Archivi giornalieri: 7 febbraio 2021

Quota 100

Pensioni quota 100 e RdC verso la riforma Draghi: 41 anni di contributi e politiche attive

Pensioni quota 100 e RdC verso la riforma Draghi: 41 anni di contributi e politiche attive.
Pensioni quota 100 e RdC verso la riforma Draghi: 41 anni di contributi e politiche attive.

Pressing sul nascente governo Draghi sulla riforma pensioni e sul Reddito di cittadinanza: le ipotesi del dopo quota 100 e del lavoro per i giovani.

Aggiornato il 6 febbraio 2021 18:33
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Crimi (M5s) auspica che il nuovo governo riparta dalla maggioranza del Conte-bis
 

Continuano ad alternarsi le combinazioni della maggioranza per il nuovo governo di Mario Draghi ma anche i dossier, primi tra tutti quelli del Reddito di cittadinanza e delle pensioni a quota 100 sui quali il nascente Consiglio dei ministri dovrà mettere mano in tema di di riforma del lavoro, appaiono sempre più determinanti per la formazione di una fiducia condivisa dai partiti. Difficilmente il Rdc potrà essere smantellato completamente dal nuovo governo, anche se la revisione della misura introdotta dal M5S è sempre più sotto la lente di ingrandimento soprattutto per la presunta incapacità di produrre stimoli alla domanda di lavoro.

 

Più in bilico, tuttavia, appaiono le proposte che arrivano sul fronte delle Pensioni, soprattutto per la scadenza al 31 dicembre 2021 della sperimentazione di quota 100: tra le altre, si fanno strada ipotesi di contribuzione fissa molto vicine al meccanismo della quota 41 che, nelle intenzioni di Matteo Salvini e della Lega, avrebbe dovuto sostituire proprio quota 100 in un avvicendamento più volte richiesto dai lavoratori precoci e dai sindacati.

Riforma Reddito di cittadinanza: l’obiettivo di aumentare la quota competenze e lavoro

Servirà chiaramente una mediazione del governo Draghi con i partiti della maggioranza sul Reddito di cittadinanza e sul nuovo assetto delle pensioni. È escluso, tuttavia, che la misura del M5S per contrastare la povertà possa essere smantellata in toto dal nuovo governo.

 

Più facile pensare a una riforma del Reddito di cittadinanza con uno sdoppiamento dell’indennità tra obiettivi assistenziali e politiche attive sul lavoro. Il sussidio pagato a circa tre milioni di famiglie ha funzionato bene, soprattutto come sostegno al reddito nella fase Covid, ma in vista della ripartenza dell’Italia con le risorse del Recovery Fund l’obiettivo si sposta sugli investimenti per i più giovani e sul sostegno della domanda di lavoro.

La riforma del Reddito di cittadinanza ben si sposa con quanto Draghi affermò al meeting di Rimini (“Un reddito di base serve come prima forma di vicinanza della società a coloro che sono più colpiti, i sussidi servono a sopravvivere e a ripartire”) ma, dal nuovo governo, varie personalità politiche – prima tra tutte quella di Matteo Renzi – si attenderebbero quanto meno un rinnovamento del sussidio per rendere l’investimento da otto miliardi all’anno dello Stato una misura che cominci a dare frutti dal punto di vista lavorativo.

 

Riforma pensioni 2021: da quota 100 a quota 41, le ipotesi sul tavolo del nuovo governo Draghi

Il percorso di sdoppiamento potrebbe riguardare anche le pensioni a quota 100. Con il termine della sperimentazione a fine 2021, le intenzioni del governo Conte 2 erano quelle di varare una riforma pensionistica che potesse offrire un’alternativa ai tanti lavoratori in uscita a partire dal 1° gennaio 2022.

 

Come per il Reddito di cittadinanza, il presidente di Confindustria Carlo Bonomi spinge per lo smantellamento, per via dei costi calcolati in 40 miliardi di euro, troppi per il bilancio statale. Tuttavia Matteo Salvini ha posto quota 100 come una delle condizioni per l’appoggio a Draghi.

La soluzione di compromesso del nuovo governo potrebbe essere quella di “stabilizzare” i requisiti rivedendo quelli della riforma Fornero mediante una quota fissa di contributi, pari a 41 anni o al massimo 42, con uscita a qualsiasi età di maturazione del requisito stesso. Si tratterebbe di tracciare la strada verso quota 41 per tutti, la misura chiesta dai lavoratori precoci per uscire dal lavoro, ma anche di andare incontro – come sottolinea Alberto Brambilla ideatore proprio della quota 100 – anche a chi non volesse attendere la pensione di vecchiaia dei 67 anni introducendo la più flessibile quota 102.

