Archivi giornalieri: 25 giugno 2021

Proroga blocco licenziamenti: nuovo decreto in vista? Le prospettive

Proroga blocco licenziamenti: nuovo decreto in vista? Le prospettive

La proroga del blocco dei licenziamenti potrebbe arrivare nei prossimi giorni, ma limitata ad alcuni settori. Le proteste dei sindacati

Proroga blocco licenziamenti, nuovo decreto in vista? Era già stato anticipato alle fonti di informazione nelle scorse settimane, ed ora c’è la conferma: il Governo starebbe studiando un nuovo blocco licenziamenti, con caratteristiche diverse rispetto al recente passato. L’Esecutivo guidato dall’ex Presidente della BCE, sarebbe infatti al lavoro per dettagliare un decreto che stabilisce una proroga selettiva del blocco licenziamenti dopo il 30 giugno, data fatidica nella quale il citato blocco dovrebbe avere fine.

Sono ormai passati circa 500 giorni da quando il blocco licenziamenti è entrato in vigore. La scelta fu dell’allora Premier  Giuseppe Conte a febbraio 2020, per impedire che la pandemia potesse comportare una crisi sociale a seguito di un boom dei licenziamenti.

Il condizionale però è d’obbligo, giacchè il Governo Draghi starebbe mettendo nero su bianco i contenuti di un nuovo decreto ad hoc, il quale avrebbe la finalità di stabilire una proroga parziale del blocco dei licenziamenti, che appunto scade – per le aziende che accedono alla cassa integrazione ordinaria – il prossimo 30 giugno. In questo clima di incertezza, è da sottolineare che la maggioranza non sembra aver ancora trovato una sintesi. Secondo gli osservatori, nel nuovo decreto sulla proroga parziale o selettiva del blocco licenziamenti, soltanto alcuni settori sarebbero tutelati come ad es. il tessile. Inoltre, il Governo intenderebbe in qualche modo offrire soluzioni alle grandi crisi industriali che affliggono il nostro paese.

Attenzione però: il blocco licenziamenti continua – come indicato nel primo decreto Sostegni dello scorso marzo –  fino al 31 ottobre 2021 per le imprese che si avvalgono della cassa integrazione in deroga.

Proroga blocco licenziamenti: che cosa potrebbe succedere ora?

Insomma, se è vero che allo studio c’è un nuovo decreto ad hoc, è altrettanto vero che la proroga ulteriore del blocco licenziamenti non è ancora stata firmata.  Pertanto, se non vi sarà un firma ufficiale entro il primo luglio, le imprese potranno nuovamente avvalersi dei licenziamenti del personale, sebbene vi siano dei limiti da rispettare.

Sulla scorta alla normativa vigente oggi, dal primo luglio – per industria ed edilizia – torna dunque la cassa integrazione ordinaria ma scontata. Ciò significa in buona sostanza che non sono da versare le addizionali fino a dicembre di quest’anno. In particolare, chi se ne avvale, è tenuto a non effettuare licenziamenti finché usa l’ammortizzatore sociale scontato.

Differentemente, gli imprenditori che non hanno bisogno di domandare la citata cassa integrazione scontata, perché è in fase di ripartenza, potranno tornare a licenziare da luglio. Ancora, è da rimarcare che  per quanto attiene ai servizi e terziario il blocco licenziamenti sarà fino al 31 ottobre, con cassa emergenziale.

Leggi anche: Ticket licenziamento

La maggioranza appare tuttora spaccata sul tema della proroga blocco licenziamenti

Abbiamo insomma una situazione assai articolata e come detto, in questo delicato periodo, il Governo – tra i vari temi in Agenda – ha anche il blocco licenziamenti da prorogare in maniere selettiva. Ciò per arginare in qualche modo il problema della fine del blocco, in data 30 giugno 2021. Ma ancora nulla è stato firmato ufficialmente, anche se c’è la conferma dei lavori su un decreto ad hoc.

Gli osservatori hanno rilevato che introdurre la modifica nell’iter di conversione in legge del decreto Sostegni bis comporterebbe di certo molto tempo. Ciò evidentemente non è compatibile con la scadenza del blocco dei licenziamenti, il giorno 30 giugno.

Da registrare altresì che le formazioni politiche dell’eterogenea maggioranza non appaiono compatte sul da farsi. Infatti da un lato PD, LeU e M5s mirerebbero alla proroga; mentre lo scetticismo pare dominare nella Lega, in Forza Italia e Italia Viva.

I sindacati alzano la voce nel tentativo di favorire la nuova proroga

In questo quadro dalle prospettive tuttora incerte, non sono mancati gli interventi dei sindacati, che come noto spingono per la ulteriore proroga del blocco licenziamenti, nonostante le critiche e la ferma opposizione di Confindustria.

