Archivi giornalieri: 22 febbraio 2021

Pensioni

Pensioni, Draghi verso lo stop a Quota 100. Le ipotesi in campo

In vista di uno stop, è necessario studiare un’alternativa per i lavoratori che raggiunta la “Quota 100” si troveranno di fronte a uno scalone da 62 a 67 anni.

 

Sul tema pensioni, assente dal programma su cui Mario Draghi ha chiesto la fiducia alle Camere, per ora solo ipotesi e una certezza. Quota 100, la cui fase sperimentale durata tre anni terminerà a fine dicembre 2021, non verrà rinnovata. La riforma introdotta dal primo governo Conte sotto la spinta della Lega consente fino al 31 dicembre 2021 di andare in pensione anticipata a tutti i lavoratori che raggiungono almeno 62 anni d’età e 38 di contributi. Questo significa che, in vista di uno stop, è necessario studiare un’alternativa per i lavoratori che raggiunta la “Quota 100” si troveranno di fronte a uno scalone da 62 a 67 anni.

Sulla questione premono le parti sociali ma, come Draghi ben sa, le posizioni sulla previdenza, all’interno della maggioranza che sostiene il governo sono molto variegate e, in molti casi, distanti tra loro.

Se la fine di Quota 100 era già nel programma di Giuseppe Conte – che aveva sul tavolo l’ipotesi “Quota 102”, ovvero l’innalzamento a 64 anni dell’età minima per accedere al prepensionamento – nel giro dei prossimi mesi occorrerà mettere a punto un nuovo piano per la previdenza partendo dal presupposto che tutte le parti in causa concordano sul fatto che il primo gennaio 2022 bisognerà avere una soluzione intermedia tra Quota 100 e i 67 anni.

 
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La necessità di superare Quota 100 è, infatti, ormai condivisa anche dalla Lega che teme però un ritorno alla legge Fornero. “Non pretendiamo la proroga della quota 100 anche se ci piacerebbe. Ma è evidente che non possiamo pensare che, in un momento come questo, si possa tornare alla legge Fornero: serve un sistema che garantisca la fuoriuscita dal lavoro anticipata e permetta ai giovani di entrare nel mondo del lavoro” ha commentato nei giorni scorsi il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. “A breve – gli ha fatto eco in un’intervista ad Affari italiani, il responsabile lavoro della Lega, Claudio Durigon – verrà tolto il divieto di licenziamento e quindi bisogna pensare a strumenti di riorganizzazione per gestire l’uscita dal mercato del lavoro. Non siamo innamorati delle sigle e delle formule, ma vanno studiate bene le norme per fronteggiare le ricadute dopo la fine dello stop ai licenziamenti. Va trovato un compromesso con le aziende perché, stando alle elaborazioni, rischiamo un milione e duecento mila licenziamenti, serve quindi uno strumento di flessibilità per l’uscita dal mercato del lavoro. Quota 100 non è nemmeno più sufficiente, costerebbe solo 400 milioni il rinnovo di un anno, ma una soluzione va comunque trovata”.

In tale scenario – come rileva un’analisi del Sole 24 ore – sono tre le ipotesi in campo a livello previdenziale: nuove soglie, coefficienti e un Testo unico. Se il governo avrà il sostegno della maggioranza – scrive il quotidiano – è possibile che si faccia largo la strada di una “vera riforma strutturale, da amalgamare alla legge Fornero, con l’obiettivo di garantire solidità e sostenibilità anche nel medio periodo al sistema pensionistico, rispondendo alle sollecitazioni dell’Europa, alle quali Draghi guarda con attenzione”.

La seconda via potrebbe essere quella di “agire su soglie di pensionamento e coefficienti di trasformazione, rimanendo nel solco contributivo, per addolcire il più possibile l’impatto del ritorno secco dai pensionamenti agevolati voluti dal Conte 1 allo schema della legge del 2011”. Infine, la terza ipotesi, è quella di collocare l’intervento sulla previdenza all’interno della costruzione di un nuovo Welfare con un “nuovo Testo unico sulle pensioni che riguardi sia il primo pilastro, con l’introduzione anche di una pensione di garanzia per chi, nel contributivo puro, non potrà più contare su integrazioni al minimo, sia il secondo pilastro, con un adeguamento di tanti aspetti (a partire dai trattamenti fiscali) che non hanno finora consentito un vero decollo della previdenza complementare”. I possibili interventi vanno dall’indicizzazione delle pensioni al nodo dei coefficienti di trasformazione da aggiornare, dalle nuove flessibilità in uscita sostenibili all’introduzione di opzioni di part-time e part-pension.

Cashback

 

Cashback di Natale fino a 150 euro: in arrivo gli accrediti in conto corrente

In arrivo gli accrediti in conto corrente del cashback di Natale fino a 150 euro per le spese effettuate nei negozi fisici a dicembre 2020.

In arrivo i pagamenti in conto corrente del cashback di Natale fino a 150 euro. Aggiorniamo questa guida in quanto stanno regolarmente arrivando gli accrediti dei bonifici, così come previsto dal regolamento, entro la fine del mese di febbraio 2021. L’iniziativa sperimentale, voluta dal Governo per dare una “spintarella” agli acquisiti Natalizi con carta presso i negozi fisici. Si trattava quindi di una iniziativa che andava ad anticipare il noto Cashback di Stato iniziato il 1° gennaio 2021. Gli acquisti dall’8 dicembre e fino al 31 dicembre sono stati premiati con un rimborso in conto corrente del 10% della spesa fino ad un massimo di 150 euro (procapite e non a famiglia), come da regolamento pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 28 novembre (Decreto attuativo del MEF).

Per gli acquisti con carta nei negozi fisici spettava infatti un rimborso del 10%, per un tetto massimo di spesa pari a 1.500 euro. C’erano sono comunque una serie di regole e di pratiche da seguire per accedere al cashback natalizio, quindi l’accredito non sarà automatico, ma spetterà solo a chi si è regolarmente registrazione con App Io e SPID, ha attivato il servizio e registrato le proprie carte di pagamento e il conto corrente per l’accredito del bonus.