 

E, infine, la riforma dovrebbe raggiungere anche le generazioni contributive più recenti estendendo le regole pensionistiche anche ai giovani assunti a partire dal 1° gennaio 1996, troppo spesso penalizzati dalle regole del meccanismo contributivo.

Pensioni anticipate a quota 100, nel 2021 in aumento le domande di uscita

Ma, nel dossier di riforma delle pensioni, non sono escluse le sorprese dell’ultima ora derivanti dai risultati della sperimentazione triennale di quota 100. Lo strumento che Draghi potrebbe annoverare tra quelli improduttivi perché non ha garantito l’equazione uno a uno tra uscite ed entrate nel mondo del lavoro, tuttavia avrebbe almeno tre ragioni per continuare la sperimentazione anche dopo il 2021. In primo luogo la misura è “pronta e conosciuta” ai lavoratori prossimi alla pensione e non necessiterebbe di nuovi interventi legislativi.

 

In secondo luogo, il costo dell’allungamento di quota 100 risulterebbe estremamente contenuto e stimabile in 400 milioni di euro per il 2022 per poi risalire a 1,8 miliardi dal 2023 ai quali però dovranno sottrarsi i risparmi annui per le minori adesioni rispetto alle aspettative quantificabili in 500-700 milioni di euro.

Infine, l’adesione dei lavoratori prossimi alla pensione si è mostrata molto contenuta nel 2020 rispetto al 2019 ma nel 2021, anche per le incognite dettate dall’emergenza sanitaria, dallo sblocco dei licenziamenti dopo il 31 marzo e dalla complessiva incertezza sul tema delle riforme previdenziali, la misura di Matteo Salvini potrebbe riprendere quota: nel mese di gennaio le domande di uscita con quota 100 sono state 13.000 in 30 giorni.

Reddito di cittadinanza, nel 2021 prevista una spesa di 7,2 miliardi

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Reddito di cittadinanza, nel 2021 prevista una spesa di 7,2 miliardi

 
 

InpsROMA – Nel 2021 dovrebbero essere spesi per il reddito e la pensione di cittadinanza 7,197 miliardi, in linea con l’assestato 2020 (7,264 miliardi): è quanto si legge nel bilancio preventivo dell’Inps per il 2021 secondo il quale per Quota 100 la spesa dovrebbe essere di 4,629 milioni, in aumento di 338 milioni rispetto all’assestato 2020.

Nel 2019 (dato consuntivo) sono stati spesi per il reddito (la misura è partita ad aprile) 3,825 miliardi. Nel complesso quindi nei primi tre anni si dovrebbero spendere quasi 18,3 miliardi.

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Bonus affitto 2021 fino a 1200 euro per i proprietari: ecco cosa sapere

Il bonus affitto 2021 è un interessante contributo a fondo perduto per i proprietari di immobili in affitto. Quali i requisiti per ottenerlo?

Tra i vari bonus ed agevolazioni introdotte nell’ultimo periodo, per aiutare cittadini, lavoratori e famiglie in difficoltà, speciale rilievo ha il cosiddetto bonus affitto. Come ben noto, le problematiche di natura economica, legate anche alle spese dell’affitto, si sono fatte sentire con ancora maggior forza in tempi di pandemia. Tanti gli italiani che hanno dovuto fare i conti con la cessazione della propria attività lavorativa, con l’improvvisa disoccupazione e con ristrettezze economiche di vario tipo.

E’ chiaro allora che non pochi sono coloro che non riescono più a fronteggiare i costi dell’affitto; da sommare peraltro a tutti gli altri, tanto da rappresentare anch’essi un gravoso onere.

Ecco spiegato il perchè dell’inclusione del bonus affitto 2021 nell’ultima legge di Bilancio, approvata in maniera definitiva lo scorso 30 dicembre al Senato. Detto beneficio si rivela assai utile, giacchè consiste in un contributo da assegnare al proprietario dell’immobile che sceglie di ridurre il canone di locazione al proprio inquilino. Vediamo più nel dettaglio.

Bonus affitto 2021: di che si tratta in concreto?

