobile.

I cittadini ultra ottantenni titolari di indennità di accompagnamento, speciale o di comunicazione, possono usufruire del servizio “Sportello Mobile” che prevede l’invio di un’apposita comunicazione, con i recapiti telefonici di un operatore della sede territorialmente competente, per richiedere la spedizione della Certificazione Unica al proprio domicilio.

Queste ultime modalità di rilascio della Certificazione Unica INPS 2021sono pertanto valide anche relativamente alla campagna dichiarativa in corso.

Novità recente è la possibilità di richiedere l’invio telematico da parte dell’INPS del cedolino pensione e della CU via email.

CU INPS 2021: chi non la deve scaricare

Ricordiamo infine che i contribuenti che decidono di utilizzare il 730 precompilato online non devono necessariamente reperire la propria CU. Questi infatti troveranno i dati già caricati nel sistema.

Possono evitare di scaricare e stampare la certificazione anche quei contribuenti in possesso del solo reddito INPS, i quali non sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi, a meno che debbano avere un rimborso o pagare una detrazione non dovuta.

Infatti la Certificazione Unica è essa stessa una dichiarazione dei redditi valida ai fini fiscali.

Pensioni

 
 

LA PROPOSTA

La pensione anticipata e l’addio a «Quota 100». I sindacati: riaprire il tavolo

di Redazione Economia

La pensione anticipata e l'addio a «Quota 100». I sindacati: riaprire il tavolo

Pensioni, sale la tensione sulla riforma della previdenza. Cgil, Cisl e Uil chiedono al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando, di riaprire il tavolo di confronto sulla previdenza. «È necessario e urgente disegnare una riforma strutturale del sistema previdenziale che superi le attuali rigidità e che decorra dal gennaio 2022, alla scadenza di Quota 100 – scrivono Cgil, Cisl e Uil con i segretari confederali Roberto Ghiselli, Ignazio Ganga e Domenico Proietti -. La riforma complessiva del nostro impianto previdenziale dovrà prevedere la possibilità di accesso flessibile alla pensione, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, la valorizzazione del lavoro di cura e del lavoro delle donne». Inoltre, per i sindacati «è il momento di prevedere un meccanismo che tuteli le future pensioni dei giovani, in particolare coloro che hanno carriere discontinue con basse retribuzioni, garantire un maggior potere d’acquisto per i pensionati e promuovere le adesioni alla previdenza complementare», concludono le tre sigle.

La sfida del governo Draghi

Nel programma annunciato a febbraio, Mario Draghi non vi ha fatto accenno. Ma politici, tecnici e addetti ai lavori sanno che il nuovo governo non potrà esimersi dal mettere mano all madre di tutte le riforme, quella delle pensioni. E l’appello dei sindacati vuole per l’appunto evidenziarne l’urgenza. Non sarà però impresa semplice, vuoi per la difformità di vedute delle forze politiche (variegate) che lo sostengono, vuoi anche per alcune date cardine che non possono essere aggirate. La prima delle quali è la scadenza di Quota 100, la cui fase sperimentale durata tre anni terminerà a fine dicembre 2021, lasciando i lavoratori che vorranno andare in pensione di fronte a uno scalone da brivido (da 62 a 67 anni).

Quota 100, cos’è e come funziona?

Ma cosa significa e come funziona «Quota 100»? Si tratta della riforma introdotta dal primo governo Conte e voluta dalla Lega che consente fino al 31 dicembre 2021 di andare in pensione anticipata a tutti i lavoratori che raggiungono almeno 62 anni d’età e 38 di contributi. Attraverso questa via si può quindi lasciare il lavoro fino a 5 anni prima dei 67 anni d’età richiesti per la pensione di vecchiaia.

Le scelte di Draghi sulle pensioni

Quali saranno le scelte di Draghi sulle pensioni? La fine di Quota 100 è data per scontata (lo stesso governo Conte bis ne aveva annunciato la fine e la sostituzione con una possibile Quota 102), ma c’è da evitare il famoso «scalone» che costringerebbe i lavoratori a un passo dall’agognata ritirata dal lavoro a rimandare i progetti pensionistici di 5 anni (qui la scheda sulle pensioni e tutte le ipotesi di riforma). A ben vedere, una trappola anche per il governo, che per quanto «tecnico» non può esimersi dall’intervenire. Anche perché le richieste dei sindacati in questo senso (trovare un’alternativa all’archiviazione di Quota 100) sono stati pressanti sin dal primo incontro con il ministro del lavoro, Andrea Orlando.