Il rimborso sarà quindi accreditato direttamente in conto corrente, prevedibilmente entro il mese di febbraio o gli inizi del mese di marzo del 2021. Affinché si riceva il rimborso, era necessario fare la spesa nei negozi fisici e pagare con strumenti tracciabili, quali carte di credito, bancomat, assegni ecc. Gli acquisti devono essere almeno 10 (quindi non bastava fare un solo acquisto da 1500 euro) e con importi massimi di 150 euro a scontrino.

N.B. la guida che segue riguarda l’iniziativa Cashback di Natale che si è concluso il 31 dicembre scorso; aggiorniamo questo articolo solo per informare che sono in arrivo i pagamenti.

Vediamo in breve cos’è e come funzionava il Bonus Extra Cashback di Natale, ormai in fase di definizione con i relativi accrediti in conto corrente.

Cashback di Natale: come funziona il bonus sugli acquisti di dicembre 2020

Cashback di NataleL’operazione cashback è iniziata l’8 dicembre, pertanto per gli acquisti fatti sotto le feste si può ottenere un rimborso in conto corrente fino ad un massimo di 150 euro procapite; ciò significa che si possono ottenere anche più bonus nello stesso nucleo familiare abilitando più App IO e più carte e IBAN.

Il Bonus Extra Cashback di Natale sarà accreditato sul proprio IBAN previa registrazione al servizio e se si effettuano almeno 10 scontrini per un massimo di 1500 euro con carta, nei negozi fisici entro il mese di dicembre. Ogni scontrino sarà considerato per un massimo di 150 euro: ciò significa che per scontrini di importo superiore sarà riconosciuto comunque un credito massimo di 15 euro, ove sussistano gli altri requisiti.

Attenzione, è bene sapere che:

  1. bisogna scaricare e registrarsi al servizio tramite App IO e poi registrare i metodi di pagamento e il proprio IBAN per l’accredito;
  2. gli acquisti devono essere pagati tramite:
    1. carte di credito, debito o prepagate,
    2. bancoposta o postepay,
    3. bancomat,
    4. altri strumenti di pagamento digitali come paypal, ApplePay ecc. (funzione in arrivo)
  3. non sono premiati gli acquisti on line, ma solo nei negozi fisici;
  4. servono almeno 10 scontrini;
  5. per ogni singolo acquisto ci spetta un cashback massimo pari a 15 euro (150*10%);
  6. superata la soglia di 150 euro per singolo acquisto non otterremmo un cashback aggiuntivo (es. scontrino 200 euro = cashback massimo 15 euro);
  7. il cashback massimo che possiamo ricevere sul totale degli acquisti di dicembre è pari a 150 euro (1500*10%); ma si potrà partecipare anche per importi minori, infatti la soglia di 150 euro rappresenta il massimo da ottenere (es. 10 acquisti per un totale di 900 euro danno diritto ad un bonus caschback di 90 euro).

Dunque ai fini del cashback di Natale, il singolo acquisto fatto concorre solo fino alla soglia di 150 euro. Non sono previste esclusioni circa gli acquisti agevolabili. Senza distinzione tra beni e servizi.

In pratica,  se ci si reca ad esempio a comprare un regalo in un negozio di abbigliamento o a fare la spesa al supermercato, spetta il cashback. Il bonus cashback spetta anche se si paga tramite le app di pagamento quali Satispay, Google Pay, Apple Pay ecc.

Bonus Extra Cashback di Natale: un esempio pratico

Ipotizziamo che nel mese di dicembre spendo  in totale tra carte di credito e bancomat 950 euro così suddivisi:

  1. 180 €;
  2. 150 €;
  3. 45 €;
  4. 70 €;
  5. 35 €;
  6. 25 €;
  7. 350 €;
  8. 95 €;
  9. 100 €;
  10. 100 €;

In totale ho effettuato 10 acquisti per € 1150 euro.

A quanto ammonta il cashback di Natale che riceverò sul conto corrente? In totale riceviamo un rimborso di 92 euro.

Infatti, ai singoli acquisti corrisponde il seguente cashback (10% su un max di spesa singola di 150€):

  1. 15 euro (180 € di acquisto);
  2. 15 euro (150 € di acquisto);
  3. 4,50 € (45 € di acquisto);
  4. 7 € (70 € di acquisto);
  5. 3,50 ( 35 € di acquisto);
  6. 2,50 € (25 € di acquisto);
  7. 15  € (350 € di acquisto);
  8. 9,50 € (95 € di acquisto);
  9. 10 € (100 € di acquisto);
  10. 10 € (100 € di acquisto);

Come possiamo vedere, oltre 150 euro il singolo acquisto non comporta un cashback aggiuntivo.

Ad esempio se faccio un pagamento  di 300 euro, il cashback che otteniamo è sempre pari a 15 euro.

La domanda a questo punto sorge spontanea, è possibile frazionare il pagamento del singolo acquisto (150 + 150) e avere due bonus? La risposta è negativa in quanto al singolo acquisto deve corrispondere un unico scontrino e un solo pagamento (es. un bene del valore di 300 euro non può essere diviso in due scontrini). Nulla vieta tuttavia che, ove possibile, si fanno due scontrini da 150 euro con relativi pagamenti (ad esempio acquisto di due beni da 150 euro l’uno nello stesso negozio).

Leggi anche: Furbetti del cashback: le imminenti misure anti-frode. Ecco cosa si rischia

App IO cashback di Natale: cos’è e come funziona

L’adesione al sistema del Cashback avviene tramite l’APP IO con iscrizione tramite SPID o CIE 3.0 (la stessa App utilizzata per il bonus vacanze). Il Programma di rimborso è realizzato attraverso il “Sistema Cashback”, predisposto e gestito dalla società PagoPA S.p.a.

