Proroga blocco licenziamenti, nuovo decreto in vista? Era già stato anticipato alle fonti di informazione nelle scorse settimane, ed ora c’è la conferma: il Governo starebbe studiando un nuovo blocco licenziamenti, con caratteristiche diverse rispetto al recente passato. L’Esecutivo guidato dall’ex Presidente della BCE, sarebbe infatti al lavoro per dettagliare un decreto che stabilisce una proroga selettiva del blocco licenziamenti dopo il 30 giugno, data fatidica nella quale il citato blocco dovrebbe avere fine.
Sono ormai passati circa 500 giorni da quando il blocco licenziamenti è entrato in vigore. La scelta fu dell’allora Premier Giuseppe Conte a febbraio 2020, per impedire che la pandemia potesse comportare una crisi sociale a seguito di un boom dei licenziamenti.
Il condizionale però è d’obbligo, giacchè il Governo Draghi starebbe mettendo nero su bianco i contenuti di un nuovo decreto ad hoc, il quale avrebbe la finalità di stabilire una proroga parziale del blocco dei licenziamenti, che appunto scade – per le aziende che accedono alla cassa integrazione ordinaria – il prossimo 30 giugno. In questo clima di incertezza, è da sottolineare che la maggioranza non sembra aver ancora trovato una sintesi. Secondo gli osservatori, nel nuovo decreto sulla proroga parziale o selettiva del blocco licenziamenti, soltanto alcuni settori sarebbero tutelati come ad es. il tessile. Inoltre, il Governo intenderebbe in qualche modo offrire soluzioni alle grandi crisi industriali che affliggono il nostro paese.
Attenzione però: il blocco licenziamenti continua – come indicato nel primo decreto Sostegni dello scorso marzo – fino al 31 ottobre 2021 per le imprese che si avvalgono della cassa integrazione in deroga.
Proroga blocco licenziamenti: che cosa potrebbe succedere ora?
Insomma, se è vero che allo studio c’è un nuovo decreto ad hoc, è altrettanto vero che la proroga ulteriore del blocco licenziamenti non è ancora stata firmata. Pertanto, se non vi sarà un firma ufficiale entro il primo luglio, le imprese potranno nuovamente avvalersi dei licenziamenti del personale, sebbene vi siano dei limiti da rispettare.
Sulla scorta alla normativa vigente oggi, dal primo luglio – per industria ed edilizia – torna dunque la cassa integrazione ordinaria ma scontata. Ciò significa in buona sostanza che non sono da versare le addizionali fino a dicembre di quest’anno. In particolare, chi se ne avvale, è tenuto a non effettuare licenziamenti finché usa l’ammortizzatore sociale scontato.
Differentemente, gli imprenditori che non hanno bisogno di domandare la citata cassa integrazione scontata, perché è in fase di ripartenza, potranno tornare a licenziare da luglio. Ancora, è da rimarcare che per quanto attiene ai servizi e terziario il blocco licenziamenti sarà fino al 31 ottobre, con cassa emergenziale.
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La maggioranza appare tuttora spaccata sul tema della proroga blocco licenziamenti
Abbiamo insomma una situazione assai articolata e come detto, in questo delicato periodo, il Governo – tra i vari temi in Agenda – ha anche il blocco licenziamenti da prorogare in maniere selettiva. Ciò per arginare in qualche modo il problema della fine del blocco, in data 30 giugno 2021. Ma ancora nulla è stato firmato ufficialmente, anche se c’è la conferma dei lavori su un decreto ad hoc.
Gli osservatori hanno rilevato che introdurre la modifica nell’iter di conversione in legge del decreto Sostegni bis comporterebbe di certo molto tempo. Ciò evidentemente non è compatibile con la scadenza del blocco dei licenziamenti, il giorno 30 giugno.
Da registrare altresì che le formazioni politiche dell’eterogenea maggioranza non appaiono compatte sul da farsi. Infatti da un lato PD, LeU e M5s mirerebbero alla proroga; mentre lo scetticismo pare dominare nella Lega, in Forza Italia e Italia Viva.