Non è complesso spiegare in che cosa consiste in concreto il bonus affitto.  Con esso il legislatore ha inteso introdurre, con valenza solo per quest’anno, un’agevolazione che attiene alle locazioni di immobili mirate ad uso abitativo.

In buona sostanza, siamo di fronte ad un contributo a fondo perduto, corrispondente al 50 per cento della riduzione del canone e fino a un massimo di 1.200 euro in un anno. E’ erogato a condizione che il proprietario accetti la domanda dell’inquilino di riduzione del canone mensile di affitto. Giuridicamente parlando, vi deve dunque essere una rinegoziazione del contratto, affinchè possa scattare il bonus affitto 2021.

Per fare un esempio pratico: se proprietario e affittuario si mettono d’accordo per riformulare la rata del canone, che scende da 600 a 500 euro al mese – ossia 100 euro in meno –  al proprietario saranno restituiti 50 euro; ossia la metà del totale, per un totale annuo corrispondente a 600 euro annui. E’ chiara allora la finalità del bonus affitto: da un lato consentire all’inquilino di spendere un po’ meno per continuare a vivere nell’abitazione; dall’altro premiare, con la restituzione del denaro, il proprietario che dica sì alla riduzione del canone.

Ad ogni locatore può essere dunque assegnato un contributo fino ad un massimo di 100 euro mensili, se la riduzione del canone arriva a 200 euro al mese. Infatti, il valore totale del bonus non può superare i 1.200 euro annui per assegnatario.

Quali sono i requisiti per incassarlo?

I proprietari di abitazioni affittate devono però fare attenzione ad una serie di requisiti tassativi, che debbono concorrere tutti insieme, ai fini dell’erogazione del bonus affitto. Vediamo in sintesi quali sono:

  • deve essere avvenuta la rinegoziazione del contratto, specificamente nella parte inerente l’importo del canone;
  • l’immobile affittato deve essere situato in un Comune italiano ad alta tensione abitativa;
  • il contratto in questione deve essere stato sottoscritto dalle parti a partire dal giorno 29 ottobre 2020; ossia la data nella quale è avvenuta la pubblicazione dell’agevolazione in Gazzetta Ufficiale;
  • l’immobile affittato deve essere abitazione principale dell’affittuario. In termini pratici, non rientrano nel bonus affitto tutti quei contratti di questo tipo, che si riferiscono a locazioni per finalità non abitativa (ad es. locali commerciali o studi professionali).

In riferimento ai requisiti generali citati, ricordiamo altresì che dallo scorso anno, non è più assimilata all’abitazione principale, l’unità immobiliare di proprietà dei cittadini italiani non residenti in Italia; iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE); e già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza.

Come fare domanda per il beneficio in oggetto?

Per poter conseguire il bonus affitto in oggetto, l’interessato dovrà rispettare una ulteriore condizione. Infatti, il proprietario-locatore è tenuto a rendere nota la rinegoziazione del contratto di affitto all’Agenzia delle Entrate. Detta comunicazione dovrà avvenire in modo telematico; e dovrà anche includere tutte le informazioni utili alla erogazione del contributo.

Restiamo per il momento in attesa del provvedimento ad hoc del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, che servirà a dettagliare ogni aspetto pratico del meccanismo di versamento del bonus affitto. In particolare, l’Amministrazione finanziaria a breve dovrà specificare:

  • le concrete modalità applicative del beneficio;
  • la percentuale esatta di riduzione del canone di locazione (detta operazione è legata al numero di istanze arrivate nel rispetto dei limiti di spesa fissati, ossia una dotazione di 50 milioni per l’anno 2021);
  • i sistemi di monitoraggio delle comunicazioni.

Ricordiamo altresì che l’articolo 19 D.L. n. 133 del 2014 dispone che “La registrazione dell’atto con il quale le parti dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione ancora in essere è esente dalle imposte di registro e di bollo”.

Non solo: dal primo settembre 2020 per rendere nota la rinegoziazione del canone, l’interessato dovrà avvalersi esclusivamente del modello RLI “Richiesta di registrazione e adempimenti successivi contratti di locazione e affitto di immobili”, scaricabile tramite il sito web dell’Amministrazione finanziaria.

Concludendo, il provvedimento di dettaglio, da parte dell’Agenzia delle Entrate, deve essere emanato entro 60 giorni; ossia dal primo gennaio 2021 ed entro il prossimo 2 marzo 2021. Pertanto, si auspica che il bonus affitto 2021 entri in vigore, diventando pienamente operativo, entro il prossimo marzo.