Coefficienti di trasformazione e soglie di pensionamento

Per riportare un minimo di flessibilità alle norme da «contributivo» rigido della legge Formnero le strade sarebbero due: una riforma complessiva (come quella auspicata dallo stesso Draghi per il Fisco), che però suona ambiziosa tenuto conto delle prospettive ancora incerte della super maggioranza attuale, oppure un intervento mirato su soglie di pensionamento e coefficienti di trasformazione.

Le soluzioni possibili e la flessibilità necessaria

L’ipotesi più gettonata nel Conte bis, come detto, era Quota 102, elevando a 64 anni l’età minima per accedere al prepensionamento. In subordine, un mix flessibile di requisiti (età+contributi) la cui somma faccia sempre 102. Il tutto con l’aggiunta di penalizzazioni per ogni anno di anticipo rispetto al pensionamento di vecchiaia a 67 anni. Queste ipotesi sono però respinte non solo dalla Lega, ma anche dai sindacati. Come ne uscirà Draghi? Il nuovo presidente de Consiglio ha già detto che consulterà le parti sociali, oltre ai partiti. Le posizioni di partenza sono distanti, è vero. Ma ci sono alcune condizioni che potrebbero favorire un compromesso. Tutte le parti in causa concordano sul fatto che il primo gennaio 2022 bisognerà avere una soluzione intermedia tra Quota 100 e i 67 anni.

Come lasciare il lavoro nel 2021 e andare in pensione

Sembra indubbio, comunque, che il governo Draghi sia costretto a esaminare in profondità il dossier previdenziale, anche perché con il forte calo della crescita nel 2020 e il Pil «stazionario» degli anni precedenti a quello della crisi pandemica, l’effetto sugli assegni di pensione è stato molto profondo e negativo tanto per i neo pensionati quanto per quelli già da qualche anno in quiescienza (la rivalutazione dell’assegno pensionistico si è di fatto bloccata: leggi qui l’articolo). Qui, invece, si può avere un quadro di come lasciare il lavoro nel 2021: tutte le strade che portano alla pensione.

 

17 marzo 1861

17 marzo 1861, l’Unità d’Italia: una data infausta?

16 Marzo 2021

[Francesco Casula]

Il 17 marzo 1861 è stata una data infausta, segnatamente per la Sardegna e l’intero Meridione. Quell’Unità infatti – con la proclamazione in quel giorno, da parte di Cavour, in francese, di Vittorio Emanuele II, roi d’Italie – segnerà l’inizio del colonialismo interno e il sottosviluppo dell’intero Meridione.

La Sardegna era stata ancor più sfortunata, perché fin dal 1720 era caduta sotto la dominazione brutale e sanguinaria dei tiranni sabaudi.

Quell’Unità, lungi dall’essere foriera di magnifiche sorti e progressive, si risolverà, sostanzialmente nella “piemontesizzazione” della penisola e fu realizzata (grazie alle sterline della massoneria inglese e agli eserciti francesi e prussiani), dalla Casa savoia, dai suoi ministri – da Cavour in primis – e dal suo esercito, in combutta con gli interessi degli industriali del Nord e degli agrari del Sud, il blocco storico gramsciano, contro gli interessi del Meridione e delle Isole e a favore del Nord, contro gli interessi del popolo, segnatamente di quello contadino e del Sud, contro i paesi e a vantaggio delle città, contro l’agricoltura e a vantaggio dell’industria.

Scrive a questo proposito, nel suo capolavoro “Paese d’Ombre” lo scrittore di Villacidro, Giuseppe Dessì: “Era stato soltanto ingrandito il regno del re sabaudo”. E l’Italia era “divisa come prima e più di prima, giacché l’unificazione non era stato altro che l’unificazione burocratica della cattiva burocrazia dei vari stati italiani. Questi sardi impoveriti e riottosi non avevano nulla a che fare con Firenze, Venezia, Milano, con Torino, che considerava l’Isola come una colonia d’oltremare, o una terra di confino. In realtà fra gli stessi italiani del Continente, non c’era in comunione se non un’astratta e retorica idea nazionalistica, vagheggiata da mediocri poeti e da pensatori mancati”. E conclude: ”L’unità vera, quella per la quale tanti uomini si erano sacrificati, si sarebbe potuta ottenere soltanto con una federazione degli stati italiani”.

Altro che persistere con l’ubriacatura unitarista: con buona pace di Mattarella e di tutti i Partiti italici ancora incatenati al mito, perverso e fallimentare, della Repubblica, “una e indivisibile”! Tanto meno segnò una rivoluzione. E neppure un semplice cambiamento. Da questo punto di vista ci viene in aiuto un altro grande romanziere, questa volta il siciliano Giuseppe Tomasi di Lambedusa  con “Il Gattopardo”: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” affermerà Tancredi, nipote di Don Fabrizio, principe di Salina e protagonista del romanzo.

E tutto rimarrà come prima: anzi, i grandi proprietari terrieri continueranno a conservare e detenere i vecchi privilegi economici e sociali. E ne otterranno di nuovi, quelli politici: saranno addirittura nominati senatori del regno. E il Sud dei contadini? Avrà “la libertà, la sicurezza, tasse più leggere”, come pure i suoi “liberatori” avevano promesso? Il contrario.

“Lo stato italiano che si formava sarà rapace con leggi di espropria e di coscrizione che dal Piemonte sarebbero dilagate sin qui, come il colera. Vedrete, fu la sua non originale conclusione, vedrete che non ci lasceranno neanche gli occhi per piangere”.

E i plebisciti? Un imbroglio: anche i no diventano sì: Dice un personaggio del romanzo che aveva votato no :”Il mio no diventa un sì…ora tutti savoiardi sono!”. Quell’imbroglio continua anche oggi: sono passati 160 anni: ma ancora savoiardi siamo! Nonostante la loro cacciata nel 1946.

Essi infatti continuano a “occupare” le nostre Vie e Piazze. Addirittura  in Piazza Yenne a Cagliari,campeggia bene in vista la statua di Carlo Felice, Quella statua – come tutte le statue sabaude – sta ancora lì, a “segnare” e “marchiare” il territorio, a dirti, dall’alto, che lui è il regnante e tu sardo, sei ancora suddito, unu tzeracu. Dunque devi continuare a omaggiarlo, a riconoscerlo come tale. Anche se da vice re come da re è stato il tuo carnefice e un tiranno famelico, ottuso, ultrareazionario  e sanguinario.

Ma usque tandem?

 

Congedo papà

Congedo papà (nascita, adozione o affidamento bambino)

Cos’è+

L’articolo 4, comma 24, lettera a), della legge 28 giugno 2012, n. 92 ha istituito il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo, alternativo al congedo di maternità della madre, fruibili dal padre lavoratore dipendente anche adottivo e affidatario, entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio.

L’articolo 1, comma 354, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) ha prorogato il congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti anche per le nascite e le adozioni/affidamenti avvenute nell’anno solare 2017 ed ha previsto, per l’anno solare 2018, l’aumento del suddetto congedo obbligatorio da due a quattro giorni.

Per l’anno solare 2019, l’articolo 1, comma 278, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) ha aumentato a cinque il numero dei giorni di congedo obbligatorio.

Per l’anno solare 2020, l’articolo 1, comma 342, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) ha ulteriormente aumentato a sette il numero dei giorni di congedo obbligatorio.

Per l’anno solare 2021, l’articolo 1, comma 363, lettera a), della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021) ha ulteriormente aumentato a dieci il numero dei giorni di congedo obbligatorio ed ha ampliato la tutela del congedo stesso prevedendone la fruizione anche nel caso di morte perinatale del figlio.

Il citato articolo 1, comma 354, della legge 232/2016 non ha altresì prorogato per l’anno 2017 il congedo facoltativo, ripristinandolo invece nella misura di un giorno per l’anno 2018.

Per l’anno solare 2019, l’articolo 1, comma 278, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) ha confermato la possibilità di fruire di un giorno di congedo facoltativo in alternativa alla madre. 

Per l’anno solare 2020, l’articolo 1, comma 342, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) ha confermato la possibilità di fruire di un giorno di congedo facoltativo in alternativa alla madre.

Per l’anno solare 2021, l’articolo 1, comma 363, lettera a), della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021) ha confermato la possibilità di fruire di un giorno di congedo facoltativo in alternativa alla madre ed ha ampliato la tutela del congedo stesso prevedendone la fruizione anche nel caso di morte perinatale del figlio.