I sindacati alzano la voce nel tentativo di favorire la nuova proroga
In questo quadro dalle prospettive tuttora incerte, non sono mancati gli interventi dei sindacati, che come noto spingono per la ulteriore proroga del blocco licenziamenti, nonostante le critiche e la ferma opposizione di Confindustria.
“Il governo è ancora nelle condizioni di correggere il decreto sostegni bis o di adottare un provvedimento finalizzato a scongiurare l’uscita dal blocco dei licenziamenti” ha spiegato il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra nel corso di una recente intervista in tv. Poi aggiungendo che “Le ragioni che hanno dato luogo 15 mesi fa al blocco dei licenziamenti rimangono irrisolte: occupazione precaria; ammortizzatori sociali non riformati; politiche attive non avviate, continua a mancare un grande piano nazionale sulla formazione e la crescita delle competenze”. Insomma vi sono gli estremi per proseguire oltre con il blocco licenziamenti – ha sottolineato il numero uno Cisl – così delineando le ragioni delle manifestazioni unitarie, previste sabato prossimo 26 giugno.
La battaglia è quindi tuttora aperta: “Abbiamo alle nostre spalle un milione di posti di lavoro persi nell’ultimo anno tra lavoro dipendente ed indipendente; 5 miliardi quasi di ore di cassa integrazione e 40 miliardi di massa salariale bruciata. Non è possibile avere ulteriori licenziamenti. Ecco perché stiamo chiedendo di spostare almeno fino alla fine di ottobre il blocco”. Secondo il leader Cisl, i numeri parlano da soli e impongono al Governo di trovare una soluzione per salvare i rapporti di lavoro in essere.
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Su quali settori potrebbe intervenire la proroga selettiva?
Insomma, nonostante nulla sia stato finora formalizzato, la discussione sulla proroga selettiva è tuttora calda. Si è accennato al possibile nuovo decreto ad hoc, che potrebbe toccare il settore tessile e le grandi crisi industriali. Ma c’è chi opportunamente ha fatto notare che il settore della moda è tra i più danneggiati dall’accoppiata pandemia-lockdown.
Nell’ambito dell’accennato confronto Governo – sindacati, questi ultimi hanno peraltro rilevato che con il termine del blocco licenziamenti, circa 140.000 lavoratori potrebbero perdere il posto questa estate. Tra i settori a maggior rischio pelletteria, abbigliamento, calzaturiero, occhialeria.
Con uno scenario come questo, non stupisce che i vari sindacati domandino insistentemente la proroga del blocco licenziamenti al 31 ottobre. Ciò appare a queste organizzazioni come necessario in attesa della doverosa riforma degli ammortizzatori sociali, già pre-annunciata dal ministro Orlando nelle ultime settimane.
Concludendo, il decreto ad hoc per la proroga blocco licenziamenti, in caso di ‘ufficializzazione’, sarebbe varato entro la fine di questo mese. Tuttavia, come detto, permangono zone d’ombra nella maggioranza e punti controversi, che non aiutano ad accelerare i tempi. In ogni caso, per i dettagli di questo auspicato provvedimento, sarà necessario attendere non meno di qualche giorno.
Quattordicesima INPS pensionati 2021: in arrivo, con la rata di luglio, la quattordicesima mensilità (cd. “somma aggiuntiva”) in favore dei pensionati INPS che hanno un reddito inferiore a due volte il trattamento minimo mensile.
Ma quali sono i requisiti reddituali da possedere per poter richiedere la quattordicesima INPS? Quanto spetta? È necessario fare domanda all’INPS? Quanti contributi bisogna aver maturato?
Vediamo nel dettaglio tutto quello che c’è da sapere sulla quattordicesima INPS.
Quattordicesima INPS pensionati 2021: che cos’è e a chi spetta
La 14ma pensionati fu introdotta per la prima volta nel 2007 dal Governo Prodi (art. 5, co. da 1 a 4 della L. n. 127/2007). Essa è rivolta in favore dei pensionati ultra-sessantaquattrenni titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell’Ago e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima.