Paniere Istat 2021: monopattini e mascherine fra le novità di quest’anno. Il fattore Covid

Cambia il paniere Istat 2021 e nel noto elenco fanno il loro debutto le mascherine e i gel igienizzanti per le mani. Non solo: hanno trovato spazio anche le macchine impastatrici, a riprova dell’aumento di coloro che ora passano più tempo nella propria abitazione a cucinare o a svolgere altre attività domestiche.

Insomma, anche questa volta il paniere è stato aggiornato per rappresentare compiutamente gli effettivi comportamenti di spesa delle famiglie e tenere conto dei mutamenti registrati nel corso del tempo. Ecco perchè ogni anno possono variare sia i beni e i servizi inclusi nel paniere Istat, sia il loro peso.

Vediamo allora più nel dettaglio quali sono le novità 2021.

Paniere Istat 2021: di che si tratta? L’utilità a livello economico

Come segnalato da più osservatori, la pandemia e la crisi sanitaria che ne è conseguita hanno ampiamente influenzato la struttura del paniere Istat 2021: integratori alimentari, mascherine chirurgiche e Ffp2 – per fare solo qualche esempio – sono ormai parte delle nuove abitudini dei cittadini italiani, e ciò non può non avere riflessi anche sul noto elenco dell’Istituto di statistica.

Per fare un rapido confronto, l’anno scorso il paniere Istat vide la comparsa di mezzi a motore come le automobili ibride ed elettriche, la bicicletta elettrica e la consegna dei pasti a domicilio, a riprova di come da un anno all’altro possano cambiare abitudini e stili di vita delle persone.  Ma di fatto quando si parla di paniere Istat 2021, che cosa si intende?

Ebbene, il paniere Istat ha la finalità di monitorare e leggere l’andamento dell’inflazione del Paese, facendo riferimento – appunto – a quelle che sono le (nuove) abitudini di spesa degli italiani. In buona sostanza, detto paniere ha una valenza socio-economica molto utile per il monitoraggio da parte di un ente come l’Istat.

Il paniere Istat odierno è organizzato in dodici divisioni di spesa, che variano dai prodotti alimentari alle attività ricreative. La finalità essenziale è allora di natura economica: questo strumento permette infatti di tracciare e calcolare l’andamento dei prezzi. Ma non solo: il paniere Istat ha anche una valenza in qualche modo sociale.

Il paniere rispecchia l’evoluzione sociale del Paese

Il paniere Istat, come appena accennato, ha anche la funzione di ‘misurare’ come si modificano i comportamenti e i consumi dei cittadini. Questo strumento consente dunque di tracciare l’evoluzione non soltanto economica, ma anche sociale del Paese, giacchè delinea il quadro di come le persone cambiano, cosa scelgono e cosa decidono di includere tra le priorità della propria esistenza.

Per esempio, nel 2020, sono entrati nel paniere molti prodotti ed accessori elettrici. Ciò a conferma del fatto che non poche famiglie italiane stanno sperimentando e portando avanti un approccio green ed ecologico alla spesa familiare, puntando sul sostenibile. I monopattini, che grande utilizzo hanno avuto e stanno avendo in tempi di pandemia, già sono stati inclusi nel paniere Istat dell’anno scorso; e la sempre più ampia diffusione che stanno avendo, dimostra la solidità del trend.

Non deve stupire allora che i gel igienizzanti e i dispositivi medici come le mascherine abbiano trovato spazio nel paniere Istat 2021.

Paniere 2021: ecco le principali new entry

E’ ormai ben chiaro che il paniere 2021 è aggiornato in funzione dei continui mutamenti socio-economici in Italia. Oggi, tra i prodotti maggiormente rappresentativi dell’evoluzione nelle abitudini di spesa delle famiglie italiane e delle novità normative degli ultimi mesi, sono inclusi nel paniere 2021:

  • casco per mezzi a due ruote;
  • mascherine protettive;
  • ricariche elettriche per automobili;
  • servizio di posta elettronica certificata;
  • integratori alimentari;
  • monopattino elettrico sharing;
  • scarpe da ginnastica e scarpe da trekking.

In particolare, queste ultime dimostrano una ulteriore variazione nelle abitudini di vita degli italiani, nelle scelte di acquisto e nella struttura della spesa per consumi. Infatti, il consumo e l’utilizzo di scarpe sportive è aumentato, in ragione dei vincoli disposti nello svolgimento delle attività sportive in ambienti chiusi (palestre soprattutto).