Colui che intende aderire deve indicare il suo IBAN nonchè gli strumenti di pagamento tracciabili di cui intende avvalersi.

Maggiori info: https://io.italia.it/cashback/

All’interno dell’App IO si dovrà quindi:

  1. dichiarare di voler aderire al sistema cliccando sul pulsante Cashback e seguendo le istruzioni;
  2. accedere al portafoglio e comunicare i metodi di pagamento abilitati (carte di credito, carte di debito, prepagate ecc.)
  3. comunicare anche il codice IBAN del conto sul quale si vuole ricevere il rimborso.

Si accede all’APP tramite i dispositivi Apple e Android. Il rimborso del cashback dovrebbe avvenire a Febbraio 2021 attraverso un bonifico bancario.

Leggi anche: App IO, cos’è e come funziona

Il cashback di Stato

Il cashback di Natale anticipa il cashback di Stato (o ordinario) che entra a regime dal 1° gennaio 2021. Per accedere al nuovo cashback da Gennaio chi ha aderito a quello di Natale, dovrà fare una nuova registrazione.

L’intento del Governo è quello di limitare la circolazione del contante e i pagamento in nero; è chiaro infatti che ad un pagamento tracciato deve per forza corrispondere uno scontrino fiscale o una fattura.

A seguire, il decreto Agosto è intervenuto sulle disposizioni normative di cui al  “cashback”:

  • incrementando  la dotazione del fondo per il finanziamento delle misure premiali per l’utilizzo strumenti di pagamento elettronici,
  • di 2,2 milioni per l’anno 2020 e di 1 miliardo e 750 milioni di euro per l’anno 2020.

Pagamento pensioni marzo 2021

 

Pagamento pensioni marzo 2021: ecco il calendario con le date aggiornate

Pagamento pensioni marzo 2021: il nuovo calendario in ordine alfabetico con le date di riscossione e di accredito in conto corrente.

Pagamento pensioni marzo 2021: quando arrivano i soldi? Quando si può riscuotere la pensione di marzo 2021? Come noto dall’inizio della pandemia l’INPS, di concerto con Poste Italiane e la Protezione Civile, ha anticipato le date dei pagamenti dei cedolini pensione, in particolare quelle da riscuotere presso le Poste, per evitare gli assembramenti e le code agli uffici postali.

Continua pertanto anche per il mese di marzo la politica dell’Istituto previdenziale di anticipare di qualche giorno l’erogazione del pagamento della pensione. Ma quando avverrà quindi la liquidazione della pensione di marzo 2021? Tutti coloro che ricevono la pensione su conto corrente bancario o postale, ovvero senza pagamento di persona, riceveranno l’assegno pensionistico secondo le consuete tempistiche, vale a dire il primo giorno bancabile del mese; coloro che invece preferiscono il vecchio metodo allo sportello dovranno seguire un ordine alfabetico per presentarsi a riscuotere (direttamente o con delega).

Vediamo di seguito il nuovo calendario del pagamento pensioni marzo 2021.

Pagamento pensioni marzo 2021

Affinché i pensionati possano recarsi presso l’ufficio postale in totale sicurezza, anche il mese di marzo si è disposto l’anticipo della pensione. Questa nuova metodologia serve a evitare inutili file e assembramenti presso gli sportelli delle Poste; così da ridurre al massimo i rischi di contagio, soprattutto fra la popolazione più anziana.

Con ordinanza numero 740 del 12 febbraio 2021 la Protezione Civile ha stabilito che le pensioni di marzo potranno essere riscosse presso le Poste dal 23 febbraio al 1° marzo 2021.

Ricordiamo comunque che l’anticipo della pensione non riguarda però coloro che ricevono l’assegno pensionistico direttamente sul conto corrente bancario o postale. Questi infatti, vedranno l’accredito della pensione al primo giorno bancabile del mese di marzo. Il calendario riguarda tutti quei pensionati che riscuotono la pensione direttamente presso gli uffici postali.

Calendario pensioni di marzo 2021

In particolare, le date di erogazione delle pensioni sono suddivise in base alle iniziali del cognome del titolare della prestazione. Per il mese di marzo 2021, il pagamento inizia dal 23 febbraio e finisce il 1° marzo.

Il calendario in ordine alfabetico è il seguente:

  • cognomi dalla A alla B martedì 23 febbraio,
  • dalla C alla D mercoledì 24 febbraio,
  • da E a K giovedì 25 febbraio,
  • da L a O venerdì 26 febbraio,
  • dalla P alla R sabato mattina 27 febbraio,
  • e infine dalla S alla Z lunedì 1° marzo.

Il calendario potrebbe subire variazioni rispetto ai singoli uffici postali, quindi è importante verificare il corretto calendario presso l’ufficio postale di competenza.

Pagamento in conto corrente il primo giorno bancabile di marzo

Chi riscuote la pensione tramite accredito in conto corrente postale o bancario, ovvero direttamente su Libretto Postale o POstePay Evolution dovrà attendere l’accredito il primo giorno bancabile, che per questo mese corrisponde al 1° marzo 2021.

Come riscuotere la pensione alle Poste: pagamento al diretto interessato o ad un suo delegato

Come da normativa INPS la pensione può essere riscossa alle Poste sia direttamente dal pensionato che delegando un altro soggetto.

In ogni caso per la data di riscossione si terrà comunque conto del cognome del titolare della pensione.

Pensioni Over 75: pagamento tramite i carabinieri

Infine tutti i pensionati ultra 75enni, che non hanno un conto corrente o libretto postale l’INPS permette di delegare i carabinieri per riscuotere la pensione.

Quindi chi è impossibilitato a recarsi presso l’ufficio postale, può delegare gratuitamente i carabinieri per riscuotere l’assegno pensionistico.