L’aumento spetta, in misura proporzionale, anche a coloro che compiono il 64° anno di età entro il 31 dicembre dell’anno di erogazione, con riferimento ai mesi di possesso del requisito anagrafico, compreso il mese di raggiungimento dell’età. Analogamente, il beneficio spetta in maniera proporzionale alle pensioni spettanti per un numero limitato di mesi.
Da notare, inoltre, che la somma aggiuntiva viene corrisposta in via provvisoria. Infatti, il relativo diritto viene verificato sulla base della dichiarazione dei redditi definitiva.
Quattordicesima pensionati INPS: quanto spetta
Gli importi della 14ma INPS rispecchia due diverse casistiche, che riguardano:
- i soggetti che percepiscono un reddito fino a 1,5 volte il trattamento minimo INPS;
- i soggetti che percepiscono un reddito che va tra 1,5 e 2 volte il trattamento minimo INPS (ossia fino a 13.405,08 euro nel 2021).
Perciò l’importo varierà principalmente in base a due elementi:
- l’anzianità contributiva complessivamente maturata;
- il reddito del pensionato.
Attualmente quindi:
- con un reddito sino a 1,5 volte il trattamento minimo INPS, l’importo spettante sarà pari a 437 euro, 546 euro e 655 euro rispettivamente, a seconda che la contribuzione versata sia inferiore a 15 anni, compresa tra 15 e 25 anni o superiore a 25 anni;
- con un reddito compreso tra 1,5 volte e 2 volte il trattamento minimo INPS l’importo spettante sarà pari a 336 euro, 420 euro o 504 euro rispettivamente, a seconda che la contribuzione versata sia inferiore a 15 anni, compresa tra 15 e 25 anni o superiore a 25 anni.
Quattordicesima INPS 2021: limiti reddituali da rispettare
I limiti reddituali da rispettare per ricevere la quattordicesima, erogata sulla base del solo reddito personale, sono i seguenti
- per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva fino a 15 anni e per gli ex autonomi che abbiano versato i contributi fino a 18 anni, l’importo della “quattordicesima” è pari ai 336 euro;
- per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva tra i 15 e i 25 anni e per i pensionati ex lavoratori autonomi con anzianità contributiva dai 18 ai 28 anni di contributi versati, l’importo della “quattordicesima” è pari a 420 euro.
Infine, per i pensionati lavoratori ex dipendenti con più di 25 anni di contributi e i pensionati ex lavoratori autonomi con più di 28 anni di contributi versati, l’importo della “quattordicesima” è pari a 504 euro.
Quando arriva la quattordicesima sulle pensioni?
L’emolumento, nello specifico, arriva agli aventi diritto:
- insieme alla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 31 luglio 2021, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti. Per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° agosto 2021 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione;
- per la gestione pubblica, sulla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 30 giugno 2021, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti. Diversamente, coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° luglio 2021 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione, sulla rata di dicembre 2021.
È necessario fare domanda per ottenere la quattordicesima?
Assolutamente no. I pensionati, sia privati che pubblici, riceveranno una comunicazione di erogazione della quattordicesima mensilità. E’ possibile trovare il dettaglio della voce direttamente nel cedolino del mese di luglio.
Sul discusso sussidio denominato ‘reddito di cittadinanza’ che, fin dalla sua introduzione alcuni anni fa, ha sempre spaccato e diviso formazioni politiche e opinione pubblica, potrebbe presto incidere una novità degna certamente di nota.
Se è vero che negli ultimi mesi, grazie ai decreti varati dall’Esecutivo Draghi, il reddito di cittadinanza – insieme al reddito di emergenza – ha ricevuto nuova spinta ed è stato, in qualche modo, potenziato, è altrettanto vero che appare un’esigenza per molti, quella di apporre alcune significative modifiche alle regole relative a questo sussidio. Infatti, nella cronaca non sono state affatto rare – anche in questi ultimi mesi – le notizie relative ad abusi per quanto attiene alla percezione di questo beneficio, erogato ogni mese.