Molteplici i dati dai quali l’Istat ricava il paniere aggiornato; basti pensare che sono circa 30 milioni le quotazioni di prezzo (scanner data), provenienti ogni mese dalla grande distribuzione organizzata, usate nel 2021 per stimare l’inflazione.

Tra l’altro, va rimarcato che nessun prodotto esce dall’elenco poichè, come fa notare l’Istat, nessuno manifesta “segnali di obsolescenza”.

L’inflazione a gennaio è tornata a salire

Proprio nel giorno in cui l’Istituto di statistica ha annunciato il nuovo paniere Istat 2021, l’Italia, dopo ben 8 mesi consecutivi di segno meno dell’inflazione su base annua, lo scorso mese di gennaio è uscita dalla deflazione. Insomma, il valore dell’inflazione torna a salire, seppur  lievemente dopo un lungo periodo di variazioni negative dei prezzi al consumo.

Per l’Istat ciò è giustificato dall’attenuarsi della diminuzione dei prezzi dei beni energetici (da -7,7% del mese precedente a -5,5%), sia nella componente regolamentata (da -7,0% a -3,6%); sia in quella non regolamentata (da -8,1% a -6,3%), e, in misura minore per la diminuzione meno consistente dei prezzi relativi i servizi di trasporto (da -0,7% a -0,1%).

Detrazioni mobili ed elettrodomestici 2021: requisiti, spese e nuovi importi

Una delle novità più interessanti, incluse nella legge di Bilancio 2021, è relativa ai bonus o detrazioni mobili ed elettrodomestici. Infatti, le nuove norme hanno prorogato e innalzato la soglia massima di spesa, entro la quale usufruire delle detrazioni elettrodomestici in questione.

Lo stesso provvedimento citato, invece, lascia identici i requisiti e l’elenco delle spese di arredi ed elettrodomestici. Vediamo più nel dettaglio che cosa è opportuno ricordare.

Detrazioni mobili ed elettrodomestici: proroga a tutto il 2021

Anticipiamo che la legge di Bilancio 2021 ha confermato le detrazioni fiscali corrispondenti al 50% per l’acquisto di arredi ed elettrodomestici da collocare in unità immobiliari in fase di ristrutturazione edilizia. In linea generale, in base a quanto recentemente introdotto con nuove norme, il legislatore ha inteso prorogare, per tutto il 2021, i cd. bonus casa, ossia le detrazioni fiscali spettanti nelle seguenti ipotesi:

  • spese effettuate per interventi di efficienza energetica, di ristrutturazione edilizia;
  • costi per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici;
  • spese per il recupero o il restauro della facciata esterna degli edifici;
  • spese per  la sistemazione a verde di aree scoperte di immobili privati, usati come abitazioni.

L’ottica è quella di favorire la libera iniziativa del privato, con agevolazioni fiscali che gli rendano meno onerose le migliorie alla propria unità abitativa.

Detrazioni fiscali e bonus arredi: aumenta il limite di spesa

Per quanto riguarda – nello specifico – il bonus mobili, il bonus elettrodomestici e le correlate detrazioni fiscali, occorre rimarcare che la legge di Bilancio 2021 modifica il limite di spesa, prorogandolo ed innalzandolo. Infatti, il tetto massimo è ora pari a 16.000 euro – prima 10.000 euro – mentre la detrazione – come detto – permane al 50%.

I benefici consistono, di fatto, in detrazioni IRPEF pari alla percentuale citata: il bonus mobili ed elettrodomestici opera dunque come una sorta di ‘ristoro’ per i costi sostenuti per comprare mobili ed elettrodomestici come arredo di immobili sottoposti a lavori di ristrutturazione edilizia.

In particolare, le detrazioni fiscali mobili ed elettrodomestici si collocano all’interno di un vero e proprio piano di incentivi varati per le ristrutturazioni delle unità abitative che si completano ed integrano con l’acquisto, per l’appunto, di nuovi arredi ed elettrodomestici.

Proprio il requisito della ristrutturazione dell’unità abitativa è fondamentale per capire il meccanismo delle detrazioni fiscali mobili ed elettrodomestici, che stiamo qui considerando. Infatti, il bonus mobili si aggiunge e non sostituisce il distinto bonus ristrutturazione.