Precompilata 2021

Precompilata 2021: erogazioni liberali per il Terzo Settore in dichiarazione

Nella dichiarazione precompilata 2021 saranno presenti anche le erogazioni liberali effettuate in favore degli enti del terzo settore.

Nella dichiarazione precompilata 2021 saranno presenti anche le erogazioni liberali effettuate nel corso del 2020 in favore degli enti del terzo settore. L’invio dei dati all’Agenzia delle entrate sarà solo facoltativo per quest’anno, mentre dal prossimo anno diventerà un adempimento obbligatorio.La comunicazione riguarda anche il totale delle erogazioni liberali restituite nell’anno precedente; in questo caso si dovrà indicare il soggetto a favore del quale è stata effettuata la restituzione e l’anno nel quale è stata ricevuta l’erogazione rimborsata. Non si devono inviare i dati di chi si limita a raccogliere le donazioni effettuate da altri soggetti.A prevederlo è il decreto del Ministero dell’economie e delle finanze del 3 febbraio scorso, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 16 febbraio.

Sommario

Dichiarazione precompilata 2021: gli oneri presentiA partire dal prossimo 30 aprile, l’Agenzia delle entrate metterà a disposizione del contribuente la dichiarazione precompilata 2021, periodo d’imposta 2020. La dichiarazione riguarda i redditi percepiti e gli oneri detraibili/deducibili pagati nel 2020. L’Agenzia delle entrate riporta tali dati in quanto sono a sua conoscenza. Si pensi ai redditi riportati nelle certificazioni uniche, agli oneri detraibili comunicati all’Agenzia dagli operatori sanitari, dalla agenzia funebri, dalle università, assicurazioni ecc.Anno per anno la dichiarazione la precompilata si sta arricchendo di maggiori informazioni.Sulla base delle disposizioni normative in essere, gli oneri detraibili/deducibili che saranno precaricati nella precompilata possono essere così individuati:

  • spese sanitarie e relativi rimborsi;
  • spese veterinarie;
  • interessi passivi sui mutui in corso;
  • premi assicurativi;
  • contributi previdenziali e assistenziali;
  • contributi versati per lavoratori domestici;
  • spese universitarie e relativi rimborsi;
  • spese funebri;
  • contributi versati alla previdenza complementare;
  • bonifici riguardanti le spese per interventi di ristrutturazione e di riqualificazione energetica degli edifici;
  • spese sostenute su parti comuni condominiali, per interventi di recupero del patrimonio edilizio, di risparmio energetico, di sistemazione a verde degli immobili (bonus verde) e per l’arredo degli immobili ristrutturati;
  • contributi versati a enti o casse aventi fine assistenziale;
  • spese per la frequenza degli asili nido e relativi rimborsi;
  • contributi detraibili versati alle società di mutuo soccorso.

Da quest’anno saranno riportati nella precompilata anche le spese scolastiche.In via sperimentale, erano già presenti dagli anni precedenti anche le erogazioni liberali effettuate alle Onlus, alle associazioni di promozione sociale, alle fondazioni e associazioni riconosciute aventi per scopo statutario la tutela, promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico e alle fondazioni e associazioni aventi per scopo statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, se comunicate in quanto l’invio è facoltativo.Enti del terzo settore: i dati nella precompilataA prevedere l’inserimento nella precompilata dei dati delle erogazioni liberali effettuate dai contribuente nel corso dell’anno è stato il decreto M.E.F. del 30 gennaio 2018. Erogazioni liberarli che danno diritto a specifiche detrazioni/deduzione d’imposta.Il decreto, ha previsto, in via sperimentale e facoltativa, per gli anni 2017-2018-2019, l’invio dei dati da parte degli Enti del terzo settore.Nello specifico, la comunicazione riguarda,l’ammontare delle erogazioni liberali effettuate tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall’art. 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con l’indicazione dei dati identificativi dei soggetti eroganti.

Enti del Terzo Settore, quali sonoAi sensi dell’art. 4 del Codice di riforma del terzo settore, D.Lgs 117/2017, sono Enti del Terzo Settore, se iscritti al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS):

  • organizzazioni di volontariato (ODV) (artt. 32 e ss.);
  • associazioni di promozione sociale (APS) (artt. 35 e ss.);
  • gli enti filantropici (artt. 37 e ss.);
  • imprese sociali, incluse le cooperative sociali (art. 40);
  • reti associative (artt. 41 e ss.);
  • società di mutuo soccorso (SOMS) (artt. 42 e ss.);
  • associazioni riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale di cui all’art. 5, in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi.

Lo stesso decreto disponeva che, finita la fase sperimentale, sarebbe stato adottato un nuovo decreto per fissare i termini e le modalità di invio dei dati a regime. Da qui è stato adottato il decreto MEF del 3 febbraio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n°39/2021 del 16 febbraio.

Modalità di trasmissione dei dati: per il 2020 l’invio è facoltativoEntro il 16 marzo prossimo, in via facoltativa, gli Enti del terzo settore possono trasmettere all’Agenzia delle entrate, i dati i dati relativi alle erogazioni liberali in denaro deducibili e detraibili, eseguite nell’annone 2020 da persone fisiche. Con l’indicazione dei dati identificativi dei soggetti eroganti. Non vanno inviati i dati di chi si limita a raccogliere le donazioni effettuate da altri soggetti.Per il 2020, la comunicazione riguarda le erogazioni effettuate nello stesso anno, da donatori continuativi che hanno fornito i propri dati anagrafici e dagli altri donatori qualora dal pagamento risulti il codice fiscale del soggetto erogante.Invio obbligatorio dalla precompilata 2022Detto ciò per il 2020, l’invio dei dati sarà obbligatorio:

  1. a partire dai dati relativi all’anno d’imposta  2021,  se  dal bilancio di esercizio  dell’Ente, approvato nell’anno d’imposta cui si riferiscono i dati da trasmettere, risultano ricavi, rendite, proventi o  entrate comunque denominate superiori a un milione di euro
  2. a partire dai dati relativi all’anno d’imposta 2022,  se  dal bilancio di esercizio approvato nell’anno d’imposta cui si riferiscono i dati da trasmettere, risultano ricavi, rendite, proventi o  entrate comunque denominate superiori a 220.000 euro.