Il governo è ancora nelle condizioni di correggere il decreto sostegni bis o di adottare un provvedimento finalizzato a scongiurare l’uscita dal blocco dei licenziamenti” ha spiegato il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra nel corso di una recente intervista in tv. Poi aggiungendo che “Le ragioni che hanno dato luogo 15 mesi fa al blocco dei licenziamenti rimangono irrisolte: occupazione precaria; ammortizzatori sociali non riformati; politiche attive non avviate, continua a mancare un grande piano nazionale sulla formazione e la crescita delle competenze”. Insomma vi sono gli estremi per proseguire oltre con il blocco licenziamenti – ha sottolineato il numero uno Cisl – così delineando le ragioni delle manifestazioni unitarie, previste sabato prossimo 26 giugno.

La battaglia è quindi tuttora aperta: “Abbiamo alle nostre spalle un milione di posti di lavoro persi nell’ultimo anno tra lavoro dipendente ed indipendente; 5 miliardi quasi di ore di cassa integrazione e 40 miliardi di massa salariale bruciata. Non è possibile avere ulteriori licenziamenti. Ecco perché stiamo chiedendo di spostare almeno fino alla fine di ottobre il blocco”. Secondo il leader Cisl, i numeri parlano da soli e impongono al Governo di trovare una soluzione per salvare i rapporti di lavoro in essere.

Leggi anche: Reddito di cittadinanza, cambia tutto? Ecco il piano Orlando

Su quali settori potrebbe intervenire la proroga selettiva?

Insomma, nonostante nulla sia stato finora formalizzato, la discussione sulla proroga selettiva è tuttora calda. Si è accennato al possibile nuovo decreto ad hoc, che potrebbe toccare il settore tessile e le grandi crisi industriali. Ma c’è chi opportunamente ha fatto notare che il settore della moda è tra i più danneggiati dall’accoppiata pandemia-lockdown.

Nell’ambito dell’accennato confronto Governo – sindacati, questi ultimi hanno peraltro rilevato che con il termine del blocco licenziamenti, circa 140.000 lavoratori potrebbero perdere il posto questa estate. Tra i settori a maggior rischio pelletteria, abbigliamento, calzaturiero, occhialeria. 

Con uno scenario come questo, non stupisce che i vari sindacati domandino insistentemente la proroga del blocco licenziamenti al 31 ottobre. Ciò appare a queste organizzazioni come necessario in attesa della doverosa riforma degli ammortizzatori sociali, già pre-annunciata dal ministro Orlando nelle ultime settimane.

Concludendo, il decreto ad hoc per la proroga blocco licenziamenti, in caso di ‘ufficializzazione’, sarebbe varato entro la fine di questo mese. Tuttavia, come detto, permangono zone d’ombra nella maggioranza e punti controversi, che non aiutano ad accelerare i tempi. In ogni caso, per i dettagli di questo auspicato provvedimento, sarà necessario attendere non meno di qualche giorno.

Quattordicesima INPS pensionati 2021: a chi spetta e quando arriva

Quattordicesima INPS pensionati 2021: in arrivo, con la rata di luglio, la quattordicesima mensilità (cd. “somma aggiuntiva”) in favore dei pensionati INPS che hanno un reddito inferiore a due volte il trattamento minimo mensile.

Ma quali sono i requisiti reddituali da possedere per poter richiedere la quattordicesima INPS? Quanto spetta? È necessario fare domanda all’INPS? Quanti contributi bisogna aver maturato?

Vediamo nel dettaglio tutto quello che c’è da sapere sulla quattordicesima INPS.

Quattordicesima INPS pensionati 2021: che cos’è e a chi spetta

La 14ma pensionati fu introdotta per la prima volta nel 2007 dal Governo Prodi (art. 5, co. da 1 a 4 della L. n. 127/2007). Essa è rivolta in favore dei pensionati ultra-sessantaquattrenni titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell’Ago e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima.

L’aumento spetta, in misura proporzionale, anche a coloro che compiono il 64° anno di età entro il 31 dicembre dell’anno di erogazione, con riferimento ai mesi di possesso del requisito anagrafico, compreso il mese di raggiungimento dell’età. Analogamente, il beneficio spetta in maniera proporzionale alle pensioni spettanti per un numero limitato di mesi.

Da notare, inoltre, che la somma aggiuntiva viene corrisposta in via provvisoria. Infatti, il relativo diritto viene verificato sulla base della dichiarazione dei redditi definitiva.

Quattordicesima pensionati INPS: quanto spetta

Gli importi della 14ma INPS rispecchia due diverse casistiche, che riguardano:

  • i soggetti che percepiscono un reddito fino a 1,5 volte il trattamento minimo INPS;
  • i soggetti che percepiscono un reddito che va tra 1,5 e 2 volte il trattamento minimo INPS (ossia fino a 13.405,08 euro nel 2021).