Ebbene, prossimamente le regole relative all’ottenimento del reddito di cittadinanza potrebbero cambiare, e non sarebbe la prima volta. Lo ha recentemente reso noto alla fonti di informazione il ministro del Lavoro Andrea Orlando, che non a caso vuole ‘reimpostare’ le attuali politiche attive del lavoro; apponendo correzioni sostanziali anche verso il meccanismo dell’assegno di Stato rivolto a disoccupati e famiglie in difficoltà, che fu ‘cavallo di battaglia’ della campagna elettorale del M5s qualche anno fa.
Insomma, se è vero che il reddito di cittadinanza è stato rilanciato anche per aiutare le persone in difficoltà economica causa pandemia, è vero che da più parti è sentita l’esigenza di rivedere alcuni aspetti dell’istituto. E l’intervento in programma godrebbe anche del favore del Presidente del Consiglio Mario Draghi, da sempre scettico su come è impostato ora il meccanismo di re-inserimento e avviamento al lavoro.
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Reddito di cittadinanza: quale potrebbe essere la novità?
Onde prevenire fenomeni di abuso, il piano Orlando vedrebbe la previsione ed introduzione di una nuova condizione di accesso per ottenere – e conservare nel tempo – il reddito di cittadinanza.
In buona sostanza, il Ministro vuole combattere le critiche che vedevano al centro i percettori del reddito di cittadinanza; accusati spesso di stare sul divano e intascare al contempo i soldi del sussidio. Altre critiche di queste settimane hanno riguardato gli operatori del settore turistico, che hanno puntato il dito contro i percettori del RdC; i quali preferirebbero restare senza un’occupazione, piuttosto che accettare un contratto di lavoro stagionale.
Ebbene, in base al meccanismo pensato dal Ministro Orlando, il reddito di cittadinanza sarebbe conservato; ma scatterebbe la condizione per la quale il percettore dovrà nel tempo seguire corsi di aggiornamento e/o formazione; obbligatori per poter continuare a percepire il sussidio. Ovviamente ciò in attesa di trovare nuovamente lavoro, grazie anche alle strutture operanti a livello locale, che servono a favorire l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro.
In altre parole, cambierebbe non poco per il reddito di cittadinanza e per i percettori del beneficio erogato mensilmente. Infatti, chi è titolare della card reddito di cittadinanza dovrà, in attesa di trovare un lavoro, proseguire a studiare; o comunque continuare la formazione teorica e pratica. Ciò attraverso corsi che permettano non soltanto di affinare le proprie competenze; ma anche di allargare le proprie conoscenze. In definitiva, grazie al nuovo meccanismo di RdC per il percettore aumenterebbero le chance di trovare un lavoro.
Le finalità alla base del nuovo meccanismo del RdC: ecco quali sono
La scelta di modificare in modo radicale il meccanismo di percezione del reddito appare condivisibile; specialmente se pensiamo al grave problema rappresentato dai cosiddetti ‘neet‘, ossia coloro che non sono impegnati nello studio; né nel lavoro; né nella formazione. Si stima che al momento in Italia ci siano oltre 2 milioni di giovani, tra i 15 e i 29 anni, che non studiano e non lavorano e il nostro paese ha il negativo primato di essere il primo in Europa per il numero di neet (20,7%). Ecco perchè urge trovare una soluzione, intervenendo anzitutto sul reddito di cittadinanza.
Il Governo, ed in primis il Ministero del Lavoro, ritiene dunque che sia da attuare una riforma ulteriore del reddito di cittadinanza. Ciò per rispondere ad alcune esigenze particolarmente sentite. Anzitutto, il nuovo RdC servirebbe ad aumentare le chance di occupazione grazie ai percorsi di formazione. In seconda battuta, è innegabile che il nuovo meccanismo contribuirebbe a rendere minori i tempi di attesa; e terrebbe comunque impegnata la persona disoccupata con ore di studio e di frequenza ai corsi. Inoltre, la riforma porterebbe ad un sicura diminuzione della percentuale dei ‘neet’ in Italia, al momento davvero troppo alta.