La comunicazione riguarda, come detto in premessa, anche le erogazioni liberali restituite nell’anno precedente; in tal caso si dovrà indicare il soggetto a favore del quale è stata effettuata la restituzione e l’anno nel quale è arrivata l’erogazione rimborsata.I versamenti oggetto della comunicazione devono risultare effettuati a mezzo banca, ufficio postale, o comunque mediante i sistemi di pagamento, come le carte di debito o di credito e prepagate.Invio facoltativo senza sanzioni per il 2021Considerato che in riferimento ai dati 2020 l’invio è solo facoltativo, non si applicano sanzioni. A meno che l’errata comunicazione non determini un’indebita fruizione di detrazioni o deduzioni nella dichiarazione precompilata.

Per chiudere il cerchio sulla trasmissione dei dati, sarà necessario un provvedimento dell’Agenzia delle entrate con il quale saranno individuate le modalità tecniche per la trasmissione telematica delle comunicazioni.Infine, al comma 7 del decreto è precisato che:a decorrere dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’art. 101, comma 10, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 ovvero dal periodo d’imposta successivo a quello di operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, se successivo all’autorizzazione, le disposizioni del presente decreto si applicano agli Enti del Terzo settore destinatari delle erogazioni liberali di cui all’art. 83 dello stesso decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117.

In tal modo la comunicazione dei dati viene estesa anche a  quest’ultime erogazioni liberali.

Blocco servizi Vas sui telefonini

Blocco servizi Vas sui telefonini: arriva lo stop con delibera dell’Agcom

Stop ai servizi Vas attivati senza il consenso del cliente: una nuova delibera Agcom ne sancisce il blocco. Ecco i dettagli.

La notizia è recentissima e, senza alcun dubbio, farà felici tutti i possessori di uno smartphone o cellulare. Infatti, un nuova delibera emanata da parte dell’Agcom, ossia l’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, ha stabilito lo stop ai servizi Vas sui telefonini. Si tratta dei servizi premium a pagamento, non esplicitamente richiesti dagli utenti, ed anzi attivati molto frequentemente per sbaglio o disattenzione; o senza aver prestato un espresso consenso. Tantissimi i cittadini che, in questi ultimi anni, si sono trovati di fronte al prosciugamento del credito telefonico. E ciò senza avere la minima idea del perchè.

Anche in virtù del contributo delle associazioni di consumatori tra cui quello di Altroconsumo, che aveva più volte denunciato il pericolo-Vas, l’Autorità ha stabilito che sulle nuove SIM debba essere impostato il blocco di default per i servizi premium, rimovibile soltanto dal cliente. La nuova procedura di attivazione consente altresì di provare e documentare il consenso espresso dell’utente.

Vediamo allora più nel dettaglio i contenuti dell’utile, ed atteso, intervento da parte dell’Agcom, con lo stop ai servizi Vas indesiderati o richiesti inconsapevolmente.

Servizi Vas: che cosa sono?

Prima di focalizzarci sul citato provvedimento dell’Authority, spendiamo qualche parola sul contesto di riferimento. I servizi Vas – acronimo di “Value added service” – consistono in quei servizi a sovrapprezzo, altrimenti denominati anche “a contenuto”; o servizi “premium”. Si tratta di abbonamenti a giochi online o riviste; oroscopi e non solo. Forse non tutti sanno che sono servizi forniti anche da soggetti terzi (pensiamo ad es. ai servizi meteo); e non sempre dalle compagnie telefoniche, in via diretta.

Il punto è che, nella stragrande maggioranza dei casi, detti servizi possono essere attivati sullo smartphone per errore o inconsapevolmente, salvo poi vedersi addebitare il prezzo sull’abbonamento; o scaricando il credito residuo della carta prepagata. In molti in questi anni si sono lamentati, ma invano. Ora la delibera Agcom sembra segnare la parola fine a queste pratiche commerciali scorrette.

Pratiche commerciali scorrette e da considerarsi ingannevoli

La modalità di attivazione di detti servizi Vas, non richiesti, è molto semplice: è sufficiente cliccare per sbaglio un punto qualunque di una pagina web (ad es. un banner pubblicitario) mentra si naviga sul proprio smartphone. Non di rado, basta anche un solo clic per attivare un abbonamento o un servizio non richiesto, in automatico. Risultato: l’ignaro utente è raggirato e finisce per pagare abbonamenti mai al di sotto dei 5 euro.

Come intuibile, si tratta di pratiche commerciali ai confini della vera e propria truffa. Così si spiegano le non poche multe, emesse dall’Agcom, nei confronti delle compagnie telefoniche, e le inchieste della magistratura in merito.

In un contesto come questo, la vittima dell’inganno solitamente si trovava costretta a contattare il proprio gestore telefonico per ottenere la disattivazione dei servizi Vas e il rimborso, con il ripristino delle originarie condizioni contrattuali.

Ma come detto, è recentemente intervenuta l’Autorità per le garanzie nelle comunicazione, con una delibera che sembra costituire una vera e propria svolta.

Delibera Agcom: ecco il blocco dei servizi Vas

A questo punto, vediamo più da vicino che cosa ha stabilito l’Autorità con la sua delibera. Due le misure essenziali introdotte: da un lato il blocco automatico sulle SIM; dall’altro un iter specifico per l’attivazione dei servizi a valore aggiunto, ossia i servizi Vas. La stretta in questione scatterà, in base alla richiesta della recente delibera agli operatori, entro 45 giorni dalla sua pubblicazione, avvenuta lo scorso 5 febbraio 2021. Tra le altre compagnie, Wind3 procederà con la disattivazione degli abbonamenti eventualmente attivi, stabilendo lo stop definitivo ai servizi Vas, a partire dal 21 marzo.