Non a caso, la data di inizio dei lavori di ristrutturazione edilizia deve essere per legge anteriore quella dell’acquisto dei mobili o degli elettrodomestici, oggetto della detrazione pari al 50% citata. In altre parole, i beneficiari delle detrazioni mobili e detrazioni elettrodomestici saranno soltanto i contribuenti che acquistano nuovi arredi; mobili ed elettrodomestici collocandoli presso immobili oggetto di ristrutturazione.

Bonus ristrutturazioni e bonus arredi: la distinzione

Insomma, bonus mobili, bonus elettrodomestici e bonus arredi rientrano nella stessa agevolazione fiscale di cui alla legge di Bilancio 2021, ma vanno distinti dal cd. bonus ristrutturazioni, già presente nel panorama normativo da alcuni anni. Quest’ultimo consiste anch’esso in una detrazioni fiscale pari al 50%, assegnata a coloro che compiono lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria in un condominio o presso singoli edifici (ad es. tinteggiatura di pareti e soffitti, sostituzione di pavimenti, rifacimento di intonaci interni ecc.)

Il bonus ristrutturazioni, prorogato dall’ultima legge di Bilancio fino al 31 dicembre 2021, permette di accedere ad un rimborso Irpef per le spese pagate dal contribuente, sino ad un massimo di 96.000 euro. Per quanto riguarda gli adempimenti richiesti, è confermata anche per il 2021, l’obbligatorietà di invio della comunicazione ENEA per tutti quei lavori di ristrutturazione che includono altresì un risparmio energetico.

Beneficiari e dichiarazione dei redditi: come comportarsi

La proroga del bonus mobili di cui alla Legge di Bilancio 2021 ribadisce dunque il beneficio della detrazione del 50% per l’acquisto di arredi o elettrodomestici in immobili oggetto di ristrutturazioni dal 1° gennaio 2020. Così è disposto in maniera inequivocabile dai 58-60 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2021.

In linea generale, la detrazione fiscale in oggetto continua ad essere applicata in caso di acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (A per i forni). Attenzione però: permane anche  l’onere di richiedere la detrazione fiscale in dichiarazione dei redditi, che dovrà essere suddivisa tra gli aventi diritto, e il riconoscimento in dieci quote annuali di identico importo.

Per beneficiarne in concreto, è essenziale insomma che il contribuente includa le spese all’interno del modello 730 o modello Unico. A seguito di ciò, la detrazione fiscale sarà riconosciuta come rimborso fiscale IRPEF. Attenzione però: l’inserimento degli importi di costo nella dichiarazione dei redditi è sì condizione necessaria, ma non sufficiente. L’interessato dovrà anche compiere i pagamenti nelle modalità tra poco indicate.

Tracciare il pagamento è essenziale per avvalersi del bonus mobili: ecco perchè

Le modalità di pagamento delle spese di cui sopra sono state indicate con precisione dall’Agenzia delle Entrate. Si tratta dei bonifici parlanti, bancomat e carte di credito. Invece, le detrazioni mobili ed elettrodomestici non scattano se si tratta di acquisti compiuti con assegni, denaro contante o altri mezzi di pagamento.

Non solo: nel caso in cui il pagamento sia disposto con bonifico bancario o postale, va usato quello previsto da banche e Poste S.p.a. per le spese di ristrutturazione edilizia.

Identiche modalità di pagamento valgono altresì per il versamento delle spese di trasporto e montaggio dei beni in oggetto.

Quali sono i mobili ed elettrodomestici che danno diritto alle agevolazioni fiscali?

A questo punto, ci potrebbe domandare quali sono, in concreto, i mobili ed elettrodomestici per i quali si può parlare di bonus arredi e detrazioni fiscali. Ecco alcuni dei più significativi, secondo quanto emerge dalla guida dell’Agenzia delle Entrate:

  • elettrodomestici di di classe energetica non al di sotto della A+ (A per i forni): stufe elettriche; radiatori elettrici; ventilatori elettrici; apparecchi per il condizionamento; congelatori;  frigoriferi; lavatrici, asciugatrici; lavastoviglie; apparecchi di cottura; apparecchi elettrici di riscaldamento; forni a microonde ecc.;
  • mobili ed arredi: tavoli; divani; sedie;  letti; armadi; comodini; poltrone; materassi; apparecchi di illuminazione ecc.

Ribadiamolo: la novità sostanziale del 2021, in tema di bonus arredi e detrazioni fiscali per acquisto mobili ed elettrodomestici è rappresentata dal fatto che il valore di riferimento sarà quantificato su un costo totale non al di sopra dei 16mila euro (e non più 10mila).

Inoltre, il contribuente che svolge lavori di ristrutturazione su distinte unità immobiliari, avrà comunque diritto al beneficio più volte, una per ciascuna unità.

Concludendo, è chiaro insomma che la legge di Bilancio 2021 conferma al gran completo i vari bonus casa, e contempla anche agevolazioni fiscali in tema di sostituzione di sanitari e rubinetti e per i sistemi di filtraggio di acqua potabile. Ma non solo: la legge n. 178 del 30 dicembre 2020 immette tra i costi ammessi al bonus ristrutturazioni 2021 anche quelli di sostituzione del gruppo elettronico. 

Divieto licenziamenti 2021: fino a quando c’è il blocco e come funziona

La recente Legge di bilancio (Legge numero 178 del 30 dicembre 2020) proroga al 31 marzo 2021 il divieto a tutte le imprese di procedere a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (GMO) sia individuali che collettivi. Grazie alla previsione in Manovra, si crea un ponte rispetto al Decreto “Ristori” (D.l. numero 137 del 28 ottobre 2020), in base al quale il blocco ai licenziamenti avrebbe avuto termine il 31 gennaio scorso.

Stante lo stop generalizzato ai recessi per GMO esistono una serie di deroghe previste dal legislatore. Analizziamo nel dettaglio quali, dopo aver approfondito i paletti alle imprese attualmente vigenti sino al 31 marzo 2021.

Divieto licenziamenti 2021: fino a quando?

Come anticipato, la Manovra 2021 (in vigore dal 1º gennaio scorso) ha prorogato sino al 31 marzo prossimo il blocco ai licenziamenti in scadenza il 31 gennaio 2021. Il testo (articolo 1 commi dal 309 al 311) estende lo stop lasciando inalterato l’ambito di applicazione e le deroghe, rispetto a quanto disposto dal D.l. “Ristori”.

Pertanto, sino al 31 marzo è precluso alle aziende di:

  • Avviare procedure di licenziamento collettivo (articoli 4, 5 e 24 di cui alla Legge n. 223/1991);
  • Concludere procedure di licenziamento collettivo avviate dopo il 23 febbraio 2020;
  • Ricorrere a licenziamenti individuali (o plurimi) per giustificato motivo oggettivo;
  • Intraprendere procedure di conciliazione obbligatoria di cui all’articolo 7 della Legge numero 604/1966.

Licenziamento per Giustificato motivo oggettivo

I licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (GMO) sono quelli giustificati da ragioni inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro ed il regolare funzionamento di essa.

Ne consegue che i recessi per GMO si differenziano da quelli per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, riguardanti caratteristiche o condotte del singolo lavoratore.

Le ipotesi per antonomasia di licenziamento per motivi oggettivi riguardano:

  • Soppressione del posto o del reparto in cui è impiegato il lavoratore;
  • Cessazione dell’attività produttiva;
  • Affidamento all’esterno delle mansioni attribuite al lavoratore (cosiddetta “esternalizzazione”);
  • Sopravvenuta infermità del dipendente, per ragioni indipendenti dal lavoro svolto, se ciò comporta l’inidoneità (anche parziale) a svolgere le mansioni assegnategli (licenziamento per impossibilità sopravvenuta della prestazione);
  • Provvedimenti amministrativi che hanno un impatto sul rapporto di lavoro, ad esempio ritiro del porto d’armi per una guardia giurata ovvero della patente di guida ad un autista.

Leggi anche: Differenza fra licenziamento per giusta causa e giustificato motivo

Licenziamenti individuali e procedure collettive

I licenziamenti per GMO colpiti dallo stop sino al 31 marzo 2021 sono quelli:

  • individuali o plurimi;
  • collettivi.

In particolare, con la seconda casistica si intendono i licenziamenti intimati da aziende “grandi” intendendosi per tali quelle che occupano:

  • più di 15 dipendenti (ridotti a 5 per gli imprenditori agricoli);
  • in alternativa, datori che nell’ambito dello stesso comune occupano più di 15 dipendenti (5 nel caso degli imprenditori agricoli).

La procedura di licenziamento collettivo scatta quando una azienda “grande” (come sopra definita) ricorre, nell’arco di 120 giorni, ad almeno 5 licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nella stessa unità produttiva o in più unità produttive collocate nella stessa provincia.

Deroghe al blocco dei licenziamenti

Lo stop prorogato dalla Legge di bilancio al 31 marzo 2021 non opera con riferimento ad una serie di licenziamenti motivati da ragioni produttive:

  • licenziamenti in cui il personale interessato, già impiegato nell’appalto, venga riassunto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore in forza di una previsione di legge, contratto collettivo nazionale ovvero clausola del contratto di appalto;
  • licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’impresa, a seguito della messa in liquidazione della stessa senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività, che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile;
  • lavoratori che aderiscono ad un accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro (i soggetti interessati possono chiedere e ottenere l’indennità di disoccupazione NASPI in presenza degli altri requisiti di legge);
  • licenziamenti intimati a fronte del fallimento, nei casi in cui non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa ovvero ne sia disposta la cessazione (se l’esercizio provvisorio riguarda un determinato ramo d’azienda sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso).

Altre tipologie di licenziamenti esclusi dal blocco

Lo stop ai licenziamenti, essendo limitato a quelli per giustificato motivo oggettivo, non si estende ad una serie di recessi soggettivi; ovvero licenziamenti motivati da caratteristiche soggettive del dipendente o sue condotte disciplinarmente rilevanti.

Si parla in particolare di:

  • licenziamenti per motivi disciplinari;
  • ” per superamento del periodo di comporto;
  • ” intimati nel corso del periodo di prova o al termine dello stesso;
  • licenziamento del lavoratore domestico o del dirigente;
  • interruzione del rapporto di apprendistato al termine del periodo formativo;
  • licenziamento motivato dal raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia;
  • licenziamento del socio di una cooperativa di produzione e lavoro, se preceduto dalla risoluzione dal rapporto associativo.

Violazione del divieto: cosa succede?

Per le aziende che, in violazione dei limiti imposti dalla Legge di bilancio, procedono comunque a licenziamenti per GMO, la conseguenza è quella della nullità del recesso stesso con conseguente reintegra dell’interessato sul posto di lavoro.

San Riccardo

 

San Riccardo


San Riccardo

Nome: San Riccardo
Titolo: Re degli Inglesi
Nascita: VII secolo, Wessex
Morte: 722, Lucca
Ricorrenza: 7 febbraio
Tipologia: Commemorazione

Il santo di oggi non fu realmente re ed è sconosciuto anche il suo vero nome. Nome e titolo derivano da una leggenda sviluppatasi a Eichstatt in Baviera nel x secolo e a Lucca nel xil secolo a causa della fama dei suoi santi figli Villibaldo (7 giu.), Vunibaldo (18 dic.) e Valburga (25 feb.).

La famiglia proveniva dal Wessex e si sa che il padre e i due figli maschi partirono nel 720 per un pellegrinaggio a Roma. Navigando sul fiume Hamble (vicino al Southampton), attraversarono la Manica e quindi risalirono la Senna, sbarcando infine a Rouen.

Dopo aver visitato numerosi santuari in Francia si diressero in Italia, ma il padre morì a Lucca prima di poter giungere a Roma.

Villibaldo si unì poi a S. Bonifacio (5 giu.) nell’opera di evangelizzazione della Germania, fondò il monastero doppio di Heidenheim e divenne il primo vescovo di Eichstatt.

Anche Vunibaldo fu missionario sotto la direzione di Bonifacio e resse il monastero di Heidenheim insieme a Valburga, anch’ella probabilmente inviata in aiuto di Bonifacio (che, al pari dei tre fratelli., proveniva dall’Inghilterra).

Quando Villibaldo fu sepolto a Eichstatt, si pensò di trasferire i resti di Riccardo deposti a Lucca e di tumularli insieme a quelli del figlio. La popolazione di Lucca però non volle privarsene e gli abitanti di Eichstatt dovettero «accontentarsi di un po’ di polvere della sua tomba».

E da Heidenheim che deriva il documento noto come Hodoeporicon, scritto da una monaca di nome Hugeburc: esso tratta della vita di Villibaldo, e da qui deriva tutto quello che sappiamo su S. Riccardo.

In considerazione però dell’eccelsa santità della sua progenie e del fatto che si erano registrati miracoli sulla sua tomba a S. Frediano (Lucca), fu inventata su misura una storia di “S. Riccardo, re dell’Inghilterra”.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Lucca, deposizione di san Riccardo, padre dei santi Villibaldo e Valburgo, che in pellegrinaggio con i figli dall’Inghilterra verso Roma morì lungo il cammino.