Perciò l’importo varierà principalmente in base a due elementi:

  • l’anzianità contributiva complessivamente maturata;
  • il reddito del pensionato.

Attualmente quindi:

  • con un reddito sino a 1,5 volte il trattamento minimo INPS, l’importo spettante sarà pari a 437 euro, 546 euro e 655 euro rispettivamente, a seconda che la contribuzione versata sia inferiore a 15 anni, compresa tra 15 e 25 anni o superiore a 25 anni;
  • con un reddito compreso tra 1,5 volte e 2 volte il trattamento minimo INPS l’importo spettante sarà pari a 336 euro, 420 euro o 504 euro rispettivamente, a seconda che la contribuzione versata sia inferiore a 15 anni, compresa tra 15 e 25 anni o superiore a 25 anni.

Quattordicesima INPS 2021: limiti reddituali da rispettare

I limiti reddituali da rispettare per ricevere la quattordicesima, erogata sulla base del solo reddito personale, sono i seguenti

  • per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva fino a 15 anni e per gli ex autonomi che abbiano versato i contributi fino a 18 anni, l’importo della “quattordicesima” è pari ai 336 euro;
  • per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva tra i 15 e i 25 anni e per i pensionati ex lavoratori autonomi con anzianità contributiva dai 18 ai 28 anni di contributi versati, l’importo della “quattordicesima” è pari a 420 euro.

Infine, per i pensionati lavoratori ex dipendenti con più di 25 anni di contributi e i pensionati ex lavoratori autonomi con più di 28 anni di contributi versati, l’importo della “quattordicesima” è pari a 504 euro.

Quando arriva la quattordicesima sulle pensioni?

L’emolumento, nello specifico, arriva agli aventi diritto:

  • insieme alla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 31 luglio 2021, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti. Per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° agosto 2021 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione;
  • per la gestione pubblica, sulla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 30 giugno 2021, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti. Diversamente, coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° luglio 2021 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione, sulla rata di dicembre 2021.

È necessario fare domanda per ottenere la quattordicesima?

Assolutamente no. I pensionati, sia privati che pubblici, riceveranno una comunicazione di erogazione della quattordicesima mensilità. E’ possibile trovare il dettaglio della voce direttamente nel cedolino del mese di luglio.


Reddito di cittadinanza, cambia tutto? Ecco il piano Orlando

Sul discusso sussidio denominato ‘reddito di cittadinanza’ che, fin dalla sua introduzione alcuni anni fa, ha sempre spaccato e diviso formazioni politiche e opinione pubblica, potrebbe presto incidere una novità degna certamente di nota.

Se è vero che negli ultimi mesi, grazie ai decreti varati dall’Esecutivo Draghi, il reddito di cittadinanza – insieme al reddito di emergenza – ha ricevuto nuova spinta ed è stato, in qualche modo, potenziato, è altrettanto vero che appare un’esigenza per molti, quella di apporre alcune significative modifiche alle regole relative a questo sussidio. Infatti, nella cronaca non sono state affatto rare – anche in questi ultimi mesi – le notizie relative ad abusi per quanto attiene alla percezione di questo beneficio, erogato ogni mese.

Ebbene, prossimamente le regole relative all’ottenimento del reddito di cittadinanza potrebbero cambiare, e non sarebbe la prima volta. Lo ha recentemente reso noto alla fonti di informazione il ministro del Lavoro Andrea Orlando, che non a caso vuole ‘reimpostare’ le attuali politiche attive del lavoro; apponendo correzioni sostanziali anche verso il meccanismo dell’assegno di Stato rivolto a disoccupati e famiglie in difficoltà, che fu ‘cavallo di battaglia’ della campagna elettorale del M5s qualche anno fa.

Insomma, se è vero che il reddito di cittadinanza è stato rilanciato anche per aiutare le persone in difficoltà economica causa pandemia, è vero che da più parti è sentita l’esigenza di rivedere alcuni aspetti dell’istituto. E l’intervento in programma godrebbe anche del favore del Presidente del Consiglio Mario Draghi,  da sempre scettico su come è impostato ora il meccanismo di re-inserimento e avviamento al lavoro.

Leggi anche: E’ possibile pignorare il RdC?

Reddito di cittadinanza: quale potrebbe essere la novità?

Onde prevenire fenomeni di abuso, il piano Orlando vedrebbe la previsione ed introduzione di una nuova condizione di accesso per ottenere – e conservare nel tempo – il reddito di cittadinanza.

In buona sostanza, il Ministro vuole combattere le critiche che vedevano al centro i percettori del reddito di cittadinanza; accusati spesso di stare sul divano e intascare al contempo i soldi del sussidio. Altre critiche di queste settimane hanno riguardato gli operatori del settore turistico, che hanno puntato il dito contro i percettori del RdC; i quali preferirebbero restare senza un’occupazione, piuttosto che accettare un contratto di lavoro stagionale. 

Ebbene, in base al meccanismo pensato dal Ministro Orlando, il reddito di cittadinanza sarebbe conservato; ma scatterebbe la condizione per la quale il percettore dovrà nel tempo seguire corsi di aggiornamento e/o formazione; obbligatori per poter continuare a percepire il sussidio. Ovviamente ciò in attesa di trovare nuovamente lavoro, grazie anche alle strutture operanti a livello locale, che servono a favorire l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro.

In altre parole, cambierebbe non poco per il reddito di cittadinanza e per i percettori del beneficio erogato mensilmente. Infatti,  chi è titolare della card reddito di cittadinanza dovrà, in attesa di trovare un lavoro, proseguire a studiare; o comunque continuare la formazione teorica e pratica. Ciò attraverso corsi che permettano non soltanto di affinare le proprie competenze; ma anche di allargare le proprie conoscenze. In definitiva, grazie al nuovo meccanismo di RdC per il percettore aumenterebbero le chance di trovare un lavoro.

Le finalità alla base del nuovo meccanismo del RdC: ecco quali sono

La scelta di modificare in modo radicale il meccanismo di percezione del reddito appare condivisibile; specialmente se pensiamo al grave problema rappresentato dai cosiddetti ‘neet‘, ossia coloro che non sono impegnati nello studio; né nel lavoro; né nella formazione. Si stima che al momento in Italia ci siano oltre 2 milioni di giovani, tra i 15 e i 29 anni, che non studiano e non lavorano e il nostro paese ha il negativo primato di essere il primo in Europa per il numero di neet (20,7%). Ecco perchè urge trovare una soluzione, intervenendo anzitutto sul reddito di cittadinanza.

Il Governo, ed in primis il Ministero del Lavoro, ritiene dunque che sia da attuare una riforma ulteriore del reddito di cittadinanza. Ciò per rispondere ad alcune esigenze particolarmente sentite. Anzitutto, il nuovo RdC servirebbe ad aumentare le chance di occupazione grazie ai percorsi di formazione. In seconda battuta, è innegabile che il nuovo meccanismo contribuirebbe a rendere minori i tempi di attesa; e terrebbe comunque impegnata la persona disoccupata con ore di studio e di frequenza ai corsi. Inoltre, la riforma porterebbe ad un sicura diminuzione della percentuale dei ‘neet’ in Italia, al momento davvero troppo alta.

Tanti i giovani senza diploma

Bonus condizionatori 2021 e superbonus 110%: ecco quando spetta

Lavoro e Diritti – La tua guida facile su lavoro, pensioni, fisco e welfare
 

Bonus condizionatori 2021 e superbonus 110%: ecco quando spetta

E’ corsa all’acquisto dei condizionatori: ecco quando e se sia possibile scaricare la spesa dalle tasse con bonus 50% o 65% e superbonus 110%

Bonus condizionatori 2021 e superbonus 110%: anche quest’anno è corsa all’acquisto dei condizionatori; arrivati nella stagione estiva ci si chiede quanto sia conveniente acquistare un nuovo condizionatore e soprattutto se sia possibile scaricare la spesa dalle tasse.

A tal proposito, è ammessa la detrazione della spesa sostenuta per l’acquisto del condizionatore. In alcuni casi addirittura la detrazione può arrivare fino al 110%. Ma questa è un’opportunità della quale si può beneficiare solo al ricorrere di precise condizioni.  Infatti la detrazione base prevista per l’acquisto del condizionatore è pari al 50% o al 65% se si rientra nelle agevolazioni per risparmio energetico.

Ecco i dettagli.

Bonus condizionatori 2021: detrazione del 50% e del 65%

Diciamo fin da subito che la detrazione che spetta nella maggior parte dei casi è pari al 50%.

Il riferimento è alla detrazione prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, ex art.16-bis del DPR 600/73, tra i quali può essere fatta rientrate anche la sostituzione del condizionatore. In tale caso, per beneficiare della detrazione,  non è necessario che sia effettuato a monte un intervento di manutenzione straordinaria, recupero edilizio, ristrutturazione edilizia ecc. Per la precisione,  la sostituzione del condizionatore viene inquadrato già tra gli interventi di manutenzione straordinaria. Intervento che da diritto anche al bonus mobili per l’acquisto di mobili ed elettromestici di classe energetica non inferiore alla A+ (A o superiore per i forni e i lavasciuga).

E’ agevolato direttamente l’acquisto e l’installazione del condizionatore da parte del tecnico. Compreso il macchinario esterno.

Nello specifico, sarà possibile scaricare dalle tasse il 50% della spesa intera. In realtà, ci sarebbe un limite da rispettare che è pari a 96.000 euro. Limite generico previsto per gli intervenuti di recupero del patrimonio edilizio. Per la sostituzione del condizionatore si tratta di una forbice di spesa piuttosto capiente.

Dunque, in sintesi  è agevolata al 50% la sostituzione del precedente condizionatore con altri, anche di diverso tipo. E’ agevolata anche la  riparazione o installazione di singoli elementi.

Per beneficiare della detrazione, dobbiamo effettuare il bonifico indicando anche gli estremi della normativa che riconosce la detrazione. Si parla di bonifico parlante.

In alcuni casi, la detrazione per la sostituzione del condizionatore può arrivare al 65% au una spesa max di 30.000 euro.

Nello specifico; la detrazione del 65% spetta per l’installazione di condizionatori con pompa di calore ad alta efficienza. Qui dovrà essere il tecnico a consigliarvi nella scelta.

Bonus condizionatori 2021 e superbonus 110%

Al ricorrere di determinate condizioni, la sostituzione del climatizzatore può dare diritto al superbonus 110%. quale intervento trainante. Si intende per tale l’intervento che è agevolato, indipendentemente dall’effettuazione di altri lavori.

E’ il caso dell’installazione di un sistema a pompa di calore (compresi gli impianti ibridi), se permettere di beneficiare anche del raffreddamento estivo.

Attenzione, se eseguiamo solo questo tipo di intervento e lo stesso non ci permette di avere un miglioramento di due classi di livello energetico dell’immobile, possiamo beneficiare del 110% quale intervento trainato.  Dunque, a patto che l’intervento venga eseguito congiuntamente ad almeno uno di quelli ‘trainanti’ quale ad esempio il cappotto termico dell’edificio.

In base a quanto detto finora il 50% o il 65% rappresentano le detrazioni più agevolmente ottenibili.

Bonus condizionatori e il ricorso al bonus mobili

In alternativa a quanto detto finora, la sostituzione del condizionatore può essere agevolata con il c.d. bonus mobili. Se a monte è stato effettuato un lavoro di recupero edilizio.

Il bonus mobili consiste in una detrazione Irpef del 50% per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici destinati ad arredare l’immobile oggetto di lavori di recupero edilizio. La detrazione è disciplinata dall’art.16 comma 2 del D.L. 63/2013.

Per il 2021, la spesa max detraibile è pari a 16.000 euro. Dunque, il beneficio fiscale max è pari a 8.000 euro. E’ scaricabile dalle tasse in 10 quote annuali di pari importo.

Nello specifico rientrano tra i lavori di recupero edilizio che danno diritto al bonus mobili (Fonte guida Agenzia delle entrate):

  • manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia su singoli appartamenti;
  • ricostruzione o ripristino di un immobile danneggiato da eventi calamitosi, se è stato dichiarato lo stato di emergenza;
  • ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che entro 18 mesi dal termine dei lavori vendono o assegnano l’immobile;
  • manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia su parti comuni di edifici residenziali.

Sono esempi di interventi che danno diritto al bonus: la sostituzione degli infissi, l’eliminazione delle barriere architettoniche, la costruzione di muri di cinta, recinzioni, il rifacimento del tetto ecc. Anche se sostituisco la caldaia ho diritto al bonus mobili.

Anche l’installazione del condizionatore di classe energetica A+ (almeno) rientra nel bonus mobili.

Se si acquista il condizionatore tramite il c.d bonus mobili, non sarà possibile beneficiare della cessione del credito o dello sconto in fattura per la spesa sostenuta per l’acquisto.

Bon us condizionatori, sconto in fattura o cessione del credito

Sia che beneficiamo del 50% quale lavoro di manutenzione straordinaria (non come bonus mobili) o del 65%/110% quale intervento di risparmio energetico, possiamo decidere di optare per lo sconto in fattura o alla cessione del credito pari alla detrazione spettante. Tale possibilità è ammessa dall’art.121 del D.L. 34/2020.

Nello specifico, in alternativa  alla detrazione in dichiarazione dei redditi, è possibile optare per:

  • un contributo anticipato sotto forma di sconto praticato dai fornitori dei beni o servizi (sconto in fattura) o
  • per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante.

La cessione può essere disposta in favore: dei fornitori dei beni e dei servizi necessari alla realizzazione degli interventi; di altri soggetti (persone fisiche, anche esercenti attività di lavoro autonomo o d’impresa, società ed enti)di istituti di credito e intermediari finanziari. I soggetti che ricevono il credito hanno, a loro volta, la facoltà di cessione.

Nel pratico,  se acquistiamo il condizionatore,  il venditore può accordarci direttamente uno sconto pari alla detrazione a noi spettante.

Ad esempio, ipotizzando un costo del condizionatore pari a 1.500 euro e una detrazione del 50%, il venditore potrà applicare in fattura uno sconto pari a 750 euro. Nei fatti, il condizionatore ci costerà la metà. Se non ci applica lo sconto,  potremo comunque cedere a terzi la detrazione spettante. Anche a banche, alla Posta ecc.

Lo sconto e la cessione devono essere comunicate all’Agenzia delle entrate.

Sanità pubblica, 8 tappe di una grande storia

storia sistema sanitario nazionale

Sanità pubblica, 8 tappe di una grande storia

Il Servizio Sanitario Nazionale ha compiuto 40 anni e le sue origini risalgono al 1948 quando la Costituzione ha riconosciuto il diritto alla salute.

Esattamente 40 anni fa la Legge 883 del 23 dicembre 1978 ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che si basa su tre principi cardine: l’universalità, l’uguaglianza e l’equità. Una tappa fondamentale per lo sviluppo della sanità pubblica italiana, che ancora oggi spicca in Europa e nel mondo per il suo carattere universalistico e che affonda le proprie radici nell’articolo 32 della Costituzione: la nostra Carta, va ricordato, è stata la prima nel Vecchio Continente a riconoscere e mettere nero su bianco il diritto alla salute.

Insomma, quello del Servizio Sanitario Nazionale italiano è stato un percorso lungo e di successo: per questo è particolarmente utile ripercorrerne le principali tappe che, dal dopoguerra a oggi, lo hanno portato a essere riconosciuto come uno dei migliori al mondo. Partendo dunque dal 1948, con la nascita della Repubblica Italiana e con essa la sua Costituzione, analizziamo di seguito i diversi momenti chiave per la sanità pubblica fino ad arrivare al 2017, quando sono stati aggiornati i Livelli essenziali di assistenza (Lea).

La storia del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)

1861, Unità d’Italia

La situazione sanitaria del Paese è critica. Nel 1861 si vive in media 16-17 anni di meno rispetto alla Svezia. Nel 1863, su 1.000 bambini nati vivi, 232 muoiono durante il primo anno di vita. Nel 1865 la tutela della salute è affidata al Ministero dell’Interno. La legge Pagliani-Crispi del 1888 trasforma l’approccio di polizia sanitaria in sanità pubblica, creando un primo assetto organizzativo. Al 1907 risale il primo Testo unico delle leggi sanitarie (aggiornato nel 1934). Nel 1945 nasce l’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

1948, la salute diventa un diritto fondamentale

L’articolo 32 della Costituzione italiana afferma che:

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. (…) La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

La norma è rivoluzionaria nel doppio valore della salute: è un diritto individuale inviolabile e assoluto e un bene di rilevanza collettiva. L’Italia è stata la prima in Europa a riconoscere il diritto alla salute nella sua Costituzione.

1958, il Ministero della Sanità

La legge 296 del 13 marzo 1958 istituisce il Ministero della Sanità che assorbe le competenze dell’Alto Commissariato e delle altre amministrazioni centrali preposte alla sanità pubblica. È coadiuvato nelle proprie funzioni dal Consiglio superiore di sanità, organo consultivo, e dall’Istituto superiore di sanità, organo tecnico-scientifico.

Sono istituiti sul territorio:

  • gli uffici del medico e del veterinario provinciale, coordinati dal prefetto;
  • gli uffici sanitari dei Comuni e dei consorzi;
  • gli uffici sanitari speciali (di confine, porto e aeroporto).

1978, la svolta: nasce il Servizio Sanitario Nazionale

La Legge Mariotti del 1968 istituisce e organizza gli Enti Ospedalieri, costituisce il Fondo nazionale ospedaliero e introduce la programmazione ospedaliera attribuendone la competenza alle Regioni. È la premessa per la nascita del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), istituito dalla legge 833 del 1978 e costituito dal “complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione”.

Anni ‘90, il riordino del Servizio Sanitario Nazionale

Negli anni ‘90 si registra una sempre maggiore esigenza di risorse finanziarie per sostenere il funzionamento del SSN. Con i decreti di riordino del 1992-1993 e del 1999 (riforma Bindi), si rafforza il potere delle Regioni e si introduce l’aziendalizzazione, in modo da garantire a tutti i cittadini i livelli uniformi ed essenziali di assistenza e le prestazioni appropriate, assicurati dalle Regioni tramite le aziende sanitarie e la programmazione. Le unità sanitarie locali (USL) diventano aziende sanitarie con autonomia organizzativa (ASL).

2001, la riforma del titolo V della Costituzione

La legge 3 del 2001 (riforma del Titolo V della Costituzione) all’art.117 ridisegna le competenze di Stato e Regioni in materia sanitaria. Lo Stato ha competenza esclusiva per la profilassi internazionale, determina i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti sul territorio nazionale” e i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente. Ogni Regione assicura i servizi di assistenza sanitaria e ospedaliera. Dal 2001 gli accordi tra Stato e Regioni sono lo strumento con cui si disegna l’assistenza pubblica in Italia.

2001, da Sanità a Salute, il ruolo della prevenzione

La situazione sanitaria del Paese è cambiata. Grazie a migliori condizioni igienico-sanitarie, disponibilità di vaccini, evoluzione della medicina, presenza di farmaci innovativi, accesso diffuso a cure e prestazioni per tutta la popolazione, l’aspettativa di vita è cresciuta. Sono però aumentate le malattie croniche, quelle cardiovascolari e i tumori. Obiettivo strategico non è solo curare, ma prevenire e mantenersi in buona salute nel corso della vita. Molte malattie si possono evitare, intervenendo sui principali fattori di rischio modificabili (tabagismo, abuso di alcol, scorretta alimentazione, sedentarietà) e curare grazie alla diagnosi precoce.

La legge n. 317, del 3 agosto 2001, modifica la denominazione da Ministero della Sanità a Ministero della “Salute”. L’aggiornamento della definizione va a rispecchiare la nuova missione svolta dal Ministero in linea con il concetto espresso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che definisce la salute: “Una condizione non più di assenza di malattia ma di completo benessere fisico, mentale e sociale”. Si vuole, quindi, sottolineare il ruolo del Ministero di promotore della salute della persona nella sua interezza e complessità. Il Ministero della Salute è l’organo centrale del Servizio Sanitario Nazionale. Il suo ruolo è mutato negli anni a seguito di interventi legislativi. Nel quadro attuale, esercita le funzioni spettanti allo Stato in materia di tutela della salute umana, sanità veterinaria, tutela della salute nei luoghi di lavoro, igiene e sicurezza degli alimenti, coordinamento del SSN (ferme restando le competenze attribuite alle Regioni).

Le sfide della sostenibilità: nel 2017 aggiornati i LEA

Per garantire la tutela della salute e contenere la spesa sanitaria nascono i Livelli essenziali di assistenza (LEA), le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire sul tutto il territorio a tutti i cittadini, gratuitamente o con partecipazione alla spesa (ticket), finanziati con le risorse pubbliche. Le Regioni, con risorse proprie, possono garantire prestazioni ulteriori rispetto a quelle incluse nei LEA. I LEA, definiti nel 2001 e aggiornati con il DPCM 12 gennaio 2017 sono il nucleo essenziale irrinunciabile del diritto alla salute.

Limite pagamenti in contanti 2021: le regole e quando cambiano

Limite pagamenti in contanti 2021: le regole e quando cambiano

Come funziona il limite dell’utilizzo del contante per il 2021? Scopriamo regole e storia.
pensioni

Il limite pagamenti in contanti attualmente in vigore è di 1999,99 euro valido dal 1 luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021. Per tutto il 2021, quindi, il limite per il trasferimento di denaro contante è sotto i 2000 euro.

Solo il 1 gennaio 2022 scatterà un ulteriore ribasso alla soglia che scenderà a 999,99: da quel momento in poi saranno vietati tutti i trasferimenti di denaro contante a partire dai 1000 euro.

Limite utilizzo contante come è cambiato nel tempo?

Oggi pensiamo che sia normale non poter utilizzare più di 2000 euro in contanti ma è bene sapere che i limiti non sono sempre stati così stringenti. Per la verità tali limiti si susseguono da 20 anni, dal lontano 1991 quando si iniziò ad imporre un limite all’utilizzo dei contanti. Vediamo come le normative hanno cambiato i limiti nel corso degli ultimi anni:

  •  1991    10.329 (qui ancora si avevano le lire ed il limite era fissato a 20milioni di lire) € (D.L. n. 143/1991)
  • 2002   12.500 € (D.M. 17/10/2002)
  • 2007   5.000 € (D.L. n. 231/2007)
  • 2008   12.500 € (D.L. n. 112/2008)
  • 2010    5.000 € (D.L. n. 78/2010)
  • 2011    2.500 € (D.L. n.138/2011)
  • 2011    1.000 € (D.L. n. 201/2011)
  • 2016    3.000 € (Legge n. 208/2015)
  • 2020   2.000 € (D.L. n. 124/2019)
  • 2022   1.000 € (D.L. n. 124/2019)

Limite uso contanti

Non basta la normativa che limita l’uso del contante, l’Italia nell’ultimo anno si è anche attivata per incentivare la popolazione ad utilizzare i pagamenti elettronici visto che con la Legge di Bilancio 2020 sono state inserite diverse misure attualmente in corso come:

  • cashback e supercashback
  • lotteria degli scontrini

A queste iniziative si somma anche l’bbligo di POS per tutti i commercianti che prevede anche sanzioni per chi non si adegua. Il tutto per combattere sempre più duramente l’evasione fiscale: con i pagamenti tracciabili non è più possibile non dichiarare le entrate e i cittadini, di fatto, diventano complici del Fisco nell’evitare a commercianti e professionisti l’evasione fiscale.

Facendo diminuire quelle che sono le economie sommerse, di fatto, si tenta di ridurre chi evade il fisco ma incentivando le forme di pagamento elettroniche si vorrebbe ridurre anche i costi economici del denaro contante.

ULTIME NOTIZIE: Inps

San Guglielmo da Vercelli

 

San Guglielmo da Vercelli


Nome: San Guglielmo da Vercelli
Titolo: Abate
Nascita: 1085, Vercelli
Morte: 25 giugno 1142, Sant’Angelo dei Lombardi, Campania
Ricorrenza: 25 giugno
Tipologia: Commemorazione

Nel secolo XI nasceva a Vercelli, da nobili genitori, un fanciullo destinato dal Signore a fondare un numeroso ordine religioso. Al fonte battesimale ricevette il nome di Guglielmo.

Ancora fanciullo amava la solitudine e cominciò ad esercitarsi in ogni pratica di pietà. All’età di 14 anni, spinto dal fervore, iniziò un pellegrinaggio. A piedi, vestito di una sola tunica e cinto di cilicio, si recò a Campostela nella Spagna, al celebre santuario di S. Giacomo. Il freddo, la fame, la pioggia, le privazioni e perfino il pericolo della vita non riuscirono a smuoverlo dalla sua santa impresa. Aveva progettato anche un viaggio in Palestina, al S. Sepolcro di Cristo, ma gravissimi ostacoli non gli permisero di adempiere il suo desiderio.

Pertanto, assecondando la sua tendenza alla vita religiosa ed eremitica, salì sul Monte Solicchio. Quivi passò due anni in continua preghiera, digiunando e dormendo sulla nuda terra.

Avendo ridata la vista ad un cieco, si sparse la fama della sua santità, e gran numero di persone andava a trovarlo. Disturbato così nella sua solitudine, pensò di fare un pellegrinaggio a Gerusalemme e tutto contento si mise in viaggio; ma Dio che aveva su di lui altri disegni, gli apparve durante il viaggio e gli manifestò quanto voleva da lui. Permatosi nel regno di Napoli, si nascose in una selva e ricominciò di nuovo la sua vita eremitica. Alcuni boscaioli recandosi a far legna nelle vicinanze della sua grotta, lo trovarono, e di ritorno alle loro abitazioni, avendo raccontate meraviglie di lui, moltissimi accorsero per vederlo e per udirlo.

Importunato da quelle visite, si recò in un luogo aspro e quasi inaccessibile, chiamato Monte Vergine. Anche qui fu di nuovo scoperto e fra i visitatori vi furono anche numerosi giovani, desiderosi di fare vita santa con lui. Spinto dalla necessità, dovette pensare a dar ricovero a tanti postulanti e si pose a tracciar linee, a scavar fondamenta e a portare il materiale. Aiutato da coloro che volevano seguirlo, innalzò il monastero di Monte Vergine. Aumentando sempre più il numero dei postulanti, diede loro mi genere di vita secondo i consigli evangelici, con regole tratte in gran parte da quelle di S. Benedetto. Quindi, con la parola e con gli esempi di una vita santissima, attirò altri giovani, fondando nuovi monasteri.

Numerosi furono i miracoli da lui operati. Per sua intercessione i muti parlavano, i ciechi vedevano, i sordi sentivano e gli ammalati che a lui ricorrevano si vedevano liberati da ogni genere di malattie. Cambiò anche l’acqua in vino, e un giorno che una perfida persona volle tentarlo sulla castità, per vincere la tentazione si ravvoltolò nudo su carboni ardenti. Ruggero, re di Napoli, all’udire le meraviglie operate per mezzo di Guglielmo, concepì una grande venerazione per il Santo e raccomandò se stesso, la sua famiglia e tutto il regno alle sue preghiere.

Dopo aver predetto al re e ad altri il giorno della loro morte, e benedetti i suoi religiosi, si addormentò nel Signore, illustre per virtù e miracoli, il 25 giugno dell’anno 1142.

PRATICA. Fare sempre con giubilo la volontà del Signore, ricorrendo a lui nei pericoli.

PREGHIERA. O Signore, concedi, per intercessione del tuo servo S. Guglielmo, di compiere nella nostra vita la tua santissima e amabilissima volontà, affinchè possiamo riportare vittoria sui nemici della nostra salvezza.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Goleto presso Nusco in Campania, san Guglielmo, abate, che, pellegrino dalla città di Vercelli, fattosi povero per amore di Cristo, fondò su invito di san Giovanni da Matera il monastero di Montevergine, in cui accolse con sé dei compagni che istruì nella sua profonda dottrina spirituale, e aprì molti altri monasteri sia di monaci sia di monache nelle regioni dell’Italia meridionale.