E’ interessante notare che questo stop vale sia per le nuove SIM che per quelle già attive, e si applica per tutti i servizi che comportano l’erogazione di contenuti digitali forniti:

  • dall’operatore di accesso;
  • tramite connessione dati su reti mobili, con addebito su credito telefonico o documento di fatturazione;
  • tramite SMS e MMS.

Il blocco potenzialmente vale per tutte le SIM, nuove e vecchie

Ribadiamolo, giacchè la novità è assai significativa: lo stop scatta automaticamente per tutte le nuove SIM che saranno attivate; sarà infatti lo stesso operatore di accesso a impedire i servizi Vas non richiesti. Per quanto attiene alle SIM già attive, l’utente dovrà invece esprimere la sua volontà in merito al blocco.

Ma attenzione, per impedire nuovi servizi Vas non richiesti, il possessore dello smartphone e della SIM non dovrà fare alcunchè; infatti, è sufficiente non rispondere al messaggio sms informativo, che arriverà sul proprio cellulare. Perciò, se entro 30 giorni dalla ricezione del messaggio l’operatore non riceverà alcun riscontro, darà luogo al blocco. Si tratta dunque di una sorta di silenzio-assenso rispetto alle novità introdotte con delibera Agcom.

Il provvedimento in oggetto è assai articolato, al fine di garantire al meglio i diritti dell’utente-consumatore. Non a caso, in esso si trova indicato che l’SMS informativo deve essere spedito di nuovo 5 giorni prima dell’attivazione dello stop, verso i clienti che, avendo servizi premium attivi (magari anche inconsapevolmente), non abbiano reso nota alcuna volontà.

Quali sono i servizi che non subiranno il blocco?

L’Agcom ha però inteso distinguere dai servizi Vas di cui sopra, quelli che non saranno stoppati; grazie all’applicazione del provvedimento dell’Authority. Quali sono? Ebbene, si tratta di alcuni servizi erogati via SMS; tra essi, menzioniamo qui alcuni dei più significativi:

  • servizi bancari;
  • donazioni solidali;
  • mobile ticketing per il trasporto pubblico e per i parcheggi;
  • televoto;
  • donazioni a partiti politici;
  • servizi postali privati e quelli inclusi nel servizio universale postale; ed elettronici di recapito certificato;
  • servizi di posta elettronica certificata.

Come attivare i servizi Vas a pagamento: ecco l’iter ad hoc

Lo abbiamo sopra accennato sopra: la delibera Agcom non dispone soltanto in merito al blocco, ma anche definisce una procedura ad hoc per l’attivazione di servizi Vas a pagamento. E’ necessario che il cliente manifesti espressamente la propria volontà, rispettando gli step seguenti:

  • inserimento del numero di cellulare;
  • inserimento di una One Time Password (OTP), di tipo usa e getta e non meno di 5 cifre, nell’apposita maschera inclusa nella cd. landing page;
  • accesso alla pagina web di conferma, allo scopo di avere contezza del prezzo e della frequenza di abbonamento, dentro la stessa pagina di inserimento della password citata;
  • inserimento della OTP nella pagina web di conferma;
  • clic sul tasto “clicca e abbonati”.

La tutela del cliente consumatore è una priorità

Ultimata la procedura, l’interessato riceverà un ulteriore SMS gratuito di conferma di attivazione del servizio e, se previsto, il contenuto del servizio via SMS/MMS; o le istruzioni per effettuare l’accesso al sito internet di fruizione. Come si può notare, si tratta di un percorso piuttosto articolato, a testimonianza di quanto debba contare la volontà dell’interessato nel fruire dei servizi Vas.

Ci saranno 120 giorni per conformarsi alla nuova procedura di attivazione dei Servizi premium: queste le tempistiche previste dalla delibera Agcom nei confronti degli operatori telefonici.

Concludendo, da rimarcare che le nuove regole volute dall’Agcom in tema di servizi Vas non cancellano quanto previsto dal codice di autoregolamentazione proposto dalle compagnie telefoniche e dai fornitori dei servizi premium, accettato dall’Authority e approvato nel 2019. Detto codice resta dunque valido.

Uso delle impronte digitali

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Uso delle impronte digitali dei dipendenti: vietato se manca base normativa

Per il Garante l’uso delle impronte digitali dei dipendenti è vietato se manca una apposita base normativa a prescindere dalla loro volontà.

In una recente informativa contenuta nella newsletter del 19 febbraio 2021, il Garante della Privacy fornisce importanti chiarimenti in merito all’uso delle impronte digitali dei dipendenti da parte dei datori di lavoro.

In particolate il Garante precisa che non è consentito l’utilizzo e ancor meno l’archiviazione dei dati biometrici dei lavoratori dipendenti da parte dell’azienda, in questo caso particolare una azienda pubblica, se manca una valida e completa base normativa.

Ecco i dettagli.

Uso delle impronte digitali dei dipendenti: il caso sanzionato dal Garante Privacy

Nel caso in esame, così come esposto nella Newsletter, il Garante della Privacy ha provveduto a sanzionare per un importo pari a 30.000 euro una Asp (Azienda sanitaria provinciale). La sanzione è stata comminata a causa dell’utilizzo di un sistema di rilevazione delle presenze dei dipendenti basato sul trattamento di dati biometrici dei lavoratori.

Il Garante chiarisce che, a seguito del rafforzamento delle garanzie previste dal Regolamento e dal Codice privacy, per installare e usare questo tipo di sistemi serve una base normativa:

  1. proporzionata all’obiettivo perseguito
  2. e che fissi misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti degli interessati.

Nel caso specifico della Asp la base normativa invocata era carente: infatti non è stato mai adottato il regolamento attuativo della legge 56/2019 (poi abrogata). Questa avrebbe dovuto stabilire le garanzie per circoscrivere gli ambiti di applicazione della rilevazione dei dati biometrici e avrebbe dovuto regolare le principali modalità del trattamento dei dati personali.

L’Istruttoria dell’autorità

L’Autorità ha avviato una indagine a seguito di articoli di stampa. L’esito dell’indagine ha consentito di accertare che il sistema di rilevazione presenze dell’Asp in questione acquisiva le impronte digitali di oltre 2.000 dipendenti. Allo stesso tempo memorizzava i dati in forma crittografata sul badge di ciascun lavoratore.

Successivamente l’Azienda verificava l’identità del dipendente mediante il confronto tra il modello biometrico memorizzato nel badge, e l’impronta digitale presentata all’atto del rilevamento della presenza. Quindi trasmetteva il numero di matricola del dipendente, la data e l’ora della timbratura, al sistema centrale di gestione delle presenze.

L’Azienda sanitaria effettuava quindi un trattamento di dati biometrici dei dipendenti  in assenza di una idonea base normativa e giuridica. In particolare la rilevazione dei dati biometrici avveniva sia all’atto dell’emissione del badge, che durante la verifica dell’impronta digitale del dipendente ad ogni timbratura del cartellino.

Quindi chiarisce che in mancanza di base normativa, a nulla serve il consenso dei dipendenti e l’accordo sindacale a base del fondamento del trattamento; questi infatti non possono essere considerati validi nel contesto lavorativo, per effetto dello squilibrio del rapporto tra dipendente e datore di lavoro. A maggior ragione se il rapporto di lavoro è di tipo pubblico.

Infine il datore di lavoro, pur avendo fornito apposita informativa al personale e ai sindacati della scelta organizzativa compiuta, non aveva fornito tutte le informazioni sul trattamento. Informativa sul trattamento che è essenziale così come richiesto dal GDPR Regolamento europeo in materia di privacy.

Conclusioni del Garante

In definitiva quindi, considerato tutto quanto sopra riportato, il Garante ha dichiarato illecito il trattamento dei dati biometrici. In tal senso ha quindi sanzionato l’Asp per 30.000 euro per la rilevazione e l’uso delle impronte digitali dei dipendenti.

Inoltre ha disposto la cancellazione dei modelli biometrici memorizzati all’interno dei badge; e infine ha chiesto al datore di lavoro le iniziative che intende intraprendere per far cessare il trattamento dei dati.

Di seguito il testo completo dell’ordinanza di ingiunzione del Garante Privacy nei confronti dell’Asp.

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Da Cenere a Padre padrone : Sequestro di persona, 07

Titolo: Da Cenere a Padre padrone : Sequestro di persona, 07
Autore: Livi PieroPlanta GiancarloSanna Giovanni
Sigla: Cirelli Valerio
Interventi: abitanti di OrgosoloMingozzi Gianfranco
Editore: RAI Sardegna
Data di trasmissione: 1981/05/26
Programma: Da Cenere a Padre Padrone
Curatore programma: Livi PieroPlanta GiancarloSanna Giovanni
Raccolta: Archivio Rai
Descrizione: La trasmissione si prefigge di esplorare in modo approfondito gli intensi anni del cinema sardo che affonda le sue radici nella storia letteraria dell’Isola. Di puntata in puntata si snoda un percorso attraverso le più significative opere cinematografiche, dal cinema muto, con Cenere della Deledda interpretato da una inedita e superba Duse, fino a Padre padrone, tratto dal romanzo di Gavino Ledda, la cui riduzione cinematografica, ad opera dei fratelli Taviani, rimane una vera e propria pietra miliare nel cinema di impronta sarda. In questa puntata sono proposte alcune sequenze tratte dal film “Sequestro di persona” (1967) di Gianfranco Mingozzi. Fra le interviste quelle al regista e agli abitanti di Orgosolo

 

Pensioni, Draghi verso lo stop a Quota 100. Le ipotesi in campo

Pensioni, Draghi verso lo stop a Quota 100. Le ipotesi in campo

In vista di uno stop, è necessario studiare un’alternativa per i lavoratori che raggiunta la “Quota 100” si troveranno di fronte a uno scalone da 62 a 67 anni.

 

Sul tema pensioni, assente dal programma su cui Mario Draghi ha chiesto la fiducia alle Camere, per ora solo ipotesi e una certezza. Quota 100, la cui fase sperimentale durata tre anni terminerà a fine dicembre 2021, non verrà rinnovata. La riforma introdotta dal primo governo Conte sotto la spinta della Lega consente fino al 31 dicembre 2021 di andare in pensione anticipata a tutti i lavoratori che raggiungono almeno 62 anni d’età e 38 di contributi. Questo significa che, in vista di uno stop, è necessario studiare un’alternativa per i lavoratori che raggiunta la “Quota 100” si troveranno di fronte a uno scalone da 62 a 67 anni.

Sulla questione premono le parti sociali ma, come Draghi ben sa, le posizioni sulla previdenza, all’interno della maggioranza che sostiene il governo sono molto variegate e, in molti casi, distanti tra loro.

Se la fine di Quota 100 era già nel programma di Giuseppe Conte – che aveva sul tavolo l’ipotesi “Quota 102”, ovvero l’innalzamento a 64 anni dell’età minima per accedere al prepensionamento – nel giro dei prossimi mesi occorrerà mettere a punto un nuovo piano per la previdenza partendo dal presupposto che tutte le parti in causa concordano sul fatto che il primo gennaio 2022 bisognerà avere una soluzione intermedia tra Quota 100 e i 67 anni.

 
 
 

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La necessità di superare Quota 100 è, infatti, ormai condivisa anche dalla Lega che teme però un ritorno alla legge Fornero. “Non pretendiamo la proroga della quota 100 anche se ci piacerebbe. Ma è evidente che non possiamo pensare che, in un momento come questo, si possa tornare alla legge Fornero: serve un sistema che garantisca la fuoriuscita dal lavoro anticipata e permetta ai giovani di entrare nel mondo del lavoro” ha commentato nei giorni scorsi il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. “A breve – gli ha fatto eco in un’intervista ad Affari italiani, il responsabile lavoro della Lega, Claudio Durigon – verrà tolto il divieto di licenziamento e quindi bisogna pensare a strumenti di riorganizzazione per gestire l’uscita dal mercato del lavoro. Non siamo innamorati delle sigle e delle formule, ma vanno studiate bene le norme per fronteggiare le ricadute dopo la fine dello stop ai licenziamenti. Va trovato un compromesso con le aziende perché, stando alle elaborazioni, rischiamo un milione e duecento mila licenziamenti, serve quindi uno strumento di flessibilità per l’uscita dal mercato del lavoro. Quota 100 non è nemmeno più sufficiente, costerebbe solo 400 milioni il rinnovo di un anno, ma una soluzione va comunque trovata”.

In tale scenario – come rileva un’analisi del Sole 24 ore – sono tre le ipotesi in campo a livello previdenziale: nuove soglie, coefficienti e un Testo unico. Se il governo avrà il sostegno della maggioranza – scrive il quotidiano – è possibile che si faccia largo la strada di una “vera riforma strutturale, da amalgamare alla legge Fornero, con l’obiettivo di garantire solidità e sostenibilità anche nel medio periodo al sistema pensionistico, rispondendo alle sollecitazioni dell’Europa, alle quali Draghi guarda con attenzione”.

La seconda via potrebbe essere quella di “agire su soglie di pensionamento e coefficienti di trasformazione, rimanendo nel solco contributivo, per addolcire il più possibile l’impatto del ritorno secco dai pensionamenti agevolati voluti dal Conte 1 allo schema della legge del 2011”. Infine, la terza ipotesi, è quella di collocare l’intervento sulla previdenza all’interno della costruzione di un nuovo Welfare con un “nuovo Testo unico sulle pensioni che riguardi sia il primo pilastro, con l’introduzione anche di una pensione di garanzia per chi, nel contributivo puro, non potrà più contare su integrazioni al minimo, sia il secondo pilastro, con un adeguamento di tanti aspetti (a partire dai trattamenti fiscali) che non hanno finora consentito un vero decollo della previdenza complementare”. I possibili interventi vanno dall’indicizzazione delle pensioni al nodo dei coefficienti di trasformazione da aggiornare, dalle nuove flessibilità in uscita sostenibili all’introduzione di opzioni di part-time e part-pension.

Cattedra di San Pietro Apostolo

 

Cattedra di San Pietro Apostolo


Cattedra di San Pietro Apostolo

autore Guido Reni anno XVII sec. titolo La consegna delle chiavi
Nome: Cattedra di San Pietro Apostolo
Titolo: Consegna delle chiavi
Ricorrenza: 22 febbraio
Tipologia: Festa

Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno

* Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».


S. Pietro, prima di portare il Vangelo a Roma, stabili la sua sede in Antiochia. Era giusto che la capitale dell’Oriente avesse per primo vescovo il Principe degli Apostoli, a cui Gesti aveva detto: « Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle ». E colà S. Pietro suscitò in breve tempo una eletta schiera di convertiti che per i primi ebbero l’onore di portare il titolo di Cristiani, ossia seguaci di Cristo.

Non si sa precisamente quanto tempo S. Pietro governasse la Chiesa di questa città. Tuttavia la festa di questa Cattedra è antichissima. Nella primitiva Chiesa i Cristiani e quelli d’Oriente in modo speciale, celebravano l’anniversario della loro rigenerazione spirituale. Non si davano ai diletti corporali, ma rinnovavano solennemente i voti fatti nel Battesimo, e ringraziavano Dio di averli ricevuti per sua misericordia nel novero dei suoi figliuoli. Questo lo chiamavano il giorno della loro rinascita spirituale. I vescovi, conforme a questa pia pratica, celebravano anche l’anniversario della loro consacrazione, e il popolo si univa a loro. Tale fu l’origine delle festa della cattedra di S. Pietro.

« Noi dobbiamo celebrare la festa della Cattedra di S. Pietro, scriveva già S. Leone Papa, colla stessa gioia con cui celebreremo il martirio del Principe degli Apostoli. Con ciò noi richiamiamo alla memoria contemporaneamente e la sua entrata in cielo, e l’innalzamento alla dignità di primo pastore della Chiesa militante ». Nelle lezioni del Breviario sono riportate le belle parole di S. Agostino: « Il Signore ha eletto Pietro a fondamento della sua Chiesa stessa; perciò la Chiesa onora questo fondamento sopra il quale si erige l’altezza dell’edificio ecclesiastico. Onde convenientemente il salmo dice: Lo esalteranno nella Chiesa della plebe e lo loderanno nella cattedra dei seniori”. Sia benedetto il Dio che si degnò di esaltare nella Chiesa il beato Apostolo, poiché è giusto che sia onorato questo fondamento per mezzo del quale si può salire al cielo ».

Sappiamo le parole che il Divino Maestro disse ai Capo degli Apostoli: « Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa ». Commenta S. Agostino: « Sei pietra, perché la mia virtù che ti consolida cosicché quelle cose che sono di mia proprietà sono pure tue per partecipazione ». Ecco la dignità conferita a Pietro, per cui merita tutta la nostra venerazione.

PRATICA. Ricordiamoci nelle nostre preghiere del successore di S. Pietro, il Papa, perché il Signore lo conservi, lo vivifichi, e gli dia la grazia di estendere il suo regno fino ai confini del inondo.

PREGHIERA. Dio, che istruisti la moltitudine delle nazioni con la predicazione del beato Pietro apostolo, fa’ che, come ne veneriamo la memoria, così ne risentiamo il patrocinio presso di Te.

MARTIROLOGIO ROMANO. La Cattedra di san Piétro Apostolo ad Antiochia, dove per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani.